Buongiorno, ho 27 anni e da sempre vivo con dei genitori molto ansiosi e controllanti, che mi hanno

34 risposte
Buongiorno, ho 27 anni e da sempre vivo con dei genitori molto ansiosi e controllanti, che mi hanno trasmesso sin da piccolo l'idea che il mondo è pericoloso e che io sono inadeguato ad affrontarlo. Sono bravissime persone però mi hanno trasmesso e mi continuano a trasmettere molta ansia, mia madre sin da quando ero piccolo mi diceva che ero incapace con i lavori manuali e quindi non mi insegnava nulla perchè dopo 1 minuto che non riuscivo a capire diceva che era inutile spiegarmi, mio padre pure aveva poca pazienza e aveva l'idea che non potevo essere autonomo. Poi crescendo mi sono un po' ribellato a questa immaigne che avevano di me, ho imparato molte cose e adesso tendo a voler sapere fare tutto, anche se ho ancora delle lacune, ma nelle cose che so fare diciamo che mediamente le faccio con una precisione superiore a chiunque io conosca (e anche qui, notate l'ego con cui lo affermo, quasi che io, dopo essere sempre stato svalutato nella mia vita, sento il bisogno di sottolineare in maniera esagerata i miei meriti e questa cosa la faccio anche con i miei genitori quando sottolineo loro di riuscire a fare cose che altri non riescono a fare, e io non capisco bene perchè io agisca così e abbia bisogno di così tanta approvazione, forse per compensare quella che ho ricevuto poco da piccolo?). Però quando si tratta di vivere la vita e di migliorarmi nelle cose della vita reale dove dovrei migliorarmi, come il lavoro, le relazioni con gli altri, ecc tendo ad avere ancora paura di vivere, ho timore di non essere all'altezza, di sbagliare, di soffrire, ma così rimango fermo e rimango a casa senza uscire, crescere, diventare adulto, migliorare. Quando sto più a contatto con i miei genitori (anche se parlo con loro 1 ora in più al giorno, per dire) mi sento svuotato, scarico, triste, un po' depresso, incapace, invece quando ho fatto la prova di distanziarmi da loro anche riducendo i nostri dialoghi al minimo indispensabile ho visto dei miglioramenti nella mia vita in termini di autonomia: stando circa 20 giorni il più a distanza possibile dai miei genitori, cercando di parlare solo per lo stretto indispensabile (e senza nemmeno avere alcun litigio, solo restando distaccato) ho notato dei buoni miglioramenti in quei 20 giorni, solo che non sono riuscito a continuare, ci ricasco sempre nel loop e tornando a stare più a contatto con loro sono più incline ad ansia e depressione. Forse sono io che attribuisco a loro colpe che non hanno, ma quello che dico io secondo voi può avere un fondamento? Cioè può essere che il solo contatto col loro mi riempia di energia negativa?
Dott.ssa Sandra Petralli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Pontedera
Salve, descrive un vissuto molto comune tra chi ha avuto esperienze familiari caratterizzate da ipercontrollo, ansia e svalutazione. Crescere in un ambiente dove il messaggio implicito è che il mondo è pericoloso e che lei è inadeguato, può effettivamente generare nel tempo una forte insicurezza interiore, accompagnata da un senso cronico di inadeguatezza e bisogno di approvazione. Il fatto che oggi lei senta la necessità di dimostrare di essere competente, anche con un certo orgoglio, non è altro che una forma di compensazione emotiva che si è costruito per proteggersi da un passato in cui si è sentito spesso non visto o non valorizzato. Questo è un meccanismo che può avere radici profonde nel sé ferito e che merita di essere accolto con gentilezza, non giudizio.
Dal punto di vista della psicoterapia umanistica, è importante riconoscere il bisogno autentico che si cela dietro il desiderio di approvazione: quello di essere riconosciuto come valido e degno, un bisogno assolutamente legittimo. Nell’ottica dell’analisi bioenergetica, invece, la connessione corpo-emozione potrebbe spiegare perché in presenza dei suoi genitori lei si senta svuotato e fisicamente scarico: è possibile che il suo corpo reagisca con una forma di "contrazione" dovuta a ricordi impliciti, difficili da verbalizzare ma presenti a livello somatico. Il distacco che lei descrive come utile, anche se temporaneo, ha una sua logica psicologica. Talvolta prendere distanza è un passaggio necessario per riconoscersi come adulti separati, emotivamente liberi di costruire la propria identità. L’EMDR, in questo senso, può aiutare a elaborare i vissuti legati a esperienze di svalutazione, sbloccando le risorse interiori che oggi sente ancora limitate nella vita relazionale e lavorativa. Il suo dubbio sul fatto che possa essere lei a "proiettare" è comprensibile e denota un buon livello di consapevolezza. Tuttavia, ciò che percepisce ha un fondamento psicologico concreto. Il nostro sistema nervoso tende a reagire in modo condizionato a certi stimoli, e anche una semplice interazione verbale può riattivare memorie emotive non elaborate, che riportano il corpo e la mente in uno stato di allerta, ansia o tristezza. In un percorso basato sulla Mindfulness, si lavora proprio per osservare questi stati interiori senza giudizio, creando spazio tra lo stimolo e la reazione automatica.
Non è colpa sua, né colpa loro. Ma è importante che lei possa costruire una distanza emotiva che le consenta di essere sé stesso, fuori da quei messaggi interiorizzati che ancora oggi rischiano di frenare la sua crescita. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli

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Dott.ssa Carlotta Mazzon
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Buona sera, dal suo breve racconto noto estrema profondità ed autoriflessione.
Immagino che i punti che lei ha descritto siano derivanti da molta introspezione.
Forse però il punto non è tanto quanto i suoi genitori la riempiono di “energia negativa”, ma quanto lei si faccia influenzare da questa.
Il contesto in cui nasciamo, non lo scegliamo, ma possiamo cambiare i significati e le interpretazioni che diamo a quest’ultimo. E magari cambiandoli potrebbe trovare un nuovo modo di stare con i suoi genitori e prendere il bello che c’è dalla vostra relazione.
Dott. Daniele Migliore
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Gentile utente, 

Quello che racconta mostra chiaramente quanto il legame con i suoi genitori risulti importante per lei nonostante abbia avuto un impatto ambivalente sul suo senso di sé e sulla percezione delle sue capacità.

Il fatto che lei sia cresciuto in un ambiente, almeno in parte, ansioso e controllante sembra avere lasciato delle tracce profonde: da un lato questa spinta a ribellarsi e a dimostrare di saper fare e dall’altro forse una fragilità maggiore nelle aree più legate alla vita adulta, come il lavoro, le relazioni, le scelte di autonomia.

Potremmo leggere la sua domanda se “il solo contatto con loro possa riempirla di energia negativa” in questo modo: non è tanto l’energia in sé dei suoi genitori, quanto probabilmente le modalità relazionali che inevitabilmente riattivano in lei vecchi schemi appresi nell’infanzia. 

È comprensibile il suo bisogno di mostrarsi e ricercare approvazione, si tratta infatti di un desiderio comune a tutti. In particolar modo nel momento in cui sente di tornare ad occupare la posizione di “bambino inadeguato” che le è stata attribuita.
Sarebbe utile ragionare non tanto e solo su ciò che i suoi genitori hanno fatto o fanno ma quanto queste esperienze continuino a vivere dentro di lei e ad influenzare la percezione che ha di sé stesso.
La distanza fisica che ha sperimentato forse è stata utile per creare un nuovo spazio psichico nel quale cominciare a sviluppare una narrazione diversa di sé. Più autonoma, sana e meno dipendente da quel riconoscimento.
Il fatto che si stia interrogando così tanto mostra delle ottime capacità trasformative.
Potrebbe essere utile iniziare un percorso psicologico per provare ad approfondire e risolvere queste difficoltà: non tanto per attribuire colpe, ma quanto per riconoscere i modelli che si sono radicati e trovare insieme un modo più libero di rapportarsi a sé e agli altri.

Le auguro il meglio, 



Dott. Daniele Migliore
Dott. Amedeo Fonte
Psicologo, Psicologo clinico
Pescara
Mi sembra che lei stia toccando un punto molto importante, ovvero il modo in cui la relazione con i suoi genitori continua a influenzare la percezione che ha di sé e la possibilità di sentirsi libero di vivere la sua vita. Non è tanto una questione di colpe quanto piuttosto di legami che si sono costruiti molto presto e che ancora oggi hanno un peso, perché quando lei si accorge di diventare più autonomo sente anche il bisogno di riaffermarlo, quasi a voler mostrare a chi non ha creduto nelle sue capacità che invece lei è in grado di riuscire. È interessante come lei noti che questa stessa dinamica, che la spinge a ricercare approvazione e a esagerare i suoi meriti, conviva con una paura di muoversi nella vita reale, come se ogni passo avanti portasse con sé anche il timore di fallire o di ritrovarsi di nuovo nella posizione in cui qualcuno le dice che non è abbastanza. Questo le fa sperimentare che, quando prende distanza, può respirare meglio e sentirsi più forte, mentre il ritorno al contatto quotidiano sembra farla ricadere in quella sensazione di svuotamento che descrive. Si potrebbe pensare che non sia il contatto in sé a riempirla di “energia negativa”, quanto piuttosto il riattivarsi di vecchi modi di stare in relazione, che risvegliano dentro di lei vissuti legati a insicurezza e dipendenza. Forse potrebbe chiedersi cosa significhi per lei riuscire a mantenere quella distanza che ha sperimentato come benefica, e cosa le impedisca di sostenerla nel tempo. Potrebbe essere che, nonostante i disagi che sente, una parte di lei faccia fatica a rinunciare a quel legame e a ciò che rappresenta. Si domanda che cosa potrebbe accadere se riuscisse a dare più continuità a quella autonomia che ha intravisto?
Dott.ssa Maria Carla del Vaglio
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Napoli
Buongiorno
dalla sua descrizione emerge come lei abbia interiorizzato un modello relazionale familiare caratterizzato da ansia controllo e svalutazione delle sue capacità e questo può influire sull’immagine di sé e sulla fiducia nelle proprie competenze portando da un lato al bisogno di dimostrare il proprio valore e dall’altro alla paura di non essere all’altezza
Non è raro che il contatto ravvicinato con i genitori mantenga vivo quel senso di inadeguatezza mentre la distanza favorisca un maggiore senso di autonomia non si tratta tanto di “energia negativa” quanto del riattivarsi di dinamiche apprese che influenzano il suo stato emotivo
Un percorso psicoterapeutico può aiutarla a comprendere i legami tra la storia familiare e il suo modo di percepirsi oggi a sviluppare strategie per gestire ansia e timore di sbagliare e a costruire un senso di sé più stabile che non dipenda dal bisogno di continua approvazione
Rimango a disposizione se desidera approfondire ulteriormente
Dott.ssa Lavinia Sestito
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Ciao,
hai fatto tutto sommato una giusta analisi della tua situazione, si vede che vuoi capire e soprattutto stare meglio.
Non parlo mai di "colpe" non mi piace come parla, ma di responsabilità si, quella era degli adulti.
Ma i tuoi genitori hanno fatto quello che potevano con gli strumenti che avevano in passato.
Ad oggi sei tu l'adulto che potrebbe andare a capire in terapia perché siano accadute alcune cose nel tuo passato e come trasformarle per vivere un futuro più pieno e sereno, ricco di autonomia.
Un caro saluto
Lavinia
Dott.ssa Marisa Mula
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Gentile paziente, anche le domande che porta, denotano questo loop ruminativo in cui si trova: si sta ponendo la domanda sbagliata in partenza, una che assolve da qualsiasi responsabilità i suoi genitori ma colpevolizzi lei stesso, e l'altra che invece colpevolizzi i suoi genitori assolvendolo da una responsabilità adulta e sana di sè stessi, in queste domande è assente la complessità delle variabili che influiscono in un dato outcome: raramente un fenomeno psicologico è spiegabile con il semplice causa-> effetto semplicistico che vorremmo, ci sono tanti fattori che possono avere influito nella sua vicenda, ma come dicevo la domanda è sbagliata perchè si cerca un colpevole e un assolto, ma il benessere psicologico non si raggiunge con una caccia alle streghe, si raggiunge piuttosto chiedendosi con curiosità, assenza di giudizio e gentilezza, come mai avendo sperimentato 20 giorni di benessere sia tornato nella situazione che in qualche modo sa che la influenzi negativamente e questo dato non sia bastato per proseguire verso il suo benessere, senza ricercare invece colpevoli e assolti per giustificare in qualche maniera il suo stato attuale di fatica umana e comprensibile. Da questa domanda ripartirei in terapia, per riprendersi il suo spazio di cura e crescita concentrandosi sul suo mondo interno, perchè gli unici su cui possiamo agire siamo noi stessi, e siamo gli unici su cui poter contare per tutta la vita, gli altri sono al meglio dei passeggeri temporanei sul nostro vagone.
Dott.ssa Giulia Solinas
Psicologo, Psicoterapeuta
Quartu Sant'Elena
Il problema riportato è abbastanza serio; nel suo resoconto non emerge se lei ora ha un lavoro, se lo cerca o se la situazione di dipendenza anche economica dai suoi è una sorta di trappola che la blocca completamente. Al di là di cio che sono i vissuti che lei si porta dentro ( il rimuginio di pensieri negativi intossica il nostro animo e ci rende ancora meno motivati a cercare un cambiamento) cio che mi appare chiaro e che lei esprime a parole il bisogno di emanciparci ma poi ricade nel loop solito. Credo che questo momento sia propizio per affidarsi ad un professionista che l'aiuti a trovare dentro di sè le sua abilità capacità e competenze per la vita. Anche nel servizio pubblico ( consultori familiari e servizi di salute mentale) si possono trovare professionisti che la supportino. Se ne ha la possibilità cerchi in privato un professionista psicologo in modo da trovare nel mondo il suo posto e le sue soddisfazioni.
Buonasera gentile utente. La situazione che descrive è molto comune. Purtroppo succede spesso che si viene svalutati dalle persone a noi più care, persino dai genitori che dovrebbero essere un pilastro, la base delle fondamenta, le radici... A volte serve proprio prendere le distanze per il proprio benessere personale. Ciò non vuol dire che se ora si stacca dai genitori non li vuole bene più, semplicemente la distanza serve per ritrovare sé stesso, di darsi un'opportunità per capire quali sono le sue passioni, in cosa si sente maggiormente portato. Non bisogna necessariamente saper fare tutto. Le gratifiche non arrivano da quasi nessuno ed è necessario imparare a farsele da soli. Le riporto un pezzo del suo scritto per ragionarci sopra:

"Però quando si tratta di vivere la vita e di migliorarmi nelle cose della vita reale dove dovrei migliorarmi, come il lavoro, le relazioni con gli altri, ecc tendo ad avere ancora paura di vivere, ho timore di non essere all'altezza, di sbagliare, di soffrire, ma così rimango fermo e rimango a casa senza uscire, crescere, diventare adulto, migliorare".

Le paure che descrive sono normali perché derivano dal fatto che è stato svalutato dalle persone più importanti, i genitori. Questa mancanza di fiducia da parte loro, il continuo svalutamento negli anni l'ha portata a tutto questo. Il fatto che lei ora pensa di saper fare tutto meglio degli altri, l'esagerazione di certe espressioni sono dovute a questo principalmente. L'ego va col tempo smussato perché altrimenti rischierebbe di mandare un messaggio sbagliato all'esterno che la porterà a farla sentire ancora più solo e triste.

E' importante che lei cerchi delle risorse interne per superare questa difficile situazione e su questo posso aiutarla se vuole. Le posso offrire un sostegno psicologico. Un aiuto a riscoprire sé stesso. Una "forza" dentro di sé l'ha portata a "ribellarsi" e a capire che lei vale! Non abbia paura di crescere, esplorare, uscire, conoscere persone nuove! So benissimo che ora tutte queste paure ci sono e l'aiuterò a superarle. Resto a disposizione, se ha bisogno mi scriva. Le auguro una buona serata.

Dott.ssa Angela Atlante
Dott.ssa Laura Rossi
Psicologo, Psicologo clinico
Parma
Buongiorno, l'ambiente in cui cresciamo è fondamentale per la nostra vita adulta. Ci sara' sicuramente qualcosa nella sua infanzia che la ha segnata. Io Le consiglio una seduta da uno psicologo per approfondire la cosa e sentirsi meglio. Si può sempre migliorare il nostro stile di vita.
Le auguro tanta serenità. Un abbraccio dottoressa Laura
Dott. Matteo Mossini
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Parma
Gentile, la situazione è troppo complessa ed articolata per poter dare un consiglio. Dovrebbe approfondire meglio in terapia i suoi vissuti e le strategie più funzionali per gestirli. Dubito che allontanarsi più o meno definitivamente dai suoi genitori possa essere una buona soluzione.
Dott.ssa Chantal Danna
Psicologo, Psicologo clinico
Aosta
Buonasera, quanto ha descritto ha un fondamento molto solido. L'ansia e il controllo dei suoi genitori, uniti alla loro scarsa fiducia nelle sue capacità fin da piccolo, le hanno trasmesso l'idea che il mondo sia pericoloso e che lei non sia all'altezza. Questa eredità psicologica si manifesta oggi come paura di vivere, timore di sbagliare e difficoltà a progredire nella vita adulta, nonostante la sua evidente forza d'animo che l'ha spinta a dimostrare il suo valore e a sviluppare capacità superiori alla media. Il suo bisogno di sottolineare i suoi meriti è una reazione comprensibile e sana per compensare la mancanza di approvazione passata.
Quando parla di sentirsi svuotato e carico di "energia negativa" in presenza dei suoi genitori, sta riconoscendo un meccanismo psicologico molto reale. Le interazioni con loro riattivano le vecchie dinamiche e le insicurezze infantili, togliendole le energie che ha costruito per la sua autonomia. L'esperienza di distanziarsi da loro e notare miglioramenti concreti nella sua autonomia non è stata un caso, ma la prova che ridurre l'esposizione a dinamiche che minano la sua sicurezza le permette di fiorire. Ricadere nel "loop" è normale, data la profondità di queste abitudini.
Lei è sulla strada giusta: ha già fatto il passo più importante riconoscendo la causa del suo malessere. Per progredire, potrebbe continuare a stabilire confini più sani con i suoi genitori, riducendo gradualmente il tempo delle interazioni e mettendo al primo posto il suo benessere. Considerare un supporto professionale potrebbe fornirle gli strumenti per gestire l'ansia, rafforzare l'autostima e mantenere questi confini, aiutandola a consolidare i suoi progressi e a non ricadere nel circolo vizioso. La sua consapevolezza e il suo desiderio di libertà sono le sue maggiori risorse per affrontare questo percorso.
Cordialmente.
Dott.ssa Chantal Danna
Gentile utente, grazie per la sua condivisione.
"Forse sono io che attribuisco a loro colpe che non hanno, ma quello che dico io secondo voi può avere un fondamento? Cioè può essere che il solo contatto col loro mi riempia di energia negativa?"
Ciò che ha descritto denota in primis una concezione negativa che lei stesso ha della sua persona. Seppur nel corso del tempo abbia provato a distaccarsi dal contesto familiare e dalle loro ideologie, ciò non toglie che alcuni pensieri e idee su di sé possano essersi cristallizzati a tal punto da diventare delle vere e proprie convinzioni rispetto alla sua capacità di affrontare la vita quotidiana. Per quanto possa essere lucido su ciò che può averlo spinto a sperimentare una tale condizione di malessere, attribuendo così - per citare la sua espressione - colpe ai suoi genitori, forse il focus del suo percorso non deve essere questo, bensì: cosa penso io di me stesso? Cosa posso fare per non sentirmi così abbattuto? Perché continuo a ricadere nei vecchi schemi comportamentali e cosa mi lega tanto a questa condizione?
Questi possono essere già primi spunti per partire.
Dott.ssa Rosella M.B. Mastropietro
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Torino
Buonasera il contesto familiare può essere un blocco per lo sviluppo dell'individualità.
Sarebbe opportuno indagare insieme cosa frena e perchè.
Sono a disposizione per un incontro sia in studio che online.
Dott.ssa Mastropietro
Buongiorno,
l'esperienza che racconta trova riscontro in ciò che spesso osserviamo in persone cresciute in contesti familiari ansiosi o controllanti: crescere in contesto familiare di questo tipo può portare a interiorizzare l’idea di essere inadeguati o incapaci. È molto frequente sentire il bisogno di dimostrare continuamente il proprio valore, quasi a compensare le svalutazioni ricevute da piccolo.
Quello che osserva- sentirsi più autonomo e "vivo" quando prende distanza e, al contrario, più ansioso o depresso (alti e bassi emotivi) quando il contatto con i suoi genitori aumenta — rappresenta un esito reale della modalità relazionale che si è consolidata nel tempo. Non è semplicemente una “colpa dei genitori”, ma il risultato di una dinamica relazionale che si mantiene nel tempo e che continua ad avere effetto anche in età adulta.
Un aspetto molto importante è che lei ha già messo in atto molte risorse: ha saputo imparare nuove competenze, riconosce con lucidità i meccanismi che influenzano il suo benessere e ha già sperimentato che alcuni cambiamenti (come la presa di distanza) producono effetti positivi. Questo è un patrimonio prezioso su cui costruire.

La buona notizia è che queste dinamiche possono essere interrotte. Un percorso psicologico breve e mirato può aiutarla a valorizzare queste risorse e a sviluppare strategie più funzionali per rafforzare la sua autonomia, senza rimanere intrappolato nel bisogno di approvazione o nella paura di sbagliare.

Un caro saluto,
dott.ssa Melania Monaco
Dott.ssa Margherita Atzori
Psicologo, Psicologo clinico
Aprilia
Buonasera, è naturale che crescere in un contesto ansioso abbia influito sulla fiducia in sé e sul bisogno di approvazione. Allo stesso tempo, il fatto che hai già notato miglioramenti quando riesci a ritagliarti spazi di autonomia è un segnale molto incoraggiante: questa consapevolezza rappresenta già un passo importante nel tuo percorso di cambiamento.
Un supporto psicologico potrebbe aiutarti a valorizzare queste risorse, rafforzare la sicurezza in sé e comprendere meglio le dinamiche che descrivi, così da viverle con maggiore chiarezza e senza sensi di colpa o conflitti interiori.
Resto a disposizione.
Dott.ssa Martina Veracini
Psicologo, Psicologo clinico
Empoli
Gentile utente, la ringrazio per la fiducia nel condividere una storia così personale e per la sua lucidità nel descrivere le dinamiche che sta vivendo. Le sue riflessioni non solo hanno un fondamento, ma sono il cuore di molte esperienze di vita che portano le persone a intraprendere un percorso psicologico.
Quello che lei descrive è un conflitto profondo tra due parti di sé: l'immagine di persona fragile e incapace, che le è stata trasmessa, e la sua forte spinta a reagire a questa immagine. I suoi genitori, pur con le migliori intenzioni, le hanno dato uno schema mentale in cui il mondo è pericoloso e lei non è all'altezza. Il suo tentativo di "ribellarsi" a questo copione, imparando a fare le cose con estrema precisione, è una reazione sana e potente, è il suo modo di dire: "non sono come mi avete descritto", e la sua necessità di sottolineare i suoi meriti, come lei stesso ha notato con grande onestà, è una compensazione psicologica. Tutto questo non è un difetto, ma un sintomo di una ferita ancora aperta.
Inoltre, la sua paura di vivere, di "non essere all'altezza" nel lavoro e nelle relazioni, non è una debolezza, ma la diretta conseguenza di ciò che le è stato trasmesso: il suo blocco potrebbe essere causato dal timore inconscio di sbagliare e di confermare l'immagine di inadeguatezza che i suoi genitori le hanno proiettato.
Le sensazioni di svuotamento e tristezza che prova quando passa più tempo con loro sono un segnale molto chiaro, non è "energia negativa", ma l'energia del conflitto: la vicinanza riattiva le vecchie dinamiche che la esauriscono emotivamente. Ma la sua esperienza di miglioramento quando si distanzia da loro dimostra che può spezzare questo circolo vizioso e riconnettersi con la parte di sé più autonoma e capace.
Il suo "ricadere nel loop" è naturale e non deve essere visto come un fallimento. La spinta verso l'autonomia è forte, ma i legami emotivi profondi sono difficili da superare senza un aiuto. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a comprendere e ad elaborare queste dinamiche, per rafforzare la sua parte adulta e autonoma e per vivere la sua vita non più in reazione al passato, ma in accordo con i suoi desideri e il suo potenziale.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti. Cordiali saluti, Dott.ssa Martina Veracini
Dott.ssa Valentina De Chiara
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Brescia
Gentile utente, se durante l’infanzia le viene ripetuto che è incapace, fragile, non pronto, questo messaggio può radicarsi dentro di lei e diventare parte del suo dialogo interiore. Il contatto con i suoi genitori può effettivamente riempirla di energia negativa, non perché siano malintenzionati, ma perché la riporta automaticamente a uno schema emotivo passato che tende a limitarla. Le suggerisco di intraprendere un percorso psicologico, così da esplorare più a fondo la situazione e affrontare i pensieri e le emozioni legati ad essa, con l’obiettivo di trovare maggiore serenità.
Resto a disposizione per consulenze online.
Un caro saluto;
Dott.ssa Valentina De Chiara
Salve paziente anonimo
Le consiglio un percorso di terapia analitica che può aiutarla a comprendere meglio e soprattutto a risolvere i conflitti che la abitano e che non gli consentono di portare fino in fondo le sue scelte
Di qualsiasi natura puo essere il rapporto genitoriale la terapia consente di evolvere in una fase più adulta dove può pensare di essere se stesso
In bocca al lupo
Dott.ssaLorenzini Maria santa psicoterapeuta
Dott.ssa Donatella Valsi
Psicologo, Psicologo clinico, Sessuologo
Roma
Molte delle sue reazioni emotive, credenze limitanti e comportamenti sono state influenzate da fattori diversi nel corso del tempo, leggibili secondo la prospettiva bio-psico-sociale. In termini di Analisi Transazionale, alcuni messaggi svalutanti ricevuti possono aver attivato in lei il Bambino adattato, una parte della sua personalità,generando insicurezza e timore, mentre il distanziamento probabilmente le consente di dare più spazio al suo Adulto e al suo Bambino libero, altri aspetti della sua personalità,favorendo autonomia e crescita. Sarebbe importante approfondire in uno spazio terapeutico questi vissuti, così da trasformarli in risorse per il suo sviluppo emotivo e psicologico: ciò che noi stessi esperiamo e definiamo è una manifestazione del nostro mondo psichico. Saluti,Dott.ssa Donatella Valsi
Buongiorno,
quello che racconta è molto lucido e mette in evidenza una dinamica piuttosto frequente, i modelli che riceviamo da piccoli restano profondamente impressi dentro di noi. Lei descrive bene come i messaggi ricevuti abbiano influenzato la sua autostima e il suo modo di percepirsi, portandola ora a oscillare tra il bisogno di dimostrare il suo valore e la paura di non essere all’altezza nella vita concreta.
Non è affatto strano che, riducendo il contatto con i suoi genitori, lei abbia notato dei miglioramenti, non significa che siano persone che non l’abbiano amato, ma che il modo in cui interagiscono con lei continua a riattivare vecchi schemi di svalutazione e ansia. È come se, senza volerlo, la riportassero a sentirsi quel bambino insicuro, facendolo ricadere in un copione che conosce bene. Distanziare un po’ i rapporti non è un atto di ingratitudine, ma un modo per proteggere il suo spazio e permettersi di costruire un’identità più autonoma.
Allo stesso tempo, il bisogno di sottolineare i suoi meriti, è una reazione naturale a una storia in cui il riconoscimento è mancato, ora diventa quasi automatico cercare conferme e approvazione. Non è un difetto, è un bisogno che nasce da un vuoto e che con il tempo può essere trasformato in una forza, imparando a riconoscere il proprio valore senza doverlo dimostrare continuamente.
Quindi sì, ha molto fondamento quello che sente, il contatto con i suoi genitori può riattivare schemi dolorosi e influenzare il suo umore. Non si tratta di colpe, ma di dinamiche apprese. Il punto ora è chiedersi come può continuare a coltivare quello spazio di autonomia che ha sperimentato nei giorni in cui era più distaccato, trovando un equilibrio tra l’affetto che prova per loro e la necessità di proteggersi da ciò che la limita. Un caro saluto
Dott.ssa Francesca Torretta
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Busto Arsizio
Mi spiace molto per le difficoltà raccontate.
Può essere utile chiedersi: quanto il giudizio dei suoi genitori influenza ancora oggi la percezione che ha di sé? Quanto spazio riesce a ritagliarsi per sentirsi davvero autonomo e libero?
Un percorso di psicoterapia potrebbe aiutarla a esplorare meglio questi aspetti e a costruire un modo più sereno di stare con se stesso e con gli altri.
Spero possa stare meglio presto.
Cordialmente
Dott.ssa Francesca Torretta
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Salve, grazie per aver condiviso con tanta chiarezza e profondità la sua esperienza. È evidente che ha già fatto un importante lavoro di consapevolezza nel collegare alcuni vissuti del presente con ciò che ha sperimentato nella sua famiglia. Crescere in un ambiente in cui vengono trasmesse ansie, preoccupazioni e convinzioni di inadeguatezza può avere un impatto significativo sulla percezione che si ha di sé e sulle proprie possibilità. Allo stesso tempo, dalle sue parole emerge la capacità di ribellarsi a quell’immagine svalutata, di apprendere e costruire competenze, di riconoscere i suoi progressi. Questo mostra una grande forza e una spinta verso l’autonomia, anche se a volte può sentirsi intrappolato in meccanismi che sembrano riportarla indietro. Il bisogno di sottolineare con forza i suoi successi e le sue abilità può essere letto come un tentativo di colmare quelle ferite passate in cui non si è sentito valorizzato. È naturale che, dopo essere stati per lungo tempo percepiti come incapaci, nasca il desiderio di dimostrare il contrario, sia agli altri sia a se stessi. Non c’è nulla di sbagliato in questo, ma è comprensibile che a volte possa sembrare una ricerca incessante di approvazione, perché si porta ancora il segno di un bisogno profondo che non ha trovato piena soddisfazione negli anni più formativi. Per quanto riguarda il rapporto con i suoi genitori, lei descrive un fenomeno molto interessante. Non si tratta semplicemente di attribuire loro delle colpe, ma di osservare come la vicinanza prolungata a un certo tipo di atteggiamento influenzi il suo stato emotivo. Il nostro benessere non dipende solo da ciò che facciamo o pensiamo, ma anche dall’ambiente e dalle relazioni in cui siamo immersi. Se stare a stretto contatto con loro la fa sentire scarico, ansioso o triste, non significa che siano persone cattive, ma che il tipo di interazioni che si instaurano riattivano schemi emotivi e pensieri legati al passato. In altre parole, non è tanto la loro presenza in sé, ma ciò che essa risveglia dentro di lei. Il fatto che abbia sperimentato dei miglioramenti quando ha preso le distanze conferma che creare spazi di autonomia è per lei un fattore di crescita. Questo non vuol dire necessariamente rompere i rapporti, ma imparare a modularli, a proteggere la sua energia e a costruire una vita in cui si senta più protagonista e meno definito dalle aspettative o dalle ansie trasmesse. È un percorso graduale, fatto di piccoli passi, in cui ogni esperienza positiva di autonomia rafforza la fiducia nelle proprie capacità. Ciò che sta vivendo non è privo di fondamento: può essere che il contatto costante con dinamiche famigliari molto ansiose abbia un effetto negativo sul suo equilibrio emotivo. La parte importante ora è riconoscere che ha in mano degli strumenti per scegliere come relazionarsi, per stabilire confini che la aiutino a preservare la sua serenità e per continuare a coltivare la sua crescita personale. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Valeria Randisi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Casalecchio di Reno
Buongiorno, ciò che dice è la base del lavoro psicologico. La tipologia di attaccamento crea il modo in cui si percepisce se stessi e il mondo. Quell'imprinting viene attivato da tanto stimoli nel presente e una parte del mondo interiore cerca di sanare le ferite antiche. Penso quindi che lei potrebbe fare un lavoro psicoterapeutico su di sé che la aiuterebbe ad uscire da queste dinamiche e/o a viverle emotivamente in modo differente.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Dott.ssa Anna Bruti
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
San Benedetto del Tronto
Gentile,
quello che racconta ha sicuramente un fondamento: crescere in un ambiente ansioso e svalutante può influenzare molto il modo in cui percepiamo noi stessi e le nostre capacità. È comprensibile che da adulto lei senta il bisogno di sottolineare i suoi meriti: può essere un modo per compensare la scarsa approvazione ricevuta in passato.
Il fatto che, quando si distanzia dai suoi genitori, noti un miglioramento in autonomia e benessere, indica che il loro modo di relazionarsi a lei continua ad avere un impatto sul suo equilibrio emotivo. Non si tratta di “colpe”, ma di dinamiche relazionali che possono mantenerla in una posizione di insicurezza.
L’aspetto importante è che lei ha già osservato una differenza concreta tra il restare immerso in queste dinamiche e il prendere un po’ di distanza: questo le dà una chiara indicazione su cosa la aiuta a crescere.
Un percorso psicologico potrebbe sostenerla nel rafforzare la fiducia in sé, elaborare il bisogno di approvazione e costruire gradualmente più autonomia, senza sentirsi in colpa.
Se lo desidera, possiamo fissare un colloquio per aiutarla a comprendere meglio questi meccanismi e a trovare strategie pratiche per gestire la relazione con i suoi genitori in modo più equilibrato.
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Forlì
Buongiorno, quello che descrivi ha un fondamento molto chiaro: i tuoi genitori, pur essendo persone affettuose e premurose, ti hanno trasmesso un modello di relazione basato sul controllo e sulla svalutazione delle tue capacità. Non parliamo di cattiveria, ma di uno schema appreso e ripetuto, che inevitabilmente ti ha condizionato nella costruzione della fiducia in te stesso. Quando da bambino ti veniva detto che eri incapace o che non potevi essere autonomo, si è radicata dentro di te una voce interiore che oggi continua a farsi sentire, specialmente quando torni a stretto contatto con loro.

La sensazione di “scarico” che provi dopo aver trascorso tempo con i tuoi genitori non è frutto della tua immaginazione, ma un segnale del corpo e della psiche: stare troppo dentro quello stesso clima relazionale ti riattiva le vecchie dinamiche e ti fa sentire di nuovo piccolo, dipendente, “non abbastanza”. Al contrario, quando ti distanzi, hai la possibilità di sperimentare te stesso in un ambiente più libero, e non a caso emergono miglioramenti in termini di autonomia e vitalità.

Il bisogno di approvazione e il desiderio di dimostrare continuamente i tuoi meriti sono un tentativo di compensare le ferite antiche della svalutazione. È come se dentro di te convivessero due parti: una che ancora teme di non valere, e un’altra che si impegna a mostrarsi iper-competente, quasi a gridare “vedete che ce la faccio?”. Non è un difetto caratteriale, è una risposta difensiva a una storia di continue micro-svalutazioni.

Quello che ti serve ora non è tanto colpevolizzare i tuoi genitori, quanto imparare a riconoscere i loro limiti senza più confonderli con i tuoi. È un lavoro delicato: smontare quella voce critica interna che ti fa sentire incapace, imparare a dare valore ai tuoi successi senza bisogno di esibirli in maniera esasperata, e soprattutto costruire progressivamente esperienze di autonomia reale nelle aree della vita che temi (relazioni, lavoro, progetti personali).

Ti propongo due direzioni di lavoro:

1. **Esercizio pratico**: ogni volta che noti il bisogno di dimostrare qualcosa ai tuoi genitori, prova a fermarti un attimo e a scrivere su un quaderno non quello che hai fatto “meglio degli altri”, ma quello che hai fatto “per te”. Questo sposta il centro dal loro sguardo al tuo.
2. **Lavoro terapeutico**: un percorso psicologico individuale ti aiuterebbe a rafforzare l’identità adulta, separandola gradualmente da quella parte infantile che ancora cerca approvazione. In particolare, una terapia centrata sulle dinamiche familiari (come l’approccio sistemico-relazionale) o un lavoro di Voice Dialogue (che permette di dare voce sia alla parte svalutata che a quella iper-performante) potrebbe offrirti strumenti concreti per creare distanza interna dai modelli appresi e costruire un senso di autonomia autentico.

Il fondamento c’è: il contatto con i tuoi genitori può davvero riattivare schemi che ti fanno male. La chiave non è eliminarli dalla tua vita, ma imparare a relazionarti a loro da una posizione adulta, capace di proteggere la tua energia e di scegliere quando e come coinvolgerti.

Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork
Dott.ssa Maria Grazia Antinori
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Diventare grandi è sempre un percorso faticoso. I genitori sono tutto il mondo per un bambino e per un adolescente, progressivamente è come se si rimpiccolissimo e diventassero sempre meno mamma e papà ma piuttosto iniziassero ad assumere anche per i figli, il loro nome di battesimo.
I genitori sono persone con limiti, aspetti positivi e negativi ma soprattutto non possono assumersi su di loro il lavoro di crescita che è dei figli diventati adulti.
Purtroppo sono molte le variabili che possono interferire negativamente in questo percorso, la psicoterapia è un potente strumento per ridefinire i confini, potersi riconoscere e iniziare una propria strada facendo pace con i genitori imperfetti.
Maria Grazia Antinori, Roma
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buongiorno,
dalla sua descrizione emerge con chiarezza quanto l’ambiente familiare abbia avuto un’influenza importante sul suo modo di percepire sé stesso e il mondo. Crescere con genitori ansiosi e poco fiduciosi nelle sue capacità può aver trasmesso dentro di lei un senso di inadeguatezza, che oggi ancora si riflette nella difficoltà a sentirsi sicuro e autonomo. È comprensibile che, dopo anni di svalutazioni o mancanza di incoraggiamento, lei senta il bisogno di sottolineare i suoi successi in modo marcato: può essere una forma di compensazione rispetto alle carenze di approvazione vissute nell’infanzia.

Per quanto riguarda il rapporto attuale con i suoi genitori, è assolutamente possibile che la vicinanza emotiva con persone percepite come svalutanti o ansiose continui a generare dentro di lei vissuti di ansia, insicurezza o tristezza. Non si tratta di “dare colpe”, ma di riconoscere che il contesto relazionale ha un impatto concreto sul nostro benessere psicologico. Il fatto che abbia sperimentato miglioramenti quando ha preso un po’ di distanza è un segnale importante: significa che la sua autonomia cresce quando non si sente costantemente sotto lo sguardo critico o ansioso dei suoi genitori.

Quello che descrive ha certamente un fondamento: il contatto continuo con dinamiche familiari che evocano schemi del passato può effettivamente “riattivare” emozioni di inadeguatezza e di ansia. Non è un segno di debolezza, ma un funzionamento psicologico piuttosto comune.

Sarebbe utile e consigliato approfondire questi aspetti in un percorso psicologico, che possa aiutarla a comprendere meglio le radici di queste dinamiche, a rafforzare la sua autonomia e a trovare modalità più efficaci per gestire la relazione con i suoi genitori senza sentirsi svuotato.

Dottoressa Silvia Parisi
Dott.ssa Elena Brizi
Psicologo, Psicologo clinico
Tarquinia
Buongiorno,
comprendo come possa sentirsi. Ciò che viviamo fin dall'infanzia influenza le nostre esperienze future e la nostra personalità. Allontanarsi da tutto questo, dalle sensazioni che ci hanno fatto stare male, da alcuni lati delle persone che ci stanno vicine ma non ci rendono sereni, è possibile ma purtroppo richiede molto tempo e molta pazienza.
Noto in lei la voglia di liberarsi dal disagio che prova all'interno della sua famiglia ed è giusto che viva la sua vita in tranquillità e serenità.
Cerchi di passare più tempo da solo o con degli amici provando, come fa già, a limitare alcuni contatti che non la fanno sentire a suo agio.
Ciò non fa riferimento ad una completa separazione dai suoi genitori, ma alla voglia e alla necessità di sentirsi bene.
Non c'è assolutamente nulla di sbagliato a voler stare bene con se stessi.
Per qualsiasi cosa, mi trova a disposizione.
Dott.ssa Elena Brizi, psicologa
Buongiorno,
dal suo racconto emerge con chiarezza come l’ambiente familiare abbia avuto un ruolo molto significativo nella costruzione della sua immagine di sé. Ricevere messaggi svalutanti o poco incoraggianti fin dall’infanzia può generare una sensazione di inadeguatezza che poi accompagna anche nell’età adulta, influenzando la fiducia nelle proprie capacità, le relazioni e la possibilità di progettare il futuro.

La reazione che descrive – il bisogno di dimostrare e sottolineare i propri successi – è un meccanismo che spesso nasce proprio per compensare la mancanza di riconoscimento ricevuta in passato. Non è “ego”, ma il tentativo di restituirsi valore. Allo stesso modo, la paura di non essere all’altezza o di sbagliare è coerente con un vissuto in cui gli errori non sono stati accolti come tappe di apprendimento, ma come conferme di incapacità.

Per quanto riguarda la sua percezione attuale, sì: può accadere che il contatto con persone molto ansiose e controllanti riattivi in lei le stesse emozioni di impotenza e tristezza provate da bambino. Non significa che i suoi genitori siano “colpevoli”, ma che la relazione con loro, così come è strutturata, continua a farle rivivere quelle dinamiche interiori. Il fatto che abbia notato miglioramenti nel momento in cui ha messo dei confini e preso distanza è un segnale importante: le sta dicendo che ha bisogno di trovare un equilibrio tra il mantenere il legame e tutelare la sua autonomia.

Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a:

rielaborare le ferite legate alla svalutazione infantile,

comprendere meglio i meccanismi di compensazione che ha messo in atto,

costruire un senso di sé più stabile, indipendente dal giudizio esterno,

definire confini relazionali più funzionali con i suoi genitori.

Non c’è nulla di “sbagliato” in lei: c’è semplicemente una storia che merita di essere compresa e trasformata, per poter vivere con maggiore libertà e serenità.

Un saluto cordiale
Dott.ssa Federica Giudice
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Quello che racconti ha molto senso e non stai “esagerando”: vivere in un ambiente in cui da piccolo ti è stato trasmesso un messaggio costante di inadeguatezza può lasciare segni profondi, soprattutto sul senso di autoefficacia e sull’autostima. È naturale che, crescendo, tu abbia sviluppato da una parte il bisogno di dimostrare che sei capace (quasi a compensare le svalutazioni ricevute), e dall’altra la paura di affrontare situazioni nuove, come se la voce interiore dei tuoi genitori continuasse a dirti che non sei abbastanza.
Il fatto che tu abbia sperimentato miglioramenti concreti quando hai messo distanza e creato confini più chiari con loro è molto significativo: vuol dire che non stai “inventando” il problema, ma che l’influenza del contesto familiare sul tuo stato emotivo è reale. Lavorare su confini più chiari e rafforzare la tua autonomia è la strada giusta ma per renderla stabile serve un lavoro su due piani: da un lato imparare a gestire le emozioni che emergono quando ti relazioni con loro, dall’altro rafforzare le tue basi di autonomia (nelle relazioni, nel lavoro, nella vita quotidiana).Un percorso psicologico ti aiuterebbe a elaborare queste dinamiche, ridurre il bisogno di approvazione e costruire più sicurezza interiore.
Vuoi che ti proponga qualche strategia pratica per gestire meglio il contatto quotidiano con loro?
Dott.ssa Orianna Miculian
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Trieste
Gentilissimo, non deve esser stato facile crescere in un ambiente altamente svalutante e, averlo realizzato, ha portato sicuramente a provare tanta rabbia. Per fortuna a un certo punto ha avuto la forza di andare oltre, imparare tante cose e dimostrare a se stesso e a mamma e papà che anche lei è autonomo e ha tante cose da dire. Certamente tutto ciò si è riflettuto e si riflette nella sua autostima, a casa, anche se sbagliasse, continuerebbe al massimo a percepire l'ostilità dei suoi alla quale, nonostante tutto, è abituato. Ma chissà cosa pensa il mondo di lei ... spaventa l'idea che al lavoro o nelle relazioni gli altri possano ritenerla 'non all'altezza' e, prima che ciò accada, si ritrae e si isola. Cosa pensa lei di se stesso? Le consiglierei di rivolgersi a un professionista che l'aiuti a raggiungere una miglior consapevolezza di se, dei suoi pensieri, individuandone quelli irrazionali, che contribuiscono al suo malessere. Insieme troverete le strategie più adatte per poterli affrontare e iniziare a guardare al futuro in modo più sereno. E' giovane, prenda in mano la sua vita e inizi a viverla senza pensare di dover sempre dimostrare qualcosa, non si viene giudicati sempre e, anche fosse, il giudizio è solo un pensiero dell'altro, nulla più.
I miei migliori auguri
Dott.ssa Miculian
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Buongiorno,
lei qui porta un tema importante che è quello della definizione di se e dell'autodeterminazione. Puo aprirsi alla possibilità di affrontare tutto questo all' interno di uno spazio di ascolto più ampio che solo una psicoterapia fornisce. Contatti uno specialista, la accompagnerà verso la sua crescita personale ed esistenziale.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno,
la ringrazio per aver condiviso con tanta lucidità e profondità la sua esperienza. Dalle sue parole emerge un importante percorso di consapevolezza: lei ha compreso come il contesto familiare e le dinamiche relazionali con i suoi genitori abbiano influenzato la percezione e l'immagine che ha di sé e del mondo. Non è affatto raro che, crescendo in un ambiente molto ansioso e controllante, si sviluppi un senso di insicurezza, insieme al timore di sbagliare o di non essere “abbastanza” per affrontare la vita da soli.
Ciò che descrive — il bisogno di dimostrare il proprio valore, la ricerca di approvazione e la tendenza a voler fare tutto nel modo migliore possibile — può essere letto come un tentativo di compensare anni in cui si è sentito sottovalutato o non riconosciuto nelle proprie capacità. È come se, attraverso la precisione e la competenza, cercasse di affermare finalmente un’immagine di sé forte e capace, contrapposta a quella fragile che ha interiorizzato da bambino.
Lei parla anche di "sensazione di svuotamento, ansia e tristezza" quando è a contatto con i suoi genitori: questo ha un fondamento in quanto, dopo anni di interazioni in cui si è sentito svalutato o frenato, reagisce con stanchezza, tensione e perdita di fiducia quando si ritrova in quelle stesse dinamiche. In un certo senso, tornare a contatto con i genitori riattiva schemi emotivi antichi, legati al sentirsi inadeguato o sotto giudizio.
Il fatto che nei periodi di maggiore distanza lei noti un miglioramento della sua autonomia e del suo benessere è un segnale importante. Non significa “colpevolizzare” i suoi genitori — come ha detto, sono persone affettuose, ma con le loro paure e i loro limiti — bensì riconoscere che per crescere e costruire la propria indipendenza emotiva è necessario, a volte, ridefinire i confini. Questo può voler dire mantenere con loro un rapporto più equilibrato, in cui lei possa scegliere quando e quanto esporsi, proteggendo il proprio spazio vitale e la propria energia.
Le suggerirei, se possibile, di intraprendere un percorso psicoterapeutico individuale: l’obiettivo non sarebbe “allontanarsi dai genitori”, ma imparare a differenziarsi interiormente, cioè a costruire una base interna di sicurezza che le permetta di non sentirsi più condizionato o svuotato dai loro atteggiamenti. Un terapeuta potrebbe aiutarla a lavorare su questo senso di inadeguatezza e sulla paura di vivere, affinché possa gradualmente espandere la sua autonomia senza sentirsi sopraffatto.
Resto a disposizione.

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