Saluti, con una collega ci siamo coinvolti molto entrambi senza andare oltre, con una ragazza lesbic
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Saluti, con una collega ci siamo coinvolti molto entrambi senza andare oltre, con una ragazza lesbica sposata, era lei a invitarmi a momenti nostri anche per qualche cena non so con la consapevolezza della moglie oppure no, lei sostiene che si fida. A un punto il rapporto, ovvero lei, è crollato e per quieto vivere ho fatto un passo indietro cercando di evitare contatti in presenza e lasciatla tranquilla. Dopo una sorta di dissonanza cognitiva durata un paio di mesi (avverto caos dentro) e alternanze tra richieste di vicinanza e allontanamenti verbali, mi pare che ADESSO sia un poco più equilibrata e il rapporto si sta riprendendo sebbene senza più coinvolgimento emotivo, le ho chiesto proprio un paio di mesi fa di sfruttare le ferie per staccarsi da me anche perché non mi consentiva di andare per la mia strada, pretendeva che restassi nel rapporto nonostante non mi desse più attenzioni, destinandole a un ragazzetto 10 anni più piccolo di lei che preme per portarsela a far serate (e se non ci è andata ci andrà perché come lui stesso ha notato "l'ho cotta"). Detto ciò le ho parlato diverse volte, più gli dico di stare attenta più intensifica con lui, quindi ho smesso del tutto, ma sto notando un lato dark della sua anima che mi spaventa. È una ragazza dolcissima, sempre disponibile molto gentile ed educata, NON mette confini a nessuno nemmeno a chi le manda messaggi volgari (che mi ha fatto leggere), risponde senza mostrarsi infastidita, di fatto alimentando involontariamente i desideri degli altri che aumentano sempre più l'intensità. La sensazione (anche per come si è comportata con me) è che non metta confini per farti andare fino li dove poi si defila perché va in crash come su detto , perché secondo me deve alimentare il suo ego per convincersi di poter piacere anche agli uomini visto che da giovane non era vista. Con me, che fortuna... si apre raccontandosi ma solo con me lo fa per sua ammissione.. ammette di essere indecifrabile, ambigua, che preferisce il muro di incomprensione per non mettersi a nudo, che sa di essere così ma che non intende lavorarci perché le costa molta fatica (è seguita per depressione da una vostra collega), anche con moglie o famigiia è cosi, vede il mio piacere di alimentare un' amicizia (che fino a che era coinvolta era lei stessa ad alimentarla per sua stessa ammissione, "si lo so che sono io che ti rompo" sempre perché riceveva attenzioni visto che sono una persona affettuosa) è una forzatura e la inibisce e si allontana, che l'amicizia così non la vuole, che lei le cose non le dimostra, non le esplicita, aggiungo io che scappa dalle emotività o sentimenti (era coinvolta realmente nei miei confronti), che è capace di farsi viva oggi e poi tra otto mesi, che non ha bisogno di sostegno esterno perché preferisce farcela da sola, ma che sa riconoscere la vicinanza delle persone e apprezzarla (non tutti finalizzata a un rapporto di amicizia ma solo a.. un rapporto e amen, mettendo tutti sullo stesso piano), che lei è libera di farsela con chi crede ma che io devo continuare a starle accanto dandole le.consuete attenzioni anche se per tanti anni è stata sempre accanto a me con immenso piacere aggiungo io, e infatti quando era coinvolta e provai a defilarmi la prima volta trattandola come una delle tante faceva ogni cosa strana pur di recuperarmi, spaventandomi di fatto, persino con degli sganassoni alla schiena per attirare l'attenzione o seguendomi in uffici meno frequentati per farsi.notare con un fischietto rivolto a me o tante altre cose assurde, adesso che è meno coinvolta emotivamente se non la calcolo più è capace di chiamarmi infastidita affinché mi avvicini anche a lei, oppure stare in silenzio depressa e visibilmente nervosa per intere settimane senza più interagire con nessuno o facendolo con una voce come le fosse passato in tir addosso. Se poi torno a salutarla per provare strade migliori ecco che la vedi tutta contenta e felice all'improvviso e torna ad alimentare rapporti disfunzionali anche con i ragazzetti. Le ho chiesto che anche io devo essere libero come lei di ricrearmi spazi puliti e di benessere con altre colleghe mie amiche ma ha negato che le dia fastidio.....
Adesso ho fatto un passo verso di lei per quieto vivere lavorativo altrimenti non ne uscivamo più, tanto ormai mi si è spenta dentro, perché si vede che non è più quella che ho conosciuto io per tanti anni passati, è la brutta copia, oltre ad alternare sovente sbalzi di umore iperattiva o ipoattiva, se la vede lei. Paradossalmente adesso che ha rinnegato l'amicizia come ho descritto prima, ha iniziato a interessarsi a me sia al lavoro sempre presente per un caffè o nella mia ricerca (mandando l'altro ragazzetto in down, togliendogli il rapporto che avevano instaurato, limitandosi con distacco a rispondergli) anche dopo lavoro come per portare avanti un rapporto con me (secondo me più per tenermi buono e poter fare ciò che vuole con gli altri), mandandomi messaggi che si vede che non sono di interesse ma pour parler e mostrare un interesse alla mia vita che finisce li.
Ok, con mio enorme dispiacere io ho deciso di evitarla ed evitare eventuali futuri inviti extralavorativi, bisogna capire come fare perché anche se ultimamente ho rifiutato un caffè per mal di testa ha iniziato a scrivermi perché le ho rifiutato visto che l'ho sempre accettato dagli altri.
Soffre il rifiuto e soprattutto gli abbandoni (le ho pure spiegato che il mio cercare altre colleghe non era per infliggerle un dolore e abbandono ma per il mio benessere), adesso ho deciso di darle "attenzioni" che mi chiede, quindi le parlo se si fa viva, presente per il caffè se mi invita, non me ne frega più niente si fa cuocere il cervello per farsi portare a far serate, e le mostrerò distacco e menefreghismo totale dal punto di vista emotivo e vi farò vedere che anche questo non le andrà bene...
La domanda, visto che mi pare di avere a che fare con un servizio di cristallo, sebbene sia una ragazza molto educata e buona di animo (eccetto quando prova a triangolarmi raccontandomi cosa vorrebbero fare gli altri con lei, per vedere eventuali reazioni da parte mia ma adesso le rispondo diglielo a tua moglie non a me.. ) cosa potrei dirle per farle comprendere che è bene andare ognuno per la propria strada senza ferirla ne farle avvertire l'abbandono, anche se so che questa mia azione la farà capitolare con gli altri? Andrea 44anni
Adesso ho fatto un passo verso di lei per quieto vivere lavorativo altrimenti non ne uscivamo più, tanto ormai mi si è spenta dentro, perché si vede che non è più quella che ho conosciuto io per tanti anni passati, è la brutta copia, oltre ad alternare sovente sbalzi di umore iperattiva o ipoattiva, se la vede lei. Paradossalmente adesso che ha rinnegato l'amicizia come ho descritto prima, ha iniziato a interessarsi a me sia al lavoro sempre presente per un caffè o nella mia ricerca (mandando l'altro ragazzetto in down, togliendogli il rapporto che avevano instaurato, limitandosi con distacco a rispondergli) anche dopo lavoro come per portare avanti un rapporto con me (secondo me più per tenermi buono e poter fare ciò che vuole con gli altri), mandandomi messaggi che si vede che non sono di interesse ma pour parler e mostrare un interesse alla mia vita che finisce li.
Ok, con mio enorme dispiacere io ho deciso di evitarla ed evitare eventuali futuri inviti extralavorativi, bisogna capire come fare perché anche se ultimamente ho rifiutato un caffè per mal di testa ha iniziato a scrivermi perché le ho rifiutato visto che l'ho sempre accettato dagli altri.
Soffre il rifiuto e soprattutto gli abbandoni (le ho pure spiegato che il mio cercare altre colleghe non era per infliggerle un dolore e abbandono ma per il mio benessere), adesso ho deciso di darle "attenzioni" che mi chiede, quindi le parlo se si fa viva, presente per il caffè se mi invita, non me ne frega più niente si fa cuocere il cervello per farsi portare a far serate, e le mostrerò distacco e menefreghismo totale dal punto di vista emotivo e vi farò vedere che anche questo non le andrà bene...
La domanda, visto che mi pare di avere a che fare con un servizio di cristallo, sebbene sia una ragazza molto educata e buona di animo (eccetto quando prova a triangolarmi raccontandomi cosa vorrebbero fare gli altri con lei, per vedere eventuali reazioni da parte mia ma adesso le rispondo diglielo a tua moglie non a me.. ) cosa potrei dirle per farle comprendere che è bene andare ognuno per la propria strada senza ferirla ne farle avvertire l'abbandono, anche se so che questa mia azione la farà capitolare con gli altri? Andrea 44anni
Da quanto mi descrive, la situazione con questa collega sembra essere diventata estremamente complessa e caratterizzata da una forte alternanza di vicinanza e distanza, con dinamiche che sembrano attivare in lei un notevole dispendio emotivo e mentale. Quello che racconta evidenzia come questa relazione, pur non essendo sentimentale in senso tradizionale, abbia avuto un impatto profondo sul suo equilibrio, andando a toccare aspetti di fiducia, aspettative e confini personali. È comprensibile che si trovi in una condizione di confusione e frustrazione, soprattutto dopo anni di un legame che oggi percepisce come molto diverso dal passato. Nell’ottica cognitivo-comportamentale, uno degli aspetti centrali sarebbe riconoscere i modelli di interazione che si ripetono e il loro effetto sul suo benessere. In questo caso, la dinamica “ti cerco e poi mi allontano” associata alla difficoltà di questa persona di mettere confini chiari, sembra aver creato un ciclo in cui lei si sente spinto a mantenere un contatto per quieto vivere, pur sapendo che questo contatto non le porta più la stessa serenità di un tempo. È altrettanto importante notare come il suo tentativo di proteggersi, prendendo distanza, vada a scontrarsi con la sensibilità di lei al rifiuto e all’abbandono, il che può farle sentire un senso di colpa o di responsabilità verso il suo stato emotivo. In una relazione di questo tipo, il passo fondamentale è chiarire a se stesso quali sono i propri limiti e bisogni, e comunicare questi limiti in maniera ferma ma rispettosa. Non è possibile controllare la reazione dell’altra persona, ma è possibile essere chiari e coerenti con ciò che si è deciso, evitando messaggi ambigui o comportamenti che possano riaccendere false aspettative. Potrebbe essere utile esprimere che la scelta di prendere le distanze non è un giudizio sul suo valore personale, ma una decisione per preservare il proprio benessere e il clima sereno sul lavoro. In questo senso, spiegare che si preferisce mantenere un rapporto cordiale e collaborativo, ma circoscritto all’ambito professionale, può aiutare a dare una cornice chiara alla nuova modalità di relazione. Prepararsi al fatto che lei possa vivere questa scelta come un abbandono è importante, perché potrebbe cercare di riattivare il legame attraverso segnali, attenzioni o richieste. Mantenere la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa sarà fondamentale per non rientrare nel ciclo che già conosce. La chiarezza, la calma e la costanza nel messaggio sono elementi che, nel tempo, possono favorire un nuovo equilibrio, anche se inizialmente l’altra persona può viverlo con dispiacere. In sintesi, il modo più rispettoso per trasmettere questo messaggio è unire sincerità e fermezza, evitando toni accusatori e focalizzandosi su come lei si sente e su ciò che ha bisogno di fare per stare bene, piuttosto che su ciò che l’altra persona fa o non fa. Questo le consentirà di prendersi cura di sé senza rinunciare alla cortesia e alla professionalità. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
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Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno gentile Andrea, dalla sua descrizione emerge una situazione relazionale complessa, che sembra aver richiesto e assorbito per molto tempo energie emotive e mentali. Quello che racconta è un intreccio di avvicinamenti e allontanamenti, segnali ambigui, momenti di complicità alternati a periodi di distanza e freddezza, il tutto in un contesto lavorativo che inevitabilmente rende più difficile trovare un equilibrio.
Le dinamiche che descrive (mancanza di confini chiari, alternanza di vicinanza e distacco, sensibilità marcata al rifiuto, possibili comportamenti di triangolazione) non solo complicano la comunicazione, ma rischiano di mantenere in lei uno stato di tensione costante. In questi casi è frequente ritrovarsi a cercare spiegazioni sul comportamento dell’altro, o strategie per evitare di ferire pur volendo proteggere il proprio spazio. Tuttavia, ogni tentativo di “uscire senza fare rumore” può finire per riattivare proprio quelle reazioni che si vorrebbero evitare.
Per salvaguardare il suo benessere, diventa essenziale stabilire confini chiari, coerenti e rispettosi, comunicandoli in modo diretto ma privo di accuse. Può esprimere che, per motivi personali e per mantenere un clima sereno sul lavoro, preferisce limitare il rapporto alla dimensione professionale, specificando che non si tratta di un giudizio sulla persona, ma di una sua scelta di equilibrio e serenità. È importante che questa posizione, una volta comunicata, resti stabile nel tempo: eventuali oscillazioni rischiano di riattivare il ciclo di ambiguità che oggi la fa soffrire.
Non è suo compito gestire le fragilità emotive dell’altra persona, né “ammortizzare” un eventuale senso di abbandono. Può invece agire con rispetto, fermezza e coerenza, ricordandosi che tutelare i propri confini non significa mancare di empatia, ma riconoscere i propri bisogni e dare loro valore.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Le dinamiche che descrive (mancanza di confini chiari, alternanza di vicinanza e distacco, sensibilità marcata al rifiuto, possibili comportamenti di triangolazione) non solo complicano la comunicazione, ma rischiano di mantenere in lei uno stato di tensione costante. In questi casi è frequente ritrovarsi a cercare spiegazioni sul comportamento dell’altro, o strategie per evitare di ferire pur volendo proteggere il proprio spazio. Tuttavia, ogni tentativo di “uscire senza fare rumore” può finire per riattivare proprio quelle reazioni che si vorrebbero evitare.
Per salvaguardare il suo benessere, diventa essenziale stabilire confini chiari, coerenti e rispettosi, comunicandoli in modo diretto ma privo di accuse. Può esprimere che, per motivi personali e per mantenere un clima sereno sul lavoro, preferisce limitare il rapporto alla dimensione professionale, specificando che non si tratta di un giudizio sulla persona, ma di una sua scelta di equilibrio e serenità. È importante che questa posizione, una volta comunicata, resti stabile nel tempo: eventuali oscillazioni rischiano di riattivare il ciclo di ambiguità che oggi la fa soffrire.
Non è suo compito gestire le fragilità emotive dell’altra persona, né “ammortizzare” un eventuale senso di abbandono. Può invece agire con rispetto, fermezza e coerenza, ricordandosi che tutelare i propri confini non significa mancare di empatia, ma riconoscere i propri bisogni e dare loro valore.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Buongiorno Andrea, che fatica!
da ciò che racconti emerge un rapporto complesso e carico di ambiguità, che ti ha generato confusione, frustrazione e il bisogno di proteggere il tuo benessere. È comprensibile che tu voglia trovare un modo per chiudere questa relazione senza ferire l’altra persona, ma anche senza rinunciare alla tua serenità.
In un percorso insieme potremmo esplorare come comunicare in modo chiaro e rispettoso i tuoi bisogni, gestire il senso di colpa legato al distacco e rafforzare i confini necessari per preservare equilibrio e tranquillità nella tua vita.
da ciò che racconti emerge un rapporto complesso e carico di ambiguità, che ti ha generato confusione, frustrazione e il bisogno di proteggere il tuo benessere. È comprensibile che tu voglia trovare un modo per chiudere questa relazione senza ferire l’altra persona, ma anche senza rinunciare alla tua serenità.
In un percorso insieme potremmo esplorare come comunicare in modo chiaro e rispettoso i tuoi bisogni, gestire il senso di colpa legato al distacco e rafforzare i confini necessari per preservare equilibrio e tranquillità nella tua vita.
Buongiorno Andrea, la tua situazione è un intreccio complesso di emozioni e dinamiche relazionali che deve essere affrontato con chiarezza e rispetto verso te stesso e gli altri coinvolti. Il rapporto con questa collega si presenta come ambivalente, oscillante tra vicinanza e distacco, coinvolgimento emotivo e difesa, alimentato da una forte imprevedibilità nei suoi comportamenti e da una difficoltà evidente nel porre confini sani.
È comprensibile che tu senta la necessità di prendere le distanze per preservare il tuo equilibrio personale, soprattutto quando la relazione sembra creare più confusione che sostegno, ma la sfida principale è riuscire a comunicare questo bisogno in modo assertivo, e chiaro evitando di alimentare ulteriori ambiguità o sensi di abbandono che potrebbero acuire la sofferenza emotiva dell’altra persona.
Potresti esprimere con semplicità e fermezza che, pur apprezzando il rapporto professionale e umano che vi lega, è importante per te stabilire dei limiti chiari che ti consentano di mantenere un equilibrio personale e professionale. Sottolineare che questa scelta nasce da un’esigenza di rispetto reciproco e di cura di sé, e non da un rifiuto personale, può aiutare a contenere eventuali sentimenti di esclusione o abbandono.
Inoltre, è utile ricordare che ciascuno è responsabile del proprio benessere e delle proprie scelte, e che, per quanto tu possa essere disponibile e affettuoso, non puoi controllare come l’altra persona gestisce i propri bisogni o le proprie relazioni. Mantenere una posizione ferma, coerente e rispettosa è un modo di prendersi cura anche dell’altro, evitando dinamiche disfunzionali di dipendenza emotiva e confusione.
Se ritieni che la complessità di questa relazione condizioni il tuo benessere, potresti valutare il sostegno di un percorso terapeutico per esplorare più a fondo le tue emozioni, i tuoi limiti e le modalità relazionali più funzionali per te.
Resto a disposizione per eventuali approfondimenti.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica – Voice Dialogue – Dreamwork – Mindfulness
È comprensibile che tu senta la necessità di prendere le distanze per preservare il tuo equilibrio personale, soprattutto quando la relazione sembra creare più confusione che sostegno, ma la sfida principale è riuscire a comunicare questo bisogno in modo assertivo, e chiaro evitando di alimentare ulteriori ambiguità o sensi di abbandono che potrebbero acuire la sofferenza emotiva dell’altra persona.
Potresti esprimere con semplicità e fermezza che, pur apprezzando il rapporto professionale e umano che vi lega, è importante per te stabilire dei limiti chiari che ti consentano di mantenere un equilibrio personale e professionale. Sottolineare che questa scelta nasce da un’esigenza di rispetto reciproco e di cura di sé, e non da un rifiuto personale, può aiutare a contenere eventuali sentimenti di esclusione o abbandono.
Inoltre, è utile ricordare che ciascuno è responsabile del proprio benessere e delle proprie scelte, e che, per quanto tu possa essere disponibile e affettuoso, non puoi controllare come l’altra persona gestisce i propri bisogni o le proprie relazioni. Mantenere una posizione ferma, coerente e rispettosa è un modo di prendersi cura anche dell’altro, evitando dinamiche disfunzionali di dipendenza emotiva e confusione.
Se ritieni che la complessità di questa relazione condizioni il tuo benessere, potresti valutare il sostegno di un percorso terapeutico per esplorare più a fondo le tue emozioni, i tuoi limiti e le modalità relazionali più funzionali per te.
Resto a disposizione per eventuali approfondimenti.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica – Voice Dialogue – Dreamwork – Mindfulness
Caro Andrea buongiorno, sono una psicologa e ricevo Online e a Verona in presenza,
grazie per aver condiviso con sincerità e attenzione ai dettagli una situazione che, da quanto racconti, ha richiesto e richiede tuttora molto del tuo equilibrio emotivo.
Da quello che descrivi, sembri coinvolto in una dinamica relazionale complessa, fatta di ambiguità, mancanza di confini chiari, richieste implicite e alternanza tra vicinanza e distacco. Hai mostrato molta lucidità nell’osservare alcuni comportamenti che ti destabilizzano, e sembri anche consapevole del bisogno di proteggerti.
È comprensibile il tuo desiderio di chiudere in modo rispettoso, senza ferire, soprattutto di fronte a una persona che potrebbe reagire con difficoltà al rifiuto. Tuttavia, è importante ricordare che avere cura di sé non significa mancare di rispetto all’altro. Può esserci distanza senza crudeltà, come può esserci onestà senza durezza.
Forse, più che trovare le “parole giuste” per chiudere, ti invito a queste riflessioni:
Cosa voglio proteggere di me stesso in questo momento? E cosa sono disposto a sostenere ancora, realisticamente?
A volte, dire a una persona:
"Credo che, per entrambi, sia più sano e rispettoso ridimensionare questo rapporto. Per me è importante stare bene, senza dinamiche che mi creano confusione. Non è un abbandono, ma una scelta di equilibrio."
Può essere più chiaro e accudente di mille spiegazioni. Se l’altra persona fatica a gestire il distacco, non è tua responsabilità "salvarla", ma puoi offrirle una comunicazione coerente, ferma e rispettosa. Continuare a offrire “attenzioni formali” solo per evitare reazioni scomode, nel lungo termine, ti logora e rischia di mantenere attiva una relazione che né nutre né libera.
Se vuoi, possiamo esplorare insieme strategie comunicative più adatte a te, e anche lavorare sul modo in cui gestisci il senso di colpa o responsabilità verso l’emotività altrui — un aspetto molto comune ma anche molto faticoso da portare da soli.
grazie per aver condiviso con sincerità e attenzione ai dettagli una situazione che, da quanto racconti, ha richiesto e richiede tuttora molto del tuo equilibrio emotivo.
Da quello che descrivi, sembri coinvolto in una dinamica relazionale complessa, fatta di ambiguità, mancanza di confini chiari, richieste implicite e alternanza tra vicinanza e distacco. Hai mostrato molta lucidità nell’osservare alcuni comportamenti che ti destabilizzano, e sembri anche consapevole del bisogno di proteggerti.
È comprensibile il tuo desiderio di chiudere in modo rispettoso, senza ferire, soprattutto di fronte a una persona che potrebbe reagire con difficoltà al rifiuto. Tuttavia, è importante ricordare che avere cura di sé non significa mancare di rispetto all’altro. Può esserci distanza senza crudeltà, come può esserci onestà senza durezza.
Forse, più che trovare le “parole giuste” per chiudere, ti invito a queste riflessioni:
Cosa voglio proteggere di me stesso in questo momento? E cosa sono disposto a sostenere ancora, realisticamente?
A volte, dire a una persona:
"Credo che, per entrambi, sia più sano e rispettoso ridimensionare questo rapporto. Per me è importante stare bene, senza dinamiche che mi creano confusione. Non è un abbandono, ma una scelta di equilibrio."
Può essere più chiaro e accudente di mille spiegazioni. Se l’altra persona fatica a gestire il distacco, non è tua responsabilità "salvarla", ma puoi offrirle una comunicazione coerente, ferma e rispettosa. Continuare a offrire “attenzioni formali” solo per evitare reazioni scomode, nel lungo termine, ti logora e rischia di mantenere attiva una relazione che né nutre né libera.
Se vuoi, possiamo esplorare insieme strategie comunicative più adatte a te, e anche lavorare sul modo in cui gestisci il senso di colpa o responsabilità verso l’emotività altrui — un aspetto molto comune ma anche molto faticoso da portare da soli.
Gentile utente,
la situazione che descrive appare complessa ed emotivamente coinvolgente. Comprendo bene la sua difficoltà nel definire i confini relazionali, dal momento che spesso non sono stati per lei chiari e il tutto si è svolto all'interno dell'ambito lavorativo
Venendo al suo quesito, se desidera concludere questo rapporto senza ferire o generare una percezione di abbandono nell'altro, può senz'altro optare per una comunicazione assertiva, che sia chiara, ferma e rispettosa, evitando giudizi personali o analisi sul comportamento dell'altra persona, che parta da ciò che vive lei. Potrebbe
fare riferimento al fatto che negli anni si è creato un legame particolare che ha avuto per lei momenti di valore, ma anche fasi che l'hanno messa alla prova, sia emotivamente che sul piano lavorativo. Potrebbe proseguire spiegando di aver maturato la consapevolezza che ad oggi, per il suo benessere e per mantenere un equilibrio professionale sereno, ha bisogno di rivedere i confini di questo rapporto. Non si tratta di un rifiuto né di un allontanamento dettato da rabbia, ma di una scelta personale per riprendere uno spazio di cui avverte la necessità. Soffermandosi su questi aspetti e parlando di sè, dovrebbe riuscire ad evitare situazioni in cui possono intervenire dinamiche manipolatorie o triangolazioni che già ha sperimentato.
In aggiunta, potrebbe considerare di tutelarsi non solo attraverso questo tipo di comunicazione, ma eventualmente anche con il supporto di un professionista (psicologo o psicoterapeuta) nel caso in cui la situazione continuasse a incidere sul suo benessere personale o lavorativo. Resto a disposizione per eventuali approfondimenti - dott.ssa Paola Grasso
la situazione che descrive appare complessa ed emotivamente coinvolgente. Comprendo bene la sua difficoltà nel definire i confini relazionali, dal momento che spesso non sono stati per lei chiari e il tutto si è svolto all'interno dell'ambito lavorativo
Venendo al suo quesito, se desidera concludere questo rapporto senza ferire o generare una percezione di abbandono nell'altro, può senz'altro optare per una comunicazione assertiva, che sia chiara, ferma e rispettosa, evitando giudizi personali o analisi sul comportamento dell'altra persona, che parta da ciò che vive lei. Potrebbe
fare riferimento al fatto che negli anni si è creato un legame particolare che ha avuto per lei momenti di valore, ma anche fasi che l'hanno messa alla prova, sia emotivamente che sul piano lavorativo. Potrebbe proseguire spiegando di aver maturato la consapevolezza che ad oggi, per il suo benessere e per mantenere un equilibrio professionale sereno, ha bisogno di rivedere i confini di questo rapporto. Non si tratta di un rifiuto né di un allontanamento dettato da rabbia, ma di una scelta personale per riprendere uno spazio di cui avverte la necessità. Soffermandosi su questi aspetti e parlando di sè, dovrebbe riuscire ad evitare situazioni in cui possono intervenire dinamiche manipolatorie o triangolazioni che già ha sperimentato.
In aggiunta, potrebbe considerare di tutelarsi non solo attraverso questo tipo di comunicazione, ma eventualmente anche con il supporto di un professionista (psicologo o psicoterapeuta) nel caso in cui la situazione continuasse a incidere sul suo benessere personale o lavorativo. Resto a disposizione per eventuali approfondimenti - dott.ssa Paola Grasso
Andrea, da quello che racconti emerge una relazione molto complessa, con dinamiche di forte avvicinamento e allontanamento, vissuti di gelosia, bisogno di attenzioni e difficoltà a stabilire confini chiari. La tua collega sembra avere un funzionamento relazionale che la porta a cercare conferme attraverso l’interesse e l’attenzione degli altri, ma al tempo stesso a sottrarsi quando il legame diventa più coinvolgente. Questo, unito alla sua sensibilità al rifiuto e all’abbandono, crea un terreno instabile per entrambi.
Se vuoi allontanarti senza ferirla — pur sapendo che potrà comunque vivere la tua scelta come un rifiuto — la strada più rispettosa è essere chiaro, fermo e gentile allo stesso tempo. Puoi dirle qualcosa come:
“Ti voglio bene e apprezzo i momenti passati insieme, ma ho bisogno di spazi diversi per il mio benessere. Non è un giudizio su di te, ma una scelta per me. Continuerò a rispettarti e a mantenere un rapporto cordiale al lavoro, ma al di fuori preferisco prendere le mie distanze.”
In questo modo:
• Riconosci il valore della persona e della relazione passata.
• Sottolinei che la scelta è per il tuo equilibrio, non contro di lei.
• Dichiari il confine in modo diretto ma non aggressivo.
Dopo averlo detto, sarà fondamentale mantenere coerenza: non mandare segnali contrastanti e non tornare indietro nei momenti in cui lei mostra malumore o cerca di riavvicinarsi. La chiarezza, alla lunga, è meno dolorosa della confusione.
Dott.ssa De Pretto
Se vuoi allontanarti senza ferirla — pur sapendo che potrà comunque vivere la tua scelta come un rifiuto — la strada più rispettosa è essere chiaro, fermo e gentile allo stesso tempo. Puoi dirle qualcosa come:
“Ti voglio bene e apprezzo i momenti passati insieme, ma ho bisogno di spazi diversi per il mio benessere. Non è un giudizio su di te, ma una scelta per me. Continuerò a rispettarti e a mantenere un rapporto cordiale al lavoro, ma al di fuori preferisco prendere le mie distanze.”
In questo modo:
• Riconosci il valore della persona e della relazione passata.
• Sottolinei che la scelta è per il tuo equilibrio, non contro di lei.
• Dichiari il confine in modo diretto ma non aggressivo.
Dopo averlo detto, sarà fondamentale mantenere coerenza: non mandare segnali contrastanti e non tornare indietro nei momenti in cui lei mostra malumore o cerca di riavvicinarsi. La chiarezza, alla lunga, è meno dolorosa della confusione.
Dott.ssa De Pretto
Andrea, grazie per aver condiviso in modo così dettagliato la sua esperienza. È evidente quanta energia emotiva le stia richiedendo questa relazione, fatta di avvicinamenti, allontanamenti, aspettative e delusioni. Da come la descrive, sembra un legame che le genera molta fatica e la porta a concentrarsi soprattutto sui comportamenti dell’altra persona, rischiando di lasciare in secondo piano i suoi bisogni di benessere e serenità.
Non sempre è possibile “spiegare” all’altro senza ferirlo: ciò che può fare è scegliere con chiarezza per sé, comunicando in modo semplice e rispettoso che desidera prendere le distanze per tutelarsi. Non serve entrare nei dettagli o convincere l’altra persona, ma fissare dei confini chiari e coerenti.
Forse la domanda più utile oggi non è tanto come fare per non ferirla, quanto: come posso proteggere me stesso e recuperare la mia tranquillità?
Un supporto psicologico potrebbe aiutarla a mettere ordine in questi vissuti e soprattutto a trovare strategie più efficaci per gestire adesso ed in futuro i rapporti complessi senza sentirsi intrappolato.
Un caro saluto
Non sempre è possibile “spiegare” all’altro senza ferirlo: ciò che può fare è scegliere con chiarezza per sé, comunicando in modo semplice e rispettoso che desidera prendere le distanze per tutelarsi. Non serve entrare nei dettagli o convincere l’altra persona, ma fissare dei confini chiari e coerenti.
Forse la domanda più utile oggi non è tanto come fare per non ferirla, quanto: come posso proteggere me stesso e recuperare la mia tranquillità?
Un supporto psicologico potrebbe aiutarla a mettere ordine in questi vissuti e soprattutto a trovare strategie più efficaci per gestire adesso ed in futuro i rapporti complessi senza sentirsi intrappolato.
Un caro saluto
Gentile utente di mio dottore,
credo lei debba dire a questa donna ciò che prova e quelle che saranno le sue Intenzioni. Non può prender su di sé i vissuti dell' altro. Dica cio che sente di dover dire, poi l altra se ne farà ciò che vuole. Tuteli il suo essere, il suo volere e la sua integrità, vedrà che con il tempo si porterà alle spalle un rapporto da cui ha ricavato non poca sofferenza.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
credo lei debba dire a questa donna ciò che prova e quelle che saranno le sue Intenzioni. Non può prender su di sé i vissuti dell' altro. Dica cio che sente di dover dire, poi l altra se ne farà ciò che vuole. Tuteli il suo essere, il suo volere e la sua integrità, vedrà che con il tempo si porterà alle spalle un rapporto da cui ha ricavato non poca sofferenza.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Ciao Andrea, grazie per aver condiviso con sincerità la sua esperienza. Da quanto descrive, sembra importante stabilire dei confini chiari e rispettosi per proteggere il suo benessere, mantenendo comunque un atteggiamento gentile e non ferente nei confronti dell’altra persona. Spesso può essere utile comunicare in modo chiaro ma breve, concentrandosi sui propri bisogni e sul rispetto reciproco, senza entrare nei dettagli delle dinamiche emotive altrui. In questo modo si possono preservare relazioni lavorative serene ed il suo equilibrio personale.
Gentile Andrea,
dalle sue parole emerge con chiarezza quanto la situazione che sta vivendo sia complessa e carica di dinamiche relazionali che le procurano sofferenza, confusione e senso di impotenza. Quando ci si trova coinvolti in rapporti caratterizzati da alternanze di vicinanza e distanza, richieste e rifiuti, può diventare molto difficile capire come muoversi senza sentirsi travolti.
Il bisogno che lei esprime – quello di trovare un modo per tutelarsi, mettere confini chiari e nello stesso tempo non ferire l’altra persona – è comprensibile e umano. Tuttavia, proprio perché si tratta di dinamiche emotive profonde e intrecciate, spesso non bastano “parole giuste” per risolvere: serve un lavoro più ampio, di consapevolezza, riconoscimento dei propri bisogni e costruzione di strategie per imparare a dire di no senza sentirsi in colpa.
Per questo le suggerisco di rivolgersi a uno psicologo psicoterapeuta con cui affrontare questi vissuti. Un percorso personale potrebbe aiutarla non solo a gestire questo rapporto, ma soprattutto a ritrovare un equilibrio interiore, riducendo quel “caos dentro” che lei stesso descrive.
Con l’aiuto adeguato potrà imparare a proteggersi, a riconoscere i suoi limiti e a costruire relazioni più sane e soddisfacenti.
Un caro saluto.
Dott. Michele Scalese – Psicologo
dalle sue parole emerge con chiarezza quanto la situazione che sta vivendo sia complessa e carica di dinamiche relazionali che le procurano sofferenza, confusione e senso di impotenza. Quando ci si trova coinvolti in rapporti caratterizzati da alternanze di vicinanza e distanza, richieste e rifiuti, può diventare molto difficile capire come muoversi senza sentirsi travolti.
Il bisogno che lei esprime – quello di trovare un modo per tutelarsi, mettere confini chiari e nello stesso tempo non ferire l’altra persona – è comprensibile e umano. Tuttavia, proprio perché si tratta di dinamiche emotive profonde e intrecciate, spesso non bastano “parole giuste” per risolvere: serve un lavoro più ampio, di consapevolezza, riconoscimento dei propri bisogni e costruzione di strategie per imparare a dire di no senza sentirsi in colpa.
Per questo le suggerisco di rivolgersi a uno psicologo psicoterapeuta con cui affrontare questi vissuti. Un percorso personale potrebbe aiutarla non solo a gestire questo rapporto, ma soprattutto a ritrovare un equilibrio interiore, riducendo quel “caos dentro” che lei stesso descrive.
Con l’aiuto adeguato potrà imparare a proteggersi, a riconoscere i suoi limiti e a costruire relazioni più sane e soddisfacenti.
Un caro saluto.
Dott. Michele Scalese – Psicologo
Quello che lei descrive è una relazione segnata da molta intensità, da un continuo movimento tra avvicinamenti e allontanamenti, in cui ciascuno dei due sembra occupare una posizione che non resta mai stabile e che proprio per questo crea in lei una sensazione di caos. L’impressione che restituisce è quella di un legame che le chiede molto e allo stesso tempo non le restituisce quella chiarezza o reciprocità che forse lei cerca, generando in lei fatica e disorientamento. Può essere interessante che si chieda che posto occupa per lei questa donna, non tanto in quello che fa o non fa, ma in ciò che suscita in lei, la paura di restare intrappolato in un legame ambiguo, il timore del rifiuto o il bisogno di sentirsi riconosciuto come importante. Lei parla di un lato oscuro che la spaventa, ma può essere utile interrogarsi anche su cosa accende in lei questa oscurità, se è più il timore di perderla, la rabbia per non sentirsi corrisposto o il bisogno di stabilire confini che lei stessa non sembra capace di mettere. Nelle sue parole emerge il dolore di aver visto trasformarsi qualcuno che era per lei una presenza significativa in una sorta di copia sbiadita, e questo può rimandare al tema della perdita, che è sempre difficile da tollerare, soprattutto quando non è netta ma si presenta in forma di un’assenza-presenza che confonde. Forse può essere importante chiedersi quale sia il prezzo che lei paga nel continuare a restare disponibile pur avendo deciso di “non provare più niente”, e se questo suo mostrarsi distaccato non rischi di legarla ancora di più in un gioco che non le permette davvero di liberarsi. Si chieda allora che cosa le impedisce di prendere una posizione più netta, se è la paura di ferire l’altro, la paura di restare solo o piuttosto l’idea che se si stacca del tutto perderà qualcosa di prezioso. È da lì che può nascere per lei una nuova chiarezza.
Salve. Capisco perfettamente la complessità della situazione che sta vivendo. Ha descritto un quadro molto dettagliato di un rapporto logrante, pieno di dinamiche tossiche e comportamenti contraddittori. L'unica cosa che può fare in questo momento è prendersi cura di se stesso. Quello che sta affrontando non è un semplice "qui pro quo" sul lavoro, ma una relazione disfunzionale e logorante. La collega sta palesemente agendo in modi ambivalenti che alimentano un bisogno di attenzione e validazione, e lei è involontariamente diventato un punto di riferimento in questo gioco di equilibri precari. Non può controllare le reazioni della sua amica, ma può imparare a controllare proprie azioni.
Questa situazione le ha creato un forte stress emotivo e, per uscirne, sarebbe molto utile che ne parlassi con un professionista, uno psicologo o una psicoterapeuta. Questa iniziativa la aiuterebbe a capire perché è stato coinvolto in questo tipo di dinamiche e a rafforzare la propria autostima, in modo da poter andare avanti e costruire relazioni più sane. Le sue energie sono troppo preziose per sprecarle in un rapporto così logorante.
Questa situazione le ha creato un forte stress emotivo e, per uscirne, sarebbe molto utile che ne parlassi con un professionista, uno psicologo o una psicoterapeuta. Questa iniziativa la aiuterebbe a capire perché è stato coinvolto in questo tipo di dinamiche e a rafforzare la propria autostima, in modo da poter andare avanti e costruire relazioni più sane. Le sue energie sono troppo preziose per sprecarle in un rapporto così logorante.
Caro Andrea,
dal tuo racconto emerge una situazione complessa, emotivamente dispendiosa e intrisa di ambiguità relazionale. È chiaro che questa collega, pur con tratti gentili ed educati, non riesce a mettere confini né verso gli altri né verso di sé. Questo produce dinamiche confuse: coinvolgimenti, ritiro improvviso, bisogno di attenzioni, triangolazioni. Non stupisce che tu ti senta svuotato, confuso e in “caos interno”.
Da quello che descrivi, ci sono due aspetti fondamentali da tenere a mente:
Non è tuo compito “gestirla”. Lei stessa è seguita da una terapeuta, quindi ha già un contenitore professionale per lavorare sulle sue fragilità. Non sei tu a doverle insegnare limiti, né a proteggerla da sé stessa o dagli altri.
Il tuo benessere viene prima. Restare dentro un gioco di avvicinamenti e allontanamenti ti logora e rischia di farti assumere un ruolo “salvifico” o di controllo, che ti fa male e non cambia nulla nella sostanza.
Cosa puoi fare concretamente
Se senti il bisogno di chiudere o ridurre drasticamente i contatti, puoi farlo con fermezza ma senza durezza. La chiave è dire la verità in modo essenziale, senza entrare nelle sue dinamiche né giustificarti troppo. Per esempio:
“Ti voglio bene come persona e ti rispetto, ma sento che per il mio equilibrio è meglio se ognuno di noi prende la propria strada fuori dal lavoro. Al lavoro resto disponibile e cordiale, ma ho bisogno di proteggere i miei spazi.”
Questa formula:
riconosce il valore della persona (così non si sente screditata),
chiarisce che la decisione nasce da un tuo bisogno (non da un giudizio su di lei),
fissa un confine pratico (rapporti solo professionali, nessuna invasione nel privato).
Sappi che, come già intuisci, lei potrà viverla come un abbandono o reagire con silenzi/ritorni. Ma tu non puoi controllare le sue reazioni: puoi solo scegliere di essere coerente e rispettoso. Se poi, nonostante questo, proverà a riavvicinarsi con messaggi o attenzioni, ti basterà rispondere in maniera cortese ma neutra, senza alimentare il gioco (“Ciao, tutto bene, ci vediamo in ufficio”).
In sintesi: il modo migliore per non ferirla ma al tempo stesso proteggerti è essere gentile e chiaro, ma fermo. E poi lasciare che sia lei a gestire le proprie emozioni con chi di dovere.
dal tuo racconto emerge una situazione complessa, emotivamente dispendiosa e intrisa di ambiguità relazionale. È chiaro che questa collega, pur con tratti gentili ed educati, non riesce a mettere confini né verso gli altri né verso di sé. Questo produce dinamiche confuse: coinvolgimenti, ritiro improvviso, bisogno di attenzioni, triangolazioni. Non stupisce che tu ti senta svuotato, confuso e in “caos interno”.
Da quello che descrivi, ci sono due aspetti fondamentali da tenere a mente:
Non è tuo compito “gestirla”. Lei stessa è seguita da una terapeuta, quindi ha già un contenitore professionale per lavorare sulle sue fragilità. Non sei tu a doverle insegnare limiti, né a proteggerla da sé stessa o dagli altri.
Il tuo benessere viene prima. Restare dentro un gioco di avvicinamenti e allontanamenti ti logora e rischia di farti assumere un ruolo “salvifico” o di controllo, che ti fa male e non cambia nulla nella sostanza.
Cosa puoi fare concretamente
Se senti il bisogno di chiudere o ridurre drasticamente i contatti, puoi farlo con fermezza ma senza durezza. La chiave è dire la verità in modo essenziale, senza entrare nelle sue dinamiche né giustificarti troppo. Per esempio:
“Ti voglio bene come persona e ti rispetto, ma sento che per il mio equilibrio è meglio se ognuno di noi prende la propria strada fuori dal lavoro. Al lavoro resto disponibile e cordiale, ma ho bisogno di proteggere i miei spazi.”
Questa formula:
riconosce il valore della persona (così non si sente screditata),
chiarisce che la decisione nasce da un tuo bisogno (non da un giudizio su di lei),
fissa un confine pratico (rapporti solo professionali, nessuna invasione nel privato).
Sappi che, come già intuisci, lei potrà viverla come un abbandono o reagire con silenzi/ritorni. Ma tu non puoi controllare le sue reazioni: puoi solo scegliere di essere coerente e rispettoso. Se poi, nonostante questo, proverà a riavvicinarsi con messaggi o attenzioni, ti basterà rispondere in maniera cortese ma neutra, senza alimentare il gioco (“Ciao, tutto bene, ci vediamo in ufficio”).
In sintesi: il modo migliore per non ferirla ma al tempo stesso proteggerti è essere gentile e chiaro, ma fermo. E poi lasciare che sia lei a gestire le proprie emozioni con chi di dovere.
Gentile Andrea,
Da quanto leggo mi sembra che lei si porti dietro il grande peso della responsabilità: descrive un rapporto che l’angoscia molto, eppure andare per la sua strada costituisce una scelta inaccettabile: sentirebbe di abbandonare la sua collega, che riprendendo la sua metafora del servizio di cristallo, andrebbe allora in pezzi. Uno spazio psicoterapeutico potrebbe certo aprire interrogativi, sul bisogno di rimanere impantanati in un rapporto impossibile forse, o sul bisogno di dover a tutti costi salvare chi sentiamo che non vuole accettare il nostro aiuto.
Cordiali saluti
Dott. Daniele Gallucci
Da quanto leggo mi sembra che lei si porti dietro il grande peso della responsabilità: descrive un rapporto che l’angoscia molto, eppure andare per la sua strada costituisce una scelta inaccettabile: sentirebbe di abbandonare la sua collega, che riprendendo la sua metafora del servizio di cristallo, andrebbe allora in pezzi. Uno spazio psicoterapeutico potrebbe certo aprire interrogativi, sul bisogno di rimanere impantanati in un rapporto impossibile forse, o sul bisogno di dover a tutti costi salvare chi sentiamo che non vuole accettare il nostro aiuto.
Cordiali saluti
Dott. Daniele Gallucci
Gentile Andrea,
il vero coraggio non è restare sempre aperti, ma saper chiudere quando l’altro porta solo vento gelido. Anche un giardino fiorisce meglio dietro un cancello che lo protegge.
il vero coraggio non è restare sempre aperti, ma saper chiudere quando l’altro porta solo vento gelido. Anche un giardino fiorisce meglio dietro un cancello che lo protegge.
Ciao Andrea, grazie per aver condiviso con così tanta chiarezza e dettaglio la situazione.
Da quanto racconti, sembra che tu stia vivendo una dinamica complessa e molto ambivalente, con elementi di coinvolgimento emotivo, confusione nei confini e comportamenti che generano instabilità sia per te sia per lei. Questi tipi di rapporti, anche se caratterizzati da gentilezza e affetto, possono diventare molto faticosi emotivamente se non ci sono limiti chiari.
Alcuni punti che possono aiutarti a gestire la situazione:
Definire i confini chiari: stabilire cosa sei disposto a fare e cosa no, sia a livello emotivo sia operativo (incontri, messaggi, caffè). Confini chiari proteggono la tua serenità senza essere punitivi.
Comunicazione assertiva e gentile: puoi esprimere la tua decisione di prenderti spazio per il tuo benessere senza giudicare o ferire, ad esempio dicendo qualcosa come:
“Per il mio equilibrio emotivo e il mio benessere, sto cercando di ridurre le interazioni fuori dal lavoro. Continuerò a collaborare normalmente sul lavoro, ma per il resto ho bisogno di ritagliarmi i miei spazi personali.”
Questo messaggio comunica rispetto per lei e per te stesso, senza creare senso di abbandono.
Mantenere coerenza: una volta fissati i limiti, è importante mantenerli, anche se ci saranno tentazioni di tornare al vecchio ritmo di attenzione emotiva. La coerenza rafforza il rispetto dei confini e riduce i giochi di triangolazione emotiva.
Focalizzarsi su te stesso: concentrati sul tuo benessere, sulle tue amicizie e sulla tua vita privata. Non sei responsabile delle scelte che lei farà con altre persone; puoi solo gestire la tua parte.
Da quanto scrivi, il passo più sano ora sembra proprio prendere distanza emotiva mantenendo il rispetto e la collaborazione professionale, senza farti coinvolgere in giochi di controllo o triangolazioni. Questo protegge te stesso e, paradossalmente, anche lei, perché non alimenta più dinamiche disfunzionali.
Da quanto racconti, sembra che tu stia vivendo una dinamica complessa e molto ambivalente, con elementi di coinvolgimento emotivo, confusione nei confini e comportamenti che generano instabilità sia per te sia per lei. Questi tipi di rapporti, anche se caratterizzati da gentilezza e affetto, possono diventare molto faticosi emotivamente se non ci sono limiti chiari.
Alcuni punti che possono aiutarti a gestire la situazione:
Definire i confini chiari: stabilire cosa sei disposto a fare e cosa no, sia a livello emotivo sia operativo (incontri, messaggi, caffè). Confini chiari proteggono la tua serenità senza essere punitivi.
Comunicazione assertiva e gentile: puoi esprimere la tua decisione di prenderti spazio per il tuo benessere senza giudicare o ferire, ad esempio dicendo qualcosa come:
“Per il mio equilibrio emotivo e il mio benessere, sto cercando di ridurre le interazioni fuori dal lavoro. Continuerò a collaborare normalmente sul lavoro, ma per il resto ho bisogno di ritagliarmi i miei spazi personali.”
Questo messaggio comunica rispetto per lei e per te stesso, senza creare senso di abbandono.
Mantenere coerenza: una volta fissati i limiti, è importante mantenerli, anche se ci saranno tentazioni di tornare al vecchio ritmo di attenzione emotiva. La coerenza rafforza il rispetto dei confini e riduce i giochi di triangolazione emotiva.
Focalizzarsi su te stesso: concentrati sul tuo benessere, sulle tue amicizie e sulla tua vita privata. Non sei responsabile delle scelte che lei farà con altre persone; puoi solo gestire la tua parte.
Da quanto scrivi, il passo più sano ora sembra proprio prendere distanza emotiva mantenendo il rispetto e la collaborazione professionale, senza farti coinvolgere in giochi di controllo o triangolazioni. Questo protegge te stesso e, paradossalmente, anche lei, perché non alimenta più dinamiche disfunzionali.
Andrea, da quello che racconti stai vivendo una relazione lavorativa ed emotiva molto complessa, caratterizzata da dinamiche altalenanti, bisogno di attenzioni reciproche e difficoltà a stabilire confini chiari. È comprensibile che tu ti senta confuso, stanco e “intrappolato” in questo rapporto, soprattutto perché temi di ferirla ma al tempo stesso percepisci che questa relazione ti sta togliendo energia e serenità.
La tua collega, per come la descrivi, sembra attraversare un momento emotivamente delicato e, pur essendo una persona gentile, può avere difficoltà nella gestione delle relazioni e delle emozioni. È importante che tu tuteli il tuo benessere, mantenendo rispetto e sensibilità verso di lei, ma affermando con chiarezza i tuoi bisogni. Se ne hai voglia potresti provare a dirle qualcosa del genere, come:
“Ho bisogno di ritrovare un po’ di equilibrio personale, quindi preferisco tenere i rapporti solo lavorativi. Non è un rifiuto verso di te, ma una scelta per il mio benessere.”
Se senti che questa situazione ti sovrasta, un percorso psicologico potrebbe aiutarti a rafforzare i tuoi confini emotivi e gestire meglio relazioni complesse.
La tua collega, per come la descrivi, sembra attraversare un momento emotivamente delicato e, pur essendo una persona gentile, può avere difficoltà nella gestione delle relazioni e delle emozioni. È importante che tu tuteli il tuo benessere, mantenendo rispetto e sensibilità verso di lei, ma affermando con chiarezza i tuoi bisogni. Se ne hai voglia potresti provare a dirle qualcosa del genere, come:
“Ho bisogno di ritrovare un po’ di equilibrio personale, quindi preferisco tenere i rapporti solo lavorativi. Non è un rifiuto verso di te, ma una scelta per il mio benessere.”
Se senti che questa situazione ti sovrasta, un percorso psicologico potrebbe aiutarti a rafforzare i tuoi confini emotivi e gestire meglio relazioni complesse.
Buongiorno Andrea,
da ciò che racconta emerge una relazione molto complessa, fatta di avvicinamenti, allontanamenti e forti ambiguità. È comprensibile che lei si senta disorientato e affaticato.
Se desidera prendere le distanze, il modo più sano è esprimersi con chiarezza e rispetto, senza colpevolizzare: ad esempio dicendo che ha bisogno di tutelare il suo benessere e che preferisce mantenere un rapporto solo professionale. Non possiamo evitare che l’altro viva frustrazione o dispiacere: ciò che conta è che lei resti coerente con i propri bisogni e limiti.
Se lo desidera, sono disponibile ad accompagnarla in un percorso per aiutarla a gestire confini relazionali complessi.
Un caro saluto
Dott.ssa Barcella
da ciò che racconta emerge una relazione molto complessa, fatta di avvicinamenti, allontanamenti e forti ambiguità. È comprensibile che lei si senta disorientato e affaticato.
Se desidera prendere le distanze, il modo più sano è esprimersi con chiarezza e rispetto, senza colpevolizzare: ad esempio dicendo che ha bisogno di tutelare il suo benessere e che preferisce mantenere un rapporto solo professionale. Non possiamo evitare che l’altro viva frustrazione o dispiacere: ciò che conta è che lei resti coerente con i propri bisogni e limiti.
Se lo desidera, sono disponibile ad accompagnarla in un percorso per aiutarla a gestire confini relazionali complessi.
Un caro saluto
Dott.ssa Barcella
Gentile Andrea,
da ciò che descrive, si trova in una situazione relazionale complessa, in cui le dinamiche della sua collega sembrano oscillare tra avvicinamento e distanza, creando confusione e disorientamento. È comprensibile che questo le provochi fatica e un senso di caos interiore.
In un contesto del genere, il passo più importante è definire con chiarezza i confini: non solo dentro di sé, ma anche comunicandoli in modo rispettoso e diretto. Dire all’altra persona che ha bisogno di proteggere il proprio spazio, di non partecipare più a momenti extralavorativi e di limitare le interazioni al necessario per il lavoro non è mancanza di gentilezza, bensì un atto di cura verso sé stesso e, indirettamente, anche verso di lei. Nemmeno gli psicologi, per quanto preparati, possono impedire che una separazione o un cambiamento faccia soffrire: la sofferenza fa parte dell’esperienza umana ed è, paradossalmente, anche un passaggio sano, perché apre alla possibilità di rielaborare e crescere. Cercare di proteggere l’altro dal dolore a tutti i costi rischia solo di prolungare la confusione. Una volta espressi i confini a parole, è però fondamentale sostenerli anche con i fatti: la coerenza tra ciò che dice e ciò che fa è ciò che permetterà all’altra persona di capire davvero la sua posizione e, col tempo, di rispettarla. Proprio come Lei ha sperimentato quella sensazione di dissonanza cognitiva, il rischio è che anche la collega percepisca un messaggio discordante tra parole e comportamenti; per questo, per quanto possa essere complesso, essere coerenti è un atto protettivo sia per sé che per l’altro. Si ricordi che proteggere il proprio benessere non significa ferire l’altro, ma prendersi la responsabilità di non alimentare una dinamica che rischia di fare male a entrambi.
Un caro saluto,
Dott. Nardi Massimiliano
da ciò che descrive, si trova in una situazione relazionale complessa, in cui le dinamiche della sua collega sembrano oscillare tra avvicinamento e distanza, creando confusione e disorientamento. È comprensibile che questo le provochi fatica e un senso di caos interiore.
In un contesto del genere, il passo più importante è definire con chiarezza i confini: non solo dentro di sé, ma anche comunicandoli in modo rispettoso e diretto. Dire all’altra persona che ha bisogno di proteggere il proprio spazio, di non partecipare più a momenti extralavorativi e di limitare le interazioni al necessario per il lavoro non è mancanza di gentilezza, bensì un atto di cura verso sé stesso e, indirettamente, anche verso di lei. Nemmeno gli psicologi, per quanto preparati, possono impedire che una separazione o un cambiamento faccia soffrire: la sofferenza fa parte dell’esperienza umana ed è, paradossalmente, anche un passaggio sano, perché apre alla possibilità di rielaborare e crescere. Cercare di proteggere l’altro dal dolore a tutti i costi rischia solo di prolungare la confusione. Una volta espressi i confini a parole, è però fondamentale sostenerli anche con i fatti: la coerenza tra ciò che dice e ciò che fa è ciò che permetterà all’altra persona di capire davvero la sua posizione e, col tempo, di rispettarla. Proprio come Lei ha sperimentato quella sensazione di dissonanza cognitiva, il rischio è che anche la collega percepisca un messaggio discordante tra parole e comportamenti; per questo, per quanto possa essere complesso, essere coerenti è un atto protettivo sia per sé che per l’altro. Si ricordi che proteggere il proprio benessere non significa ferire l’altro, ma prendersi la responsabilità di non alimentare una dinamica che rischia di fare male a entrambi.
Un caro saluto,
Dott. Nardi Massimiliano
Dal suo racconto emerge un legame segnato da forti oscillazioni: momenti di vicinanza e coinvolgimento si alternano a improvvisi allontanamenti, lasciandole addosso sensazioni di caos e disorientamento. La mancanza di confini chiari sembra alimentare incomprensioni, triangolazioni e vissuti contrastanti, dove ciò che appare dolce e premuroso convive con lati più ambigui e destabilizzanti.
Si coglie anche quanto per lei sia difficile bilanciare il desiderio di non ferire con il bisogno di proteggersi, e come il timore di abbandono percepito dall’altra renda complesso prendere le distanze. Questo rende il rapporto simile a una trappola emotiva: più cerca chiarezza, più si trova invischiato in dinamiche che generano malessere.
Le auguro di poter trovare un modo di dare voce ai suoi bisogni senza sentirli come un peso o una colpa, così da recuperare uno spazio interiore più sereno.
Si coglie anche quanto per lei sia difficile bilanciare il desiderio di non ferire con il bisogno di proteggersi, e come il timore di abbandono percepito dall’altra renda complesso prendere le distanze. Questo rende il rapporto simile a una trappola emotiva: più cerca chiarezza, più si trova invischiato in dinamiche che generano malessere.
Le auguro di poter trovare un modo di dare voce ai suoi bisogni senza sentirli come un peso o una colpa, così da recuperare uno spazio interiore più sereno.
Buongiorno,
comprendo quanto la situazione che descrive sia stata complessa e faticosa per lei: rapporti ambigui e senza confini chiari possono generare confusione, dolore e senso di smarrimento. È positivo che abbia riconosciuto la necessità di tutelare il suo benessere prendendo distanza.
In questi casi non è possibile garantire che l’altro non provi dispiacere o non percepisca un senso di abbandono, ma ciò che conta è esprimere in modo chiaro e rispettoso i propri bisogni. Potrebbe dirle, ad esempio, che ha apprezzato la vicinanza avuta in passato ma che ora sente l’esigenza di separare il rapporto personale da quello professionale, per ritrovare equilibrio e serenità. Così facendo mette confini sani senza accusarla o svalutarla, ma assumendosi la responsabilità delle sue scelte.
Un cordiale saluto.
Dott.ssa Susanna Minaldi
comprendo quanto la situazione che descrive sia stata complessa e faticosa per lei: rapporti ambigui e senza confini chiari possono generare confusione, dolore e senso di smarrimento. È positivo che abbia riconosciuto la necessità di tutelare il suo benessere prendendo distanza.
In questi casi non è possibile garantire che l’altro non provi dispiacere o non percepisca un senso di abbandono, ma ciò che conta è esprimere in modo chiaro e rispettoso i propri bisogni. Potrebbe dirle, ad esempio, che ha apprezzato la vicinanza avuta in passato ma che ora sente l’esigenza di separare il rapporto personale da quello professionale, per ritrovare equilibrio e serenità. Così facendo mette confini sani senza accusarla o svalutarla, ma assumendosi la responsabilità delle sue scelte.
Un cordiale saluto.
Dott.ssa Susanna Minaldi
Salve Andrea,
quello che racconta è un intreccio relazionale molto complesso, e il Suo disagio è più che comprensibile. Lei sta cercando di mantenere equilibrio, rispetto e dignità dentro una dinamica che invece è diventata altalenante, emotivamente ambigua e, soprattutto, non più sana per Lei.
Da come la descrive, questa collega appare una persona gentile e affettuosa, ma con una fragilità importante nella regolazione emotiva, nella gestione dei confini, nella dipendenza dalle attenzioni altrui e nel timore dell’abbandono. Sono aspetti che spesso convivono con quadri depressivi o ansiosi profondi: non sono “colpe”, ma elementi che rendono i rapporti instabili e faticosi.
Lei è rimasto coinvolto perché ha un temperamento accudente, empatico e affettuoso. Ma questo La ha esposto a oscillazioni emotive continue: avvicinamenti intensi, richieste di presenza, improvvisi distacchi, gelosie non dichiarate, triangolazioni e un uso ambiguo delle attenzioni degli altri. Tutti elementi che, inevitabilmente, La hanno logorata.
Lei oggi ha molto chiaro che non vuole ferirla, ma che non può più essere l’ancora emotiva di una persona che non riesce a mantenere una direzione stabile.
La domanda che mi pone è delicata: come dire a una persona fragile “ognuno per la sua strada”, senza generare senso di abbandono?
La strada è una comunicazione breve, molto gentile e ferma, evitando spiegazioni emotive dettagliate — perché per persone con alto timore dell’abbandono, più si spiegano le motivazioni, più esse cercano spiragli per rientrare nel rapporto.
E aggiungo una cosa importante: quando una relazione di questo tipo diventa così assorbente, significa che dentro di Lei si è attivato un carico emotivo notevole. Un piccolo percorso di supporto psicologico potrebbe aiutarLa a riconoscere meglio i Suoi confini, a tutelarLa e a non ricadere in ruoli di “salvatore” o di compensazione emotiva verso chi non riesce a offrire reciprocità.
Se desidera, posso aiutarLa ad affrontare le sue difficoltà emotive legate a questa situazione.
Saluti e resto a disposizione.
quello che racconta è un intreccio relazionale molto complesso, e il Suo disagio è più che comprensibile. Lei sta cercando di mantenere equilibrio, rispetto e dignità dentro una dinamica che invece è diventata altalenante, emotivamente ambigua e, soprattutto, non più sana per Lei.
Da come la descrive, questa collega appare una persona gentile e affettuosa, ma con una fragilità importante nella regolazione emotiva, nella gestione dei confini, nella dipendenza dalle attenzioni altrui e nel timore dell’abbandono. Sono aspetti che spesso convivono con quadri depressivi o ansiosi profondi: non sono “colpe”, ma elementi che rendono i rapporti instabili e faticosi.
Lei è rimasto coinvolto perché ha un temperamento accudente, empatico e affettuoso. Ma questo La ha esposto a oscillazioni emotive continue: avvicinamenti intensi, richieste di presenza, improvvisi distacchi, gelosie non dichiarate, triangolazioni e un uso ambiguo delle attenzioni degli altri. Tutti elementi che, inevitabilmente, La hanno logorata.
Lei oggi ha molto chiaro che non vuole ferirla, ma che non può più essere l’ancora emotiva di una persona che non riesce a mantenere una direzione stabile.
La domanda che mi pone è delicata: come dire a una persona fragile “ognuno per la sua strada”, senza generare senso di abbandono?
La strada è una comunicazione breve, molto gentile e ferma, evitando spiegazioni emotive dettagliate — perché per persone con alto timore dell’abbandono, più si spiegano le motivazioni, più esse cercano spiragli per rientrare nel rapporto.
E aggiungo una cosa importante: quando una relazione di questo tipo diventa così assorbente, significa che dentro di Lei si è attivato un carico emotivo notevole. Un piccolo percorso di supporto psicologico potrebbe aiutarLa a riconoscere meglio i Suoi confini, a tutelarLa e a non ricadere in ruoli di “salvatore” o di compensazione emotiva verso chi non riesce a offrire reciprocità.
Se desidera, posso aiutarLa ad affrontare le sue difficoltà emotive legate a questa situazione.
Saluti e resto a disposizione.
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