Gentili dottori, vorrei raccontarvi una situazione che mi riguarda e che da molti mesi non mi fa
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risposte
Gentili dottori,
vorrei raccontarvi una situazione che mi riguarda e che da molti mesi non mi fa essere tranquilla con me stessa, creando una sensazione di insoddisfazione e malessere costante. È la storia di un amore che non è mai diventato realtà, ma che ha segnato la mia vita più di tanti altri che invece ho vissuto fino in fondo.
Tanti anni fa, ero fidanzata con un ragazzo con cui avevo costruito un progetto concreto: avevamo comprato una casa. Avevamo iniziato i lavori di ristrutturazione, sognavamo il matrimonio, una vita insieme. Poi, a pochi mesi dal fatidico "sì", mi ha lasciata. È stato un colpo durissimo ma col tempo credo di aver superato (non stavamo più bene insieme, non eravamo felici).
Ma non mi sono arresa: ho deciso di portare avanti il progetto della casa con le mie forze, come un atto di riscatto, di indipendenza.
Comunque dopo poco tempo, mi sono avvicinata ad un ragazzo che già lavorava nel mio stesso posto di lavoro ed è diventato il mio attuale fidanzato. Con lui ho ricostruito una stabilità, una quotidianità. Dopo 2 anni siamo andati finalmente a convivere.
Ma proprio in quel momento, pochi mesi dopo l'inizio della nostra convivenza, nella mia vita è entrato Paolo.
Era stato assunto nella mia stessa azienda, lui lavorava in un’altra divisione del mio ufficio. All’inizio ci salutavamo appena, con cordialità. Poi, per lavoro, abbiamo iniziato a scambiarci email per chiarimenti lavorativi. E quegli scambi, pian piano, con una battuta o una riflessione, sono diventati qualcosa di più: un appuntamento quotidiano, un momento di respiro, di leggerezza, di complicità.
In breve abbiamo iniziato a pranzare insieme, anche solo pochi minuti rubati al resto.
Ed in un altrettanto breve periodo mi sono ritrovata a ridurre il tempo a pranzo a casa dei miei genitori per stare con lui.
Dopo un po' anche dopo il lavoro ci fermavamo insieme, prima davanti alla mia macchina e poi avevamo iniziato a passeggiare per le vie meno frequentate della città, parlando di tutto e di niente, come due persone che si riconoscono nell’anima. Camminavamo senza meta sulle stesse vie, in un senso e nell'altro, con il solo scopo di stare li a raccontarci, a conoscerci.
Paolo non mi ha mai forzata era sempre attento a non esagerare mai.
Dopo un anno, mi ha detto chiaramente quello che provava. Mi amava, voleva un futuro insieme. Io non ho rifiutato le sue attenzioni, i suoi regali. Anzi; anche se non ho mai permesso un bacio, anche se in ascensore stavamo attaccati, ci sfioravamo, respirandoci addosso, non ho mai oltrepassato quel limite. Ma qualcosa c'era, la voglia di stare con lui era costante. Gli dedicavo le canzoni che amavo e gli facevo scoprire i testi in cui c'erano parole d'amore, amori che nascevano, sentimenti di rinascita e immagini simili. Messaggi inconsci probabilmente, forse di un sentimento che non osavo dichiarare nemmeno a me stessa.
Durante i momenti insieme i miei sorrisi verso di lui erano enormi, pieni. Ma vedevo anche la sua tristezza ogni volta che mi salutava e io tornavo a casa dal mio compagno. Poi, in me, qualcosa è cambiato. Ho iniziato ad aprirmi di più verso di lui; a parlare di futuro insieme a casa mia.
Un giorno d'estate non so dove abbia trovato il coraggio, invece di passare la pausa pranzo insieme su una panchina nel solito parchetto, l’ho invitato a pranzo dai miei genitori! Lui era entusiasta ed ha accettato subito. Il pranzo è andato benissimo, mia mamma sembrava piacevolmente colpita da lui, mio padre più titubante (ma anche di carattere non lascia trasparire nulla).
Ma forse quella mia apertura verso di lui, ha creato più problemi che benefici. Sono stata troppo superficiale, dovevo preparare meglio il terreno?
L'ho presentato come un collega/amico che lavorando lontano da casa spesso mangia da solo e quindi volevo offrirgli un pasto più normale; dopotutto l'avevo fatto anche con altre persone dell'ufficio in anni precedenti, anche per farle ambientare in un contesto nuovo.
Credo che in quel momento i miei abbiano capito che c’era qualcosa di diverso stavolta, qualcosa che non era come al solito. Mia madre dopo poco ha iniziato a controllarmi di più chiedendomi di tornare prima per pranzare a casa e farmi vedere la sera dopo l'ufficio; poi mi ha detto chiaramente che non avrei dovuto "creare problemi".
Ad un certo punto ho scelto di cambiare lavoro (anche Paolo mi ha spinta ad andare in una situazione più sicura economicamente), dal lavoro di ufficio, ad un negozio a contatto coi clienti.
Mi sono spostata di un chilometro o poco più, ma con orari diversi. Paolo, quasi ogni sera, aspettava un’ora e mezza dopo il suo orario di lavoro solo per poter stare con me. Nelle pause pranzo lui veniva da me o io andavo da lui. Fortunatamente entrambi lavoravamo vicinissimi a degli splendidi parchi pubblici; anche se fossero stati solamente dieci minuti insieme in un parco entrambi saremmo corsi.
Poi anche lui ha cambiato lavoro, trasferendosi in un’altra città — anche su mio invito, perché così avrebbe dimostrato ai miei genitori che era una persona che voleva impegnarsi e crescere — le nostre occasioni di vederci si sono drasticamente ridotte.
Ma lui faceva comunque il possibile: si spostava, si organizzava, trovava spazio per venire da me, ogni tanto a pranzo, ogni tanto dopo lavoro.
Per poter mandarci più messaggi in quel periodo ho comprato una sim nuova, per poterlo contattare e ricevere messaggi senza rischiare che i arrivassero in momenti inopportuni.
E proprio in quel periodo, mia padre è stato colpito da un grave problema di salute. Tutto si è spostato: la mia attenzione, il mio tempo, la mia energia sono andati alla famiglia.
Poi è successo: Paolo si è sentito solo. Mi ha scritto una mail straziante, in cui diceva che così non si sentiva veramente amato, capiva la situazione, ma gli sembrava che ogni volta "gli altri" avessero sempre la priorità su noi due; non poteva più vivere di promesse, di “un giorno capirai”. Probabilmente aveva ragione.
Ma davanti ai suoi dubbi, invece di affrontare la situazione, ho avuto paura, mi sono raffreddata. Ho iniziato a distanziarmi. Dovevo capire cosa volevo.
Quindi ho ridotto i contatti con lui, e continuavo la mia vita tra lavoro, casa dei mie e casa mia con il mio fidanzato che faceva di tutto per ripristinare le cose tra noi, visto che inevitabilmente da tempo avevo trascurato e si trascinavano avanti senza slancio. Paolo poteva solo scrivermi, cercarmi e arrabbiarsi perchè io sparivo, rispondevo a singhiozzo e con poca voglia, non gli ho dato alternative; chissà cosa pensava in quel periodo.
Qualche mese dopo, verso Natale, Paolo mi ha regalato un libro sull'amore che conteneva anche un invito con una nostra foto occhi negli occhi e una data: validità fino a Capodanno.
Penso fosse un ultimatum travestito da speranza. Ma per me è stato troppo. Mi ha messo di fronte a una scelta che non ero pronta a fare.
Arrabbiato per i miei tentennamenti mi ha tempestato di messaggi per trovare il modo di dialogare e parlare. Ma non riuscivo a fare nulla. Gli altri attorno a me hanno capito che i messaggi erano troppi. Ho fatto finta di niente, ho spento il cellulare e l'ho chiuso fuori dal mio mondo. Lì ho deciso di chiudere tutto.
Era la cosa più dolorosa e contemporaneamente più semplice per me: tagliare quel ramo, tornare nei soliti binari, non creare problemi agli altri, fare di tutto per dimenticarlo.
Gli ho scritto un messaggio sicuramente freddo, forse ingiusto, in cui dicevo che non era più il caso di continuare a sentirci ed era meglio non vederci più. Mi sono sentita più leggera.
Da allora però c'è il vuoto. Un vuoto enorme. So che col tempo passerà, che riuscirò a rimettere in ordine le cose, a tornare totalmente dentro la vita che avevo prima di incontrarlo.
Ma penso a Paolo ogni giorno. Lui continua a scrivermi. Leggevo i messaggi, ma non rispondevo, chiedeva perchè si era rotto tutto così, perchè non un chiarimento guardandosi, forse chiedeva solamente più rispetto.
Ora non li leggo più i messaggi che ancora sporadicamente arrivano. Perché leggerli e magari rispondere vorrebbe dire riaprire una porta che non so più se voglio davvero aprire. Vedersi sarebbe qualcosa di troppo grande: un passo che non so se ho il coraggio di compiere. Non saprei nemmeno spiegare il mio modo di fare.
Vivo con il senso di colpa per non aver avuto il coraggio di sceglierlo. Con il senso di dovere verso il mio compagno, che non merita questo. Con il peso della famiglia, della casa, del passato che mi lega.
Ma soprattutto, vivo con la consapevolezza che forse ho perso l’unica persona che mi ha fatta sentire davvero me stessa: viva, libera, non mi voleva perfetta e non mi ha mai fatta sentire giudicata (se non nel finale del rapporto, quando potevo dargli briciole).
Se prima di lui avevo tutto (amore, casa, famiglia) perchè ho lasciato così tanto spazio a Paolo? E perchè se lui ha avuto così tanta importanza dentro di me, non sono mai riuscita ad andare oltre con lui? solo allusioni e qualche promessa non mantenuta?
Vorrei capire: cosa mi ha trattenuto? È stata paura? Lealtà? Abitudine? Vero amore verso il mio compagno? verso la famiglia? Sono sempre stata una figlia perfetta, una fidanzata perfetta, ma sono mai stata davvero felice? oppure facevo solo felici gli altri?
Forse mi sono sempre illusa di scegliere, ma credo invece di aver sempre scelto di non scegliere, scelto di non cambiare le cose.
Riuscirò mai ad andare davvero oltre, a dimenticare questi anni e a creare una famiglia con il mio fidanzato?
Grazie per avermi ascoltato.
Con la speranza di ricevere qualche utile suggerimento.
Buona giornata.
vorrei raccontarvi una situazione che mi riguarda e che da molti mesi non mi fa essere tranquilla con me stessa, creando una sensazione di insoddisfazione e malessere costante. È la storia di un amore che non è mai diventato realtà, ma che ha segnato la mia vita più di tanti altri che invece ho vissuto fino in fondo.
Tanti anni fa, ero fidanzata con un ragazzo con cui avevo costruito un progetto concreto: avevamo comprato una casa. Avevamo iniziato i lavori di ristrutturazione, sognavamo il matrimonio, una vita insieme. Poi, a pochi mesi dal fatidico "sì", mi ha lasciata. È stato un colpo durissimo ma col tempo credo di aver superato (non stavamo più bene insieme, non eravamo felici).
Ma non mi sono arresa: ho deciso di portare avanti il progetto della casa con le mie forze, come un atto di riscatto, di indipendenza.
Comunque dopo poco tempo, mi sono avvicinata ad un ragazzo che già lavorava nel mio stesso posto di lavoro ed è diventato il mio attuale fidanzato. Con lui ho ricostruito una stabilità, una quotidianità. Dopo 2 anni siamo andati finalmente a convivere.
Ma proprio in quel momento, pochi mesi dopo l'inizio della nostra convivenza, nella mia vita è entrato Paolo.
Era stato assunto nella mia stessa azienda, lui lavorava in un’altra divisione del mio ufficio. All’inizio ci salutavamo appena, con cordialità. Poi, per lavoro, abbiamo iniziato a scambiarci email per chiarimenti lavorativi. E quegli scambi, pian piano, con una battuta o una riflessione, sono diventati qualcosa di più: un appuntamento quotidiano, un momento di respiro, di leggerezza, di complicità.
In breve abbiamo iniziato a pranzare insieme, anche solo pochi minuti rubati al resto.
Ed in un altrettanto breve periodo mi sono ritrovata a ridurre il tempo a pranzo a casa dei miei genitori per stare con lui.
Dopo un po' anche dopo il lavoro ci fermavamo insieme, prima davanti alla mia macchina e poi avevamo iniziato a passeggiare per le vie meno frequentate della città, parlando di tutto e di niente, come due persone che si riconoscono nell’anima. Camminavamo senza meta sulle stesse vie, in un senso e nell'altro, con il solo scopo di stare li a raccontarci, a conoscerci.
Paolo non mi ha mai forzata era sempre attento a non esagerare mai.
Dopo un anno, mi ha detto chiaramente quello che provava. Mi amava, voleva un futuro insieme. Io non ho rifiutato le sue attenzioni, i suoi regali. Anzi; anche se non ho mai permesso un bacio, anche se in ascensore stavamo attaccati, ci sfioravamo, respirandoci addosso, non ho mai oltrepassato quel limite. Ma qualcosa c'era, la voglia di stare con lui era costante. Gli dedicavo le canzoni che amavo e gli facevo scoprire i testi in cui c'erano parole d'amore, amori che nascevano, sentimenti di rinascita e immagini simili. Messaggi inconsci probabilmente, forse di un sentimento che non osavo dichiarare nemmeno a me stessa.
Durante i momenti insieme i miei sorrisi verso di lui erano enormi, pieni. Ma vedevo anche la sua tristezza ogni volta che mi salutava e io tornavo a casa dal mio compagno. Poi, in me, qualcosa è cambiato. Ho iniziato ad aprirmi di più verso di lui; a parlare di futuro insieme a casa mia.
Un giorno d'estate non so dove abbia trovato il coraggio, invece di passare la pausa pranzo insieme su una panchina nel solito parchetto, l’ho invitato a pranzo dai miei genitori! Lui era entusiasta ed ha accettato subito. Il pranzo è andato benissimo, mia mamma sembrava piacevolmente colpita da lui, mio padre più titubante (ma anche di carattere non lascia trasparire nulla).
Ma forse quella mia apertura verso di lui, ha creato più problemi che benefici. Sono stata troppo superficiale, dovevo preparare meglio il terreno?
L'ho presentato come un collega/amico che lavorando lontano da casa spesso mangia da solo e quindi volevo offrirgli un pasto più normale; dopotutto l'avevo fatto anche con altre persone dell'ufficio in anni precedenti, anche per farle ambientare in un contesto nuovo.
Credo che in quel momento i miei abbiano capito che c’era qualcosa di diverso stavolta, qualcosa che non era come al solito. Mia madre dopo poco ha iniziato a controllarmi di più chiedendomi di tornare prima per pranzare a casa e farmi vedere la sera dopo l'ufficio; poi mi ha detto chiaramente che non avrei dovuto "creare problemi".
Ad un certo punto ho scelto di cambiare lavoro (anche Paolo mi ha spinta ad andare in una situazione più sicura economicamente), dal lavoro di ufficio, ad un negozio a contatto coi clienti.
Mi sono spostata di un chilometro o poco più, ma con orari diversi. Paolo, quasi ogni sera, aspettava un’ora e mezza dopo il suo orario di lavoro solo per poter stare con me. Nelle pause pranzo lui veniva da me o io andavo da lui. Fortunatamente entrambi lavoravamo vicinissimi a degli splendidi parchi pubblici; anche se fossero stati solamente dieci minuti insieme in un parco entrambi saremmo corsi.
Poi anche lui ha cambiato lavoro, trasferendosi in un’altra città — anche su mio invito, perché così avrebbe dimostrato ai miei genitori che era una persona che voleva impegnarsi e crescere — le nostre occasioni di vederci si sono drasticamente ridotte.
Ma lui faceva comunque il possibile: si spostava, si organizzava, trovava spazio per venire da me, ogni tanto a pranzo, ogni tanto dopo lavoro.
Per poter mandarci più messaggi in quel periodo ho comprato una sim nuova, per poterlo contattare e ricevere messaggi senza rischiare che i arrivassero in momenti inopportuni.
E proprio in quel periodo, mia padre è stato colpito da un grave problema di salute. Tutto si è spostato: la mia attenzione, il mio tempo, la mia energia sono andati alla famiglia.
Poi è successo: Paolo si è sentito solo. Mi ha scritto una mail straziante, in cui diceva che così non si sentiva veramente amato, capiva la situazione, ma gli sembrava che ogni volta "gli altri" avessero sempre la priorità su noi due; non poteva più vivere di promesse, di “un giorno capirai”. Probabilmente aveva ragione.
Ma davanti ai suoi dubbi, invece di affrontare la situazione, ho avuto paura, mi sono raffreddata. Ho iniziato a distanziarmi. Dovevo capire cosa volevo.
Quindi ho ridotto i contatti con lui, e continuavo la mia vita tra lavoro, casa dei mie e casa mia con il mio fidanzato che faceva di tutto per ripristinare le cose tra noi, visto che inevitabilmente da tempo avevo trascurato e si trascinavano avanti senza slancio. Paolo poteva solo scrivermi, cercarmi e arrabbiarsi perchè io sparivo, rispondevo a singhiozzo e con poca voglia, non gli ho dato alternative; chissà cosa pensava in quel periodo.
Qualche mese dopo, verso Natale, Paolo mi ha regalato un libro sull'amore che conteneva anche un invito con una nostra foto occhi negli occhi e una data: validità fino a Capodanno.
Penso fosse un ultimatum travestito da speranza. Ma per me è stato troppo. Mi ha messo di fronte a una scelta che non ero pronta a fare.
Arrabbiato per i miei tentennamenti mi ha tempestato di messaggi per trovare il modo di dialogare e parlare. Ma non riuscivo a fare nulla. Gli altri attorno a me hanno capito che i messaggi erano troppi. Ho fatto finta di niente, ho spento il cellulare e l'ho chiuso fuori dal mio mondo. Lì ho deciso di chiudere tutto.
Era la cosa più dolorosa e contemporaneamente più semplice per me: tagliare quel ramo, tornare nei soliti binari, non creare problemi agli altri, fare di tutto per dimenticarlo.
Gli ho scritto un messaggio sicuramente freddo, forse ingiusto, in cui dicevo che non era più il caso di continuare a sentirci ed era meglio non vederci più. Mi sono sentita più leggera.
Da allora però c'è il vuoto. Un vuoto enorme. So che col tempo passerà, che riuscirò a rimettere in ordine le cose, a tornare totalmente dentro la vita che avevo prima di incontrarlo.
Ma penso a Paolo ogni giorno. Lui continua a scrivermi. Leggevo i messaggi, ma non rispondevo, chiedeva perchè si era rotto tutto così, perchè non un chiarimento guardandosi, forse chiedeva solamente più rispetto.
Ora non li leggo più i messaggi che ancora sporadicamente arrivano. Perché leggerli e magari rispondere vorrebbe dire riaprire una porta che non so più se voglio davvero aprire. Vedersi sarebbe qualcosa di troppo grande: un passo che non so se ho il coraggio di compiere. Non saprei nemmeno spiegare il mio modo di fare.
Vivo con il senso di colpa per non aver avuto il coraggio di sceglierlo. Con il senso di dovere verso il mio compagno, che non merita questo. Con il peso della famiglia, della casa, del passato che mi lega.
Ma soprattutto, vivo con la consapevolezza che forse ho perso l’unica persona che mi ha fatta sentire davvero me stessa: viva, libera, non mi voleva perfetta e non mi ha mai fatta sentire giudicata (se non nel finale del rapporto, quando potevo dargli briciole).
Se prima di lui avevo tutto (amore, casa, famiglia) perchè ho lasciato così tanto spazio a Paolo? E perchè se lui ha avuto così tanta importanza dentro di me, non sono mai riuscita ad andare oltre con lui? solo allusioni e qualche promessa non mantenuta?
Vorrei capire: cosa mi ha trattenuto? È stata paura? Lealtà? Abitudine? Vero amore verso il mio compagno? verso la famiglia? Sono sempre stata una figlia perfetta, una fidanzata perfetta, ma sono mai stata davvero felice? oppure facevo solo felici gli altri?
Forse mi sono sempre illusa di scegliere, ma credo invece di aver sempre scelto di non scegliere, scelto di non cambiare le cose.
Riuscirò mai ad andare davvero oltre, a dimenticare questi anni e a creare una famiglia con il mio fidanzato?
Grazie per avermi ascoltato.
Con la speranza di ricevere qualche utile suggerimento.
Buona giornata.
Buongiorno cara, mi colpiscono le tue difficoltà ma anche la tua capacità di analisi e la lucidità con cui descrivi la situazione perchè mostrano una grande maturità emotiva (anche se in questo momento ti senti divisa tra scelte diverse).
CApisco la difficoltà nel sostenere le proprie scelte quando queste entrano in conflitto con le aspettative esterne e con l'immagine di "figlia e fidanzata perfetta" che hai costruito nel tempo. Paolo ha rappresentato un incontro con una parte di te più spontanea e libera, una parte che probabilmente avevi messo in secondo piano per mantenere stabilità e approvazione.
Il meccanismo del "non scegliere" che descrivi è una strategia di protezione che evita il dolore immediato della perdita, ma genera una sofferenza più sottile e duratura: quella di non sapere chi saresti stata se avessi avuto il coraggio di seguire il tuo sentire autentico. La paura di deludere gli altri e di affrontare le conseguenze di una scelta dirompente ti ha portata a scegliere l'immobilità, che però non è neutralità: è anch'essa una scelta, con le sue conseguenze.
La domanda che poni: "sono sempre stata una figlia perfetta, una fidanzata perfetta, ma sono mai stata davvero felice?", tocca il nucleo del tuo dilemma. Sembra che tu abbia costruito la tua identità principalmente attraverso la capacità di soddisfare le aspettative ALTRUI, sacrificando gradualmente il contatto con i tuoi desideri più autentici.
Il senso di colpa che provi verso il tuo compagno e il rimpianto verso Paolo sono entrambi segnali di parti di te che non trovano spazio di espressione nella situazione attuale. Non si tratta necessariamente di scegliere Paolo, ma di riconoscere quella parte vitale che lui ha risvegliato e trovare modi per onorarla nella tua vita.
Quello che ti suggerisco è un percorso di crescita e introspoezione che ti aiuti a riconnetterti con i tuoi bisogni più autentici attraverso un lavoro sulle diverse parti di te: la parte che cerca sicurezza, quella che desidera libertà, quella che vuole approvazione. Attraverso tecniche di Voice Dialogue (dialogo con le parti di sè) potresti esplorare cosa rappresenta realmente Paolo per te, se una persona specifica o una porta verso aspetti di te che hai trascurato. Parallelamente, un lavoro di mindfulness ti aiuterebbe a stare nel presente senza essere sopraffatta dal rimpianto o dall'ansia per il futuro. pensaci seriamente sono tua disposizione per sostenerti e seguirti in questo cammino.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork
CApisco la difficoltà nel sostenere le proprie scelte quando queste entrano in conflitto con le aspettative esterne e con l'immagine di "figlia e fidanzata perfetta" che hai costruito nel tempo. Paolo ha rappresentato un incontro con una parte di te più spontanea e libera, una parte che probabilmente avevi messo in secondo piano per mantenere stabilità e approvazione.
Il meccanismo del "non scegliere" che descrivi è una strategia di protezione che evita il dolore immediato della perdita, ma genera una sofferenza più sottile e duratura: quella di non sapere chi saresti stata se avessi avuto il coraggio di seguire il tuo sentire autentico. La paura di deludere gli altri e di affrontare le conseguenze di una scelta dirompente ti ha portata a scegliere l'immobilità, che però non è neutralità: è anch'essa una scelta, con le sue conseguenze.
La domanda che poni: "sono sempre stata una figlia perfetta, una fidanzata perfetta, ma sono mai stata davvero felice?", tocca il nucleo del tuo dilemma. Sembra che tu abbia costruito la tua identità principalmente attraverso la capacità di soddisfare le aspettative ALTRUI, sacrificando gradualmente il contatto con i tuoi desideri più autentici.
Il senso di colpa che provi verso il tuo compagno e il rimpianto verso Paolo sono entrambi segnali di parti di te che non trovano spazio di espressione nella situazione attuale. Non si tratta necessariamente di scegliere Paolo, ma di riconoscere quella parte vitale che lui ha risvegliato e trovare modi per onorarla nella tua vita.
Quello che ti suggerisco è un percorso di crescita e introspoezione che ti aiuti a riconnetterti con i tuoi bisogni più autentici attraverso un lavoro sulle diverse parti di te: la parte che cerca sicurezza, quella che desidera libertà, quella che vuole approvazione. Attraverso tecniche di Voice Dialogue (dialogo con le parti di sè) potresti esplorare cosa rappresenta realmente Paolo per te, se una persona specifica o una porta verso aspetti di te che hai trascurato. Parallelamente, un lavoro di mindfulness ti aiuterebbe a stare nel presente senza essere sopraffatta dal rimpianto o dall'ansia per il futuro. pensaci seriamente sono tua disposizione per sostenerti e seguirti in questo cammino.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
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Gentile utente,
grazie per aver condiviso una parte così profonda e delicata della tua storia. Le emozioni che descrivi — il senso di vuoto, i dubbi, il rimpianto, la paura di ferire e di scegliere — raccontano un conflitto interiore molto forte, che sembra averti lasciata sospesa tra due mondi: quello che hai costruito e quello che hai solo sfiorato, ma che ha smosso qualcosa di autentico dentro di te.
Non è facile distinguere tra le scelte fatte per fedeltà a un’idea di sé — come “la figlia perfetta”, “la compagna affidabile” — e quelle fatte per un bisogno più profondo di felicità. A volte, per anni, si può restare in equilibrio tra doveri e desideri senza riuscire a decidere, finché qualcosa dentro non ci spinge a porci domande difficili.
Il fatto che tu senta oggi il bisogno di riflettere su tutto questo è già un primo passo importante. Ti suggerirei di non affrontare da sola questa complessità, ma di valutare un percorso con un* professionista della salute psicologica: potrà offrirti uno spazio protetto dove esplorare con più chiarezza ciò che davvero desideri e meriti, senza giudizi, ma con strumenti per orientarti.
Ti auguro di poter ritrovare un senso di serenità, prima di tutto con te stessa.
Un caro saluto
grazie per aver condiviso una parte così profonda e delicata della tua storia. Le emozioni che descrivi — il senso di vuoto, i dubbi, il rimpianto, la paura di ferire e di scegliere — raccontano un conflitto interiore molto forte, che sembra averti lasciata sospesa tra due mondi: quello che hai costruito e quello che hai solo sfiorato, ma che ha smosso qualcosa di autentico dentro di te.
Non è facile distinguere tra le scelte fatte per fedeltà a un’idea di sé — come “la figlia perfetta”, “la compagna affidabile” — e quelle fatte per un bisogno più profondo di felicità. A volte, per anni, si può restare in equilibrio tra doveri e desideri senza riuscire a decidere, finché qualcosa dentro non ci spinge a porci domande difficili.
Il fatto che tu senta oggi il bisogno di riflettere su tutto questo è già un primo passo importante. Ti suggerirei di non affrontare da sola questa complessità, ma di valutare un percorso con un* professionista della salute psicologica: potrà offrirti uno spazio protetto dove esplorare con più chiarezza ciò che davvero desideri e meriti, senza giudizi, ma con strumenti per orientarti.
Ti auguro di poter ritrovare un senso di serenità, prima di tutto con te stessa.
Un caro saluto
Salve, il carico emotivo che porta con sé, immagino sia al limite della tollerabilità. Le sue parole, la sua narrazione e le sue domande rivelano alcune dimensioni essenziali da attraversare. Non è nel mio modo di lavorare dare "suggerimenti", ma forse lei non ne ha neanche bisogno.
Cosa sta cercando fuori da lei che non abbia già dentro?.
Serve prendere spazio e cura per queste significative domande che la tormentano.
Cosa sta cercando fuori da lei che non abbia già dentro?.
Serve prendere spazio e cura per queste significative domande che la tormentano.
Gentilissima, grazie di aver condiviso un pezzetto della tua vita. Dalla tua narrazione, penso ci sia un po' un divario tra ciò che la "te stessa" più profonda vorrebbe, e ciò che, la te stessa che "deve" mostrarsi agli altri, fa: e questo, probabilmente, ti porta a un dilemma interiore difficile da districare. Una "te stessa", quindi, regolata dalla ragione, dal dover aderire alle convenzioni, alle regole familiari e/o sociali, dall'appagare quel bisogno di sicurezza, stabilità che il rapporto precedente (il primo che hai citato) aveva frantumato; l'altra "te stessa" più viscerale, probabilmente più emotiva, istintiva, mossa dalla ricerca di un benessere interiore. Penso inoltre che non sia semplice seguire la parte più "viscerale", meno conosciuta e quindi meno gestibile e, forse, meno sicura... Sarebbe curioso provare a dialogare con questa "parte", comprendere quali bisogni l'hanno portata a dare spazio a Paolo, cosa cerca di dirti, come si sente, quali preoccupazioni la muovono. Inoltre, sarebbe interessante porsi altre domande, come: Se scelgo la felicità interiore, io, che sono sempre stata la persona "perfetta", cosa diranno gli altri? Cosa penseranno di me? Come reagirò alle loro reazioni? La scelta è davvero tra te e te o tra te e quello che gli altri potrebbero pensare se andassi contro agli standard a cui sei sempre rimasta fedele per non deluderli. Dove e quando hai imparato ad essere quella persona perfetta che gli altri si aspettano che tu sia? Quale bisogno si nasconde dietro a questo tuo possibile modo di funzionare? Cosa pensi di te stessa quando aderisci ad uno standard "di perfezione"? Cosa eviti di pensare di te stessa, quando ti comporti come una "persona perfetta"? Cos'è per te la felicità? Cos'hai imparato della felicità? E' un qualcosa da raggiungere o da rifuggire? Incuriosisce, ci avvicina a sensazioni positive o fa paura? Non so se tu abbia scelto di non scegliere o se questa scelta di non sentire più Paolo sia una scelta, la scelta di non cambiare. Se ti connetti alla parte più profonda di te, quella che, potrebbe aver dato spazio a Paolo, come si sente in questo momento? Spero di averti dato qualche spunto di riflessione in più rispetto alle profonde riflessioni che hai già portato avanti da sola. Buona giornata. Valentina
Gent.ma utente,
il suo racconto è coinvolgente, intenso, bello da leggere per la sua capacità narrativa (che le consiglio vivamente di coltivare!). Ci sono, ovviamente, anche tante emozioni vere in ballo: amore, empatia, frustrazione, insoddisfazione, tristezza, paura. E c'è il bisogno di comprendere lucidamente perché ci sono scelte così difficili da prendere, perché non si riesce ad accontentare tutti, perché non si possono sempre avere le risposte che uno cerca dagli altri.
Ora si ritrova a tentare di gestire tutta questa mole di pensieri: rischia di diventare una pesante zavorra che potrebbe non andare mai via definitivamente. Perché la mente umana soffre del bias della negatività e viene calamitata con forza da pensieri intrusivi, da tutti i "se" e i "ma" del passato, dal tentativo forsennato di trovare risposte a problemi irrisolvibili. E la sua mente continuerà ad autosabotarla finché le emozioni, che questi ricordi e queste riflessioni fanno emergere, non perderanno la loro intensità e lei tenterà invano di scacciarle via o di evitarle.
La realtà, gentile utente, è che quanto accaduto non si può cancellare, che le sue esperienze di vita con Paolo rimarranno nei suoi ricordi e alimenteranno ancora le sue domande senza risposta, l'immaginario di un futuro mai realizzato. Per cominciare a placare questa sua profonda insoddisfazione deve accettare questi pensieri e questi sentimenti e tenerli vicino a lei, senza evitarli o lottare contro di loro. Tenerli vicini per capire qualcosa in più di sé stessa, cosa desidera per il suo benessere psicologico, ciò che si allinea meglio ai suoi valori più importanti. Scoprirà come vuole sentirsi quando si trova con un'altra persona, come può smettere di mettere la felicità degli altri davanti alla propria e consentirà a sé stessa di essere uno spirito autonomo e libero dal giudizio o dalla volontà altrui.
Questo non significa tornare indietro e cambiare le sue scelte, sarebbe solo una nuova ruminazione. Ma significa creare saggezza per il futuro e acquisire maggiore flessibilità psicologica rispetto alla presenza dei suoi pensieri intrusivi. Ha bisogno, senza dubbio, di generare auto-compassione e di ammettere la sua fragilità verso la volatilità degli eventi e del comportamento delle altre persone, di accogliere con gentilezza questa umana debolezza e farla diventare coraggio per riprendere in mano la sua vita, il suo presente e goderselo fino in fondo, senza rimorsi e senza confronti, senza quel critico interiore che giudica e colpisce l'autostima.
Col tempo, forse, raggiungerà una nuova consapevolezza: che non esiste la "persona giusta", che non ci sono i treni che "passano una volta sola". Ogni connessione, ogni relazione significativa ci arricchisce in qualche modo e può regalarci momenti di vere emozioni positive e coinvolgenti. Ma il tempismo gioca la sua parte e non sempre ci troviamo nel periodo della vita che ci permette di allinearci a quello di un'altra persona, di condividere scelte e progetti di vita e possiamo decidere di tenerci solo il meglio del presente, senza concentrarci sempre su ciò che manca, su ciò che potrebbe essere.
Per affrontare questo difficile periodo di overthinking e gestione emotiva, valuti la possibilità di un supporto psicologico. Con il giusto percorso aumenterà la sua flessibilità cognitiva e la disponibilità a sganciarsi più facilmente da tutto questo affannoso rimuginio.
Se lo desidera, sono a sua disposizione per ascoltarla e supportarla in un percorso di questo tipo, anche online.
Le auguro il meglio, Dott. Antonio Cortese
il suo racconto è coinvolgente, intenso, bello da leggere per la sua capacità narrativa (che le consiglio vivamente di coltivare!). Ci sono, ovviamente, anche tante emozioni vere in ballo: amore, empatia, frustrazione, insoddisfazione, tristezza, paura. E c'è il bisogno di comprendere lucidamente perché ci sono scelte così difficili da prendere, perché non si riesce ad accontentare tutti, perché non si possono sempre avere le risposte che uno cerca dagli altri.
Ora si ritrova a tentare di gestire tutta questa mole di pensieri: rischia di diventare una pesante zavorra che potrebbe non andare mai via definitivamente. Perché la mente umana soffre del bias della negatività e viene calamitata con forza da pensieri intrusivi, da tutti i "se" e i "ma" del passato, dal tentativo forsennato di trovare risposte a problemi irrisolvibili. E la sua mente continuerà ad autosabotarla finché le emozioni, che questi ricordi e queste riflessioni fanno emergere, non perderanno la loro intensità e lei tenterà invano di scacciarle via o di evitarle.
La realtà, gentile utente, è che quanto accaduto non si può cancellare, che le sue esperienze di vita con Paolo rimarranno nei suoi ricordi e alimenteranno ancora le sue domande senza risposta, l'immaginario di un futuro mai realizzato. Per cominciare a placare questa sua profonda insoddisfazione deve accettare questi pensieri e questi sentimenti e tenerli vicino a lei, senza evitarli o lottare contro di loro. Tenerli vicini per capire qualcosa in più di sé stessa, cosa desidera per il suo benessere psicologico, ciò che si allinea meglio ai suoi valori più importanti. Scoprirà come vuole sentirsi quando si trova con un'altra persona, come può smettere di mettere la felicità degli altri davanti alla propria e consentirà a sé stessa di essere uno spirito autonomo e libero dal giudizio o dalla volontà altrui.
Questo non significa tornare indietro e cambiare le sue scelte, sarebbe solo una nuova ruminazione. Ma significa creare saggezza per il futuro e acquisire maggiore flessibilità psicologica rispetto alla presenza dei suoi pensieri intrusivi. Ha bisogno, senza dubbio, di generare auto-compassione e di ammettere la sua fragilità verso la volatilità degli eventi e del comportamento delle altre persone, di accogliere con gentilezza questa umana debolezza e farla diventare coraggio per riprendere in mano la sua vita, il suo presente e goderselo fino in fondo, senza rimorsi e senza confronti, senza quel critico interiore che giudica e colpisce l'autostima.
Col tempo, forse, raggiungerà una nuova consapevolezza: che non esiste la "persona giusta", che non ci sono i treni che "passano una volta sola". Ogni connessione, ogni relazione significativa ci arricchisce in qualche modo e può regalarci momenti di vere emozioni positive e coinvolgenti. Ma il tempismo gioca la sua parte e non sempre ci troviamo nel periodo della vita che ci permette di allinearci a quello di un'altra persona, di condividere scelte e progetti di vita e possiamo decidere di tenerci solo il meglio del presente, senza concentrarci sempre su ciò che manca, su ciò che potrebbe essere.
Per affrontare questo difficile periodo di overthinking e gestione emotiva, valuti la possibilità di un supporto psicologico. Con il giusto percorso aumenterà la sua flessibilità cognitiva e la disponibilità a sganciarsi più facilmente da tutto questo affannoso rimuginio.
Se lo desidera, sono a sua disposizione per ascoltarla e supportarla in un percorso di questo tipo, anche online.
Le auguro il meglio, Dott. Antonio Cortese
Salve paziente anonima
Credo che sia necessario che lei per prima Co. Ore
Credo che sia necessario che lei per prima Co. Ore
Gentile utente,
dalle sue parole traspare con chiarezza la profondità dei sentimenti che ha vissuto e la complessità delle scelte che si è trovata ad affrontare. In situazioni come la sua, spesso ciò che pesa di più non è solo il passato in sé, ma il dialogo interiore che continua a riproporre domande, dubbi e sensi di colpa. È comprensibile che lei senta un conflitto tra dovere, desiderio e paura di ferire le persone a cui tiene.
Credo che non si tratti tanto di “scegliere la persona giusta”, quanto di comprendere meglio se stessa e ciò che davvero desidera per il proprio futuro, al di là delle aspettative esterne. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a dare significato a questa esperienza, trasformando il vuoto che sente in uno spazio di ascolto autentico e di nuove possibilità.
La ringrazio per aver condiviso con coraggio la sua storia e le auguro di trovare presto la chiarezza e la serenità che merita.
dalle sue parole traspare con chiarezza la profondità dei sentimenti che ha vissuto e la complessità delle scelte che si è trovata ad affrontare. In situazioni come la sua, spesso ciò che pesa di più non è solo il passato in sé, ma il dialogo interiore che continua a riproporre domande, dubbi e sensi di colpa. È comprensibile che lei senta un conflitto tra dovere, desiderio e paura di ferire le persone a cui tiene.
Credo che non si tratti tanto di “scegliere la persona giusta”, quanto di comprendere meglio se stessa e ciò che davvero desidera per il proprio futuro, al di là delle aspettative esterne. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a dare significato a questa esperienza, trasformando il vuoto che sente in uno spazio di ascolto autentico e di nuove possibilità.
La ringrazio per aver condiviso con coraggio la sua storia e le auguro di trovare presto la chiarezza e la serenità che merita.
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Gentile utente,
il suo racconto esprime con grande chiarezza quanto questa esperienza sia stata intensa e quanto continui a pesare nella sua vita affettiva ed emotiva. Spesso, quando ci troviamo davanti a scelte che mettono in gioco i nostri legami più profondi, può accadere di sentirsi divisi tra ciò che desideriamo intimamente e ciò che pensiamo di “dover fare” per gli altri. Questo conflitto interiore può generare sofferenza, senso di colpa e la sensazione di non aver mai davvero scelto per sé.
Il legame con Paolo, anche se non vissuto fino in fondo, ha rappresentato per lei una parte autentica e vitale, che oggi sembra mancare. Allo stesso tempo, la relazione con il suo compagno attuale porta con sé stabilità, continuità e un progetto di vita che lei non vuole tradire. Questo contrasto è ciò che le impedisce di sentirsi davvero libera e serena.
In questi casi, un percorso psicologico può essere molto utile per:
elaborare i vissuti legati a questa esperienza;
comprendere meglio i propri bisogni e desideri profondi;
sciogliere i sensi di colpa e le pressioni esterne;
ritrovare chiarezza e autenticità nelle scelte future.
Sono la Dott.ssa Francesca Cristina Quintiliano, psicologa clinica: ricevo in studio a Verona e offro anche percorsi online.
Se desidera, possiamo lavorare insieme per aiutarla a ritrovare equilibrio e serenità.
Un caro saluto,
Dott.ssa Francesca Cristina Quintiliano – Psicologa
il suo racconto esprime con grande chiarezza quanto questa esperienza sia stata intensa e quanto continui a pesare nella sua vita affettiva ed emotiva. Spesso, quando ci troviamo davanti a scelte che mettono in gioco i nostri legami più profondi, può accadere di sentirsi divisi tra ciò che desideriamo intimamente e ciò che pensiamo di “dover fare” per gli altri. Questo conflitto interiore può generare sofferenza, senso di colpa e la sensazione di non aver mai davvero scelto per sé.
Il legame con Paolo, anche se non vissuto fino in fondo, ha rappresentato per lei una parte autentica e vitale, che oggi sembra mancare. Allo stesso tempo, la relazione con il suo compagno attuale porta con sé stabilità, continuità e un progetto di vita che lei non vuole tradire. Questo contrasto è ciò che le impedisce di sentirsi davvero libera e serena.
In questi casi, un percorso psicologico può essere molto utile per:
elaborare i vissuti legati a questa esperienza;
comprendere meglio i propri bisogni e desideri profondi;
sciogliere i sensi di colpa e le pressioni esterne;
ritrovare chiarezza e autenticità nelle scelte future.
Sono la Dott.ssa Francesca Cristina Quintiliano, psicologa clinica: ricevo in studio a Verona e offro anche percorsi online.
Se desidera, possiamo lavorare insieme per aiutarla a ritrovare equilibrio e serenità.
Un caro saluto,
Dott.ssa Francesca Cristina Quintiliano – Psicologa
Buonasera, grazie per aver condiviso con tanta profondità una parte così intima della sua vita. È evidente quanto questo vissuto l’abbia segnata e quanto stia cercando di orientarsi tra emozioni, doveri e desideri contrastanti. A volte restare fermi tra due strade è un segnale di quanto siano entrambe significative, ma non per questo bisogna restare intrappolati nel passato. Se vorrà approfondire e capirne meglio, un percorso psicologico potrebbe aiutarla a fare chiarezza sui suoi bisogni autentici e a ritrovare una direzione che sia davvero sua.
Buongiorno, la sua condivisione è molto intensa e toccante, e colpisce per la profondità con cui descrive i sentimenti che ha vissuto e che continua a vivere. Si percepisce con chiarezza il conflitto interiore che da tempo la accompagna: da un lato il desiderio di stabilità, di continuità e di protezione verso le persone che fanno parte della sua vita, dall’altro il richiamo di un legame che ha avuto la forza di farla sentire viva, autentica, libera di esprimersi senza filtri. Questa contraddizione spiega bene perché si trovi oggi con una sensazione di insoddisfazione e di vuoto. Nelle sue parole emerge come Paolo abbia rappresentato per lei non soltanto una persona, ma quasi un simbolo: la possibilità di sentire qualcosa di forte e spontaneo, al di là delle responsabilità e delle aspettative degli altri. Al tempo stesso, la sua difficoltà a lasciarsi andare del tutto con lui, a compiere scelte definitive, sembra legata a un vissuto di lealtà e di responsabilità che da sempre guida le sue decisioni. Il fatto che lei si definisca una “figlia perfetta” o una “fidanzata perfetta” sembra raccontare di un bisogno profondo di non deludere, di mantenere gli equilibri, di non mettere a rischio ciò che costruisce sicurezza attorno a sé. È come se dentro di lei convivessero due parti: una che cerca di seguire i propri desideri e un’altra che ha paura delle conseguenze di quei desideri e preferisce restare in territori conosciuti. Questa ambivalenza è molto comune nelle persone che si trovano a vivere amori “paralleli” o relazioni non concluse: non è semplice rinunciare a una parte di sé che ha trovato espressione in un rapporto intenso, ma al tempo stesso c’è il timore di rompere schemi di vita già consolidati. La sofferenza che prova oggi nasce anche dal fatto di non aver realmente scelto, come lei stessa ha intuito. La “non scelta” ha l’apparenza di proteggere, ma in realtà lascia dentro un senso di sospensione, di incompiutezza e di colpa che rende difficile andare avanti. Dal punto di vista psicologico, potrebbe esserle utile lavorare proprio su questo aspetto: comprendere meglio quali sono i suoi bisogni autentici, separandoli dai doveri o dalle aspettative esterne. In un percorso cognitivo-comportamentale si può imparare a riconoscere i pensieri che alimentano la paura di scegliere, a distinguere tra convinzioni rigide come “non devo mai creare problemi” o “se deludo gli altri perdo il loro amore” e i suoi reali desideri personali. Questo non significa prendere una decisione immediata sul suo compagno o su Paolo, ma permettersi di esplorare senza giudizio cosa davvero la rende felice, cosa vuole costruire per sé, indipendentemente dalle pressioni. Il fatto che oggi lei si chieda se sia mai stata davvero felice o se abbia solo vissuto per rendere felici gli altri è già un passo importante: indica che sta iniziando a rivolgere lo sguardo dentro di sé con onestà. Non è un cammino semplice, ma può diventare un’opportunità per conoscersi meglio e per scegliere, in futuro, con maggiore consapevolezza. Andare oltre non significa dimenticare Paolo, ma integrare quell’esperienza nella sua storia, riconoscere cosa ha significato per lei e trarne insegnamenti su ciò che desidera in una relazione. La invito a considerare la possibilità di iniziare un percorso di psicoterapia: avere uno spazio protetto e non giudicante, in cui poter dare voce a tutte le parti di sé, potrebbe aiutarla a sciogliere la confusione e a costruire una maggiore chiarezza. Non c’è una risposta immediata alla domanda “riuscirò mai a dimenticare”, ma con il tempo e con il giusto supporto potrà ridurre il peso del senso di colpa, ritrovare serenità e orientarsi verso scelte che la rappresentino davvero. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Gentile,
leggendo la sua lunga e intensa testimonianza emerge con chiarezza il peso emotivo che porta con sé da molto tempo. Si percepisce quanto questa esperienza abbia inciso sul suo benessere interiore e quanto la sensazione di non aver scelto fino in fondo la propria strada le crei oggi dolore, confusione e senso di vuoto.
La sua storia racconta di un forte conflitto tra il desiderio di seguire ciò che la faceva sentire viva e libera e la paura di ferire, deludere o destabilizzare gli equilibri familiari e di coppia. Questo l’ha portata, forse, a vivere una condizione di sospensione in cui non ha potuto concedersi di decidere fino in fondo. Non è raro che situazioni come la sua creino dentro una profonda ambivalenza: da una parte la spinta verso un cambiamento, dall’altra il bisogno di mantenere sicurezza e stabilità.
Ciò che descrive non è solo una vicenda sentimentale, ma tocca aspetti molto profondi legati alla sua identità, alla sua capacità di scegliere per sé e non solo per gli altri, alla ricerca di autenticità e felicità personale. È naturale che oggi resti la sensazione di vuoto, di incompiuto e di colpa.
Il passaggio fondamentale, ora, è capire cosa vuole per se stessa, al di là dei sensi di dovere e delle aspettative esterne. Questo richiede tempo, ascolto e soprattutto uno spazio protetto in cui potersi esprimere senza timore di giudizio.
Per questo sarebbe utile e consigliato approfondire la sua situazione rivolgendosi ad uno specialista, che possa accompagnarla nel chiarire i suoi vissuti, comprendere i suoi bisogni più autentici e ritrovare un equilibrio emotivo.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
leggendo la sua lunga e intensa testimonianza emerge con chiarezza il peso emotivo che porta con sé da molto tempo. Si percepisce quanto questa esperienza abbia inciso sul suo benessere interiore e quanto la sensazione di non aver scelto fino in fondo la propria strada le crei oggi dolore, confusione e senso di vuoto.
La sua storia racconta di un forte conflitto tra il desiderio di seguire ciò che la faceva sentire viva e libera e la paura di ferire, deludere o destabilizzare gli equilibri familiari e di coppia. Questo l’ha portata, forse, a vivere una condizione di sospensione in cui non ha potuto concedersi di decidere fino in fondo. Non è raro che situazioni come la sua creino dentro una profonda ambivalenza: da una parte la spinta verso un cambiamento, dall’altra il bisogno di mantenere sicurezza e stabilità.
Ciò che descrive non è solo una vicenda sentimentale, ma tocca aspetti molto profondi legati alla sua identità, alla sua capacità di scegliere per sé e non solo per gli altri, alla ricerca di autenticità e felicità personale. È naturale che oggi resti la sensazione di vuoto, di incompiuto e di colpa.
Il passaggio fondamentale, ora, è capire cosa vuole per se stessa, al di là dei sensi di dovere e delle aspettative esterne. Questo richiede tempo, ascolto e soprattutto uno spazio protetto in cui potersi esprimere senza timore di giudizio.
Per questo sarebbe utile e consigliato approfondire la sua situazione rivolgendosi ad uno specialista, che possa accompagnarla nel chiarire i suoi vissuti, comprendere i suoi bisogni più autentici e ritrovare un equilibrio emotivo.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Gentile utente grazie per aver condiviso con tanta apertura una parte così intima e delicata della tua vita.
Quello che racconti è una vicenda densa di emozioni, di scelte difficili e di sentimenti contrastanti che ti hanno lasciato in uno stato di sospensione e di vuoto. È naturale che, dopo aver vissuto una relazione così intensa, anche se “incompiuta”, tu senta ancora oggi il bisogno di capire cosa sia successo e perché non sei riuscita a portarla fino in fondo.
Paolo rappresenta per te qualcosa che va oltre la quotidianità: libertà, spontaneità, leggerezza, autenticità. È stato un incontro che ha fatto emergere un lato tuo forse rimasto in ombra fino a quel momento, schiacciato dal senso del dovere, dalle aspettative familiari e dal bisogno di stabilità. Non è insolito che queste “relazioni mai del tutto vissute” abbiano un impatto molto più profondo di altre, perché restano come possibilità non realizzate, non compromesse dalla routine o dalle difficoltà concrete della vita insieme.
Dalle tue parole emergono diversi vincoli interiori:
Lealtà verso il tuo compagno: nonostante le difficoltà, non lo hai mai tradito fisicamente, segno che la tua coscienza e i tuoi valori morali hanno avuto un ruolo centrale.
Peso della famiglia: i tuoi genitori, la casa, la necessità di “non creare problemi” hanno influenzato le tue scelte, forse più di quanto ti sia concessa di ammettere.
Paura del cambiamento: cambiare significava rischiare di rompere equilibri faticosamente costruiti e affrontare la possibilità che anche con Paolo, nella vita reale, non fosse stato tutto perfetto.
Bisogno di approvazione: essere “la figlia perfetta, la fidanzata perfetta” ti ha portata a sacrificare parti di te, per mantenere l’immagine di affidabilità e stabilità.
Non è mancanza di coraggio o di sentimento: è la tensione tra il desiderio di libertà e il bisogno di sicurezza.
Il dolore che provi non è solo per la perdita di Paolo, ma anche per la parte di te che con lui si è risvegliata. Lui è stato lo specchio che ti ha mostrato che puoi essere viva, autentica, leggera. Interrompere quella relazione è stato come spegnere una parte di te stessa. Per questo il vuoto sembra così grande.
Prima ancora di chiederti se potrai costruire una famiglia col tuo compagno, è importante che tu ti chieda cosa desideri davvero tu, al di là del dovere. Non è necessario etichettare Paolo come “errore” o il tuo compagno come “scelta giusta/sbagliata”. Entrambi hanno rappresentato parti di te: stabilità e libertà.
Quella con Paolo è una relazione mai nata fino in fondo. Per lasciarla andare, devi concederti di viverla dentro di te come un amore importante ma concluso.
Mi sento di suggerirti anche di valutare un percorso di sostegno psicologico: avere un luogo sicuro in cui esplorare, senza giudizio, queste domande potrebbe aiutarti a chiarire se vuoi davvero costruire il futuro con il tuo compagno o se hai bisogno di rivedere alcune scelte. Spero di esserti stato d'aiuto. Resto a disposizione. Un caro saluto.
Dott. Stefano Recchia
Quello che racconti è una vicenda densa di emozioni, di scelte difficili e di sentimenti contrastanti che ti hanno lasciato in uno stato di sospensione e di vuoto. È naturale che, dopo aver vissuto una relazione così intensa, anche se “incompiuta”, tu senta ancora oggi il bisogno di capire cosa sia successo e perché non sei riuscita a portarla fino in fondo.
Paolo rappresenta per te qualcosa che va oltre la quotidianità: libertà, spontaneità, leggerezza, autenticità. È stato un incontro che ha fatto emergere un lato tuo forse rimasto in ombra fino a quel momento, schiacciato dal senso del dovere, dalle aspettative familiari e dal bisogno di stabilità. Non è insolito che queste “relazioni mai del tutto vissute” abbiano un impatto molto più profondo di altre, perché restano come possibilità non realizzate, non compromesse dalla routine o dalle difficoltà concrete della vita insieme.
Dalle tue parole emergono diversi vincoli interiori:
Lealtà verso il tuo compagno: nonostante le difficoltà, non lo hai mai tradito fisicamente, segno che la tua coscienza e i tuoi valori morali hanno avuto un ruolo centrale.
Peso della famiglia: i tuoi genitori, la casa, la necessità di “non creare problemi” hanno influenzato le tue scelte, forse più di quanto ti sia concessa di ammettere.
Paura del cambiamento: cambiare significava rischiare di rompere equilibri faticosamente costruiti e affrontare la possibilità che anche con Paolo, nella vita reale, non fosse stato tutto perfetto.
Bisogno di approvazione: essere “la figlia perfetta, la fidanzata perfetta” ti ha portata a sacrificare parti di te, per mantenere l’immagine di affidabilità e stabilità.
Non è mancanza di coraggio o di sentimento: è la tensione tra il desiderio di libertà e il bisogno di sicurezza.
Il dolore che provi non è solo per la perdita di Paolo, ma anche per la parte di te che con lui si è risvegliata. Lui è stato lo specchio che ti ha mostrato che puoi essere viva, autentica, leggera. Interrompere quella relazione è stato come spegnere una parte di te stessa. Per questo il vuoto sembra così grande.
Prima ancora di chiederti se potrai costruire una famiglia col tuo compagno, è importante che tu ti chieda cosa desideri davvero tu, al di là del dovere. Non è necessario etichettare Paolo come “errore” o il tuo compagno come “scelta giusta/sbagliata”. Entrambi hanno rappresentato parti di te: stabilità e libertà.
Quella con Paolo è una relazione mai nata fino in fondo. Per lasciarla andare, devi concederti di viverla dentro di te come un amore importante ma concluso.
Mi sento di suggerirti anche di valutare un percorso di sostegno psicologico: avere un luogo sicuro in cui esplorare, senza giudizio, queste domande potrebbe aiutarti a chiarire se vuoi davvero costruire il futuro con il tuo compagno o se hai bisogno di rivedere alcune scelte. Spero di esserti stato d'aiuto. Resto a disposizione. Un caro saluto.
Dott. Stefano Recchia
Grazie per aver condiviso con tanta sincerità e profondità una parte così delicata della tua vita: dal tuo racconto emerge chiaramente quanto tu abbia vissuto un conflitto interiore intenso, in cui emozioni, doveri, legami affettivi e aspettative si sono intrecciati al punto da lasciarti con la sensazione di essere rimasta “bloccata” tra ciò che desideravi e ciò che sentivi di dover fare. Paolo ha rappresentato per te non solo una persona, ma anche un simbolo: la possibilità di sentirti viva, autentica, libera da ruoli prestabiliti. Allo stesso tempo, il legame con il tuo attuale compagno, la famiglia e tutto ciò che avevi costruito hanno fatto da “ancora”, richiamandoti a stabilità, sicurezza e lealtà. Non è raro che in situazioni simili si viva un senso di colpa costante: da un lato il timore di aver perso l’occasione di un amore autentico, dall’altro la paura di aver tradito le aspettative di chi ti sta accanto. Quello che traspare è che non sei mai stata completamente “dentro” una scelta, ma sempre sospesa, come se la tua priorità fosse stata non ferire gli altri più che ascoltare davvero te stessa. È importante sottolineare che non esistono risposte uniche o giuste in assoluto: ciò che ti ha trattenuto potrebbe essere stata la paura di perdere punti di riferimento consolidati, il desiderio di non deludere, o forse il fatto che con Paolo, pur nell’intensità emotiva, non c’è stato un reale confronto con la quotidianità di una relazione. Quello che conta ora non è tanto rivivere all’infinito ciò che non è stato, quanto darti la possibilità di comprendere davvero cosa desideri tu, oggi, senza rimanere imprigionata nel senso di colpa. Solo a partire da questa consapevolezza potrai scegliere se costruire un futuro sereno con il tuo compagno, oppure riconoscere che quel rapporto non corrisponde più a ciò che sei diventata. La tua sofferenza non è un fallimento, ma un segnale che qualcosa dentro di te chiede ascolto e spazio. Ti suggerirei di iniziare un percorso di esplorazione personale guidato, dove poter mettere ordine tra emozioni, paure e desideri: non per ricevere risposte dall’esterno, ma per aiutarti a trovare quelle che ti appartengono davvero. A volte la vera svolta non sta nello scegliere “chi”, ma nello scegliere finalmente “te stessa”.
Se vuoi, possiamo lavorarci insieme.
Se vuoi, possiamo lavorarci insieme.
Salve. Ho letto attentamente la sua storia e mi sento di dirle che la sensazione di vuoto che prova dopo aver chiuso con Paolo è un segnale che il problema non è stato risolto, ma solo messo a tacere. Il dolore che prova è la conseguenza di una scelta che non era la sua.
Il mio consiglio è quello di iniziare un percorso di terapia individuale. Non si tratta di scegliere tra Paolo e il suo fidanzato, ma di scegliere se stessa. Un percorso con un professionista la aiuterà a:
Fare chiarezza: Esplorare le sue paure e i suoi bisogni, per capire chi è davvero al di là delle aspettative degli altri.
Elaborare il passato: Lavorare sui traumi e sulle paure che l'hanno portata a costruire una vita che non la soddisfa nel profondo.
Ritrovare la sua voce: Imparare a fare scelte che la rendano felice, anche se questo significa "creare problemi" agli altri.
Non c'è nulla di sbagliato in lei. Lei non ha perso Paolo, ha solo perso l'opportunità di affrontare se stessa. E ora ha l'occasione di farlo. Le sue domande non sono un segno di debolezza, ma un atto di forza. Non abbia paura di guardare dentro di sé, perché è lì che troverà le risposte che cerca.
Resto a disposizione per altre domande e chiarimenti. Un caro saluto
Il mio consiglio è quello di iniziare un percorso di terapia individuale. Non si tratta di scegliere tra Paolo e il suo fidanzato, ma di scegliere se stessa. Un percorso con un professionista la aiuterà a:
Fare chiarezza: Esplorare le sue paure e i suoi bisogni, per capire chi è davvero al di là delle aspettative degli altri.
Elaborare il passato: Lavorare sui traumi e sulle paure che l'hanno portata a costruire una vita che non la soddisfa nel profondo.
Ritrovare la sua voce: Imparare a fare scelte che la rendano felice, anche se questo significa "creare problemi" agli altri.
Non c'è nulla di sbagliato in lei. Lei non ha perso Paolo, ha solo perso l'opportunità di affrontare se stessa. E ora ha l'occasione di farlo. Le sue domande non sono un segno di debolezza, ma un atto di forza. Non abbia paura di guardare dentro di sé, perché è lì che troverà le risposte che cerca.
Resto a disposizione per altre domande e chiarimenti. Un caro saluto
Quello che racconti è una storia molto intensa, e si sente quanto ti abbia segnato nel profondo. Paolo non è stato una relazione in senso pieno, ma una presenza che ha smosso qualcosa di molto profondo dentro di te, tanto da lasciare un vuoto ancora oggi. A volte i legami che non arrivano mai a compiersi del tutto restano i più forti, proprio perché non hanno avuto la possibilità di consumarsi nella quotidianità, con le sue inevitabili fatiche. Restano sospesi in quella dimensione di promessa, di possibilità, e per questo continuano a vivere dentro di noi con una forza particolare.
Da quello che scrivi, sembra che dentro di te ci fosse un conflitto costante tra due parti. Da un lato la spinta vitale che Paolo rappresentava: sentirti vista, libera, non giudicata, viva. Dall’altro la parte legata al dovere, alla famiglia, alla stabilità, all’essere la figlia e la compagna “perfetta” che non crea problemi. Non hai scelto veramente uno o l’altro: hai scelto di proteggere ciò che già c’era, di rimanere dentro i binari sicuri, anche se questo ha significato rinunciare a quella parte di te che con lui si sentiva pienamente viva.
Non è stata una scelta facile, e non credo ci sia una risposta univoca sul perché non sei riuscita ad andare oltre con lui. Probabilmente è stato un intreccio di paura del cambiamento, senso di responsabilità verso il tuo compagno e la tua famiglia, e timore di scoprire che, una volta varcata la soglia, quella relazione potesse rivelarsi diversa da come la immaginavi. Restando sospesa, quell’amore non consumato è rimasto intatto nella sua potenza.
La tua domanda più profonda non riguarda solo Paolo, ma te stessa: hai vissuto fino ad oggi cercando di essere la persona che rende felici gli altri, ma ti chiedi se sei stata davvero felice tu. Questa è una domanda importante, e merita tempo e ascolto. La risposta non arriverà subito, ma il fatto che tu te la stia ponendo è già un passo enorme: significa che stai provando a guardarti non più solo come “figlia perfetta” o “fidanzata perfetta”, ma come donna con desideri e bisogni propri.
Andare oltre non significa dimenticare Paolo, perché certe esperienze ci accompagnano sempre. Significa invece integrare quello che hai provato con lui nella tua storia: riconoscere che ti ha fatto scoprire una parte di te che forse avevi tenuto nascosta, e chiederti come puoi portare quella vitalità e quella autenticità anche dentro la tua vita attuale.
Puoi farlo lavorando su di te, magari con un percorso terapeutico che ti aiuti a capire quali sono i tuoi veri desideri e come costruire una vita in cui tu possa sentirti non solo “giusta” per gli altri, ma anche autenticamente viva per te stessa. La domanda non è tanto se riuscirai a dimenticare Paolo, ma se riuscirai a non dimenticare te stessa, quella parte che con lui hai sentito così forte.
Dott.ssa De Pretto
Da quello che scrivi, sembra che dentro di te ci fosse un conflitto costante tra due parti. Da un lato la spinta vitale che Paolo rappresentava: sentirti vista, libera, non giudicata, viva. Dall’altro la parte legata al dovere, alla famiglia, alla stabilità, all’essere la figlia e la compagna “perfetta” che non crea problemi. Non hai scelto veramente uno o l’altro: hai scelto di proteggere ciò che già c’era, di rimanere dentro i binari sicuri, anche se questo ha significato rinunciare a quella parte di te che con lui si sentiva pienamente viva.
Non è stata una scelta facile, e non credo ci sia una risposta univoca sul perché non sei riuscita ad andare oltre con lui. Probabilmente è stato un intreccio di paura del cambiamento, senso di responsabilità verso il tuo compagno e la tua famiglia, e timore di scoprire che, una volta varcata la soglia, quella relazione potesse rivelarsi diversa da come la immaginavi. Restando sospesa, quell’amore non consumato è rimasto intatto nella sua potenza.
La tua domanda più profonda non riguarda solo Paolo, ma te stessa: hai vissuto fino ad oggi cercando di essere la persona che rende felici gli altri, ma ti chiedi se sei stata davvero felice tu. Questa è una domanda importante, e merita tempo e ascolto. La risposta non arriverà subito, ma il fatto che tu te la stia ponendo è già un passo enorme: significa che stai provando a guardarti non più solo come “figlia perfetta” o “fidanzata perfetta”, ma come donna con desideri e bisogni propri.
Andare oltre non significa dimenticare Paolo, perché certe esperienze ci accompagnano sempre. Significa invece integrare quello che hai provato con lui nella tua storia: riconoscere che ti ha fatto scoprire una parte di te che forse avevi tenuto nascosta, e chiederti come puoi portare quella vitalità e quella autenticità anche dentro la tua vita attuale.
Puoi farlo lavorando su di te, magari con un percorso terapeutico che ti aiuti a capire quali sono i tuoi veri desideri e come costruire una vita in cui tu possa sentirti non solo “giusta” per gli altri, ma anche autenticamente viva per te stessa. La domanda non è tanto se riuscirai a dimenticare Paolo, ma se riuscirai a non dimenticare te stessa, quella parte che con lui hai sentito così forte.
Dott.ssa De Pretto
Buongiorno, bè innanzitutto grazie perchè il racconto del suo amore mai sbocciato completamente è stato davvero coinvolgente. La chaiave mi sembra in questa sua affermazione che in questo rapporto non si sentiva di dover essere perfetta, di non dover rispondere alle richieste degli altri. Indipendentemente dalla scelta futura di Paolo, sarà lei a decidere, forse le potrebbe essere utile un percorso alla scoperta di chi è lei. Comunque per se stessa esprimersi nella vita nel modo più autentico possibile. un percorso psicologico potrebbe esserle d'aiuto per entrare, senza giudizio, nel suo mondo interiore. Se ritiene, anche online, potrei essere disponibile. Saluti Dario Martelli
Grazie per aver condiviso con tanta sincerità la sua storia. Nelle sue parole emerge quanto forte sia il bisogno di approvazione e di sentirsi vista, così come il desiderio di dimostrare, per vie traverse, ai suoi genitori e a chi le è vicino di essere una persona che si impegna, sempre affidabile e che vuole crescere. Allo stesso tempo sembra esserci la difficoltà a scegliere e a chiudere una relazione prima di iniziarne un’altra, perché prendere una decisione significa inevitabilmente rinunciare a qualcosa di importante.
Può darsi che, senza rendersene conto, lei cerchi nell’altro conferma e amore, ma quando la situazione diventa troppo complessa o rischia di mettere in discussione gli equilibri familiari e relazionali, più in generale, scatti il bisogno di allontanarsi per proteggersi. Anche il non aprire i messaggi può avere il senso di non voler aprire uno spazio di relazione che la fa stare bene ma che la espone a conflitti interni ed esterni.
Lei racconta di essere sempre stata “perfetta” per gli altri, ma mai così se stessa come con questo ragazzo. Questo mi porta a una domanda importante: vivere sempre per rispondere alle aspettative altrui significa davvero vivere pienamente? Riconoscere questi automatismi, che possono avere radici profonde nelle dinamiche familiari, è già un passo importante per iniziare a scegliere non solo in base a ciò che gli altri si aspettano, ma anche a ciò che la fa sentire autentica e viva.
La sua riflessione mostra coraggio e profondità: aver dato voce a questi pensieri può essere il primo passo verso un percorso in cui sentirsi più libera di essere sé stessa, senza giudizio.
Dr.ssa Rosalia Paternoster
Può darsi che, senza rendersene conto, lei cerchi nell’altro conferma e amore, ma quando la situazione diventa troppo complessa o rischia di mettere in discussione gli equilibri familiari e relazionali, più in generale, scatti il bisogno di allontanarsi per proteggersi. Anche il non aprire i messaggi può avere il senso di non voler aprire uno spazio di relazione che la fa stare bene ma che la espone a conflitti interni ed esterni.
Lei racconta di essere sempre stata “perfetta” per gli altri, ma mai così se stessa come con questo ragazzo. Questo mi porta a una domanda importante: vivere sempre per rispondere alle aspettative altrui significa davvero vivere pienamente? Riconoscere questi automatismi, che possono avere radici profonde nelle dinamiche familiari, è già un passo importante per iniziare a scegliere non solo in base a ciò che gli altri si aspettano, ma anche a ciò che la fa sentire autentica e viva.
La sua riflessione mostra coraggio e profondità: aver dato voce a questi pensieri può essere il primo passo verso un percorso in cui sentirsi più libera di essere sé stessa, senza giudizio.
Dr.ssa Rosalia Paternoster
Buongiorno gentile Utente, la sua storia è molto intensa e trasmette con chiarezza quanto sia stato profondo e complesso il coinvolgimento che ha vissuto con Paolo, così come il legame che la unisce al suo attuale compagno e alla sua famiglia. Ciò che emerge è il suo costante tentativo di tenere insieme più piani della sua vita: il desiderio di libertà e autenticità da una parte, e dall’altra la responsabilità, il senso del dovere, la paura di deludere chi le sta accanto e di compromettere la stabilità costruita nel tempo. È come se avesse cercato di conciliare due mondi che però, per la loro natura, difficilmente potevano coesistere.
Il vuoto che sente ora non è soltanto legato alla mancanza di Paolo, ma rappresenta anche il riflesso di una parte di sé che ha scoperto grazie a lui e che non ha trovato piena espressione nella vita quotidiana. Quando racconta di essersi sentita “viva, libera, non giudicata”, descrive un’esperienza che va oltre la relazione stessa: è la percezione di sé in una forma nuova, forse mai conosciuta prima. Il fatto che questo vissuto si accompagni a senso di colpa e a un forte senso del dovere indica che dentro di lei è attiva una tensione tra autenticità e conformità, tra ciò che vorrebbe per sé e ciò che sente di dover garantire agli altri.
Non esiste una risposta unica alla domanda se la sua sia stata paura, lealtà, abitudine o amore verso il compagno. Molto probabilmente c’è stato un intreccio di tutti questi elementi. Il suo blocco non va letto come un fallimento, ma come la testimonianza di un conflitto interno che non ha ancora trovato una sintesi. Resta infatti una domanda aperta: quanto nelle sue scelte finora c’è stato spazio per i suoi desideri autentici e quanto invece ha prevalso il bisogno di corrispondere alle aspettative altrui?
Andare “oltre” non significa necessariamente dimenticare Paolo o cancellare quegli anni, ma trovare un modo per integrare quella parte di sé che ha conosciuto attraverso di lui. Se riuscirà a portare dentro la sua vita quotidiana più autenticità, più libertà di esprimersi, più ascolto dei suoi bisogni, allora potrà guardare avanti con maggiore serenità, qualunque strada decida di percorrere. Il rischio, altrimenti, è quello di continuare a vivere nel rimpianto di ciò che non è stato, senza permettersi di costruire pienamente ciò che potrebbe essere.
Questa riflessione, per la profondità e la complessità che porta con sé, potrebbe essere affrontata in un percorso psicoterapeutico che la aiuti a distinguere le spinte interiori reali dai condizionamenti esterni e dalle paure. In questo modo, potrà arrivare a scelte più consapevoli e sentite, non dettate soltanto dal dovere o dall’evitamento del dolore.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Il vuoto che sente ora non è soltanto legato alla mancanza di Paolo, ma rappresenta anche il riflesso di una parte di sé che ha scoperto grazie a lui e che non ha trovato piena espressione nella vita quotidiana. Quando racconta di essersi sentita “viva, libera, non giudicata”, descrive un’esperienza che va oltre la relazione stessa: è la percezione di sé in una forma nuova, forse mai conosciuta prima. Il fatto che questo vissuto si accompagni a senso di colpa e a un forte senso del dovere indica che dentro di lei è attiva una tensione tra autenticità e conformità, tra ciò che vorrebbe per sé e ciò che sente di dover garantire agli altri.
Non esiste una risposta unica alla domanda se la sua sia stata paura, lealtà, abitudine o amore verso il compagno. Molto probabilmente c’è stato un intreccio di tutti questi elementi. Il suo blocco non va letto come un fallimento, ma come la testimonianza di un conflitto interno che non ha ancora trovato una sintesi. Resta infatti una domanda aperta: quanto nelle sue scelte finora c’è stato spazio per i suoi desideri autentici e quanto invece ha prevalso il bisogno di corrispondere alle aspettative altrui?
Andare “oltre” non significa necessariamente dimenticare Paolo o cancellare quegli anni, ma trovare un modo per integrare quella parte di sé che ha conosciuto attraverso di lui. Se riuscirà a portare dentro la sua vita quotidiana più autenticità, più libertà di esprimersi, più ascolto dei suoi bisogni, allora potrà guardare avanti con maggiore serenità, qualunque strada decida di percorrere. Il rischio, altrimenti, è quello di continuare a vivere nel rimpianto di ciò che non è stato, senza permettersi di costruire pienamente ciò che potrebbe essere.
Questa riflessione, per la profondità e la complessità che porta con sé, potrebbe essere affrontata in un percorso psicoterapeutico che la aiuti a distinguere le spinte interiori reali dai condizionamenti esterni e dalle paure. In questo modo, potrà arrivare a scelte più consapevoli e sentite, non dettate soltanto dal dovere o dall’evitamento del dolore.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Salve, il modo in cui ha descritto la relazione con Paolo non parla semplicemente di un innamoramento parallelo, ma di un’esperienza emotiva trasformativa, che ha fatto emergere parti di sé forse a lungo rimaste silenziose, per senso del dovere o per amore degli altri.
In psicoterapia umanistica si dà valore proprio a queste fratture interiori, perché spesso sono il punto di partenza per una vera consapevolezza. Non è raro che relazioni mai completamente consumate diventino così potenti sul piano emotivo, perché restano nel territorio del desiderio, della possibilità, della tensione affettiva non risolta. Con l’analisi bioenergetica si lavora proprio sulla consapevolezza corporea di queste energie bloccate, spesso trattenute in nome del controllo o della “perfezione”. Il senso di colpa che oggi avverte, in realtà, può nascondere una domanda più profonda: “chi sono davvero, oltre il ruolo di figlia, compagna, donna affidabile?”. Non si tratta di scegliere “lui o l’altro”, quanto di chiedersi: cosa voglio io, oggi, davvero? E se davvero vuole lasciarsi il passato alle spalle, ha bisogno prima di integrarlo, di comprenderlo, di dare un senso al dolore e alla rinuncia.
L’EMDR potrebbe essere indicato per lavorare sul distacco emotivo, se sente di portare con sé un vissuto traumatico legato all’interruzione della relazione. Con la Mindfulness, invece, può imparare a rimanere nel presente, osservando le emozioni senza esserne travolta, coltivando uno spazio interiore di calma e chiarezza. Scegliere è difficile quando si è vissuta una vita fondata sull’evitamento del conflitto, sul tentativo di non ferire nessuno. Ma la verità è che, senza una scelta consapevole, il rischio è che a ferirsi sia solo lei.Non abbia paura di farsi accompagnare da uno psicologo psicoterapeuta in questo passaggio così delicato. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
In psicoterapia umanistica si dà valore proprio a queste fratture interiori, perché spesso sono il punto di partenza per una vera consapevolezza. Non è raro che relazioni mai completamente consumate diventino così potenti sul piano emotivo, perché restano nel territorio del desiderio, della possibilità, della tensione affettiva non risolta. Con l’analisi bioenergetica si lavora proprio sulla consapevolezza corporea di queste energie bloccate, spesso trattenute in nome del controllo o della “perfezione”. Il senso di colpa che oggi avverte, in realtà, può nascondere una domanda più profonda: “chi sono davvero, oltre il ruolo di figlia, compagna, donna affidabile?”. Non si tratta di scegliere “lui o l’altro”, quanto di chiedersi: cosa voglio io, oggi, davvero? E se davvero vuole lasciarsi il passato alle spalle, ha bisogno prima di integrarlo, di comprenderlo, di dare un senso al dolore e alla rinuncia.
L’EMDR potrebbe essere indicato per lavorare sul distacco emotivo, se sente di portare con sé un vissuto traumatico legato all’interruzione della relazione. Con la Mindfulness, invece, può imparare a rimanere nel presente, osservando le emozioni senza esserne travolta, coltivando uno spazio interiore di calma e chiarezza. Scegliere è difficile quando si è vissuta una vita fondata sull’evitamento del conflitto, sul tentativo di non ferire nessuno. Ma la verità è che, senza una scelta consapevole, il rischio è che a ferirsi sia solo lei.Non abbia paura di farsi accompagnare da uno psicologo psicoterapeuta in questo passaggio così delicato. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Buongiorno,
lei porta qui un tema molto forte che è quello di un amore che non ha mai avuto il coraggio di viversi. Appare come l immagine di una ragazza che ha ascoltato le esigenze di tutti tranne quelle di se stessa. Si apra alla possibilità di affrontare tutte questo, di mettersi all'ascolto dei suoi vissuti, all'interno di uno spazio di ascolto più ampio che solo una psicoterapia potrebbe fornirle. Col tempo potrà aiutarla a fare la scelta giusta per lei, quella che finalmente dopo tanto tempo potrebbe renderla più felice.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
lei porta qui un tema molto forte che è quello di un amore che non ha mai avuto il coraggio di viversi. Appare come l immagine di una ragazza che ha ascoltato le esigenze di tutti tranne quelle di se stessa. Si apra alla possibilità di affrontare tutte questo, di mettersi all'ascolto dei suoi vissuti, all'interno di uno spazio di ascolto più ampio che solo una psicoterapia potrebbe fornirle. Col tempo potrà aiutarla a fare la scelta giusta per lei, quella che finalmente dopo tanto tempo potrebbe renderla più felice.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno, mi spiace per ciò che ha vissuto e per la scelta difficile che ha affrontato. Credo che per provare a dare risposta alle domande che riporta, come in parte si sta già domandando, potrebbe riflettere che significato ha avuto per lei Paolo, come la faceva sentire ogni volta che vi vedevate, come era quel tempo condiviso. Ma ancora, quali prospettive future apriva in lei, riflettere anche su cosa stava accadendo nella sua vita e nella vita di coppia quando lo ha incontrato.
Portare chiarezza rispetto entro quale periodo di vita Paolo ha avuto quello spazio e quell'importanza potrebbe aiutarla a comprendere quali erano i suoi bisogni in quel periodo, quali lui riusciva a soddisfare e comprendere anche meglio come alcune decisioni sono state prese, dettate da quali elementi ed emozioni. Attraverso questa esplorazione potrà gettare nuova luce su alcune dinamiche, riuscire a capire alla luce di cosa sono accadute e riappropriarsi del suo presente avendo la consapevolezza di ciò che l'ha orientata in passato e di quali strade vuole percorrere ora.
Qualora volesse approfondire queste riflessioni rimango a disposizione.
Un caro saluto, Dott. Luca Fiorona
Portare chiarezza rispetto entro quale periodo di vita Paolo ha avuto quello spazio e quell'importanza potrebbe aiutarla a comprendere quali erano i suoi bisogni in quel periodo, quali lui riusciva a soddisfare e comprendere anche meglio come alcune decisioni sono state prese, dettate da quali elementi ed emozioni. Attraverso questa esplorazione potrà gettare nuova luce su alcune dinamiche, riuscire a capire alla luce di cosa sono accadute e riappropriarsi del suo presente avendo la consapevolezza di ciò che l'ha orientata in passato e di quali strade vuole percorrere ora.
Qualora volesse approfondire queste riflessioni rimango a disposizione.
Un caro saluto, Dott. Luca Fiorona
Cara Utente,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità la tua storia. Quello che racconti mostra quanto tu abbia vissuto sentimenti profondi e contraddittori: amore, senso di dovere, paura, desiderio di libertà. Non è facile trovarsi davanti a scelte così intense, e il fatto che tu abbia agito cercando di rispettare gli altri non significa che tu abbia sbagliato, ma che stavi proteggendo te stessa e chi ti stava accanto. È naturale chiedersi “perché mi ha trattenuto?” o “ero felice davvero?”; spesso la risposta è fatta di più elementi insieme: paura, lealtà, abitudine, amore. Non è colpa, è la complessità di essere umani. Non devi dimenticare Paolo per vivere bene, ma puoi iniziare a fare pace con il tuo vissuto, accogliere i tuoi sentimenti senza giudicarli e ritrovare serenità dentro di te. Con il tempo, questo ti aiuterà a guardare al futuro con più chiarezza e leggerezza, senza sentirti sopraffatta dal rimpianto o dal senso di colpa.
grazie per aver condiviso con tanta sincerità la tua storia. Quello che racconti mostra quanto tu abbia vissuto sentimenti profondi e contraddittori: amore, senso di dovere, paura, desiderio di libertà. Non è facile trovarsi davanti a scelte così intense, e il fatto che tu abbia agito cercando di rispettare gli altri non significa che tu abbia sbagliato, ma che stavi proteggendo te stessa e chi ti stava accanto. È naturale chiedersi “perché mi ha trattenuto?” o “ero felice davvero?”; spesso la risposta è fatta di più elementi insieme: paura, lealtà, abitudine, amore. Non è colpa, è la complessità di essere umani. Non devi dimenticare Paolo per vivere bene, ma puoi iniziare a fare pace con il tuo vissuto, accogliere i tuoi sentimenti senza giudicarli e ritrovare serenità dentro di te. Con il tempo, questo ti aiuterà a guardare al futuro con più chiarezza e leggerezza, senza sentirti sopraffatta dal rimpianto o dal senso di colpa.
Buongiorno, grazie per aver condiviso con così tanta profondità questa parte della sua storia. È un racconto che tocca temi importanti: l’amore, la responsabilità, la scelta, la paura di ferire e la paura di ferirsi. E soprattutto parla di una donna che per anni ha saputo essere solida per tutti, ma che adesso sente il bisogno di capire che posto ha lei nella sua stessa vita.
Quello che descrive non è un semplice dubbio sentimentale. È il risultato di anni in cui ha portato avanti un percorso di vita lineare, corretto, riconoscibile dagli altri come la strada giusta, senza però chiedersi davvero se fosse la strada giusta anche per sé. L’arrivo di Paolo non è stato un tradimento, ma una crepa. Ha messo in luce parti di sé che forse aveva tenuto sotto controllo: il desiderio di sentirsi vista, scelta, viva, non perfetta ma autentica. Per questo quella relazione mai vissuta fino in fondo le ha lasciato un segno tanto profondo.
Paolo rappresenta un punto di svolta, non per ciò che è successo, ma per ciò che ha smosso dentro di lei. Con lui ha sentito leggerezza, spontaneità, possibilità. E allo stesso tempo ha sentito paura: paura di fare del male, di deludere la famiglia, di tradire il ruolo che ha sempre portato avanti con rigore. In più momenti ha provato a spingersi verso di lui, ma l’ha fatto sempre con il freno tirato perché ogni passo significava mettere in discussione un assetto che dava sicurezza a tutti, tranne forse a lei.
Chiedersi perché non ha scelto non significa che lei sia stata incoerente o ingiusta. Significa riconoscere che si è trovata in un conflitto enorme tra ciò che sentiva e ciò che riteneva corretto. Il blocco che ha vissuto non è mancanza di coraggio. È la risposta di chi per anni ha costruito la propria identità sull’essere affidabile, controllata, leale. Ma questo modo di essere, se non ascolta i bisogni personali, a lungo andare diventa una gabbia silenziosa.
È comprensibile che oggi provi senso di colpa, nostalgia, rimpianto e confusione. Com’è comprensibile il vuoto che sente. L’ha vissuto come una perdita doppia: ha perso Paolo e allo stesso tempo ha perso una parte di sé che con lui era venuta alla luce.
Tutto questo però non significa che non potrà costruire una famiglia o che non potrà essere felice nella sua relazione attuale. Significa che prima ha bisogno di dare un senso a ciò che è accaduto, non per decidere se tornare indietro o andare avanti, ma per capire chi è davvero oggi, cosa desidera, cosa la fa sentire viva e cosa invece la immobilizza.
Superare Paolo non vuol dire dimenticarlo. Vuol dire integrare quello che ha rappresentato e riconoscere che non è arrivato per distruggere ciò che aveva, ma per mostrarle cosa le mancava e cosa stava cercando senza saperlo.
Se vuole davvero andare oltre, deve permettersi per la prima volta uno spazio che non sia definito da ciò che gli altri si aspettano, ma da ciò che lei sente. Questo è il passo che può cambiare tutto, qualunque sia la direzione futura.
Se sente il bisogno di approfondire questo percorso, sono a disposizione.
Un caro saluto.
Quello che descrive non è un semplice dubbio sentimentale. È il risultato di anni in cui ha portato avanti un percorso di vita lineare, corretto, riconoscibile dagli altri come la strada giusta, senza però chiedersi davvero se fosse la strada giusta anche per sé. L’arrivo di Paolo non è stato un tradimento, ma una crepa. Ha messo in luce parti di sé che forse aveva tenuto sotto controllo: il desiderio di sentirsi vista, scelta, viva, non perfetta ma autentica. Per questo quella relazione mai vissuta fino in fondo le ha lasciato un segno tanto profondo.
Paolo rappresenta un punto di svolta, non per ciò che è successo, ma per ciò che ha smosso dentro di lei. Con lui ha sentito leggerezza, spontaneità, possibilità. E allo stesso tempo ha sentito paura: paura di fare del male, di deludere la famiglia, di tradire il ruolo che ha sempre portato avanti con rigore. In più momenti ha provato a spingersi verso di lui, ma l’ha fatto sempre con il freno tirato perché ogni passo significava mettere in discussione un assetto che dava sicurezza a tutti, tranne forse a lei.
Chiedersi perché non ha scelto non significa che lei sia stata incoerente o ingiusta. Significa riconoscere che si è trovata in un conflitto enorme tra ciò che sentiva e ciò che riteneva corretto. Il blocco che ha vissuto non è mancanza di coraggio. È la risposta di chi per anni ha costruito la propria identità sull’essere affidabile, controllata, leale. Ma questo modo di essere, se non ascolta i bisogni personali, a lungo andare diventa una gabbia silenziosa.
È comprensibile che oggi provi senso di colpa, nostalgia, rimpianto e confusione. Com’è comprensibile il vuoto che sente. L’ha vissuto come una perdita doppia: ha perso Paolo e allo stesso tempo ha perso una parte di sé che con lui era venuta alla luce.
Tutto questo però non significa che non potrà costruire una famiglia o che non potrà essere felice nella sua relazione attuale. Significa che prima ha bisogno di dare un senso a ciò che è accaduto, non per decidere se tornare indietro o andare avanti, ma per capire chi è davvero oggi, cosa desidera, cosa la fa sentire viva e cosa invece la immobilizza.
Superare Paolo non vuol dire dimenticarlo. Vuol dire integrare quello che ha rappresentato e riconoscere che non è arrivato per distruggere ciò che aveva, ma per mostrarle cosa le mancava e cosa stava cercando senza saperlo.
Se vuole davvero andare oltre, deve permettersi per la prima volta uno spazio che non sia definito da ciò che gli altri si aspettano, ma da ciò che lei sente. Questo è il passo che può cambiare tutto, qualunque sia la direzione futura.
Se sente il bisogno di approfondire questo percorso, sono a disposizione.
Un caro saluto.
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