Ciao. Sono una ragazza di 23 anni. È dall’inizio dell’adolescenza che soffro di ansia e ho l’autosti
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Ciao. Sono una ragazza di 23 anni. È dall’inizio dell’adolescenza che soffro di ansia e ho l’autostima sottoterra. Inizialmente si trattava di ansia sociale, non riuscivo a guardare in faccia le persone, mi frullavano in testa tutto il giorno pensieri a proposito delle mie “mancanze”, tutti i miei difetti rispetto agli altri. Passavo i giorni e le estati rinchiusa nella mia stanza. Al tempo ho visto uno psicologo per quasi un anno, e anche se ne sono uscita capace di guardare in faccia le persone e di indossare una maschera di semi-indifferenza, non credo di essere mai riuscita a risolvere i miei reali problemi. Quello psicologo definì il mio comportamento da “gattamorta”. Forse voleva spronarmi, non so, ma non credo fosse quello il mio problema. Tutt’ora non ho risolto questo problema di autostima e di ansia che non mi permette di aprirmi agli altri senza paura. Temo il giudizio altrui e sono così convinta ci sia qualcosa che non va in me che non sono mai riuscita ad accettare i sentimenti di qualcuno. Penso che le persone a cui piaccio non siano in grado di vedere la realtà di come sono davvero, onestamente penso che le persone che hanno provato interesse romantico nei miei confronti siano state ingannate dalla mia apparenza, o che siano tonte. Che pensino io sia normale, quando non lo sono, e mi dispiace per loro. Forse questi sono gli stessi motivi che non mi hanno permesso di interessarmi realmente a qualcuno. Quando le cose iniziano a sembrare vagamente romantiche, mi allontano immediatamente. Mi fa sentire a disagio.
Queste insicurezze a dire il vero pervadono quasi ogni aspetto della mia vita. Mi sento un’incapace, fatico a prendere rischi, non ho per niente fiducia in me stessa, e se un’esperienza prevede che gli altri possano vedere i miei difetti, le mie vulnerabilità, è probabile che io mi tiri indietro. Se non mi tiro indietro iniziano spirali di ansia e di pensieri che a volte non mi fanno dormire. Sembra che la mia mente conosca solo lo stato di “ansia”: quando un problema si risolve, ne trovo subito un altro su cui rimuginare incessantemente.
Ho provato in passato terapia di tipo cognitivo, ma non è stata molto efficace nel mio caso. Mi sento una persona abbastanza cosciente della propria situazione, ma non riesco ad andare oltre, invece di uscire da questa fossa vado sempre più a fondo. Non so che tipo di terapia potrebbe aiutarmi, se esiste. Grazie per aver letto.
Queste insicurezze a dire il vero pervadono quasi ogni aspetto della mia vita. Mi sento un’incapace, fatico a prendere rischi, non ho per niente fiducia in me stessa, e se un’esperienza prevede che gli altri possano vedere i miei difetti, le mie vulnerabilità, è probabile che io mi tiri indietro. Se non mi tiro indietro iniziano spirali di ansia e di pensieri che a volte non mi fanno dormire. Sembra che la mia mente conosca solo lo stato di “ansia”: quando un problema si risolve, ne trovo subito un altro su cui rimuginare incessantemente.
Ho provato in passato terapia di tipo cognitivo, ma non è stata molto efficace nel mio caso. Mi sento una persona abbastanza cosciente della propria situazione, ma non riesco ad andare oltre, invece di uscire da questa fossa vado sempre più a fondo. Non so che tipo di terapia potrebbe aiutarmi, se esiste. Grazie per aver letto.
Ciao, grazie per aver condiviso con tanta sincerità la tua esperienza. Il modo in cui descrivi il tuo vissuto mostra una consapevolezza profonda che, paradossalmente, può diventare parte del problema: quando siamo troppo lucidi sui nostri limiti, rischiamo di rimanere intrappolati nell'analisi senza riuscire a trasformare questa comprensione in cambiamento.
Il commento dello psicologo che ti definì "gattamorta" mi colpisce negativamente. Un professionista dovrebbe offrire comprensione, non giudizi che rischiano di confermare le tue paure sul giudizio altrui. È comprensibile che quell'esperienza non ti abbia aiutato quanto avresti voluto.
Quello che descrivi - la convinzione profonda che ci sia qualcosa di sbagliato in te, il rifiuto preventivo dell'interesse altrui, l'allontanamento quando le cose diventano intime - suggerisce un nucleo di vergogna molto radicato. Non è solo ansia sociale: è come se avessi interiorizzato l'idea di essere fondamentalmente inadeguata, e ora filtri ogni esperienza attraverso questa lente distorta.
La tua mente che "conosce solo lo stato di ansia" e trova sempre nuovi problemi su cui rimuginare è un meccanismo di protezione paradossale: mantenerti in allerta costante diventa un modo per evitare di essere colta di sorpresa dal rifiuto o dal giudizio che dai per scontato arriverà.
Dato che la terapia cognitiva non è stata sufficientemente efficace, potresti beneficiare di approcci che lavorano meno sul pensiero razionale e più sull'esperienza emotiva e corporea.
La mindfulness e l'auto-compassione potrebbero essere strumenti preziosi in aiuto alla clinica: non per "pensare positivo", ma per imparare a stare con te stessa in modo meno giudicante, sviluppando quella gentilezza interiore che sembra mancarti completamente.
Il fatto che tu riesca a vedere questi pattern è già importante, ma la consapevolezza da sola non basta quando il problema è radicato a livello emotivo profondo. Hai bisogno di esperienze correttive, non solo di comprensione intellettuale.
Se desideri esplorare un percorso diverso, ti invito a contattarmi. Nel mio approccio psicologico di supporto integro tecniche cliniche con lavoro emotivo e pratiche di mindfulness, creando uno spazio dove poter gradualmente sperimentare un modo diverso di relazionarti con te stessa e con gli altri.
La tua sofferenza è reale e merita attenzione. Non sei condannata a vivere sempre così.
Il commento dello psicologo che ti definì "gattamorta" mi colpisce negativamente. Un professionista dovrebbe offrire comprensione, non giudizi che rischiano di confermare le tue paure sul giudizio altrui. È comprensibile che quell'esperienza non ti abbia aiutato quanto avresti voluto.
Quello che descrivi - la convinzione profonda che ci sia qualcosa di sbagliato in te, il rifiuto preventivo dell'interesse altrui, l'allontanamento quando le cose diventano intime - suggerisce un nucleo di vergogna molto radicato. Non è solo ansia sociale: è come se avessi interiorizzato l'idea di essere fondamentalmente inadeguata, e ora filtri ogni esperienza attraverso questa lente distorta.
La tua mente che "conosce solo lo stato di ansia" e trova sempre nuovi problemi su cui rimuginare è un meccanismo di protezione paradossale: mantenerti in allerta costante diventa un modo per evitare di essere colta di sorpresa dal rifiuto o dal giudizio che dai per scontato arriverà.
Dato che la terapia cognitiva non è stata sufficientemente efficace, potresti beneficiare di approcci che lavorano meno sul pensiero razionale e più sull'esperienza emotiva e corporea.
La mindfulness e l'auto-compassione potrebbero essere strumenti preziosi in aiuto alla clinica: non per "pensare positivo", ma per imparare a stare con te stessa in modo meno giudicante, sviluppando quella gentilezza interiore che sembra mancarti completamente.
Il fatto che tu riesca a vedere questi pattern è già importante, ma la consapevolezza da sola non basta quando il problema è radicato a livello emotivo profondo. Hai bisogno di esperienze correttive, non solo di comprensione intellettuale.
Se desideri esplorare un percorso diverso, ti invito a contattarmi. Nel mio approccio psicologico di supporto integro tecniche cliniche con lavoro emotivo e pratiche di mindfulness, creando uno spazio dove poter gradualmente sperimentare un modo diverso di relazionarti con te stessa e con gli altri.
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Buongiorno,
mi chiamo Dario Antonio Palermo e sono uno psicologo e sessuologo clinico.
Da ciò che racconta, emerge con chiarezza quanto questa sensazione di “non essere mai abbastanza” e il continuo rimuginare sui propri difetti abbiano un peso importante nella sua vita quotidiana e nelle relazioni. Questi pensieri possono diventare così ricorrenti da creare una sorta di “lente distorta” con cui si guarda, portandola a credere che gli altri non la vedano per com’è “davvero”.
In molti casi, questa dinamica può essere legata a un processo di idealizzazione negativa: lei costruisce mentalmente un’immagine di sé estremamente critica e limitante, mentre chi la incontra coglie anche qualità, risorse e aspetti positivi che in quei momenti di rimuginio lei fatica a riconoscere.
Questa discrepanza tra come ci si percepisce e come si viene percepiti dagli altri può alimentare ansia, insicurezza e il bisogno di allontanarsi dalle situazioni che potrebbero far emergere vulnerabilità.
Esistono percorsi terapeutici che possono aiutarla non solo a ridurre l’ansia e il rimuginio, ma anche a costruire una percezione di sé più realistica ed equilibrata, imparando a tollerare il giudizio altrui senza che questo diventi paralizzante. In alcuni casi, approcci integrati (ad esempio combinando tecniche di gestione dell’ansia con un lavoro più profondo sulla propria identità e sulla relazione con sé stessi) si rivelano molto utili.
Se lo desidera, possiamo fissare un primo colloquio conoscitivo online per approfondire la sua situazione e individuare insieme la strada più adatta alle sue esigenze.
Resto a sua disposizione per ulteriori domande o chiarimenti.
Cordiali saluti,
Dott. Dario Antonio Palermo
Psicologo – Sessuologo Clinico
mi chiamo Dario Antonio Palermo e sono uno psicologo e sessuologo clinico.
Da ciò che racconta, emerge con chiarezza quanto questa sensazione di “non essere mai abbastanza” e il continuo rimuginare sui propri difetti abbiano un peso importante nella sua vita quotidiana e nelle relazioni. Questi pensieri possono diventare così ricorrenti da creare una sorta di “lente distorta” con cui si guarda, portandola a credere che gli altri non la vedano per com’è “davvero”.
In molti casi, questa dinamica può essere legata a un processo di idealizzazione negativa: lei costruisce mentalmente un’immagine di sé estremamente critica e limitante, mentre chi la incontra coglie anche qualità, risorse e aspetti positivi che in quei momenti di rimuginio lei fatica a riconoscere.
Questa discrepanza tra come ci si percepisce e come si viene percepiti dagli altri può alimentare ansia, insicurezza e il bisogno di allontanarsi dalle situazioni che potrebbero far emergere vulnerabilità.
Esistono percorsi terapeutici che possono aiutarla non solo a ridurre l’ansia e il rimuginio, ma anche a costruire una percezione di sé più realistica ed equilibrata, imparando a tollerare il giudizio altrui senza che questo diventi paralizzante. In alcuni casi, approcci integrati (ad esempio combinando tecniche di gestione dell’ansia con un lavoro più profondo sulla propria identità e sulla relazione con sé stessi) si rivelano molto utili.
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Resto a sua disposizione per ulteriori domande o chiarimenti.
Cordiali saluti,
Dott. Dario Antonio Palermo
Psicologo – Sessuologo Clinico
Buongiorno a Lei,
Ho letto con attenzione questo messaggio e mi è arrivata una persona profondamente umana, che sta affrontando un momento complesso con grande coraggio.
Mi dispiace per le difficoltà che sta vivendo, in particolare nel rapporto con sé stessa e con le relazioni. Credo che, con il giusto tempo e un percorso adatto a lei, questi vissuti possano gradualmente trasformarsi e riprendere fiducia.
Mi dispiace anche per la sua esperienza precedente con un altro collega. Può capitare che non ci sia subito sintonia in un percorso delicato e importante, e sono contenta che lei abbia continuato comunque la ricerca.
Sono la Dottoressa Daisy Di Cello, il mio approccio è rogersiano,centrato sulla persona dove al centro ci sono lei, il suoi vissuti e il suo benessere.
Se lo desidera, possiamo fissare un primo colloquio conoscitivo per capire insieme se posso esserle di aiuto.
E grazie a Lei per aver condiviso con tanto coraggio sentimenti difficili e privati.
Un caro Saluto
Dott.ssa Daisy
Ho letto con attenzione questo messaggio e mi è arrivata una persona profondamente umana, che sta affrontando un momento complesso con grande coraggio.
Mi dispiace per le difficoltà che sta vivendo, in particolare nel rapporto con sé stessa e con le relazioni. Credo che, con il giusto tempo e un percorso adatto a lei, questi vissuti possano gradualmente trasformarsi e riprendere fiducia.
Mi dispiace anche per la sua esperienza precedente con un altro collega. Può capitare che non ci sia subito sintonia in un percorso delicato e importante, e sono contenta che lei abbia continuato comunque la ricerca.
Sono la Dottoressa Daisy Di Cello, il mio approccio è rogersiano,centrato sulla persona dove al centro ci sono lei, il suoi vissuti e il suo benessere.
Se lo desidera, possiamo fissare un primo colloquio conoscitivo per capire insieme se posso esserle di aiuto.
E grazie a Lei per aver condiviso con tanto coraggio sentimenti difficili e privati.
Un caro Saluto
Dott.ssa Daisy
Salve,
mi dispiace molto per la sua esperienza e per la sofferenza che traspare dalle sue parole. Capisco quanto possa essere difficile convivere a lungo con l’ansia e con una scarsa autostima, specialmente quando queste sensazioni finiscono per condizionare i rapporti con gli altri e il modo in cui si vede sé stessa.
Potrebbe valutare la possibilità di intraprendere una terapia sistemica, che può aiutare ad andare più in profondità nella ricerca degli elementi alla base della sua sofferenza, cercandone l’origine e comprendendo come queste dinamiche si siano sviluppate nel tempo. Le insicurezze non spariscono del tutto, ma si possono affrontare, superare in parte e, soprattutto, imparare a riconoscerle per non lasciarsi guidare completamente da esse.
Rimango a disposizione per aiutarla e mi farebbe piacere poterla accompagnare in questo percorso.
mi dispiace molto per la sua esperienza e per la sofferenza che traspare dalle sue parole. Capisco quanto possa essere difficile convivere a lungo con l’ansia e con una scarsa autostima, specialmente quando queste sensazioni finiscono per condizionare i rapporti con gli altri e il modo in cui si vede sé stessa.
Potrebbe valutare la possibilità di intraprendere una terapia sistemica, che può aiutare ad andare più in profondità nella ricerca degli elementi alla base della sua sofferenza, cercandone l’origine e comprendendo come queste dinamiche si siano sviluppate nel tempo. Le insicurezze non spariscono del tutto, ma si possono affrontare, superare in parte e, soprattutto, imparare a riconoscerle per non lasciarsi guidare completamente da esse.
Rimango a disposizione per aiutarla e mi farebbe piacere poterla accompagnare in questo percorso.
Buongiorno, grazie per la tua condivisione.
Mi dispiaccio nel leggere queste parole e questa sofferenza. Mi spiace inoltre che l'esperienza con la psicoterapia non sia stata utile e decisiva quanto sperato. Detto ciò credo che abbia senso dare un'ulteriore possibilità alla psicoterapia, magari attraverso un/una professionista di diverso approccio, come ad esempio un approccio di natura più relazionale (psicoanalisi relazionale - costruttivismo relazionale).
Ti faccio i miei migliori auguri.
Mi dispiaccio nel leggere queste parole e questa sofferenza. Mi spiace inoltre che l'esperienza con la psicoterapia non sia stata utile e decisiva quanto sperato. Detto ciò credo che abbia senso dare un'ulteriore possibilità alla psicoterapia, magari attraverso un/una professionista di diverso approccio, come ad esempio un approccio di natura più relazionale (psicoanalisi relazionale - costruttivismo relazionale).
Ti faccio i miei migliori auguri.
Gentile utente, grazie per la sua condivisione.
Dalla sua narrazione emergono due tematiche molto importanti: la concezione di sé e il rapporto con l'ansia. Seppur siano apparentemente due aspetti differenti, talvolta l'una può condizionare l'altra, creando così un circolo vizioso: la paura del giudizio altrui insieme a una bassa considerazione di sé può portare a sperimentare vissuti di ansia ancora più intensi, al punto da preferire un allontanamento dal contesto circostante come reazione protettiva di fronte a un potenziale pericolo.
Le consiglio una terapia specifica: fino a quando l'ansia verrà sperimentata come qualcosa da allontanare, le sarà difficile approcciarsi in modo differente. La cosa importante è arrivare ad accettare l'ansia come parte di sé e vederne anche la parte adattiva. Partendo da questo sarà poi possibile concentrarsi su di sé e sulla sua autostima.
Dalla sua narrazione emergono due tematiche molto importanti: la concezione di sé e il rapporto con l'ansia. Seppur siano apparentemente due aspetti differenti, talvolta l'una può condizionare l'altra, creando così un circolo vizioso: la paura del giudizio altrui insieme a una bassa considerazione di sé può portare a sperimentare vissuti di ansia ancora più intensi, al punto da preferire un allontanamento dal contesto circostante come reazione protettiva di fronte a un potenziale pericolo.
Le consiglio una terapia specifica: fino a quando l'ansia verrà sperimentata come qualcosa da allontanare, le sarà difficile approcciarsi in modo differente. La cosa importante è arrivare ad accettare l'ansia come parte di sé e vederne anche la parte adattiva. Partendo da questo sarà poi possibile concentrarsi su di sé e sulla sua autostima.
Gentile Utente,
grazie per aver condiviso in modo così sincero e lucido il suo vissuto. Le sue parole arrivano dritte: si percepisce quanto l’ansia e la fatica di sentirsi “abbastanza” abbiano segnato non solo l’adolescenza, ma anche il modo in cui oggi vive se stessa e le relazioni con gli altri.
Quando scrive “è come se la mia mente conoscesse solo lo stato di ansia”, racconta qualcosa che molte persone provano ma faticano a spiegare: quel rimuginare continuo, quel passare da un pensiero all’altro senza tregua, quel sentirsi sempre “sotto esame”, come se mostrarsi davvero fosse troppo rischioso.
Anche la difficoltà a fidarsi di chi mostra interesse o affetto — quel pensiero che “se mi vedessero davvero, cambierebbero idea” — è qualcosa che spesso affonda le radici in vissuti profondi, legati non solo all’autostima, ma anche al modo in cui ci si è sentiti accolti e riconosciuti nel proprio valore, nel proprio essere. Non c’è nulla di “sbagliato” in lei: ci sono ferite ed esperienze che, forse, non hanno ancora trovato uno spazio sicuro in cui essere ascoltate e comprese.
Capisco anche la frustrazione di chi si sente consapevole ma “bloccato”: quando scrive “invece di uscire da questa fossa vado sempre più a fondo”, mostra una grande lucidità, ma anche la fatica di chi non riesce più a farcela da sola.
Un percorso psicologico che esplori con delicatezza il suo mondo interno, le sue relazioni, le sue emozioni profonde, potrebbe aiutarla a ricostruire un senso di fiducia negli altri ma, soprattutto, in sé.
Se vorrà approfondire, sono a disposizione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Maria Francesca Copani
grazie per aver condiviso in modo così sincero e lucido il suo vissuto. Le sue parole arrivano dritte: si percepisce quanto l’ansia e la fatica di sentirsi “abbastanza” abbiano segnato non solo l’adolescenza, ma anche il modo in cui oggi vive se stessa e le relazioni con gli altri.
Quando scrive “è come se la mia mente conoscesse solo lo stato di ansia”, racconta qualcosa che molte persone provano ma faticano a spiegare: quel rimuginare continuo, quel passare da un pensiero all’altro senza tregua, quel sentirsi sempre “sotto esame”, come se mostrarsi davvero fosse troppo rischioso.
Anche la difficoltà a fidarsi di chi mostra interesse o affetto — quel pensiero che “se mi vedessero davvero, cambierebbero idea” — è qualcosa che spesso affonda le radici in vissuti profondi, legati non solo all’autostima, ma anche al modo in cui ci si è sentiti accolti e riconosciuti nel proprio valore, nel proprio essere. Non c’è nulla di “sbagliato” in lei: ci sono ferite ed esperienze che, forse, non hanno ancora trovato uno spazio sicuro in cui essere ascoltate e comprese.
Capisco anche la frustrazione di chi si sente consapevole ma “bloccato”: quando scrive “invece di uscire da questa fossa vado sempre più a fondo”, mostra una grande lucidità, ma anche la fatica di chi non riesce più a farcela da sola.
Un percorso psicologico che esplori con delicatezza il suo mondo interno, le sue relazioni, le sue emozioni profonde, potrebbe aiutarla a ricostruire un senso di fiducia negli altri ma, soprattutto, in sé.
Se vorrà approfondire, sono a disposizione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Maria Francesca Copani
Ciao, sembra che lo stato d'ansia sia ancora ben installato anche se il percorso con lo psicologo ti ha aiutata.
Una psicoterapia ad approccio psicoanalitico potrebbe aiutarti ad approfondire le motivazioni e far emergere gli aspetti più profondi.
Arrivare ad una maggiore consapevolezza rispetto ai significati che l'ansia rappresenta nel tuo vissuto potrebbe aiutarti a stare meglio perciò ti consiglierei di cercare una brava/o psicoterapeuta di formazione psicodinamica.
Tantissimi auguri per la tua vita
Una psicoterapia ad approccio psicoanalitico potrebbe aiutarti ad approfondire le motivazioni e far emergere gli aspetti più profondi.
Arrivare ad una maggiore consapevolezza rispetto ai significati che l'ansia rappresenta nel tuo vissuto potrebbe aiutarti a stare meglio perciò ti consiglierei di cercare una brava/o psicoterapeuta di formazione psicodinamica.
Tantissimi auguri per la tua vita
Buonasera, la capacità di introspezione è un elemento importante, anche se in questo momento può non sembrarle sufficiente. La fatica nel credere di poter essere vista e amata per ciò che è, il senso di inadeguatezza costante, la difficoltà a fidarsi delle emozioni proprie e altrui, è un vissuto profondamente radicato, che spesso ha origini lontane e che, con il tempo, si è strutturato come un vero e proprio schema interiore. L'ansia, in questi casi, non è solo un sintomo ma un linguaggio del corpo e della mente che racconta quanto sia difficile sentirsi al sicuro nel mostrarsi vulnerabili. È comprensibile, quindi, che anche le relazioni affettive risultino faticose, perché pongono proprio al centro la fiducia, il lasciarsi vedere, l’essere accolti per ciò che si è.
Il fatto che una terapia cognitiva non sia stata sufficiente non significa che "non ci sia una cura", ma forse che in quel momento serviva un approccio più profondo e mirato. Potrebbe trovare beneficio in un percorso integrato di psicoterapia bioenergetica e mindfulness che tenga conto della sua storia, delle emozioni che fatica a riconoscere e accogliere, e delle dinamiche relazionali che si ripetono.
Si percepisce chiaramente la sua lucidità, ma è proprio da lì che può iniziare qualcosa di nuovo: riconoscere che la consapevolezza da sola non basta, e che forse ha bisogno di imparare a sentirsi, non solo a capirsi. Lavorare sul senso di sé, sul valore personale e sull'autocompassione richiede tempo, ma è assolutamente possibile. Lei non è “sbagliata”. Sta semplicemente cercando un modo per tornare in contatto con una parte di sé che finora ha potuto solo difendersi. E questo è già un primo passo verso il cambiamento
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Il fatto che una terapia cognitiva non sia stata sufficiente non significa che "non ci sia una cura", ma forse che in quel momento serviva un approccio più profondo e mirato. Potrebbe trovare beneficio in un percorso integrato di psicoterapia bioenergetica e mindfulness che tenga conto della sua storia, delle emozioni che fatica a riconoscere e accogliere, e delle dinamiche relazionali che si ripetono.
Si percepisce chiaramente la sua lucidità, ma è proprio da lì che può iniziare qualcosa di nuovo: riconoscere che la consapevolezza da sola non basta, e che forse ha bisogno di imparare a sentirsi, non solo a capirsi. Lavorare sul senso di sé, sul valore personale e sull'autocompassione richiede tempo, ma è assolutamente possibile. Lei non è “sbagliata”. Sta semplicemente cercando un modo per tornare in contatto con una parte di sé che finora ha potuto solo difendersi. E questo è già un primo passo verso il cambiamento
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Ciao, dal tuo racconto emerge quanta consapevolezza tu abbia di quello che provi e di come queste difficoltà ti accompagnino da molto tempo. L’ansia, unita a una scarsa fiducia in sé, può diventare un filtro costante attraverso cui si interpreta ogni esperienza, portando a ritirarsi dalle situazioni in cui ci si sente vulnerabili.
Questo meccanismo rischia di trasformarsi in un circolo vizioso, la paura del giudizio porta ad allontanarsi, l’allontanamento rafforza l’idea di non poter essere accettati, e questa convinzione alimenta ancora più ansia. È comprensibile che, in questo quadro, le relazioni intime possano diventare difficili da vivere con serenità. Potrebbe essere utile un approccio che integri lavoro emotivo, esperienziale e relazionale, per esempio la terapia cognitivo-comportamentale (ACT), la schema therapy, o una psicoterapia a orientamento psicodinamico o interpersonale, che ti aiuti a esplorare e trasformare le radici profonde di questo modo di vederti.
Ti suggerirei anche di valutare un professionista con cui ti senta accolta e non giudicata fin dal primo colloquio, la relazione, in casi come il tuo, diventa uno spazio sicuro in cui sperimentare nuovi modi di essere con l’altro e con te stessa. Non si tratta di “uscire dalla fossa” in un solo salto, ma di iniziare a costruire gradini solidi per salire, uno alla volta, senza più ricadere. Un caro saluto
Questo meccanismo rischia di trasformarsi in un circolo vizioso, la paura del giudizio porta ad allontanarsi, l’allontanamento rafforza l’idea di non poter essere accettati, e questa convinzione alimenta ancora più ansia. È comprensibile che, in questo quadro, le relazioni intime possano diventare difficili da vivere con serenità. Potrebbe essere utile un approccio che integri lavoro emotivo, esperienziale e relazionale, per esempio la terapia cognitivo-comportamentale (ACT), la schema therapy, o una psicoterapia a orientamento psicodinamico o interpersonale, che ti aiuti a esplorare e trasformare le radici profonde di questo modo di vederti.
Ti suggerirei anche di valutare un professionista con cui ti senta accolta e non giudicata fin dal primo colloquio, la relazione, in casi come il tuo, diventa uno spazio sicuro in cui sperimentare nuovi modi di essere con l’altro e con te stessa. Non si tratta di “uscire dalla fossa” in un solo salto, ma di iniziare a costruire gradini solidi per salire, uno alla volta, senza più ricadere. Un caro saluto
La consapevolezza rispetto a queste tue difficoltà e la forza che dimostri non mollando e chiedendo aiuto sono delle risorse preziose che hai e che è giusto che tu riconosca a te stessa.
Non sento di poter dire che un certo tipo di terapia potrebbe aiutarti rispetto ad un altro; posso soltanto dire che affidarsi ad un professionista - qualunque sia il suo orientamento (sistemico, psicodinamico, cognitivo e via discorrendo) - e stabilirci una reale alleanza terapeutica è ciò di cui hai bisogno per fare chiarezza sulle cose che tengono così vive quelle paure e insicurezze e trovare il modo di risolverle dentro di te. Indipendentemente dall'orientamento del professionista, è l'alleanza che ci stabilisci a fare la differenza.
Non sento di poter dire che un certo tipo di terapia potrebbe aiutarti rispetto ad un altro; posso soltanto dire che affidarsi ad un professionista - qualunque sia il suo orientamento (sistemico, psicodinamico, cognitivo e via discorrendo) - e stabilirci una reale alleanza terapeutica è ciò di cui hai bisogno per fare chiarezza sulle cose che tengono così vive quelle paure e insicurezze e trovare il modo di risolverle dentro di te. Indipendentemente dall'orientamento del professionista, è l'alleanza che ci stabilisci a fare la differenza.
Gent.ma utente,
è vero, il suo livello di consapevolezza delle difficoltà è già rilevante e questo è un punto di vantaggio per progredire rispetto alla situazione che sta vivendo.
Il fatto che abbia già sofferto in passato di un disturbo d'ansia potrebbe aver ricreato degli schemi mentali e comportamentali che lo stanno facendo riaffiorare, magari in modalità diverse.
Debellare l'ansia non è un obiettivo realistico. L'ansia fa parte del vissuto mentale di ogni essere umano, è un retaggio evolutivo che ha una ragion d'essere molto importante, quella di proteggerci dai pericoli che ci sono là fuori nel mondo, metterci in guardia su ciò che potrebbe ferirci fisicamente, emotivamente o mentalmente.
A volte, l'ansia si rivolge verso sé stessa: il vissuto di disagio e profonda preoccupazione che segue a uno stato ansiogeno è qualcosa da cui la mente vuole sfuggire, non vuole letteralmente soffrire, ma ciò genera un circolo vizioso dell'ansia che alimenta sé stessa. Ne nascono comportamenti di evitamento, oppure di apatia, che lei stessa ha descritto con molta chiarezza con le sue parole.
Al di là tipo di percorso psicologico ha seguito in precedenza, il mio consiglio è di valutare ancora l'affiancamento di un professionista per andare finalmente oltre questi limiti che la stanno ostacolando a essere soddisfatta della sua vita, pienamente capace di godersi la sua splendida giovinezza.
Le propongo di valutare la psicologia positiva come approccio per affrontare in modo nuovo le sue difficoltà. Attraverso strumenti di consapevolezza ed esercizi pratici potrebbe acquisire strategie per affrontare serenamente i suoi diversi stati mentali ed emotivi. Imparerà ad abbracciare la realtà anche nei momenti più complicati e a "funzionare" al meglio delle sue possibilità. Allo stesso tempo, volgerà uno sguardo attento e curioso verso il mondo delle emozioni positive, riscoprendo il piacere di coltivare passioni e di svolgere attività coinvolgenti, trovando modo anche di interagire con altre persone in maniera diversa e magari più interessante, mossa da sentimenti di cooperazione e solidarietà. Saprà di nuovo porsi obiettivi concreti sul suo futuro, senza la paura di uscire dalla sua zona di comfort che in questo momento sembra asfissiarla, con la carrellata di cattivi giudizi che sta esprimendo verso sé stessa.
Scoprirà come l'autostima si costruisce sul senso di orgoglio personale, sul sentimento della gratitudine verso le proprie qualità, i migliori attributi personali che si rifletteranno sui comportamenti che sceglierà di adottare.
Le risorse per emergere da questo momento della sua vita sono già presenti dentro di lei. Ha solo bisogno di potervi accedere e di cominciare finalmente ad esprimere tutte le sue potenzialità, con rinnovato amore e gentilezza per sé stessa e per le sue naturali fragilità.
Se lo desidera, posso darle ulteriori informazioni su un percorso psicologico di questo tipo, anche tramite consulenza online.
Le auguro il meglio.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
è vero, il suo livello di consapevolezza delle difficoltà è già rilevante e questo è un punto di vantaggio per progredire rispetto alla situazione che sta vivendo.
Il fatto che abbia già sofferto in passato di un disturbo d'ansia potrebbe aver ricreato degli schemi mentali e comportamentali che lo stanno facendo riaffiorare, magari in modalità diverse.
Debellare l'ansia non è un obiettivo realistico. L'ansia fa parte del vissuto mentale di ogni essere umano, è un retaggio evolutivo che ha una ragion d'essere molto importante, quella di proteggerci dai pericoli che ci sono là fuori nel mondo, metterci in guardia su ciò che potrebbe ferirci fisicamente, emotivamente o mentalmente.
A volte, l'ansia si rivolge verso sé stessa: il vissuto di disagio e profonda preoccupazione che segue a uno stato ansiogeno è qualcosa da cui la mente vuole sfuggire, non vuole letteralmente soffrire, ma ciò genera un circolo vizioso dell'ansia che alimenta sé stessa. Ne nascono comportamenti di evitamento, oppure di apatia, che lei stessa ha descritto con molta chiarezza con le sue parole.
Al di là tipo di percorso psicologico ha seguito in precedenza, il mio consiglio è di valutare ancora l'affiancamento di un professionista per andare finalmente oltre questi limiti che la stanno ostacolando a essere soddisfatta della sua vita, pienamente capace di godersi la sua splendida giovinezza.
Le propongo di valutare la psicologia positiva come approccio per affrontare in modo nuovo le sue difficoltà. Attraverso strumenti di consapevolezza ed esercizi pratici potrebbe acquisire strategie per affrontare serenamente i suoi diversi stati mentali ed emotivi. Imparerà ad abbracciare la realtà anche nei momenti più complicati e a "funzionare" al meglio delle sue possibilità. Allo stesso tempo, volgerà uno sguardo attento e curioso verso il mondo delle emozioni positive, riscoprendo il piacere di coltivare passioni e di svolgere attività coinvolgenti, trovando modo anche di interagire con altre persone in maniera diversa e magari più interessante, mossa da sentimenti di cooperazione e solidarietà. Saprà di nuovo porsi obiettivi concreti sul suo futuro, senza la paura di uscire dalla sua zona di comfort che in questo momento sembra asfissiarla, con la carrellata di cattivi giudizi che sta esprimendo verso sé stessa.
Scoprirà come l'autostima si costruisce sul senso di orgoglio personale, sul sentimento della gratitudine verso le proprie qualità, i migliori attributi personali che si rifletteranno sui comportamenti che sceglierà di adottare.
Le risorse per emergere da questo momento della sua vita sono già presenti dentro di lei. Ha solo bisogno di potervi accedere e di cominciare finalmente ad esprimere tutte le sue potenzialità, con rinnovato amore e gentilezza per sé stessa e per le sue naturali fragilità.
Se lo desidera, posso darle ulteriori informazioni su un percorso psicologico di questo tipo, anche tramite consulenza online.
Le auguro il meglio.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Carissima, grazie per aver condiviso il suo vissuto.
Il suo racconto non è solo una testimonianza di sofferenza, ma anche di lucidità e capacità di osservazione. In base al modello cognitivo comportamentale causale, il suo disagio non è il risultato di una “malattia” o di un “disturbo” da etichettare, ma è l’effetto di una causa reale, concreta, che ha agito nella sua storia personale e che può essere individuata e rielaborata.
Nel suo caso, ciò che emerge non sembra essere una generica “ansia sociale” o “bassa autostima”, ma un meccanismo di svalutazione personale che si è strutturato nel tempo e che oggi condiziona il suo modo di pensare, di sentire e di agire.
Questo meccanismo non è innato, né casuale: è stato appreso in seguito a esperienze personali che l'hanno portata a credere di “non andare bene”, di “non essere normale”.
Il fatto che lei non riesca ad accettare l’interesse degli altri, che lo viva come un errore o un inganno, è un effetto diretto di questa causa: una convinzione profonda e radicata che la porta a invalidare se stessa e a temere il giudizio. Non si tratta di un tratto della sua personalità, ma di una conseguenza logica di un apprendimento errato.
Il suo disagio non è cronico, né immutabile. È logico, e proprio per questo può essere visto, compreso e rielaborato.
La sua consapevolezza è già una risorsa preziosa, ma da sola non basta: serve un lavoro clinico mirato, che la aiuti a liberarsi dalla causa e a recuperare la sua autenticità.
La scelta del percorso non deve essere fatta con lo scopo di “curare”, ma con l'idea di stare anche con ciò che prima risulta intollerabile e che la aiuti a ricercare la propria unicità per sentirsi pienamente se stessa.
Resto a disposizione
Dott.ssa Carolina Berardi
Il suo racconto non è solo una testimonianza di sofferenza, ma anche di lucidità e capacità di osservazione. In base al modello cognitivo comportamentale causale, il suo disagio non è il risultato di una “malattia” o di un “disturbo” da etichettare, ma è l’effetto di una causa reale, concreta, che ha agito nella sua storia personale e che può essere individuata e rielaborata.
Nel suo caso, ciò che emerge non sembra essere una generica “ansia sociale” o “bassa autostima”, ma un meccanismo di svalutazione personale che si è strutturato nel tempo e che oggi condiziona il suo modo di pensare, di sentire e di agire.
Questo meccanismo non è innato, né casuale: è stato appreso in seguito a esperienze personali che l'hanno portata a credere di “non andare bene”, di “non essere normale”.
Il fatto che lei non riesca ad accettare l’interesse degli altri, che lo viva come un errore o un inganno, è un effetto diretto di questa causa: una convinzione profonda e radicata che la porta a invalidare se stessa e a temere il giudizio. Non si tratta di un tratto della sua personalità, ma di una conseguenza logica di un apprendimento errato.
Il suo disagio non è cronico, né immutabile. È logico, e proprio per questo può essere visto, compreso e rielaborato.
La sua consapevolezza è già una risorsa preziosa, ma da sola non basta: serve un lavoro clinico mirato, che la aiuti a liberarsi dalla causa e a recuperare la sua autenticità.
La scelta del percorso non deve essere fatta con lo scopo di “curare”, ma con l'idea di stare anche con ciò che prima risulta intollerabile e che la aiuti a ricercare la propria unicità per sentirsi pienamente se stessa.
Resto a disposizione
Dott.ssa Carolina Berardi
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Gentile utente,
la ringrazio per aver condiviso questo suo vissuto e si comprende quanto questa situazione si difficoltosa da gestire per lei.
Rispetto alla sua domanda le consigliere di scegliere una terapia che vada più a fondo nella sua storia, nel suo contesto e nel suo vissuto in generale così da comprendere l'origine di questa ansia e delle sue insicurezze.
Ovviamente, mi sento, in primis, di consigliarle il mio di orientamento, ossia un approccio sistemico-relazione, ma potrebbe valutare anche un approccio psicodinamico.
rimango a disposizione,
Dott.ssa Chiara Roselletti
la ringrazio per aver condiviso questo suo vissuto e si comprende quanto questa situazione si difficoltosa da gestire per lei.
Rispetto alla sua domanda le consigliere di scegliere una terapia che vada più a fondo nella sua storia, nel suo contesto e nel suo vissuto in generale così da comprendere l'origine di questa ansia e delle sue insicurezze.
Ovviamente, mi sento, in primis, di consigliarle il mio di orientamento, ossia un approccio sistemico-relazione, ma potrebbe valutare anche un approccio psicodinamico.
rimango a disposizione,
Dott.ssa Chiara Roselletti
Buongiorno. Il suo racconto rivela un dolore profondo che riconosco spesso nel mio lavoro. Quello che ha vissuto non è una semplice timidezza da superare, ma un vero sistema difensivo costruito per proteggersi da ferite antiche.
La definizione di “gattamorta” del precedente terapeuta mi colpisce negativamente - tradisce una mancanza di comprensione del suo mondo interno. Lei non stava fingendo: stava sopravvivendo come poteva.
Dal punto di vista psicodinamico, il suo ritiro dalle relazioni romantiche e la convinzione di “ingannare” gli altri suggeriscono un’immagine di sé frammentata, dove il “sé autentico” è percepito come inaccettabile. Questa scissione tra apparenza e presunta realtà interna è dolorosa ma comprensibile.
La terapia cognitiva spesso si concentra sui pensieri, ma nel suo caso sembra necessario esplorare le radici emotive più profonde. Una psicoterapia psicodinamica potrebbe aiutarla a comprendere come si è formata questa immagine negativa di sé e come i meccanismi difensivi, pur protettivi in origine, ora limitano la sua vita.
Il fatto che riconosca questi pattern è già significativo. Non è “resistenza” quella che prova, ma paura di essere vista davvero - ed è comprensibile dopo anni di dolore.
Consideri una terapia psicodinamica con un terapeuta che sappia accogliere la sua vulnerabilità senza giudicarla. Il cambiamento richiede tempo, ma è possibile costruire una relazione autentica con se stessa e con gli altri.
La definizione di “gattamorta” del precedente terapeuta mi colpisce negativamente - tradisce una mancanza di comprensione del suo mondo interno. Lei non stava fingendo: stava sopravvivendo come poteva.
Dal punto di vista psicodinamico, il suo ritiro dalle relazioni romantiche e la convinzione di “ingannare” gli altri suggeriscono un’immagine di sé frammentata, dove il “sé autentico” è percepito come inaccettabile. Questa scissione tra apparenza e presunta realtà interna è dolorosa ma comprensibile.
La terapia cognitiva spesso si concentra sui pensieri, ma nel suo caso sembra necessario esplorare le radici emotive più profonde. Una psicoterapia psicodinamica potrebbe aiutarla a comprendere come si è formata questa immagine negativa di sé e come i meccanismi difensivi, pur protettivi in origine, ora limitano la sua vita.
Il fatto che riconosca questi pattern è già significativo. Non è “resistenza” quella che prova, ma paura di essere vista davvero - ed è comprensibile dopo anni di dolore.
Consideri una terapia psicodinamica con un terapeuta che sappia accogliere la sua vulnerabilità senza giudicarla. Il cambiamento richiede tempo, ma è possibile costruire una relazione autentica con se stessa e con gli altri.
Buondì gentile utente, mi sento di dirti che magari un approccio diverso da quello hai provato potrebbe essere utile a risolvere i tuoi problemi legati alla scarsa stima che hai di te e che poi influenzano in modo persistente l'ansia che tu vivi. Per quanto possa essere paradossale molte persone che nella vita sperimentano in modo costante "stata ansiosi", anche in maniera inconsapevole poi li ricercano, (anche se sanno che in questo stato si vive male.") Ti consiglierei di provare un approccio più umanistico che crei empatia, dove ci sia fiducia e un ascolto attivo che permetta in primis di fare un lavoro psicologico per accrescere la tua autostima, e che questo ti porti a costruire esperienze dove tu ti possa permettere di essere chi sei con i pregi e limiti che tu hai (come ogni persona ha). Vedrai che se l'autostima e fiducia in te aumentano, potrai iniziare ad apprezzare i tuoi pregi e accogliere in modo sano anche i tuoi limiti, questo ti permetterà piano piano di iniziare a stare nelle relazioni senza scappare.
Ti auguro di fare un percorso che ti porti ad accettarti e accoglierti per come sei in questo momento, di lavorare per migliore gli aspetti legati alla fiducia in te e negli altri e che ti permetta di vivere le situazioni romantiche con occhi nuovi dandoti l'opportunità si stare in quella situazione.
Se lo desideri mi metto a disposizione.
Dott. Omar Saggioro
Ti auguro di fare un percorso che ti porti ad accettarti e accoglierti per come sei in questo momento, di lavorare per migliore gli aspetti legati alla fiducia in te e negli altri e che ti permetta di vivere le situazioni romantiche con occhi nuovi dandoti l'opportunità si stare in quella situazione.
Se lo desideri mi metto a disposizione.
Dott. Omar Saggioro
Buongiorno, mi spiace per la situazione che sta attraversando e per il vissuto di ansia che limita le sue relazioni. Vorrei invitarla a riflettere come mai secondo lei proprio a partire dall'adolescenza ha iniziato ad avere questi pensieri e perché il giudizio degli altri è per lei così importante. Le viene in mente qualche episodio in cui il giudizio altrui è stato per lei particolarmente significativo?
Credo che riflettere sugli eventi che hanno contribuito a generare questo suo modo di stare nei confronti di sé stessa e verso gli altri, sui significati che lei vi ha attribuito e sulle emozioni che vive di volta in volta in queste situazioni, possa aiutarla a gettar maggior chiarezza su come mai in questo periodo della sua vita si ritrova aperta al mondo con quel sottofondo di ansia e preoccupazione.
Potrebbe considerare un percorso psicologico all'interno del quale riflettere su queste tematiche e comprendere quali dinamiche hanno creato questo suo modo di porsi, per provare poi ad aprirsi al futuro in maniera differente e più fiduciosa.
Rimango a disposizione. Un caro saluto, Dott. Luca Fiorona
Credo che riflettere sugli eventi che hanno contribuito a generare questo suo modo di stare nei confronti di sé stessa e verso gli altri, sui significati che lei vi ha attribuito e sulle emozioni che vive di volta in volta in queste situazioni, possa aiutarla a gettar maggior chiarezza su come mai in questo periodo della sua vita si ritrova aperta al mondo con quel sottofondo di ansia e preoccupazione.
Potrebbe considerare un percorso psicologico all'interno del quale riflettere su queste tematiche e comprendere quali dinamiche hanno creato questo suo modo di porsi, per provare poi ad aprirsi al futuro in maniera differente e più fiduciosa.
Rimango a disposizione. Un caro saluto, Dott. Luca Fiorona
Buongiorno e buon sabato,
La ringrazio per aver condiviso qui la sua esperienza.
Le sue parole raccontano un percorso complesso, fatto di consapevolezza, sofferenza e tentativi di comprensione.
Il fatto che abbia già intrapreso un percorso con un professionista è già un passo importante per affrontare il disagio. Sentirsi "abbastanza" consapevole della sua situazione le sarà di aiuto per andare avanti e più a fondo nel cercare un aiuto più adatto ad accogliere le sue necessità. In una seduta con il professionista è importante sentirsi accolti e sostenuti, senza sentirsi etichettati e seppur sia stato esternato con l'intento di spronarla, può aver lasciato un segno difficile da elaborare. Lei ha bisogno di sentirsi vista, compresa e rispettata, anche nei suoi momenti di fragilità e crescita. A 23 anni si è ancora in una fase di transizione importante, tra l'adolescenza con tutte le sue fasi e trasformazione verso l'adultità. È un periodo in cui si consolidano l’identità, le relazioni e la fiducia in sé stessi per cui nel giusto contesto con un professionista potrebbe lavorare sulle difficoltà che descrive: quali l’ansia, il timore del giudizio, la fatica ad accettare l’affetto, legate a questa fase delicata, e non indicano una mancanza, ma piuttosto un bisogno di comprensione e di supporto personalizzato. È possibile che i fattori che sottendono le sue difficoltà siano molteplici e richiedano tempo, pazienza per essere compresi e affrontati.
Il timore del giudizio altrui e la tendenza a svalutarsi possono essere espressione di schemi interiori radicati, che influenzano il modo in cui si percepisce e si relaziona con gli altri. Tuttavia, ciò che conta davvero è come lei si vede e si racconta a se stessa e dell'impatto profondo che si crea. Lavorare su un linguaggio interiore più gentile e realistico può aiutare a ridurre l’ansia e la tendenza alla svalutazione. Questi sono gli aspetti centrali su cui approfondire. Vivere sotto un giudizio costante è fonte di sofferenza, ma è possibile lavorare per costruire uno sguardo più gentile e autentico verso di sé. Le auguro di trovare uno spazio in cui sentirsi protetta, che l'accompagni a sperimentare fiducia, accettazione e autostima. È importante trovare un professionista con cui si senta davvero accolta, accompagnata in questo percorso senza alcun giudizio. Il percorso verso il benessere emotivo non è sempre lineare, ma ogni passo, anche piccolo, è significativo. La sua voce merita ascolto e comprensione, e il desiderio di cambiamento che esprime è già un segnale di forza.
Resto a disposizione per eventuali richieste anche in modalità online.
Un saluto e serenità,
Dr.ssa Manuela Valentini
La ringrazio per aver condiviso qui la sua esperienza.
Le sue parole raccontano un percorso complesso, fatto di consapevolezza, sofferenza e tentativi di comprensione.
Il fatto che abbia già intrapreso un percorso con un professionista è già un passo importante per affrontare il disagio. Sentirsi "abbastanza" consapevole della sua situazione le sarà di aiuto per andare avanti e più a fondo nel cercare un aiuto più adatto ad accogliere le sue necessità. In una seduta con il professionista è importante sentirsi accolti e sostenuti, senza sentirsi etichettati e seppur sia stato esternato con l'intento di spronarla, può aver lasciato un segno difficile da elaborare. Lei ha bisogno di sentirsi vista, compresa e rispettata, anche nei suoi momenti di fragilità e crescita. A 23 anni si è ancora in una fase di transizione importante, tra l'adolescenza con tutte le sue fasi e trasformazione verso l'adultità. È un periodo in cui si consolidano l’identità, le relazioni e la fiducia in sé stessi per cui nel giusto contesto con un professionista potrebbe lavorare sulle difficoltà che descrive: quali l’ansia, il timore del giudizio, la fatica ad accettare l’affetto, legate a questa fase delicata, e non indicano una mancanza, ma piuttosto un bisogno di comprensione e di supporto personalizzato. È possibile che i fattori che sottendono le sue difficoltà siano molteplici e richiedano tempo, pazienza per essere compresi e affrontati.
Il timore del giudizio altrui e la tendenza a svalutarsi possono essere espressione di schemi interiori radicati, che influenzano il modo in cui si percepisce e si relaziona con gli altri. Tuttavia, ciò che conta davvero è come lei si vede e si racconta a se stessa e dell'impatto profondo che si crea. Lavorare su un linguaggio interiore più gentile e realistico può aiutare a ridurre l’ansia e la tendenza alla svalutazione. Questi sono gli aspetti centrali su cui approfondire. Vivere sotto un giudizio costante è fonte di sofferenza, ma è possibile lavorare per costruire uno sguardo più gentile e autentico verso di sé. Le auguro di trovare uno spazio in cui sentirsi protetta, che l'accompagni a sperimentare fiducia, accettazione e autostima. È importante trovare un professionista con cui si senta davvero accolta, accompagnata in questo percorso senza alcun giudizio. Il percorso verso il benessere emotivo non è sempre lineare, ma ogni passo, anche piccolo, è significativo. La sua voce merita ascolto e comprensione, e il desiderio di cambiamento che esprime è già un segnale di forza.
Resto a disposizione per eventuali richieste anche in modalità online.
Un saluto e serenità,
Dr.ssa Manuela Valentini
Ciao, mi dispiace molto per il peso che stai portando da così tanti anni. Raccontarsi come hai fatto richiede coraggio e può essere il primo passo verso un cambiamento concreto.
Dalle tue parole emerge un vissuto di ansia, insicurezza e fatica a fidarsi di sé e degli altri, che può diventare davvero limitante nella vita di tutti i giorni. In questi casi un percorso psicologico strutturato può aiutare a comprendere meglio le radici di queste difficoltà e ad acquisire strumenti pratici per affrontarle.
Lavoro con approccio AT (Analisi Transazionale), che permette di esplorare la propria storia, riconoscere schemi e ruoli ricorrenti e favorire nuove modalità di relazione con se stessi e con gli altri.
Se lo desideri, possiamo incontrarci — anche online — per valutare insieme i tuoi obiettivi e il tipo di percorso più adatto a te.
Dott.ssa Francesca Cavara, psicologa
Dalle tue parole emerge un vissuto di ansia, insicurezza e fatica a fidarsi di sé e degli altri, che può diventare davvero limitante nella vita di tutti i giorni. In questi casi un percorso psicologico strutturato può aiutare a comprendere meglio le radici di queste difficoltà e ad acquisire strumenti pratici per affrontarle.
Lavoro con approccio AT (Analisi Transazionale), che permette di esplorare la propria storia, riconoscere schemi e ruoli ricorrenti e favorire nuove modalità di relazione con se stessi e con gli altri.
Se lo desideri, possiamo incontrarci — anche online — per valutare insieme i tuoi obiettivi e il tipo di percorso più adatto a te.
Dott.ssa Francesca Cavara, psicologa
Buongiorno, le consiglio di iniziare un percorso di psicoterapia basato sul trattamento dell'ansia, ma anche sul recupero della sua autostima che, dal modo in cui scrive, non sarà difficile farle recuperare, con il sostegno però di un buon terapeuta. Cordiali saluti.
Carissima ragazza, aprirsi con sincerità raccontando la tua esperienza denota coraggio e capacità di resilienza. Quello che descrivi, come ansia sociale, bassa autostima e il timore del giudizio, sono sfide che si possono affrontare e risolvere progettando un percorso psicologico personalizzato.
Se hai già provato la terapia cognitivo-comportamentale senza successo, ci sono approcci diversi o combinazioni terapeutiche che potresti esplorare come ad esempio la terapia di tipo psicodinamico (TP), i cui obiettivi sono: aiutarti a capire come le esperienze pregresse, specialmente quelle esperite durante l'infanzia, influenzino il tuo presente; esplorare i pensieri e le emozioni che non riesci a verbalizzare e che si manifestano in comportamenti e schemi disfunzionali; apprendere schemi relazionali più ampi e funzionali. In alternativa si potrebbe pensare alla terapia centrata sulle emozioni (EFT) o quella sensomotoria (FCP). La prima è un approccio che si basa sul riconoscimento, la comprensione e l’accettazione delle tue emozioni, specialmente quelle che tendi a evitare, come la paura di essere giudicata. La seconda, integra la verbalizzazione con l'esperienza corporea. Si basa sull'idea che le esperienze traumatiche irrisolte vengano immagazzinate nel corpo, causando sintomi fisici come tensione, posture anomale, e difficoltà respiratorie. L'obiettivo è aiutare i pazienti a diventare consapevoli delle loro sensazioni corporee, a comprendere come queste sensazioni siano legate a emozioni e ricordi, e a sviluppare nuove capacità di autoregolazione. Anche le tecniche di mindfulness possono aiutarti a ridurre l’ansia e a vivere il presente senza essere sopraffatta dai pensieri negativi. Indipendentemente dall'approccio che sceglierai, l'aspetto più importante è trovare un terapeuta con cui ti senti a tuo agio e di cui ti fidi. Potresti individuarne alcuni e fare con loro qualche seduta per raccogliere direttamente informazioni sull’approccio terapeutico utilizzato e sull’ipotesi progettuale personale prima di prendere la tua decisione. Potresti anche considerare anche l’opportunità di rivolgerti a uno specialista che abbia esperienza in questi approcci, o magari provare a integrare diverse metodologie, sempre sotto la guida di un professionista qualificato. Resto a disposizione per ulteriori suggerimenti. Un caro saluto.
Dott.ssa Chiara Lagi
Se hai già provato la terapia cognitivo-comportamentale senza successo, ci sono approcci diversi o combinazioni terapeutiche che potresti esplorare come ad esempio la terapia di tipo psicodinamico (TP), i cui obiettivi sono: aiutarti a capire come le esperienze pregresse, specialmente quelle esperite durante l'infanzia, influenzino il tuo presente; esplorare i pensieri e le emozioni che non riesci a verbalizzare e che si manifestano in comportamenti e schemi disfunzionali; apprendere schemi relazionali più ampi e funzionali. In alternativa si potrebbe pensare alla terapia centrata sulle emozioni (EFT) o quella sensomotoria (FCP). La prima è un approccio che si basa sul riconoscimento, la comprensione e l’accettazione delle tue emozioni, specialmente quelle che tendi a evitare, come la paura di essere giudicata. La seconda, integra la verbalizzazione con l'esperienza corporea. Si basa sull'idea che le esperienze traumatiche irrisolte vengano immagazzinate nel corpo, causando sintomi fisici come tensione, posture anomale, e difficoltà respiratorie. L'obiettivo è aiutare i pazienti a diventare consapevoli delle loro sensazioni corporee, a comprendere come queste sensazioni siano legate a emozioni e ricordi, e a sviluppare nuove capacità di autoregolazione. Anche le tecniche di mindfulness possono aiutarti a ridurre l’ansia e a vivere il presente senza essere sopraffatta dai pensieri negativi. Indipendentemente dall'approccio che sceglierai, l'aspetto più importante è trovare un terapeuta con cui ti senti a tuo agio e di cui ti fidi. Potresti individuarne alcuni e fare con loro qualche seduta per raccogliere direttamente informazioni sull’approccio terapeutico utilizzato e sull’ipotesi progettuale personale prima di prendere la tua decisione. Potresti anche considerare anche l’opportunità di rivolgerti a uno specialista che abbia esperienza in questi approcci, o magari provare a integrare diverse metodologie, sempre sotto la guida di un professionista qualificato. Resto a disposizione per ulteriori suggerimenti. Un caro saluto.
Dott.ssa Chiara Lagi
Buongiorno gentile Utente, da quanto racconta emerge con chiarezza un percorso di lunga durata in cui l’ansia e la bassa autostima hanno avuto un ruolo centrale, influenzando in modo significativo le sue relazioni, le scelte e la percezione di sé. La consapevolezza che dimostra nel descrivere il problema è un elemento prezioso, ma capisco bene quanto possa essere frustrante sentirsi “ferma” nello stesso punto nonostante esperienze terapeutiche precedenti.
Il fatto che lei abbia già provato un approccio cognitivo senza ottenere i risultati sperati non significa che non esista una strada per lei, ma piuttosto che probabilmente ha bisogno di un lavoro più profondo e personalizzato. Nel suo caso, il nodo centrale sembra essere un insieme di convinzioni radicate e dolorose su di sé, accompagnate da una costante iperattenzione al giudizio altrui. Questo tipo di funzionamento spesso trae origine da esperienze passate che hanno inciso sull’immagine di sé e che, non elaborate, continuano a influenzare il presente.
Un approccio integrato, che combini il lavoro sulle emozioni, sulla storia personale e sui meccanismi cognitivi, può essere indicato. In particolare, interventi di tipo psicoterapeutico che sappiano unire la comprensione profonda delle sue esperienze con strumenti concreti per gestire l’ansia e i pensieri autodenigratori potrebbero permetterle di andare oltre il semplice “sapere cosa succede” e avviare un cambiamento reale. In questo senso, terapie di terza generazione come la Schema Therapy o l’EMDR (quando indicato) possono essere utili per affrontare le radici emotive del problema, mentre il lavoro sul qui e ora aiuta a sperimentare gradualmente nuovi modi di relazionarsi con sé stessa e con gli altri.
Non esiste una “formula” unica, ma con il giusto spazio di ascolto, un’alleanza terapeutica solida e un percorso mirato, è possibile ridurre l’ansia, modificare la percezione negativa di sé e aprirsi a relazioni più libere dal timore di essere “smascherata”. È un cammino che richiede tempo e fiducia, ma non è un obiettivo irraggiungibile.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Il fatto che lei abbia già provato un approccio cognitivo senza ottenere i risultati sperati non significa che non esista una strada per lei, ma piuttosto che probabilmente ha bisogno di un lavoro più profondo e personalizzato. Nel suo caso, il nodo centrale sembra essere un insieme di convinzioni radicate e dolorose su di sé, accompagnate da una costante iperattenzione al giudizio altrui. Questo tipo di funzionamento spesso trae origine da esperienze passate che hanno inciso sull’immagine di sé e che, non elaborate, continuano a influenzare il presente.
Un approccio integrato, che combini il lavoro sulle emozioni, sulla storia personale e sui meccanismi cognitivi, può essere indicato. In particolare, interventi di tipo psicoterapeutico che sappiano unire la comprensione profonda delle sue esperienze con strumenti concreti per gestire l’ansia e i pensieri autodenigratori potrebbero permetterle di andare oltre il semplice “sapere cosa succede” e avviare un cambiamento reale. In questo senso, terapie di terza generazione come la Schema Therapy o l’EMDR (quando indicato) possono essere utili per affrontare le radici emotive del problema, mentre il lavoro sul qui e ora aiuta a sperimentare gradualmente nuovi modi di relazionarsi con sé stessa e con gli altri.
Non esiste una “formula” unica, ma con il giusto spazio di ascolto, un’alleanza terapeutica solida e un percorso mirato, è possibile ridurre l’ansia, modificare la percezione negativa di sé e aprirsi a relazioni più libere dal timore di essere “smascherata”. È un cammino che richiede tempo e fiducia, ma non è un obiettivo irraggiungibile.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Buongiorno, ti ringrazio per la tua condivisione.
Mi verrebbero in mente alcune domande, che potrebbe essere interessante approfondire, per comprendere meglio la tua situazione e il tuo vissuto.
Quando parli dei tuo problemi di autostima e del timore verso il giudizio altrui, cosa temi in particolare? Su quali aspetti senti di "non essere normale"? E nello scenario peggiore, che cosa pensi che potrebbe succedere qualora gli altri si accorgessero dei "tuoi difetti"?
Ti ricordi, la prima volta che qualcuno ha notato "i tuoi difetti", che cosa è successo? Cosa ha fatto questa persona?
Se sono ormai diversi anni che ti trovi in questa condizione di apparente ansia sociale (scrivo apparente assolutamente non per svalutare la tua situazione, tutt'altro, ma perchè non conosco la tua storia e non è possibile per me avere un quadro chiaro della tua situazione), posso immaginare che sia sconfortante e difficile vivere la tua vita, e mi dispiace per questo.
Soprattutto quando l'ansia è un qualcosa che impariamo a conoscere in modo così intenso fin da giovani, può diventare una compagna un pò invadente, che ci accompagna un pò troppo spesso, anche quando non vorremmo, ma dalla quale diventa difficile staccarsi, perchè il nostro cervello si è abituato a vedere la realtà in modo minaccioso. Nel tuo caso, mi sembra di capire, che la minaccia sia soprattutto collegata a quegli aspetti di interazione sociale, dove gli altri potrebbero "scoprire" i tuoi difetti e le tue mancanze e immagino che questo scenario sia difficile per te da affrontare.
Provare a riflettere su questi aspetti, potrebbe aiutarti a comprendere meglio il perchè di questi tuoi timori e di conseguenza capire come affrontarli.
Se hai piacere di parlarne insieme, sono a tua disposizione, anche online.
Ti auguro di riuscire a comprendere meglio questi aspetti e trovare il modo per vivere la tua vita così come vorresti che fosse vissuta.
Un caro saluto
Benedetta
Mi verrebbero in mente alcune domande, che potrebbe essere interessante approfondire, per comprendere meglio la tua situazione e il tuo vissuto.
Quando parli dei tuo problemi di autostima e del timore verso il giudizio altrui, cosa temi in particolare? Su quali aspetti senti di "non essere normale"? E nello scenario peggiore, che cosa pensi che potrebbe succedere qualora gli altri si accorgessero dei "tuoi difetti"?
Ti ricordi, la prima volta che qualcuno ha notato "i tuoi difetti", che cosa è successo? Cosa ha fatto questa persona?
Se sono ormai diversi anni che ti trovi in questa condizione di apparente ansia sociale (scrivo apparente assolutamente non per svalutare la tua situazione, tutt'altro, ma perchè non conosco la tua storia e non è possibile per me avere un quadro chiaro della tua situazione), posso immaginare che sia sconfortante e difficile vivere la tua vita, e mi dispiace per questo.
Soprattutto quando l'ansia è un qualcosa che impariamo a conoscere in modo così intenso fin da giovani, può diventare una compagna un pò invadente, che ci accompagna un pò troppo spesso, anche quando non vorremmo, ma dalla quale diventa difficile staccarsi, perchè il nostro cervello si è abituato a vedere la realtà in modo minaccioso. Nel tuo caso, mi sembra di capire, che la minaccia sia soprattutto collegata a quegli aspetti di interazione sociale, dove gli altri potrebbero "scoprire" i tuoi difetti e le tue mancanze e immagino che questo scenario sia difficile per te da affrontare.
Provare a riflettere su questi aspetti, potrebbe aiutarti a comprendere meglio il perchè di questi tuoi timori e di conseguenza capire come affrontarli.
Se hai piacere di parlarne insieme, sono a tua disposizione, anche online.
Ti auguro di riuscire a comprendere meglio questi aspetti e trovare il modo per vivere la tua vita così come vorresti che fosse vissuta.
Un caro saluto
Benedetta
Capisco quanto possa essere faticoso convivere con ansia e insicurezza, soprattutto quando sembrano parte di sé da così tanto tempo. Oltre a gestire i sintomi, in questi casi è importante lavorare sulle convinzioni profonde che alimentano la paura del giudizio e l’insicurezza. Esistono approcci terapeutici che possono aiutarla a costruire un rapporto più gentile con se stessa e a vivere le relazioni con maggiore serenità.
Rimango a disposizione qualora volesse approfondire
Un caro saluto
Rimango a disposizione qualora volesse approfondire
Un caro saluto
Posso immaginare quanto possa essere faticoso convivere per così tanto tempo con ansia, insicurezza e bassa autostima, soprattutto quando questi vissuti sembrano radicati fin dall’adolescenza e influenzano profondamente le relazioni e le scelte di vita. Dal suo racconto emerge una consapevolezza molto lucida del problema e delle modalità con cui si manifesta, ma anche la sensazione frustrante di essere intrappolata in un circolo che si autoalimenta. Quando si soffre di ansia e di convinzioni negative su sé stessi da molti anni, queste non sono semplici pensieri isolati, ma diventano vere e proprie lenti attraverso cui si interpreta ogni esperienza. Lei descrive bene come il timore del giudizio e la sensazione di non essere “abbastanza” influenzino il modo in cui entra in relazione con gli altri, fino a portarla ad allontanarsi quando percepisce un avvicinamento emotivo. È probabile che questo meccanismo di evitamento le dia sollievo nel breve termine, perché riduce l’ansia del momento, ma nel lungo periodo rafforzi la convinzione di non essere adatta o di non poter essere accettata così com’è. Nell’approccio cognitivo-comportamentale si lavora molto su questi schemi mentali e comportamentali, ma quando sono particolarmente radicati e legati a esperienze precoci, può essere utile integrare il lavoro classico con metodi più focalizzati sugli schemi di pensiero profondi e sulla regolazione emotiva. Ad esempio, la Schema Therapy o l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy) permettono di affrontare in modo mirato il senso di inadeguatezza e la tendenza all’evitamento, lavorando non solo sulla gestione dell’ansia, ma anche sullo sviluppo di un senso di sé più saldo e accogliente. Un aspetto importante sarà anche imparare a sperimentare gradualmente situazioni che ora tende a evitare, in un contesto sicuro e guidato, così da poter fare nuove esperienze correttive che mettano alla prova le convinzioni negative su di sé. Non si tratta di forzarsi a cambiare tutto in poco tempo, ma di introdurre piccoli passi che possano darle la possibilità di scoprire che può tollerare il disagio e che le reazioni temute dagli altri non sempre corrispondono a ciò che si aspetta. La strada che descrive non è semplice, ma non è impossibile. L’ansia e la bassa autostima non definiscono chi è, ma sono schemi appresi e consolidati che, con un lavoro mirato e continuativo, possono essere modificati. È importante che il percorso terapeutico sia con un professionista con cui sente di avere fiducia e un’alleanza solida, così da poter affrontare in profondità questi temi senza timore di giudizio. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
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