Salve! sono una ragazza di 23 anni e vivo in provincia di Bari. Nell’ultimo anno sto vivendo un fort

26 risposte
Salve! sono una ragazza di 23 anni e vivo in provincia di Bari. Nell’ultimo anno sto vivendo un forte disagio interiore che col passare del tempo non fa altro che amplificarsi, non so se riuscirò a spiegarmi però voglio provarci.
Di certo una delle cause principali è il sentirmi in ritardo nella vita ciò causato dall’essere indietro con l’università in quanto se non avessi abbandonato la prima volta molto probabilmente adesso sarei o mi starei laureando e vedere persone o più piccole di me o che hanno iniziato più tardi, aver raggiunto questo passo importante e pensare che anche io sarei potuta stare a quel punto adesso, beh non mi fa affatto bene seppur non lo do a vedere e seppur io adesso abbia intrapreso un nuovo percorso di studi (farmacia) per cui comunque non so se sarò adatta. Mi sento così amareggiata da questa situazione non perché io sia invidiosa di queste persone ma ecco si mi pesa abbastanza dato che ciò non fa altro che contribuire ad accrescere questo senso di inadeguatezza e non appartenenza a nulla, come se non mi sentissi e fossi abbastanza per niente. Così per lo studio, così per le relazioni e così per tutto per questo tendo molto spesso ad isolarmi e/o ad allontanare persone che magari davvero vogliono il mio bene, attualmente il bene non riesco a vederlo né tantomeno a sentirlo quindi quasi automatico (non so se sia normale) mi arrabbio un po’ col mondo e divento cattiva anche se non c’è un apparente motivo. Mi sembra di vivere una vita monocolore, non riesco a cogliere e godere delle piccole gioie della vita (e c’è ne sono) difatti mi risulta difficile esserne grata cosa che tra l’altro mi rattrista parecchio perché apparentemente non ho nulla che mi manchi almeno materialmente. So bene che non ho le competenze adatte però è da un po’ che sto iniziando a pensare di essere depressa seppur io mi faccia vedere quasi sempre sorridente quindi magari se capita di dire che “io non sono mai contenta” viene presa come un’eresia perché appunto tendo a nascondere tutto ridendo sempre sembrando pure stupida secondo me, non mi mostro mai troppo vulnerabile e non racconto quasi mai a nessuno i miei problemi un po’ perché ammetto mi costa e non mi sento capita da nessuno, un po’ anche per non appesantire chi magari ha difficoltà che necessitano di più attenzione (passatemi il termine) ma ci sarebbe tanto altro da dire che non mi basterebbe una giornata. Mi auguro almeno di essere stato esaustiva seppur mi viene difficile spiegare come mi sento, grazie…
Dott.ssa Manna Guscelli
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Ispra
Buongiorno,
quanta ricchezza di vissuti in questo breve racconto su di sé!
Leggo una giovane donna che si confronta con la delicata tematica legata al crescere: gli studi, le relazioni, i progetti.. e che di fronte a questi si interroga sulle fatiche, sul valore, sull'autenticità. Mi sento di dirle che questo scritto contiene tutti gli ingredienti per attivarsi con responsabilità verso la sua vita, un passaggio molto importante per mettere a fuoco i propri bisogni, all'interno di un percorso di crescita e di ricerca identitaria.
Può pensare di intraprendere una psicoterapia per legittimare una tristezza, supportarla e accompagnare questa ri-definizione di bisogni.
Un caro saluto

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Dott. Salvatore Augello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Salve mi dispiace per il difficile momento che sta vivendo. Devo dire che si è aperta e descritta in maniera complessa. Le assicuro che un percorso con un professionista potrà sostenerla e aiutarla verso l'uscita da quella che sembra essere una spirale depressiva. Comprendo che lei si possa sentire in ritardo rispetto ai suoi coetanei, è importante lavorare sui sentimenti sottostanti ed esplorare le sue capacità.
Cordiali saluti.
Dott.Salvatore Augello
Dott.ssa Lavinia Salvati
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Buonasera, ho letto la sua domanda e sicuramente iniziare un percorso di psicoterapia potrebbe intanto darle sollievo a questa sensazione che descrive di essere sempre poco presa sul serio. Il primo beneficio di una terapia è proprio questo. Si comincia da qui e si procede verso la scoperta del proprio modo di funzionare. Trovare le spiegazioni a questo malessere è possibile e si può stare bene di nuovo.
Per qualsiasi altra informazione, sono a sua disposizione.
Dott.ssa Lavinia Salvati
Dott.ssa Manuela Valentini
Psicologo, Psicologo clinico
Melfi
Gentile utente, buon pomeriggio,
leggendo con attenzione e rispetto le sue parole, dense di significato e di sofferenza. Il modo in cui ha cercato di esprimere il suo vissuto è già di per sé un prendere atto di un bisogno. Non è semplice mettere in ordine pensieri così complessi, soprattutto quando si è immersi in un senso di disagio che sembra non lasciare tregua. Il "sentirsi in ritardo, il confronto con gli altri, il dubbio sul proprio valore, la difficoltà a percepire il bene, l’isolamento, la rabbia immotivata, il sorriso che nasconde", sono tutti segnali che meritano ascolto senza giudizio. Non si tratta di debolezza, ma di una richiesta profonda di comprensione e di spazio per sé. Il dolore che prova non è “troppo” né “sbagliato”, è il suo modo di raccontare solo una parte del suo bisogno di essere accolta, esplorata e sostenuta. E questo può avvenire in un contesto sicuro, protetto con un professionista in campo psicologico, luogo in cui poter dire tutto ciò che non deve sorridere per forza. Dove può essere vulnerabile senza sentirsi giudicata, dove ogni emozione ha diritto di esistere. Confrontarsi senza paragonarsi, potrebbe avere un senso, ma bisogna ricordare che ogni vita, ogni percorso è unico e non può essere sminuito, anzi va compreso, accettato e convogliato in un punto di forza. Per cui, proseguire nel presente obiettivo in farmacia, potrebbe essere un modo nuovo per portare a termine parte di un iter già iniziato se pur con un cambio di studi universitari. Non è necessario avere le idee chiare per iniziare, basta avere il desiderio di investire nella propria vita.
Mi faccia sapere come posso aiutarla. Sono disponibile anche solo per accompagnarla con discrezione verso ciò che può esserle utile.
Le auguro un buon pomeriggio,
Un Saluto,
Dr.ssa Manuela Valentini
Dott.ssa Lilja Iaconianni
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Ciao, accolgo con piacere le tue parole. Questa tua condivisione, questa tua apertura, è un primo coraggioso passo verso un'eventuale cambiamento. Scrivere come ci si sente può non essere facile, ma aiuta intanto a tirar fuori quello che abbiamo dentro e cominciare a fare chiarezza. Magari già solo aver scritto qui, può averti alleggerito, almeno un pochino.
Parli di questo ultimo anno come più faticoso, ma dalle tue parole mi arriva un dolore silenzioso ben più antico e profondo. La maschera sorridente che porti, che credi di dover portare, mi arriva come molto pesante. Tu stessa dici "per non appesantire chi magari ha difficoltà che necessitano più attenzione".
Cosa accadrebbe se mostrassi il tuo vero volto? Cosa temi possa succedere? Cosa, forse, in passato è già accaduto quando ti sei permessa di farlo? Da quando senti di (dover) indossare questa maschera?
Sono solo alcune domande da cui puoi partire, come spunto. Ma potresti intraprendere un lavoro terapeutico più approfondito che ti permetterebbe di orientarti meglio in questa ricostruzione.
Riprendendo invece il tuo sentirsi sempre in ritardo rispetto agli altri, è comprensibile trovandoci noi tutti in una società che spesso fa equivalere "l'arrivare prima" con "l'arrivare meglio", ma ci si dimentica o ce ne rendiamo conto troppo tardi, che quello che rende migliore l'arrivo non è il tempo impiegato ma il viaggio intrapreso. Ogni viaggio è a sé, ogni persona è diversa. Puoi/devi ripartire da te, metterti al centro e sentire quale sia il percorso giusto per te, confrontandoti eventualmente con gli altri per arricchire il tuo cammino, non per sminuirlo.
Rispetto alla percezione "monocolore" della tua vita, il mio invito è quello di ritagliarti qualche minuto a fine giornata e trovare una cosa per cui essere grata, anche la più semplice. Tu stessa riconosci di averne in realtà, ma farlo "praticamente" (sarebbe ancora più efficace se lo scrivessi!), ne sottolinea l'esistenza. Può sembrarti una cosa banale, o una forzatura, ma se ci ritagliamo del tempo per accorgerci di queste piccole cose, le nostre giornate possono acquisire colore, sapore, intensità.
Mi auguro di esserti stata di supporto, rimango a disposizione per ulteriori possibilità di confronto.
Dott.ssa Laura Fortunato
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Bologna
Cara, da quello che scrive mi sembra di capire che stia vivendo un momento difficile in cui sta mettendo in discussione se stessa e le sue scelte (es. il corso di studi) e che le causa infelicità. Credo che questo sia acuito dal fatto di tenersi tutto dentro e non parlarne con nessuno perché le emozioni non espresse diventano macigni e i pensieri non condivisi diventato loop ripetitivi. Quindi penso che una consulenza psicologica dove poter parlare di sé e riuscire ad avere una maggiore comprensione di se stessa, potrebbe aiutarla ad alleggerirsi, trovare nuove prospettive e soluzioni ai suoi problemi. Un caro saluto.
Dott.ssa Caterina De Galitiis
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Pescara
Salve, leggendola arriva forte questa necessità di stare al passo, di rispettare standard e obiettivi che forse nemmeno le appartengono davvero. Il suo sentirsi “non abbastanza” potrebbe derivare proprio da questo continuo confronto con modelli esterni, piuttosto che dall’ascolto autentico di sé e dei propri tempi.
Capisco quanto possa essere frustrante vedere gli altri che sembrano “più avanti” o “più soddisfatti”, ma ciò che si vede non è mai tutto: non esistono vite perfette e ognuno porta con sé parti che non mostra. Il detto “l’erba del vicino è sempre più verde” in questo caso può essere davvero calzante. Se, invece, provasse a spostare lo sguardo su di sé, senza paragoni, potrebbe iniziare a riconoscere e valorizzare anche i propri piccoli o grandi passi.
Sul piano relazionale, mi sembra importante sottolineare che, non mostrandosi e non permettendo agli altri di avvicinarsi, rischia di rinforzare proprio quel senso di solitudine che la fa stare male. Aprirsi, anche solo un po’ alla volta, potrebbe offrirle la possibilità di sentirsi finalmente vista e capita.
Ha già fatto un primo passo fondamentale: riconoscere e mettere in parole ciò che sente. Da qui può davvero iniziare un percorso di ricostruzione, a piccoli passi e nel rispetto dei suoi tempi — magari con l’aiuto di un professionista che la accompagni in questo processo.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Ciao,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità quello che stai vivendo — non è semplice mettere in parole un disagio interiore così profondo, e il fatto che tu ci sia riuscita è già un primo passo importante.

Quello che descrivi — il sentirsi “in ritardo”, l’amarezza nel confrontarsi con gli altri, la difficoltà a provare gioia o gratitudine nonostante non manchino cose materiali, la tendenza a isolarsi e a nascondere il proprio malessere dietro un sorriso — è qualcosa che molte persone sperimentano in periodi di forte incertezza o transizione. Tuttavia, quando queste sensazioni diventano pervasive, togliendo colore alla vita e rendendo difficile trovare motivazione o piacere, può essere il segnale che c’è un disagio psicologico più profondo che merita attenzione.

Non sei “sbagliata” o “debole”: stai semplicemente cercando di far fronte, da sola, a un peso emotivo che forse è diventato troppo grande. Il confronto con gli altri, soprattutto in giovane età, può amplificare la percezione di non essere “abbastanza”, ma ogni persona ha i propri tempi, i propri ostacoli e il proprio percorso.

Ti consiglierei di non restare sola in tutto questo. Parlare con uno psicologo può aiutarti a dare un senso a ciò che provi, comprendere le radici di questo malessere e imparare strumenti più efficaci per gestirlo. Non è un segno di debolezza, ma un atto di cura verso te stessa.

È consigliato, per approfondire e trovare un percorso di supporto adeguato, rivolgersi a uno specialista.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa – Psicoterapeuta – Sessuologa
Dr. Simone Gagliardi
Psicologo, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno,
mi sembra che lei descriva una forma di smarrimento profondo, in cui la sensazione di “ritardo” rispetto agli altri non riguarda solo l’università ma si estende alla percezione di sé. È come se ogni confronto esterno diventasse una prova del proprio valore, e questa misura la facesse sentire sempre mancante.

Colpisce che, pur avendo ripreso gli studi e mantenendo relazioni, lei avverta tutto “monocolore”, come se nulla riuscisse più a generare movimento interno. Questo può accadere quando l’energia che normalmente andrebbe verso il desiderio si blocca e si trasforma in auto-valutazione continua, in giudizio su di sé.

Il punto di cui parla pare porla davanti alla possibilità di chiedersi che cosa significhi per lei “essere abbastanza” e da dove provenga questa misura così severa. Forse non si tratta tanto di recuperare un ritardo, quanto di capire rispetto a chi — o a che idea di sé — sente di doverlo fare.
Dott.ssa Melania Lattuada
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Buongiorno, la ringrazio per la sua condivisione. In un mondo ormai dominato dalla competizione e dalla fretta con cui si ambisce a passare da una tappa di vita all'altra, la sensazione che descrive sta diventando ogni giorno più comune tra i giovani adulti. Vivere immersi in un contesto simile rende difficile cogliere il presente e i successi, anche piccoli, che si raggiungono. Potrebbe valutare di approfondire insieme a un professionista il malessere che prova, ritagliandosi uno spazio dove poter esprimere ciò che altrimenti resterebbe "non detto". Resto a disposizione, Dott.ssa Melania Lattuada
Salve ,
Credo abbia descritto in maniera molto chiara il disagio che sta provando.
Come ben starà notando sentirsi “in ritardo nella vita” e poi confrontarsi con gli altri può generare ansia, bassa autostima e un forte senso di inadeguatezza.
Le emozioni che descrive nel messaggio _ tristezza, vuoto, difficoltà a provare piacere o gratitudine – sono segnali che meriterebbero un approfondimento e non vanno sottovalutati.
Non significa che lei sia “sbagliata”, ma che sta attraversando un momento di sofferenza emotiva e le suggerirei di valutare un percorso psicologico , utile per comprendere le proprie paure, valorizzare le risorse personali e ritrovare fiducia in sé stessa.
Ricordi: ognuno ha i propri tempi e il proprio modo di crescere.
La consapevolezza che sta mostrando è già un primo, importante passo verso il cambiamento.
Buone cose , dott.Marziani
Dott. Dario Martelli
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
Torino
Buonasera, dalle sue parole si sente un profondo desiderio di essere come "gli altri", ma in realtà poi ognuno di noi ha il proprio percorso, le proprie caratteristiche che comprendono incertezze e sofferenze che abbiamo paura a condividere. Ma abbiamo bisogno di prendere contatto con tutti i nostri aspetti per sviluppare la nostra identità che ci permette di non provare invidia o mancanza. Io le consiglierei di intrprendere un percorso di conoscenza di se stessa. Se desidera io sono disponibile anche online.
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Salve, le sue parole mostrano una grande capacità di introspezione e una profonda consapevolezza di ciò che sta vivendo. Si percepisce chiaramente quanto questo senso di inadeguatezza e di “ritardo” nella vita le stia pesando, al punto da offuscare la possibilità di sentire gioia o gratitudine anche per ciò che di buono c’è intorno a lei. Quello che descrive è qualcosa che molte persone provano, soprattutto nei momenti in cui i confronti con gli altri diventano inevitabili e sembrano ricordarci ciò che “avremmo potuto essere”. Ma la sofferenza che ne deriva non è un segno di debolezza: è la testimonianza di quanto per lei conti costruire un percorso significativo e sentirsi parte di qualcosa. La sensazione di essere indietro rispetto agli altri nasce spesso da una forma di confronto ingiusto, perché si basa su una linea del tempo che non tiene conto della complessità di ogni storia personale. Ogni vita ha i suoi ritmi, i suoi inciampi, le sue deviazioni necessarie. A volte cambiare direzione, come ha fatto lei, non è un fallimento, ma un atto di coraggio. Decidere di ripartire, anche dopo una delusione o un periodo di blocco, richiede più forza di quella che serve per restare semplicemente nel proprio percorso. Il fatto che lei abbia intrapreso un nuovo cammino dimostra che dentro di sé ha ancora fiducia nella possibilità di costruire qualcosa di buono, anche se oggi quella fiducia le sembra fragile. Il disagio che sente, quella rabbia verso il mondo o verso se stessa, è spesso un modo in cui la mente prova a difendersi dal dolore di sentirsi “non abbastanza”. Quando il senso di inadeguatezza diventa costante, può spingerci a chiuderci, ad evitare il contatto, perché temiamo che gli altri possano confermare i nostri dubbi. Ma in realtà questo isolamento finisce per alimentare proprio quella sensazione di vuoto che si vorrebbe allontanare. La difficoltà nel condividere ciò che prova è comprensibile: mostrarsi vulnerabili richiede fiducia, e quando si sente di non essere compresi o di pesare sugli altri, è naturale scegliere il silenzio. Tuttavia, non raccontarsi non significa essere forti: significa solo tenere tutto dentro, finché il peso diventa troppo grande. In un’ottica cognitivo-comportamentale, può essere utile provare a osservare i pensieri che emergono quando si giudica inadeguata. Spesso questi pensieri appaiono come verità assolute, ma in realtà sono interpretazioni costruite sulla base di standard irrealistici o confronti distorti. Ogni volta che si accorge di pensare “sono in ritardo”, può provare a chiedersi: “rispetto a quale regola scritta? e chi ha deciso che il mio valore dipende da questo?”. Iniziare a rispondere in modo più flessibile a questi pensieri non significa negare la realtà, ma restituirle una forma più equilibrata, in cui lei possa riconoscersi senza giudicarsi. Ritrovare un senso di colore nella vita, come dice lei, spesso richiede piccoli gesti di riconnessione: tornare a fare qualcosa che la incuriosiva, prendersi momenti anche brevi per sé, dare voce a emozioni che ha tenuto ferme troppo a lungo. Non servono grandi cambiamenti, ma la possibilità di sperimentare, passo dopo passo, che la sua vita può ancora essere significativa anche se non segue il ritmo che immaginava. Lei ha già fatto il primo passo più importante: quello di parlarne. Anche scrivere tutto questo è una forma di cura, perché significa riconoscere che ciò che prova ha valore e merita attenzione. La invito a non giudicarsi per come si sente. Ogni emozione che prova, anche la rabbia o la tristezza, ha un senso e può diventare un punto di partenza per ricostruire fiducia, in sé e negli altri. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Marzia Sellini
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno ragazza di 23 anni,
potrei elencarti un'infinità di persone che alla tua età non studiavano eppure sono riuscite comunque a realizzarsi ed esser contenti della vita e di tante altre che hanno intrapreso gli studi molto più avanti con gli anni, quando hanno potuto e dovuto studiare. Questo per dirti che un titolo di laurea non è l'unico modo per realizzarsi nella vita. Conosco laureati che non sono affatto felici o in grado di usare quei saperi nella vita.
Ed anche, che se una cosa la vuoi veramente, la puoi realizzare.
Non c'è uno standard valido per tutti.
Detto ciò, varrebbe la pena approfondire perchè fare questi studi, per quali ragioni, in vista di cosa? Insomma ti occorre conoscerti un pò di più e mettere a fuoco un tuo progetto di vita.
Se vuoi puoi contattarmi e facciamo una seduta online.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Sellini
Il senso di “ritardo” che descrivi è comune in questo periodo storico ed è comune tra chi si confronta spesso con i traguardi degli altri. Questo modo di pensare può generare inadeguatezza e frustrazione, anche quando stai facendo progressi concreti. Non è un problema di valore personale, ma una tendenza della mente a misurare se stessa attraverso paragoni esterni.
Cercare paragoni al di fuori di noi potrebbe essere la causa di non riuscire a godere a pieno di ciò che si ha nel qui ed ora. Potrebbe essere anche il motivo per cui è difficile comprendere ed esprimere le proprie emozioni cadendo in una sorta di apatia emotiva.
Ti invito a pensare se non possa essere utile intraprendere un percorso di supporto per fare chiarezza sui propri vissuti, pensieri ed emozioni per poter rirendere la propria vita in mano con il proprio ritmo. Essere "in orario" con noi stessi è fonte di benessere. Un breve percorso di supporto psicologico può offrire strumenti concreti per affrontare queste sensazioni.
Dr. Federico Alunni
Psicologo, Psicologo clinico
Perugia
Buongiorno, la ringrazio per la sua condivisione ed è stata molto chiara. Da quello che ha scritto sicuramente emerge una grande consapevolezza di ciò che prova e anche una forte lucidità nel descriverlo, cosa tutt’altro che scontata. Quello che racconta, il sentirsi “in ritardo”, il confronto con gli altri, la fatica nel trovare senso e piacere nelle cose, è un vissuto più comune di quanto si possa pensare, soprattutto in una fase di vita come la sua, in cui da un lato le scelte iniziano a pesare e dall'altro la strada sembra dover essere già “definita”.
Il rischio in questi momenti, è che il confronto con gli altri diventi un metro impietoso che fa perdere di vista il proprio percorso unico, con le sue tappe, le sue pause e anche i suoi errori (errori che sono necessari e funzionali). La sensazione di non essere “abbastanza” tende a isolare e a farci chiudere, ma in realtà porta con sé un messaggio importante: forse c’è una parte di lei che chiede ascolto, spazio, accoglienza e non giudizio, in particolar modo da lei stessa.
Il fatto che riesca a sorridere, a “mascherare” il disagio, non significa che non sia reale. Anzi, è spesso una strategia di sopravvivenza per evitare il giudizio o per non pesare sugli altri, ma a lungo andare può aumentare la solitudine interiore. Parlare con un professionista potrebbe aiutarla a dare un nome più chiaro a ciò che sente e a ricostruire un senso di fiducia e di appartenenza che ora le sembra lontano.
Inoltre mi sento di dirle che ha già fatto un passo importante: ammettere la sua fatica e scriverne. Da qui può iniziare qualcosa di nuovo, con tempi e modi che siano davvero suoi.
Dott. Luca Rochdi
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente mi dispiace tanto per le situazioni descritte. Le consiglio di intraprendere un percorso di supporto psicologico in modo da poterci lavorare.
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Dott.ssa Francesca Casolari
Psicologo, Psicologo clinico
Modena
salve, consiglio un percorso psicoterapico grazie
Dott.ssa Claudia Lotti
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile utente,
il senso di inadeguatezza e la difficoltà a provare gioia che descrivi meritano ascolto e non vanno sottovalutati. Non sei sola: molti giovani vivono un disagio simile quando si confrontano con gli altri. Potresti rivolgerti a uno psicoterapeuta per comprendere meglio ciò che stai vivendo e ritrovare fiducia e serenità.
Dott. Mario Edoardo Camanini
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Ciao, grazie per aver trovato il coraggio di scrivere: dalle tue parole emerge una sensibilità profonda e un grande bisogno di ritrovare direzione e senso. Il sentirsi ‘in ritardo’ rispetto agli altri è un’esperienza più comune di quanto sembri, ma in te sembra essersi trasformata in una ferita che tocca la fiducia in te stessa e il modo in cui guardi la tua vita.
Non sei sola nel provare questo vuoto e questa difficoltà a sentire gratitudine o gioia: spesso, quando ci si sente così, non è mancanza di forza ma il segnale di un disagio che merita ascolto e cura. Parlare con uno psicologo può aiutarti a capire da dove nasce questo malessere e a ritrovare poco alla volta colori e motivazioni. Hai già fatto il primo passo più importante, quello di raccontarti: se desideri parlarne, non esitare a contattarmi. Potremmo lavorare insieme per restituire senso e leggerezza al tuo percorso
Dott.ssa Valeria Natale
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Ciao
ti ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità quello che stai vivendo. Dalle tue parole emerge un profondo disagio legato al sentirti “in ritardo” e al confronto con gli altri, e il bisogno di stare meglio e la necessità di comprendere.
A volte questi momenti di blocco possono essere il segnale che è arrivato il tempo di fermarsi e prendersi cura di sé, esplorando con l’aiuto di un professionista ciò che oggi pesa e ostacola la tua crescita personale. Le strade della crescita sono diverse per ognuno di noi e lavorare su questi aspetti può aiutarti a ritrovare fiducia, equilibrio e un nuovo senso di direzione. Spesso, quando si dà spazio a ciò che si sente, si scopre che il cambiamento è possibile, anche partendo da piccole cose.
Hai già fatto un passo importante scrivendo qui: significa che, da qualche parte dentro di te, c’è ancora la speranza di tornare a sentire i colori della tua vita.
Resto a disposizione,
Un caro saluto.
Salve, è stata chiarissima nella spiegazione e la ringrazio per aver manifestato il suo disagio. Ci sono fasi della vita che sono particolarmente significative. Il senso di inadeguatezza costante è legato fondamentalmente alla sfera emotiva che stai vivendo in questo istante. E' importante fare un percorso sulle sua sfera emotiva e sugli stati d'animo che sta vivendo. Le consiglio un sicuramente un colloquio psicologico. Grazie.
Dott.ssa Federica Giudice
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Quello che descrivi non è “strano” né “sbagliato”: il senso di inadeguatezza, il sentirsi indietro, la difficoltà a provare piacere o gratitudine, sono segnali di un disagio interiore che spesso nasce da un accumulo di pressioni, aspettative e autogiudizi troppo severi.
Hai interiorizzato l’idea di “dover essere altrove” ma questa corsa al confronto logora lentamente l’autostima. In realtà non sei in ritardo: stai solo percorrendo un tragitto diverso, con i tuoi tempi, e questo non toglie valore al tuo cammino.
L’isolamento, l’irritabilità e il “mascherare tutto con un sorriso” possono essere forme di difesa: è come se tu ti proteggessi dal rischio di mostrarti fragile, ma questo ti lascia ancora più sola. Proprio per questo, sarebbe utile intraprendere un percorso psicologico: non perché “sei depressa”, ma perché meriti di capire da dove nasce questo vuoto e come alleggerirlo.
Non devi affrontare tutto da sola: chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di cura verso te stessa. Se vorrai io ci sono, ed esistono anche molti servizi gratuiti.
Dott.ssa Camilla Negri
Psicologo, Neuropsicologo, Psicologo clinico
San Nicolò a Trebbia
Buona sera. Innanzitutto vorrei rassicurarla dicendole che ciò che vive non è niente di troppo "assurdo". Sicuramente le consiglio di parlarne in modo più approfondito per snocciolare al meglio la questione che è sicuramente degna di essere accolta e ascoltata. Non esiti a contattarmi per poter fissare un appuntamento e creare uno spazio in cui possa spiegare al meglio il suo vissuto. Saluti
Dott. Daniele Migliore
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Gentilissima,
dalle sue parole emerge una grande consapevolezza del proprio vissuto, ma anche una sofferenza silenziosa che sembra faticare a trovare spazio e ascolto.
Il sentirsi “in ritardo” o “non abbastanza” sono delle sensazioni difficili da gestire in autonomia e spesso nascondono forme di dolore profondo: spesso non riguarda davvero i traguardi concreti, ma la sensazione di non riuscire a essere in sintonia con se stessi e con ciò che si desidera.
A volte questo è sintomo di antiche esperienze in cui ci si è sentiti non riconosciuti o non sufficientemente valorizzati, e che oggi tornano sotto forma di autoesclusione o rabbia.
Va bene che lei cerchi di proteggersi e che apprezzi ciò che c'è di bello nella sua vita ma è altrettanto giusto che si conceda anche di riflettere sul suo sentirsi affatica e preoccupata. Questo non la rende un'ingrata verso la vita.
Le consiglierei di intraprendere un percorso psicologico: non tanto per cercare risposte immediate ma per poter sostare in queste domande, con qualcuno che possa aiutarla a dare significato a ciò che prova.
Le auguro il meglio,

Dott. Daniele Migliore
Grazie per aver condiviso qualcosa di così personale e profondo. Si percepisce tanta fatica nelle tue parole, ma anche un grande desiderio di capire cosa ti sta accadendo e di rimettere insieme i pezzi del tuo percorso.
Quello che descrivi — il sentirsi “in ritardo”, il confrontarsi con gli altri, la difficoltà a provare gratitudine o piacere nelle piccole cose — è qualcosa che molte persone sperimentano, soprattutto in fasi di transizione e in momenti in cui la direzione della propria vita sembra meno chiara. Quando poi queste sensazioni diventano pervasive e tolgono colore alle giornate, è normale chiedersi se ci sia qualcosa di più, come la depressione.
Il fatto che tu riesca a parlarne, anche se con fatica, è già un passo importante: significa che una parte di te desidera essere ascoltata e compresa. Ti sei data la possibilità di ripartire da un nuovo percorso universitario, e anche se oggi ti sembra incerto, può diventare uno spazio per riscoprire interessi, capacità e fiducia in te stessa. Senza dover dimostrare niente a nessuno, nemmeno a te stessa.
A volte, per ritrovare un po’ di apertura e leggerezza, può essere utile trovare un momento e un luogo in cui non dover “mascherare” il sorriso, in cui sentirsi liberi di dire come si sta davvero. Parlare con un* professionista può aiutarti a dare forma e senso a questo malessere, a capire da dove arriva e a trovare nuovi modi per prenderti cura di te.
Non sei “indietro” ma stai semplicemente attraversando una parte del tuo cammino che merita cura e attenzione, un caro saluto. Dott. Daniele Rossetti

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