Buongiorno, vi espongo il mio problema. Sono figlia unica di un padre malato oncologico grave, da ci

22 risposte
Buongiorno, vi espongo il mio problema. Sono figlia unica di un padre malato oncologico grave, da circa un mese diventato paraplegico a causa della sua malattia. Ora sta facendo riabilitazione, ma tra qualche settimana, quando rientrerà a casa, mia madre sarà la sua caregiver e per aiutarla io, mio marito e mio figlio (di 7 anni) ci trasferiremo a casa loro. Mia madre soffre di ansia, attacchi di panico e credo anche di una sorta di vittimismo patologico, nonostante io cerchi di aiutarla il più possibile continua a dirmi che lei è sola, che nessuno la aiuta e quando è molto agitata diventa anche aggressiva verbalmente. Secondo me avrebbe bisogno di un aiuto psicoterapico, ma lei lo rifiuta dicendo che non serve a nulla. Io di conseguenza mi sento in colpa e molto frustrata perché mi sembra che ogni sforzo che faccio non serva a nulla. Ho paura anche che tutta questa negatività influisca sulla mia famiglia, su mio marito e mio figlio, rendendo le cose ancora più difficili di quello che sono. Come posso aiutare mia mamma senza finire trascinata nel suo gorgo? Come posso convincerla a cercare un aiuto psicologico? E se non ci fosse modo di convincerla, quali strategie posso attuare per affrontare la situazione al meglio? Grazie in anticipo a chi mi risponderà .
Salve, prima di tutto mi dispiace per la situazione di suo padre. Credo che possa aiutare sua madre consigliandole di iniziare un percorso di psicoterapia, per il suo benessere psichico. Obbligarla sarebbe controproducente.
Buona giornata.
Dott. Fiori

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Salve. Sarebbe opportuno che sua mamma si decida a farsi sostenere psicologicamente. Se non decide, lei non può fare nulla. Ma, visto che si sta trasferendo a casa dei suoi genitori con tutta la famiglia per aiutarli e teme che la situazione possa avere ripercussioni negative sulla sua famiglia, marito e figlio, prenda in considerazione la possibilità di farsi aiutare lei, con un percorso psicoterapeutico, per vivere con chiarezza la situazione, per rendersi conto dei confini che vanno messi e che è bene che non vengano superati, per non vivere sensi di colpa inutili e dannosi. Perché il rischio è quello di sentirsi in colpa nei confronti di tutti. Distinti saluti
Buongiorno, comprendo la difficile situazione in cui si trova e mi sembra un atto significativo quello di trasferirsi con la sua famiglia presso i suoi genitori. E' molto comprensibile che lei si faccia delle domande e che chieda a sua madre di iniziare un percorso psicoterapeutico, dal momento che potrebbe trovare un sollievo per se stessa ma anche per tutta la famiglia.
Quando qualcuno che amiamo si rifiuta di farsi aiutare ci fa sentire impotenti, disarmati e anche un po' arrabbiati e questi sentimenti rischiano di interferire con la nostra vita.
Quello che mi sento di consigliarle è di darsi lei stessa uno spazio di ascolto psicologico volto a riflettere dentro di se, a cercare di capire i suoi sentimenti, i sensi di colpa di cui accenna, per trovare lei stessa le strategie per far fronte a questa situazione, che mette in campo molti aspetti di se, dal suo essere figlia che deve occuparsi di genitori in difficoltà, al suo essere donna adulta, moglie e madre di un bambino di 7 anni. Cordiali saluti
Gentile Signora, da ciò che scrive, mi sembra che gli scenari di una convivenza stretta con sua madre siano già ipotizzabili, pertanto occorre prevenire tali paventate conseguenze. Inoltre, presumo che la decisione di trasferirsi con tutta la famiglia sia dettata da più motivi, tra i quali la volontà di accudire suo padre da vicino e di aiutare sua madre nel farlo, senza trascurare marito e figlio, ma a volte ci si rende disponibili senza valutare adeguatamente le risorse a disposizione. In considerazione di quanto sopra, le consiglierei, come suggerito da altri colleghi, di intraprendere personalmente un percorso psicoterapeutico, appunto per rendersi maggiormente conto fino a dove lei possa arrivare e a definire dei confini chiari e solidi. Un cordiale saluto. Dott.ssa Marina Bonadeni
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Gentile signora, capisco sia una situazione non facile perché oltre alla sofferenza della malattia di suo padre deve gestire il rapporto con sua mamma. Potrebbe chiedere a sua mamma di andare assieme a fare una consulenza spiegando che servirà ad entrambe per poter stare accanto nel miglior modo possibile a suo papà. Potrebbe chiedere se ci sono delle associazioni che possono aiutare i familiari dei pazienti oncologici. Potrebbe farle leggere qualcosa che riguarda i caregiver , chi sono, cosa provano ad assistere le persone care e malate.
Spero di averle dato qualche informazione utile.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Verena Elisa Gomiero
Buongiorno,la comprendo è un carico emotivo molto forte e pensante.Sua madre non crede nella aiuto di una psicoterapia di sostegno.Ma ci crede lei Chieda un appoggio per sé e indirettamente aiuterà sua madre oltre che sé stessa Ci vuole in queste fasi per prevenire e per evitare come dice lei di farsi risucchiare in un gorgo emotivo privo di un piccolo margine di vita personale .Un caro saluto dottssa Luciana Harari
Gentile signora in situazioni come quella che descrive io mi sento di consigliarle un supporto psicologico per tutta la famiglia attraverso un percorso di terapia familiare.
La malattia di suo padre ha portato importanti cambiamenti sia emotivi che strutturali come ci spiegava. Avere uno spazio comune dove tutti possano esprimersi e dove i carichi emotivi possano essere meglio definiti e condivisi può portare più facilmente ad un equilibrio funzionale per tutti.
Sono disponibile per ulteriori approfondimenti.
Le mando un caro saluto
Dott.ssa Anna Tomaciello
Salve, comprendo quale carico emotivo possa gravare su si lei è sulla sua famiglia. Sua madre ha abbracciato uno stile vittimista che fa parte della sua personalità,chiaramente molto pesante da sostenere e poco utile in questo momento. Due soluzioni: farsi aiutare lei a livello psicologico per non farsi affossare dal contesto, oppure convincere sua madre a farvi aiutare insieme nel difficile ruolo di caregivers. Resto a disposizione per ulteriori sue domande o chiarimenti. Buona serata, se.ssa Daniela Benvenuti
Buongiorno,
Potrebbe essere utile parlare al vostro medico di base della situazione così che sia lui a consigliare un percorso per la mamma!
Cara utente, posso solo immaginare quanto sia difficile la sua situazione attuale. Purtroppo non si può “costringere” una persona a iniziare un percorso, risulterebbe dannoso perché non partirebbe da una reale esigenza di sua madre. Quello che può fare è trovare lei uno spazio in cui poter riportare i suoi vissuti prima che questi prendano il sopravvento. Potrebbe esserle utile per rintracciare le risorse necessarie di cui parla. Queste strategie non possiamo però suggerirle senza conoscerla, perché ogni persona ha una storia e un suo personalissimo filtro sula realtà. Quindi sarà la persona stessa ,comprendendo i propri vissuti in un contesto psicoterapeutico, a rintracciarle dentro di sé.
Resto a disposizione. Dott.ssa Francesca Tardio
Sta chiedendo a suo marito e a suo figlio di rinunciare alla vostra vita domestica e familiare per sostenere sua madre. Mi sembra veramente tanto anzi troppo. Forse dovrebbe chiarirsi le idee su come essere d'aiuto senza rompere dei confini familiari e forse creare dei disagi. Potrebbe essere utile per lei fare alcuni colloqui per comprendere delle dinamiche che al di là della situazione di malattia di suo padre la tengono molto incastrata nella relazione con sua mamma.
Per non farsi "trascinare nel gorgo di sua madre" sono del parere che sarebbe opportuno che lei stessa (cioè lei signora che scrive) effettuasse dei colloqui psicologici. Per quanto riguarda sua madre, partendo dal presupposto che nessuno può essere obbligato da nessuno, potrebbe chiedere al medico curante di consigliare un supporto psicologico a sua madre.
Cara donna,

da quanto leggo pare si senta particolarmente in colpa per la condizione in cui versano i suoi genitori ed in particolare per sua madre che da qui a breve dovrà occuparsi di suo padre invalido. Il trasferimenoto della sua famiglia a casa dei suoi genitori mi pare già sia un passo grande che in qualche modo da qui al prossimo futuro rischia di creare non poche difficoltà alla sua famiglia in termini di rapporti con suo marito e suo figlio. Potrebbe esser opportuno far supportare sua madre attraverso l ausilio di una figura professionale in casa che in qualche modo possa aiutarla nella gestione di suo padre e la sollevi dalle responsabilità che in qualche modo contribuiscono nel generarle ansia e panico. Qui ritroviamo una richiesta di aiuto per lei più che per sua madre in quanto preoccupata per la situazione e pensando al rischio che possa in qualche modo perder di vista la sua famiglia attuale.
Potrebbe esser opportuno per lei in questo momento ricever supporto in tal senso e capire da dove proviene questo bisogno di dover in qualche modo accudure H24 i suoi genitori pur avendo una propria vita ed una propria famiglia. Diverse sono le modalità con cui potrebbe esser comunque di supporto per la sua famiglia e per sua madre, non è di certo facendosi invischiare del tutto che risolverebbe lo stato di cose.
Ci pensi, potrebbe esser molto utile riflettere su questo adesso che su altro.....

Un caro saluto
Dottor Diego Ferrara
Buona sera,
aggiungerei solo qualche frase a ciò che le hanno già suggerito i miei colleghi.
La difficoltà della situazione che descrive purtroppo non è rara quando la malattia oncologica prosegue nel suo corso e diventa invalidante. Lei ha già chiari i rischi e alcune dinamiche del rapporto con sua madre( suoi sensi di colpa perché anche se Lei da tutta se stessa e porta la sua famiglia ad un cambio di vita totale per stare vicino a mamma e babbo la mamma comunque si sente sempre " sola in questa situazione") Concordo con i colleghi per molte delle cose che le hanno scritto anche chi che le suggerisce di attivare il medico di base che le indicherà il percorso ( o in caso non lo facesse si muova lei ,se riesce ,per trovare supporto domiciliare integrato nella sua zona" l'ADI "o associazioni domiciliari come ANT o altre che possano supportare tutto il nucleo familiare - sia lei che il babbo che la mamma che suo marito e suo figlio se lo accettano/chiedono- con psicologi, volontari, medici, infermieri , OSS , ecc a domicilio. Da soli il carico è troppo di solito. Almeno questo è quello che ho visto io nei 12-15 anni che ho lavorato a domicilio o in ospedale hospice con pazienti oncologici . Tra l'altro tutti i nodi delle dinamiche famigliari vengono al pettine proprio quando rischiamo di sentirci già allo stremo e senza risorse per il dolore e la fatica e lo stress che queste situazioni/malattie croniche si portano con se. Chieda indicazioni-suggerimenti anche al reparto oncologico semmai che sta seguendo suo padre se non lo ha fatto ancora ( o alle cure palliative-hospice della zona) quali supporti e reti socio-psico-medico-infermieristico-assistenziali sono presenti nel suo territorio. Se sarete adeguatamente supportati e guidati sarà maggiormente possibile che si creino anche brevi ma preziosi momenti di pausa dallo stress che descrive, insights sulle relazioni famigliari che a volte possono anche migliorare e guarire un pò in queste circostanze se sarete aiutati/accompagnati adeguatamente e si potranno creare anche spazi( interni ed esterni) per vivere questi momenti con il babbo, transitori e in continuo cambiamento (che non torneranno più , come tutti i momenti della vita di tutti noi) anche per la loro unicità e profondità. Potere piangere assieme se possibile e necessario a volte aiuta, così come gli squarci che si possono creare nel muro di silenzi e non detti spesso presente, e se necessario, e dirsi ciò che si sente il bisogno di dire, esserci pienamente in questi momenti, anche con presenza e consapevolezza e non solo travolti ,come da uno tsunami, dall'avanzare della malattia, dai tanti cambiamenti anche di ruoli e identità, dalle dinamiche famigliari, dai tanti bisogni e non detti... come spesso ho visto accadere nelle famiglie con "pazienti oncologici"( persone prima che pazienti) che ho seguito( accompagnato) a domicilio come psicologa-psicoterapeuta assieme a medici , volontari e altre figure professionali (oltre che per esperienze personali: malattia e morte appartengono alla vita di tutti e tutti siamo destinati ad attraversarle) Avete diritto tutti ( anche lei e la sua famiglia) ad essere guidati e supportati in questa situazione, non essere lasciati soli, non solo il suo babbo e la sua mamma, anche voi. Le auguro con tutto il cuore che il covid non abbia spazzato via questi supporti nella sua zona. Vale la pena cercare ,secondo me, se non è già stato fatto, in alcune zone l'assistenza domiciliare quando necessaria non è stata sospesa anche se fatta con tutte le protezioni( mascherine ecc) . Un caro saluto, Dott.ssa Silvia Bianchi
Gentile Signora, i suoi dubbi in merito all'impatto della situazione sulla sua famiglia e su se stessa sono più che fondati. Per prima cosa mi chiedo se presso l'ospedale che cura suo padre non sia attivo il supporto ai pazienti e ai congiunti dei malati oncologici. Potrebbe, se così fosse, tentare di "agganciare" sua madre; almeno provare l'ennesimo tentativo. Il fatto che sua madre viva una situazione di vittimismo fa sì, probabilmente, che qualsiasi sforzo lei faccia per lei si riveli inutile non tanto perchè sua madre non lo noti ma perchè verrebbe meno la funzione che ha il "lamentarsi". Detto ciò non so se sia proficuo andare a vivere proprio nella stessa casa, magari vicini ma nella stessa abitazione potrebbe mettere a rischio gli equilibri della sua famiglia. Inoltre per ciò che la riguarda è probabile che lei abbia necessità di un percorso che metta in luce i suoi vissuti, i suoi confini rispetto all'aiuto che può e che sente di dover dare a sua madre.
Rimango a sua disposizione per eventuali chiarimenti in merito.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Buongiorno, sono molto dispiaciuta per la situazione difficile che si trova ad affrontare. Certamente un supporto psicologico potrebbe essere di aiuto a sua madre, come anche a suo padre, ma rispetto a questo quello che lei può fare, cioè suggerirlo, lo ha già fatto.
Mi unisco poi al coro dei colleghi che invece invitano lei a pensare di rivolgersi a un terapeuta. La situazione che già sta vivendo e quella che si appresta a vivere toccherà inevitabilmente, oltre che i suoi equilibri personali, anche quelli della sua coppia e della sua famiglia e potrebbe essere di grande aiuto uno spazio in cui elaborare quello che vivete per non rimanerne schiacciati. Se sente che può essere di aiuto, potrebbe anche provare a parlarne con suo marito e potreste anche valutare l'opportunità di affrontare insieme un percorso di questo tipo, dal momento che insieme sarete coinvolti in questa esperienza. Le faccio i miei più grandi auguri perché possa affrontare tutto questo con la maggiore serenità possibile. Dott.ssa Sara Zamperlin
Gentilissima, non si può aiutare chi non vuole essere aiutato. Quello che si può fare invece, in questa situazione, è di poter essere seguita e supportata lei in un lavoro terapeutico. Anche lei ne ha molto bisogno in questo momento, per i vissuti dolorosi che porta dentro di sè e sentirsi supportata potrà giovare indirettamente su tutta la sua famiglia. Cordiali saluti. Dott.ssa Di Giovanni
Gentile utente mi spiace per le condizioni delicate di suo padre. Immagino non sia stato semplice per lei affrontare la situazione e supportare la sua famiglia. Un percorso psicoterapeutico potrebbe aiutarla nel gestire la decisione presa di trasferirsi da sua madre. In bocca al lupo per tutto. Cordiali saluti Dott.ssa Valentina Cosentino
Gent.ma,
la situazione che illustra appare complessa e fonte di stress correlato ad una condizione di malattia. Probabilmente occorre valutare una presa in carico integrata. Può essere utile esprimere queste preoccupazioni già al personale del servizio che si occupa della riabilitazione e al MdB, che le suggeriscano ulteriori contatti/recapiti in modo che possa essere valutata l’ipotesi di un percorso di cure domiciliari a livello territoriale. Non ho idea in quale regione e provincia risieda, ma sicuramente anche nella sua zona sono presenti unità operative del SSN e associazioni che progettano interventi assistenziali e psico-oncologici fornendo supporto e orientamento al paziente e ai caregivers. SG
Gentile signora. La situazione è complessa quanto semplice e generoso è stato il gesto che ha compiuto. La rapidità con cui ha preso la decisione di ritornare a vivere con suo padre e sua madre ha destato, solo in seconda battuta, la preoccupazione di essere meno presente come mamma e compagna. Ma quanto forte a volte si senta il richiamo a stare presso i cari sofferenti lo dimostra la sua disponibilità al sacrificio. Anche a me è capitata una situazione simile e non ho avuto dubbi. Si faccia supportare e trovi l'occasione di condividere quanto elabora in seduta con i suoi familiari. Per suo figlio, per esempio, potrebbe essere un'occasione irripetibile di imparare a prendersi cura dei legami in modo responsabile. Il romanzo familiare che state scrivendo si arricchirà di affetti nutrienti che vi accompagneranno per lungo tempo. Buona fortuna
Buongiorno. Di primo acchito mi viene in mente che non dev'essere per niente facile per lei questa situazione familiare!
Di certo è difficile convincere una persona a rivolgersi ad uno psicologo quando non è disposta a riconoscere in se stessa un problema. Lo sarebbe per uno psicologo, per un amico, per una figlia, e via dicendo. Per cui, per quanto possa esserle utile saperlo, non riuscire a convincere sua madre non è una colpa. Forse, chissà, potrebbe essere, questa, un occasione buona per lei, semmai; per capire cosa la faccia sentire così tanto in colpa di fronte a qualcosa di cui non può essere responsabile. Alle volte certe domande sono le strategie più giuste di affrontare un problema.
Buona giornata.
Gentile signora, verosimilmente sua madre può già essere entrata in contatto con gli psicologi dell'equipe sanitaria che si occupa della malattia oncologica e della riabilitazione di suo padre. Se così non fosse, potrebbe sentire proprio la struttura sanitaria che si sta occupando di suo padre per avere un'indicazione sui servizi dedicati ai pazienti oncologici ed ai caregivers. In alternativa può chiedere una consulenza ad uno psico-oncologo che può orientarla sui servizi presenti sul territorio o valutare se e come iniziare un percorso di supporto psicologico dedicato a Lei e ai Suoi familiari. Resto a Sua disposizione, dr.ssa M. Di Iorio.

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