Buona sera , mio figlio di 9 anni ogni volta che fa motoria torna a casa piangendo , dicendomi che i
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Buona sera , mio figlio di 9 anni ogni volta che fa motoria torna a casa piangendo , dicendomi che i compagni lo deridono per he non da giocare a calcetto , non gli passano la palla .
Ho chiesto se lo avesse detto al maestro ,
Mi dice di sì ma tanto lui sta con il Cell in mano e non vede niente .
Oggi ha avuto un attacco di nervosismo ha urlato contro un amichetto e il maestro gli ha fatto una nota scritta da portare a casa .
Purtroppo non so a chi credere , ovviamente da genitore creso a mio figlio ma non stando a scuola non ho la certezza.
Come mi dovrei comportare ?
Ho chiesto se lo avesse detto al maestro ,
Mi dice di sì ma tanto lui sta con il Cell in mano e non vede niente .
Oggi ha avuto un attacco di nervosismo ha urlato contro un amichetto e il maestro gli ha fatto una nota scritta da portare a casa .
Purtroppo non so a chi credere , ovviamente da genitore creso a mio figlio ma non stando a scuola non ho la certezza.
Come mi dovrei comportare ?
Buonasera,
Capisco perfettamente la sua preoccupazione: vedere il proprio figlio tornare a casa triste o frustrato è doloroso, soprattutto quando racconta di sentirsi escluso dai compagni.
Le suggerirei di iniziare parlando con calma con il maestro, condividendo i vissuti del bambino senza accusare, ma con l’obiettivo di capire insieme cosa succede durante l’ora di motoria. A volte i docenti non si accorgono di certe dinamiche di gruppo, e un confronto rispettoso può aiutarli a prestare maggiore attenzione.
Con suo figlio, può essere utile validare le sue emozioni (“capisco che ti senti escluso, dev’essere stato difficile”) e a rinforzare la fiducia in sé, magari valorizzando altri sport o attività in cui si sente capace e accettato. Questo potrebbe aiutare a riequilibrare l’autostima e a non far dipendere il proprio valore dal gruppo dei pari.
Se la situazione dovesse continuare o peggiorare, potrebbe essere utile chiedere un colloquio anche con lo psicologo scolastico (se presente) o con un professionista esterno, per aiutare il bambino a esprimere e gestire la rabbia e la frustrazione legate all’esclusione.
Sta già facendo molto, cercando di capire come sostenerlo nel modo giusto: è il primo passo fondamentale. Un caro saluto
Capisco perfettamente la sua preoccupazione: vedere il proprio figlio tornare a casa triste o frustrato è doloroso, soprattutto quando racconta di sentirsi escluso dai compagni.
Le suggerirei di iniziare parlando con calma con il maestro, condividendo i vissuti del bambino senza accusare, ma con l’obiettivo di capire insieme cosa succede durante l’ora di motoria. A volte i docenti non si accorgono di certe dinamiche di gruppo, e un confronto rispettoso può aiutarli a prestare maggiore attenzione.
Con suo figlio, può essere utile validare le sue emozioni (“capisco che ti senti escluso, dev’essere stato difficile”) e a rinforzare la fiducia in sé, magari valorizzando altri sport o attività in cui si sente capace e accettato. Questo potrebbe aiutare a riequilibrare l’autostima e a non far dipendere il proprio valore dal gruppo dei pari.
Se la situazione dovesse continuare o peggiorare, potrebbe essere utile chiedere un colloquio anche con lo psicologo scolastico (se presente) o con un professionista esterno, per aiutare il bambino a esprimere e gestire la rabbia e la frustrazione legate all’esclusione.
Sta già facendo molto, cercando di capire come sostenerlo nel modo giusto: è il primo passo fondamentale. Un caro saluto
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Gentile Signora,
capisco profondamente la sua preoccupazione. Non è semplice vedere il proprio figlio tornare a casa triste, frustrato o in lacrime per ciò che accade a scuola. Quello che descrive è un vissuto che tocca da vicino la sua sensibilità di madre e la sofferenza del bambino, che si sente escluso e probabilmente impotente davanti al comportamento dei compagni.
Il fatto che suo figlio viva con ansia l’ora di motoria e reagisca con rabbia o nervosismo può essere il segnale di un disagio che sta crescendo, e che merita attenzione e ascolto da parte degli adulti di riferimento. È importante in questi casi muoversi con delicatezza, ma anche con decisione.
Le suggerirei innanzitutto di mantenere un dialogo aperto e rassicurante con suo figlio, accogliendo le sue emozioni senza minimizzarle. Mostrargli che è legittimo sentirsi triste, arrabbiato o deluso è già un modo per aiutarlo a dare un nome a ciò che prova e a non sentirsi “sbagliato”.
Parallelamente, può essere utile chiedere un colloquio diretto con l’insegnante di educazione motoria e, se possibile, con l’insegnante di classe. È importante affrontare la questione in modo costruttivo, senza accusare, ma chiedendo di comprendere meglio la situazione: cosa accade durante le lezioni, come vengono gestite le dinamiche di gruppo, quali interventi sono possibili per favorire l’inclusione. A volte, piccoli accorgimenti (formare le squadre in modo equilibrato, cambiare tipo di attività, stimolare il lavoro cooperativo) possono fare una grande differenza.
Per quanto riguarda l’episodio dell’attacco di nervosismo, lo interpreti come un segnale di accumulo emotivo più che come “cattiva condotta”: quando un bambino si sente escluso o incompreso, può perdere il controllo perché non trova altri modi per esprimere la propria frustrazione. In questo senso, sarebbe utile che anche la scuola comprendesse il contesto, e non solo il comportamento esteriore.
Se dovesse notare che il disagio persiste o aumenta (ad esempio rifiuto di andare a scuola, sintomi fisici, chiusura), potrebbe essere utile un confronto con uno psicologo dell’età evolutiva, che aiuti suo figlio a rafforzare la propria autostima e le competenze relazionali, oltre che a elaborare il vissuto di esclusione.
Sta già facendo molto mostrando attenzione, ascolto e volontà di capire: continui su questa strada. I bambini, quando sentono che gli adulti prendono sul serio ciò che provano, si sentono protetti e pian piano ritrovano fiducia negli altri e in sé stessi.
Un saluto,
Dott.ssa Susanna Brandolini
capisco profondamente la sua preoccupazione. Non è semplice vedere il proprio figlio tornare a casa triste, frustrato o in lacrime per ciò che accade a scuola. Quello che descrive è un vissuto che tocca da vicino la sua sensibilità di madre e la sofferenza del bambino, che si sente escluso e probabilmente impotente davanti al comportamento dei compagni.
Il fatto che suo figlio viva con ansia l’ora di motoria e reagisca con rabbia o nervosismo può essere il segnale di un disagio che sta crescendo, e che merita attenzione e ascolto da parte degli adulti di riferimento. È importante in questi casi muoversi con delicatezza, ma anche con decisione.
Le suggerirei innanzitutto di mantenere un dialogo aperto e rassicurante con suo figlio, accogliendo le sue emozioni senza minimizzarle. Mostrargli che è legittimo sentirsi triste, arrabbiato o deluso è già un modo per aiutarlo a dare un nome a ciò che prova e a non sentirsi “sbagliato”.
Parallelamente, può essere utile chiedere un colloquio diretto con l’insegnante di educazione motoria e, se possibile, con l’insegnante di classe. È importante affrontare la questione in modo costruttivo, senza accusare, ma chiedendo di comprendere meglio la situazione: cosa accade durante le lezioni, come vengono gestite le dinamiche di gruppo, quali interventi sono possibili per favorire l’inclusione. A volte, piccoli accorgimenti (formare le squadre in modo equilibrato, cambiare tipo di attività, stimolare il lavoro cooperativo) possono fare una grande differenza.
Per quanto riguarda l’episodio dell’attacco di nervosismo, lo interpreti come un segnale di accumulo emotivo più che come “cattiva condotta”: quando un bambino si sente escluso o incompreso, può perdere il controllo perché non trova altri modi per esprimere la propria frustrazione. In questo senso, sarebbe utile che anche la scuola comprendesse il contesto, e non solo il comportamento esteriore.
Se dovesse notare che il disagio persiste o aumenta (ad esempio rifiuto di andare a scuola, sintomi fisici, chiusura), potrebbe essere utile un confronto con uno psicologo dell’età evolutiva, che aiuti suo figlio a rafforzare la propria autostima e le competenze relazionali, oltre che a elaborare il vissuto di esclusione.
Sta già facendo molto mostrando attenzione, ascolto e volontà di capire: continui su questa strada. I bambini, quando sentono che gli adulti prendono sul serio ciò che provano, si sentono protetti e pian piano ritrovano fiducia negli altri e in sé stessi.
Un saluto,
Dott.ssa Susanna Brandolini
In effetti la sua situazione è molto delicata, vedere il proprio figlio tornare a casa turbato e sentirlo raccontare episodi di esclusione o derisione può essere davvero doloroso.
È naturale che si senta disorientata e in difficoltà nel capire come intervenire al meglio ed è molto prezioso che lei sia qui a chiedere aiuto.
Da quello che ha riportato, suo figlio sta probabilmente vivendo una situazione che gli fa sentire di non essere accettato dal gruppo.
Questo alla sua età può pesare molto sull’autostima e sul benessere emotivo.
La sua reazione di rabbia/nervosismo è comprensibile: spesso dietro questi comportamenti ci sono frustrazione, tristezza e il bisogno di essere riconosciuti e compresi.
Il primo passo molto importante potrebbe essere quello di mantenere un dialogo aperto e accogliente con lui, aiutandolo a esprimere le emozioni che prova, senza giudizio e facendogli sentire che lei lo ascolta e lo sostiene.
Parallelamente, le consiglierei di chiedere un colloquio con l’insegnante di educazione fisica (e, se possibile, anche con l’insegnante di riferimento della classe) per condividere le sue osservazioni e cercare insieme di capire meglio la situazione.
È importante che a scuola ci sia attenzione e consapevolezza di ciò che accade durante le attività di gruppo.
Nel caso in cui emergesse che davvero suo figlio vive episodi di esclusione o prese in giro, si potrà pensare insieme agli insegnanti a strategie educative mirate a favorire l’inclusione e la collaborazione tra compagni.
Infine, se nota che il bambino continua a mostrarsi ansioso o triste rispetto alla scuola o allo sport, può essere utile offrirgli uno spazio di ascolto psicologico, dove imparare a gestire le emozioni e rafforzare la fiducia in sé e la sua autostima nonostante l'esperienza spiacevole.
Sta già facendo tanto cercando aiuto e attenzione per il suo bambino. Questo è un segnale importante di sensibilità e cura.
Un caro saluto.
È naturale che si senta disorientata e in difficoltà nel capire come intervenire al meglio ed è molto prezioso che lei sia qui a chiedere aiuto.
Da quello che ha riportato, suo figlio sta probabilmente vivendo una situazione che gli fa sentire di non essere accettato dal gruppo.
Questo alla sua età può pesare molto sull’autostima e sul benessere emotivo.
La sua reazione di rabbia/nervosismo è comprensibile: spesso dietro questi comportamenti ci sono frustrazione, tristezza e il bisogno di essere riconosciuti e compresi.
Il primo passo molto importante potrebbe essere quello di mantenere un dialogo aperto e accogliente con lui, aiutandolo a esprimere le emozioni che prova, senza giudizio e facendogli sentire che lei lo ascolta e lo sostiene.
Parallelamente, le consiglierei di chiedere un colloquio con l’insegnante di educazione fisica (e, se possibile, anche con l’insegnante di riferimento della classe) per condividere le sue osservazioni e cercare insieme di capire meglio la situazione.
È importante che a scuola ci sia attenzione e consapevolezza di ciò che accade durante le attività di gruppo.
Nel caso in cui emergesse che davvero suo figlio vive episodi di esclusione o prese in giro, si potrà pensare insieme agli insegnanti a strategie educative mirate a favorire l’inclusione e la collaborazione tra compagni.
Infine, se nota che il bambino continua a mostrarsi ansioso o triste rispetto alla scuola o allo sport, può essere utile offrirgli uno spazio di ascolto psicologico, dove imparare a gestire le emozioni e rafforzare la fiducia in sé e la sua autostima nonostante l'esperienza spiacevole.
Sta già facendo tanto cercando aiuto e attenzione per il suo bambino. Questo è un segnale importante di sensibilità e cura.
Un caro saluto.
Buonasera,
capisco la sua difficoltà, è sempre difficile vedere il proprio figlio stare male.
Da quello che racconta, sembra che suo figlio si senta escluso o deriso dai compagni in un'attività in cui non si sente capace, e che questo lo faccia soffrire molto. Anche la sua reazione di nervosismo potrebbe essere un modo per esprimere la frustrazione che, comprensibilmente, si è accumulata.
Dopo averne parlato con lui ed averlo fatto sentire accolto nei suoi vissuti, potrebbe essere utile chiedere un colloquio all'insegnante in questione o ad un docente di riferimento, non solo per segnalare l'accaduto ma anche per conoscere la sua visione dei fatti. Non è questione di “credere o non credere”: spesso i bambini raccontano ciò che sentono nel loro vissuto, anche se magari i fatti oggettivi possono essere un po’ diversi. Il confronto diretto con la scuola può aiutare tutti a capire meglio e a trovare una soluzione che consenta a suo figlio di fare un'esperienza serena nel contesto educativo e di crescita.
Resto a disposizione, un caro saluto
capisco la sua difficoltà, è sempre difficile vedere il proprio figlio stare male.
Da quello che racconta, sembra che suo figlio si senta escluso o deriso dai compagni in un'attività in cui non si sente capace, e che questo lo faccia soffrire molto. Anche la sua reazione di nervosismo potrebbe essere un modo per esprimere la frustrazione che, comprensibilmente, si è accumulata.
Dopo averne parlato con lui ed averlo fatto sentire accolto nei suoi vissuti, potrebbe essere utile chiedere un colloquio all'insegnante in questione o ad un docente di riferimento, non solo per segnalare l'accaduto ma anche per conoscere la sua visione dei fatti. Non è questione di “credere o non credere”: spesso i bambini raccontano ciò che sentono nel loro vissuto, anche se magari i fatti oggettivi possono essere un po’ diversi. Il confronto diretto con la scuola può aiutare tutti a capire meglio e a trovare una soluzione che consenta a suo figlio di fare un'esperienza serena nel contesto educativo e di crescita.
Resto a disposizione, un caro saluto
Buonasera, spesso le dinamiche di esclusione che si verificano nel contesto classe vengono mantenute anche dagli adulti di riferimento. Sarebbe opportuno fare rete con i genitori dei compagni di classe di suo figlio per cercare di arginare il problema.
Ciao, capisco davvero quanto possa essere difficile per un genitore vedere il proprio bambino tornare a casa triste e frustrato, soprattutto quando tutto nasce da ciò che per i suoi compagni è “solo un gioco”. Per tuo figlio invece è un momento importante di socialità, e sentirsi escluso può farlo soffrire molto, fino a reagire con rabbia.
È importante accogliere le sue emozioni e fargli sentire che tu lo stai ascoltando e prendendo sul serio. Allo stesso tempo, può essere utile approfondire ciò che accade a scuola per avere un quadro più chiaro. Ti consiglierei di parlare direttamente con l’insegnante di motoria, non solo per capire la situazione ma anche per trovare insieme strategie che possano favorire l’inclusione e prevenire prese in giro o difficoltà nella gestione del gruppo. Può essere utile anche: aiutare tuo figlio a esprimere le emozioni senza sentirsi sbagliato (“Capisco che ti sei arrabbiato perché ti sei sentito escluso”);sostenere la sua autostima in altre attività in cui si sente più competente; offrire strumenti per gestire la frustrazione quando le cose non vanno come vorrebbe.
Se le esclusioni o le prese in giro dovessero continuare, è importante che la scuola se ne faccia carico attivamente: il benessere emotivo dei bambini deve essere una priorità, soprattutto durante i momenti di gioco dove imparano a stare con gli altri.
È importante accogliere le sue emozioni e fargli sentire che tu lo stai ascoltando e prendendo sul serio. Allo stesso tempo, può essere utile approfondire ciò che accade a scuola per avere un quadro più chiaro. Ti consiglierei di parlare direttamente con l’insegnante di motoria, non solo per capire la situazione ma anche per trovare insieme strategie che possano favorire l’inclusione e prevenire prese in giro o difficoltà nella gestione del gruppo. Può essere utile anche: aiutare tuo figlio a esprimere le emozioni senza sentirsi sbagliato (“Capisco che ti sei arrabbiato perché ti sei sentito escluso”);sostenere la sua autostima in altre attività in cui si sente più competente; offrire strumenti per gestire la frustrazione quando le cose non vanno come vorrebbe.
Se le esclusioni o le prese in giro dovessero continuare, è importante che la scuola se ne faccia carico attivamente: il benessere emotivo dei bambini deve essere una priorità, soprattutto durante i momenti di gioco dove imparano a stare con gli altri.
uonasera,
la situazione che descrive è molto comprensibile e, purtroppo, anche piuttosto comune nei bambini di quest’età. Spesso, dietro alla difficoltà nel gioco di squadra, non c’è solo la questione del “saper giocare”, ma anche la sensibilità con cui il bambino vive l’esclusione o la derisione dei compagni.
È importante che suo figlio senta di poter esprimere la propria frustrazione a casa, senza sentirsi sbagliato per aver reagito. Il pianto e la rabbia sono modi con cui il bambino comunica che qualcosa, nella relazione con gli altri, gli fa male.
Le consiglierei di:
Accogliere e nominare le emozioni di suo figlio, aiutandolo a riconoscere ciò che prova (“capisco che ti sei sentito escluso, deve essere stato difficile per te”);
Richiedere un colloquio con il maestro di motoria o con l’insegnante referente, raccontando quanto accade senza toni accusatori, ma per favorire un’osservazione più attenta delle dinamiche di gruppo;
Rinforzare la sua autostima anche fuori dal contesto scolastico, valorizzando le attività in cui si sente capace e accettato.
È possibile che l’episodio della nota sia stato il risultato di un accumulo di frustrazione: più che un problema di comportamento, può essere il segnale di un disagio emotivo che merita ascolto e comprensione.
Se dovesse notare che questi episodi di rabbia o tristezza si ripetono nel tempo, può essere utile un breve percorso di sostegno psicologico per aiutarlo a elaborare le emozioni e a rafforzare le competenze relazionali.
Il suo atteggiamento attento e partecipe è già una risorsa preziosa per lui.
la situazione che descrive è molto comprensibile e, purtroppo, anche piuttosto comune nei bambini di quest’età. Spesso, dietro alla difficoltà nel gioco di squadra, non c’è solo la questione del “saper giocare”, ma anche la sensibilità con cui il bambino vive l’esclusione o la derisione dei compagni.
È importante che suo figlio senta di poter esprimere la propria frustrazione a casa, senza sentirsi sbagliato per aver reagito. Il pianto e la rabbia sono modi con cui il bambino comunica che qualcosa, nella relazione con gli altri, gli fa male.
Le consiglierei di:
Accogliere e nominare le emozioni di suo figlio, aiutandolo a riconoscere ciò che prova (“capisco che ti sei sentito escluso, deve essere stato difficile per te”);
Richiedere un colloquio con il maestro di motoria o con l’insegnante referente, raccontando quanto accade senza toni accusatori, ma per favorire un’osservazione più attenta delle dinamiche di gruppo;
Rinforzare la sua autostima anche fuori dal contesto scolastico, valorizzando le attività in cui si sente capace e accettato.
È possibile che l’episodio della nota sia stato il risultato di un accumulo di frustrazione: più che un problema di comportamento, può essere il segnale di un disagio emotivo che merita ascolto e comprensione.
Se dovesse notare che questi episodi di rabbia o tristezza si ripetono nel tempo, può essere utile un breve percorso di sostegno psicologico per aiutarlo a elaborare le emozioni e a rafforzare le competenze relazionali.
Il suo atteggiamento attento e partecipe è già una risorsa preziosa per lui.
Capisco bene quanto sia difficile assistere a questo tipo di situazione: da genitore è naturale sentire frustrazione e anche impotenza quando vediamo nostro figlio tornare a casa ferito o arrabbiato.
In questi casi, è importante non schierarsi subito con una versione o con l’altra, ma cercare di comprendere il quadro nella sua complessità.La situazione che descrive è complessa ma piuttosto frequente: un bambino che si sente escluso in contesto scolastico tende a sviluppare una forte reattività emotiva, spesso espressa attraverso rabbia o ritiro.
Il primo passo, in ottica strategica, è spostare il focus dal “credere a qualcuno” al comprendere la dinamica relazionale che si sta creando.
In questi casi è utile agire su due piani:
Relazione scuola–famiglia: un incontro con l’insegnante, condotto con tono collaborativo e non accusatorio, permette di ottenere informazioni dirette e di concordare un piano condiviso d’intervento. L’obiettivo non è cercare un colpevole, ma ripristinare un equilibrio funzionale tra i bambini.
Gestione emotiva del bambino: a casa è importante aiutarlo a riconoscere e nominare le proprie emozioni (“ti sei sentito escluso?”, “ti sei arrabbiato perché ti sembrava ingiusto?”), guidandolo a canalizzare la frustrazione in modalità più efficaci.
Nell’approccio strategico, questo tipo di situazione viene trattato lavorando su percezione e reazione: il bambino va accompagnato a modificare la percezione di sé nel gruppo e a sviluppare risposte più funzionali, mentre l’ambiente (insegnanti e genitori) deve smettere di rinforzare, anche involontariamente, il ruolo di “vittima” o “bambino problematico”.
Un intervento mirato, anche breve, può aiutare a sciogliere rapidamente il circolo vizioso che si è creato, restituendo al bambino sicurezza e competenza relazionale.
In questi casi, è importante non schierarsi subito con una versione o con l’altra, ma cercare di comprendere il quadro nella sua complessità.La situazione che descrive è complessa ma piuttosto frequente: un bambino che si sente escluso in contesto scolastico tende a sviluppare una forte reattività emotiva, spesso espressa attraverso rabbia o ritiro.
Il primo passo, in ottica strategica, è spostare il focus dal “credere a qualcuno” al comprendere la dinamica relazionale che si sta creando.
In questi casi è utile agire su due piani:
Relazione scuola–famiglia: un incontro con l’insegnante, condotto con tono collaborativo e non accusatorio, permette di ottenere informazioni dirette e di concordare un piano condiviso d’intervento. L’obiettivo non è cercare un colpevole, ma ripristinare un equilibrio funzionale tra i bambini.
Gestione emotiva del bambino: a casa è importante aiutarlo a riconoscere e nominare le proprie emozioni (“ti sei sentito escluso?”, “ti sei arrabbiato perché ti sembrava ingiusto?”), guidandolo a canalizzare la frustrazione in modalità più efficaci.
Nell’approccio strategico, questo tipo di situazione viene trattato lavorando su percezione e reazione: il bambino va accompagnato a modificare la percezione di sé nel gruppo e a sviluppare risposte più funzionali, mentre l’ambiente (insegnanti e genitori) deve smettere di rinforzare, anche involontariamente, il ruolo di “vittima” o “bambino problematico”.
Un intervento mirato, anche breve, può aiutare a sciogliere rapidamente il circolo vizioso che si è creato, restituendo al bambino sicurezza e competenza relazionale.
Buona sera,
è importante non sottovalutare queste situazioni. Il punto non è tanto scoprire dove stia la "verità" ma comprendere cosa sta provando suo figlio. Più che concentrarvi sui fatti provate a stare sul vissuto del bambino.
Poi nella pratica chiederei un colloquio con la scuola, in modo da ascoltare anche loro come vedono la situazione. Inoltre se a scuola c'è un servizio di Psicologia scolastica provatevi a rivolgervi anche a questo.
Non è un compito semplice quello del genitore. Ma sono sicura che un passo alla volta riuscirete a trovare la soluzione migliore per vostro figlio
è importante non sottovalutare queste situazioni. Il punto non è tanto scoprire dove stia la "verità" ma comprendere cosa sta provando suo figlio. Più che concentrarvi sui fatti provate a stare sul vissuto del bambino.
Poi nella pratica chiederei un colloquio con la scuola, in modo da ascoltare anche loro come vedono la situazione. Inoltre se a scuola c'è un servizio di Psicologia scolastica provatevi a rivolgervi anche a questo.
Non è un compito semplice quello del genitore. Ma sono sicura che un passo alla volta riuscirete a trovare la soluzione migliore per vostro figlio
Buonasera — capisco la sua preoccupazione, è una situazione dolorosa per lei e per suo figlio. Le suggerisco un percorso pratico e diretto:
Prima di tutto convalidi i sentimenti di suo figlio: ascolti cosa prova senza giudicarlo, rassicurandolo che la sua sofferenza è importante.
Parli con il maestro chiedendo un incontro breve e concreto: chieda esempi, quando avviene, se ci sono testimoni e se il comportamento è ripetuto. Chieda anche che il maestro osservi più attentamente l’ora di motoria (o chieda un collega/sorvegliante) e annoti eventuali episodi.
Coinvolga la scuola: se la situazione persiste, chieda un colloquio con il referente per il comportamento o lo psicologo scolastico per valutare interventi in classe (mediazione, turni di gioco regolamentati, gruppi strutturati).
A casa lavori su abilità pratiche con suo figlio: esercizi di comunicazione assertiva, role-play su come chiedere la palla, tecniche semplici di rilassamento o respirazione per calmarsi prima che la reazione sfoci in urla.
Documenti tutto: date, descrizioni, note del maestro; può essere utile se la scuola deve attivare misure ufficiali.
Se nota che la sofferenza continua, che ci sono attacchi di panico, isolamento, regressioni o comportamenti aggressivi frequenti, è opportuno rivolgersi a uno specialista per una valutazione più approfondita e per intervenire prima possibile.
È importante agire sia sul contesto scolastico sia sul supporto emotivo al bambino. Per un percorso individuale e strategie mirate, è consigliabile approfondire con uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Prima di tutto convalidi i sentimenti di suo figlio: ascolti cosa prova senza giudicarlo, rassicurandolo che la sua sofferenza è importante.
Parli con il maestro chiedendo un incontro breve e concreto: chieda esempi, quando avviene, se ci sono testimoni e se il comportamento è ripetuto. Chieda anche che il maestro osservi più attentamente l’ora di motoria (o chieda un collega/sorvegliante) e annoti eventuali episodi.
Coinvolga la scuola: se la situazione persiste, chieda un colloquio con il referente per il comportamento o lo psicologo scolastico per valutare interventi in classe (mediazione, turni di gioco regolamentati, gruppi strutturati).
A casa lavori su abilità pratiche con suo figlio: esercizi di comunicazione assertiva, role-play su come chiedere la palla, tecniche semplici di rilassamento o respirazione per calmarsi prima che la reazione sfoci in urla.
Documenti tutto: date, descrizioni, note del maestro; può essere utile se la scuola deve attivare misure ufficiali.
Se nota che la sofferenza continua, che ci sono attacchi di panico, isolamento, regressioni o comportamenti aggressivi frequenti, è opportuno rivolgersi a uno specialista per una valutazione più approfondita e per intervenire prima possibile.
È importante agire sia sul contesto scolastico sia sul supporto emotivo al bambino. Per un percorso individuale e strategie mirate, è consigliabile approfondire con uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buonasera,
capisco molto bene la sua preoccupazione — vedere il proprio figlio tornare a casa in lacrime e sentirlo dire di essere escluso o deriso è qualcosa che tocca profondamente ogni genitore. Il suo desiderio di capire, senza schierarsi ciecamente ma con cuore e lucidità, è già un passo prezioso per aiutarlo davvero.
Quello che suo figlio racconta, al di là dei dettagli, parla di una forte sensazione di esclusione e di impotenza: sentirsi messo da parte nei giochi, non essere scelto o ascoltato, può minare la fiducia in sé, soprattutto in età scolastica, dove l’accettazione del gruppo è molto importante. L’episodio di oggi — l’urlo, la reazione impulsiva — può essere il modo in cui il suo malessere trova uno sfogo, più che un atto di semplice “nervosismo”.
Ecco cosa può aiutarla a gestire la situazione in modo equilibrato:
Accolga le emozioni di suo figlio senza giudicarle, facendogli capire che la sua rabbia o la sua tristezza hanno diritto di esistere (“Capisco che ti senti arrabbiato e ferito quando non ti passano la palla”). Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e non “sbagliato”.
Provi a chiedere un colloquio con l’insegnante di motoria, non per accusare, ma per comprendere insieme cosa accade realmente durante le lezioni. Può esprimere con calma le parole di suo figlio e chiedere un confronto aperto, anche per valutare se è possibile migliorare la dinamica di gruppo.
Sostenga le competenze sociali e di autostima del bambino, magari trovando attività extrascolastiche in cui possa sentirsi competente e valorizzato, non necessariamente sportive, ma in linea con le sue passioni.
Se la situazione dovesse continuare o peggiorare, può essere utile un breve incontro con uno psicologo dell’età evolutiva, che aiuti il bambino a gestire le emozioni e a sviluppare strumenti per difendersi in modo sano.
Lei sta già facendo ciò che serve: ascolta, osserva e cerca un modo costruttivo di capire.
Questo per suo figlio è già un segnale forte di sicurezza — sapere che a casa c’è qualcuno che lo vede e lo prende sul serio, anche quando a scuola si sente invisibile.
capisco molto bene la sua preoccupazione — vedere il proprio figlio tornare a casa in lacrime e sentirlo dire di essere escluso o deriso è qualcosa che tocca profondamente ogni genitore. Il suo desiderio di capire, senza schierarsi ciecamente ma con cuore e lucidità, è già un passo prezioso per aiutarlo davvero.
Quello che suo figlio racconta, al di là dei dettagli, parla di una forte sensazione di esclusione e di impotenza: sentirsi messo da parte nei giochi, non essere scelto o ascoltato, può minare la fiducia in sé, soprattutto in età scolastica, dove l’accettazione del gruppo è molto importante. L’episodio di oggi — l’urlo, la reazione impulsiva — può essere il modo in cui il suo malessere trova uno sfogo, più che un atto di semplice “nervosismo”.
Ecco cosa può aiutarla a gestire la situazione in modo equilibrato:
Accolga le emozioni di suo figlio senza giudicarle, facendogli capire che la sua rabbia o la sua tristezza hanno diritto di esistere (“Capisco che ti senti arrabbiato e ferito quando non ti passano la palla”). Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e non “sbagliato”.
Provi a chiedere un colloquio con l’insegnante di motoria, non per accusare, ma per comprendere insieme cosa accade realmente durante le lezioni. Può esprimere con calma le parole di suo figlio e chiedere un confronto aperto, anche per valutare se è possibile migliorare la dinamica di gruppo.
Sostenga le competenze sociali e di autostima del bambino, magari trovando attività extrascolastiche in cui possa sentirsi competente e valorizzato, non necessariamente sportive, ma in linea con le sue passioni.
Se la situazione dovesse continuare o peggiorare, può essere utile un breve incontro con uno psicologo dell’età evolutiva, che aiuti il bambino a gestire le emozioni e a sviluppare strumenti per difendersi in modo sano.
Lei sta già facendo ciò che serve: ascolta, osserva e cerca un modo costruttivo di capire.
Questo per suo figlio è già un segnale forte di sicurezza — sapere che a casa c’è qualcuno che lo vede e lo prende sul serio, anche quando a scuola si sente invisibile.
Buongiorno,
la domanda posta mette in risalto diversi aspetti: innanzitutto, il primo punto riguardo il maestro sarebbe quello da genitore di parlare direttamente con lui, per far presente la difficoltà vissuta dal bambino. Il secondo aspetto riguarda l'essere deriso o escluso dagli altri compagni di classe: sarebbe importante approfondire se tale comportamento riguarda solo l'aspetto del calcio o anche in altre dinamiche viene escluso.
Resto a disposizione per ulteriori confronti, anche online.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angelica Venanzetti
la domanda posta mette in risalto diversi aspetti: innanzitutto, il primo punto riguardo il maestro sarebbe quello da genitore di parlare direttamente con lui, per far presente la difficoltà vissuta dal bambino. Il secondo aspetto riguarda l'essere deriso o escluso dagli altri compagni di classe: sarebbe importante approfondire se tale comportamento riguarda solo l'aspetto del calcio o anche in altre dinamiche viene escluso.
Resto a disposizione per ulteriori confronti, anche online.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angelica Venanzetti
Salve, in questi casi, potrebbe essere di aiuto chiedere un colloquio con l'insegnante coordinatrice/coordinatore di classe e concordare un periodo di osservazione in modo che sia suo figlio che l'insegnante di motoria possano essere attenzionati nel contesto in cui si innescano le "dinamiche problema"; passato questo breve periodo (solitamente da 2 settimane a un mese circa) con alcuni dati alla mano derivanti dall'osservazione e dalla maggior attenzione posta alla questione, ci si incontra nuovamente, si fa il punto della situazione e si delineano eventuali "correttivi" da apportare.
Saluti.
Dr. Francesco Rossi.
Saluti.
Dr. Francesco Rossi.
Capisco profondamente la sua preoccupazione: vedere il proprio figlio tornare a casa ferito e frustrato è doloroso per qualunque genitore. Da quello che racconta, suo figlio sta probabilmente vivendo una situazione di esclusione o di derisione che lo mette in difficoltà, e la sua reazione di rabbia può essere il segnale di un disagio accumulato nel tempo.
È importante prima di tutto accogliere le sue emozioni, facendogli capire che non è “sbagliato” sentirsi così.
Le suggerirei di parlare con calma con l’insegnante, non per accusare ma per capire insieme cosa succede davvero durante motoria. Può dire qualcosa come: “Vorrei capire meglio come vive mio figlio le lezioni, perché a casa torna molto provato.”
Se suo figlio si sente poco bravo a calcetto, si può valorizzare il suo impegno più che il risultato (“L’importante è provarci, non essere perfetto”) o proporre attività sportive dove possa sentirsi più competente e accettato.
Rafforzare la fiducia in sé fuori da quel contesto può proteggerlo emotivamente.
Inoltre è importante aiutarlo a capire che l’arrabbiarsi è normale, ma che ci sono modi diversi per esprimerlo. Può lavorarci anche con l’aiuto di un professionista, se le crisi si ripetono o diventano intense.
Se la situazione dovesse continuare o peggiorare, un incontro con uno psicologo dell’età evolutiva potrebbe aiutare suo figlio a esprimere il disagio e a trovare strategie più efficaci per affrontare le esclusioni e le prese in giro.
È importante prima di tutto accogliere le sue emozioni, facendogli capire che non è “sbagliato” sentirsi così.
Le suggerirei di parlare con calma con l’insegnante, non per accusare ma per capire insieme cosa succede davvero durante motoria. Può dire qualcosa come: “Vorrei capire meglio come vive mio figlio le lezioni, perché a casa torna molto provato.”
Se suo figlio si sente poco bravo a calcetto, si può valorizzare il suo impegno più che il risultato (“L’importante è provarci, non essere perfetto”) o proporre attività sportive dove possa sentirsi più competente e accettato.
Rafforzare la fiducia in sé fuori da quel contesto può proteggerlo emotivamente.
Inoltre è importante aiutarlo a capire che l’arrabbiarsi è normale, ma che ci sono modi diversi per esprimerlo. Può lavorarci anche con l’aiuto di un professionista, se le crisi si ripetono o diventano intense.
Se la situazione dovesse continuare o peggiorare, un incontro con uno psicologo dell’età evolutiva potrebbe aiutare suo figlio a esprimere il disagio e a trovare strategie più efficaci per affrontare le esclusioni e le prese in giro.
È comprensibile che lei tenda a credere a suo figlio, soprattutto non essendo presente a scuola e vedendolo turbato al rientro. Allo stesso tempo, è importante raccogliere più informazioni possibili per avere un quadro più completo della situazione.
Può essere utile chiedere all’insegnante di educazione motoria di prestare attenzione a quanto accade durante le lezioni e, se dovesse ricapitare un episodio di esclusione, di intervenire come figura di mediazione, aiutando i bambini a rispettarsi e collaborare.
Inoltre, potrebbe confrontarsi in modo informale anche con alcuni genitori di altri alunni, per comprendere se il vissuto del bambino trova riscontro nelle esperienze degli altri compagni. Questo confronto può favorire una visione più chiara e ridurre la percezione di incertezza.
L’obiettivo è costruire una collaborazione scuola–famiglia, volta a garantire al bambino un contesto più inclusivo e sereno, nel quale possa sentirsi accettato e valorizzato anche nelle attività motorie.
Può essere utile chiedere all’insegnante di educazione motoria di prestare attenzione a quanto accade durante le lezioni e, se dovesse ricapitare un episodio di esclusione, di intervenire come figura di mediazione, aiutando i bambini a rispettarsi e collaborare.
Inoltre, potrebbe confrontarsi in modo informale anche con alcuni genitori di altri alunni, per comprendere se il vissuto del bambino trova riscontro nelle esperienze degli altri compagni. Questo confronto può favorire una visione più chiara e ridurre la percezione di incertezza.
L’obiettivo è costruire una collaborazione scuola–famiglia, volta a garantire al bambino un contesto più inclusivo e sereno, nel quale possa sentirsi accettato e valorizzato anche nelle attività motorie.
Gentile utente, è perfettamente comprensibile la sua preoccupazione rispetto il pianto e il senso di esclusione espresso da suo figlio. Come psicologo scolastico, so bene come queste dinamiche - oltre ad essere frequenti in questa fascia d'età - possano produrre disagio e sofferenza sia nei bambini che in famiglia. Non posso dirle “come comportarsi” perché significherebbe sostituirsi a lei come genitore e comprendo la sua volontà di dare fiducia al racconto e i sentimenti di suo figlio, tuttavia la invito a mantenere un dialogo aperto e costruttivo con gli insegnanti al fine di capire, in sinergia con loro, cosa sta accadendo durante le ore di lezioni e cosa è possibile fare per garantire a suo figlio un’esperienza scolastica piena e soddisfacente, sia durante le attività didattiche che nel rapporto coi compagni. Se è presente un collega psicologo nel vostro istituto, non escluda di chiedere un parere anche a lui. Faccio i migliori auguri a lei e la sua famiglia di ritrovare una serenità quanto prima, dottor Andrea Marinelli
Ciao, capisco bene quanto sia difficile trovarsi in una situazione così. Da quello che racconti, tuo figlio sta vivendo qualcosa che per lui è molto pesante: sentirsi escluso, deriso o ignorato durante le attività motorie può far male, soprattutto a questa età, dove il gruppo ha un peso enorme. Le sue reazioni emotive e il nervosismo che hai descritto sono comprensibili, perché quando ci si sente messi da parte la frustrazione può diventare davvero forte.
Allo stesso tempo, considera che a distanza è difficile avere un quadro completo di quello che accade in classe. il punto non è capire chi ha ragione e chi ha torto, ma capire cosa sta succedendo e come aiutarlo.
Un primo passo utile potrebbe essere parlare con l’insegnante in un momento dedicato, non al volo. Non come accusa, ma come richiesta di chiarimento e collaborazione: spiega cosa racconta tuo figlio, come sta a casa dopo motoria, e chiedi di osservare con un po’ più di attenzione la situazione. A volte gli insegnanti non si accorgono davvero di tutto, soprattutto durante attività più caotiche come l’educazione fisica.
Potresti anche chiedere se è possibile di favorire attività più cooperative, dove tutti sono coinvolti e nessuno resta “fuori dal gioco”. Questo aiuta molto i bambini che non si sentono sicuri nelle attività più competitive.
Parallelamente, sarebbe importante aiutare tuo figlio a mettere in parole quello che sente: cosa prova quando succede, cosa lo spaventa di più, cosa vorrebbe che cambiasse. Questo non solo lo aiuta a sfogarsi, ma gli permette anche di sentirsi capito e sostenuto.
Il punto importante è che non devi affrontare tutto da sola. Parlare con l’insegnante e ascoltare tuo figlio saranno i punti da cui partire. E, se dovessi vedere che questa situazione continua a farlo stare male, può essere utile un confronto anche con un/una professionista delle relazioni di aiuto, per capire insieme come proteggerlo e aiutarlo a ritrovare sicurezza.
Buon percorso.
Dott.ssa Barbara Vitiello
Allo stesso tempo, considera che a distanza è difficile avere un quadro completo di quello che accade in classe. il punto non è capire chi ha ragione e chi ha torto, ma capire cosa sta succedendo e come aiutarlo.
Un primo passo utile potrebbe essere parlare con l’insegnante in un momento dedicato, non al volo. Non come accusa, ma come richiesta di chiarimento e collaborazione: spiega cosa racconta tuo figlio, come sta a casa dopo motoria, e chiedi di osservare con un po’ più di attenzione la situazione. A volte gli insegnanti non si accorgono davvero di tutto, soprattutto durante attività più caotiche come l’educazione fisica.
Potresti anche chiedere se è possibile di favorire attività più cooperative, dove tutti sono coinvolti e nessuno resta “fuori dal gioco”. Questo aiuta molto i bambini che non si sentono sicuri nelle attività più competitive.
Parallelamente, sarebbe importante aiutare tuo figlio a mettere in parole quello che sente: cosa prova quando succede, cosa lo spaventa di più, cosa vorrebbe che cambiasse. Questo non solo lo aiuta a sfogarsi, ma gli permette anche di sentirsi capito e sostenuto.
Il punto importante è che non devi affrontare tutto da sola. Parlare con l’insegnante e ascoltare tuo figlio saranno i punti da cui partire. E, se dovessi vedere che questa situazione continua a farlo stare male, può essere utile un confronto anche con un/una professionista delle relazioni di aiuto, per capire insieme come proteggerlo e aiutarlo a ritrovare sicurezza.
Buon percorso.
Dott.ssa Barbara Vitiello
Buonasera,
capisco bene la sua preoccupazione: per un bambino sentirsi escluso o preso in giro dai compagni può essere molto doloroso. Le consiglierei di accogliere le sue emozioni e rassicurarlo, ma anche di parlare con gli insegnanti per capire meglio cosa accade durante l’ora di motoria.
Se dovesse continuare a stare male o mostrarsi molto nervoso, può essere utile un supporto psicologico per aiutarlo a gestire le emozioni e rafforzare l’autostima.
Un caro saluto,
Dott.ssa Simona Santoni – Psicologa
capisco bene la sua preoccupazione: per un bambino sentirsi escluso o preso in giro dai compagni può essere molto doloroso. Le consiglierei di accogliere le sue emozioni e rassicurarlo, ma anche di parlare con gli insegnanti per capire meglio cosa accade durante l’ora di motoria.
Se dovesse continuare a stare male o mostrarsi molto nervoso, può essere utile un supporto psicologico per aiutarlo a gestire le emozioni e rafforzare l’autostima.
Un caro saluto,
Dott.ssa Simona Santoni – Psicologa
Secondo me il punto non è tanto stabilire la verità, quanto piuttosto migliorare il benessere di suo figlio durante le ore di ginnastica. Provi ad interfacciarsi con il maestro e gli spieghi il malessere di suo figlio, faccia da intermediaria. A volte i maestri sono presi da troppi alunni e non si rendono sempre conto che c'è qualche elemento con maggiori fragilità.
Buonasera, capisco la sua preoccupazione: sentirsi esclusi o derisi è molto doloroso per un bambino e può generare rabbia o chiusura. È importante ascoltare suo figlio, aiutarlo a esprimere ciò che prova e mostrargli che si può chiedere aiuto senza vergogna. Le suggerisco di parlare con l’insegnante con tono collaborativo, per capire meglio cosa accade e trovare insieme strategie di sostegno. A volte un piccolo intervento educativo condiviso può fare una grande differenza.
Buonasera,
La situazione che descrive è comprensibilmente fonte di preoccupazione. È importante considerare sia il punto di vista di suo figlio sia quello dell’insegnante, senza dover scegliere chi ha ragione. I bambini di 9 anni stanno ancora sviluppando competenze sociali e capacità di gestire frustrazione e conflitti: le reazioni emotive forti, come piangere o arrabbiarsi, possono essere un modo per comunicare disagio, soprattutto se si sentono esclusi o non compresi dai compagni. È utile continuare a permettere a suo figlio di esprimere le emozioni senza giudicarlo, facendo sentire che lo si comprende, ad esempio dicendo “Capisco che ti sei sentito escluso e arrabbiato”.
Può essere utile parlare con l’insegnante di educazione fisica in maniera costruttiva, chiedendo esempi concreti di ciò che accade durante le lezioni. Allo stesso tempo, è importante trasmettere a suo figlio che non tutti dobbiamo saper fare tutto e che va bene così: si può valorizzare ciò in cui è portato, o incoraggiarlo a provare piacere e soddisfazione in altre attività in cui i compagni magari non eccellono. Questo può aiutarlo a sentirsi competente e a rafforzare la sua autostima, riducendo il senso di esclusione. Se le crisi di nervosismo si ripetono, può essere utile lavorare con lui su tecniche di regolazione emotiva, come respirazione, pause o espressione verbale della frustrazione.
Creare un canale aperto e positivo con l’insegnante, con incontri periodici se necessario, può aiutare a prevenire conflitti e monitorare i progressi. Se il disagio dovesse persistere o le reazioni emotive diventare frequenti e intense, può essere indicato rivolgersi a uno psicologo infantile per un supporto più specifico. Il suo ruolo principale come genitore è contenere, ascoltare e supportare emotivamente suo figlio, mentre insieme alla scuola si cercano strategie concrete per migliorare l’esperienza in classe e prevenire esclusioni o conflitti.
Rimango a disposizione
La situazione che descrive è comprensibilmente fonte di preoccupazione. È importante considerare sia il punto di vista di suo figlio sia quello dell’insegnante, senza dover scegliere chi ha ragione. I bambini di 9 anni stanno ancora sviluppando competenze sociali e capacità di gestire frustrazione e conflitti: le reazioni emotive forti, come piangere o arrabbiarsi, possono essere un modo per comunicare disagio, soprattutto se si sentono esclusi o non compresi dai compagni. È utile continuare a permettere a suo figlio di esprimere le emozioni senza giudicarlo, facendo sentire che lo si comprende, ad esempio dicendo “Capisco che ti sei sentito escluso e arrabbiato”.
Può essere utile parlare con l’insegnante di educazione fisica in maniera costruttiva, chiedendo esempi concreti di ciò che accade durante le lezioni. Allo stesso tempo, è importante trasmettere a suo figlio che non tutti dobbiamo saper fare tutto e che va bene così: si può valorizzare ciò in cui è portato, o incoraggiarlo a provare piacere e soddisfazione in altre attività in cui i compagni magari non eccellono. Questo può aiutarlo a sentirsi competente e a rafforzare la sua autostima, riducendo il senso di esclusione. Se le crisi di nervosismo si ripetono, può essere utile lavorare con lui su tecniche di regolazione emotiva, come respirazione, pause o espressione verbale della frustrazione.
Creare un canale aperto e positivo con l’insegnante, con incontri periodici se necessario, può aiutare a prevenire conflitti e monitorare i progressi. Se il disagio dovesse persistere o le reazioni emotive diventare frequenti e intense, può essere indicato rivolgersi a uno psicologo infantile per un supporto più specifico. Il suo ruolo principale come genitore è contenere, ascoltare e supportare emotivamente suo figlio, mentre insieme alla scuola si cercano strategie concrete per migliorare l’esperienza in classe e prevenire esclusioni o conflitti.
Rimango a disposizione
Gentilissim*,
Il bullismo è un tema molto importante ai giorni nostri e le segnalazioni sono fondamentali per comprendere il da farsi in modo che vi sia un ambiente protettivo e sicuro in cui i bambini possano stare. Bisognerebbe anche comprendere in che modo sta impattando questo evento nel bambino e forse fare un passaggio con uno psicologo infantile potrebbe essere utile. Spero di averle dato un po' più di chiarezza, per qualsiasi cosa non esiti a contattarmi. Dott.ssa Tommasini
Il bullismo è un tema molto importante ai giorni nostri e le segnalazioni sono fondamentali per comprendere il da farsi in modo che vi sia un ambiente protettivo e sicuro in cui i bambini possano stare. Bisognerebbe anche comprendere in che modo sta impattando questo evento nel bambino e forse fare un passaggio con uno psicologo infantile potrebbe essere utile. Spero di averle dato un po' più di chiarezza, per qualsiasi cosa non esiti a contattarmi. Dott.ssa Tommasini
Salve, immagino la sua preoccupazione, è una situazione difficile e la sofferenza di un figlio a scuola tocca profondamente ogni genitore.
Provo a darle degli spunti.
1. Ascoltare e accogliere suo figlio.
La prima cosa, che sta già facendo molto bene, è ascoltarlo e fargli sentire che crede a ciò che prova. Può dirgli qualcosa come: “Capisco che ti sei sentito escluso e che ti ha fatto stare male. Hai fatto bene a dirmelo.”
Eviti di concentrarsi subito su “chi ha ragione” o su “cosa è successo esattamente”: a questa età, ciò che conta di più è riconoscere il suo vissuto emotivo, che è reale, anche se la dinamica può essere più complessa.
2. Parlare con il maestro (in modo calmo e collaborativo)
Non è utile accusare, ma nemmeno restare in silenzio. Le consiglio di chiedere un colloquio (anche breve) con l’insegnante di educazione motoria o con il coordinatore di classe.
Durante l’incontro:
- Espliciti le emozioni di suo figlio (“Si sente escluso e deriso durante le attività”);
- Chieda di capire meglio la situazione (“Vorrei capire come si svolgono le lezioni e se lui ha difficoltà di inserimento”);
- Eviti di accusare (“Ho sentito che usa il cellulare”) — meglio dire: “Mio figlio ha la percezione che a volte non si senta seguito, forse perché si sente trascurato. Possiamo parlarne?”. Questo approccio apre la porta alla collaborazione, non alla difensiva.
3. Coinvolgere anche il referente di classe o il dirigente.
Se dopo il colloquio non nota miglioramenti o se il comportamento dei compagni continua, può chiedere un incontro più ampio con:
- L’insegnante prevalente o coordinatore,
- Il docente di sostegno (se presente),
- E, se serve, il dirigente scolastico.
In molte scuole è attivo anche un referente per il bullismo o per il benessere scolastico: può chiedere informazioni in segreteria.
4. Aiutare suo figlio a gestire le emozioni e la sicurezza in sé
Potrebbe essere utile:
- Fargli praticare un’attività extra-scolastica in cui si senta competente e accolto (non necessariamente sportiva — musica, disegno, scacchi, ecc.);
- Insegnargli piccole strategie per gestire il nervosismo (respirare, chiedere aiuto a un adulto, allontanarsi dal gruppo);
- Rinforzarlo quando mostra autocontrollo o resilienza (“Hai fatto bene a parlarne invece di reagire”).
Se gli episodi di ansia o rabbia diventano frequenti, può essere utile anche un breve percorso di supporto psicologico per bambini, focalizzato sull’autostima e la gestione delle emozioni.
5. Ricordi: non deve “scegliere da che parte stare”
Non si tratta di mettere in discussione l’autorità del maestro o la parola di suo figlio.
Si tratta di costruire un’alleanza educativa, in cui scuola e famiglia collaborano per il benessere del bambino.
Se desidera approfondire ulteriormente l'argomento, mi rendo disponibile.
Dott.ssa Gaia Evangelisti, Psicologa.
Provo a darle degli spunti.
1. Ascoltare e accogliere suo figlio.
La prima cosa, che sta già facendo molto bene, è ascoltarlo e fargli sentire che crede a ciò che prova. Può dirgli qualcosa come: “Capisco che ti sei sentito escluso e che ti ha fatto stare male. Hai fatto bene a dirmelo.”
Eviti di concentrarsi subito su “chi ha ragione” o su “cosa è successo esattamente”: a questa età, ciò che conta di più è riconoscere il suo vissuto emotivo, che è reale, anche se la dinamica può essere più complessa.
2. Parlare con il maestro (in modo calmo e collaborativo)
Non è utile accusare, ma nemmeno restare in silenzio. Le consiglio di chiedere un colloquio (anche breve) con l’insegnante di educazione motoria o con il coordinatore di classe.
Durante l’incontro:
- Espliciti le emozioni di suo figlio (“Si sente escluso e deriso durante le attività”);
- Chieda di capire meglio la situazione (“Vorrei capire come si svolgono le lezioni e se lui ha difficoltà di inserimento”);
- Eviti di accusare (“Ho sentito che usa il cellulare”) — meglio dire: “Mio figlio ha la percezione che a volte non si senta seguito, forse perché si sente trascurato. Possiamo parlarne?”. Questo approccio apre la porta alla collaborazione, non alla difensiva.
3. Coinvolgere anche il referente di classe o il dirigente.
Se dopo il colloquio non nota miglioramenti o se il comportamento dei compagni continua, può chiedere un incontro più ampio con:
- L’insegnante prevalente o coordinatore,
- Il docente di sostegno (se presente),
- E, se serve, il dirigente scolastico.
In molte scuole è attivo anche un referente per il bullismo o per il benessere scolastico: può chiedere informazioni in segreteria.
4. Aiutare suo figlio a gestire le emozioni e la sicurezza in sé
Potrebbe essere utile:
- Fargli praticare un’attività extra-scolastica in cui si senta competente e accolto (non necessariamente sportiva — musica, disegno, scacchi, ecc.);
- Insegnargli piccole strategie per gestire il nervosismo (respirare, chiedere aiuto a un adulto, allontanarsi dal gruppo);
- Rinforzarlo quando mostra autocontrollo o resilienza (“Hai fatto bene a parlarne invece di reagire”).
Se gli episodi di ansia o rabbia diventano frequenti, può essere utile anche un breve percorso di supporto psicologico per bambini, focalizzato sull’autostima e la gestione delle emozioni.
5. Ricordi: non deve “scegliere da che parte stare”
Non si tratta di mettere in discussione l’autorità del maestro o la parola di suo figlio.
Si tratta di costruire un’alleanza educativa, in cui scuola e famiglia collaborano per il benessere del bambino.
Se desidera approfondire ulteriormente l'argomento, mi rendo disponibile.
Dott.ssa Gaia Evangelisti, Psicologa.
Gentile..
fossi in Lei proverei a parlare col maestro. Però, se ha scritto una nota solo perché suo figlio ha urlato, senza mettere le mani addosso, non mi sembra un grande insegnante. Saluti
fossi in Lei proverei a parlare col maestro. Però, se ha scritto una nota solo perché suo figlio ha urlato, senza mettere le mani addosso, non mi sembra un grande insegnante. Saluti
Esperti
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