Buonasera, scrivo per parlarvi della mia situazione familiare. Ho un figlio di ventidue anni che, al
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Buonasera, scrivo per parlarvi della mia situazione familiare. Ho un figlio di ventidue anni che, al di là di tutti i difetti, è un ragazzo d’oro che è sempre andato d’accordo con tutti e che ama la sua famiglia più di ogni altra cosa. Tuttavia ha una vita sregolata, sempre avuta, e questo da mamma mi fa stare sempre in pensiero.
Lui ha perso il padre a 12 anni e da allora gli è caduto il mondo addosso. Nel complesso è sempre stato un ragazzo raggiante e vivace, ma dopo la tragedia ho visto la sua personalità cambiare sempre di più, complice la pubertà/aolescenza. Ogni mese, per una settimana o più, diventa un’altra persona e si chiude completamente in sé stesso. O si chiude oppure è sempre fuori casa ad intrattenersi con sconosciute, e questo mi è stato detto dai suoi amici.
Diciamo che è tutto cominciato dai 16 anni in su … A quell’età ha anche lasciato la scuola … per quanto mi è stato possibile ho sempre cercato di parlargli e di essere presente, ma con il lavoro non ho molto tempo da dedicargli. Lui però mi risponde sempre “tutto a posto” con un sorriso, ma chi lo sa cosa gli frulla nella testa? mi sento in colpa perché ho paura di non aver fatto abbastanza e di non averlo cresciuto nella maniera adeguata. La perdita di mio marito ha annichilito anche me, ma adesso vedere mio figlio condurre una vita così non fa che farmi stare peggio …
Nei giorni in cui “sta bene” lavora (lavora in una società di calcio), fa molto sport ed esce con gli amici. Fa una vita normale, quindi. Poi si ripresenta “quel periodo” e diventa un’altra persona … Diventa mogio, asettico, cupo, impulsivo … L’ho sempre saputo che si intrattiene con donne più grandi di lui, evita le coetanee, e quando ho provato a parlargli con calma lui ha tergiversato come se l’argomento lo imbarazzasse … io so bene di essere all’oscuro di tante cose, e non voglio nemmeno intromettermi nella sua vita, ma ci tengo a preservare il benessere di mio figlio.
Purtroppo non ho la disponibilità economica necessaria per un consulto psicologico. Mi rivolgo a voi per delle delucidazioni, e vi ringrazio in anticipo per le eventuali risposte.
Barbara
Lui ha perso il padre a 12 anni e da allora gli è caduto il mondo addosso. Nel complesso è sempre stato un ragazzo raggiante e vivace, ma dopo la tragedia ho visto la sua personalità cambiare sempre di più, complice la pubertà/aolescenza. Ogni mese, per una settimana o più, diventa un’altra persona e si chiude completamente in sé stesso. O si chiude oppure è sempre fuori casa ad intrattenersi con sconosciute, e questo mi è stato detto dai suoi amici.
Diciamo che è tutto cominciato dai 16 anni in su … A quell’età ha anche lasciato la scuola … per quanto mi è stato possibile ho sempre cercato di parlargli e di essere presente, ma con il lavoro non ho molto tempo da dedicargli. Lui però mi risponde sempre “tutto a posto” con un sorriso, ma chi lo sa cosa gli frulla nella testa? mi sento in colpa perché ho paura di non aver fatto abbastanza e di non averlo cresciuto nella maniera adeguata. La perdita di mio marito ha annichilito anche me, ma adesso vedere mio figlio condurre una vita così non fa che farmi stare peggio …
Nei giorni in cui “sta bene” lavora (lavora in una società di calcio), fa molto sport ed esce con gli amici. Fa una vita normale, quindi. Poi si ripresenta “quel periodo” e diventa un’altra persona … Diventa mogio, asettico, cupo, impulsivo … L’ho sempre saputo che si intrattiene con donne più grandi di lui, evita le coetanee, e quando ho provato a parlargli con calma lui ha tergiversato come se l’argomento lo imbarazzasse … io so bene di essere all’oscuro di tante cose, e non voglio nemmeno intromettermi nella sua vita, ma ci tengo a preservare il benessere di mio figlio.
Purtroppo non ho la disponibilità economica necessaria per un consulto psicologico. Mi rivolgo a voi per delle delucidazioni, e vi ringrazio in anticipo per le eventuali risposte.
Barbara
Buongiorno,
quello che descrive è molto coerente con un quadro ansioso-ossessivo, in cui la mente – già molto attivata – tende ad aggrapparsi a domande, dubbi e pensieri intrusivi che diventano via via più assillanti. In questi momenti è frequente sperimentare anche sensazioni di distacco dalle emozioni, come se fosse tutto “ovattato”: è un effetto dell’ansia intensa e dell’ipercontrollo, non un segnale che “non prova più nulla”.
Le domande ripetitive sul suo orientamento sessuale o sul “perché le persone sono così” sono tipiche dei momenti in cui la mente cerca disperatamente una risposta certa per calmarsi; purtroppo, questo tentativo alimenta il circolo vizioso dell’ansia.
Ciò che sta vivendo non la definisce e non indica nulla sulla sua identità o sui suoi affetti: è una forma di paura che si appoggia dove trova più sensibilità.
Sta già facendo un percorso e assumendo farmaci: continui a comunicarlo al suo terapeuta e al suo medico, perché in fasi come questa può essere utile ritarare il lavoro o la terapia farmacologica.
Non è solo: queste sensazioni, se affrontate con continuità, tendono a ridursi e diventare gestibili.
Un caro saluto,
Dott.ssa Veronica De Iuliis
quello che descrive è molto coerente con un quadro ansioso-ossessivo, in cui la mente – già molto attivata – tende ad aggrapparsi a domande, dubbi e pensieri intrusivi che diventano via via più assillanti. In questi momenti è frequente sperimentare anche sensazioni di distacco dalle emozioni, come se fosse tutto “ovattato”: è un effetto dell’ansia intensa e dell’ipercontrollo, non un segnale che “non prova più nulla”.
Le domande ripetitive sul suo orientamento sessuale o sul “perché le persone sono così” sono tipiche dei momenti in cui la mente cerca disperatamente una risposta certa per calmarsi; purtroppo, questo tentativo alimenta il circolo vizioso dell’ansia.
Ciò che sta vivendo non la definisce e non indica nulla sulla sua identità o sui suoi affetti: è una forma di paura che si appoggia dove trova più sensibilità.
Sta già facendo un percorso e assumendo farmaci: continui a comunicarlo al suo terapeuta e al suo medico, perché in fasi come questa può essere utile ritarare il lavoro o la terapia farmacologica.
Non è solo: queste sensazioni, se affrontate con continuità, tendono a ridursi e diventare gestibili.
Un caro saluto,
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Buonasera Barbara. Da quello che riporta, suo figlio, esattamente come lei, ha sofferto e sta ancora soffrendo per la scomparsa del padre, e l'abbandono scolastico è stata sicuramente la manifestazione più evidente. Nonostante ciò però riferisce che ha degli amici, un lavoro, fa sport, e i vostri rapporti sono buoni. E questi aspetti ci dicono che suo figlio ha le risorse per affrontare le diffcioltà e reagire, e anche rispetto alla scuola, non è detto che non l'abbia fatto prorpio per dare un aiuto all'economia di famiglia, e magari in futuro non possa riprenderla. Rispetto invece all'unica settimana al mese in cui si isola e cambia umore, potrebbe essere legato ad aspetti adolescenziali di bisogno di mantenere una sua intimità, ma certamente va indagato, se per lei è fonte di preoccupazione. Probabilmente nelle altre settimane, in cui invece è più partecipe, potreste parlarne e cercare di capire che gli succede e capire se ha bisogno e accetta il suo aiuto. Come ricorda lei, l'adolescenza è una fase si impegnativa, ma a volte è anche e solo bisogno di vivere la propria individualità e per lui forse questo è più difficile, visto il lutto che ha dovuto affrontare, enon vuole gravare ulteriromente su di lei. E le frequentazioni/amicizie con ragazze più grandi potrebbero essere proprio la dimostrazione della crescita improvvisa che l'assenza del padre ha determinato, come anche il suo imbarazzo a giustificare ciò verso di lei, potrebbe essere la riprova che oltre all'amicizia, al momento non ci sia altro. Ovviamente queste sono ipotesi e aspetti che con delicatezza e calma potrebbe verificare parlando con lui, cercando di tramsettere vicinanza, comprensione ed empatia. Le auguro una buona serata! Dott. Rossi Giuseppe
Cara Barbara,
dalle sue parole emerge quanto lei tenga profondamente a suo figlio e quanto abbia fatto del suo meglio, nonostante il dolore della perdita di suo marito. La colpa che sente è comprensibile, ma non è fondata: situazioni così complesse non dipendono mai solo dai genitori, e lei ha continuato a esserci, anche nelle difficoltà.
Le oscillazioni che descrive — periodi in cui suo figlio è sereno e funziona bene, alternati a momenti di chiusura, impulsività o vuoto — possono essere segnali di un disagio emotivo legato a ferite non del tutto elaborate. Non significa che ci sia qualcosa di “grave”, ma che avrebbe bisogno di uno spazio in cui comprendere meglio ciò che vive, senza sentirsi giudicato o dover “stare bene” a tutti i costi.
In questa fase, ciò che può aiutarlo è sentirsi accolto: un messaggio semplice come “quando hai quei giorni più difficili io ci sono, senza che tu debba spiegare nulla” spesso apre più porte di molte domande. Allo stesso tempo, può essere utile per lei avere un confronto professionale per capire come sostenerlo senza farsi travolgere dall’ansia o dal senso di responsabilità.
La sua preoccupazione è comprensibile e legittima, ma ci sono margini per lavorare su questo equilibrio familiare e sul benessere di entrambi.
Se vuoi, possiamo approfondire la questione con un colloquio online.
dalle sue parole emerge quanto lei tenga profondamente a suo figlio e quanto abbia fatto del suo meglio, nonostante il dolore della perdita di suo marito. La colpa che sente è comprensibile, ma non è fondata: situazioni così complesse non dipendono mai solo dai genitori, e lei ha continuato a esserci, anche nelle difficoltà.
Le oscillazioni che descrive — periodi in cui suo figlio è sereno e funziona bene, alternati a momenti di chiusura, impulsività o vuoto — possono essere segnali di un disagio emotivo legato a ferite non del tutto elaborate. Non significa che ci sia qualcosa di “grave”, ma che avrebbe bisogno di uno spazio in cui comprendere meglio ciò che vive, senza sentirsi giudicato o dover “stare bene” a tutti i costi.
In questa fase, ciò che può aiutarlo è sentirsi accolto: un messaggio semplice come “quando hai quei giorni più difficili io ci sono, senza che tu debba spiegare nulla” spesso apre più porte di molte domande. Allo stesso tempo, può essere utile per lei avere un confronto professionale per capire come sostenerlo senza farsi travolgere dall’ansia o dal senso di responsabilità.
La sua preoccupazione è comprensibile e legittima, ma ci sono margini per lavorare su questo equilibrio familiare e sul benessere di entrambi.
Se vuoi, possiamo approfondire la questione con un colloquio online.
Buonasera Barbara,
capisco bene la preoccupazione e l’amore che prova per suo figlio. La situazione che descrive – i cambiamenti di umore, il periodo di chiusura e le scelte di vita più rischiose – può essere legata a un’elaborazione lunga e complessa del lutto, alla crescita e alla ricerca della propria identità. Non significa che Lei abbia sbagliato come madre: ha fatto il possibile, e il fatto che si preoccupi dimostra quanto tenga a lui.
Anche senza supporto economico, può continuare a preservare il suo benessere: mantenere il dialogo aperto, mostrarsi disponibile senza giudizio e incoraggiare attività sane e socialità può aiutare. Esistono anche servizi pubblici o associazioni che offrono supporto psicologico gratuito o a basso costo per giovani e famiglie.
L’amore e la presenza costante, anche se a volte sembra che non li ricambi, sono fondamentali: spesso basta sapere che ci siete, senza pressione, per far sentire sicuro suo figlio.
capisco bene la preoccupazione e l’amore che prova per suo figlio. La situazione che descrive – i cambiamenti di umore, il periodo di chiusura e le scelte di vita più rischiose – può essere legata a un’elaborazione lunga e complessa del lutto, alla crescita e alla ricerca della propria identità. Non significa che Lei abbia sbagliato come madre: ha fatto il possibile, e il fatto che si preoccupi dimostra quanto tenga a lui.
Anche senza supporto economico, può continuare a preservare il suo benessere: mantenere il dialogo aperto, mostrarsi disponibile senza giudizio e incoraggiare attività sane e socialità può aiutare. Esistono anche servizi pubblici o associazioni che offrono supporto psicologico gratuito o a basso costo per giovani e famiglie.
L’amore e la presenza costante, anche se a volte sembra che non li ricambi, sono fondamentali: spesso basta sapere che ci siete, senza pressione, per far sentire sicuro suo figlio.
Gentilissima Barbara, dalla descrizione che mi fa è possibile evincere quantomeno che suo figlio presenta un'oscillazione dell'umore che, di per sé, non rappresenta un problema immediato. Si tratta di una parziale ciclotimia: essa, quando presente in modo integro, spinge ad alternare periodi di leggera euforia ad altri di leggera malinconia. Se non ho capito male, lei ravvisa solo periodi mensili di malinconia. Questo, in sintesi, ci dice il modo in cui lui, eventualmente dovesse affrontare una crisi di qualsiasi tipo (sociale-lavorativa, relazionale, ecc) affronta le difficoltà: attraverso la tonalità emotiva, alzando e abbassando l'intensità delle sue emozioni, un po' come alzare e abbassare il volume della radio. Tuttavia, a mio personale ma fondatissimo parere, in questo caso specifico, ci sono rischi ben peggiori. Il comportamento che mi descrive mi ricorda abbastanza bene uno schema, un pattern adattivo. Se non ho capito male, ha relazioni promiscue con donne più mature. Inoltre, avrebbe lasciato anzitempo la scuola. Questi due elementi io li ritrovo in ragazzi e uomini che vivono una vita "senza scopo", spesso frequentano i bassifondi, sono avidi di denaro senza quasi mai riuscire ad accumularlo. Spesso si mettono nei guai con le persone sbagliate. Anche se apparentemente in gamba, sono persone che nella vita falliranno sempre. Ora, non è possibile dire se questo è il suo caso - non si faccia prendere dal panico - perché non ho elementi sufficienti al riguardo, si tratta di una congettura. Congettura fondata, però, su questi pochi elementi significativi. Le consiglio di stare molto attenta ai comportamenti che le ho elencato, al pattern, perché - semplicemente - ci sono ragionevoli motivi per sospettare questo tipo di adattamento nell'uomo che un giorno sarà. Ho tenuto infine l'elemento diagnostico più emblematico, se vogliamo il "sintomo" più importante che ci farebbe sospettare che sì, si tratta proprio di quel pattern disastroso: la tristezza. É MOLTO TIPICO. Chi vive in questo modo, avverte una costante insoddisfazione esistenziale, un vuoto di significato che lo fa vivere "alla giornata", racimolando qualche spicciolo e trafficando nel torbido, frequentando spesso compagnie sbagliate - anzi, spesso sono proprio loro "le compagnie sbagliate" degli altri. Per questo la tristezza, la malinconia ciclica. Quando arrivano ad una certa soglia, non possono più distrarsi da quella sensazione di inadeguatezza alla vita, di costante frustrazione di tutti i loro sogni, e sopraggiunge l'amarezza. Poi, una volta sfogata, l'emozione viene spinta di nuovo in fondo, rinnegata, magari da altri piani per racimolare altri soldi - a parte il denaro e se vogliamo, qualche passione, non ci sono obiettivi trascendenti, esistenziali, che colorano la giornata di queste persone. Il miglior consiglio che posso darle è questo: lo ascolti. Sia forte, senza mettergli pressione ma facendogli capire che è un po' preoccupata per lui ma non desista, non arretri. Se si mette nei guai, cerchi di aiutarlo senza giudicarlo (il giudizio non funziona, anzi sarebbe peggio perché si allontanerebbe emotivamente da lei). Giochi al suo gioco, al gioco di lui: sia sua complice, ma lo ascolti! Anche se dovesse fargli intendere che appoggia i suoi progetti più rischiosi, non si allontani da lui. Lo guidi e, lentamente, NEGLI ANNI, lo porti a più miti propositi. Questo non tanto adesso, poco più che ventenne, ma quando si avvicinerà ai 30 anni, già dai 25-26 potrebbe notare che si mette nei guai - guai seri. Se nota che già adesso ha problemi con la legge, intervenga subito. Ma aspetti qualche anno di complicità e comunicazione, prima di "tirarlo" a comportamenti meno di confine, più tranquilli, più "normali". Ricordi: la priorità è che lui si senta capito davvero, accettato e amato da lei, anche a costo di condividere (apparentemente!) i suoi piani. Stia in guardia e si aspetti da lui anche grandi bugie se non costruisce questo rapporto - chi ha perso ogni significato nella vita, non dà molto valore alla Verità. I miei più sinceri saluti e in bocca al lupo. Stia bene
Cara Barbara, la ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità la sua storia e la preoccupazione per suo figlio. Essere presente è già un segnale di cura. Dal suo racconto emerge quanto lei sia stata una presenza costante nonostante il dolore legato alla perdita di suo marito, una perdita che ha segnato profondamente entrambi.
È comprensibile che, come madre, si senta in pensiero di fronte a questi “periodi” in cui suo figlio appare più chiuso, cupo o distante. La perdita del padre in un’età così delicata, unita alla naturale complessità dell’adolescenza, può avere avuto un impatto significativo sul suo modo di esprimere le emozioni e di vivere le relazioni. Ogni persona reagisce in modo diverso a un lutto così precoce e spesso i cambiamenti di umore o i comportamenti più impulsivi potrebbero proprio rappresentare dei modi per affrontare un dolore che non sempre si riesce a raccontare a parole.
Il fatto che ci siano dei periodi in cui lui "funziona" molto bene e quindi lavora, fa sport, esce con gli amici è un elemento importante e positivo. I momenti invece più “bui” meritano certamente attenzione e potrebbero essere collegati al suo vissuto, allo stress o alla difficoltà di riconoscere e condividere ciò che prova.
Un primo passo utile potrebbe essere continuare a proporgli uno spazio di dialogo sereno, senza pressione, facendogli capire che lei è lì per lui. A volte i ragazzi tendono a evitare certi argomenti per imbarazzo o perché temono di preoccupare il genitore.
Considerata la situazione, potrebbe essere utile che suo figlio avesse uno spazio personale in cui elaborare il lutto e comprendere meglio questi cambiamenti emotivi. Capisco perfettamente la questione economica: per questo la invito a considerare che esistono (in base alla zona) servizi gratuiti o a costi molto ridotti, come i consultori familiari, i servizi territoriali di psicologia del SSN che offrono percorsi di supporto psicologico. Si tratta, per entrambi, di una situazione complessa che richiede delicatezza e, se possibile, un supporto e ascolto adeguato.
Un caro saluto,
Dott.ssa Simona Santoni – Psicologa
È comprensibile che, come madre, si senta in pensiero di fronte a questi “periodi” in cui suo figlio appare più chiuso, cupo o distante. La perdita del padre in un’età così delicata, unita alla naturale complessità dell’adolescenza, può avere avuto un impatto significativo sul suo modo di esprimere le emozioni e di vivere le relazioni. Ogni persona reagisce in modo diverso a un lutto così precoce e spesso i cambiamenti di umore o i comportamenti più impulsivi potrebbero proprio rappresentare dei modi per affrontare un dolore che non sempre si riesce a raccontare a parole.
Il fatto che ci siano dei periodi in cui lui "funziona" molto bene e quindi lavora, fa sport, esce con gli amici è un elemento importante e positivo. I momenti invece più “bui” meritano certamente attenzione e potrebbero essere collegati al suo vissuto, allo stress o alla difficoltà di riconoscere e condividere ciò che prova.
Un primo passo utile potrebbe essere continuare a proporgli uno spazio di dialogo sereno, senza pressione, facendogli capire che lei è lì per lui. A volte i ragazzi tendono a evitare certi argomenti per imbarazzo o perché temono di preoccupare il genitore.
Considerata la situazione, potrebbe essere utile che suo figlio avesse uno spazio personale in cui elaborare il lutto e comprendere meglio questi cambiamenti emotivi. Capisco perfettamente la questione economica: per questo la invito a considerare che esistono (in base alla zona) servizi gratuiti o a costi molto ridotti, come i consultori familiari, i servizi territoriali di psicologia del SSN che offrono percorsi di supporto psicologico. Si tratta, per entrambi, di una situazione complessa che richiede delicatezza e, se possibile, un supporto e ascolto adeguato.
Un caro saluto,
Dott.ssa Simona Santoni – Psicologa
Buonasera,
dalle sue parole emerge quanto tenga a suo figlio e quanto abbia fatto negli anni, nonostante il dolore della perdita e le difficoltà quotidiane. È comprensibile che la morte del padre a 12 anni abbia inciso profondamente sul suo modo di vivere le relazioni e l’umore: a quell’età il lutto può generare oscillazioni emotive che riaffiorano anche in età adulta, soprattutto nei momenti di stress.
I comportamenti che descrive – periodi di chiusura alternati a momenti molto attivi, difficoltà a parlare di sé, evitamento delle coetanee – possono essere modi per proteggersi da emozioni che non riesce ancora a gestire del tutto. Non sono necessariamente segnali di un problema grave: spesso sono strategie con cui i ragazzi cercano un loro equilibrio quando non sanno come chiedere aiuto, ma queste solo ipotesi da ciò che mi riporta.
Ci sono alcune cose che può fare per sostenerlo senza invadere il suo spazio:
Mantenere un dialogo semplice e regolare, anche quando lui risponde “tutto a posto”: non serve insistere, basta fargli capire che lei c’è quando vuole parlare.
Osservare i cambiamenti: capire quanto durano i periodi “bui”, cosa li scatena, cosa lo aiuta a uscirne. Questo le permette di intervenire in modo più mirato.
Offrire un punto fermo: routine chiare a casa, poche richieste ma chiare, un clima il più possibile prevedibile. Più lui oscilla, più ha bisogno di un adulto stabile.
Normalizzare il suo imbarazzo sui temi affettivi: molti ragazzi evitano le coetanee perché si sentono più “sicuri” con donne adulte. Non è raro e spesso indica solo bisogno di protezione.
Proporre supporti accessibili: molti consultori, centri giovani e servizi territoriali offrono colloqui gratuiti o a costo molto basso; può informarsi presso ASL o Comune.
Prendere tutto il carico della responsabilità e' impegnativo, ha attraversato un dolore molto grande e sta comunque cercando il modo migliore per esserci per suo figlio. A volte basta offrirgli uno spazio sicuro, costante e non giudicante perché possa iniziare a trovare da sé la strada per stare meglio.
Siamo un faro nella notte per i nostri figli e a volte dobbiamo solo fare capire loro che ci siamo in qualsiasi modo serva.
Un caro saluto
Melania Monaco
dalle sue parole emerge quanto tenga a suo figlio e quanto abbia fatto negli anni, nonostante il dolore della perdita e le difficoltà quotidiane. È comprensibile che la morte del padre a 12 anni abbia inciso profondamente sul suo modo di vivere le relazioni e l’umore: a quell’età il lutto può generare oscillazioni emotive che riaffiorano anche in età adulta, soprattutto nei momenti di stress.
I comportamenti che descrive – periodi di chiusura alternati a momenti molto attivi, difficoltà a parlare di sé, evitamento delle coetanee – possono essere modi per proteggersi da emozioni che non riesce ancora a gestire del tutto. Non sono necessariamente segnali di un problema grave: spesso sono strategie con cui i ragazzi cercano un loro equilibrio quando non sanno come chiedere aiuto, ma queste solo ipotesi da ciò che mi riporta.
Ci sono alcune cose che può fare per sostenerlo senza invadere il suo spazio:
Mantenere un dialogo semplice e regolare, anche quando lui risponde “tutto a posto”: non serve insistere, basta fargli capire che lei c’è quando vuole parlare.
Osservare i cambiamenti: capire quanto durano i periodi “bui”, cosa li scatena, cosa lo aiuta a uscirne. Questo le permette di intervenire in modo più mirato.
Offrire un punto fermo: routine chiare a casa, poche richieste ma chiare, un clima il più possibile prevedibile. Più lui oscilla, più ha bisogno di un adulto stabile.
Normalizzare il suo imbarazzo sui temi affettivi: molti ragazzi evitano le coetanee perché si sentono più “sicuri” con donne adulte. Non è raro e spesso indica solo bisogno di protezione.
Proporre supporti accessibili: molti consultori, centri giovani e servizi territoriali offrono colloqui gratuiti o a costo molto basso; può informarsi presso ASL o Comune.
Prendere tutto il carico della responsabilità e' impegnativo, ha attraversato un dolore molto grande e sta comunque cercando il modo migliore per esserci per suo figlio. A volte basta offrirgli uno spazio sicuro, costante e non giudicante perché possa iniziare a trovare da sé la strada per stare meglio.
Siamo un faro nella notte per i nostri figli e a volte dobbiamo solo fare capire loro che ci siamo in qualsiasi modo serva.
Un caro saluto
Melania Monaco
Buongiorno gentile Barbara, la ringrazio per aver condiviso una parte così sensibile e dolorosa della sua storia familiare. Le sue parole raccontano quanto lei sia una madre attenta, preoccupata e profondamente affezionata a suo figlio, nonostante le difficoltà che la vita vi ha messo davanti. La perdita precoce del padre è un evento che inevitabilmente lascia un segno, soprattutto in un’età così delicata come quella dell’inizio dell’adolescenza, quando l’identità si sta formando e le emozioni sono più intense e meno gestibili. È comprensibile quindi che suo figlio abbia vissuto un cambiamento profondo allora, e che alcune fragilità possano essere emerse nel tempo.
Da ciò che descrive, sembra che suo figlio alterni periodi in cui funziona molto bene, è attivo, impegnato nel lavoro e nello sport, a periodi in cui diventa più chiuso, cupo e impulsivo, quasi come se perdesse temporaneamente il suo equilibrio abituale. Questi momenti non devono essere letti come un fallimento suo come madre, ma come segnali di un dolore più antico che forse non ha mai avuto davvero lo spazio per essere elaborato. Spesso i ragazzi che vivono una perdita così importante, specie di un genitore, possono costruire una parte di sé molto forte, brillante e autonoma, mentre un’altra parte resta più vulnerabile e tende a riemergere in determinate fasi. Non è raro che cerchino relazioni con persone più grandi, che inconsciamente vengono percepite come più protettive, o che si rifugino in comportamenti più impulsivi o discontinui.
Lei però ci parla anche di un figlio che lavora, fa sport, ha amici, che sa vivere momenti di normalità e di vitalità. Questo è un segnale positivo, perché vuol dire che dentro di lui ci sono risorse importanti, anche se attraversate da periodi più bui. È importante che lei mantenga questo sguardo equilibrato, senza idealizzare né demonizzare i suoi comportamenti. Ciò che può fare, realisticamente, è continuare a proporgli una presenza calma, disponibile e non giudicante, affinché sappia che, se e quando avrà voglia di aprirsi, lei sarà pronta ad ascoltare. Le persone di ventidue anni spesso fanno molta fatica a parlare della propria sofferenza, soprattutto i ragazzi, che ancora oggi ricevono un’educazione che li spinge a mostrarsi “forti” e a non rivelare le proprie fragilità.
Il senso di colpa che lei prova è umano, ma non è giustificato. Lei ha portato avanti la famiglia da sola, ha lavorato, ha cercato di esserci per lui nonostante un dolore enorme. Nessuna madre può colmare del tutto una perdita così grande, e non esiste un modo “perfetto” di crescere un figlio. Ci sono però piccoli passi che può fare ora. Per esempio, senza forzarlo, può provare a dirgli che lei percepisce i suoi momenti di chiusura e che, se vorrà, sarà felice di ascoltarlo, anche solo per capire come si sente in quei giorni. A volte basta far passare l’idea che non si è soli.
Capisco anche che una psicoterapia privata possa essere difficile da sostenere economicamente. Vorrei rassicurarla però che esistono alternative: molti consultori familiari pubblici o centri di salute mentale offrono percorsi psicologici gratuiti o a costi molto ridotti, e alcuni servizi sono dedicati proprio ai giovani adulti. Anche un solo colloquio, se lui fosse disposto, potrebbe aiutarla a capire meglio cosa sta attraversando e dargli un supporto più adeguato.
Lei sta facendo ciò che può, con l’amore e i mezzi che ha, e questo è davvero molto. Suo figlio, pur con i suoi alti e bassi, sta andando avanti e dimostra di avere più risorse di quanto forse lui stesso riconosca. Continui a essere per lui una presenza stabile e accogliente, senza sentirsi in colpa o in difetto.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Da ciò che descrive, sembra che suo figlio alterni periodi in cui funziona molto bene, è attivo, impegnato nel lavoro e nello sport, a periodi in cui diventa più chiuso, cupo e impulsivo, quasi come se perdesse temporaneamente il suo equilibrio abituale. Questi momenti non devono essere letti come un fallimento suo come madre, ma come segnali di un dolore più antico che forse non ha mai avuto davvero lo spazio per essere elaborato. Spesso i ragazzi che vivono una perdita così importante, specie di un genitore, possono costruire una parte di sé molto forte, brillante e autonoma, mentre un’altra parte resta più vulnerabile e tende a riemergere in determinate fasi. Non è raro che cerchino relazioni con persone più grandi, che inconsciamente vengono percepite come più protettive, o che si rifugino in comportamenti più impulsivi o discontinui.
Lei però ci parla anche di un figlio che lavora, fa sport, ha amici, che sa vivere momenti di normalità e di vitalità. Questo è un segnale positivo, perché vuol dire che dentro di lui ci sono risorse importanti, anche se attraversate da periodi più bui. È importante che lei mantenga questo sguardo equilibrato, senza idealizzare né demonizzare i suoi comportamenti. Ciò che può fare, realisticamente, è continuare a proporgli una presenza calma, disponibile e non giudicante, affinché sappia che, se e quando avrà voglia di aprirsi, lei sarà pronta ad ascoltare. Le persone di ventidue anni spesso fanno molta fatica a parlare della propria sofferenza, soprattutto i ragazzi, che ancora oggi ricevono un’educazione che li spinge a mostrarsi “forti” e a non rivelare le proprie fragilità.
Il senso di colpa che lei prova è umano, ma non è giustificato. Lei ha portato avanti la famiglia da sola, ha lavorato, ha cercato di esserci per lui nonostante un dolore enorme. Nessuna madre può colmare del tutto una perdita così grande, e non esiste un modo “perfetto” di crescere un figlio. Ci sono però piccoli passi che può fare ora. Per esempio, senza forzarlo, può provare a dirgli che lei percepisce i suoi momenti di chiusura e che, se vorrà, sarà felice di ascoltarlo, anche solo per capire come si sente in quei giorni. A volte basta far passare l’idea che non si è soli.
Capisco anche che una psicoterapia privata possa essere difficile da sostenere economicamente. Vorrei rassicurarla però che esistono alternative: molti consultori familiari pubblici o centri di salute mentale offrono percorsi psicologici gratuiti o a costi molto ridotti, e alcuni servizi sono dedicati proprio ai giovani adulti. Anche un solo colloquio, se lui fosse disposto, potrebbe aiutarla a capire meglio cosa sta attraversando e dargli un supporto più adeguato.
Lei sta facendo ciò che può, con l’amore e i mezzi che ha, e questo è davvero molto. Suo figlio, pur con i suoi alti e bassi, sta andando avanti e dimostra di avere più risorse di quanto forse lui stesso riconosca. Continui a essere per lui una presenza stabile e accogliente, senza sentirsi in colpa o in difetto.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Gentile Barbara,
grazie per aver condiviso la sua storia. È comprensibile sentirsi preoccupata: la perdita di suo marito e del padre di suo figlio può provocare grandi cambiamenti emotivi e senso di disorientamento, sia per lei che per lui. I periodi in cui suo figlio appare chiuso o impulsivo possono essere modi con cui elabora ancora quel lutto e affronta le sfide dell’adolescenza.
Dal suo racconto emerge che alterna momenti di vita normale e attività quotidiane a periodi più distaccati o intensi: questo può riflettere sia il normale sviluppo di un giovane adulto, sia un’elaborazione ancora in corso di esperienze dolorose. Non è raro che la perdita di una figura importante in età delicata abbia effetti prolungati, anche quando il ragazzo appare “funzionante” in molti contesti.
È naturale sentirsi insicuri e preoccupati, ma il fatto che lei sia presente, attenta e rispettosa della sua autonomia è già un grande sostegno.
Vi indico alcuni suggerimenti pratici che potrebbero aiutarvi: provi a dedicare qualche momento, anche breve, per “stare insieme (può essere una passeggiata, un caffè, un’attività condivisa). Offra uno spazio di ascolto libero, senza pressione: si dichiari disponibile ascoltarlo quando e come lui si senta di parlare, senza giudizio. Si prenda cura anche di sé: accompagnare un figlio in difficoltà può essere faticoso; trovare qualcuno con cui parlare, anche solo per confrontarsi, può aiutarla a sostenere meglio suo figlio.
Con pazienza e presenza costante, potete affrontare insieme questi momenti delicati.
grazie per aver condiviso la sua storia. È comprensibile sentirsi preoccupata: la perdita di suo marito e del padre di suo figlio può provocare grandi cambiamenti emotivi e senso di disorientamento, sia per lei che per lui. I periodi in cui suo figlio appare chiuso o impulsivo possono essere modi con cui elabora ancora quel lutto e affronta le sfide dell’adolescenza.
Dal suo racconto emerge che alterna momenti di vita normale e attività quotidiane a periodi più distaccati o intensi: questo può riflettere sia il normale sviluppo di un giovane adulto, sia un’elaborazione ancora in corso di esperienze dolorose. Non è raro che la perdita di una figura importante in età delicata abbia effetti prolungati, anche quando il ragazzo appare “funzionante” in molti contesti.
È naturale sentirsi insicuri e preoccupati, ma il fatto che lei sia presente, attenta e rispettosa della sua autonomia è già un grande sostegno.
Vi indico alcuni suggerimenti pratici che potrebbero aiutarvi: provi a dedicare qualche momento, anche breve, per “stare insieme (può essere una passeggiata, un caffè, un’attività condivisa). Offra uno spazio di ascolto libero, senza pressione: si dichiari disponibile ascoltarlo quando e come lui si senta di parlare, senza giudizio. Si prenda cura anche di sé: accompagnare un figlio in difficoltà può essere faticoso; trovare qualcuno con cui parlare, anche solo per confrontarsi, può aiutarla a sostenere meglio suo figlio.
Con pazienza e presenza costante, potete affrontare insieme questi momenti delicati.
Buonasera Barbara — grazie per aver condiviso la situazione, e innanzitutto le faccio i miei complimenti per la cura e l’attenzione che dimostra verso suo figlio: questo già conta molto.
Brevemente e con chiarezza — cosa potrebbe succedere
Quello che descrive (periodi in cui è molto funzionale alternati a periodi in cui si chiude, diventa cupo, impulsivo o evita i coetanei) può avere diverse spiegazioni: reazione prolungata e complicata al lutto, disturbi dell’umore (es. depressione o disturbo a ciclicità dell’umore), uso di sostanze o comportamenti impulsivi legati a una difficoltà relazionale/affettiva. Anche il fatto di evitare coetanei e cercare relazioni con persone più grandi può essere un modo per gestire dolore, bassa autostima o ricerca di modelli genitoriali.
Non è colpa sua: la perdita del padre a 12 anni è un evento gravissimo che influenza lo sviluppo e la capacità di regolazione emotiva; il senso di colpa della madre è comprensibile ma non equivale a responsabilità esclusiva.
Cosa può fare subito (pratico, non giudicante)
Parlare quando è tranquilla: scelga un momento privato, descriva ciò che vede («quando succede X io mi preoccupo perché…») usando frasi in prima persona e senza giudizio.
Mostri disponibilità concreta (es. “Se vuoi, possiamo chiedere insieme un parere medico”) più che forzare confidenze.
Se teme per la sua sicurezza (pensieri suicidari, autolesionismo, abuso di sostanze grave) contatti subito i servizi di emergenza o accompagnatelo al pronto soccorso.
Se non ci sono emergenze ma la situazione si ripete o peggiora, chieda al medico di base una segnalazione ai servizi di salute mentale (Centro di Salute Mentale / CSM) o al Consultorio familiare: sono servizi pubblici a cui si può accedere e che offrono sostegno psicologico/psichiatrico anche a costi molto contenuti o gratuiti.
asl.novara.it
+1
Opzioni a basso costo o gratuite in Italia
Consultori familiari e “Consultorio giovani” (accesso spesso libero e gratuito per giovani) possono essere un primo punto di contatto.
sdsvallietrusche.it
+1
I servizi di psicologia delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e i Centri di Salute Mentale erogano prestazioni previste dai LEA; spesso la prenotazione avviene tramite il medico di famiglia e il percorso può essere gratuito o con ticket.
asl.novara.it
+1
In casi non urgenti, ci sono servizi nazionali/associazioni che offrono ascolto e supporto psicologico gratuito (es. servizi di supporto a distanza). Un esempio di servizio di supporto psicologico gratuito è attivato dalla Croce Rossa (numero e modalità reperibili online).
cri.it
Cosa non fare
Eviti recriminazioni o pressioni pubbliche; questo spesso spinge il giovane a chiudersi di più.
Non minimizzi i segnali di rischio: se c’è anche solo il sospetto di autolesionismo o idee suicidarie, agisca subito.
Selezione e accompagnamento
Se possibile, offra di accompagnarlo al medico di base o al consultorio per una valutazione: molti giovani accettano più facilmente se non sono lasciati soli nell’iniziativa.
Se il budget è un problema, indichi esplicitamente la sua situazione economica al servizio pubblico: esistono percorsi con accesso a tariffe agevolate o gratuità.
Serenis
+1
In sintesi (concisa)
Quello che racconta merita attenzione: la storia di lutto precoce, le oscillazioni d’umore e i comportamenti impulsivi sono segnali che andrebbero valutati da professionisti. Le opzioni pubbliche (CSM, Consultori, servizi di psicologia ASL) possono offrire percorsi accessibili anche in presenza di limitata disponibilità economica. Se osserva segni di pericolo imminente, rivolgersi immediatamente al pronto soccorso o ai servizi di emergenza.
È consigliabile approfondire con uno specialista che possa valutare suo figlio di persona e proporre il percorso più adeguato.
Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa.
Brevemente e con chiarezza — cosa potrebbe succedere
Quello che descrive (periodi in cui è molto funzionale alternati a periodi in cui si chiude, diventa cupo, impulsivo o evita i coetanei) può avere diverse spiegazioni: reazione prolungata e complicata al lutto, disturbi dell’umore (es. depressione o disturbo a ciclicità dell’umore), uso di sostanze o comportamenti impulsivi legati a una difficoltà relazionale/affettiva. Anche il fatto di evitare coetanei e cercare relazioni con persone più grandi può essere un modo per gestire dolore, bassa autostima o ricerca di modelli genitoriali.
Non è colpa sua: la perdita del padre a 12 anni è un evento gravissimo che influenza lo sviluppo e la capacità di regolazione emotiva; il senso di colpa della madre è comprensibile ma non equivale a responsabilità esclusiva.
Cosa può fare subito (pratico, non giudicante)
Parlare quando è tranquilla: scelga un momento privato, descriva ciò che vede («quando succede X io mi preoccupo perché…») usando frasi in prima persona e senza giudizio.
Mostri disponibilità concreta (es. “Se vuoi, possiamo chiedere insieme un parere medico”) più che forzare confidenze.
Se teme per la sua sicurezza (pensieri suicidari, autolesionismo, abuso di sostanze grave) contatti subito i servizi di emergenza o accompagnatelo al pronto soccorso.
Se non ci sono emergenze ma la situazione si ripete o peggiora, chieda al medico di base una segnalazione ai servizi di salute mentale (Centro di Salute Mentale / CSM) o al Consultorio familiare: sono servizi pubblici a cui si può accedere e che offrono sostegno psicologico/psichiatrico anche a costi molto contenuti o gratuiti.
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Opzioni a basso costo o gratuite in Italia
Consultori familiari e “Consultorio giovani” (accesso spesso libero e gratuito per giovani) possono essere un primo punto di contatto.
sdsvallietrusche.it
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I servizi di psicologia delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e i Centri di Salute Mentale erogano prestazioni previste dai LEA; spesso la prenotazione avviene tramite il medico di famiglia e il percorso può essere gratuito o con ticket.
asl.novara.it
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In casi non urgenti, ci sono servizi nazionali/associazioni che offrono ascolto e supporto psicologico gratuito (es. servizi di supporto a distanza). Un esempio di servizio di supporto psicologico gratuito è attivato dalla Croce Rossa (numero e modalità reperibili online).
cri.it
Cosa non fare
Eviti recriminazioni o pressioni pubbliche; questo spesso spinge il giovane a chiudersi di più.
Non minimizzi i segnali di rischio: se c’è anche solo il sospetto di autolesionismo o idee suicidarie, agisca subito.
Selezione e accompagnamento
Se possibile, offra di accompagnarlo al medico di base o al consultorio per una valutazione: molti giovani accettano più facilmente se non sono lasciati soli nell’iniziativa.
Se il budget è un problema, indichi esplicitamente la sua situazione economica al servizio pubblico: esistono percorsi con accesso a tariffe agevolate o gratuità.
Serenis
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In sintesi (concisa)
Quello che racconta merita attenzione: la storia di lutto precoce, le oscillazioni d’umore e i comportamenti impulsivi sono segnali che andrebbero valutati da professionisti. Le opzioni pubbliche (CSM, Consultori, servizi di psicologia ASL) possono offrire percorsi accessibili anche in presenza di limitata disponibilità economica. Se osserva segni di pericolo imminente, rivolgersi immediatamente al pronto soccorso o ai servizi di emergenza.
È consigliabile approfondire con uno specialista che possa valutare suo figlio di persona e proporre il percorso più adeguato.
Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa.
Buongiorno Barbara,
La perdita di un padre a 12 anni è qualcosa che lascia tracce profonde, spesso più complesse di quanto appaia all’esterno. L’adolescenza, già un periodo di trasformazioni intense, può diventare un terreno in cui il lutto si intreccia con il bisogno di costruire un’identità, sperimentare, distaccarsi e cercare figure di riferimento alternative. A volte questo si manifesta con oscillazioni emotive: periodi di energia, socialità e impegno, alternati a fasi più chiuse, cupe o impulsive. Questi comportamenti potrebbero essere il modo in cui suo figlio cerca, da anni, di gestire quel vuoto e un dolore rimasto in parte senza parole.
L’elaborazione di un lutto è un processo profondamente intimo e non segue mai una linea retta. Ognuno lo affronta con i mezzi che ha a disposizione, in tempi e modi diversi.
Spesso ci si concentra prima sulle necessità pratiche o sulla sopravvivenza emotiva, e solo più tardi emergono parti del dolore rimaste in attesa di essere ascoltate. Questo vale per suo figlio, ma potrebbe valere anche per lei. La sofferenza di un genitore e quella di un figlio si parlano, anche quando nessuno dei due mette parole.
Anche dietro quei “va tutto bene” di suo figlio potrebbero nascondersi tentativi di protezione: non voler appesantire il genitore o aprire ferite che ancora sono vive in entrambi.
In questi casi può essere utile creare piccoli momenti in cui suo figlio percepisca che attraversare periodi più difficili è normale e che in famiglia c’è spazio per mostrarsi per come si è, senza dover apparire sempre forti o sorridenti. Vedere che anche un genitore può riconoscere i propri momenti di fatica aiuta il figlio a sentirsi libero di essere autentico a sua volta.
Lei ha affrontato la perdita del marito mentre cresceva un figlio, ed è probabile che, per necessità, il dolore sia stato messo in un angolo perché non c’era né tempo né spazio per ascoltarlo.
In tutto questo non c’è nessuna colpa. Ci sono solo due persone – lei e suo figlio – che hanno attraversato una ferita profonda e che l’hanno fatto con i mezzi che avevano in quel momento.
Il comportamento di suo figlio con donne più grandi o la ricerca di compagnie esterne potrebbe essere un tentativo di colmare un vuoto relazionale rimasto aperto. Non sono indicatori di un destino segnato, ma segnali di una storia che ancora chiede un suo modo di essere elaborata.
È possibile che un giorno sia lui stesso a sentire il bisogno di parlarne con un professionista, quando si sentirà pronto.
È molto comprensibile che, da genitore, si chieda se abbia fatto abbastanza o se avrebbe potuto fare qualcosa di diverso. Quando si vuole bene a un figlio, questi pensieri arrivano spontanei, soprattutto davanti a comportamenti che preoccupano. I suoi interrogativi non sono segnali di colpa, ma di cura.
Raccontare tutto questo è già un atto di cura, verso di lui ma anche verso di sé stessa. Lei sta già facendo qualcosa di molto prezioso: osserva non solo i comportamenti, ma anche la storia che li accompagna.
Il fatto che stia riflettendo su tutto questo dimostra già quanto lei sia presente e attenta, e questo è già un grande sostegno per suo figlio.
Un saluto,
Dott. Pagano Alex
La perdita di un padre a 12 anni è qualcosa che lascia tracce profonde, spesso più complesse di quanto appaia all’esterno. L’adolescenza, già un periodo di trasformazioni intense, può diventare un terreno in cui il lutto si intreccia con il bisogno di costruire un’identità, sperimentare, distaccarsi e cercare figure di riferimento alternative. A volte questo si manifesta con oscillazioni emotive: periodi di energia, socialità e impegno, alternati a fasi più chiuse, cupe o impulsive. Questi comportamenti potrebbero essere il modo in cui suo figlio cerca, da anni, di gestire quel vuoto e un dolore rimasto in parte senza parole.
L’elaborazione di un lutto è un processo profondamente intimo e non segue mai una linea retta. Ognuno lo affronta con i mezzi che ha a disposizione, in tempi e modi diversi.
Spesso ci si concentra prima sulle necessità pratiche o sulla sopravvivenza emotiva, e solo più tardi emergono parti del dolore rimaste in attesa di essere ascoltate. Questo vale per suo figlio, ma potrebbe valere anche per lei. La sofferenza di un genitore e quella di un figlio si parlano, anche quando nessuno dei due mette parole.
Anche dietro quei “va tutto bene” di suo figlio potrebbero nascondersi tentativi di protezione: non voler appesantire il genitore o aprire ferite che ancora sono vive in entrambi.
In questi casi può essere utile creare piccoli momenti in cui suo figlio percepisca che attraversare periodi più difficili è normale e che in famiglia c’è spazio per mostrarsi per come si è, senza dover apparire sempre forti o sorridenti. Vedere che anche un genitore può riconoscere i propri momenti di fatica aiuta il figlio a sentirsi libero di essere autentico a sua volta.
Lei ha affrontato la perdita del marito mentre cresceva un figlio, ed è probabile che, per necessità, il dolore sia stato messo in un angolo perché non c’era né tempo né spazio per ascoltarlo.
In tutto questo non c’è nessuna colpa. Ci sono solo due persone – lei e suo figlio – che hanno attraversato una ferita profonda e che l’hanno fatto con i mezzi che avevano in quel momento.
Il comportamento di suo figlio con donne più grandi o la ricerca di compagnie esterne potrebbe essere un tentativo di colmare un vuoto relazionale rimasto aperto. Non sono indicatori di un destino segnato, ma segnali di una storia che ancora chiede un suo modo di essere elaborata.
È possibile che un giorno sia lui stesso a sentire il bisogno di parlarne con un professionista, quando si sentirà pronto.
È molto comprensibile che, da genitore, si chieda se abbia fatto abbastanza o se avrebbe potuto fare qualcosa di diverso. Quando si vuole bene a un figlio, questi pensieri arrivano spontanei, soprattutto davanti a comportamenti che preoccupano. I suoi interrogativi non sono segnali di colpa, ma di cura.
Raccontare tutto questo è già un atto di cura, verso di lui ma anche verso di sé stessa. Lei sta già facendo qualcosa di molto prezioso: osserva non solo i comportamenti, ma anche la storia che li accompagna.
Il fatto che stia riflettendo su tutto questo dimostra già quanto lei sia presente e attenta, e questo è già un grande sostegno per suo figlio.
Un saluto,
Dott. Pagano Alex
Cara Barbara,
la perdita del papà in un’età così delicata lascia un segno profondo, e molte delle cose che descrive – i periodi in cui suouo figlio si chiude, gli sbalzi di umore, la difficoltà a parlare di sé, i comportamenti impulsivi – sono reazioni frequenti nei ragazzi che hanno vissuto un lutto importante durante la crescita.
Non significa che suo figlio abbia “qualcosa che non va”: significa che porta dentro un dolore che non ha mai potuto elaborare fino in fondo, e che a volte cerca di gestire da solo con i mezzi che ha. Anche la sua vita affettiva e sessuale più disordinata può essere un modo per sentirsi autonomo o distrarsi da emozioni difficili.
Lei ha fatto ciò che poteva mentre affrontava il suo stesso lutto: non c’è colpa da attribuirle.
Cosa può fare ora?
Mantenere un dialogo semplice e non giudicante, senza pressarlo, farle sapere che puoi ascoltarlo quando ne ha bisogno, sottolineare le cose che lo fanno stare bene: sport, lavoro, routine, proporle un aiuto psicologico senza insistere: anche poche sedute possono aiutarlo a capirsi meglio.
Se il problema è economico, puoi rivolgersi a consultori familiari, servizi comunali, o scuole di psicoterapia: molte offrono percorsi gratuiti o a costo molto ridotto.
Quello che vede non è un fallimento né suo né di suo figlio, ma la conseguenza di una ferita affettiva molto grande, un trauma. Con il tempo e il supporto giusto può trovare un equilibrio più stabile. Non è sola.
la perdita del papà in un’età così delicata lascia un segno profondo, e molte delle cose che descrive – i periodi in cui suouo figlio si chiude, gli sbalzi di umore, la difficoltà a parlare di sé, i comportamenti impulsivi – sono reazioni frequenti nei ragazzi che hanno vissuto un lutto importante durante la crescita.
Non significa che suo figlio abbia “qualcosa che non va”: significa che porta dentro un dolore che non ha mai potuto elaborare fino in fondo, e che a volte cerca di gestire da solo con i mezzi che ha. Anche la sua vita affettiva e sessuale più disordinata può essere un modo per sentirsi autonomo o distrarsi da emozioni difficili.
Lei ha fatto ciò che poteva mentre affrontava il suo stesso lutto: non c’è colpa da attribuirle.
Cosa può fare ora?
Mantenere un dialogo semplice e non giudicante, senza pressarlo, farle sapere che puoi ascoltarlo quando ne ha bisogno, sottolineare le cose che lo fanno stare bene: sport, lavoro, routine, proporle un aiuto psicologico senza insistere: anche poche sedute possono aiutarlo a capirsi meglio.
Se il problema è economico, puoi rivolgersi a consultori familiari, servizi comunali, o scuole di psicoterapia: molte offrono percorsi gratuiti o a costo molto ridotto.
Quello che vede non è un fallimento né suo né di suo figlio, ma la conseguenza di una ferita affettiva molto grande, un trauma. Con il tempo e il supporto giusto può trovare un equilibrio più stabile. Non è sola.
Cara Barbara,
Grazie per aver scritto. Si sente, nelle sue parole, quanto amore ci sia per suo figlio — e anche quanta fatica, portata avanti in gran parte da sola dopo una perdita enorme per entrambi.
Quello che descrive — questa ciclicità tra periodi di vitalità e periodi di chiusura o irrequietezza — merita attenzione. A dodici anni suo figlio ha perso il padre, e con lui probabilmente una certa idea di sé e del mondo. La pubertà è arrivata mentre elaborava un lutto che nessun ragazzino dovrebbe affrontare, e queste due cose insieme possono creare dentro una tempesta difficile da nominare, anche per chi la vive.
Quando un ragazzo alterna momenti in cui "funziona" bene — lavoro, sport, amici — a fasi di ritiro cupo o di ricerca compulsiva di contatto (le donne più grandi, le sconosciute), spesso sta cercando di regolare qualcosa che dentro oscilla troppo. Può essere un modo di gestire un vuoto, un'angoscia, una rabbia che non ha mai trovato parole. Il fatto che eviti le coetanee e cerchi donne più grandi potrebbe parlare di molte cose — un bisogno di essere contenuto, accolto, forse di ritrovare qualcosa di materno, o semplicemente di sentirsi vivo senza il rischio dell'intimità vera.
Non è colpa sua, Barbara. Lei ha fatto quello che poteva, mentre anche lei era a pezzi. Il senso di colpa che porta è comprensibile, ma non corrisponde a una sua mancanza reale — corrisponde all'impossibilità di proteggere completamente chi amiamo dal dolore della vita.
Suo figlio risponde "tutto a posto" perché probabilmente non sa come dire quello che sente, o forse non vuole aggiungere peso a lei. Questo è anche un gesto d'amore, a suo modo.
Riguardo alle possibilità concrete, anche senza disponibilità economica esistono alcune strade. I Consultori Familiari ASL offrono colloqui psicologici gratuiti o a costo molto basso, sia per lei che per suo figlio, se lui fosse disponibile. Alcuni servizi territoriali hanno sportelli specifici per giovani adulti. Anche i CPS (Centri di Salute Mentale) possono essere un punto di partenza.
Potrebbe anche essere utile che lei parlasse con qualcuno, non solo per suo figlio ma per sé stessa. Portare tutto questo peso da sola, da dieci anni, è tanto. A volte quando un genitore trova uno spazio per pensare, qualcosa si muove anche nel figlio — non per magia, ma perché cambia qualcosa nel sistema. Sono a sua disposizione
Grazie per aver scritto. Si sente, nelle sue parole, quanto amore ci sia per suo figlio — e anche quanta fatica, portata avanti in gran parte da sola dopo una perdita enorme per entrambi.
Quello che descrive — questa ciclicità tra periodi di vitalità e periodi di chiusura o irrequietezza — merita attenzione. A dodici anni suo figlio ha perso il padre, e con lui probabilmente una certa idea di sé e del mondo. La pubertà è arrivata mentre elaborava un lutto che nessun ragazzino dovrebbe affrontare, e queste due cose insieme possono creare dentro una tempesta difficile da nominare, anche per chi la vive.
Quando un ragazzo alterna momenti in cui "funziona" bene — lavoro, sport, amici — a fasi di ritiro cupo o di ricerca compulsiva di contatto (le donne più grandi, le sconosciute), spesso sta cercando di regolare qualcosa che dentro oscilla troppo. Può essere un modo di gestire un vuoto, un'angoscia, una rabbia che non ha mai trovato parole. Il fatto che eviti le coetanee e cerchi donne più grandi potrebbe parlare di molte cose — un bisogno di essere contenuto, accolto, forse di ritrovare qualcosa di materno, o semplicemente di sentirsi vivo senza il rischio dell'intimità vera.
Non è colpa sua, Barbara. Lei ha fatto quello che poteva, mentre anche lei era a pezzi. Il senso di colpa che porta è comprensibile, ma non corrisponde a una sua mancanza reale — corrisponde all'impossibilità di proteggere completamente chi amiamo dal dolore della vita.
Suo figlio risponde "tutto a posto" perché probabilmente non sa come dire quello che sente, o forse non vuole aggiungere peso a lei. Questo è anche un gesto d'amore, a suo modo.
Riguardo alle possibilità concrete, anche senza disponibilità economica esistono alcune strade. I Consultori Familiari ASL offrono colloqui psicologici gratuiti o a costo molto basso, sia per lei che per suo figlio, se lui fosse disponibile. Alcuni servizi territoriali hanno sportelli specifici per giovani adulti. Anche i CPS (Centri di Salute Mentale) possono essere un punto di partenza.
Potrebbe anche essere utile che lei parlasse con qualcuno, non solo per suo figlio ma per sé stessa. Portare tutto questo peso da sola, da dieci anni, è tanto. A volte quando un genitore trova uno spazio per pensare, qualcosa si muove anche nel figlio — non per magia, ma perché cambia qualcosa nel sistema. Sono a sua disposizione
Buongiorno Barbara, suo figlio sembra presentare dei momenti in cui il suo umore si abbassa e quindi si chiude in se stesso o assume comportamenti incontrollati (ovviamente non si può, in questo contesto, fare una diagnosi). Credo che quello che lei possa fare, e credo lo stia già facendo, sia parlare a suo figlio, farlo sentire visto nella sua sofferenza e suggerirgli un percorso di aiuto. Circa il percorso di aiuto, le suggerisco di parlarne con il medico di medicina generale, così da poter accedere al servizio pubblico, oppure guardi se nella vostra zona ci sono centri con tariffe sostenibili. Un gentile saluto, Ilaria Innocenti
Barbara,
nel suo racconto si percepisce un intreccio molto profondo tra la storia di suo figlio e la sua. È come se due ferite continuassero a sfiorarsi nel tempo, senza mai sovrapporsi del tutto ma senza nemmeno separarsi davvero. In termini junghiani potremmo dire che il dolore ha creato un “campo” condiviso, un luogo invisibile dove entrambi siete rimasti segnati, ognuno a suo modo.
Mi ha colpito molto come descrive questi “periodi” di oscurità in suo figlio: non è un semplice malumore, è una parte di lui che chiede riconoscimento, forse quella parte rimasta sospesa nel momento della perdita del padre. La psiche, quando porta un trauma non elaborato, si muove così: non in linea retta, ma a ondate. E queste ondate continuano finché la parte ferita non trova uno spazio sicuro in cui potersi esprimere.
C’è una frase che rivela molto più di quanto sembri: “Lui mi dice sempre tutto a posto con un sorriso.” Quel sorriso, così fragile e così educato, somiglia a una maschera affettuosa: una protezione che suo figlio mette non per ingannarla, ma per non farle del male. Questo per dire che ciò che percepisce (il non sapere “cosa gli frulla nella testa”) non è un suo fallimento, ma una dinamica affettiva molto profonda: un figlio che protegge la madre, una madre che cerca di raggiungere un figlio che si difende.
Eppure, nonostante tutto, lui non è perduto. Lavora, si allena, mantiene amicizie: c’è vita, c’è desiderio, c’è forza. Sono segni fondamentali.
Un altro punto ancora più delicato: il suo senso di colpa. Lei si chiede se ha fatto abbastanza, se avrebbe potuto crescere suo figlio in modo diverso… Ma io vedo una donna che, attraversata da un lutto immenso, ha continuato a esserci come ha potuto. In analisi si dice spesso che i figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di genitori “sufficientemente presenti”. E lei lo è stata. Più di quanto creda.
La sua preoccupazione, il suo desiderio di capire, sono la prova che il legame c’è ed è forte.
Il fatto che ne stiate parlando (anche indirettamente) è già un movimento verso la luce.
Quando madre e figlio iniziano a vedere le proprie ferite non come colpe ma come parti della propria storia, allora qualcosa dentro comincia a respirare di nuovo.
nel suo racconto si percepisce un intreccio molto profondo tra la storia di suo figlio e la sua. È come se due ferite continuassero a sfiorarsi nel tempo, senza mai sovrapporsi del tutto ma senza nemmeno separarsi davvero. In termini junghiani potremmo dire che il dolore ha creato un “campo” condiviso, un luogo invisibile dove entrambi siete rimasti segnati, ognuno a suo modo.
Mi ha colpito molto come descrive questi “periodi” di oscurità in suo figlio: non è un semplice malumore, è una parte di lui che chiede riconoscimento, forse quella parte rimasta sospesa nel momento della perdita del padre. La psiche, quando porta un trauma non elaborato, si muove così: non in linea retta, ma a ondate. E queste ondate continuano finché la parte ferita non trova uno spazio sicuro in cui potersi esprimere.
C’è una frase che rivela molto più di quanto sembri: “Lui mi dice sempre tutto a posto con un sorriso.” Quel sorriso, così fragile e così educato, somiglia a una maschera affettuosa: una protezione che suo figlio mette non per ingannarla, ma per non farle del male. Questo per dire che ciò che percepisce (il non sapere “cosa gli frulla nella testa”) non è un suo fallimento, ma una dinamica affettiva molto profonda: un figlio che protegge la madre, una madre che cerca di raggiungere un figlio che si difende.
Eppure, nonostante tutto, lui non è perduto. Lavora, si allena, mantiene amicizie: c’è vita, c’è desiderio, c’è forza. Sono segni fondamentali.
Un altro punto ancora più delicato: il suo senso di colpa. Lei si chiede se ha fatto abbastanza, se avrebbe potuto crescere suo figlio in modo diverso… Ma io vedo una donna che, attraversata da un lutto immenso, ha continuato a esserci come ha potuto. In analisi si dice spesso che i figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di genitori “sufficientemente presenti”. E lei lo è stata. Più di quanto creda.
La sua preoccupazione, il suo desiderio di capire, sono la prova che il legame c’è ed è forte.
Il fatto che ne stiate parlando (anche indirettamente) è già un movimento verso la luce.
Quando madre e figlio iniziano a vedere le proprie ferite non come colpe ma come parti della propria storia, allora qualcosa dentro comincia a respirare di nuovo.
Cara Barbara, ciò che Lei descrive lascia intravedere un punto delicato: suo figlio sembra oscillare tra momenti in cui si mostra vivo, attivo, immerso nel mondo, e altri in cui qualcosa lo sottrae a sé stesso. Lei dà per scontato che queste variazioni dipendano esclusivamente dalla perdita del padre, e certamente quel trauma ha inciso, ma sarebbe riduttivo pensare che tutto si spieghi lì. Talvolta il modo in cui un ragazzo attraversa la sua crescita non segue la linearità che un genitore si aspetta. Un osservatore più scettico potrebbe notare che i suoi periodi di ritiro non sono semplicemente malinconia, ma forse il modo in cui tenta di far fronte a un vuoto che non vuole o non può nominare. La ricerca di donne più grandi e il rifuggire le coetanee potrebbe non essere un capriccio o un vizio, bensì un modo per collocarsi in una posizione dove non rischia di sentirsi troppo esposto, come se un legame con chi percepisce più stabile o distante dalla sua età lo aiutasse a non confrontarsi con qualcosa che lo tocca più da vicino. Qui conviene interrogare un presupposto implicito: Lei pensa di conoscerlo perché lo vede sorridere quando dice tutto a posto, ma quel sorriso potrebbe essere proprio il suo modo di non farLa entrare in uno spazio che vive come intimo e fragile. Non è detto che significhi chiusura ostile. Potrebbe indicare che lui non ha ancora trovato un modo per esprimere ciò che lo attraversa senza sentirsi giudicato o invaso. Nel mio modo di lavorare si presta attenzione proprio a queste pieghe del soggetto, ai momenti in cui qualcosa non si dice ma agisce, dove un comportamento apparentemente sregolato diventa un modo per sostenersi, pur generando inquietudine in chi gli è accanto. Lei teme di aver sbagliato qualcosa, ma questo sentimento rischia di confondere il Suo dolore con il suo percorso.
Non si tratta di giudicare ciò che fa suo figlio, quanto di coglierne il senso singolare, perché ogni ragazzo trova la propria strada per far fronte a ciò che lo ferisce.
Se desidera comprendere meglio questi movimenti e trovare un modo più sostenibile per stare accanto a suo figlio, sarò lieta di offrirLe uno spazio di ascolto profondo e rispettoso.
Può contattarmi quando vuole.
Un cordiale saluto dottoressa Laura Lanocita
Non si tratta di giudicare ciò che fa suo figlio, quanto di coglierne il senso singolare, perché ogni ragazzo trova la propria strada per far fronte a ciò che lo ferisce.
Se desidera comprendere meglio questi movimenti e trovare un modo più sostenibile per stare accanto a suo figlio, sarò lieta di offrirLe uno spazio di ascolto profondo e rispettoso.
Può contattarmi quando vuole.
Un cordiale saluto dottoressa Laura Lanocita
Buongiorno Barbara.
Capisco la vostra situazione.
Perdere un papà e un marito non deve essere semplice.
Penso che suo figlio abbia bisogno di un buon percorso terapeutico per elaborare il lutto. Se non c e disponibilità economica, le suggerisco di contattare gli Psicologi dell ASL di suo riferimento o il Servizio Sanitario della sua circoscrizione.
Capisco la vostra situazione.
Perdere un papà e un marito non deve essere semplice.
Penso che suo figlio abbia bisogno di un buon percorso terapeutico per elaborare il lutto. Se non c e disponibilità economica, le suggerisco di contattare gli Psicologi dell ASL di suo riferimento o il Servizio Sanitario della sua circoscrizione.
Cara Barbara,
grazie per aver condiviso una parte così importante e delicata della sua vita. Nel suo messaggio si sente tutto l’amore profondo che prova per suo figlio e la fatica con cui porta avanti da anni un doppio compito: elaborare un lutto enorme e, allo stesso tempo, essere un punto di riferimento per lui. È comprensibile che oggi lei si senta stanca, preoccupata e anche un po’ sola in questo ruolo.
Vorrei dirle con molta chiarezza una cosa: non ha fallito come madre. Ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità, in condizioni estremamente difficili. Una perdita così precoce e significativa come quella del papà è un terremoto emotivo per un bambino di 12 anni, e gli effetti possono emergere anche anni dopo, durante l’adolescenza e oltre.Lei è rimasta presente, affettuosa, attenta: questo conta tantissimo.Ma il benessere di suo figlio passa anche dal suo. Non è egoismo dare spazio ai propri bisogni: è una forma di cura di sé e, indirettamente, anche di lui.
Per fortuna, se la difficoltà economica è un ostacolo, esistono possibilità di supporto psicologico attraverso l’ASL, completamente o quasi gratuiti. Può rivolgersi al Centro di Salute Mentale della sua zona, o al Consultorio Familiare: spesso offrono percorsi di sostegno sia individuali che genitoriali. Non è necessario "avere un problema grave" per chiedere un colloquio: può farlo semplicemente per avere uno spazio suo, per alleggerire, per essere guidata nel comprendere come accompagnare suo figlio nel modo più sereno possibile.
È molto coraggioso da parte sua chiedere aiuto, anche solo scrivendo questo messaggio. Vuol dire che sta già facendo qualcosa di importante: prendersi cura della relazione, ma anche di sé stessa.
Se vuole, possiamo provare a capire insieme quali passi concreti le farebbero sentire un po’ più solida e meno sola in questa situazione. Un caro saluto Clelia Maria Tollot
grazie per aver condiviso una parte così importante e delicata della sua vita. Nel suo messaggio si sente tutto l’amore profondo che prova per suo figlio e la fatica con cui porta avanti da anni un doppio compito: elaborare un lutto enorme e, allo stesso tempo, essere un punto di riferimento per lui. È comprensibile che oggi lei si senta stanca, preoccupata e anche un po’ sola in questo ruolo.
Vorrei dirle con molta chiarezza una cosa: non ha fallito come madre. Ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità, in condizioni estremamente difficili. Una perdita così precoce e significativa come quella del papà è un terremoto emotivo per un bambino di 12 anni, e gli effetti possono emergere anche anni dopo, durante l’adolescenza e oltre.Lei è rimasta presente, affettuosa, attenta: questo conta tantissimo.Ma il benessere di suo figlio passa anche dal suo. Non è egoismo dare spazio ai propri bisogni: è una forma di cura di sé e, indirettamente, anche di lui.
Per fortuna, se la difficoltà economica è un ostacolo, esistono possibilità di supporto psicologico attraverso l’ASL, completamente o quasi gratuiti. Può rivolgersi al Centro di Salute Mentale della sua zona, o al Consultorio Familiare: spesso offrono percorsi di sostegno sia individuali che genitoriali. Non è necessario "avere un problema grave" per chiedere un colloquio: può farlo semplicemente per avere uno spazio suo, per alleggerire, per essere guidata nel comprendere come accompagnare suo figlio nel modo più sereno possibile.
È molto coraggioso da parte sua chiedere aiuto, anche solo scrivendo questo messaggio. Vuol dire che sta già facendo qualcosa di importante: prendersi cura della relazione, ma anche di sé stessa.
Se vuole, possiamo provare a capire insieme quali passi concreti le farebbero sentire un po’ più solida e meno sola in questa situazione. Un caro saluto Clelia Maria Tollot
Cara Barbara,
la tua preoccupazione trasmette tutto l’amore di una madre che, nonostante il dolore e le difficoltà, è sempre rimasta accanto a suo figlio. La perdita di un padre in età così fragile può lasciare ferite profonde, e ciò che descrivi – questi “periodi” ciclici in cui cambia umore e si isola – può essere il modo in cui lui prova a gestire qualcosa che non riesce ancora a mettere in parole.
Non devi sentirti in colpa: hai fatto ciò che hai potuto in un momento devastante per entrambi, e il fatto che tuo figlio, nei momenti di stabilità, lavori, faccia sport ed esca con gli amici, indica che dentro di lui esistono risorse importanti.
Questi sbalzi che descrivi meritano attenzione, ma non sei sola: esistono consultori familiari e servizi pubblici dove l’accesso è gratuito o a costo molto ridotto. Può essere un primo passo sicuro, senza pesare sulle vostre economie.
La cosa più importante è che tu continui a offrirgli ciò che già gli stai dando: presenza, ascolto e uno sguardo che vede oltre il suo “tutto a posto”. A volte il solo sapere che c’è un adulto stabile e affettuoso accanto a noi è ciò che permette, piano piano, di aprirsi.
E tu, questo, glielo stai già dando. Un abbraccio. Dr. Vincenzo Capretto
la tua preoccupazione trasmette tutto l’amore di una madre che, nonostante il dolore e le difficoltà, è sempre rimasta accanto a suo figlio. La perdita di un padre in età così fragile può lasciare ferite profonde, e ciò che descrivi – questi “periodi” ciclici in cui cambia umore e si isola – può essere il modo in cui lui prova a gestire qualcosa che non riesce ancora a mettere in parole.
Non devi sentirti in colpa: hai fatto ciò che hai potuto in un momento devastante per entrambi, e il fatto che tuo figlio, nei momenti di stabilità, lavori, faccia sport ed esca con gli amici, indica che dentro di lui esistono risorse importanti.
Questi sbalzi che descrivi meritano attenzione, ma non sei sola: esistono consultori familiari e servizi pubblici dove l’accesso è gratuito o a costo molto ridotto. Può essere un primo passo sicuro, senza pesare sulle vostre economie.
La cosa più importante è che tu continui a offrirgli ciò che già gli stai dando: presenza, ascolto e uno sguardo che vede oltre il suo “tutto a posto”. A volte il solo sapere che c’è un adulto stabile e affettuoso accanto a noi è ciò che permette, piano piano, di aprirsi.
E tu, questo, glielo stai già dando. Un abbraccio. Dr. Vincenzo Capretto
Buonasera Barbara, comprendo quanto sia difficile per lei osservare questi cambiamenti in suo figlio e quanto la perdita del padre abbia inciso sul suo percorso di crescita. I periodi in cui si chiude o appare cupo possono essere il modo in cui, ancora oggi, cerca di dare forma a qualcosa che non riesce del tutto a nominare.
Le sue scelte relazionali e i momenti di ritiro non vanno letti come “sbagli”, ma come tentativi personali di trovare un equilibrio in una storia segnata da un grande vuoto affettivo.
Dalle sue parole emerge quanto lei sia stata presente, anche dentro le sue difficoltà: questo è già molto. Se un percorso psicologico al momento non è possibile, continui a offrirgli ascolto e un clima non giudicante. A volte è proprio da lì che qualcosa può iniziare a cambiare.
Le sue scelte relazionali e i momenti di ritiro non vanno letti come “sbagli”, ma come tentativi personali di trovare un equilibrio in una storia segnata da un grande vuoto affettivo.
Dalle sue parole emerge quanto lei sia stata presente, anche dentro le sue difficoltà: questo è già molto. Se un percorso psicologico al momento non è possibile, continui a offrirgli ascolto e un clima non giudicante. A volte è proprio da lì che qualcosa può iniziare a cambiare.
Buonasera Barbara, la prima cosa che colpisce nel suo racconto è quanta cura e quanta presenza lei abbia mantenuto negli anni, nonostante un dolore enorme che ha attraversato sia lei sia che suo figlio. Quello che avrete provato per questa perdita è difficile da capire. La scomparsa del papà in un’età così delicata può lasciare tracce profonde, spesso si può faticare a dare parole al proprio smarrimento e trovano modi più “comportamentali” di esprimere il disagio.
I cicli che descrive (in cui suo figlio sembra pienamente funzionante e altri in cui si chiude, diventa cupo, impulsivo o si butta in relazioni “di passaggio”) possono essere letti come tentativi, talvolta disorganizzati, di gestire emozioni che non trovano un canale più sicuro in cui essere condivise. Non sono necessariamente segni di una personalità “sbagliata”, ma piuttosto potrebbero indicatore un lutto non completamente elaborato, che a tratti si riattiva.
Quando si perde un genitore da bambini, spesso si impara a “proteggere” l’altro genitore sopravvissuto. Molti ragazzi dell’età di suo figlio sorridono, dicono “va tutto bene” e cercano di non pesare. Ma questo può avere come effetto collaterale quello di vivere la sofferenza in solitudine.
Lei però non è in colpa. Non esiste una madre che possa “compensare” da sola la perdita di un padre; ciò che conta è l’intenzione e la continuità del legame, e queste, dal suo racconto, ci sono sempre state. L’idea che lei “non abbia fatto abbastanza” è più figlia del dolore che non di una valutazione reale.
Se, in questo momento, non ha possibilità economiche per un percorso privato, potrebbe valutare i Centri di Salute Mentale (CSM) dove è possibile accedere a valutazioni e supporto psicologico a costi minimi o nulli; ci sono poi molti consultori, che offrono percorsi gratuiti anche per ragazzi già maggiorenni; alcuni servizi territoriali dedicati ai giovani (ad es. Spazio Giovani, Informagiovani, centri sportivi con psicologi interni) prevedono colloqui di supporto.
Potrebbe prendere in considerazione anche cominciare da qualcosa di molto semplice: dirgli che lei nota questi “periodi”, che non vuole giudicarlo né controllarlo, ma che le piacerebbe che non dovesse affrontare da solo ciò che gli pesa. Non serve forzare una conversazione lunga: a volte apre più porte una frase breve e sincera che un discorso articolato.
Da madre, lei può essere un punto fermo, non la soluzione a tutto. E spesso, per un figlio, questo è già tantissimo.
I cicli che descrive (in cui suo figlio sembra pienamente funzionante e altri in cui si chiude, diventa cupo, impulsivo o si butta in relazioni “di passaggio”) possono essere letti come tentativi, talvolta disorganizzati, di gestire emozioni che non trovano un canale più sicuro in cui essere condivise. Non sono necessariamente segni di una personalità “sbagliata”, ma piuttosto potrebbero indicatore un lutto non completamente elaborato, che a tratti si riattiva.
Quando si perde un genitore da bambini, spesso si impara a “proteggere” l’altro genitore sopravvissuto. Molti ragazzi dell’età di suo figlio sorridono, dicono “va tutto bene” e cercano di non pesare. Ma questo può avere come effetto collaterale quello di vivere la sofferenza in solitudine.
Lei però non è in colpa. Non esiste una madre che possa “compensare” da sola la perdita di un padre; ciò che conta è l’intenzione e la continuità del legame, e queste, dal suo racconto, ci sono sempre state. L’idea che lei “non abbia fatto abbastanza” è più figlia del dolore che non di una valutazione reale.
Se, in questo momento, non ha possibilità economiche per un percorso privato, potrebbe valutare i Centri di Salute Mentale (CSM) dove è possibile accedere a valutazioni e supporto psicologico a costi minimi o nulli; ci sono poi molti consultori, che offrono percorsi gratuiti anche per ragazzi già maggiorenni; alcuni servizi territoriali dedicati ai giovani (ad es. Spazio Giovani, Informagiovani, centri sportivi con psicologi interni) prevedono colloqui di supporto.
Potrebbe prendere in considerazione anche cominciare da qualcosa di molto semplice: dirgli che lei nota questi “periodi”, che non vuole giudicarlo né controllarlo, ma che le piacerebbe che non dovesse affrontare da solo ciò che gli pesa. Non serve forzare una conversazione lunga: a volte apre più porte una frase breve e sincera che un discorso articolato.
Da madre, lei può essere un punto fermo, non la soluzione a tutto. E spesso, per un figlio, questo è già tantissimo.
Buonasera Barbara,
innanzitutto, la ringrazio molto per la sua condivisione.
Premetto che quello che sto per dirle si basa unicamente su quanto da lei descritto e che per trarre conclusioni basate su un’analisi situazionale più completa ed obiettiva, sarebbe necessario vedere suo figlio.
Detto ciò, il quadro da lei descritto fa riferimento ad una situazione delicata. Perdere un genitore durante la fase preadolescenziale può essere molto frustrante e destabilizzante per il bambino, sia sul piano emotivo e sociale che sul senso di identità (“Chi sono? Qual è il mio ruolo nella famiglia?”). Il fatto che i comportamenti da lei riferiti siano poi emersi in piena adolescenza, potrebbe non essere casuale: il ruolo dei genitori in questa fase è importante proprio perché essi danno la possibilità di ottenere delle chiavi di lettura per interpretare il funzionamento del mondo e per capire come affrontarlo, come porsi con esso. La perdita della figura di riferimento paterna potrebbe aver portato suo figlio ad avere incertezze su quale potesse essere il suo posto nel mondo. Il fatto che ci siano questi periodi di ritiro, potrebbe essere indicativo del fatto che suo figlio utilizzi la chiusura in sé stesso come meccanismo di difesa: in questo modo dedicherebbe quel tempo alla riflessione e all’elaborazione del lutto, entrando maggiormente in contatto con la parte più intima di sé che, invece, sarebbe più isolata durante le giornate in cui la sua routine scorre in modo più regolare. Per quanto riguarda il fatto che intrattenga ipotetici rapporti con persone più grandi, ciò potrebbe suggerire una ricerca di validazione da parte di chi può essere visto come più maturo, con maggiore esperienza. Allo stesso tempo, questo fenomeno può essere visto come il tentativo di sentirsi più adulto provando a colmare il vuoto lasciato dal padre.
Preciso ulteriormente che si tratta di congetture sulla base di quanto da lei riportato: non mi è possibile fare conclusioni senza aver parlato con suo figlio.
Mi soffermo su un altro aspetto: come ha giustamente detto, è importante non intromettersi nella sua vita, perché stiamo parlando di una persona adulta. Resta il fatto che rendersi disponibile e supportarlo come meglio può le fa onore. Lei sta facendo tutto ciò che può per aiutarlo, compreso aver chiesto il nostro supporto in questa piattaforma. La cosa migliore che potrebbe fare suo figlio sarebbe quella di iniziare un percorso psicologico o psicoterapeutico per andare ad indagare la situazione e per farsi supportare nel modo più opportuno. Questa però, essendo maggiorenne, è una scelta che deve spettare a lui.
Spero di esserle stato d’aiuto.
Buona serata
innanzitutto, la ringrazio molto per la sua condivisione.
Premetto che quello che sto per dirle si basa unicamente su quanto da lei descritto e che per trarre conclusioni basate su un’analisi situazionale più completa ed obiettiva, sarebbe necessario vedere suo figlio.
Detto ciò, il quadro da lei descritto fa riferimento ad una situazione delicata. Perdere un genitore durante la fase preadolescenziale può essere molto frustrante e destabilizzante per il bambino, sia sul piano emotivo e sociale che sul senso di identità (“Chi sono? Qual è il mio ruolo nella famiglia?”). Il fatto che i comportamenti da lei riferiti siano poi emersi in piena adolescenza, potrebbe non essere casuale: il ruolo dei genitori in questa fase è importante proprio perché essi danno la possibilità di ottenere delle chiavi di lettura per interpretare il funzionamento del mondo e per capire come affrontarlo, come porsi con esso. La perdita della figura di riferimento paterna potrebbe aver portato suo figlio ad avere incertezze su quale potesse essere il suo posto nel mondo. Il fatto che ci siano questi periodi di ritiro, potrebbe essere indicativo del fatto che suo figlio utilizzi la chiusura in sé stesso come meccanismo di difesa: in questo modo dedicherebbe quel tempo alla riflessione e all’elaborazione del lutto, entrando maggiormente in contatto con la parte più intima di sé che, invece, sarebbe più isolata durante le giornate in cui la sua routine scorre in modo più regolare. Per quanto riguarda il fatto che intrattenga ipotetici rapporti con persone più grandi, ciò potrebbe suggerire una ricerca di validazione da parte di chi può essere visto come più maturo, con maggiore esperienza. Allo stesso tempo, questo fenomeno può essere visto come il tentativo di sentirsi più adulto provando a colmare il vuoto lasciato dal padre.
Preciso ulteriormente che si tratta di congetture sulla base di quanto da lei riportato: non mi è possibile fare conclusioni senza aver parlato con suo figlio.
Mi soffermo su un altro aspetto: come ha giustamente detto, è importante non intromettersi nella sua vita, perché stiamo parlando di una persona adulta. Resta il fatto che rendersi disponibile e supportarlo come meglio può le fa onore. Lei sta facendo tutto ciò che può per aiutarlo, compreso aver chiesto il nostro supporto in questa piattaforma. La cosa migliore che potrebbe fare suo figlio sarebbe quella di iniziare un percorso psicologico o psicoterapeutico per andare ad indagare la situazione e per farsi supportare nel modo più opportuno. Questa però, essendo maggiorenne, è una scelta che deve spettare a lui.
Spero di esserle stato d’aiuto.
Buona serata
Barbara, grazie per aver condiviso la sua storia. Quello che descrive è complesso e comprensibile, considerando la perdita che avete vissuto lei e suo figlio. Perdere il padre a 12 anni è un’esperienza che può lasciare effetti che si manifestano anche a distanza di anni, soprattutto durante l’adolescenza, quando la personalità è ancora in formazione. Non è raro vedere cambiamenti d’umore, chiusura, impulsività o comportamenti che sembrano “sregolati” come tentativi di gestire emozioni difficili o non del tutto elaborate.
I periodi in cui suo figlio “si spegne” e diventa cupo o impulsivo potrebbero essere momenti in cui vive qualcosa di interno che non riesce a esprimere chiaramente. Non è possibile dire in questo contesto di cosa si tratti, ma è evidente che alterna fasi di buon funzionamento a fasi di ritiro, e questo merita attenzione, ma non significa necessariamente un problema grave.
Anche la tendenza a frequentare donne più grandi può essere collegata al bisogno di sentirsi contenuto, compreso o rassicurato, più che a una vera scelta consapevole. È un comportamento che talvolta si osserva in ragazzi che hanno vissuto una perdita precoce o che faticano a confrontarsi con i coetanei.
Per quanto riguarda il suo senso di colpa, è comprensibile, ma non è un buon indicatore della realtà. Lei ha attraversato lo stesso lutto, ha portato avanti il lavoro e la gestione familiare da sola, e nessuno può farlo senza fatica. Essere genitore non significa azzerare le difficoltà, e da ciò che racconta si percepisce che ha sempre cercato di esserci, nei limiti delle sue possibilità. Non è “non aver fatto abbastanza”: è avere fatto il possibile dentro una situazione molto difficile.
Sul piano pratico, può aiutarlo continuando a mantenere uno spazio di dialogo semplice, senza pressioni. Frasi come “se vuoi parlare io ci sono” a volte lasciano una porta aperta più di molte spiegazioni. Se lui tende a minimizzare, non è necessariamente un rifiuto: è spesso un modo per proteggere sé stesso.
Riguardo al supporto psicologico: anche con risorse economiche limitate esistono servizi pubblici o a costo molto basso, come consultori, centri di salute mentale, sportelli comunali o percorsi universitari. Non è necessario presentare la psicoterapia come una “cura”, ma come uno strumento di sostegno, alla pari dello sport o di altre attività che già gli fanno bene.
Infine, è importante che anche lei si conceda spazio per affrontare ciò che ha vissuto. La sua stabilità emotiva è una risorsa preziosa per suo figlio.
Saluti,
I periodi in cui suo figlio “si spegne” e diventa cupo o impulsivo potrebbero essere momenti in cui vive qualcosa di interno che non riesce a esprimere chiaramente. Non è possibile dire in questo contesto di cosa si tratti, ma è evidente che alterna fasi di buon funzionamento a fasi di ritiro, e questo merita attenzione, ma non significa necessariamente un problema grave.
Anche la tendenza a frequentare donne più grandi può essere collegata al bisogno di sentirsi contenuto, compreso o rassicurato, più che a una vera scelta consapevole. È un comportamento che talvolta si osserva in ragazzi che hanno vissuto una perdita precoce o che faticano a confrontarsi con i coetanei.
Per quanto riguarda il suo senso di colpa, è comprensibile, ma non è un buon indicatore della realtà. Lei ha attraversato lo stesso lutto, ha portato avanti il lavoro e la gestione familiare da sola, e nessuno può farlo senza fatica. Essere genitore non significa azzerare le difficoltà, e da ciò che racconta si percepisce che ha sempre cercato di esserci, nei limiti delle sue possibilità. Non è “non aver fatto abbastanza”: è avere fatto il possibile dentro una situazione molto difficile.
Sul piano pratico, può aiutarlo continuando a mantenere uno spazio di dialogo semplice, senza pressioni. Frasi come “se vuoi parlare io ci sono” a volte lasciano una porta aperta più di molte spiegazioni. Se lui tende a minimizzare, non è necessariamente un rifiuto: è spesso un modo per proteggere sé stesso.
Riguardo al supporto psicologico: anche con risorse economiche limitate esistono servizi pubblici o a costo molto basso, come consultori, centri di salute mentale, sportelli comunali o percorsi universitari. Non è necessario presentare la psicoterapia come una “cura”, ma come uno strumento di sostegno, alla pari dello sport o di altre attività che già gli fanno bene.
Infine, è importante che anche lei si conceda spazio per affrontare ciò che ha vissuto. La sua stabilità emotiva è una risorsa preziosa per suo figlio.
Saluti,
Gentile Utente, dalle sue parole si sente quanto ami suo figlio e quanto la perdita di suo marito abbia segnato entrambi. La morte del padre in età così giovane può lasciare ferite profonde che, con il tempo, si esprimono in cambiamenti dell’umore, periodi di chiusura, impulsività o comportamenti “sregolati”, come quelli che descrive. Non è sinonimo di “cattiva madre”, ma del fatto che suo figlio, probabilmente, porta ancora un dolore non elaborato.
Può essere utile dirgli, in un momento tranquillo, qualcosa come,
“Mi accorgo che ci sono periodi in cui stai peggio, io ci sono se vuoi parlarne, senza giudicarti.”
Le suggerisco anche di informarsi presso la sua ASL o i consultori familiari, spesso offrono percorsi di supporto psicologico gratuiti o a costi ridotti per giovani adulti e famiglie.
Un caro saluto,
Dott.ssa Klarida Rrapaj
Può essere utile dirgli, in un momento tranquillo, qualcosa come,
“Mi accorgo che ci sono periodi in cui stai peggio, io ci sono se vuoi parlarne, senza giudicarti.”
Le suggerisco anche di informarsi presso la sua ASL o i consultori familiari, spesso offrono percorsi di supporto psicologico gratuiti o a costi ridotti per giovani adulti e famiglie.
Un caro saluto,
Dott.ssa Klarida Rrapaj
Salve la ringrazio per aver scritto.
Comprendo le preoccupazioni che ha nei confronti di suo figlio e probabilmente lui sta attraversando le sue battaglie. Ci sono momenti buoni e meno buoni come abbiamo tutti, dovrà trovare da solo le sue risposte e le sue modalità per vivere al meglio. Può essere che possa commettere degli errori, li abbiamo fatti tutti e da quelli nella crescita si acquisiscono maggiori sicurezze.
D'altra parte penso sia molto positivo che abbia lei come figura accudente e basta solo ricordargli che quando ha bisogno di parlare o ha difficoltà di qualunque genere lei sarà pronta ad accoglierlo ed aiutarlo.
È un momento in cui comprendo ci si possa sentire impotenti ma è anche il periodo in cui si impara l indipendenza e a crescere.
I consulti psicologici possono servire a velocizzare i processi attraverso la consapevolezza e a comprendere meglio determinate emozioni, ma siamo sempre sopravvissuti anche senza.
Qualora però dovesse sentirne l esigenza rimango a disposizione con prezzi anche calmierati o discussi insieme.
Buona giornata, Dott.ssa Casumaro Giada
Comprendo le preoccupazioni che ha nei confronti di suo figlio e probabilmente lui sta attraversando le sue battaglie. Ci sono momenti buoni e meno buoni come abbiamo tutti, dovrà trovare da solo le sue risposte e le sue modalità per vivere al meglio. Può essere che possa commettere degli errori, li abbiamo fatti tutti e da quelli nella crescita si acquisiscono maggiori sicurezze.
D'altra parte penso sia molto positivo che abbia lei come figura accudente e basta solo ricordargli che quando ha bisogno di parlare o ha difficoltà di qualunque genere lei sarà pronta ad accoglierlo ed aiutarlo.
È un momento in cui comprendo ci si possa sentire impotenti ma è anche il periodo in cui si impara l indipendenza e a crescere.
I consulti psicologici possono servire a velocizzare i processi attraverso la consapevolezza e a comprendere meglio determinate emozioni, ma siamo sempre sopravvissuti anche senza.
Qualora però dovesse sentirne l esigenza rimango a disposizione con prezzi anche calmierati o discussi insieme.
Buona giornata, Dott.ssa Casumaro Giada
Salve,
suo figlio è ormai adulto pur essendo molto giovane e quindi credo sia abbastanza nella norma il fatto che non riesca a sapere più molto della sua vita personale, tanto più se lavora ed è anche autonomo. Alla sua domanda posso solo risponderle che lei da mamma non può fare altro che guardarlo da lontano facendogli capire che in caso di bisogno lui potrà sempre contare su di lei . Allo stesso tempo dovrebbe prendersi cura delle sue ansie e delle sue stesse preoccupazioni figlie anche della situazione. Credo non debba essere stato semplice allevare un figlio nel periodo più complesso della sua vita da sola. Il peso delle responsabilità deve averla schiacciata. Valuti la possibilità di parlarne con un professionista, presso un servizio di salute pubblica, pagherebbe solo il ticket.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
suo figlio è ormai adulto pur essendo molto giovane e quindi credo sia abbastanza nella norma il fatto che non riesca a sapere più molto della sua vita personale, tanto più se lavora ed è anche autonomo. Alla sua domanda posso solo risponderle che lei da mamma non può fare altro che guardarlo da lontano facendogli capire che in caso di bisogno lui potrà sempre contare su di lei . Allo stesso tempo dovrebbe prendersi cura delle sue ansie e delle sue stesse preoccupazioni figlie anche della situazione. Credo non debba essere stato semplice allevare un figlio nel periodo più complesso della sua vita da sola. Il peso delle responsabilità deve averla schiacciata. Valuti la possibilità di parlarne con un professionista, presso un servizio di salute pubblica, pagherebbe solo il ticket.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Buonasera Barbara, purtroppo l'elaborazione di un lutto non è semplice e ipotizzerei che quello che lei descriva possa esserne una conseguenza, anche se è passato molto tempo. Ciò vale anche per lei che sente su di sé il peso e la colpa ( irrealistica) di non avere fatto abbastanza o di avere sbagliato qualcosa. Nel lutto c'è stata anche lei. Per entrambi quindi, io suggerirei un percorso possibilmente emdr.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
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