La mia compagna ha guardato sistematicamente il mio cellulare, a mia insaputa, per più di un anno. L
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La mia compagna ha guardato sistematicamente il mio cellulare, a mia insaputa, per più di un anno. Lo ha "confessato" lei, dandomi addosso per una conversazione con un amica in cui esprimevo la mia stanchezza rispetto all' andamento del nostro rapporto. Naturalmente il problema, a suo modo di vedere era questo sfogo e non che avesse avuto accesso al mio telefono senza il mio permesso. So ancora, da lei, che ha fotografato col suo telefono le mie conversazioni (queste di cui vi sto parlando), per riferirle in stanza di terapia alla sua terapeuta; inoltre so, sempre da lei, )che riferisce le cose come chi ha finalmente e vittoriosamente trovato quello che cercava, a dimostrazione della mia mancanza di interesse nei suoi confronti), che ha anche guardato lo scambio di messaggi e conversazioni (sempre nei momenti di maggior difficoltà), con la mia terapeuta.
Io trovo che tutto questo sia il limite oltre al quale non è più possibile andare. La nostra relazione è sempre stata burrascosa ed altalenante, io sono la "stolta" crocerossina che deve salvare il mondo (e mai sé stessa) e lei, ahimè, ha un "funzionamento borderline" piuttosto consolidato in quanto mai realmente affrontato(ha 62 anni). Vorrei chiedervi come reputate questo comportamento che io non so perdonare; se pensate che alla sua età possa davvero rimettere i sintomi e come giudicare il comporto di una terapeuta (la sua) che accoglie e argomenta in seduta (lo so dalla mia compagnia, sempre) ciò che viene estrapolato con l'inganno ed in modo arbitrario ciò che sono le argomentazioni con mie amiche o addirittura con la mia TERAPEUTA. So anche che, in seduta, le legge i nostri scambi di messaggi(solo quelli esasperati ovviamente) addirittura gli audio, (miei) al fine di lavorare, a suo dire, sulla nostra metodologia di comunicazione.
Io trovo tutto questo assurdo, controproducente e assolutamente devastante per la nostra relazione. E mi riferisco anche al comportamento della sua terapeuta!
Vorrei sapere cosa ne pensate. Vorrei esprimere la sensazione frustrante legata al non potersi più fidare per nulla della persona che si ama.
Grazie per la disponibilità almeno a leggermi.
Io trovo che tutto questo sia il limite oltre al quale non è più possibile andare. La nostra relazione è sempre stata burrascosa ed altalenante, io sono la "stolta" crocerossina che deve salvare il mondo (e mai sé stessa) e lei, ahimè, ha un "funzionamento borderline" piuttosto consolidato in quanto mai realmente affrontato(ha 62 anni). Vorrei chiedervi come reputate questo comportamento che io non so perdonare; se pensate che alla sua età possa davvero rimettere i sintomi e come giudicare il comporto di una terapeuta (la sua) che accoglie e argomenta in seduta (lo so dalla mia compagnia, sempre) ciò che viene estrapolato con l'inganno ed in modo arbitrario ciò che sono le argomentazioni con mie amiche o addirittura con la mia TERAPEUTA. So anche che, in seduta, le legge i nostri scambi di messaggi(solo quelli esasperati ovviamente) addirittura gli audio, (miei) al fine di lavorare, a suo dire, sulla nostra metodologia di comunicazione.
Io trovo tutto questo assurdo, controproducente e assolutamente devastante per la nostra relazione. E mi riferisco anche al comportamento della sua terapeuta!
Vorrei sapere cosa ne pensate. Vorrei esprimere la sensazione frustrante legata al non potersi più fidare per nulla della persona che si ama.
Grazie per la disponibilità almeno a leggermi.
Capisco profondamente quanto dolore e senso di violazione possa aver provato nel rendersi conto di quanto è accaduto. La fiducia è un pilastro fondamentale di ogni relazione, e scoprire che è stata infranta in modo così sistematico e invasivo può generare una frattura difficile da sanare.
la sua compagna, attraverso questi comportamenti di controllo, sembra aver cercato di ridurre un’angoscia interna legata al timore di abbandono o di perdita. Tuttavia, questo non giustifica l’invasione della sua privacy, né il danno che ne è derivato.
Riguardo al ruolo della terapeuta della sua compagna, è comprensibile che lei percepisca un’intrusione ulteriore.
È legittimo che lei senta di non riuscire a perdonare. In questo momento può essere utile concentrarsi su di sé, sul riconoscere i propri limiti e bisogni di protezione, e sul chiedersi cosa significhi per lei sentirsi rispettata e al sicuro in una relazione.
La invito, se possibile, a parlarne in modo approfondito con la sua terapeuta, affinché possa rielaborare questa esperienza dolorosa e orientarsi verso scelte coerenti con il proprio benessere.
Dott.ssa Mazzon
la sua compagna, attraverso questi comportamenti di controllo, sembra aver cercato di ridurre un’angoscia interna legata al timore di abbandono o di perdita. Tuttavia, questo non giustifica l’invasione della sua privacy, né il danno che ne è derivato.
Riguardo al ruolo della terapeuta della sua compagna, è comprensibile che lei percepisca un’intrusione ulteriore.
È legittimo che lei senta di non riuscire a perdonare. In questo momento può essere utile concentrarsi su di sé, sul riconoscere i propri limiti e bisogni di protezione, e sul chiedersi cosa significhi per lei sentirsi rispettata e al sicuro in una relazione.
La invito, se possibile, a parlarne in modo approfondito con la sua terapeuta, affinché possa rielaborare questa esperienza dolorosa e orientarsi verso scelte coerenti con il proprio benessere.
Dott.ssa Mazzon
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Buon pomeriggio. Penso che la strategia migliore sia concentrarsi su di sè, e non tanto sugli altri, sui quali, a ben vedere, non abbiamo molto controllo. Al termine del suo scritto ha espresso un desiderio ben preciso ("Vorrei esprimere la sensazione frustrante legata al non potersi più fidare per nulla della persona che si ama"). Le suggerirei di partire da lì, provando a comunicarlo in maniera non aggressiva. In ogni caso, può lavorare sulla questione con la sua terapeuta.
Buongiorno, grazie per aver condiviso il tuo vissuto. Quello che racconti tocca temi profondi di fiducia, confini, rispetto reciproco e sicurezza emotiva, che sono fondamentali in una relazione di coppia e, oserei dire, anche nelle relazioni terapeutiche. Il comportamento della tua compagna – accedere sistematicamente al tuo cellulare per oltre un anno, leggere e fotografare le tue conversazioni private (con amiche e persino con la tua terapeuta) senza il tuo consenso – è una violazione grave della tua intimità e dei tuoi confini personali.
Si tratta di un atto controllante e manipolativo, non giustificabile nemmeno nei momenti di crisi della relazione. La relazione può avere alti e bassi, ma il rispetto della privacy è una condizione imprescindibile per qualsiasi tipo di legame sano.
Il fatto che lei abbia usato ciò che ha trovato per accusarti o “dimostrare” la tua mancanza di interesse, e che lo abbia fatto in modo trionfante, è un ulteriore segnale di distorsione relazionale: qui non c’è confronto o dialogo, ma una dinamica quasi accusatoria, inquisitoria, dove l’altro è un “oggetto da scoprire” più che un partner da comprendere. La frustrazione e il dolore che provi nel sentirti completamente esposto, tradito, messo sotto osservazione – come se non ti fosse concesso alcuno spazio tuo – sono reazioni più che comprensibili.
La fiducia, una volta infranta in questo modo, non si ricostruisce facilmente, soprattutto quando chi ha violato i tuoi confini non riconosce pienamente la gravità del proprio gesto, ma anzi cerca di spostare il focus su un tuo legittimo sfogo in un momento di difficoltà.
Esprimere stanchezza, frustrazione o confusione con un’amica o in terapia non è un “tradimento”: è un modo sano di regolare le emozioni e cercare aiuto. Chi ama davvero, vuole anche che l’altro possa avere spazi propri per esprimersi, per respirare, per elaborare. Per quanto riguarda il ruolo della sua terapeuta, un conto può essere lavorare su del materiale - come uno scambio di messaggi tra voi - che se fatto nel modo giusto può anche aiutare a mettere in luce alcune cose. Un altro conto invece è se si lavora in seduta su materiale ottenuto in modo scorretto, come ad esempio sbriciando il cellulare di una altra persona. Una terapeuta dovrebbe aiutare la propria paziente a esplorare il bisogno di controllo, la dipendenza, il timore dell’abbandono ma senza alimentare la validazione di un comportamento invasivo. Sottolineo tuttavia che non possiamo sapere esattamente cosa venga detto in seduta, ma il tuo disagio è assolutamente legittimo e va ascoltato con attenzione. Tu usi un’espressione che richiama un quadro di funzionamento borderline: intenso, instabile, spesso segnato da forti oscillazioni emotive, paura dell’abbandono, e tendenze alla fusione o alla rottura. Se questo è il pattern relazionale che riconosci nella tua compagna, è comprensibile che tu ti sia sentita in una posizione da “salvatrice”, cercando di contenere, sistemare, comprendere… mentre trascuravi te stessa.
Ma non si può amare per due. E non si può restare in una relazione in cui il prezzo dell’amore è la perdita della propria autonomia emotiva, dei propri confini, della propria fiducia in sé.
Quanto alla possibilità di cambiamento: anche a 62 anni è possibile intraprendere un processo di consapevolezza e crescita. Ma solo se c’è reale volontà di mettersi in discussione, di assumersi responsabilità e di lavorare sulla propria sofferenza senza usarla come alibi per violare gli altri.
Se senti il bisogno di approfondire resto a disposizione.
Buona giornata
Dott.ssa Giulia Raiano
Si tratta di un atto controllante e manipolativo, non giustificabile nemmeno nei momenti di crisi della relazione. La relazione può avere alti e bassi, ma il rispetto della privacy è una condizione imprescindibile per qualsiasi tipo di legame sano.
Il fatto che lei abbia usato ciò che ha trovato per accusarti o “dimostrare” la tua mancanza di interesse, e che lo abbia fatto in modo trionfante, è un ulteriore segnale di distorsione relazionale: qui non c’è confronto o dialogo, ma una dinamica quasi accusatoria, inquisitoria, dove l’altro è un “oggetto da scoprire” più che un partner da comprendere. La frustrazione e il dolore che provi nel sentirti completamente esposto, tradito, messo sotto osservazione – come se non ti fosse concesso alcuno spazio tuo – sono reazioni più che comprensibili.
La fiducia, una volta infranta in questo modo, non si ricostruisce facilmente, soprattutto quando chi ha violato i tuoi confini non riconosce pienamente la gravità del proprio gesto, ma anzi cerca di spostare il focus su un tuo legittimo sfogo in un momento di difficoltà.
Esprimere stanchezza, frustrazione o confusione con un’amica o in terapia non è un “tradimento”: è un modo sano di regolare le emozioni e cercare aiuto. Chi ama davvero, vuole anche che l’altro possa avere spazi propri per esprimersi, per respirare, per elaborare. Per quanto riguarda il ruolo della sua terapeuta, un conto può essere lavorare su del materiale - come uno scambio di messaggi tra voi - che se fatto nel modo giusto può anche aiutare a mettere in luce alcune cose. Un altro conto invece è se si lavora in seduta su materiale ottenuto in modo scorretto, come ad esempio sbriciando il cellulare di una altra persona. Una terapeuta dovrebbe aiutare la propria paziente a esplorare il bisogno di controllo, la dipendenza, il timore dell’abbandono ma senza alimentare la validazione di un comportamento invasivo. Sottolineo tuttavia che non possiamo sapere esattamente cosa venga detto in seduta, ma il tuo disagio è assolutamente legittimo e va ascoltato con attenzione. Tu usi un’espressione che richiama un quadro di funzionamento borderline: intenso, instabile, spesso segnato da forti oscillazioni emotive, paura dell’abbandono, e tendenze alla fusione o alla rottura. Se questo è il pattern relazionale che riconosci nella tua compagna, è comprensibile che tu ti sia sentita in una posizione da “salvatrice”, cercando di contenere, sistemare, comprendere… mentre trascuravi te stessa.
Ma non si può amare per due. E non si può restare in una relazione in cui il prezzo dell’amore è la perdita della propria autonomia emotiva, dei propri confini, della propria fiducia in sé.
Quanto alla possibilità di cambiamento: anche a 62 anni è possibile intraprendere un processo di consapevolezza e crescita. Ma solo se c’è reale volontà di mettersi in discussione, di assumersi responsabilità e di lavorare sulla propria sofferenza senza usarla come alibi per violare gli altri.
Se senti il bisogno di approfondire resto a disposizione.
Buona giornata
Dott.ssa Giulia Raiano
Buongiorno gentile utente,
mi arriva la sua frustrazione ed anche la fatica di stare in una relazione che viene descritta burrascosa, controllante, altalenante. Nel leggere la sua domanda mi è arrivata l'immagine delle montagne russe.
Mi permetto anche di aggiungere che avverto un'assenza di "confini" e di "chiarezza" all'interno di questa relazione.. sia per quanto accaduto con il telefono, sia rispetto alle comunicazioni che avvengono con le rispettive terapeute e con le rispettive amicizie. Avere un funzionamento borderline può implicare una grande fatica nello stare in relazione, ed in comunicazione, con l'Altro; la percezione può essere quella di parlare due lingue diverse. Mi sembra comunque di capire che la sua compagna è seguita da una collega e sicuramente starà lavorando anche su questo aspetto, che richiede molto lavoro e quindi molto tempo.
Quello che potrebbe esserle utile è fare chiarezza anche rispetto ad un suo sentire: cosa desidero da questa relazione? come mi sento in questa relazione? Sono arrivato al limite o voglio proseguire? Cosa sono disposto a fare per stare meglio in questa relazione?
Avrà sicuramente modo di approfondire queste tematiche con la terapeuta che la sta seguendo.
Le faccio i migliori auguri per tutto.
Cordialmente,
dott.ssa Baratto
mi arriva la sua frustrazione ed anche la fatica di stare in una relazione che viene descritta burrascosa, controllante, altalenante. Nel leggere la sua domanda mi è arrivata l'immagine delle montagne russe.
Mi permetto anche di aggiungere che avverto un'assenza di "confini" e di "chiarezza" all'interno di questa relazione.. sia per quanto accaduto con il telefono, sia rispetto alle comunicazioni che avvengono con le rispettive terapeute e con le rispettive amicizie. Avere un funzionamento borderline può implicare una grande fatica nello stare in relazione, ed in comunicazione, con l'Altro; la percezione può essere quella di parlare due lingue diverse. Mi sembra comunque di capire che la sua compagna è seguita da una collega e sicuramente starà lavorando anche su questo aspetto, che richiede molto lavoro e quindi molto tempo.
Quello che potrebbe esserle utile è fare chiarezza anche rispetto ad un suo sentire: cosa desidero da questa relazione? come mi sento in questa relazione? Sono arrivato al limite o voglio proseguire? Cosa sono disposto a fare per stare meglio in questa relazione?
Avrà sicuramente modo di approfondire queste tematiche con la terapeuta che la sta seguendo.
Le faccio i migliori auguri per tutto.
Cordialmente,
dott.ssa Baratto
Si percepisce chiaramente, dalle sue parole, quanto si trovi in un punto di frattura interiore: da una parte l’amore e il legame, con tutta la complessità della vostra storia; dall’altra un vissuto intenso di violazione, disillusione e frustrazione, legato a gesti che, giustamente, percepisce come un oltrepassare una soglia fondamentale.
In relazioni caratterizzate da forti oscillazioni affettive e da un clima emotivo instabile, può accadere che uno dei partner, spinto da paure profonde di abbandono o di perdita, cerchi conferme costanti, spesso in modi che travalicano i confini dell’altro. Questi comportamenti, che possono nascere da un dolore reale e antico, hanno però un effetto paradossale: invece di rassicurare, distruggono la fiducia reciproca, trasformando la relazione in una sorta di campo di sorveglianza e difesa reciproca.
La frustrazione legata al non potersi più fidare della persona amata è una delle ferite più difficili da elaborare. La fiducia, una volta incrinata da un comportamento percepito come intrusivo e non rispettoso, non può essere “imposta” o recuperata con semplici rassicurazioni: ha bisogno di tempo, trasparenza, responsabilità e soprattutto della possibilità di vedere, dall’altra parte, un cambiamento reale nelle modalità relazionali.
In relazioni caratterizzate da forti oscillazioni affettive e da un clima emotivo instabile, può accadere che uno dei partner, spinto da paure profonde di abbandono o di perdita, cerchi conferme costanti, spesso in modi che travalicano i confini dell’altro. Questi comportamenti, che possono nascere da un dolore reale e antico, hanno però un effetto paradossale: invece di rassicurare, distruggono la fiducia reciproca, trasformando la relazione in una sorta di campo di sorveglianza e difesa reciproca.
La frustrazione legata al non potersi più fidare della persona amata è una delle ferite più difficili da elaborare. La fiducia, una volta incrinata da un comportamento percepito come intrusivo e non rispettoso, non può essere “imposta” o recuperata con semplici rassicurazioni: ha bisogno di tempo, trasparenza, responsabilità e soprattutto della possibilità di vedere, dall’altra parte, un cambiamento reale nelle modalità relazionali.
Gentile utente, grazie per aver condiviso la sua situazione.
Dalla sua narrazione emerge una violazione ripetuta della privacy: accesso al telefono, fotografie dei messaggi e condivisione di contenuti con la terapeuta.
Questo genere di azioni interrompe la possibilità di fidarsi e lascia un senso di tradimento profondo.
Il comportamento della sua compagna, anche se interpretabile alla luce di modalità relazionali controllanti o borderline-like, non giustifica l’inganno.
L’uso in seduta di materiale ottenuto in modo subdolo solleva questioni etiche e relazionali rilevanti che hanno impatto diretto sulla relazione di coppia.
La questione centrale riguarda confini, trasparenza e la capacità vostra di negoziare limiti condivisi.
Per lei diventa importante esplorare quale confine non è disposta a oltrepassare e che valore dare al perdono in questa situazione.
In uno spazio di lavoro si può ricostruire la sequenza degli eventi, il ruolo che lei assume e come questo influisce sulle scelte affettive.
Questo percorso aiuta a chiarire se esistono condizioni reali per una riparazione o se la relazione è compromessa in modo irreversibile.
Se lo desidera, possiamo approfondire insieme questi nodi in un primo colloquio chiarificatore; può prenotare un appuntamento, anche online.
Per ogni eventuale approfondimento sono a sua disposizione, anche online, il primo colloquio è gratuito.
Un caro saluto,
Dott. Mauro Terracciano.
Dalla sua narrazione emerge una violazione ripetuta della privacy: accesso al telefono, fotografie dei messaggi e condivisione di contenuti con la terapeuta.
Questo genere di azioni interrompe la possibilità di fidarsi e lascia un senso di tradimento profondo.
Il comportamento della sua compagna, anche se interpretabile alla luce di modalità relazionali controllanti o borderline-like, non giustifica l’inganno.
L’uso in seduta di materiale ottenuto in modo subdolo solleva questioni etiche e relazionali rilevanti che hanno impatto diretto sulla relazione di coppia.
La questione centrale riguarda confini, trasparenza e la capacità vostra di negoziare limiti condivisi.
Per lei diventa importante esplorare quale confine non è disposta a oltrepassare e che valore dare al perdono in questa situazione.
In uno spazio di lavoro si può ricostruire la sequenza degli eventi, il ruolo che lei assume e come questo influisce sulle scelte affettive.
Questo percorso aiuta a chiarire se esistono condizioni reali per una riparazione o se la relazione è compromessa in modo irreversibile.
Se lo desidera, possiamo approfondire insieme questi nodi in un primo colloquio chiarificatore; può prenotare un appuntamento, anche online.
Per ogni eventuale approfondimento sono a sua disposizione, anche online, il primo colloquio è gratuito.
Un caro saluto,
Dott. Mauro Terracciano.
Buonasera,
deve essere difficile per lei vivere questo momento.
Non possiamo sapere cosa accade nella stanza di terapia se non per "riferito". Detto questo, prendere una posizione a riguardo è complesso.
Mi soffermerei invece sul suo sentire: si trova ad abitare la posizione di chi spera un cambiamento ma forse potrebbe chiedersi " Cosa mi fa restare ancora nonostante io mi senta così per quello che succede nel nostro rapporto?".
Il lavoro sulle caratteristiche di personalità è molto lungo e può richiedere anni.. senza necessariamente arrivare ad un risultato per lei accettabile.
Quindi, provi a chiedersi se OGGI, e magari ne parli con la sua terapeuta, sta bene stare in questa tipologia di rapporto perché.. del domani non c'è certezza.
La saluto
deve essere difficile per lei vivere questo momento.
Non possiamo sapere cosa accade nella stanza di terapia se non per "riferito". Detto questo, prendere una posizione a riguardo è complesso.
Mi soffermerei invece sul suo sentire: si trova ad abitare la posizione di chi spera un cambiamento ma forse potrebbe chiedersi " Cosa mi fa restare ancora nonostante io mi senta così per quello che succede nel nostro rapporto?".
Il lavoro sulle caratteristiche di personalità è molto lungo e può richiedere anni.. senza necessariamente arrivare ad un risultato per lei accettabile.
Quindi, provi a chiedersi se OGGI, e magari ne parli con la sua terapeuta, sta bene stare in questa tipologia di rapporto perché.. del domani non c'è certezza.
La saluto
Gentile,
comprendo profondamente il dolore e la disillusione che emergono dalle sue parole. Essere oggetto di un’invasione così prolungata e sistematica della propria privacy rappresenta una ferita profonda, che mina non solo la fiducia nel partner, ma anche il senso di sicurezza personale. La fiducia, infatti, è un pilastro essenziale nella relazione: quando viene violata, come nel suo caso, è naturale sentirsi traditi, arrabbiati e disorientati.
Il comportamento della sua compagna — accedere ripetutamente ai suoi contenuti privati, documentarli e condividerli in contesti terzi — configura una modalità di controllo e di intrusione che travalica i confini del rispetto reciproco. In una dinamica relazionale già fragile, questo atteggiamento può assumere una connotazione manipolativa e persecutoria, specialmente se accompagnato da una lettura distorta dei fatti (cioè il focalizzarsi sulla sua “colpa” anziché sulla violazione subita).
Rispetto alla possibilità di cambiamento, è importante sottolineare che un “funzionamento borderline” consolidato, specie in età adulta, può certamente essere gestito e migliorato, ma solo a fronte di una reale motivazione personale al lavoro terapeutico e di un impegno costante. Tuttavia, quando la persona non riconosce la gravità dei propri comportamenti o tende a giustificarli, la possibilità di un cambiamento profondo diventa più complessa.
Per quanto riguarda la terapeuta della sua compagna, la situazione che descrive solleva questioni etiche significative. L’uso in seduta di materiale proveniente da una violazione della privacy di terzi (nel caso, lei e la sua terapeuta) rappresenta un serio problema deontologico. Un professionista dovrebbe scoraggiare tali modalità e lavorare sul significato relazionale del comportamento (ovvero la violazione dei confini), piuttosto che analizzare o discutere i contenuti ottenuti in modo improprio.
La sua sensazione di non potersi più fidare è pienamente legittima e comprensibile. È naturale che oggi senta il bisogno di proteggersi e di prendere distanza da una relazione che sembra aver superato più di un limite. Le suggerirei di concentrarsi ora sul suo percorso personale, per comprendere come tutelarsi emotivamente e come elaborare il dolore derivante da questa esperienza. A volte, riconoscere di “non poter salvare” l’altro, come lei stessa accenna, è un atto di grande lucidità e di rispetto verso sé stessi.
Cordialmente,
Dottoressa Gloria Giacomin
comprendo profondamente il dolore e la disillusione che emergono dalle sue parole. Essere oggetto di un’invasione così prolungata e sistematica della propria privacy rappresenta una ferita profonda, che mina non solo la fiducia nel partner, ma anche il senso di sicurezza personale. La fiducia, infatti, è un pilastro essenziale nella relazione: quando viene violata, come nel suo caso, è naturale sentirsi traditi, arrabbiati e disorientati.
Il comportamento della sua compagna — accedere ripetutamente ai suoi contenuti privati, documentarli e condividerli in contesti terzi — configura una modalità di controllo e di intrusione che travalica i confini del rispetto reciproco. In una dinamica relazionale già fragile, questo atteggiamento può assumere una connotazione manipolativa e persecutoria, specialmente se accompagnato da una lettura distorta dei fatti (cioè il focalizzarsi sulla sua “colpa” anziché sulla violazione subita).
Rispetto alla possibilità di cambiamento, è importante sottolineare che un “funzionamento borderline” consolidato, specie in età adulta, può certamente essere gestito e migliorato, ma solo a fronte di una reale motivazione personale al lavoro terapeutico e di un impegno costante. Tuttavia, quando la persona non riconosce la gravità dei propri comportamenti o tende a giustificarli, la possibilità di un cambiamento profondo diventa più complessa.
Per quanto riguarda la terapeuta della sua compagna, la situazione che descrive solleva questioni etiche significative. L’uso in seduta di materiale proveniente da una violazione della privacy di terzi (nel caso, lei e la sua terapeuta) rappresenta un serio problema deontologico. Un professionista dovrebbe scoraggiare tali modalità e lavorare sul significato relazionale del comportamento (ovvero la violazione dei confini), piuttosto che analizzare o discutere i contenuti ottenuti in modo improprio.
La sua sensazione di non potersi più fidare è pienamente legittima e comprensibile. È naturale che oggi senta il bisogno di proteggersi e di prendere distanza da una relazione che sembra aver superato più di un limite. Le suggerirei di concentrarsi ora sul suo percorso personale, per comprendere come tutelarsi emotivamente e come elaborare il dolore derivante da questa esperienza. A volte, riconoscere di “non poter salvare” l’altro, come lei stessa accenna, è un atto di grande lucidità e di rispetto verso sé stessi.
Cordialmente,
Dottoressa Gloria Giacomin
Capisco profondamente la sofferenza e la frustrazione che emergono dal suo racconto.
Il comportamento che descrive — l’accesso ripetuto e non autorizzato al suo telefono, la lettura e la condivisione di conversazioni private — rappresenta una grave violazione della fiducia e dei confini personali, elementi fondamentali in qualsiasi relazione sana.
Quando in una coppia viene oltrepassato questo limite, diventa molto difficile ristabilire un senso di sicurezza reciproca. È comprensibile che lei faccia fatica a perdonare e che percepisca questo episodio come un punto di rottura.
Per quanto riguarda la terapeuta della sua compagna, non è possibile esprimere un giudizio diretto senza conoscere il contesto.
Il suo vissuto di smarrimento e di perdita di fiducia è assolutamente legittimo. Forse, in questo momento, potrebbe essere utile concentrarsi sul suo bisogno di protezione e chiarezza, cercando uno spazio personale di riflessione (anche in terapia) in cui mettere ordine tra le emozioni, comprendere fino a che punto desidera o può proseguire questa relazione, e cosa sente di meritare in termini di rispetto e reciprocità.
Il comportamento che descrive — l’accesso ripetuto e non autorizzato al suo telefono, la lettura e la condivisione di conversazioni private — rappresenta una grave violazione della fiducia e dei confini personali, elementi fondamentali in qualsiasi relazione sana.
Quando in una coppia viene oltrepassato questo limite, diventa molto difficile ristabilire un senso di sicurezza reciproca. È comprensibile che lei faccia fatica a perdonare e che percepisca questo episodio come un punto di rottura.
Per quanto riguarda la terapeuta della sua compagna, non è possibile esprimere un giudizio diretto senza conoscere il contesto.
Il suo vissuto di smarrimento e di perdita di fiducia è assolutamente legittimo. Forse, in questo momento, potrebbe essere utile concentrarsi sul suo bisogno di protezione e chiarezza, cercando uno spazio personale di riflessione (anche in terapia) in cui mettere ordine tra le emozioni, comprendere fino a che punto desidera o può proseguire questa relazione, e cosa sente di meritare in termini di rispetto e reciprocità.
Quello che descrivi è un vissuto di profonda violazione della fiducia e dell’intimità, non solo come partner ma anche come persona. Quando qualcuno accede al telefono del compagno o della compagna — e quindi al suo spazio più privato — in modo sistematico e segreto, per un periodo prolungato, siamo davanti a un comportamento intrusivo e di controllo che ha una valenza importante sul piano psicologico e relazionale. Non è “solo” gelosia o insicurezza: è un tentativo di gestire l’angoscia attraverso il controllo, un meccanismo difensivo che spesso si riscontra in funzionamenti di tipo borderline o con gravi difficoltà di regolazione emotiva.
Dal tuo racconto emerge chiaramente un ribaltamento dei ruoli di responsabilità: la tua compagna, anziché interrogarsi sul proprio comportamento invasivo, sposta il focus sul contenuto del tuo sfogo — come se la tua stanchezza o i tuoi pensieri privati fossero la “prova” di qualcosa che giustifica il suo agire. Questo è tipico di dinamiche proiettive e persecutorie, dove l’altro viene percepito come la fonte del male da cui difendersi, anche con mezzi disfunzionali.
Capisco profondamente la tua impossibilità a perdonare: non è una questione morale, ma esperienziale. La fiducia, una volta spezzata da un atto così invasivo e reiterato, difficilmente può ricostituirsi se non c’è una presa di consapevolezza profonda e un lavoro terapeutico serio, continuativo e motivato dalla persona che ha agito l’invasione.
Sul piano della sua età (62 anni): non è mai troppo tardi per cambiare, ma la modificazione di pattern di personalità strutturati richiede motivazione autentica e un livello di insight che non sempre si riesce a raggiungere, soprattutto se il focus resta sull’altro (“ho ragione io”) e non su di sé (“perché ho bisogno di controllare?”).
Per quanto riguarda la condotta della terapeuta della tua compagna, la situazione che descrivi solleva interrogativi etici seri. L’utilizzo in seduta di materiale privato (messaggi, audio, conversazioni estrapolate senza consenso) può essere clinicamente comprensibile solo se la terapeuta lavora chiaramente con la paziente sui significati del gesto — cioè sul bisogno di controllo, sulla paura dell’abbandono, sulla sfiducia, ecc. — e non sui contenuti estratti di nascosto. Se invece il materiale viene accolto e discusso come se fosse “prova oggettiva” dei comportamenti del partner, ciò rischia di rinforzare le dinamiche persecutorie e di confermare il pensiero distorto della paziente, anziché contenerlo.
La tua sensazione di devastazione e impotenza è coerente con ciò che hai vissuto: quando l’altro viola i confini in questo modo, si subisce una vera e propria ferita narcisistica e relazionale, che tocca il senso di sicurezza e la fiducia di base.
È importante che tu tuteli te stesso e ti conceda uno spazio per elaborare quanto accaduto, anche in terapia, per evitare di restare intrappolato nel ruolo della “crocerossina” che cerca di comprendere e aggiustare l’altro a discapito del proprio benessere.
Dal tuo racconto emerge chiaramente un ribaltamento dei ruoli di responsabilità: la tua compagna, anziché interrogarsi sul proprio comportamento invasivo, sposta il focus sul contenuto del tuo sfogo — come se la tua stanchezza o i tuoi pensieri privati fossero la “prova” di qualcosa che giustifica il suo agire. Questo è tipico di dinamiche proiettive e persecutorie, dove l’altro viene percepito come la fonte del male da cui difendersi, anche con mezzi disfunzionali.
Capisco profondamente la tua impossibilità a perdonare: non è una questione morale, ma esperienziale. La fiducia, una volta spezzata da un atto così invasivo e reiterato, difficilmente può ricostituirsi se non c’è una presa di consapevolezza profonda e un lavoro terapeutico serio, continuativo e motivato dalla persona che ha agito l’invasione.
Sul piano della sua età (62 anni): non è mai troppo tardi per cambiare, ma la modificazione di pattern di personalità strutturati richiede motivazione autentica e un livello di insight che non sempre si riesce a raggiungere, soprattutto se il focus resta sull’altro (“ho ragione io”) e non su di sé (“perché ho bisogno di controllare?”).
Per quanto riguarda la condotta della terapeuta della tua compagna, la situazione che descrivi solleva interrogativi etici seri. L’utilizzo in seduta di materiale privato (messaggi, audio, conversazioni estrapolate senza consenso) può essere clinicamente comprensibile solo se la terapeuta lavora chiaramente con la paziente sui significati del gesto — cioè sul bisogno di controllo, sulla paura dell’abbandono, sulla sfiducia, ecc. — e non sui contenuti estratti di nascosto. Se invece il materiale viene accolto e discusso come se fosse “prova oggettiva” dei comportamenti del partner, ciò rischia di rinforzare le dinamiche persecutorie e di confermare il pensiero distorto della paziente, anziché contenerlo.
La tua sensazione di devastazione e impotenza è coerente con ciò che hai vissuto: quando l’altro viola i confini in questo modo, si subisce una vera e propria ferita narcisistica e relazionale, che tocca il senso di sicurezza e la fiducia di base.
È importante che tu tuteli te stesso e ti conceda uno spazio per elaborare quanto accaduto, anche in terapia, per evitare di restare intrappolato nel ruolo della “crocerossina” che cerca di comprendere e aggiustare l’altro a discapito del proprio benessere.
Gentilissima,
Grazie per aver condiviso il suo vissuto.
Comprendo profondamente quanta frustrazione possa averle causato questa situazione. Scoprire che una persona di cui ci si fida ha violato la propria privacy può generare sentimenti di rabbia, tradimento e smarrimento. La fiducia è un pilastro fondamentale di ogni legame affettivo, e quando viene minata in questo modo, è naturale che sorga la sensazione che qualcosa si sia rotto in modo “irreparabile”.
Naturalmente, non conoscendo a fondo il contesto, le persone coinvolte e la complessità della dinamica relazionale, non posso esprimere un parere puntuale, ma posso offrirle alcune riflessioni generali che possano aiutarla a orientarsi.
Il comportamento che descrive (l’accesso ripetuto e non autorizzato alle sue conversazioni private, la raccolta e l’uso di quei contenuti in contesti terapeuticii) può rappresentare una violazione significativa dei suoi confini personali e relazionali. È importante riconoscere che il suo vissuto e le sue reazioni sono legittime, si tratta di un evento che tocca aspetti come dignità, fiducia e il senso di sicurezza emotiva.
Sul piano relazionale, episodi come questo spesso non riguardano solo il gesto in sé, ma anche il modo in cui vengono gestiti dopo, per es sono dinamiche comuni l’assenza di assunzione di responsabilità, la tendenza a ribaltare la colpa o a spostare l’attenzione sul comportamento altrui.
È possibile che, dietro a questo controllo, vi sia un tentativo di gestire l’angoscia e il bisogno di rassicurazione. Tuttavia, ciò non giustifica la violazione, né le toglie il diritto di porre un limite netto.
Per quanto riguarda la domanda in merito alla terapeuta della sua compagna, mi asterrei dal formulare un giudizio, non conoscendo direttamente né la professionista né il contesto clinico in cui il lavoro si svolge, risulta complesso sapere con certezza se quanto riportato corrisponda in modo fedele a ciò che accade in seduta. Non intendo mettere in dubbio il suo racconto o quello della sua compagna, ma sottolineare come, in assenza di una visione diretta, ogni valutazione rischierebbe di basarsi su elementi parziali. In generale, è auspicabile che qualsiasi materiale proveniente da terze persone venga trattato con estrema prudenza e cautela.
Per quanto difficile, provi a concentrarsi su di sé, questo perché quando si vive una ferita profonda, la mente tende a concentrarsi sull’altro (perché ha agito così? / avrebbe dovuto fare…ecc), ma è importante riportare l’attenzione verso i propri bisogni e confini. Ascoltarsi significa riconoscere le proprie emozioni senza giudicarle, chiedendosi “io di cosa ho bisogno? / cosa mi serve per sentirmi al sicuro?/ come sto?”.
Si conceda il suo tempo per di riconoscere il proprio vissuto, il proprio dolore, senza obbligarsi o forzarsi a perdonare / capire / cercare una risposta subito. In certe situazioni, il primo passo è fermarsi, ascoltarsi e proteggersi.
Le auguro il meglio, un caro saluto!
Grazie per aver condiviso il suo vissuto.
Comprendo profondamente quanta frustrazione possa averle causato questa situazione. Scoprire che una persona di cui ci si fida ha violato la propria privacy può generare sentimenti di rabbia, tradimento e smarrimento. La fiducia è un pilastro fondamentale di ogni legame affettivo, e quando viene minata in questo modo, è naturale che sorga la sensazione che qualcosa si sia rotto in modo “irreparabile”.
Naturalmente, non conoscendo a fondo il contesto, le persone coinvolte e la complessità della dinamica relazionale, non posso esprimere un parere puntuale, ma posso offrirle alcune riflessioni generali che possano aiutarla a orientarsi.
Il comportamento che descrive (l’accesso ripetuto e non autorizzato alle sue conversazioni private, la raccolta e l’uso di quei contenuti in contesti terapeuticii) può rappresentare una violazione significativa dei suoi confini personali e relazionali. È importante riconoscere che il suo vissuto e le sue reazioni sono legittime, si tratta di un evento che tocca aspetti come dignità, fiducia e il senso di sicurezza emotiva.
Sul piano relazionale, episodi come questo spesso non riguardano solo il gesto in sé, ma anche il modo in cui vengono gestiti dopo, per es sono dinamiche comuni l’assenza di assunzione di responsabilità, la tendenza a ribaltare la colpa o a spostare l’attenzione sul comportamento altrui.
È possibile che, dietro a questo controllo, vi sia un tentativo di gestire l’angoscia e il bisogno di rassicurazione. Tuttavia, ciò non giustifica la violazione, né le toglie il diritto di porre un limite netto.
Per quanto riguarda la domanda in merito alla terapeuta della sua compagna, mi asterrei dal formulare un giudizio, non conoscendo direttamente né la professionista né il contesto clinico in cui il lavoro si svolge, risulta complesso sapere con certezza se quanto riportato corrisponda in modo fedele a ciò che accade in seduta. Non intendo mettere in dubbio il suo racconto o quello della sua compagna, ma sottolineare come, in assenza di una visione diretta, ogni valutazione rischierebbe di basarsi su elementi parziali. In generale, è auspicabile che qualsiasi materiale proveniente da terze persone venga trattato con estrema prudenza e cautela.
Per quanto difficile, provi a concentrarsi su di sé, questo perché quando si vive una ferita profonda, la mente tende a concentrarsi sull’altro (perché ha agito così? / avrebbe dovuto fare…ecc), ma è importante riportare l’attenzione verso i propri bisogni e confini. Ascoltarsi significa riconoscere le proprie emozioni senza giudicarle, chiedendosi “io di cosa ho bisogno? / cosa mi serve per sentirmi al sicuro?/ come sto?”.
Si conceda il suo tempo per di riconoscere il proprio vissuto, il proprio dolore, senza obbligarsi o forzarsi a perdonare / capire / cercare una risposta subito. In certe situazioni, il primo passo è fermarsi, ascoltarsi e proteggersi.
Le auguro il meglio, un caro saluto!
Buongiorno gentile Utente, capisco bene il turbamento e la frustrazione che emergono dalle sue parole. Ciò che descrive rappresenta una grave violazione della fiducia e dei confini personali, aspetti fondamentali in qualsiasi relazione affettiva sana. Il fatto che la sua compagna abbia sistematicamente controllato il suo telefono per un lungo periodo, fotografando conversazioni private e condividendole in un contesto terapeutico, indica un comportamento intrusivo e disfunzionale che ha inevitabilmente minato la base di rispetto reciproco su cui si fonda una relazione.
Non si tratta semplicemente di “gelosia” o “insicurezza”, ma di una modalità di controllo e invasione della privacy che, per intensità e durata, assume i tratti di un vero e proprio agito impulsivo, probabilmente connesso a difficoltà profonde nella regolazione emotiva e nella gestione dell’ansia da abbandono. Se, come lei riferisce, la sua compagna presenta un funzionamento borderline, questi comportamenti trovano spiegazione (non giustificazione) nella forte paura di perdere il legame, che può tradursi in tentativi di controllo o di conferma costante, anche attraverso modalità che oltrepassano i limiti etici e relazionali.
Il suo sentimento di tradimento e smarrimento è quindi del tutto comprensibile. Essere osservati di nascosto, letti e interpretati attraverso le proprie parole private, soprattutto quando queste riguardano spazi intimi come una relazione terapeutica, è qualcosa che intacca profondamente il senso di sicurezza personale. Lei ha perfettamente ragione nel percepire che oltre un certo limite non è possibile proseguire come se nulla fosse. Una relazione sana richiede fiducia, rispetto e confini chiari: quando questi vengono violati in modo sistematico, è necessario interrogarsi su quanto sia possibile, o desiderabile, ricostruire la reciprocità.
Per quanto riguarda il comportamento della terapeuta della sua compagna, va detto che, pur potendo lavorare sul modo in cui la paziente vive e interpreta la relazione, dovrebbe evitare di legittimare o utilizzare materiale ottenuto attraverso modalità scorrette o lesive della privacy di terzi. L’utilizzo in seduta di contenuti provenienti da un accesso illecito alle sue conversazioni personali appare eticamente discutibile e, se realmente avvenuto, meriterebbe un chiarimento formale. In un percorso psicoterapeutico corretto, il focus non dovrebbe mai essere sulla conferma o smentita delle azioni dell’altro, ma sull’elaborazione delle emozioni e delle motivazioni interne della paziente.
Alla luce di quanto racconta, potrebbe essere utile per lei, oltre a elaborare il dolore legato al tradimento, riflettere (magari con il supporto del suo terapeuta) su quale tipo di relazione desidera oggi e su quali confini sente di dover proteggere. Riconoscere di non poter “salvare” l’altro è un atto di maturità e cura verso sé stessi: non è mancanza di empatia, ma consapevolezza che la responsabilità del cambiamento, a qualsiasi età, appartiene solo a chi decide di intraprenderlo.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Non si tratta semplicemente di “gelosia” o “insicurezza”, ma di una modalità di controllo e invasione della privacy che, per intensità e durata, assume i tratti di un vero e proprio agito impulsivo, probabilmente connesso a difficoltà profonde nella regolazione emotiva e nella gestione dell’ansia da abbandono. Se, come lei riferisce, la sua compagna presenta un funzionamento borderline, questi comportamenti trovano spiegazione (non giustificazione) nella forte paura di perdere il legame, che può tradursi in tentativi di controllo o di conferma costante, anche attraverso modalità che oltrepassano i limiti etici e relazionali.
Il suo sentimento di tradimento e smarrimento è quindi del tutto comprensibile. Essere osservati di nascosto, letti e interpretati attraverso le proprie parole private, soprattutto quando queste riguardano spazi intimi come una relazione terapeutica, è qualcosa che intacca profondamente il senso di sicurezza personale. Lei ha perfettamente ragione nel percepire che oltre un certo limite non è possibile proseguire come se nulla fosse. Una relazione sana richiede fiducia, rispetto e confini chiari: quando questi vengono violati in modo sistematico, è necessario interrogarsi su quanto sia possibile, o desiderabile, ricostruire la reciprocità.
Per quanto riguarda il comportamento della terapeuta della sua compagna, va detto che, pur potendo lavorare sul modo in cui la paziente vive e interpreta la relazione, dovrebbe evitare di legittimare o utilizzare materiale ottenuto attraverso modalità scorrette o lesive della privacy di terzi. L’utilizzo in seduta di contenuti provenienti da un accesso illecito alle sue conversazioni personali appare eticamente discutibile e, se realmente avvenuto, meriterebbe un chiarimento formale. In un percorso psicoterapeutico corretto, il focus non dovrebbe mai essere sulla conferma o smentita delle azioni dell’altro, ma sull’elaborazione delle emozioni e delle motivazioni interne della paziente.
Alla luce di quanto racconta, potrebbe essere utile per lei, oltre a elaborare il dolore legato al tradimento, riflettere (magari con il supporto del suo terapeuta) su quale tipo di relazione desidera oggi e su quali confini sente di dover proteggere. Riconoscere di non poter “salvare” l’altro è un atto di maturità e cura verso sé stessi: non è mancanza di empatia, ma consapevolezza che la responsabilità del cambiamento, a qualsiasi età, appartiene solo a chi decide di intraprenderlo.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Buongiorno,
posso comprendere profondamente quanto ciò che descrive sia stato doloroso e destabilizzante. Scoprire che una persona a cui si è legati ha sistematicamente violato la propria privacy, accedendo a conversazioni personali senza permesso, può generare sentimenti molto intensi di tradimento, smarrimento e rabbia. È naturale che tutto questo metta in discussione la fiducia nella relazione e la sensazione di sicurezza emotiva: quando i confini personali vengono ignorati per lungo tempo, recuperare serenità diventa estremamente difficile.
Da quanto racconta, non si tratta solo di un episodio isolato, ma di una modalità di controllo che si è protratta per mesi, che ha coinvolto anche la sua terapeuta. È comprensibile che lei si senta frustrata e sopraffatta: il fatto che la sua compagna interpreti le sue conversazioni come “prove” di mancanza di interesse e che le usi come argomenti per sostenere una propria visione in terapia, può essere percepito come umiliante e svalutante. Questo tipo di dinamiche, soprattutto in una relazione già altalenante, può diventare fonte di grande stress emotivo e logoramento psicologico.
In queste situazioni, più che cercare di analizzare i motivi dell’altro, può essere utile concentrarsi su sé stessa, sui propri sentimenti e sui propri bisogni. Riflettere su cosa è per lei accettabile, quali confini vuole tutelare e come può proteggere il proprio benessere diventa fondamentale.
Prendersi cura di sé, elaborare la frustrazione e il senso di tradimento e chiarire i propri limiti non significa rinunciare alla relazione, ma tutelare la propria integrità emotiva, che resta il punto di partenza per ogni decisione futura.
Resto a disposizione, un caro saluto.
Dott.ssa Elena Dati
posso comprendere profondamente quanto ciò che descrive sia stato doloroso e destabilizzante. Scoprire che una persona a cui si è legati ha sistematicamente violato la propria privacy, accedendo a conversazioni personali senza permesso, può generare sentimenti molto intensi di tradimento, smarrimento e rabbia. È naturale che tutto questo metta in discussione la fiducia nella relazione e la sensazione di sicurezza emotiva: quando i confini personali vengono ignorati per lungo tempo, recuperare serenità diventa estremamente difficile.
Da quanto racconta, non si tratta solo di un episodio isolato, ma di una modalità di controllo che si è protratta per mesi, che ha coinvolto anche la sua terapeuta. È comprensibile che lei si senta frustrata e sopraffatta: il fatto che la sua compagna interpreti le sue conversazioni come “prove” di mancanza di interesse e che le usi come argomenti per sostenere una propria visione in terapia, può essere percepito come umiliante e svalutante. Questo tipo di dinamiche, soprattutto in una relazione già altalenante, può diventare fonte di grande stress emotivo e logoramento psicologico.
In queste situazioni, più che cercare di analizzare i motivi dell’altro, può essere utile concentrarsi su sé stessa, sui propri sentimenti e sui propri bisogni. Riflettere su cosa è per lei accettabile, quali confini vuole tutelare e come può proteggere il proprio benessere diventa fondamentale.
Prendersi cura di sé, elaborare la frustrazione e il senso di tradimento e chiarire i propri limiti non significa rinunciare alla relazione, ma tutelare la propria integrità emotiva, che resta il punto di partenza per ogni decisione futura.
Resto a disposizione, un caro saluto.
Dott.ssa Elena Dati
Il comportamento della sua compagna è invasivo e manipolatorio, non un segno d’amore ma di controllo e insicurezza profonda.
Se davvero la terapeuta accoglie in seduta materiale ottenuto in modo illecito, si tratta di un serio problema etico: avrebbe dovuto lavorare con la sua compagna sul significato di quel gesto, non legittimarlo.
La sua difficoltà a perdonare è naturale. Dopo una tale rottura di fiducia, non si può “ripartire” senza un cambiamento profondo, è possibile solo se la persona lo desidera davvero. Ora la priorità è proteggere se stesso e i suoi confini. Non è “crudeltà”, è rispetto per sé.
Se davvero la terapeuta accoglie in seduta materiale ottenuto in modo illecito, si tratta di un serio problema etico: avrebbe dovuto lavorare con la sua compagna sul significato di quel gesto, non legittimarlo.
La sua difficoltà a perdonare è naturale. Dopo una tale rottura di fiducia, non si può “ripartire” senza un cambiamento profondo, è possibile solo se la persona lo desidera davvero. Ora la priorità è proteggere se stesso e i suoi confini. Non è “crudeltà”, è rispetto per sé.
Gentile utente. Grazie per la tua condivisione. Capisco profondamente la tua frustrazione e il senso di tradimento che traspare dalle tue parole.
Il fatto che la tua compagna abbia controllato il tuo telefono per oltre un anno, senza il tuo consenso, leggendo e fotografando conversazioni intime (anche con la tua terapeuta) rappresenta una forma grave di violazione della fiducia e della privacy.
Non si tratta solo di “curiosità” o di “insicurezza”, ma di un comportamento di controllo e intrusione che oltrepassa i confini accettabili in una relazione adulta e sana.
Da come la descrivi, la tua compagna sembra avere effettivamente un funzionamento emotivo instabile e impulsivo, con forti oscillazioni tra idealizzazione e svalutazione, paura dell’abbandono e bisogno di controllo, tratti tipici di un’organizzazione borderline di personalità. Tuttavia, a 62 anni, anche se alcuni aspetti possono attenuarsi, la struttura di fondo tende a rimanere se non è stata affrontata in modo approfondito e continuativo in terapia. Ciò non significa che non possa migliorare, ma non è realistico aspettarsi un cambiamento profondo in tempi brevi o senza un impegno reale e consapevole da parte sua.
Il ruolo e la responsabilità della sua terapeuta è una parte particolarmente delicata. Se la tua compagna porta in seduta materiale ottenuto con l’inganno o la violazione della tua privacy (messaggi, audio, conversazioni private) e la terapeuta accetta di discuterlo, senza porre limiti chiari o senza chiarire l’etica della situazione, allora si apre un serio problema deontologico. Bisogna capire cosa effettivamente abbia detto la tua compagna in seduta.
E' evidente che la tua fiducia sia stata ferita in modo profondo. Essere spiati, manipolati e traditi nella propria intimità, soprattutto da chi si ama, produce un trauma relazionale: un misto di rabbia, impotenza e disorientamento. È naturale che tu senta di non poterti più fidare e che ogni interazione con lei ora porti con sé sospetto o paura di essere di nuovo invaso.
Se pensate che la relazione possa continuare, devono esserci limiti espliciti, non negoziabili, sul rispetto della privacy e della comunicazione.
Parlane con la tua terapeuta. È fondamentale che tu possa elaborare con lei questo senso di violazione e di perdita di fiducia.
Spero di esserti stato d'aiuto. Resto a disposizione. Grazie ancora. Un caro saluto.
Dott. Stefano Recchia
Il fatto che la tua compagna abbia controllato il tuo telefono per oltre un anno, senza il tuo consenso, leggendo e fotografando conversazioni intime (anche con la tua terapeuta) rappresenta una forma grave di violazione della fiducia e della privacy.
Non si tratta solo di “curiosità” o di “insicurezza”, ma di un comportamento di controllo e intrusione che oltrepassa i confini accettabili in una relazione adulta e sana.
Da come la descrivi, la tua compagna sembra avere effettivamente un funzionamento emotivo instabile e impulsivo, con forti oscillazioni tra idealizzazione e svalutazione, paura dell’abbandono e bisogno di controllo, tratti tipici di un’organizzazione borderline di personalità. Tuttavia, a 62 anni, anche se alcuni aspetti possono attenuarsi, la struttura di fondo tende a rimanere se non è stata affrontata in modo approfondito e continuativo in terapia. Ciò non significa che non possa migliorare, ma non è realistico aspettarsi un cambiamento profondo in tempi brevi o senza un impegno reale e consapevole da parte sua.
Il ruolo e la responsabilità della sua terapeuta è una parte particolarmente delicata. Se la tua compagna porta in seduta materiale ottenuto con l’inganno o la violazione della tua privacy (messaggi, audio, conversazioni private) e la terapeuta accetta di discuterlo, senza porre limiti chiari o senza chiarire l’etica della situazione, allora si apre un serio problema deontologico. Bisogna capire cosa effettivamente abbia detto la tua compagna in seduta.
E' evidente che la tua fiducia sia stata ferita in modo profondo. Essere spiati, manipolati e traditi nella propria intimità, soprattutto da chi si ama, produce un trauma relazionale: un misto di rabbia, impotenza e disorientamento. È naturale che tu senta di non poterti più fidare e che ogni interazione con lei ora porti con sé sospetto o paura di essere di nuovo invaso.
Se pensate che la relazione possa continuare, devono esserci limiti espliciti, non negoziabili, sul rispetto della privacy e della comunicazione.
Parlane con la tua terapeuta. È fondamentale che tu possa elaborare con lei questo senso di violazione e di perdita di fiducia.
Spero di esserti stato d'aiuto. Resto a disposizione. Grazie ancora. Un caro saluto.
Dott. Stefano Recchia
Gentile signora,
Ritengo che ci sia un invischiamento eccessivo e che tende a denigrare e trovare la colpevole se le cose non vanno come dovrebbero. La relazione è compromessa se non si corre ai ripari e si valuta una psicoterapia di coppia per poter affrontare tutti i nodi se si è ancora in tempo per salvare il rapporto. Ognuna nei percorsi individuali affronta ciò che non và ma non confluite nello stesso luogo e con l'aiuto di un'esperta. In maniera diversa ma siete simmetriche. Chiedetevi quanto tenete l'una all'altra.
Ritengo che ci sia un invischiamento eccessivo e che tende a denigrare e trovare la colpevole se le cose non vanno come dovrebbero. La relazione è compromessa se non si corre ai ripari e si valuta una psicoterapia di coppia per poter affrontare tutti i nodi se si è ancora in tempo per salvare il rapporto. Ognuna nei percorsi individuali affronta ciò che non và ma non confluite nello stesso luogo e con l'aiuto di un'esperta. In maniera diversa ma siete simmetriche. Chiedetevi quanto tenete l'una all'altra.
Buongiorno, mi dispiace per la situazione che sta vivendo. Non vorrei aver compreso male ma mi sembra di capire che da noi si aspetta un giudizio in merito al comportamento della collega e della sua compagna e questo chiaramente non è possibile in quanto non ci compete dare giudizi di alcun tipo. Sicuramente un parere "professionale" che veda giusto il suo punto di vista la aiuterebbe a prendere una decisione che in qualche modo dentro di lei è già presente. Penso che il punto importante in tutta questa situazione non sia il comportamenti della collega, o meglio, quanto le viene riferito e che non necessariamente è ciò che accade in seduta, ma la perdita di fiducia. Perché non si prende uno spazio per dare voce a questa tristezza?
Buongiorno, grazie per aver condiviso la tua esperienza. Non giudichiamo il lavoro della terapeuta della tua compagna, sulla quale per altro avremmo solo informazioni riferite e quindi non per forza veritiere. La cosa su cui possiamo concentrarci è la tua relazione di coppia che evidentemente da quel che scrivi aveva già dei problemi al netto di questo ultimo evento ( la compagna che guarda il telefono ), che si rivela essere solo l'evento scatenante, l’atto che fa “esplodere” qualcosa che era già in tensione da tempo. Non crea la crisi, ma la rende visibile.
Nel tuo caso, la violazione della privacy è il punto di rottura che porta a galla una struttura di sfiducia, controllo e paura di perdita che probabilmente esisteva da tempo nella relazione. Dal punto di vista del funzionamento borderline, può essere letto come un agito relazionale: un comportamento impulsivo messo in atto per ridurre l’angoscia di abbandono o per verificare la vicinanza dell’altro, anche a costo di violare i confini.
Non è un gesto “contro” di te, ma un tentativo disfunzionale di ristabilire controllo e sicurezza di fronte a un senso di instabilità affettiva.
Quello che ti dovesti domandare tu adesso è "Quando il controllo diventa più forte della fiducia, può ancora esserci incontro?" Prenditi del tempo per riflettere veramente su che strada vuoi che prenda adesso la vostra relazione. Spero di esserti stata d'aiuto. Saluti Dott.ssa Debora Fiore
Nel tuo caso, la violazione della privacy è il punto di rottura che porta a galla una struttura di sfiducia, controllo e paura di perdita che probabilmente esisteva da tempo nella relazione. Dal punto di vista del funzionamento borderline, può essere letto come un agito relazionale: un comportamento impulsivo messo in atto per ridurre l’angoscia di abbandono o per verificare la vicinanza dell’altro, anche a costo di violare i confini.
Non è un gesto “contro” di te, ma un tentativo disfunzionale di ristabilire controllo e sicurezza di fronte a un senso di instabilità affettiva.
Quello che ti dovesti domandare tu adesso è "Quando il controllo diventa più forte della fiducia, può ancora esserci incontro?" Prenditi del tempo per riflettere veramente su che strada vuoi che prenda adesso la vostra relazione. Spero di esserti stata d'aiuto. Saluti Dott.ssa Debora Fiore
Buongiorno,
sarò brevissima, ad una terapia di coppia avete pensato? Forse insieme molti problemi riuscite a risolverli.
Un saluto cordiale
Dott.ssa Marzia Sellini
sarò brevissima, ad una terapia di coppia avete pensato? Forse insieme molti problemi riuscite a risolverli.
Un saluto cordiale
Dott.ssa Marzia Sellini
Buongiorno, comprendo bene quanto dolore e disorientamento possa provocare ciò che descrive. La violazione della fiducia – specialmente in una relazione già segnata da alti e bassi – lascia ferite profonde, perché tocca il senso stesso di sicurezza e rispetto reciproco. Il comportamento della sua compagna, così come lo racconta, mostra un forte bisogno di controllo e paura dell’abbandono, che però finisce per distruggere proprio ciò che vorrebbe preservare.
È comprensibile che lei oggi faccia fatica a perdonare e a fidarsi ancora. Non c’è una risposta semplice, ma è importante prendersi uno spazio per sé, per elaborare la rabbia e la delusione, e ridefinire i propri confini emotivi. Riguardo alla terapeuta della sua compagna, pur non potendo esprimere un giudizio diretto, in generale è fondamentale che un professionista mantenga un atteggiamento neutrale e non rinforzi dinamiche di invasione o controllo.
Se sente di aver bisogno di chiarire dentro di sé come andare avanti e come proteggersi da ciò che l’ha ferita, può essere utile parlarne in uno spazio terapeutico personale. Non per ‘diagnosticare’ l’altro, ma per restituire equilibrio e dignità al proprio vissuto. Se lo desidera, può contattarmi per approfondire questo percorso
È comprensibile che lei oggi faccia fatica a perdonare e a fidarsi ancora. Non c’è una risposta semplice, ma è importante prendersi uno spazio per sé, per elaborare la rabbia e la delusione, e ridefinire i propri confini emotivi. Riguardo alla terapeuta della sua compagna, pur non potendo esprimere un giudizio diretto, in generale è fondamentale che un professionista mantenga un atteggiamento neutrale e non rinforzi dinamiche di invasione o controllo.
Se sente di aver bisogno di chiarire dentro di sé come andare avanti e come proteggersi da ciò che l’ha ferita, può essere utile parlarne in uno spazio terapeutico personale. Non per ‘diagnosticare’ l’altro, ma per restituire equilibrio e dignità al proprio vissuto. Se lo desidera, può contattarmi per approfondire questo percorso
Buon pomeriggio,
la triangolazione che avviene in stanza di terapia e' indice di un abuso professionale della terapeuta della sua compagna, la quale si rende complice delle condivisioni non autorizzate di materiale che dovrebbe essere tutelato dalla privacy.
Si chieda a questo proposito, quanto tempo vuole dare ancora alla prosecuzione di una relazione minata sulla fiducia, la base di qualsiasi rapporto sentimentale.
Sono a disposizione per qualsiasi approfondimento.
Dott.ssa Francesca Orefice
la triangolazione che avviene in stanza di terapia e' indice di un abuso professionale della terapeuta della sua compagna, la quale si rende complice delle condivisioni non autorizzate di materiale che dovrebbe essere tutelato dalla privacy.
Si chieda a questo proposito, quanto tempo vuole dare ancora alla prosecuzione di una relazione minata sulla fiducia, la base di qualsiasi rapporto sentimentale.
Sono a disposizione per qualsiasi approfondimento.
Dott.ssa Francesca Orefice
Buongiorno, e' comprensibile il suo stato d'animo. Ha mai pensato di intraprendere un percorso di coppia con la Sua compagna al fine di condividervi reciprocamente in uno spazio sicuro ció che vi preoccupa, vi fa stare male o comprendete poco rispetto alla vostra relazione e a voi stessi? Creare uno spazio condiviso nel quale possiate sentirvi sicuri di portare liberamente le vostre argomentazioni potrebbe essere il primo passo per provare a disinnescare il giudizio e il pregiudizio e a cercare di ristabilire un contatto emotivo.
Gentile paziente,capisco profondamente quanto possa essere doloroso scoprire una violazione di fiducia così importante. Quello che descrive non è solo un gesto impulsivo: è una trasgressione dei confini personali e relazionali, che mina alla base la sicurezza e il rispetto reciproco.Quando una persona arriva a controllare il telefono del partner in modo sistematico, di solito non si tratta solo di gelosia, ma di bisogni di controllo, paura dell’abbandono e difficoltà nella regolazione emotiva. Sono dinamiche tipiche di personalità con fragilità affettiva ma questo non giustifica il comportamento né lo rende “perdonabile” senza un reale percorso di consapevolezza.
Anche l’uso del materiale privato in un contesto terapeutico, se davvero avvenuto nei termini che descrive, solleva interrogativi etici sul setting e sulla funzione della terapia.
In questo momento, il passo più utile per lei è ridefinire i propri confini, valutando un percorso personale di supporto per elaborare la rabbia e capire se e come proseguire la relazione in modo protetto.
Dott.ssa Alina Mustatea — Psicologa Clinica e Giuridica, Psicodiagnosta clinica e forense, Coordinatore Genitoriale
Capisco quanto ciò che racconti sia stato doloroso e destabilizzante. Sentirsi violata nella fiducia, soprattutto da una persona amata, lascia inevitabilmente un segno profondo.
Al di là della gravità dei comportamenti che descrivi, credo possa esserti utile ora spostare lo sguardo su di te e su ciò che senti davvero: capire cosa ti fa stare meglio, cosa ti tutela e se il pensiero di chiudere questa relazione nasce da un bisogno di protezione o dal fatto che, dentro di te, non c’è più spazio per quell’amore.
A volte, in situazioni così complesse, la cosa più importante è riconoscere dove finisce la ferita e dove comincia la scelta consapevole di prendersi cura di sé.
Rispetto al lavoro della sua terapeuta, è probabile che ciò che viene portato in seduta venga accolto come materiale per la riflessione, senza poter intervenire direttamente sui comportamenti della tua compagna al di fuori del contesto terapeutico.
Concentrerei le energie nella comprensione dei tuoi bisogni e nel confronto trasparente con la tua compagna.
Un caro augurio.
Al di là della gravità dei comportamenti che descrivi, credo possa esserti utile ora spostare lo sguardo su di te e su ciò che senti davvero: capire cosa ti fa stare meglio, cosa ti tutela e se il pensiero di chiudere questa relazione nasce da un bisogno di protezione o dal fatto che, dentro di te, non c’è più spazio per quell’amore.
A volte, in situazioni così complesse, la cosa più importante è riconoscere dove finisce la ferita e dove comincia la scelta consapevole di prendersi cura di sé.
Rispetto al lavoro della sua terapeuta, è probabile che ciò che viene portato in seduta venga accolto come materiale per la riflessione, senza poter intervenire direttamente sui comportamenti della tua compagna al di fuori del contesto terapeutico.
Concentrerei le energie nella comprensione dei tuoi bisogni e nel confronto trasparente con la tua compagna.
Un caro augurio.
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