Gentili professionisti, avrei bisogno di qualche prezioso consiglio per riuscire a distaccarmi emoti

26 risposte
Gentili professionisti, avrei bisogno di qualche prezioso consiglio per riuscire a distaccarmi emotivamente da una collega con cui si è creato un legame affettivo reciproco che però non è più spontaneo come prima e già questo è sufficiente per mangiarmi le mani perché ci offrivavamo un legame senza malizia. Siamo entrambi sposati, non è accaduto alcunché, purtroppo capitano quelle conoscenze che ci stravolgono la vita. Sto provando da alcune settimane a prendere le distanze fisiche da lei concentrandomi su altre colleghe (purtroppo sono quasi tutte donne) in modo da provare a raffredddare gli entusiasmi e ove possibile cerco proprio di stare fuori dall'area lavorativa, stando in disparte ma non sempre è possibile. Noto che lei nonostante provi verbalmente a distanziarsi rimane visivamente accigliata senza accorgersene nel caso in cui non le do l'attenzione a cui era abituata e a me dispiace tanto. Non che io me la passi meglio però a differenza sua sto cercando tecniche materiali per far qualcosa, anche per lei. Poi appena capita che mi riavvicino a parlarle di cose lavorative, si ravviva all'improvviso ma riprende le distanze verbalmente, io non la condanno, le sorrido e provo a farle capire che ci sono sempre anche se distante. Cosa si può fare per riuscire a riportare il rapporto in un confine piacevole senza farci male? Esiste qualche metodo per accelerare il processo? Con la lontananza un poco mi sono raffreddato, inizio a valutare tutti i suoi lati negativi per rafforzarmi, ma poi è sufficiente che ci riparliamo dopo un tot di giorni o vederla di nuovo pimpante nello stare accanto a me e riscatta il meccanismo "distruttivo" se mi passate il termine. Cambiare ambiente non è possibile, ho pensato di parlarle ma non so cosa dirle, potrei sembrare inopportuno visto che non siamo mai stati così diretti sull'argomento e non so come possa prenderla. Mi pareuna di quelle situazioni in cui l'unico modo per abbattere una tentazione sia cedervi.. ma non voglio ne per me ne per lei, anche se tanto già so come finiscono queste cose e che se non lo faccio io lo farà qualcun altro.
Cordiali saluti, Pasqualino.
Dott. Francesco Giampaolo
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile Pasqualino,

capisco il turbamento che nasce quando un legame, nato in modo spontaneo e privo di malizia, si trasforma in un’attrazione che mette in discussione l’equilibrio personale e coniugale. In frangenti simili la bussola più solida resta la propria scala valoriale: ciò che considera irrinunciabile in tema di fedeltà, rispetto per il partner, correttezza professionale e cura dell’altro. Mantenere il contatto con questi valori la aiuterà a scegliere con coerenza, anziché farsi guidare dall’impulso del momento.

Il distanziamento fisico che ha già avviato è un primo passo concreto; tuttavia, perché funzioni, occorre affiancarlo a un distanziamento emotivo fondato su intenzioni chiare. Può dirsi, con onestà, che lo scopo non è punire lei o la collega ma preservare ciò che entrambi ritenete importante: il matrimonio, la serenità sul lavoro, l’integrità personale. Far leva su questo obiettivo la sosterrà nei momenti in cui l’incontro casuale o uno scambio professionale riattivano l’entusiasmo.

Se teme che un dialogo aperto possa risultare inopportuno, consideri la possibilità di un messaggio semplice e rispettoso, rivolto più al contesto che ai sentimenti: “Tengo al nostro buon rapporto di lavoro e alla serenità di entrambi; per questo sto cercando di mantenere confini chiari, così da evitare equivoci”. Dichiarare l’intento di tutelare ciò che entrambi avete a cuore può alleggerire il clima senza scivolare in confidenze complicate.

Intanto, continui a rinforzare gli altri pilastri della sua vita: la relazione con sua moglie, le amicizie, le passioni personali. Quando l’esistenza è nutrita da più fonti di gratificazione, la mente perde parte della sua fissazione su ciò che è proibito. In quei momenti in cui nota riaccendersi l’attrazione, provi a chiedersi quale bisogno profondo stia cercando di soddisfare (sentirsi apprezzato, desiderato, compreso) e quali modalità alternative, più allineate ai suoi valori, possano rispondervi.

Ricordi che raffreddare un coinvolgimento emotivo non è un processo istantaneo; serve tempo perché il sistema nervoso si abitui alla nuova distanza e ricalibri le aspettative. Accetti la lentezza come parte del percorso, senza giudicarsi per i passi indietro occasionali: ciò che conta è la direzione complessiva, non la perfezione quotidiana.

In sintesi, mantenga nitido il riferimento ai suoi valori, espliciti confini garbati ma fermi, alimenti le altre aree importanti della sua vita e conceda a se stesso il tempo necessario perché il sentimento si ridimensioni. In questo modo potrà trasformare un’esperienza potenzialmente “distruttiva” in un’occasione di crescita e di riaffermazione di ciò che per lei conta davvero.

Resto a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.

Un cordiale saluto.

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Ciao Pasqualino!
Per prima cosa proverei a cercare di capire quale tipo di coinvolgimento emotivo ti lega a lei, cosa provi? cosa cerchi dal rapporto con lei? E in caso sarei pronto a mettere in discussione tutto ?
Purtroppo quando si attraversano certi confini relazioni è poi difficile tornare indietro, ti consiglio di chiarire i tuoi pensieri a riguardo e di parlare direttamente con la donna in questione.
Dott. Leonardo Liberati
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Salve, la storia che racconta è piena di stimoli e tratti che necessiterebbero di maggiore attenzione. Da un lato vedo queste due forze che lottano: il controllo da una parte e la spontaneità dall'altra. Sarebbe importante capire cosa la lega a questa persona e quanto sarebbe tollerabile una chiusura per lei. Il cercare di raffreddare la relazione è un surriscaldamento da un'altra parte, come se otturasse la ventola del computer, rallentandone le prestazioni. Inoltre sappiamo tutti quanto sia difficile ignorare l'elefante nella stanza. Mi scusi se le propongo un'altra metafora, ma se un governo spende gran parte del suo patrimonio nel ministero della difesa, quanto resterà per l'istruzione, per la salute, per la cultura?
Parla di una relazione iniziata senza malizia e di un dolore nei momenti di allontanamento, ma cerca un "metodo" per riportarla su un confine piacevole, ma c'è da capire per lei qual'è il confine piacevole o quello spiacevole. Potrebbe cercare di avere chiaro questo, di sentire quanto sarebbe tollerabile una chiusura o il suo opposto.
Dott.ssa Jasmine Scioscia
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Bologna
Buongiorno Pasqualino , leggendo la sua richiesta di aiuto io le consiglierei di parlarci chiaramente, anzi credo sia l'unica soluzione possibile.
Magari le chieda di prendere un caffè durante la giornata lavorativa e le parli di quello che sta attuando ora perché si sente troppo vicino a lei e questo le crea una difficoltà visto che siete entrambi sposati e visto e sottinteso che prova un sorta di attrazione per questa collega che non vorrebbe si concretizzasse in qualcos'altro date le circostanze.
Spesso parlare e comunicare in maniera diretta è la cosa più sana che possiamo fare per rimettere i nostri confini e aiutare l'altro a comprendere la situazione che stiamo vivendo.
Spero di esserle stata di aiuto in qualche maniera.
le auguro una buona giornata.
Dr. Jasmine Scioscia
Dott. Leonardo Provini
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Buongiorno, grazie della condivisione di una situazione complessa da gestire. Inoltre, senza avere una visione di insieme più ampia, ritengo sia complesso darle dei consigli. Ad esempio, sarebbe utile comprendere e avere informazioni circa il rapporto con sua moglie...
Al di là di queste dinamiche, che consiglierei comunque di affrontare magari con un professionista, mi sembra che lei si trovi in una situazione per cui dove si muove perde qualcosa. Se da una parte, infatti, rischia di perdere una amicizia e un interesse reciproco, dall'altra invece il rischio è che ci sia un impatto sui matrimoni. Da questo vertice non credo ci sia una scelta giusta e una sbagliata, ma altrimenti entrambe implicano dei pro e dei contro. Le consiglierei, come accennato, di affrontare anche solo tre o quattro colloquio di consultazione per approfondire la visione di insieme e magari capire col professionista se intraprendere un percorso (e che tipo di percorso: individuale, di coppia ecc) che possa aiutarla ad affrontare meglio questa complessa situazione. Spero di essere stato di aiuto
Dott. Ciro Napoletano
Psicologo, Psicologo clinico
Nocera Inferiore
Caro Pasqualino,

come terapeuta sistemico, colgo nella tua richiesta una profonda consapevolezza delle dinamiche relazionali in atto, ma anche una forte ambivalenza emotiva che merita ascolto e rispetto.

Nel modello sistemico, ogni relazione viene letta nel contesto più ampio in cui è inserita. Tu e la tua collega siete parte di almeno tre sistemi intrecciati: il sistema lavorativo, quello affettivo coniugale (ciascuno con il proprio coniuge) e quello di coppia "potenziale" che si è creato tra voi due, anche se mai consumato. Il legame che descrivi non è solo "tentazione", ma è anche il sintomo di qualcosa che si è attivato dentro di te (e forse anche in lei) a partire da bisogni, mancanze, proiezioni o desideri che cercano espressione. E questi non sono mai "sbagliati", ma vanno compresi e contestualizzati.
Chiediti: Cosa mi ha attratto di lei? Cosa rappresenta per me questa collega? Cosa mi manca nella mia relazione coniugale o in me stesso che questa interazione ha toccato?
Nel sistema sistemico, ciò che emerge "fuori" spesso parla di un movimento che non riesce a esprimersi "dentro". A volte, una connessione extra coniugale (anche solo emotiva) diventa una sorta di catalizzatore per affrontare un disagio più profondo e nascosto.
Ogni relazione è un prodotto co-creato: anche la tua collega, con le sue esitazioni e aperture, partecipa attivamente a questa danza relazionale. Provi affetto, ma anche senso di responsabilità verso entrambi. È un segnale di maturità affettiva.
Potresti chiederti: Quale messaggio stiamo veicolando, pur senza parlare esplicitamente? Anche i silenzi, i sorrisi, la presenza e l’assenza comunicano.
Pasqualino, più che “raffreddare” il legame, il lavoro sembra essere quello di trasformarlo e dare un nome nuovo a ciò che c'è stato, senza rinnegarlo ma nemmeno lasciargli il potere di governarti. I sistemi, quando vengono riorganizzati con chiarezza e rispetto, possono tornare a essere risorse invece che fonti di sofferenza.

Se ti senti sopraffatto, potresti valutare un breve percorso di counseling sistemico per elaborare con più profondità tutto questo movimento emotivo.
Resto a disposizione se desideri esplorare alcune frasi da usare con lei o riflettere ulteriormente su come comunicare in modo protettivo ma autentico.
Un abbraccio.
Dott.ssa Irene Moraldi
Psicologo, Psicologo clinico
Firenze
Gentile Pasqualino, non penso che esistano tecniche per accelerare un processo che potremmo definire di 'lutto', perché alla fine la chiusura o la modifica di un rapporto porta sempre con sé sofferenza, come quando perdiamo qualcuno di molto caro. Sicuramente, nel caso in cui se la senta, parlare di ciò che pensa con questa sua cara collega forse potrebbe aiutare entrambi a riconoscere a pieno la situazione, a comprendervi di più in questo momento, e a rendere più semplice questa situazione, che richiede il suo tempo per essere compresa e accettata.
Confrontarsi pacificamente è sempre un buon modo per comprendersi, e a volte permette di capire pensieri dell'altro che nemmeno immaginavamo.
Le auguro davvero di trovare la sua serenità.
Salve, ho letto attentamente il suo racconto e capisco perfettamente il disagio che sta provando e penso che finora abbia agito per il meglio, cercando un pò le distanze dalla sua collega. Sicuramente ci vorrà del tempo per elaborare questi sentimenti, soprattutto se gli stimoli le vengono riproposti giornalmente. Non si distacchi da lei completamente ma inizi a vederla solo come una "Collega di lavoro", non si deve autoconvincere ma accettare la situazione. Le consiglio inoltre un pò di esercizi di Mindfulness e gestione emozioni. Buona giornata, Manuela Cecchetti
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Pasqualino, la ringrazio per essersi rivolto con tanta onestà e sensibilità a un tema che, pur nella sua apparente complessità relazionale, tocca corde molto umane e profonde. È evidente che lei abbia una consapevolezza matura della situazione e che stia cercando di affrontarla con rispetto verso se stesso, la collega coinvolta e le rispettive famiglie. Questo, già di per sé, è un segno di grande responsabilità emotiva. Ciò che sta vivendo si può comprendere meglio se consideriamo come funziona il legame emotivo nella mente umana. A volte, nella routine lavorativa o in altri contesti in cui si condivide molto tempo con una persona, possono nascere connessioni profonde che sembrano colmare bisogni affettivi o emotivi che nella quotidianità familiare restano in secondo piano. Non necessariamente questi legami sono mossi da desideri fisici o romantici: spesso, si tratta del desiderio di essere visti, compresi e accolti in un modo che ci fa sentire vivi e riconosciuti. In questo senso, ciò che lei descrive non è segno di una mancanza o di una debolezza morale, ma piuttosto di un bisogno umano di contatto e significato. Il fatto che lei parli di un legame "senza malizia", ma che le provoca un certo struggimento quando si raffredda o si trasforma, suggerisce che si sia creato qualcosa di profondo, ma che oggi si sta confrontando con i limiti della realtà, con la consapevolezza che esiste un confine da non oltrepassare. E questo può generare una sorta di ambivalenza interna: una parte di lei vorrebbe proteggere questo legame speciale, e un’altra sa che continuare a coltivarlo potrebbe arrecare sofferenza o complicazioni. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, è utile considerare le emozioni e i pensieri che si attivano in presenza di questa persona. Lei ha già messo in atto strategie concrete per prendere le distanze, cercando di modificare il contesto fisico e i comportamenti abituali. Questo è molto utile e indica che lei sta già agendo in un’ottica funzionale. Tuttavia, è importante anche lavorare sui pensieri sottostanti: quei pensieri che la portano, ad esempio, a vedere il suo riavvicinamento come qualcosa di “distruttivo”, o a pensare che, se non accadrà con lei, accadrà con qualcun altro. Questi pensieri, pur comprensibili, rischiano di alimentare un senso di inevitabilità che può aumentare la sofferenza e la confusione. Una strada possibile potrebbe essere quella di accettare che questo legame, per quanto coinvolgente, è anche il prodotto di un contesto particolare, e che lei può scegliere di non lasciarsi definire solo da ciò che prova, ma anche da ciò che decide di fare. I sentimenti non si controllano direttamente, ma i comportamenti sì. In questo senso, il suo desiderio di riportare il rapporto su un piano piacevole, contenuto entro confini sani, è un obiettivo importante e realistico. Il dialogo con questa collega può essere una strada, ma solo se davvero sente che potrebbe servire a chiarire e non a riaccendere ambiguità. Qualora decidesse di parlarle, potrebbe mantenere un tono rispettoso e orientato al futuro, spiegando come per lei sia importante conservare un buon rapporto professionale, ma al tempo stesso proteggere entrambi da dinamiche che potrebbero diventare pesanti o non più gestibili. Il punto non è dire tutto ciò che si prova, ma piuttosto condividere ciò che serve per preservare una buona relazione lavorativa, mantenendo coerenza con i propri valori. Accelerare il processo, come lei chiede, è difficile, perché le emozioni hanno i loro tempi. Ma può sicuramente favorirlo allenandosi, giorno per giorno, a tollerare quella sensazione di mancanza che il distacco genera, ricordando che è temporanea e che ogni volta che la affronta senza cedere, si rafforza nella sua capacità di scegliere ciò che è meglio per sé a lungo termine. Infine, non sottovaluti l’importanza di dare uno spazio alla propria vita emotiva e affettiva fuori dal contesto lavorativo. A volte, certi legami si intensificano proprio perché diventano l’unica valvola attraverso cui passa qualcosa che nella propria vita personale magari si è affievolito o dimenticato. Riscoprire spazi di intimità, attenzione e presenza nella sua relazione di coppia o in altri ambiti significativi può rappresentare un’importante risorsa per bilanciare ciò che ora sente mancare. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Marta Avolio
Psicologo, Psicologo clinico
Palermo
Gentile Pasqualino,
quello che descrive sembra un legame emotivo forte, ma anche molto interno, e idealizzato. Può succedere di investire emotivamente in una relazione che, nella quotidianità, non ha contorni chiari. Sta già facendo molto nel prendere le distanze fisiche e nel cercare di proteggere entrambi ma potrebbe essere utile chiedersi cosa le sta mancando nella sua vita attuale per rendere così potente questo legame. Se la situazione continua a pesarle, un confronto con un professionista potrebbe aiutarla a ritrovare lucidità e serenità.
Dott.ssa Anna Bruti
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
San Benedetto del Tronto
Gentile Pasqualino,

la ringrazio per la sua apertura e per il tono rispettoso e riflessivo con cui ha condiviso un’esperienza che, comprensibilmente, sta generando in lei turbamento e fatica interiore.

Ciò che descrive è una situazione emotivamente complessa, in cui si intrecciano affetto, attrazione, senso del dovere e tentativi sinceri di gestire il legame con responsabilità. È evidente il suo impegno a non oltrepassare certi limiti e a non ferire nessuno, né lei stesso né la collega, né tantomeno le rispettive famiglie.

Quando un legame “non agito” diventa fonte di tensione emotiva, è importante affrontarlo con consapevolezza e, se possibile, con uno spazio dedicato per elaborarlo. L'affetto reciproco che si è creato ha probabilmente colmato bisogni emotivi che vanno riconosciuti e compresi, al di là della collega in sé.

Per quanto riguarda ciò che può fare:

1. Continui a mantenere un atteggiamento rispettoso e coerente con i suoi valori: già il fatto che stia cercando strategie di gestione, invece di agire impulsivamente, è un segno di maturità.

2. Non si colpevolizzi per ciò che sente. L’attrazione emotiva verso una persona significativa può accadere anche quando si è impegnati: il punto non è evitare le emozioni, ma capire come gestirle.

3. Se avverte che parlarne direttamente con lei può creare disagio o fraintendimenti, può essere utile lavorare prima su di sé. Un percorso psicologico individuale le offrirebbe uno spazio sicuro dove esplorare i significati di questo legame, i bisogni insoddisfatti che può aver toccato e le possibili risorse per rimettere il suo equilibrio al centro.

4. Nel frattempo, continui a coltivare relazioni professionali più ampie, a curare gli aspetti della sua vita personale e a dare valore alle piccole scelte quotidiane che rafforzano la distanza emotiva.

Purtroppo non esistono “scorciatoie” per smettere di provare qualcosa. Ma può esistere un percorso consapevole per rimettere l’esperienza al suo posto, con rispetto e senza autodistruttività.

Resto a disposizione per intraprendere un percorso insieme, se lo desidera.

Un caro saluto
Dott. Simone Matarese
Psicologo, Psicoterapeuta, Neuropsicologo
Roma
Caro Pasqualino, grazie per aver condiviso qualcosa di così delicato e sentito. È comprensibile che tu viva questo legame con intensità e anche con fatica, perché quando nasce una connessione profonda e sincera fuori dagli schemi abituali, può mettere in crisi molti equilibri. Il tuo sforzo nel prendere le distanze con rispetto è già un segnale di maturità affettiva. A volte non serve parlare esplicitamente per proteggere un legame, ma agire con coerenza e ascoltare con attenzione ciò che succede dentro di te. Se vuoi possiamo lavorarci insieme per aiutarti a ritrovare chiarezza, stabilità emotiva e la possibilità di vivere questo rapporto dentro confini che ti facciano bene. Quando vuoi, ci sono.
Dr. Riccardo Sirio
Psicologo, Psicologo clinico
Trofarello
Gentile Pasqualino,
la situazione che descrive è delicata e comune più di quanto si pensi: nasce da un bisogno emotivo condiviso, ma si scontra con confini relazionali ed etici importanti. Il legame ha avuto un senso, ma ora richiede una rielaborazione.
Per proteggervi entrambi, continui con il distanziamento graduale e coerente. È utile accettare che un rapporto possa evolversi o finire senza colpe. Se sceglie di parlarle, lo faccia con chiarezza e rispetto, evitando ambiguità: può bastare un “sto cercando di rimettere a fuoco alcune cose, anche se mi è difficile”. Non serve dire tutto, ma qualcosa che le permetta di capire senza creare aspettative.
Per accelerare il processo, oltre al distacco fisico, coltivi altre relazioni sane e hobby che la radichino nel presente. E tenga a mente che la fatica emotiva è il prezzo della scelta giusta. La forza non sta nel non sentire, ma nel non agire contro i propri valori.
Un caro saluto.
A disposizione.



Dott.ssa Chiara Rogora
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Varese
buongiorno,
per rispetto della complessità della situazione da lei descritta, La invito a contattarmi in modo da parlarne direttamente.

cordialmente, Chiara Dottoressa Rogora
Dott. Sergio Borrelli
Psicologo, Psicologo clinico
Tradate
Gentile sig. Pasqualino.
Il fatto è che lo psicologo non dà consigli, non eroga ricette di vita.
Dunque se tutta la vicenda da lei descritta è un "casus belli", ovvero uno spunto per cogliere che qualcosa nella sua vita va approfondito, bene: è proprio il caso di cercare uno psicologo con cui parlare di sé, del proprio mondo emotivo, dei propri bisogni.
Diversamente non è lo psicologo il suo interlocutore.
Dr. Massimo Chiappini
Psicologo, Psicologo clinico
Empoli
Gentile utente quello che sembra emergere è uno stato di confusione da parte sua in quanto lei dice di volersi staccare, ma contemporaneamente poi controlla le reazioni della collega alla mancanza di attenzioni. Potrebbe intanto essere utile per lei cercare di capire quello che realmente sente e perchè le interessa l'eventuale avvicinamento di qualcuno. Potrebbe magari rivolgersi a qualche specialista quindi per valutare intanto lei cosa sente e solo in un secondo momento pensare agli eventuali comportamenti da mettere in atto. Saluti.
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Pasqualino, la situazione che descrive è complessa e allo stesso tempo molto umana. Quando si crea un legame emotivo profondo in un contesto come quello lavorativo, dove la frequentazione è costante e spesso inevitabile, è facile che la connessione vada oltre ciò che si era inizialmente immaginato o desiderato. Dal suo racconto emerge chiaramente il rispetto che nutre verso se stesso, la sua famiglia e anche verso questa collega, e la volontà di non oltrepassare un confine che potrebbe fare male a tutti.

Il legame che si è creato tra voi sembra avere avuto, almeno in una fase iniziale, un significato importante: un riconoscimento reciproco, forse un rifugio affettivo o una forma di complicità che ha dato calore e conforto. Quando però uno dei due comincia a percepire un cambiamento, un raffreddamento o un diverso equilibrio emotivo, il vissuto si fa più doloroso perché si spezza qualcosa che sembrava “pulito”, come dice lei, privo di malizia. È qui che spesso si genera disorientamento: si desidera conservare quel legame speciale ma senza far male, senza cedere a dinamiche che rischiano di travolgere entrambi.

Lei sta cercando, con grande lucidità e fatica, di contenere un sentimento che vorrebbe esprimersi liberamente ma che riconosce potenzialmente distruttivo. In questo senso, il tentativo di prendere le distanze fisicamente e affettivamente è una strategia valida, pur con i limiti che lei stesso riconosce. A volte, però, nel voler “raffreddare” una relazione solo con la forza di volontà, si finisce per alimentarla ulteriormente attraverso la frustrazione, il senso di colpa, la nostalgia. Il cervello non dimentica ciò che cerca di sopprimere, ma anzi ne amplifica il bisogno.

Lei chiede se sia possibile riportare il rapporto su un piano piacevole e “innocuo”. La risposta è: forse sì, ma non senza rinunce e con grande chiarezza interiore. E questa chiarezza passa probabilmente proprio dal dialogo. Un confronto rispettoso, in cui lei possa esprimere con sincerità e misura ciò che sente, potrebbe aprire uno spazio di comprensione reciproca. Non per mettere l’altro in difficoltà o per forzare definizioni, ma per chiarire che il legame ha avuto un valore e che ora c’è bisogno di ridefinirlo per il bene di entrambi. Spesso, ciò che non si dice pesa più di ciò che si comunica con delicatezza.

Accelerare il processo emotivo non è semplice, ma può aiutare portare attenzione su se stesso: cosa rappresenta per lei questa collega, cosa le ha dato in termini affettivi che magari sente mancare altrove, e in che modo può colmare quel bisogno all’interno della sua vita senza riversarlo tutto in quel rapporto. In altre parole, trasformare l’energia della rinuncia in qualcosa di nuovo, che le appartenga.

Ha fatto molto per proteggere questo equilibrio e merita di non sentirsi solo in questa fatica. Esistono spazi di riflessione, anche terapeutici, che possono aiutarla a uscire da questa impasse con maggiore consapevolezza e senza sensi di colpa.

Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Gentile Pasqualino,
grazie per aver condiviso una situazione così complessa e delicata.

Quello che descrive è un legame emotivo profondo nato in un contesto professionale, che ora si sta trasformando in qualcosa di doloroso e ambivalente. È comprensibile che questa relazione, pur non sfociando mai in un coinvolgimento esplicito, abbia avuto su di lei un impatto significativo. Le emozioni che si provano in questi casi non sono "sbagliate", ma meritano di essere comprese e gestite con cura, per evitare che diventino fonte di sofferenza o di scelte che si potrebbero rimpiangere.

Dal suo racconto emerge una forte consapevolezza: sta cercando di prendere le distanze, di proteggere se stesso, la sua collega e i rispettivi contesti familiari. E questo è un punto di partenza importante. Tuttavia, la tensione tra il bisogno di vicinanza e quello di distacco può rendere il processo emotivamente molto faticoso, soprattutto se la quotidianità lavorativa non permette una vera separazione.

Alcuni spunti che potrebbero aiutarla:

Accettare la complessità del legame: non è necessario etichettare ciò che prova, né forzarsi a negarlo. Riconoscere che si tratta di una relazione speciale e intensa può aiutarla a gestirla con più lucidità, senza sentirsi "sbagliato".

Dare spazio alle emozioni senza agire impulsivamente: provare attrazione, affetto, o nostalgia non significa dover tradurre tutto in azioni concrete. A volte, il solo concedersi il diritto di provare certe emozioni, ma decidere consapevolmente di non seguirle, è un atto di grande forza.

Stabilire confini più chiari: mantenere il rapporto su un piano esclusivamente professionale può essere un obiettivo realistico, anche se impegnativo. Evitare momenti di intimità emotiva (confidenze, sguardi prolungati, battute ambigue) può aiutare entrambi a ritrovare un equilibrio.

Rinforzare altri legami e interessi: come già sta facendo, coltivare relazioni alternative sul lavoro e nella vita privata può sostenere il processo di "raffreddamento". Non per distrarsi, ma per riscoprire il valore di altri tipi di connessioni.

Esprimere (eventualmente) con rispetto ciò che prova: se sente che il non detto sta creando ambiguità o confusione, può valutare con cautela l'idea di un dialogo sincero ma misurato, incentrato sul desiderio reciproco di proteggere un rapporto che, pur cambiando forma, merita rispetto.

Infine, voglio sottolineare che situazioni di questo tipo toccano corde profonde, e possono mettere in crisi certezze personali e familiari. Proprio per questo, sarebbe utile e consigliato rivolgersi a uno specialista per poter affrontare con maggiore serenità e consapevolezza tutte le implicazioni emotive e relazionali che sta vivendo.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
 Gabriele Lungarella
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile Pasqualino,
la ringrazio per aver condiviso il suo vissuto: non è affatto semplice parlare di queste dinamiche senza scivolare nella banalizzazione o nella colpa e il modo in cui lo fa dimostra una grande attenzione e senso di responsabilità.

Ci sono conoscenze che, come scrive giustamente lei, ci stravolgono la vita, anche senza sfociare in atti concreti. Il legame che descrive sembra muoversi in quella zona grigia dove affetto, sintonie emotive e attese silenziose creano un’intimità sottile, intensa e che può far vacillare molti equilibri. La difficoltà non nasce solo da ciò che si fa, ma da ciò che si sente, si immagina, si teme o si desidera.

Il suo sforzo nel “raffreddare” l’intensità, prendere le distanze e mantenere il rispetto per entrambi è evidente. Tuttavia, come ha intuito, la distanza fisica da sola non basta: serve comprendere cosa rappresenta per lei questa relazione, quali bisogni emotivi attiva e che funzione ha in questo momento della sua vita personale e relazionale.
Il fatto che, pur nella distanza, il “meccanismo si riaccenda” al minimo riavvicinamento, ci dice che il legame è ancora vivo e non elaborato. E non sempre serve “dire qualcosa” all’altro: a volte serve prima dare ascolto profondo a ciò che accade dentro di sé.

In alcuni casi può essere utile confrontarsi con un professionista, non perché la situazione sia fuori controllo, quanto piuttosto per trovare uno spazio neutro in cui riflettere, chiarirsi e decidere con maggiore libertà interiore.
Un caro saluto
Gabriele
Dott. Giovanni D'Anzieri
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Gentile Pasqualino,
capisco quanta ambivalenza lei stia vivendo. Occorre dire che avere la consapevolezza di trovarsi in una situazione difficile e desiderare di trovare una soluzione non “distruttiva”, anche se le relazioni affettive non lo sono mai se gestite con competenza emotiva, è un buon punto di partenza perché indica la presenza in Lei della sensibilità necessaria che le suggerisce di non oltrepassare confini che potrebbero ferire entrambi e destabilizzare le relative famiglie.
Le offro alcune chiavi di lettura e strategie pratiche, in una logica di consulenza psicologica breve.
Per dare un nome al fenomeno lo definirei una forma di infatuazione relazionale senza per questo volerlo connotare in modo riduttivo. Nell’ambiente di lavoro, dove trascorriamo molte ore condividendo con colleghe e colleghi obiettivi, pressioni, successi, possono nascere legami intensi senza che vi sia un’intenzione maliziosa. Spesso si attivano in questo ambito degli effetti che rispecchiano e soddisfano dei bisogni di riconoscimento quali ad esempio il sentirsi apprezzati sotto molti punti di vista, proiezioni che ci fanno attribuire ad altri qualità ideali che compensano ciò che nelle relazioni affettive consolidate ci manca o ci appare opacizzato, o ancora compare un effetto novità per il quale il nostro cervello rilascia dopamina compensandoci per uno stimolo nuovo e piacevole rispetto alla routine di coppia e familiare
Innanzitutto, si deve comprendere che si tratta di un’esperienza molto comune, non di una “colpa” personale, per non provare sensi di vergogna, assolutamente fuori luogo, e ciò permette di passare a un’azione più lucida. Quindi le occorre individuare onestamente con sé stesso lo scopo che vuol raggiungere per definire strategie che le permettano di mantenere la relazione su un piano meno coinvolto in un clima lavorativamente e intersoggettivamente tranquillo. Se il suo obiettivo è quello di tutelare il matrimonio e preservare un clima sereno, ogni scelta va soppesata rispetto a questa priorità perché invece, in assenza di una meta definita, è facile oscillare tra avvicinamento impulsivo e distacco forzato, con la conseguente frustrazione che descrive e prova. Inoltre, se lo scopo è chiaro deve focalizzarsi unicamente su sé stesso adottando un comportamento non ambiguo e non deve preoccuparsi delle reazioni della controparte che potrebbero destabilizzare il suo intento. Anche l’altra persona è adulta e di fronte a suoi comportamenti oggettivamente corretti, gestirà sé stessa nei modi che riterrà più adeguati.
Alcune strategie operative potrebbero essere ad esempio limitare le conversazioni personali mantenendo il dialogo su temi lavorativi concreti, evitare chat seriali e, se ci sono, limitare scambi privati sui social, Una minor esposizione equivale a meno rinforzo e quindi perdita graduale della intensità del legame. Allo stesso modo utilizzi meno gli spazi di tempo dedicati alle pause per frequentarsi, pranzi anche con altri colleghi a rotazione. Nei colloqui individuali fissi un tempo molto limitato al quale il suo cervello possa associare una relazione non più totalizzante. Si faccia una analisi obiettiva dei costi/benefici sulle conseguenze di una rapporto affettivo esterna cercando di ricordare le sue conclusioni quando sopravviene l’ondata di fascinazione: in questo modo lei distanzierà l’emozione dalla azione e ridurrà l’automaticità della risposta con l’effetto di ripristinare un equilibrio basato sulla razionalità. Un’ulteriore strategia può consistere in reinvestimento energetico nella vita di coppia pianificando qualche nuova attività con sua moglie per ridurre il divario tra eccitazione esterna e routine.
Una conversazione esplicita con la sua collega potrebbe funzionare solo se entrambi riconosceste il problema e voleste collaborare. Dovrebbe essere breve, in un contesto neutro, con messaggi in prima persona del tipo “mi accorgo che l’intesa tra noi si è fatta ambigua e rischia di farci soffrire. Teniamo molto alle nostre famiglie e al clima di lavoro: sei d’accordo se da oggi limitiamo gli scambi a ciò che serve professionalmente?”, ma questo comporta dei rischi perché, se uno dei due non è pronto, la dichiarazione può alimentare imbarazzo o anche intensificare l’emotività.
Se invece applicasse in modo coerente i confini sopra descritti l’altro potrebbe adattarsi senza bisogno di discorsi solenni.
In questo processo è normale anche fare passi indietro. Quando succede non si deve colpevolizzare ma sia consapevole che sta accadendo, esamini la situazione scatenante e riprenda le strategie con determinazione. Se la situazione non si risolve e l’ambivalenza dovesse persistere o intensificarsi un supporto professionale di consulenza individuale breve di 4-6 incontri per lavorare su bisogni insoddisfatti, gestione della tentazione e rafforzamento dei confini può aiutarla, come può aiutarla una terapia di coppia in uno spazio protetto per riattivare intimità e comunicazione se sente una distanza da sua moglie.
Infine, ricordi che l’intensità emotiva attuale non è un destino. Nel tempo necessario e con strumenti adeguati può attenuarsi e scomparire, mentre proteggere un legame primario non significa reprimere i bisogni, bensì riconoscerli e trovare modi più costruttivi di soddisfarli. I confini che lei imporrà non sono solo per la collega ma servono prima di tutto a lei per restare coerente con i suoi valori e obiettivi di vita.
Col tempo il legame può assestarsi su una cordialità professionale che non danneggi nessuno. Le auguro di trovare equilibrio e serenità in questo processo.
Dott.ssa Giada Casumaro
Psicologo, Terapeuta, Professional counselor
Rovereto sulla Secchia
Salve Pasqualino, grazie per aver condiviso la tua storia.
Sono delle situazioni che capitano nella vita perchè ci sono persone che ci attraggono o anche solo incuriosiscono facendoci dimenticare per un attimo le promesse fatte alla propria persona. Per questo siamo umani ma abbiamo la possibilità di scegliere e ragionare senza lasciarsi andare a degli istinti. Sei stato lucido nel capire che è una persona che comunque ti fa stare bene ma hai scelto tua moglie e hai capito, quello che leggo, che non ne "varrebbe la pena". Di strategie semplici e veloci non ce ne sono, sembra banale ma è sempre il tempo che ci fa scemare certe emozioni e aiuta ricordarsi ogni giorno la persona che hai scelto e con cui hai condiviso questi anni di matrimonio. Se per caso nel vostro rapporto matrimoniale è subentrata la monotonia e il darsi per scontato proverei a condividere attività insieme che possano farvi riscoprire. La vita con tutta la sua frenesia porta anche a questo ma si può rimediare se c'è la buona volontà. Per il rapporto sul lavoro se lo senti utile la distanza può aiutare ma anche focalizzarsi su altro. è normale che all'inizio sia difficile ma piano piano diventerà anche quella la normalità.
Spero di averti dato qualche spunto utile.
A disposizione, Dott.ssa Casumaro Giada
Dott.ssa Alessandra Di Fenza
Psicologo, Psicologo clinico
Marano di Napoli
Gentile utente,

La ringrazio per aver condiviso con tanta lucidità una situazione che appare complessa ma allo stesso tempo profondamente umana. È evidente che sta affrontando un momento di confusione emotiva, in cui convivono senso di responsabilità, attrazione, rispetto e desiderio di chiarezza. Tutti segnali di una coscienza vigile e di un’intelligenza affettiva che merita attenzione, non colpa.

Quando si sviluppa un legame affettivo all’interno di un contesto che dovrebbe rimanere professionale, si entra spesso in una zona grigia dove i sentimenti non sono meno reali solo perché “non dovrebbero” esserci. Non è insolito che questi legami ci scuotano nel profondo, soprattutto quando risuonano con parti di noi che forse, altrove, si sentono trascurate o poco viste. Il punto centrale, ora, è capire come trasformare ciò che sta vivendo in un’occasione di crescita, senza cadere nella tentazione di cancellare o forzare nulla, ma nemmeno lasciarsi trascinare.

Sta già adottando comportamenti concreti e significativi per creare un distacco funzionale, ma ciò che spesso fa la differenza non è tanto il distanziamento fisico, quanto la rielaborazione del legame sul piano interno. È lì che si può realmente modificare l’impatto che l’altra persona ha su di noi. In questo senso, riconoscere le proprie emozioni senza esserne dominati è il primo passo verso un equilibrio possibile.

Non serve una conversazione eclatante o drammatica, ma può essere utile impostare un tono chiaro e maturo, capace di rimettere il rapporto su binari più neutri. Esprimere con gentilezza l’intenzione di mantenere un buon rapporto professionale, senza alimentare confidenze o dinamiche ambigue, può alleggerire entrambi. A volte, la chiarezza è il gesto più rispettoso e curativo.

Al tempo stesso, è importante non trascurare la propria vita relazionale e personale, perché ciò che ci attrae negli altri spesso riflette qualcosa che ci manca altrove. Valorizzare quello che si ha – e se serve, rinnovarlo – può aiutare a depotenziare ciò che oggi appare come una tentazione irrinunciabile.

Le emozioni che prova non sono da reprimere, ma da comprendere. Solo così si potrà davvero ridare a questa situazione un confine sano, che non ferisca nessuno e che restituisca a entrambi la serenità necessaria per continuare il proprio percorso con dignità.

Resto a disposizione.
Dott.ssa Alessandra Di Fenza
Dott.ssa Deborah Favara
Psicologo, Psicologo clinico
Catania
Buongiorno Pasqualino, il legame affettivo reciproco che descrivi, seppur non sfociato in nulla di fisico, ha generato un'intimità e una complicità significative. Questo tipo di connessione, anche in un contesto lavorativo, può essere molto potente e difficile da gestire, specialmente quando si sovrappone a impegni personali e relazionali preesistenti. Il fatto che il legame non sia più "spontaneo" e che ti "mangi le mani" denota un disagio e una consapevolezza della necessità di un cambiamento.

La tua collega, pur cercando verbalmente di distanziarsi, mostra segnali di disagio (il "viso accigliato") quando non riceve l'attenzione a cui era abituata. Questo suggerisce che anche lei è emotivamente coinvolta e sta navigando in acque difficili, forse con meno strumenti o consapevolezza di te. La sua reazione nel "ravvivarsi" quando ti riavvicini per poi "riprendere le distanze verbalmente" è un classico esempio di ambivalenza affettiva, che indica una lotta interna tra il desiderio di mantenere il legame e la consapevolezza della necessità di allontanarsi. Questa non è una situazione in cui "l'unico modo per abbattere una tentazione sia cedervi". Al contrario, stai dimostrando una grande forza nel voler resistere e nel cercare soluzioni etiche e rispettose. Il fatto che tu stia pensando "se non lo faccio io lo farà qualcun altro" rivela una certa fatalità che è importante contrastare. Tu hai il controllo sulle tue azioni e sulle tue scelte.

Se il disagio dovesse persistere o diventare troppo pesante, potresti considerare l'idea di un percorso di supporto psicologico individuale. Un professionista potrebbe offrirti uno spazio sicuro per esplorare più a fondo le dinamiche emotive che si sono create e fornirti ulteriori strumenti personalizzati.

Ricorda che la tua intenzione è nobile e che stai agendo con responsabilità. Con pazienza, coerenza e, se necessario, una comunicazione aperta, potrai riportare questo rapporto su binari più sani e costruttivi.
Dott.ssa Alina Mustatea
Psicologo, Psicologo clinico
Pomezia
Caro Pasqualino,
quello che stai vivendo è complesso, perché tocca corde profonde del desiderio, dell'affetto e del limite. Il legame che descrivi sembra essersi nutrito di una connessione emotiva intensa, ma anche ambigua, difficile da collocare in uno spazio sicuro.

Hai già fatto passi importanti: prendere le distanze, riflettere con onestà, cercare strategie per contenere l’emotività. È naturale che il distacco emotivo sia un processo oscillante, soprattutto quando la persona è presente e il contesto (lavorativo) non aiuta.

Per evitare di farsi del male, può essere utile mettere dei confini chiari, gentili ma fermi, anche solo dentro di te. Non tutto va necessariamente esplicitato all’altro, se temi che possa creare disagio o fraintendimento: a volte è più efficace un cambiamento nel proprio atteggiamento che una dichiarazione.

Un piccolo esercizio che può aiutarti: ogni volta che senti riattivarsi il legame emotivo, prova a riportare l’attenzione su ciò che quel coinvolgimento dice di te (es. quali bisogni emotivi si sono accesi?), più che su ciò che accade tra voi. Questo ti dà potere e direzione.

Infine, ricorda: non sempre si può "salvare" un legame affettivo senza pagarne il prezzo. A volte il vero atto di cura – per sé e per l’altro – è lasciarlo andare o trasformarlo in qualcosa di più semplice e protetto.

Un caro saluto.
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè capisco quanto questa situazione possa impattare sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale innanzitutto che lei faccia chiarezza circa ciò che sente e ciò che prova verso questa persona, ritagliandosi uno spazio d'ascolto per elaborare pensieri e vissuti emotivi legati alla situazione descritta pertanto la invito a richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott.ssa Sonia Zangarini
Psicologo, Professional counselor, Psicologo clinico
Napoli
Gentile Pasqualino,
grazie per la sua condivisione, così sincera e rispettosa. Da quanto scrive, si percepisce chiaramente la profondità del legame che si è creato con la sua collega e, al tempo stesso, la sua volontà di non oltrepassare un confine che per lei è importante.

Quello che sta vivendo è un conflitto umano, che non riguarda tanto il “cedere” o il “resistere”, ma la gestione di un coinvolgimento emotivo non scelto, nato in uno spazio quotidiano condiviso. Il fatto che non ci sia stato nulla di fisico non rende la situazione meno intensa, anzi, può renderla persino più difficile da elaborare.

Lei sta già mettendo in atto strategie molto valide: prendere distanza fisica, cambiare focus relazionale, cercare di raffreddare la fantasia idealizzata osservando anche i lati meno piacevoli. Sono passi importanti, ma capisco quanto sia faticoso farli da soli, soprattutto quando l’altra persona invia segnali ambivalenti (anche se inconsapevoli).

In casi come questo, parlare apertamente con l’altra persona può avere senso solo se c’è reale reciprocità e se si ha chiaro cosa si vuole ottenere da quel dialogo. In alternativa, un confronto con un* professionista può offrirle uno spazio neutro in cui riconoscere le emozioni senza esserne travolto e capire come ritrovare stabilità dentro di sé, al di là dell’altro.

Non sempre possiamo “spegnere” un legame, ma possiamo restituirgli una forma che ci faccia bene. E questo è un processo, richiede tempo ed elaborazione, non un atto di volontà.

Un caro saluto,
Dott.ssa Sonia Zangarini
Psicologa / Counselor

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