Buongiorno dottori scrivo nuovamente perché l'ansia si è intensificata ulteriormente e mi sembra di
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Buongiorno dottori scrivo nuovamente perché l'ansia si è intensificata ulteriormente e mi sembra di stare peggio di prima pur prendendo farmaci e andando dalla psicoterapeuta,oltre alla paura costante di essere omosessuale con conseguente autoconvinzioni si è aggiunto un altro pensiero ossessivo che di conseguenza si collega al primo,il pensiero si struttura nel seguente modo"perchè le donne sono diverse dai maschi?cosa sono?"e tutte domande del genere che mi mettono un sacco d'ansia e mi fanno sentire come se non sentisi nessuna emozione per nessuno anche per mia figlia anche quando sono con loro e come se mi sentissi solo e diverso senza provare niente e questa cosa mi spaventa tantissimo,in passato ho avuto un periodo in qui mi chiedevo sempre cosa sono le persone e avevo l'impressione che fossero diverse da me e avevo tanta paura,volevo chiedervi se magari durante i periodi di ansia e depressione come questi potrebbe essere una cosa normale,grazie anticipatamente a tutti.
Buongiorno,
quello che descrive è molto coerente con uno stato ansioso intenso: quando l’ansia cresce, può generare pensieri intrusivi, domande ripetitive sul senso delle cose, paura di “non sentire più emozioni” e una sensazione di distanza da sé e dagli altri. Sono esperienze che, pur spaventose, possono comparire nei periodi di forte attivazione ansiosa o di calo dell’umore.
La mente, sotto stress, tende ad agganciarsi a temi che fanno presa su di lei (come l’orientamento sessuale o il senso di “diversità”), trasformandoli in dubbi continui o in veri e propri pensieri ossessivi. Questo non dice nulla sulla sua identità, ma molto sul livello di ansia che sta vivendo.
La sensazione di “non provare niente”, o di sentirsi distaccato anche dalle persone care, può essere un effetto dell’ansia e della stanchezza psicofisica: è come se il sistema si proteggesse andando in “modalità sopravvivenza”.
Il fatto che lei sia in cura, sia farmacologica che psicoterapeutica, è importante: continui a confrontarsi apertamente con la sua terapeuta e con il medico che la segue, soprattutto ora che i sintomi si sono intensificati. Condividere questi vissuti permette di modulare il percorso e capire insieme quali passaggi possono aiutarla a ritrovare maggiore stabilità.
Ciò che sta vivendo può essere affrontato e compreso: non è solo, e non significa che “sta peggiorando per sempre”.
Con il giusto sostegno, questi sintomi tendono a ridursi e a diventare più gestibili.
Resto a disposizione.
Veronica
quello che descrive è molto coerente con uno stato ansioso intenso: quando l’ansia cresce, può generare pensieri intrusivi, domande ripetitive sul senso delle cose, paura di “non sentire più emozioni” e una sensazione di distanza da sé e dagli altri. Sono esperienze che, pur spaventose, possono comparire nei periodi di forte attivazione ansiosa o di calo dell’umore.
La mente, sotto stress, tende ad agganciarsi a temi che fanno presa su di lei (come l’orientamento sessuale o il senso di “diversità”), trasformandoli in dubbi continui o in veri e propri pensieri ossessivi. Questo non dice nulla sulla sua identità, ma molto sul livello di ansia che sta vivendo.
La sensazione di “non provare niente”, o di sentirsi distaccato anche dalle persone care, può essere un effetto dell’ansia e della stanchezza psicofisica: è come se il sistema si proteggesse andando in “modalità sopravvivenza”.
Il fatto che lei sia in cura, sia farmacologica che psicoterapeutica, è importante: continui a confrontarsi apertamente con la sua terapeuta e con il medico che la segue, soprattutto ora che i sintomi si sono intensificati. Condividere questi vissuti permette di modulare il percorso e capire insieme quali passaggi possono aiutarla a ritrovare maggiore stabilità.
Ciò che sta vivendo può essere affrontato e compreso: non è solo, e non significa che “sta peggiorando per sempre”.
Con il giusto sostegno, questi sintomi tendono a ridursi e a diventare più gestibili.
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Buongiorno, grazie per la sua condivisione. Credo che sia molto importante condividere tutti questi pezzi con la sua terapeuta, per farle capire bene l'intensità dell'ansia che sta vivendo. Quello che posso dirle è che quando si comincia una terapia, nelle prime fasi iniziali è possibile che possa verificarsi un peggioramento della situazione, perchè attraverso la terapia affronta per la prima volta dei temi e degli argomenti difficili, dolorosi e che ha fino a questo momento evitato. è quindi normale che possa esserci una deflessione verso il basso: questo non significa che la terapia non sia efficace, ma che al contrario le abbia permesso di vedere più da vicino il suo malessere e il suo sintomo. è solo conoscendo il sintomo, imparando ad ascoltarlo e comprenderlo, che questo si depotenzia e non ha più motivo di disturbarla. Tutto questo è vero nel momento in cui la relazione terapeutica funziona bene, e lei si fida della sua terapeuta: per questo è importante che possa condividere con lei la fatica che sta provando, e che lei sia consapevole di quello che sta vivendo. Se non fosse convinto della relazione terapeutica allora si apre tutto un altro discorso. Spero di averla aiutata, se avesse altre domande non esiti a contattarmi. un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
Buonasera e grazie per la condivisione.
Capisco quanto possano essere spaventosi questi pensieri e la sensazione di distacco emotivo, soprattutto quando riguarda persone importanti come Sua figlia. Voglio rassicurarLa: ciò che descrive è spesso legato a stati di forte ansia e depressione, e non significa che Lei sia “diverso” o che non provi affetto. Quando l’ansia è intensa, la mente può focalizzarsi in maniera ossessiva su dubbi, domande esistenziali o paure legate alla propria identità, generando sensazioni di estraneità o distacco emotivo (quella che Lei chiama “non provare niente”). È una reazione frequente nei periodi di sofferenza psicologica, non un segnale di mancanza di sentimenti.
I pensieri ossessivi, come la paura di essere omosessuale o le domande sul “perché le persone sono così”, non rappresentano una verità su di Lei ma sono espressione del tentativo della Sua mente di trovare un controllo o una spiegazione all’ansia. Più cerca di analizzare questi pensieri, più tendono a intensificarsi.
Il fatto che Lei sia in cura con farmaci e psicoterapia è molto positivo: significa che sta affrontando il problema. In questi periodi è importante avere pazienza con se stesso e condividere apertamente con la Sua terapeuta anche questi nuovi pensieri e la sensazione di vuoto emotivo: può essere parte del percorso e può essere affrontata.
Non è solo, e ciò che prova non definisce chi è o i Suoi affetti. È un momento difficile, ma con il giusto supporto può essere superato. Continuare a parlare di ciò che sente è già un passo importante verso il miglioramento. Rimango a disposizione, un saluto!
Capisco quanto possano essere spaventosi questi pensieri e la sensazione di distacco emotivo, soprattutto quando riguarda persone importanti come Sua figlia. Voglio rassicurarLa: ciò che descrive è spesso legato a stati di forte ansia e depressione, e non significa che Lei sia “diverso” o che non provi affetto. Quando l’ansia è intensa, la mente può focalizzarsi in maniera ossessiva su dubbi, domande esistenziali o paure legate alla propria identità, generando sensazioni di estraneità o distacco emotivo (quella che Lei chiama “non provare niente”). È una reazione frequente nei periodi di sofferenza psicologica, non un segnale di mancanza di sentimenti.
I pensieri ossessivi, come la paura di essere omosessuale o le domande sul “perché le persone sono così”, non rappresentano una verità su di Lei ma sono espressione del tentativo della Sua mente di trovare un controllo o una spiegazione all’ansia. Più cerca di analizzare questi pensieri, più tendono a intensificarsi.
Il fatto che Lei sia in cura con farmaci e psicoterapia è molto positivo: significa che sta affrontando il problema. In questi periodi è importante avere pazienza con se stesso e condividere apertamente con la Sua terapeuta anche questi nuovi pensieri e la sensazione di vuoto emotivo: può essere parte del percorso e può essere affrontata.
Non è solo, e ciò che prova non definisce chi è o i Suoi affetti. È un momento difficile, ma con il giusto supporto può essere superato. Continuare a parlare di ciò che sente è già un passo importante verso il miglioramento. Rimango a disposizione, un saluto!
Buongiorno a lei. Premesso che, nel caso in cui lei fosse omosessuale, non solo non ci sarebbe nulla di male (lo scandalo del coming-out per omosessualità oggi, nel 2025, è abbastanza demodé) ma non deve impaurirla perché, di per sé, l'omosessualità non è un motivo per sentirsi inferiore o vulnerabile: è una scusa, per chi si sentirebbe vulnerabile e inferiore per qualsiasi altra ragione, come la patologia mentale o la disabilità fisica. Per questo motivo, lei ha l'opportunità di scoprire i limiti delle sue insicurezze anche attraverso l'esplorazione della sua sessualità. È una finestra, la affronti e vedrà che se troverà il modo di superarla, a maggior sicurezza e tranquillità interiore avrà un effetto di riverbero su tutti gli altri aspetti della sua vita. Per quanto riguarda la diversità di genere, il discorso sarebbe piuttosto lungo e decisamente complesso. Consideri che, a mio giudizio, è IMPOSSIBILE per un uomo sentire cosa esattamente prova una donna e viceversa, a causa del fatto che le differenze di genere sono declinazioni complementari per definizione: se la virilità è iniziativa, la femminilità è attesa. Se l'una è avere successo nel mondo, attraverso una maggior padronanza del territorio esterno (politica, impresa, prestigio intellettuale, talento artistico), l'altra è avere successo nel mondo interiore, attraverso una maggior padronanza del territorio interno (equilibrio, misura, visione strategica, comprensione delle proprie emozioni). Se vuole, può vederla in questo modo: uomini e donne sono combinazioni di due poli opposti: virilità e femminilità. Ogni uomo ha una parte femminile (sensibilità, ascolto, comprensione empatica, pietà, tensione alla pace e alla vita) in un contesto sostanzialmente virile, ovvero la parte virile è maggioritaria (spesso, ma non sempre) e determina il suo orientamento di genere (uomo) influendo anche sulla sua sessualità. La parte virile maggioritaria in noi uomini ci spinge alla conquista, al potere, all'iniziativa, al viaggio, al dominio, in una tensione costante alla guerra e alla morte. Viceversa, una donna spesso ha una parte maschile di minoranza, in un contesto sostanzialmente femminile. Quindi sì, la diversità esiste eccome ma il PERCHÉ... se ci pensa un solo secondo in più, chi può dirle il perché esiste una polarità di genere? È possibile cercare di comprendere - come - funzionano le differenze di genere, ma il perché può rivelarlo solo chi ha creato l'Universo, e nessun altro; né io, né nessun mio collega che non abbia un reale contatto mistico con l'Assoluto o simile. Per esempio, consideri questo: gli uomini possono essere concepiti come l'incarnazione dello Spazio, le donne come l'incarnazione del Tempo. Parliamo di media statistica per amor di semplificazione; lo Spazio è territorio, per cui i possedimenti medievali, i regni settecenteschi, il consolato romano... insomma: il potere - è una forte attrattiva maschile. Le donne funzionano diversamente. La loro tensione naturale è nel Tempo: per questo, mentre noi uomini abbiamo paura di essere dei falliti nella vita, una donna teme di invecchiare. Lo temono terribilmente, e per un uomo è incomprensibile quanto è incomprensibile per una donna compiere le azioni più vili e nefande per ricchezza e onore, o per il potere. Poi, un uomo tende più ad essere territoriale nella sua gelosia, una donna tende ad essere possessiva. Questo perché non incarnando lo spazio, una donna non ha, di fatto, un territorio su cui pretendere il rispetto dei confini: il suo territorio coincide con un punto: sé stessa. E all'interno della persona si articola il Tempo. Quindi mentre lui sarà turbato da cosa lei indosserà, da come si comporterà, lei sarà più incline a chiedersi cosa lui stia pensando. Ci ha mai fatto caso? Noi uomini spesso trascuriamo il vantaggio di voler comprendere cosa lei stia pensando, invece per loro che non hanno un territorio fuori da sé, ma solo coincidente con la persona stessa, si chiedono cosa prova lui, cosa pensa, cosa farà: il Tempo. Loro sono più inclini a guardare gli album di fotografie ed a progettare il futuro, mentre per noi il tempo spesso coincide solo con il presente, ma nel presente si articola, appunto, lo Spazio. Per questo siamo generalmente più abili nel mondo e nel presente, ma meno capaci a ricordare il passato e progettare il futuro, che sia la giornata o i prossimi 20 anni. Per cui, comprendere la reale natura della differenza di genere significa affondare le mani nel mare oscuro della totale incertezza e nel totale non-senso - e ci ce la fa, spesso è considerato più attraente, come un uomo sensibile o una donna forte e indipendente. Se avesse bisogno di intraprendere un percorso, naturalmente, anch'io sono disposto ad aiutarla. Le porgo i miei migliori saluti e stia bene.
Buonasera,
i pensieri che descrivi – paura di essere omosessuale, domande ripetitive sul senso delle persone, sensazione di distacco emotivo – sono comuni nei periodi di forte ansia e umore depresso. Non indicano un cambiamento della tua identità, ma fanno parte di un circolo ossessivo che aumenta l’ansia e può generare fenomeni di depersonalizzazione/derealizzazione, cioè quella sensazione di “non sentire emozioni”.
Il fatto che tu sia già seguito da psicoterapeuta e psichiatra è fondamentale: parlane apertamente con loro, perché questi sintomi sono trattabili e spesso richiedono tempo e, a volte, un aggiustamento del percorso.
Quello che stai vivendo è coerente con uno stato ansioso intenso, non con una perdita dei tuoi affetti o della tua identità. Buon proseguimento del percorso. Saluti, Dr. Vincenzo Capretto.
i pensieri che descrivi – paura di essere omosessuale, domande ripetitive sul senso delle persone, sensazione di distacco emotivo – sono comuni nei periodi di forte ansia e umore depresso. Non indicano un cambiamento della tua identità, ma fanno parte di un circolo ossessivo che aumenta l’ansia e può generare fenomeni di depersonalizzazione/derealizzazione, cioè quella sensazione di “non sentire emozioni”.
Il fatto che tu sia già seguito da psicoterapeuta e psichiatra è fondamentale: parlane apertamente con loro, perché questi sintomi sono trattabili e spesso richiedono tempo e, a volte, un aggiustamento del percorso.
Quello che stai vivendo è coerente con uno stato ansioso intenso, non con una perdita dei tuoi affetti o della tua identità. Buon proseguimento del percorso. Saluti, Dr. Vincenzo Capretto.
Buona sera, sarebbe il caso di capire e valutare la sua situazione. Valutare anche la parte farmacologica. Secondo il mio parere, dovrebbe affrontare ciò che espone qui, nella sua terapia, serve a questo. È un modo per lavorare bene sul problema/disagio e per creare un buon rapporto col terapeuta.
Un saluto, dottoressa Teresita Forlano
Un saluto, dottoressa Teresita Forlano
Buongiorno,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità ciò che sta attraversando. Capisco quanto queste sensazioni e questi pensieri possano spaventarla e farla sentire ancora più sola, soprattutto quando riguardano aspetti così centrali della propria identità e delle relazioni affettive.
Quello che descrive — l’intensificazione dell’ansia, i dubbi intrusivi sulla propria identità sessuale, le domande ripetitive e destabilizzanti sul “cosa sono” gli altri o sul perché uomini e donne siano diversi, la sensazione di non provare emozioni verso le persone a lei care — può effettivamente emergere nei periodi in cui l’ansia e la depressione sono molto attive.
In condizioni di forte stress emotivo, infatti, la mente può generare pensieri ossessivi, domande senza risposta e percezioni di distacco emotivo (quella sensazione di “non sentire nulla” o di non riconoscersi più). Sono spesso fenomeni legati alla derealizzazione o alla depersonalizzazione, che non significano “impazzire”, ma essere sovraccarichi. Allo stesso tempo, la natura ricorrente e intrusiva dei suoi dubbi richiama modalità ossessive che possono accentuare enormemente il disagio.
Il fatto che lei sia già in cura — con farmacoterapia e psicoterapia — è molto importante. Può capitare che, durante un percorso di trattamento, ci siano momenti di peggioramento percepito: a volte sono fasi temporanee, altre volte segnali che il terapeuta e lo psichiatra possono usare per ricalibrare l’intervento. Non è un fallimento, né un indice che “non funziona”: è parte del processo.
La cosa migliore che può fare ora è portare esattamente queste sensazioni al suo psicoterapeuta e al medico che la segue. Condividere questi nuovi pensieri, la paura di non provare emozioni e il senso di estraneità è fondamentale: non sono contenuti banali, e meritano uno spazio sicuro e competente per essere compresi e regolati.
Le voglio anche sottolineare una cosa importante: provare paura di questi pensieri è già un indice che lei rimane molto sensibile alla relazione, ai suoi affetti e alla sua identità. È il disturbo, non lei, a generare questa confusione.
Saluti.
grazie per aver condiviso con tanta sincerità ciò che sta attraversando. Capisco quanto queste sensazioni e questi pensieri possano spaventarla e farla sentire ancora più sola, soprattutto quando riguardano aspetti così centrali della propria identità e delle relazioni affettive.
Quello che descrive — l’intensificazione dell’ansia, i dubbi intrusivi sulla propria identità sessuale, le domande ripetitive e destabilizzanti sul “cosa sono” gli altri o sul perché uomini e donne siano diversi, la sensazione di non provare emozioni verso le persone a lei care — può effettivamente emergere nei periodi in cui l’ansia e la depressione sono molto attive.
In condizioni di forte stress emotivo, infatti, la mente può generare pensieri ossessivi, domande senza risposta e percezioni di distacco emotivo (quella sensazione di “non sentire nulla” o di non riconoscersi più). Sono spesso fenomeni legati alla derealizzazione o alla depersonalizzazione, che non significano “impazzire”, ma essere sovraccarichi. Allo stesso tempo, la natura ricorrente e intrusiva dei suoi dubbi richiama modalità ossessive che possono accentuare enormemente il disagio.
Il fatto che lei sia già in cura — con farmacoterapia e psicoterapia — è molto importante. Può capitare che, durante un percorso di trattamento, ci siano momenti di peggioramento percepito: a volte sono fasi temporanee, altre volte segnali che il terapeuta e lo psichiatra possono usare per ricalibrare l’intervento. Non è un fallimento, né un indice che “non funziona”: è parte del processo.
La cosa migliore che può fare ora è portare esattamente queste sensazioni al suo psicoterapeuta e al medico che la segue. Condividere questi nuovi pensieri, la paura di non provare emozioni e il senso di estraneità è fondamentale: non sono contenuti banali, e meritano uno spazio sicuro e competente per essere compresi e regolati.
Le voglio anche sottolineare una cosa importante: provare paura di questi pensieri è già un indice che lei rimane molto sensibile alla relazione, ai suoi affetti e alla sua identità. È il disturbo, non lei, a generare questa confusione.
Saluti.
Gentile utente essendo già seguito in psicoterapia e immagino prendendo dei farmaci da un professioniste medico psichiatra le consiglio caldamente di fare presente a entrambi questi pensieri e di analizzarli con loro o comunque con il suo/sua terapeuta senza farsi remore. Immagino che scrivere a noi in forma anonima le faccia da scudo e da protezione visto le tematiche riportate e il senso di vergogna che ne potrebbe derivare ma è importante che lei si possa sentire libero/a di parlare anche di questo con un terapeuta che immagino abbia scelto perchè la fa sentire a suo agio e accolto. Le auguro di trovare la serenità e di venire a capo di queste sue difficoltà ma che soprattutto riesca a fare chiarezza e a prendere coscienza e consapevolezza. UN caro saluto dott.ssa Valeria Sicari
Salve, ansia e depressione possono dare una variegata gamme di sintomatologia e "pensieri intrusivi" da quanto dice le suggerirei di confrontarsi molto apertamente con i professionisti a cui si sta affidando rispetto a questo periodo che sta vivendo; la problematica potrebbe acutizzarsi e vertere o agire in comorbilità con altri tipi di disturbi psicologici.
Sicuramente il suo Psichiatra e Psicoterapeuta avranno un quadro più completo su cui fare eventuale diagnosi e intervenire per sostenerla in questo disagio.
Saluti.
Dr. Francesco Rossi.
Sicuramente il suo Psichiatra e Psicoterapeuta avranno un quadro più completo su cui fare eventuale diagnosi e intervenire per sostenerla in questo disagio.
Saluti.
Dr. Francesco Rossi.
Buongiorno, certamente possono essere dei pensieri che si intensificano in momenti particolari di ansia. Mi sembra di comprendere che si sia posto domande simili anche in passato, credo varrebbe la pena di approfondirne l'origine in psicoterapia. Quello che le posso dire qui, e in maniera generica, è che tutte le persone possiedono dentro di sé elementi maschili e femminili che vanno in qualche modo a definire il modo unico (insieme ad altri aspetti) di stare al mondo di una persona. Spero di averle offerto qualche spunto. Un saluto, Ilaria Innocenti
Salve, ritengo che sarebbe opportuo parlarne con il suo psicoterapeuta.
Quello che descrive – l’ansia crescente, i pensieri ossessivi sul suo orientamento e le domande “strane” sul perché le persone o i generi siano come sono – rientra in un quadro molto tipico degli stati ansioso-depressivi.
Dal punto di vista neuropsicoanalitico, quando l’amigdala e il sistema di allarme sono iperattivi, il cervello tende a: cercare certezze assolute (ossessioni), scollegarsi temporaneamente dalle emozioni (sensazione di “non provare nulla”), produrre domande esistenziali intrusive come forma di difesa.
Non è un segnale di cambiamenti reali nella sua identità, né di perdita di contatto con la realtà: è il modo in cui il cervello, sotto forte stress, tenta di proteggersi. Questa disconnessione affettiva è reversibile e molto comune nei periodi di ansia e depressione.
Il fatto che lei sia già seguito da una terapeuta e stia assumendo farmaci va nella direzione giusta: questi sintomi migliorano proprio lavorando sulla regolazione dell’ansia e sulla riconnessione con le emozioni.
Sì, può essere normale in fasi come questa. Non indica nulla di definitivo su di lei, ma solo quanto sta soffrendo in questo momento. Può migliorare, e di solito lo fa.
Dal punto di vista neuropsicoanalitico, quando l’amigdala e il sistema di allarme sono iperattivi, il cervello tende a: cercare certezze assolute (ossessioni), scollegarsi temporaneamente dalle emozioni (sensazione di “non provare nulla”), produrre domande esistenziali intrusive come forma di difesa.
Non è un segnale di cambiamenti reali nella sua identità, né di perdita di contatto con la realtà: è il modo in cui il cervello, sotto forte stress, tenta di proteggersi. Questa disconnessione affettiva è reversibile e molto comune nei periodi di ansia e depressione.
Il fatto che lei sia già seguito da una terapeuta e stia assumendo farmaci va nella direzione giusta: questi sintomi migliorano proprio lavorando sulla regolazione dell’ansia e sulla riconnessione con le emozioni.
Sì, può essere normale in fasi come questa. Non indica nulla di definitivo su di lei, ma solo quanto sta soffrendo in questo momento. Può migliorare, e di solito lo fa.
Buongiorno — grazie per aver scritto e per la chiarezza con cui descrivi quello che stai vivendo. Ti rispondo in modo pratico e diretto.
Quello che riferisci (paura persistente di essere omosessuale, pensieri che si auto-alimentano e domande su “cosa sono/le donne/ i maschi”, insieme a senso di distacco emotivo verso gli altri) somiglia molto a pensieri ossessivi e a reazioni ansiose ad essi. Alcuni punti utili:
I pensieri ossessivi non definiscono chi sei. Spesso sono intrusivi, sgradevoli e ego-distonici (cioè ci causano disagio perché non rispecchiano i nostri desideri reali). Provare ansia o dubbi non significa che quello che pensi sia vero.
La dinamica che descrivi è comune in disturbi d’ansia/OCD e in fasi depressive. L’ansia può amplificare il dubbio e la ruminazione; la ruminazione mantiene l’ansia alta. Anche il senso di “non sentire niente” (intorpidimento emotivo, depersonalizzazione/derealizzazione) è una reazione frequente quando l’ansia o la depressione sono intense.
Cosa puoi provare a fare subito (strategie pratiche, semplici ed efficaci):
Quando arriva il pensiero, etichettalo: “è un pensiero ossessivo” invece di prenderlo per verità.
Evita controlli e rassicurazioni ripetute (anche cercare conferme su internet o domandare ossessivamente ad altri mantiene il ciclo).
Prova un esercizio di grounding (5-4-3-2-1): nomina 5 cose che vedi, 4 che senti, 3 che tocchi, 2 che annusi, 1 che gusti; aiuta a riportare l’attenzione al presente.
Respira con calma: inspira 4 secondi, trattieni 4, espira 6 — qualche minuto può calmare l’ansia acuta.
Dedica ogni giorno a piccole attività significative o piacevoli (passeggiate, tempo con tua figlia, hobby): la riattivazione comportamentale aiuta l’umore.
Se usi rituali mentali (giustificazioni, ripetizioni silenziose) prova a tollerare il disagio senza metterli in atto: è la base dell’ERP (Exposure and Response Prevention).
Terapia e farmaci: è positivo che tu stia prendendo farmaci e vedendo una psicoterapeuta, ma se senti un peggioramento è importante rivederne insieme l’efficacia: a volte servono aggiustamenti posologici, un altro tipo di intervento specifico per i pensieri ossessivi (terapia cognitivo-comportamentale con ERP) o l’intervento di uno specialista in disturbi ossessivo-compulsivi. Coordinare psicoterapeuta e psichiatra è utile.
Non sei solo/a in questo: molte persone attraversano periodi in cui si chiedono “che cosa sono gli altri” o “cosa sono io” — spesso questi pensieri emergono quando l’ansia/depressione aumenta. Non sono una colpa e sono trattabili.
Segnali di allarme: se compaiono idee di farsi del male o pensieri suicidari, contatta immediatamente i servizi di emergenza o una linea di supporto.
In sintesi: quello che descrivi è coerente con pensieri ossessivi collegati ad ansia/depressione; esistono interventi efficaci (ERP/CBT specifica, revisione farmacologica, tecniche di grounding e mindfulness). È consigliabile approfondire con uno specialista per valutare insieme eventuali aggiustamenti terapeutici e un percorso mirato.
Un cordiale saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Quello che riferisci (paura persistente di essere omosessuale, pensieri che si auto-alimentano e domande su “cosa sono/le donne/ i maschi”, insieme a senso di distacco emotivo verso gli altri) somiglia molto a pensieri ossessivi e a reazioni ansiose ad essi. Alcuni punti utili:
I pensieri ossessivi non definiscono chi sei. Spesso sono intrusivi, sgradevoli e ego-distonici (cioè ci causano disagio perché non rispecchiano i nostri desideri reali). Provare ansia o dubbi non significa che quello che pensi sia vero.
La dinamica che descrivi è comune in disturbi d’ansia/OCD e in fasi depressive. L’ansia può amplificare il dubbio e la ruminazione; la ruminazione mantiene l’ansia alta. Anche il senso di “non sentire niente” (intorpidimento emotivo, depersonalizzazione/derealizzazione) è una reazione frequente quando l’ansia o la depressione sono intense.
Cosa puoi provare a fare subito (strategie pratiche, semplici ed efficaci):
Quando arriva il pensiero, etichettalo: “è un pensiero ossessivo” invece di prenderlo per verità.
Evita controlli e rassicurazioni ripetute (anche cercare conferme su internet o domandare ossessivamente ad altri mantiene il ciclo).
Prova un esercizio di grounding (5-4-3-2-1): nomina 5 cose che vedi, 4 che senti, 3 che tocchi, 2 che annusi, 1 che gusti; aiuta a riportare l’attenzione al presente.
Respira con calma: inspira 4 secondi, trattieni 4, espira 6 — qualche minuto può calmare l’ansia acuta.
Dedica ogni giorno a piccole attività significative o piacevoli (passeggiate, tempo con tua figlia, hobby): la riattivazione comportamentale aiuta l’umore.
Se usi rituali mentali (giustificazioni, ripetizioni silenziose) prova a tollerare il disagio senza metterli in atto: è la base dell’ERP (Exposure and Response Prevention).
Terapia e farmaci: è positivo che tu stia prendendo farmaci e vedendo una psicoterapeuta, ma se senti un peggioramento è importante rivederne insieme l’efficacia: a volte servono aggiustamenti posologici, un altro tipo di intervento specifico per i pensieri ossessivi (terapia cognitivo-comportamentale con ERP) o l’intervento di uno specialista in disturbi ossessivo-compulsivi. Coordinare psicoterapeuta e psichiatra è utile.
Non sei solo/a in questo: molte persone attraversano periodi in cui si chiedono “che cosa sono gli altri” o “cosa sono io” — spesso questi pensieri emergono quando l’ansia/depressione aumenta. Non sono una colpa e sono trattabili.
Segnali di allarme: se compaiono idee di farsi del male o pensieri suicidari, contatta immediatamente i servizi di emergenza o una linea di supporto.
In sintesi: quello che descrivi è coerente con pensieri ossessivi collegati ad ansia/depressione; esistono interventi efficaci (ERP/CBT specifica, revisione farmacologica, tecniche di grounding e mindfulness). È consigliabile approfondire con uno specialista per valutare insieme eventuali aggiustamenti terapeutici e un percorso mirato.
Un cordiale saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buongiorno. Sarebbe meglio riuscisse ad affrontare questi sentimenti, i pensieri e i dubbi ricorsivi che riporta qui con gli specialisti che la stanno seguendo, proprio perché sente che sta attraversando un periodo di difficoltà. Continuare a scrivere qui, sebbene possa inizialmente darle l'impressione di un sollievo, diventa in fondo un modo con cui continuare a reiterare le sue preoccupazioni. SG
Buongiorno, le consiglio di rivolgersi ai professionisti che già la seguono e che, conoscendola, potranno aiutarla al meglio. Cordiali saluti.
Buongiorno, i pensieri - intrusivi, ripetitivi, fonte di intensa ansia - che descrive possono appartenere ad un quadro ossessivo, più specificatamente legato all'identità e all'orientamento sessuale. Quale tipo di percorso psicoterapeutico sta seguendo? Quali farmaci sta assumendo? la risposta ai farmaci è strettamente soggettiva, oltretutto alcuni farmaci prima di dar luogo all'effetto terapeutico sul sintomo, possono ''aggravarne'' temporaneamente l'entità, ne parli con il medico che glieli ha prescritti.
In merito al ''sentirsi solo'', ''diverso'', sembra proprio legato ad un rimuginio continuo, che quando tocca livelli estremamente elevati può dar luogo a episodi di derealizzazione/depersonalizzazione. Tuttavia per una valutazione clinicamente fondata si rivolga ai suoi specialisti, così da trovare insieme la soluzione. Un caro saluto
In merito al ''sentirsi solo'', ''diverso'', sembra proprio legato ad un rimuginio continuo, che quando tocca livelli estremamente elevati può dar luogo a episodi di derealizzazione/depersonalizzazione. Tuttavia per una valutazione clinicamente fondata si rivolga ai suoi specialisti, così da trovare insieme la soluzione. Un caro saluto
Certe domande arrivano come lame di luce: abbagliano e fanno paura perché mettono in crisi il modo abituale di sentire e di nominare ciò che conta. Quando Lei dice “ho paura di essere omosessuale” e subito dopo “perché le donne sono diverse dai maschi? cosa sono?”, sembra che il problema non sia “chi desidero”, ma l’urgenza di mettere un’etichetta che sedi l’angoscia; e più cerca la risposta definitiva, più l’angoscia cresce. Qui vale mettere in discussione un presupposto: non è affatto detto che questi pensieri dicano la verità su di Lei; spesso indicano solo il punto in cui l’eccesso di ansia impedisce di sentire, come un rumore che copre ogni altra voce. Anche l’idea “non provo niente, nemmeno per mia figlia” merita cautela: nelle fasi di forte attivazione ansiosa o di tono dell’umore basso, la percezione affettiva può appiattirsi senza che questo definisca chi Lei è o che cosa è capace di amare; è un velo, non una sentenza. Un’altra angolazione utile: il domandare “che cosa sono gli altri?” non è follia; è il segno che il suo rapporto con l’alterità oggi è scosso e che il modo abituale con cui classificava corpi, genere, desiderio non regge più. Invece di forzarsi a “capire e convincersi”, provi a fare l’opposto: nominare con precisione quando l’angoscia sale, quale immagine, parola o situazione l’innesca, come cambia nel corpo (respiro, stomaco, tensione), e notare che il picco scende anche senza trovare “la risposta giusta”. Questo sposta il baricentro dalla verifica incessante alla possibilità di dire il suo disagio, e apre spazio al desiderio (che non si comanda con la ragione e non si deduce da un sillogismo). Il lavoro che propongo mette al centro proprio questi punti: non tanto togliere il pensiero, ma ascoltarne la logica singolare finché la domanda si riduce e torna la possibilità di sentire, distinguere, scegliere. Il vantaggio è che non la consegna a categorie rigide: privilegia la sua parola, la sua esperienza concreta, e restituisce continuità tra ciò che prova e ciò che dice, senza costringerla a definirsi per non soffrire.
Se lo desidera, può contattarmi: troverà uno spazio di ascolto profondo e senza giudizio, dove dare posto a queste paure e ritrovare passo dopo passo un modo suo di stare con gli altri e con sé.
Un caro saluto, dottoressa Laura Lanocita.
Se lo desidera, può contattarmi: troverà uno spazio di ascolto profondo e senza giudizio, dove dare posto a queste paure e ritrovare passo dopo passo un modo suo di stare con gli altri e con sé.
Un caro saluto, dottoressa Laura Lanocita.
Buongiorno, dal suo messaggio si intuisce che è molto angosciato dalla situazione che sta vivendo. Le consiglio di parlarne approfonditamente con i suoi curanti che potranno così capire come aiutarla al meglio. Un saluto, dott.ssa Bonomi
Buongiorno,
grazie per aver scritto di nuovo: è già un segnale importante del fatto che sta cercando attivamente un modo per stare meglio, e questo merita riconoscimento.Quello che descrive – il timore costante di essere omosessuale, le autoconvinzioni, le domande intrusive del tipo “perché le donne sono diverse dagli uomini? cosa sono?”, la sensazione di estraneità verso gli altri e perfino verso le emozioni – rientra molto spesso nel quadro dei pensieri ossessivi legati all’ansia intensa.Ci tengo a dirle una cosa con molta chiarezza:
Questi sintomi non parlano della sua identità, ma del suo livello di ansia.
Non sta “scoprendo qualcosa di nascosto su di sé”, sta vivendo un disturbo ossessivo che usa proprio questi temi per colpirla là dove le fa più paura.
Lei sta già curandosi e questo è molto positivo, ma è importante anche ricordare che non tutti gli approcci psicologici sono uguali. Alcuni funzionano molto bene per certi problemi e meno per altri.
Nel caso dei pensieri ossessivi, un approccio più concreto, strutturato e cognitivo-comportamentale (CBT) è spesso quello più efficace. La CBT aiuta in modo pratico a:
riconoscere i pensieri ossessivi per quello che sono (intrusioni, non verità)
ridurre la fusione con i pensieri
lavorare sull’esposizione e sulla prevenzione della risposta
diminuire l’ansia fisiologica che alimenta il disturbo
recuperare il senso di sé e delle emozioni
Non significa lasciare la sua attuale terapeuta, ma può essere utile parlarle di questo, verificare insieme se sta seguendo un approccio adatto al tipo di problema o se può integrare tecniche più specifiche per il disturbo ossessivo.
La buona notizia è che queste sensazioni si possono ridurre molto: non è condannato a sentirsi così, e non è “diventato un’altra persona”. È in un momento di sovraccarico, e con gli interventi adeguati si torna a sentirsi sé stessi.
Continui a chiedere aiuto come sta facendo: è esattamente la strada giusta. E se le va, possiamo capire insieme, anche online, come gestire uno dei pensieri che la tormentano di più.
grazie per aver scritto di nuovo: è già un segnale importante del fatto che sta cercando attivamente un modo per stare meglio, e questo merita riconoscimento.Quello che descrive – il timore costante di essere omosessuale, le autoconvinzioni, le domande intrusive del tipo “perché le donne sono diverse dagli uomini? cosa sono?”, la sensazione di estraneità verso gli altri e perfino verso le emozioni – rientra molto spesso nel quadro dei pensieri ossessivi legati all’ansia intensa.Ci tengo a dirle una cosa con molta chiarezza:
Questi sintomi non parlano della sua identità, ma del suo livello di ansia.
Non sta “scoprendo qualcosa di nascosto su di sé”, sta vivendo un disturbo ossessivo che usa proprio questi temi per colpirla là dove le fa più paura.
Lei sta già curandosi e questo è molto positivo, ma è importante anche ricordare che non tutti gli approcci psicologici sono uguali. Alcuni funzionano molto bene per certi problemi e meno per altri.
Nel caso dei pensieri ossessivi, un approccio più concreto, strutturato e cognitivo-comportamentale (CBT) è spesso quello più efficace. La CBT aiuta in modo pratico a:
riconoscere i pensieri ossessivi per quello che sono (intrusioni, non verità)
ridurre la fusione con i pensieri
lavorare sull’esposizione e sulla prevenzione della risposta
diminuire l’ansia fisiologica che alimenta il disturbo
recuperare il senso di sé e delle emozioni
Non significa lasciare la sua attuale terapeuta, ma può essere utile parlarle di questo, verificare insieme se sta seguendo un approccio adatto al tipo di problema o se può integrare tecniche più specifiche per il disturbo ossessivo.
La buona notizia è che queste sensazioni si possono ridurre molto: non è condannato a sentirsi così, e non è “diventato un’altra persona”. È in un momento di sovraccarico, e con gli interventi adeguati si torna a sentirsi sé stessi.
Continui a chiedere aiuto come sta facendo: è esattamente la strada giusta. E se le va, possiamo capire insieme, anche online, come gestire uno dei pensieri che la tormentano di più.
Buonasera, da ciò che descrive emerge un forte stato d’ansia che sembra invadere molte aree della sua esperienza, portando dubbi, domande ripetitive e una sensazione di estraneità sia verso gli altri che verso se stesso. Nei momenti di intensa ansia o depressione è possibile che il pensiero si “fissi” su temi specifici e che ciò produca uno smarrimento emotivo, come se il mondo diventasse distante o privo di significato.
Le domande ossessive sulla sua identità o sulle differenze tra uomini e donne non hanno un valore diagnostico: sono piuttosto un modo in cui la sua ansia cerca di prendere forma. Il sintomo parla con le sue parole, e in questi periodi può accadere che sembri prendere il sopravvento.
Il fatto che lei sia già in cura è molto importante. Ne parli apertamente con la sua psicoterapeuta: è proprio qui che questi vissuti possono essere ascoltati e compresi nel loro significato per lei.
Le domande ossessive sulla sua identità o sulle differenze tra uomini e donne non hanno un valore diagnostico: sono piuttosto un modo in cui la sua ansia cerca di prendere forma. Il sintomo parla con le sue parole, e in questi periodi può accadere che sembri prendere il sopravvento.
Il fatto che lei sia già in cura è molto importante. Ne parli apertamente con la sua psicoterapeuta: è proprio qui che questi vissuti possono essere ascoltati e compresi nel loro significato per lei.
Buongiorno, la ringrazio per aver condiviso qualcosa che chiaramente la sta facendo soffrire molto. Il modo in cui descrive ciò che sta vivendo trasmette una profonda fatica emotiva, la sensazione di essere intrappolato in un flusso di pensieri che si rincorrono e si amplificano a vicenda. Quando l’ansia cresce, soprattutto se già ci sono paure o dubbi interiori, la mente tende ad aggrapparsi a domande che sembrano impossibili da chiudere e più si cerca una risposta certa più quei pensieri diventano insistenti e invasivi. Capisco quanto possa essere spaventoso quando arrivano dubbi su chi si è, su cosa si prova, o quando sembra che le emozioni abbiano smesso di rispondere. Molte persone, in momenti di forte stress o ansia, sperimentano sensazioni simili a quella che descrive. Non sempre i pensieri che arrivano hanno un significato profondo in sé. Spesso sono la conseguenza di un livello emotivo molto elevato, come se il cervello, sovraccarico, iniziasse a interrogarsi su cose astratte o destabilizzanti per trovare un senso o un punto di controllo. Non sono pensieri scelti, arrivano e basta, e proprio questo li rende così inquietanti. Il fatto che li viva come indesiderati, che li tema e che li metta in discussione, è già un segnale importante. Anche la sensazione di non provare emozioni o di sentirsi distante dagli altri, persino dalle persone amate, può comparire nei periodi di forte ansia o depressione. Quando la mente è occupata a rispondere alle paure, a monitorare ogni sensazione interna, è come se lasciasse meno spazio al sentire naturale. Non significa che le emozioni siano sparite, ma che sono coperte da uno strato di preoccupazione continua. Proprio come una radio che trasmette, ma il volume della stazione interferente è talmente alto da mascherare tutto il resto. È comprensibile che questo le faccia paura, specialmente se al dubbio sull’orientamento si è aggiunta un’altra domanda che sembra mettere radicalmente in discussione il suo modo di percepire se stesso e gli altri. In questi momenti la tentazione più forte è cercare risposte immediate, analizzare ogni pensiero, controllare le sensazioni per rassicurarsi. Ma paradossalmente è proprio questa ricerca continua di certezza che mantiene il ciclo attivo e lo intensifica. Può essere utile iniziare a considerare questi pensieri come un effetto dell’ansia e non come una verità da decifrare. Osservarli senza dover reagire subito, ricordarsi che un pensiero non definisce ciò che si è e che la perdita momentanea di emozioni è un fenomeno legato allo stato interno, non un tratto della propria persona. Spesso non è l’argomento del pensiero a fare paura, ma la sua persistenza, l’idea che possa significare qualcosa di definitivo. Invece lei sta vivendo una fase di forte attivazione emotiva e mentale, e in periodi così è normale che il cervello produca interrogativi strani, estranei, talvolta assurdi. Il fatto che si stia curando e che stia portando avanti un percorso di psicoterapia è una base preziosa. La sofferenza che descrive è reale e merita spazio, tempo e ascolto, ma non significa che sia destinato a restare così. Con pazienza, con il supporto adeguato e con piccoli passi può imparare a lasciare quei pensieri sullo sfondo, a riconoscere che la loro forza nasce dalla paura e non dalla realtà. Lei non è strano, non è sbagliato, non è solo. Sta attraversando un momento difficile, ma sta anche cercando aiuto, e questo è tutt’altro che poco. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Buongiorno,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità quello che sta vivendo. Quando l’ansia cresce e diventa pervasiva, può generare pensieri ossessivi che si agganciano l’uno all’altro, creando la sensazione di “perdere il controllo” o di non riconoscersi più.
I pensieri che descrive – la paura di essere omosessuale, le domande ripetitive su “cosa sono gli altri”, il sentirsi distaccato emotivamente anche dalle persone più importanti – rientrano spesso in quadri di forte ansia, depressione e derealizzazione/depersonalizzazione. Non indicano una perdita di identità reale, ma sono manifestazioni dell’iperattivazione ansiosa, che spinge la mente a controllare, analizzare e mettere in dubbio qualsiasi cosa.
Durante periodi di stress intenso è frequente sperimentare:
• sensazioni di estraneità verso se stessi o gli altri,
• domande intrusive e senza risposta che generano paura,
• difficoltà a percepire emozioni che normalmente sono presenti,
• bisogno costante di rassicurazioni.
Questi sintomi possono essere molto spaventosi, ma non significano che ci sia qualcosa di “gravemente sbagliato” in lei: sono segnali di sofferenza, non di pericolo.
Sta già facendo due passi fondamentali: assumere una terapia farmacologica e seguire un percorso psicoterapeutico. In fasi come questa, può essere utile condividere apertamente con la sua terapeuta e il medico l’aumento dei sintomi, così da valutare insieme eventuali aggiustamenti terapeutici o strategie di stabilizzazione.
Non è solo, e ciò che prova è comprensibile e trattabile. Con il giusto supporto, questi stati possono ridursi fino a scomparire, restituendole un senso di presenza, contatto ed equilibrio emotivo.
Rimango a disposizione.
Dott.ssa Caterina Lo Bianco – Psicologa ad orientamento Sistemico-Relazionale
grazie per aver condiviso con tanta sincerità quello che sta vivendo. Quando l’ansia cresce e diventa pervasiva, può generare pensieri ossessivi che si agganciano l’uno all’altro, creando la sensazione di “perdere il controllo” o di non riconoscersi più.
I pensieri che descrive – la paura di essere omosessuale, le domande ripetitive su “cosa sono gli altri”, il sentirsi distaccato emotivamente anche dalle persone più importanti – rientrano spesso in quadri di forte ansia, depressione e derealizzazione/depersonalizzazione. Non indicano una perdita di identità reale, ma sono manifestazioni dell’iperattivazione ansiosa, che spinge la mente a controllare, analizzare e mettere in dubbio qualsiasi cosa.
Durante periodi di stress intenso è frequente sperimentare:
• sensazioni di estraneità verso se stessi o gli altri,
• domande intrusive e senza risposta che generano paura,
• difficoltà a percepire emozioni che normalmente sono presenti,
• bisogno costante di rassicurazioni.
Questi sintomi possono essere molto spaventosi, ma non significano che ci sia qualcosa di “gravemente sbagliato” in lei: sono segnali di sofferenza, non di pericolo.
Sta già facendo due passi fondamentali: assumere una terapia farmacologica e seguire un percorso psicoterapeutico. In fasi come questa, può essere utile condividere apertamente con la sua terapeuta e il medico l’aumento dei sintomi, così da valutare insieme eventuali aggiustamenti terapeutici o strategie di stabilizzazione.
Non è solo, e ciò che prova è comprensibile e trattabile. Con il giusto supporto, questi stati possono ridursi fino a scomparire, restituendole un senso di presenza, contatto ed equilibrio emotivo.
Rimango a disposizione.
Dott.ssa Caterina Lo Bianco – Psicologa ad orientamento Sistemico-Relazionale
Buongiorno,
da ciò che descrive emerge un livello di ansia molto alto, sufficiente a modificare temporaneamente il modo in cui percepisce sé, gli altri e le stesse emozioni. In fasi così intense può accadere che i pensieri assumano una qualità estranea e che anche ciò che di solito è familiare appaia improvvisamente distante: è un effetto dell’attivazione ansiosa, non un cambiamento strutturale.
In questo punto sembra utile, da un lato, riportare l’ansia entro un livello più gestibile; dall’altro, con i tempi giusti, lasciare che quei pensieri che la colpiscono così fortemente possano essere interrogati senza esserne travolto. La questione che si apre riguarda proprio come vuole disporsi rispetto a ciò che emerge: se può iniziare a costruire uno spazio in cui l’ansia venga contenuta e, allo stesso tempo, i pensieri possano essere osservati per capire cosa stanno toccando in lei.
da ciò che descrive emerge un livello di ansia molto alto, sufficiente a modificare temporaneamente il modo in cui percepisce sé, gli altri e le stesse emozioni. In fasi così intense può accadere che i pensieri assumano una qualità estranea e che anche ciò che di solito è familiare appaia improvvisamente distante: è un effetto dell’attivazione ansiosa, non un cambiamento strutturale.
In questo punto sembra utile, da un lato, riportare l’ansia entro un livello più gestibile; dall’altro, con i tempi giusti, lasciare che quei pensieri che la colpiscono così fortemente possano essere interrogati senza esserne travolto. La questione che si apre riguarda proprio come vuole disporsi rispetto a ciò che emerge: se può iniziare a costruire uno spazio in cui l’ansia venga contenuta e, allo stesso tempo, i pensieri possano essere osservati per capire cosa stanno toccando in lei.
Capisco quanto questi pensieri ossessivi possano diventare spaventosi, soprattutto quando l’ansia aumenta e la depressione tende a svuotare le emozioni, facendo sentire tutto distante o “strano”. Non è raro, in momenti di forte attivazione emotiva, che la mente cerchi di dare un senso a ciò che vive formulando domande ripetitive, quasi come se volesse trovare un punto fermo per ridurre l’incertezza.
Queste domande non dicono nulla sulla tua identità o sui tuoi affetti; parlano invece della tua fatica attuale e del bisogno profondo di ritrovare continuità dentro di te. Quando l’ansia cresce, è frequente percepire gli altri, e a volte anche se stessi, come “lontani” o diversi, e questo può generare ancora più paura.
Quello che stai descrivendo può accadere nei periodi di scompenso emotivo: non è un segnale di pericolo, ma un modo in cui la tua mente sta cercando di orientarsi. Continua a portare questi vissuti alla tua terapeuta: è proprio da qui, da come li senti e da come ti organizzano internamente, che può nascere un lavoro davvero trasformativo.
Queste domande non dicono nulla sulla tua identità o sui tuoi affetti; parlano invece della tua fatica attuale e del bisogno profondo di ritrovare continuità dentro di te. Quando l’ansia cresce, è frequente percepire gli altri, e a volte anche se stessi, come “lontani” o diversi, e questo può generare ancora più paura.
Quello che stai descrivendo può accadere nei periodi di scompenso emotivo: non è un segnale di pericolo, ma un modo in cui la tua mente sta cercando di orientarsi. Continua a portare questi vissuti alla tua terapeuta: è proprio da qui, da come li senti e da come ti organizzano internamente, che può nascere un lavoro davvero trasformativo.
Gentile utente di mio dottore,
continui pure il percorso terapeutico cominciato di pari passo al trattamento farmacologico, vedrà che con il tempo potrà uscire dalla morsa dei sintomi qui descritti.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
continui pure il percorso terapeutico cominciato di pari passo al trattamento farmacologico, vedrà che con il tempo potrà uscire dalla morsa dei sintomi qui descritti.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Buonasera, in certi periodi le emozioni possono intensificarsi. L'importante è capire cosa la attiva così tanto. Ne parli con chi la segue.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
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