Ho 57 anni, felicemente sposata da 31 dopo un fidanzamento di 5 e ho due figli, un maschio di 25 ann

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Ho 57 anni, felicemente sposata da 31 dopo un fidanzamento di 5 e ho due figli, un maschio di 25 anni e una femmina di 21. Con mio marito le cose sono sempre andate bene tra alti e bassi e pur con due temperamenti molto diversi. Anche l'intesa sessuale con gli anni è migliorata e negli ultimi anni ci troviamo a vivere una seconda giovinezza. Ho sempre avuto problemi di carattere psichiatrico fin dall'adolescenza, in particolare periodi di depressione che comparivano all'improvviso, duravano circa una o due settimane dopodiché, così come erano arrivati, sparivano come se nulla fosse e riprendevo una vita apparentemente normale. Spesso mi sentivo irritabile anche per cose di scarsissima importanza, un momento mi andava di fare una cosa, il momento dopo avevo già cambiato idea. In mezzo a tutto questo vivevo anche momenti di spensieratezza, di allegria (sono una persona molto socievole e simpatica a detta di tutti), anche se a volte mi sentivo sopraffatta dalle difficoltà, dagli eventi e vivevo il tutto con un grande senso di fastidio. Nel 2006, dopo un litigio con mio marito che mi ha portato a rompere un bicchiere di vetro che avevo in mano e a tagliarmi, finalmente decido di rivolgermi ad uno psichiatra il quale mi diagnostica un disturbo bipolare di tipo II. Io e mio marito siamo increduli, non avevamo mai sentito parlare di questa patologia, ci informiamo sull'argomento e alla fine decidiamo di rivolgerci ad un altro specialista che ribalta completamente la diagnosi: non si tratta di disturbo bipolare bensì di ansia generalizzata. Poiché nel frattempo avevo assunto depakin, fevarin e un altro medicinale di cui non ricordo il nome che mi avevano lasciato effetti devastanti, sono talmente traumatizzata dagli psicofarmaci che decido di non assumerne mai più nella mia vita e iniziamo, io e mio marito, un percorso "fai da te" di psicoterapia, aggiornandoci presso varie fonti, attingendo da vari manuali ma con scarsissimo successo. Finché, circa due anni fa, lo psichiatra del CPS che mi aveva in cura per l'ansia mi prescrive il Citalopram. Dopo l'iniziale diffidenza mi convinco ad assumerlo, grazie anche ai giudizi positivi che avevo letto su di esso dalle persone che lo avevano assunto. Lì inizia finalmente la mia rinascita: dopo tanto tempo i pensieri negativi a poco a poco scompaiono, ritrovo il buonumore, non piango praticamente più e mi sento piena di energie. Vado avanti ad assumerlo ininterrottamente per due anni di seguito nella dose a scalare fino ad arrivare a 10 gocce al giorno. Poi, due o tre mesi fa succede qualcosa che mi cambia la vita. Inizio ad andare su Facebook, a conoscere persone, a stringere amicizie, inizialmente per seguire da vicino alcuni argomenti che mi interessano poi, via via che la rosa delle mie conoscenze si allarga, aumentano i consensi nei mei confronti, i complimenti soprattutto da parte degli uomini (sono una donna ancora piacente che dimostra meno della sua età) e da lì mi parte tutto un vortice di euforia, di onnipotenza, di sfida che mi porta in breve tempo ad iniziare due relazioni contemporaneamente: una chat erotica con un uomo con cui ci scambiamo frasi hot e talvolta anche videochiamate e una relazione amicale-amorosa con un altro, un uomo di quasi vent'anni più giovane il quale insiste per avere un incontro ravvicinato. Io mi sento elettrizzata da questa situazione, mi sento una dea, mi sento, come amo ripetere spesso, su un treno in corsa che corre corre e so che prima o poi si schianterà, ma al momento non mi interessa, sul treno ci sto bene. Dopotutto, dopo aver passato l'anno precedente a fare acquisti on line di capi d'abbigliamento di cui non avevo la necessità, mi dico che è molto meglio coltivare delle relazioni sociali che accumulare beni materiali che non danno nessuna soddisfazione! Alla fine decido di vedere il secondo amante con il quale ho un incontro erotico, incontro abbastanza deludente dal punto di vista sessuale ma a me non importa, sono galvanizzata dalla situazione, adrenalina pura. Mentre ho l'incontro sessuale mi sento quasi straniata da me stessa, come se mi osservassi da un elicottero. Nei rari momenti di lucidità mi chiedo dove mi porterà tutto questo, io che sono sempre stata poco seduttiva e piuttosto cameratesca con gli uomini. Finché mio marito scopre una chat tra me e il mio amante. Pochi giorni dopo mi reco dalla psichiatra del CPS per il controllo dosaggio del Citalopram, racconto quello che è successo; inizialmente decide di scalare il Citalopram perché potrebbe essere stato un sovradosaggio la causa di tutto poi, quando mi prescrive in aggiunta il depakin, alle mie esternazioni di disappunto, memore dell'esperienza precedente che le racconto, dichiara che questo spiega tutto, la causa scatenante è proprio il disturbo bipolare! Al momento, secondo lei, ero addirittura incapace di intendere e volere. Ora, dopo aver iniziato con un depakin 200 mg. in dose di 400 mg al giorno, mi ha scalato il dosaggio ma con depakin chrono 300. Quello che mi piacerebbe sapere è se è stato davvero il disturbo bipolare a farmi tenere questo comportamento, cosa insolita per me, o se potrebbe essere un disturbo di altra natura. Grazie per le vostre risposte.
Buongiorno, la situazione che descrive ha in se gli elementi di un disturbo bipolare in modo particolare l'alternarsi di momenti di depressione a momenti di 'adrenalina pura' come la definisce ed in cui si sente 'galvanizzata dalla situazione' e non interessata alle conseguenze e a quanto accadrà dopo. Con questo non mi permetterei mai mi avallare o meno una diagnosi senza conoscerla adeguatamente.
Mi sembra piuttosto interessante riflettere sul fatto che a parte le terapie farmacologiche (necessarie certamente ma sulle quali non entro nel merito, perché tali aspetti esulano dalle mie competenze) non abbia finora affrontato con un percorso psicologico uno stato che le procura e le ha procurato disagi anche molto intensi (mi riferisco ad esempio a quando si è sentita 'quasi straniata da me stessa'). Un percorso "fai da te" di psicoterapia non può funzionare, sono sincera, mentre un percorso con un professionista serio le potrebbe veramente giovare e consentire di andare più a fondo nelle problematiche che vive, smettendo di rimandarle fra momenti più 'tranquilli' e di maggiore benessere e momenti estremamente confusi e inevitabilmente dolorosi. Per ogni maggiore chiarimento mi può contattare tramite il sistema. La saluto cordialmente. Dott.ssa Daniela La Porta

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Buongiorno,
dalla descrizione che lei fa, sembrerebbe confermare che il disturbo bipolare l'abbia portata a comportamenti per lei insoliti, alternando momenti di depressione a momenti in cui tutto sembra possibile e lei si sente una Dea. Consiglierei comunque di abbinare, accanto alla terapia farmacologica, una psicoterapia che potrebbe aiutarla a contenere le fasi del suo disturbo.
Mi vorrei comunque congratulare con lei per la sua capacità introspettiva e la lucidità con cui ha affrontato questa situazione a lei estranea.
Credo che se si facesse seguire da un buon psicoterapeuta, avrebbe buone possibilità di gestire il suo problema, vista la sua capacità.
La saluta cordialmente
Dott.ssa Enrica Tavella
Mi accodo ai colleghi: da questo breve racconto, seppur molto chiaro e ordinato, sembra proprio un disturbo bipolare.
Come spesso nei disturbi della sfera psichica, farmaci e psicoterapia possono essere considerati sinergici. Non tralasci di coinvolgere suo marito nella vicenda e nei suoi sviluppi.
Cordialità
Buon pomeriggio.
Anamnesi dettagliata e precisa che rientra pienamente a mio avviso nei disturbi bipolari.
Mi spiace che non si sia subito fidata della prima diagnosi e che non abbia chiesto un secondo parere avendone due discordanti. Ovviamente i meccanismi di resistenza e di non accettazione subito di sono messi in atto e hanno impedito a Lei e alla sua Famiglia di intervenire diversamente.
Probabilmente se lo avesse fatto avrebbe potuto condurre una vita più serena in breve tempo.
Mi meraviglia inoltre come non le sia stata suggerito un percorso di sostegno e di elaborazione della sintomatologia e della malattia, cosa necessaria anch'essa fin da subito.
Ma come mi piace sempre dire...non è mai troppo tardi per Stare in Forma Psicologica e per Volersi e Volere un po' più Bene!
Ne parli con suo marito e i suoi figli e attivatevi tutti.
In fondo riguarda un po' tutti.
Distinti Saluti e Buona Salute . Dott.ssa Paola Pagano
Salve. Da quello che scrive effettivamente sembra che il suo altalenante dell'umore riconduce ad un disturbo dell'umore.
Forse una ciclotimia. Non si scoraggi perché il disturbo dell'umore (ad esempio il disturbo bipolare) risponde molto bene ad una mescolanza di terapia farmacologia e psicologica.
Cordiali saluti Dottor Grilli
I colleghi che mi hanno preceduto le hanno già risposto in maniera esaustiva, mi permetto solo di sottolineare un paio di aspetti. In assenza di un incontro diretto non è possibile esprimere una valutazione diagnostica, per la quale quindi la rimando al parere espresso dal professionista che la segue. A mio avviso, però, la domanda se il disturbo bipolare sia il fattore scatenante dei suoi comportamenti recenti oppure no, ne porta con sè altre non meno rilevanti. Sembra chiedersi: se è così, sono legittimata in quello che faccio? E' qualcosa che va curato oppure no, e se sì come? E' opportuno continuare a seguire la via di queste esperienze erotiche oppure no? Al di là della domanda in sè e per sè, cioè, quello che più troverei importante in questo momento (e a cui anche il suo quesito sembra rimandare) è intraprendere un percorso psicoterapeutico basato sulla parola, che le permetta di mettere in gioco queste forti sensazioni che prova e che, da un lato, la eccitano, ma dall'altro portano con sè anche un aspetto di estraneità e di timore.
Se resta "sul treno" senza pensarci, potrebbe arrivare inaspettatamente ad una stazione meno piacevole di quello che immagina. Pertanto la incoraggio a rivolgersi ad una persona che le dia fiducia, per parlare di queste relazioni che sta intraprendendo in modo da capire cosa la porta ad iniziarle, diversamente da quanto le sucedeva poco tempo fa: qualunque scelta è lecita, purchè sia fatta con la consapevolezza di "intendere e di volere" di cui anche lei parla.

Cordiali saluti
Daniele Prezzi
Buongiorno, la sua lunga lettera, sebbene densa di particolari, non chiarisce a sufficienza quello che le sta succedendo. Lei dice che ha sofferto dall'adolescenza di un disturbo psichiatrico, in particolare la depressione, precisando che le crisi andavano e venivano da sole senza bisogno di nessuna terapia. Ma allora, già allora aveva consultato dei medici, cioè chi ha detto che si trattava di un disturbo psichiatrico e in particolare di depressione? La terapia farmacologica risale comunque al 2006. Dunque bisogna pensare che sono più di dieci anni che è seguita presso qualche ambulatorio? Allora ci sono stati dei medici che le hanno prescritto i farmaci con dei criteri? La recente diagnosi è stata fatta da un medico (psichiatra?) che la segue da tempo? Ha fatto la diagnosi sugli ultimi episodi, accaduti circa tre mesi fa? Insomma è tutto molto approssimativo. In primo luogo, vorrei osservare che non è mai possibile fare diagnosi su un sintomo, anche ricorrente. Ad esempio, la febbre è un sintomo molto comune ma può indicare patologie molto diverse tra loro e sopportate in modo diverso dai diversi soggetti. In secondo luogo, il termine Disturbo Bipolare II non è altro che una specie di etichetta che si dà a quadri sintomatici accomunati da alcuni fenomeni e che perciò non spiega niente delle ragioni soggettive del paziente. Ad esempio, tisi, male di petto, tubercolosi, sono nomi diversi per una stessa patologia spiegata e curata in modo diverso a seconda dell'inquadramento, in questo caso dovuto alle convinzioni e conoscenze scientifiche di diverse epoche storiche. L'aspetto veramente importante è invece la sua situazione. E' salita su un "treno" senza conducente? Allora si tratta di vedere come fare a scendere e a non salirci più. Ha certamente urgente bisogno di rivolgersi a una psicoterapia e (non esclusi dei farmaci adeguati) di cercare di riprendere e tenere il più saldamente possibile le redini della sua vita, cercando di viverla, come del resto le è stato finora possibile, nonostante le ricorrenti crisi e difficoltà. Cordiali saluti PG
Ma se provasse ad iniziare un percorso psicoterapico....? sono certo che ne trarrebbe un notevole giovamento.... Se non altro perchè mi pare che, secondo lei, l'unica cura possibile siano i farmaci. Perchè pensa che la parte psicologica della sua situazione non meriti, perlomeno, la stessa attenzione riservata alla parte farmacologica? Sono certo che non avrebbe mai intrapreso una "cura fai da te" farmacologica... Detto ciò, per rispondere alla sua domanda, il disturbo può essere stato la causa dei pensieri, delle sensazioni e delle emozioni, ma per la parte di agìto c'è sicuramente anche una componente di scelta autonoma. E' su quest'ultima parte che potrebbe essere fortemente d'aiuto un percorso con uno psicoterapeuta professionista. Spero che riesca a trovare il giusto equilibrio nella sua vita!
Probabilmente un disturbo di tipo bipolare esiste ma questa etichetta non dovrebbe impoverire e appiattire la personalità e l’individualità di nessuno .
I farmaci se contengono, attenuano,rendono possibile una vita più adeguata e, a volte, rendono vivibili momenti che diversamente non lo sarebbero per nulla,
non affrontano la storia e le ragioni che fanno di ciascuno proprio quella persona e non un’altra ,non svegliano alcuna risorsa personale ,omologano sotto una stessa etichetta e uno stesso ventaglio di aggiustamenti chimici storie e vissuti ben diversi che contengono in se stessi la particolare ragione del loro esistere e il linguaggio per spiegarsi e proporsi a un ascolto attento e rispettoso. Nessuno -è-la sua malattia ,ma piuttosto è un soggetto che parla di sè attraverso questa ,e ,probabilmente ,non ha potuto usufruire di un linguaggio migliore per farlo. Quanto più la lingua che si parla si discosta da parametri comuni tanto più richiede attenzione e disponibilità da parte di chi ascolta a “ farsi istruire” .Attraverso quali fantasie, oggetti, situazioni, emozioni si manifesta la parte depressiva e la parte maniacale del suo supposto disturbo bipolare ? Perchè proprio attraverso quelle forme e non altre? Ogni sua manifestazione può diventare occasione per una ricerca e una riflessione che la porti a una migliore conoscenza di se stessa, a una integrazione di parti trascurate ,e quindi depositarie di energie stagnanti, allo sviluppo di risorse nuove per affrontare meglio ciò che si lascia all’azione passiva del farmaco ; in fondo consegnarsi solo a quello è sempre un atto di sfiducia e una manifestazione di poco rispetto verso la ricchezza ,la complessità , la spiritualità del nostro Essere che riduciamo a macchina di cui il farmaco diventa il meccanico. Non le dico niente che già non sia stato detto ,ma solo lo sostengo senza ombra di dubbio: unisca alle sue terapie farmacologiche un buon lavoro di psicoterapia e troverà le risposte che cerca e un diverso amore per se stessa.
Auguri.
,




Gentile Signora, da ciò che scrive si potrebbe pensare ad un disturbo bipolare, così come le è stato precedentemente diagnosticato. Il disturbo bipolare, in ogni caso, come tutte le diagnosi, non deve in alcun modo, e mi scuso se sono molto diretta in questo, togliere la responsabilità alla persona, nelle azioni/comportamenti, o nei pensieri. Non è quindi il disturbo bipolare ad essere responsabile di determinati comportamenti che ha avuto, e questa è proprio la chiave per riappropriarsi della propria vita e delle proprie scelte, al di là della diagnosi e della cura farmacologica. Come altri colleghi le hanno fatto notare, potrebbe esserle molto utile un percorso di psicoterapia che la possa aiutare ad avere una maggiore consapevolezza di se stessa. Le auguro un buon proseguimento,
Federica Miccichè
E’ importante che lei sia consapevole che il disturbo bipolare va monitorato nel tempo con periodiche visite psichiatriche di controllo per valutare l’andamento della terapia. Inoltre, come le hanno fatto notare altri colleghi, una psicoterapia l’aiuterebbe a discriminare eventuali segni del bipolarismo da sintomi di altra natura.
Benché non sia corretto fare una diagnosi in questo contesto, dalla sua desceizioni sono presenti sintomi che possono far ricondurre ad una diagnosi di disturbo bipolare,. Così come consigliato in maniera esaustiva sarebbe opportuno un percorso di psicoterapia associato ad una cura farmacologica e lasciar perdere il fai da te.
Buon giorno devo dire che ha ben criticamente descritto la sua situazione mostrando una buona capacità di analisi e riflessione. Non so dirle se lei soffra davvero di disturbo bipolare di personalità ma i sintomi sono quelli o almeno in parte. Vede signora la personalità non si può ridurre a un semplice disturbo ma vi possono essere diversi pattern di personalità presenti nel funzionamento mentale. Probabilmente lei avrà pattern riconducibili a un disturbo bipolare di personalità e altri riconducibili a una sintomatologia ansiosa. Per fare chiarezza è opportuno rivolgersi a un clinico psicodinamico adeguatamente preparato che le faccia accurata diagnosi di personalità così da capire meglio la struttura della sua personalità. Cordialmente Gian Piero Grandi
Cara signora, nel risponderle premetto che probabilmente ciò che le dirò non le piacerà molto e che farò delle considerazioni su ciò che ha narrato, considerazioni che, non conoscendola personalmente, non hanno nessuna pretesa valutativa nei suoi confronti, ma che le esprimo con l'intento di invitarla a riflettere su alcuni aspetti del suo racconto. Lei sembra molto legata alla diagnosi, alla scelta degli psicofarmaci giusti, al bisogno di trovare "fuori da sé" la responsabilità dei suoi comportamenti. Al tempo stesso banalizza la psicotetapia al punto di avere la presunzione di poterla rendere "fai da te". Ora mi domando: per quale motivo in questi anni di presunto disagio psichico non ha mai intrapreso un percorso psicoterapico, ma si è affidata ai tanto odiati (da lei, non da me) farmaci? Quali resistenze ci sono dietro a questo atteggiamento? Fare psicoterapia significa prendersi la responsabilità della propria vita affidandosi a un professionista che ci aiuti a crescere, o a guarire se preferisce. La psicoterapia non si fa da sé. Affrontare problematiche psichiche solo attraverso il supporto farmacologico (spesso necessario, s'intenda) senza intraprendere un percorso psicotetapico è un ottimo modo per andare verso la cronicizzazione dei sintomi. Mi sembra superfluo palesare il mio "consiglio" e mi auguro apprezzi la mia franchezza. Cordiali saluti.
Le diagnosi pesano cara signora, perchè ci riducono a un'etichetta, a una malattia. Sta a lei decidere se soltanto tenere sotto controllo il disturbo ( aspetto importante) o intraprendere un percorso terapeutico (anche in compagnia di suo marito e della sua famiglia) per ritornare a essere persona e non sintomo. Per ritornare ad avere una qualità di vita, a sentirsi in movimento e sentirsi di scegliere piuttosto che subire.
In bocca al lupo

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