Gentilissimi, grazie veramente di cuore per quello che fate per noi innanzitutto. Ricordo una donna
24
risposte
Gentilissimi, grazie veramente di cuore per quello che fate per noi innanzitutto. Ricordo una donna poco più grande di me, nel vedere per mesi le dinamiche del gruppo, urlarmi "devi credere in te stesso! sei uno che vale, lo vedi che le ragazze stanno chi con un intento o un altro sempre attorno a te!?!". Fatta questa premessa, io resto convinto del presupposto che finché una persona che frequento mi garantisce uno spazio "nostro" di benessere io lo alimento piacevolmente, nel momento in cui noto che si fa influenzare oppure fa entrare nel suo spazio persone che non sono di mio gradimento a seguito di cattiverie a mio discapito che racconto anche a lei, si attiva il ragionamento distruttivo che siamo milioni di persone ognuno nella vita si circonda di chi ha piacere, se qualcosa col tempo muta e il piacere tuo non è più lo stesso mio e lo spazio nostro diventa inquinato allora è bene seguire i propri valori (ragionamento confidatole) e dividere le strade. Come se cercassi almeno nei rapporti più profondi ove vi sia un legame affettivo anche minimo una sorta di esclusività almeno finché è ancora vivo l'interesse di entrambi, probabilmente tra tutti quelli vagliati è un timore di essere rimpiazzato, fregato, e un senso di vergogna legato ad esso, probabilmente scarsa autostima in questo campo, in genere sono molto più convinto del mio agire. Non è gelosia come spesso sento, perché quando sono entrate nel nostro rapporto altre persone con un approccio differente, non divisorio (intento ovvero più a sottrarre l'altra persona piuttosto che aggiungersi al contesto già esistente) il sottoscritto anzi è divetato l'animatore del gruppetto, alimenandolo con risate condivise, foto ricordo, scherzi per ridere assieme, serate per stare assieme e quant'altro.. È proprio un voler dire, ok percepisco che a te fa piacere la mia presenza, a me la tua, stratifichiamo il rapporto ma senza intralcio che non sia a genio a me o a te. Spesso anche da più giovane mi è capitato di allontanarmi con intenso dispiacere da situazioni in cui credevo particolarmente, concedendo di fatto il passo agli altri senza più dare altre occasioni a chi se n'è fregato del mio bisogno, ed è un approccio che metto in atto anche nelle amicizie più importanti non solo nei rapporti sentimentali. Insomma non ho voglia ne piacere di dover lottare per una qualcosa che dovrebbe essere naturale, io se incontro una persona con cui sto bene e che io stesso ricerco mi concentro su di essa, mi basta, non sento bisogno di distrazioni ulteriori ma capisco che non siamo tutti uguali. Adesso mi sto vedendo con una ragazza che conosco da anni, vedo piacere da parte sua e la cosa mi stimola, mi attivo, poi a una certa si intromette un ragazzo nella conoscenza con lei che con ogni probabilità nemmeno potrebbe interessarle sia per età molto più piccolo sia per incertezza di effettivo interesse nei confronti di lei (anche se a volte si incanta, poi vede me e si distacca da lei), di cui un altro amico mi ha spontaneamente avvisato che da quando ha iniziato a frequentarsi con me, il suddetto ragazzo ha iniziato a insistere con lui come se fosse geloso del nostro rapporto e volesse intromettersi tra di noi (quindi la visione non è solo la mia) ma nonostante avessi informato lei di cio, ho notato che se la ridacchia piacevolmente assieme, e fin qui nessun problema, anzi sto notando che da quando le ho parlato di questa situazione a volte la ragazza la utilizzi in modo reattivo (ad esempio ad attenzioni più blande da parte mia) come un'arma per stimolarmi di fatto ferendomi, ma se sai che mi da fastidio, dici che effettivamente non sapevi tutto ciò che mi aveva fatto, ti scusi per avermi ferito, mi assecondi inizialmente ma poi dopo qualche tempo torni a farti vedere che lo cerchi dinanzi a me senza per questo mettermi da parte, come per verificare la mia reazione a qualcosa che le sia andata storta, pur essendo una ragazza educata e buona di animo, io perdo totalmente interesse nello starle dietro e mi concentro su me stesso o altre situazioni più favorevoli, lasciandola fare ciò che vuole e anche se ho ottenuto rassicurazioni in tal senso ovvero che esce e frequenta solo me, se la situazione non è cambiata, preferisco mollare la presa, mi blocco interiormente, perdo proprio gli stimoli, mi spengo, con la conseguenza di allontanarmi e vederla innervosita e visivamente confusa nell'affannosa ricerca facendomi pervenire un effettivo interesse seppur subdolo e non verbalizzato... C'è qualche ragionamento o atteggiamento che possa aiutarmi a maturare in tal senso? Grazie, Marcello
Caro Marcello,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità e profondità quello che senti. Le tue parole raccontano un desiderio autentico di costruire relazioni significative, basate su rispetto, riconoscimento reciproco e un senso di esclusività affettiva che non è possessività, ma bisogno di fiducia, coerenza e sicurezza emotiva.
Quello che descrivi sembra toccare un nodo molto umano: il bisogno di sentirsi scelti e riconosciuti, di percepire che quello "spazio nostro" di cui parli non venga contaminato da dinamiche ambigue o poco chiare. È un bisogno legittimo. Non parli tanto di gelosia, quanto di un senso di rispetto che vorresti fosse reciproco.
Quando però questo spazio viene messo in discussione o vissuto come poco protetto, si attiva in te un meccanismo difensivo che potremmo definire "di ritiro protettivo": preferisci fare un passo indietro, chiuderti, lasciar andare, anche con dispiacere. Questo atteggiamento parla di te come persona attenta, sensibile, ma anche di quanto possa essere faticoso per te sostenere il conflitto o l’ambiguità nei legami.
Un primo passo che potrebbe aiutarti a maturare ulteriormente in questa direzione è osservare come comunichi i tuoi bisogni: lo fai chiaramente? Lo fai nel momento giusto, con le parole giuste? Spesso la comunicazione più efficace non è quella che si limita a "spiegare" il proprio disagio, ma quella che sa anche creare uno spazio per l’altro dove sentirsi accolto senza sentirsi colpevole o sotto esame.
Ti propongo qualche domanda-guida per orientare il tuo percorso:
Cosa mi fa sentire rispettato e riconosciuto in un legame?
Quando qualcosa mi ferisce, riesco a esprimere come mi fa stare, senza attribuire all'altro intenzioni che forse non ha?
Sono in grado di rimanere in relazione anche quando l’altro non si comporta esattamente come io vorrei, senza sentirmi minacciato nel mio valore?
Inoltre, potrebbe essere utile distinguere i comportamenti che attivano in te una reazione emotiva da quelli che realmente mettono in discussione il legame. A volte, nelle relazioni, si creano dei "test impliciti" – situazioni in cui uno dei due mette alla prova l'altro in modo non del tutto consapevole. Potrebbe essere ciò che sta succedendo tra te e questa ragazza: un gioco sottile di specchi, in cui ognuno cerca conferme e rassicurazioni, ma a modo proprio.
Allenarti a mantenere centrata la comunicazione, anche quando si attivano emozioni forti, è una competenza che può portarti verso relazioni più sane e durature, in cui non sia necessario lottare, ma nemmeno scappare al primo segnale di instabilità.
Un caro saluto,
Dott.ssa Emanuela Borri
grazie per aver condiviso con tanta sincerità e profondità quello che senti. Le tue parole raccontano un desiderio autentico di costruire relazioni significative, basate su rispetto, riconoscimento reciproco e un senso di esclusività affettiva che non è possessività, ma bisogno di fiducia, coerenza e sicurezza emotiva.
Quello che descrivi sembra toccare un nodo molto umano: il bisogno di sentirsi scelti e riconosciuti, di percepire che quello "spazio nostro" di cui parli non venga contaminato da dinamiche ambigue o poco chiare. È un bisogno legittimo. Non parli tanto di gelosia, quanto di un senso di rispetto che vorresti fosse reciproco.
Quando però questo spazio viene messo in discussione o vissuto come poco protetto, si attiva in te un meccanismo difensivo che potremmo definire "di ritiro protettivo": preferisci fare un passo indietro, chiuderti, lasciar andare, anche con dispiacere. Questo atteggiamento parla di te come persona attenta, sensibile, ma anche di quanto possa essere faticoso per te sostenere il conflitto o l’ambiguità nei legami.
Un primo passo che potrebbe aiutarti a maturare ulteriormente in questa direzione è osservare come comunichi i tuoi bisogni: lo fai chiaramente? Lo fai nel momento giusto, con le parole giuste? Spesso la comunicazione più efficace non è quella che si limita a "spiegare" il proprio disagio, ma quella che sa anche creare uno spazio per l’altro dove sentirsi accolto senza sentirsi colpevole o sotto esame.
Ti propongo qualche domanda-guida per orientare il tuo percorso:
Cosa mi fa sentire rispettato e riconosciuto in un legame?
Quando qualcosa mi ferisce, riesco a esprimere come mi fa stare, senza attribuire all'altro intenzioni che forse non ha?
Sono in grado di rimanere in relazione anche quando l’altro non si comporta esattamente come io vorrei, senza sentirmi minacciato nel mio valore?
Inoltre, potrebbe essere utile distinguere i comportamenti che attivano in te una reazione emotiva da quelli che realmente mettono in discussione il legame. A volte, nelle relazioni, si creano dei "test impliciti" – situazioni in cui uno dei due mette alla prova l'altro in modo non del tutto consapevole. Potrebbe essere ciò che sta succedendo tra te e questa ragazza: un gioco sottile di specchi, in cui ognuno cerca conferme e rassicurazioni, ma a modo proprio.
Allenarti a mantenere centrata la comunicazione, anche quando si attivano emozioni forti, è una competenza che può portarti verso relazioni più sane e durature, in cui non sia necessario lottare, ma nemmeno scappare al primo segnale di instabilità.
Un caro saluto,
Dott.ssa Emanuela Borri
Risolvi i tuoi dubbi grazie alla consulenza online
Se hai bisogno del consiglio di uno specialista, prenota una consulenza online. Otterrai risposte senza muoverti da casa.
Mostra risultati Come funziona?
Gentile Marcello,
La ringrazio innanzitutto per la fiducia e per la profondità con cui ha scelto di condividere il suo vissuto. Le sue parole restituiscono con chiarezza il ritratto di una persona sensibile, riflessiva e sinceramente orientata alla costruzione di legami significativi. Non è cosa da poco.
Quanto descrive solleva diverse tematiche psicologiche che meritano attenzione, e che possono essere punti chiave per una maggiore consapevolezza relazionale. Di seguito, provo a evidenziare alcune riflessioni e strumenti che potrebbero aiutarLa nel percorso di maturazione che desidera intraprendere.
1. Esclusività emotiva o bisogno di sicurezza?
Lei parla di una forma di “esclusività” nel rapporto, che non interpreta come gelosia, quanto piuttosto come tutela di uno spazio relazionale condiviso. È una richiesta legittima, ma che può nascondere – talvolta – il timore di essere sostituito o svalutato.
Una domanda utile potrebbe essere:
“Quando l’altra persona lascia entrare terzi nel nostro spazio emotivo, cosa sento di perdere? Il suo interesse o il mio valore?”
Non sempre è l’altro a venire meno, a volte è il nostro bisogno di conferma che si attiva con forza di fronte a segnali ambigui, accendendo l’allarme prima ancora che ci sia un reale pericolo.
2. Il rischio delle dinamiche implicite
Nel racconto della relazione attuale, Lei percepisce che la ragazza in questione utilizzi certe situazioni in modo reattivo, forse per attirare attenzione o suscitare una Sua risposta emotiva. Questo può attivare in Lei un meccanismo difensivo – il ritiro, la chiusura – che ha il vantaggio di proteggerLa, ma il rischio di farLe perdere opportunità di chiarimento o approfondimento.
In questi casi, può essere utile provare un approccio più diretto:
“Ho l’impressione che tu stia cercando una mia reazione attraverso questa vicinanza ad altri. Se c’è qualcosa che desideri da me, possiamo parlarne apertamente.”
Questo tipo di comunicazione non aggressiva, ma chiara, consente di spezzare la catena delle provocazioni silenziose e invita l’altro a un confronto adulto.
3. L’orgoglio come difesa
Lei afferma di avere un atteggiamento netto quando si sente trascurato: si allontana, smette di dare occasioni, chiude. Questo è comprensibile, soprattutto per chi ha vissuto esperienze relazionali dove il proprio bisogno è stato ignorato o sottovalutato. Tuttavia, è importante chiedersi:
“Sto proteggendo me stesso per rispetto o per paura di essere nuovamente ferito?”
Non sempre chiudere significa maturità: a volte può essere una forma di autoesclusione, per evitare la fatica di confrontarsi con la frustrazione e l’imperfezione dell’altro.
4. Imparare a tollerare l’asimmetria temporanea
Lei sembra orientato a relazioni “pulite”, chiare, reciproche fin dall’inizio. Ma non tutti procedono con la stessa trasparenza o coerenza affettiva. La maturità, in ambito relazionale, passa anche attraverso la capacità di restare presenti e stabili, pur in situazioni ambigue, finché non è chiaro se l’altro è davvero interessato o semplicemente confuso.
Questo non significa tollerare mancanze di rispetto, ma accettare che l’altro possa avere ritmi o modalità espressive diverse dalle nostre, e che questo non metta automaticamente in discussione il nostro valore.
Cosa può aiutarLa a maturare ulteriormente:
1. Imparare a stare nel dubbio senza ritirarsi troppo presto.
2. Rinforzare la comunicazione diretta e assertiva, evitando interpretazioni eccessive.
3. Coltivare la fiducia in sé anche quando l’altro sembra ambiguo, senza passare subito all’autosvalutazione.
4. Accettare che l’interesse e l’attenzione dell’altro non possano essere sempre esclusive, senza che questo significhi tradimento o svalutazione.
Resto a disposizione per eventuali approfondimenti.
Un cordiale saluto
Caro Marcello,
La ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità la sua esperienza. Quello che descrive tocca temi molto profondi e universali legati alle dinamiche relazionali e al modo in cui ognuno di noi costruisce e mantiene i legami significativi.
Dalle sue parole emerge una riflessione molto lucida sui suoi pattern comportamentali: la ricerca di quello che lei definisce uno 'spazio nostro' di benessere, il bisogno di autenticità nei rapporti, e al contempo una particolare sensibilità alle dinamiche che percepisce come minacciose per l'equilibrio relazionale.
Quello che descrive come 'ragionamento distruttivo' in realtà potrebbe essere interpretato come un meccanismo di protezione che si è sviluppato nel tempo. Il bisogno di 'esclusività' nei rapporti più profondi spesso riflette il desiderio di sicurezza emotiva e di prevedibilità nelle relazioni più importanti.
È interessante notare come distingua chiaramente tra situazioni in cui si sente 'aggiunto' al contesto esistente versus quando percepisce un intento 'sottrattivo'. Questa capacità di lettura delle dinamiche interpersonali è in realtà una risorsa, anche se a volte può generare ipervigilanza.
Il pattern che descrive - investimento emotivo seguito da ritiro quando percepisce minacce alla relazione - potrebbe meritare un'esplorazione più approfondita in un contesto terapeutico individuale, dove poter comprendere le radici di queste dinamiche e sviluppare strategie alternative.
Una riflessione che potrebbe aiutarla: spesso ciò che interpretiamo come 'test' o provocazioni da parte dell'altro potrebbero essere semplicemente modi diversi di gestire l'incertezza relazionale. Non tutti elaborano l'ansia relazionale allo stesso modo.
Le suggerirei di considerare un percorso di approfondimento personalizzato per esplorare questi temi con maggiore spazio e privacy.
La ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità la sua esperienza. Quello che descrive tocca temi molto profondi e universali legati alle dinamiche relazionali e al modo in cui ognuno di noi costruisce e mantiene i legami significativi.
Dalle sue parole emerge una riflessione molto lucida sui suoi pattern comportamentali: la ricerca di quello che lei definisce uno 'spazio nostro' di benessere, il bisogno di autenticità nei rapporti, e al contempo una particolare sensibilità alle dinamiche che percepisce come minacciose per l'equilibrio relazionale.
Quello che descrive come 'ragionamento distruttivo' in realtà potrebbe essere interpretato come un meccanismo di protezione che si è sviluppato nel tempo. Il bisogno di 'esclusività' nei rapporti più profondi spesso riflette il desiderio di sicurezza emotiva e di prevedibilità nelle relazioni più importanti.
È interessante notare come distingua chiaramente tra situazioni in cui si sente 'aggiunto' al contesto esistente versus quando percepisce un intento 'sottrattivo'. Questa capacità di lettura delle dinamiche interpersonali è in realtà una risorsa, anche se a volte può generare ipervigilanza.
Il pattern che descrive - investimento emotivo seguito da ritiro quando percepisce minacce alla relazione - potrebbe meritare un'esplorazione più approfondita in un contesto terapeutico individuale, dove poter comprendere le radici di queste dinamiche e sviluppare strategie alternative.
Una riflessione che potrebbe aiutarla: spesso ciò che interpretiamo come 'test' o provocazioni da parte dell'altro potrebbero essere semplicemente modi diversi di gestire l'incertezza relazionale. Non tutti elaborano l'ansia relazionale allo stesso modo.
Le suggerirei di considerare un percorso di approfondimento personalizzato per esplorare questi temi con maggiore spazio e privacy.
Gentile Marcello,
grazie per aver condiviso in modo così aperto e articolato i tuoi pensieri, le tue emozioni e le dinamiche relazionali che vivi o hai vissuto. Quello che descrivi è un vissuto profondo, carico di riflessioni lucide e consapevoli, che mettono in luce una forte sensibilità e un bisogno autentico di connessione, rispetto e reciprocità nei rapporti interpersonali.
Dalle tue parole emerge chiaramente il desiderio di costruire legami significativi, protetti, sinceri e basati su un benessere condiviso. Al contempo, si intravede una certa fragilità nell’accettare l’imprevedibilità dei comportamenti altrui, soprattutto quando questi mettono in discussione la sicurezza emotiva che hai investito nella relazione. Questo può attivare in te un meccanismo difensivo comprensibile: il distacco, la rinuncia, il ritiro. Non tanto per mancanza di interesse, quanto per una forma di tutela profonda contro la possibilità di essere ferito, deluso o messo da parte.
Il bisogno di “esclusività” che menzioni non è patologico né anomalo, soprattutto se inteso come richiesta di autenticità e rispetto del legame nel qui e ora. Tuttavia, quando questo bisogno si intreccia con timori più profondi — come la paura di essere sostituiti, ingannati o svalutati — può diventare un punto sensibile che interferisce con la tua serenità e spontaneità nella relazione.
È molto interessante anche la distinzione che fai rispetto alla gelosia. Infatti, il tuo atteggiamento sembra più orientato alla salvaguardia di un equilibrio e di un rispetto reciproco, che non al controllo o al possesso. Quando percepisci che qualcosa o qualcuno turba quel delicato equilibrio, il tuo sistema interno reagisce “spegnendosi”, come se non valesse più la pena investire.
Hai già fatto un lavoro introspettivo importante, riconoscendo in te aspetti di possibile bassa autostima in ambito affettivo, e un bisogno di essere riconosciuto e “scelto” autenticamente. Ma allo stesso tempo hai dimostrato capacità di apertura, empatia, spirito di gruppo e valorizzazione delle connessioni umane, quando queste sono genuine e non inquinate da giochi di potere o ambiguità.
In merito alla situazione attuale con la ragazza, può essere utile domandarsi se il tuo vissuto sia più legato al presente o se stia riattivando dinamiche emotive già sperimentate in passato. A volte, senza rendercene conto, riviviamo negli altri vecchie ferite ancora aperte, e ciò ci porta a reagire con meccanismi difensivi automatici.
Ti invito a non sottovalutare l’importanza di tutto ciò che stai osservando dentro di te: è proprio da questi segnali interiori che può iniziare un percorso di maturazione emotiva profonda, capace di portarti a vivere i legami con maggiore serenità, senza dover continuamente scegliere tra l’“esserci completamente” o il “ritirarsi del tutto”.
Per approfondire queste dinamiche e trovare insieme nuove chiavi di lettura e strumenti più efficaci per affrontarle, sarebbe utile e consigliato rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
grazie per aver condiviso in modo così aperto e articolato i tuoi pensieri, le tue emozioni e le dinamiche relazionali che vivi o hai vissuto. Quello che descrivi è un vissuto profondo, carico di riflessioni lucide e consapevoli, che mettono in luce una forte sensibilità e un bisogno autentico di connessione, rispetto e reciprocità nei rapporti interpersonali.
Dalle tue parole emerge chiaramente il desiderio di costruire legami significativi, protetti, sinceri e basati su un benessere condiviso. Al contempo, si intravede una certa fragilità nell’accettare l’imprevedibilità dei comportamenti altrui, soprattutto quando questi mettono in discussione la sicurezza emotiva che hai investito nella relazione. Questo può attivare in te un meccanismo difensivo comprensibile: il distacco, la rinuncia, il ritiro. Non tanto per mancanza di interesse, quanto per una forma di tutela profonda contro la possibilità di essere ferito, deluso o messo da parte.
Il bisogno di “esclusività” che menzioni non è patologico né anomalo, soprattutto se inteso come richiesta di autenticità e rispetto del legame nel qui e ora. Tuttavia, quando questo bisogno si intreccia con timori più profondi — come la paura di essere sostituiti, ingannati o svalutati — può diventare un punto sensibile che interferisce con la tua serenità e spontaneità nella relazione.
È molto interessante anche la distinzione che fai rispetto alla gelosia. Infatti, il tuo atteggiamento sembra più orientato alla salvaguardia di un equilibrio e di un rispetto reciproco, che non al controllo o al possesso. Quando percepisci che qualcosa o qualcuno turba quel delicato equilibrio, il tuo sistema interno reagisce “spegnendosi”, come se non valesse più la pena investire.
Hai già fatto un lavoro introspettivo importante, riconoscendo in te aspetti di possibile bassa autostima in ambito affettivo, e un bisogno di essere riconosciuto e “scelto” autenticamente. Ma allo stesso tempo hai dimostrato capacità di apertura, empatia, spirito di gruppo e valorizzazione delle connessioni umane, quando queste sono genuine e non inquinate da giochi di potere o ambiguità.
In merito alla situazione attuale con la ragazza, può essere utile domandarsi se il tuo vissuto sia più legato al presente o se stia riattivando dinamiche emotive già sperimentate in passato. A volte, senza rendercene conto, riviviamo negli altri vecchie ferite ancora aperte, e ciò ci porta a reagire con meccanismi difensivi automatici.
Ti invito a non sottovalutare l’importanza di tutto ciò che stai osservando dentro di te: è proprio da questi segnali interiori che può iniziare un percorso di maturazione emotiva profonda, capace di portarti a vivere i legami con maggiore serenità, senza dover continuamente scegliere tra l’“esserci completamente” o il “ritirarsi del tutto”.
Per approfondire queste dinamiche e trovare insieme nuove chiavi di lettura e strumenti più efficaci per affrontarle, sarebbe utile e consigliato rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Gentile Marcello,
la ringrazio per aver condiviso in modo così profondo e lucido il suo vissuto relazionale. Dalle sue parole emerge una forte consapevolezza dei propri bisogni affettivi e un desiderio autentico di costruire legami basati sulla reciprocità, sulla trasparenza e sul rispetto.
Il suo bisogno di esclusività nei rapporti, quando l’interesse è vivo e condiviso, è legittimo e rispecchia il valore che attribuisce al legame con l’altra persona. Tuttavia, quando questi confini sembrano non essere rispettati o vengono messi in discussione, è comprensibile che lei possa sentirsi deluso, confuso o addirittura ferito, soprattutto se ha già vissuto situazioni simili in passato. Questo può innescare un meccanismo di autodifesa che la porta a distaccarsi emotivamente, a “spegnersi” per non soffrire ancora.
Questa sensibilità, che lei descrive con grande onestà, sembra collegata anche a un timore profondo di essere rimpiazzato o non pienamente riconosciuto nel suo valore, nonostante sia evidente quanto lei sappia offrire in termini di attenzione, coinvolgimento e cura nei legami. In questi casi, ciò che può aiutare a maturare ulteriormente è lavorare sulla fiducia: sia quella in se stesso – nel proprio valore e nella propria capacità di essere scelto senza dover “lottare” – sia quella nell’altro, imparando a distinguere ciò che è una reale minaccia al rapporto da ciò che è una percezione influenzata da insicurezze pregresse.
Inoltre, può essere utile riflettere su come comunicare i propri bisogni e limiti in modo diretto ma non accusatorio, cercando di costruire uno scambio che non sia reattivo, ma orientato alla comprensione reciproca. La ragazza che sta frequentando potrebbe non essere pienamente consapevole dell’effetto che certi atteggiamenti hanno su di lei, e solo attraverso un dialogo aperto e sincero è possibile favorire un’evoluzione costruttiva della relazione.
Infine, uno spazio di confronto con un professionista potrebbe supportarla nel chiarire ancora meglio i suoi schemi relazionali e nel rafforzare la propria autonomia emotiva, affinché non siano le dinamiche esterne a determinare il suo stato d’animo.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio
la ringrazio per aver condiviso in modo così profondo e lucido il suo vissuto relazionale. Dalle sue parole emerge una forte consapevolezza dei propri bisogni affettivi e un desiderio autentico di costruire legami basati sulla reciprocità, sulla trasparenza e sul rispetto.
Il suo bisogno di esclusività nei rapporti, quando l’interesse è vivo e condiviso, è legittimo e rispecchia il valore che attribuisce al legame con l’altra persona. Tuttavia, quando questi confini sembrano non essere rispettati o vengono messi in discussione, è comprensibile che lei possa sentirsi deluso, confuso o addirittura ferito, soprattutto se ha già vissuto situazioni simili in passato. Questo può innescare un meccanismo di autodifesa che la porta a distaccarsi emotivamente, a “spegnersi” per non soffrire ancora.
Questa sensibilità, che lei descrive con grande onestà, sembra collegata anche a un timore profondo di essere rimpiazzato o non pienamente riconosciuto nel suo valore, nonostante sia evidente quanto lei sappia offrire in termini di attenzione, coinvolgimento e cura nei legami. In questi casi, ciò che può aiutare a maturare ulteriormente è lavorare sulla fiducia: sia quella in se stesso – nel proprio valore e nella propria capacità di essere scelto senza dover “lottare” – sia quella nell’altro, imparando a distinguere ciò che è una reale minaccia al rapporto da ciò che è una percezione influenzata da insicurezze pregresse.
Inoltre, può essere utile riflettere su come comunicare i propri bisogni e limiti in modo diretto ma non accusatorio, cercando di costruire uno scambio che non sia reattivo, ma orientato alla comprensione reciproca. La ragazza che sta frequentando potrebbe non essere pienamente consapevole dell’effetto che certi atteggiamenti hanno su di lei, e solo attraverso un dialogo aperto e sincero è possibile favorire un’evoluzione costruttiva della relazione.
Infine, uno spazio di confronto con un professionista potrebbe supportarla nel chiarire ancora meglio i suoi schemi relazionali e nel rafforzare la propria autonomia emotiva, affinché non siano le dinamiche esterne a determinare il suo stato d’animo.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio
Buongiorno Marcello, la ringrazio per aver condiviso un’esperienza così complessa, ricca di sfumature emotive e riflessioni profonde. Le sue parole mostrano una forte capacità di introspezione, ma anche una sofferenza che, per quanto ben argomentata, sembra incagliarsi in alcune dinamiche relazionali che si ripetono. Cercherò di restituirle un punto di vista che, nel rispetto del suo sentire, possa accompagnarla a comprendere meglio ciò che sta vivendo e ad affrontarlo in modo più funzionale. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, ciò che emerge con forza è il bisogno di sicurezza affettiva e di reciprocità nelle relazioni significative. Questo bisogno è assolutamente legittimo, ma spesso, quando è carico di aspettative implicite, può portare a una sorta di “monitoraggio costante” della relazione e dell'altro, alla ricerca di segnali che confermino o smentiscano il proprio valore o il posto che si occupa nella vita della persona con cui si è in rapporto. Nelle sue parole si colgono chiaramente questi momenti: lo spazio "nostro", il timore che venga contaminato da terzi, la paura di essere sostituito o non più scelto, l’attivarsi di un meccanismo di difesa che porta a chiudersi e ritirarsi. Il pensiero che se una persona permette ad altri di entrare nel vostro spazio condiviso, allora viene meno il rispetto o il valore che lei ha per lei, è un’interpretazione molto significativa e può essere alla base di alcune emozioni dolorose che descrive, come la delusione, la frustrazione e il disinteresse che scatta improvvisamente. In terapia cognitivo-comportamentale, si lavorerebbe su questi pensieri disfunzionali, cercando di metterli in discussione e ampliando la gamma delle possibili letture della situazione. Per esempio, è possibile che l’altro non abbia la stessa visione dello spazio relazionale, non per mancanza di rispetto, ma per una diversa rappresentazione di come si costruisce una relazione affettiva. Oppure, che alcuni atteggiamenti (come quello di questa ragazza nel "giocare" con la presenza dell'altro ragazzo) non siano necessariamente un attacco personale, ma una modalità, forse immatura, di gestire le insicurezze o i bisogni di attenzione. Quello che mi colpisce è che quando sente che la relazione non è più "protetta", lei si ritrae, smette di investire, si spegne. È come se avesse interiorizzato un modello relazionale che richiede certe condizioni di esclusività per sentirsi al sicuro e visto. E quando queste condizioni vengono meno, non cerca il confronto aperto, ma tende a disinvestire per proteggersi, spesso lasciando l'altro confuso o in cerca di spiegazioni. Questo schema, molto comune, può portare alla cronicizzazione di relazioni instabili, dove la comunicazione autentica viene sostituita da segnali, reazioni, attese reciproche e silenzi. Una possibilità di crescita, in questo senso, sarebbe quella di allenarsi a rimanere più a lungo nel confronto, anche quando qualcosa le genera disagio, senza scappare subito o senza ritirare il suo investimento affettivo. Questo richiede un lavoro su più livelli: sul riconoscere e regolare le emozioni che si attivano (come rabbia, paura di essere rifiutato o umiliato), sul rendere più chiari i propri bisogni senza aspettare che l’altro li intuisca, e sull’accettare che anche in un legame importante, l’altro possa agire in modi che non sempre rispecchiano le nostre aspettative, senza che ciò implichi necessariamente una mancanza d’amore o di rispetto. Marcello, lei ha una grande capacità di dedizione e una sensibilità che traspare in ogni frase. Ma queste qualità, se non accompagnate da una flessibilità cognitiva e da una comunicazione aperta, rischiano di diventare un'arma a doppio taglio: la portano a vivere le relazioni come un campo di battaglia tra esclusività e delusione, piuttosto che come un percorso dinamico, fatto anche di imperfezioni e aggiustamenti reciproci. L’invito che le farei è di non cercare relazioni perfette, ma relazioni in cui ci sia spazio per la complessità, per il dialogo e per una crescita condivisa. A volte, un percorso terapeutico può aiutare a ristrutturare i propri schemi di attaccamento, a imparare a tollerare meglio l’ambiguità e a costruire relazioni più libere, sicure e gratificanti. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno Marcello,
ti ringrazio per la profondità con cui ti sei raccontato — c’è una grande consapevolezza nelle tue parole, e anche un bisogno vero di essere visto e rispettato nei tuoi sentimenti. Ti rispondo con rispetto e chiarezza, come farebbe uno psicologo nel corso di un primo colloquio orientativo.
Quello che esprimi non è debolezza o immaturità, ma un bisogno legittimo di relazione autentica e sicura. Il desiderio che un legame affettivo mantenga uno “spazio nostro” protetto e coerente non è sbagliato — è una forma sana di ricerca di intimità emotiva. Tuttavia, quando questo bisogno è fortemente legato al timore di essere sostituiti, svalutati o ignorati, può trasformarsi in una tensione costante che logora sia te che il rapporto. Un percorso psicologico potrebbe aiutarti a riconoscere queste ferite relazionali e a trovare nuovi modi per gestirle. Potresti iniziare anche solo con qualche colloquio per dare voce a ciò che senti e osservare i tuoi schemi. Non devi risolvere tutto da solo.
Marcello, la tua voglia di amare bene e in modo leale non è un difetto. È una forza che va solo liberata dai pesi del passato.
Con rispetto,
un professionista dalla tua parte.
ti ringrazio per la profondità con cui ti sei raccontato — c’è una grande consapevolezza nelle tue parole, e anche un bisogno vero di essere visto e rispettato nei tuoi sentimenti. Ti rispondo con rispetto e chiarezza, come farebbe uno psicologo nel corso di un primo colloquio orientativo.
Quello che esprimi non è debolezza o immaturità, ma un bisogno legittimo di relazione autentica e sicura. Il desiderio che un legame affettivo mantenga uno “spazio nostro” protetto e coerente non è sbagliato — è una forma sana di ricerca di intimità emotiva. Tuttavia, quando questo bisogno è fortemente legato al timore di essere sostituiti, svalutati o ignorati, può trasformarsi in una tensione costante che logora sia te che il rapporto. Un percorso psicologico potrebbe aiutarti a riconoscere queste ferite relazionali e a trovare nuovi modi per gestirle. Potresti iniziare anche solo con qualche colloquio per dare voce a ciò che senti e osservare i tuoi schemi. Non devi risolvere tutto da solo.
Marcello, la tua voglia di amare bene e in modo leale non è un difetto. È una forza che va solo liberata dai pesi del passato.
Con rispetto,
un professionista dalla tua parte.
Quello che lei descrive non sembra ridursi semplicemente a un fastidio per le intromissioni o a una forma di gelosia, quanto piuttosto al tentativo di tutelare uno spazio che per lei è prezioso quando si costruisce attorno a un’intesa sincera e priva di interferenze che sente come invasive. C’è una delicatezza nel suo desiderio che si scontra spesso con la realtà dell’altro, con l’imprevedibilità del desiderio altrui e forse anche con quella quota di disordine che la presenza dell’altro inevitabilmente porta con sé. Sembra che lei ricerchi un legame in cui ci sia riconoscimento reciproco, una sorta di esclusività affettiva non tanto nel senso del possesso, ma come garanzia che quell’incontro abbia una forma, una consistenza, che non venga messa continuamente alla prova o messa in scena per ottenere reazioni. Eppure, come lei stesso lascia intuire, ogni volta che questo equilibrio si incrina, qualcosa dentro di lei si spegne. È interessante come lei lo dica, senza dramma, ma con una certa precisione: si spegne. Come se non ci fosse rabbia, né vendetta, ma un ritiro, un lasciar cadere. Non è difficile immaginare che questa modalità, pur essendo protettiva, la porti anche a perdere contatti importanti, forse troppo presto, forse con troppo pudore. Si chiede se ci sia un ragionamento o un atteggiamento che possa aiutarla a maturare. Ma maturare non significa eliminare la sua sensibilità, né diventare indifferente di fronte a quello che la ferisce. Piuttosto, forse può chiedersi da dove nasce questo suo bisogno di ordine nelle relazioni, questa attenzione così vigile ai segnali che indicano un cambiamento, un pericolo, un possibile allontanamento. Cosa teme di perdere davvero, quando l’altro non risponde come lei spera. E ancora, cosa rappresenta per lei il fatto di concedere “il passo agli altri”, come dice con parole molto forti, quasi a evocare una rinuncia dolorosa ma necessaria. Eppure forse può domandarsi se dietro questa scelta non si nasconda anche una forma di difesa, di protezione da una delusione più antica. Le relazioni, per loro natura, sono imperfette, sfocate, esposte a malintesi e interferenze, e forse il punto non è tanto evitare che queste si verifichino, quanto capire cosa esse attivano in lei, quale ferita toccano, quale significato le attribuisce. Le relazioni, proprio quando toccano corde profonde, diventano anche luoghi in cui ciascuno si ritrova a fare i conti con le proprie paure, con i propri automatismi, con ciò che nel passato ha lasciato un segno. Lei sembra avere già un buon grado di consapevolezza su questo, ma talvolta anche ciò che sappiamo non basta per sciogliere ciò che si ripete. Se sente che alcune dinamiche tendono a ripresentarsi, in forme diverse ma con un nucleo ricorrente, forse potrebbe esserle utile, uno spazio in cui poter dare parola più liberamente a questi vissuti, non per spiegare tutto, ma per ascoltare ciò che il suo desiderio sta cercando di dirle da tempo.
Caro Marcello, grazie per aver condiviso con tanta lucidità e profondità il tuo vissuto. È evidente che ti sei osservato molto e che hai cercato di dare senso a ciò che provi, e questo è già un atto di consapevolezza importante.
Da ciò che scrivi, non si tratta di semplice “gelosia”, ma di un vissuto più profondo: sembra che tu abbia bisogno di costruire con le persone uno spazio relazionale “protetto”, dove poter nutrire il legame senza sentirti minacciato da dinamiche esterne che non scegli. Quando questo spazio viene “inquinato”, come dici tu, si attiva una ferita interna: non solo delusione, ma un senso di insicurezza, forse di essere rimpiazzabile, non scelto, non tutelato.
Questo non significa che sei “immaturo” o che devi cambiare qualcosa “razionalmente”. Anzi, questo vissuto va prima di tutto ascoltato, compreso e inserito nella tua storia: quando e dove hai imparato che per proteggerti devi chiuderti e staccarti, anche da chi ti interessa?
Spesso, più che “correggere” il comportamento, è utile tornare a dare significato all’esperienza che lo genera. E il fatto che tu riesca a stare bene nelle relazioni quando ti senti accolto e sicuro, è un bellissimo segnale della tua capacità affettiva.
Forse quello che può aiutarti a “maturare” non è cambiare strategia, ma accogliere questa parte di te che si difende, capirla, e iniziare – piano piano – a stare in quello spazio relazionale anche quando non è perfettamente protetto. Non per sopportare, ma per restare in contatto con ciò che desideri davvero, senza allontanartene per difenderti.
Ti auguro di continuare a lavorare su di te con la stessa profondità con cui hai scritto questo messaggio. Se ti va, ci si può confrontare ancora.
Un caro saluto.
Da ciò che scrivi, non si tratta di semplice “gelosia”, ma di un vissuto più profondo: sembra che tu abbia bisogno di costruire con le persone uno spazio relazionale “protetto”, dove poter nutrire il legame senza sentirti minacciato da dinamiche esterne che non scegli. Quando questo spazio viene “inquinato”, come dici tu, si attiva una ferita interna: non solo delusione, ma un senso di insicurezza, forse di essere rimpiazzabile, non scelto, non tutelato.
Questo non significa che sei “immaturo” o che devi cambiare qualcosa “razionalmente”. Anzi, questo vissuto va prima di tutto ascoltato, compreso e inserito nella tua storia: quando e dove hai imparato che per proteggerti devi chiuderti e staccarti, anche da chi ti interessa?
Spesso, più che “correggere” il comportamento, è utile tornare a dare significato all’esperienza che lo genera. E il fatto che tu riesca a stare bene nelle relazioni quando ti senti accolto e sicuro, è un bellissimo segnale della tua capacità affettiva.
Forse quello che può aiutarti a “maturare” non è cambiare strategia, ma accogliere questa parte di te che si difende, capirla, e iniziare – piano piano – a stare in quello spazio relazionale anche quando non è perfettamente protetto. Non per sopportare, ma per restare in contatto con ciò che desideri davvero, senza allontanartene per difenderti.
Ti auguro di continuare a lavorare su di te con la stessa profondità con cui hai scritto questo messaggio. Se ti va, ci si può confrontare ancora.
Un caro saluto.
Buonasera Marcello, leggendo il suo racconto si percepisce chiaramente quanto sia importante per lei preservare uno spazio di autenticità e condivisione nelle relazioni, uno spazio che sente suo e che desidera proteggere da intrusioni indesiderate. Sembra emergere un modello relazionale in cui la fiducia e la percezione di un legame speciale sono centrali, al punto che la loro minaccia, anche solo percepita, può portarla a ritirarsi, sentendo di dover salvaguardare la propria integrità emotiva. Il suo modo di reagire a situazioni che minano questo equilibrio suggerisce una profonda vulnerabilità, legata forse al timore di essere sostituito o non apprezzato per quello che è realmente, nonostante il rapporto vissuto. Questo può condurre a un allontanamento, quasi un meccanismo di difesa per prevenire il dolore del rifiuto o della delusione. L'atteggiamento da lei descritto nel legame attuale con questa ragazza, e il gioco di dinamiche di attenzione e reattività, sembrano sottolineare ulteriormente l'importanza che riveste per lei il sentirsi riconosciuto e apprezzato. Nell'orientamento psicoanalitico, si esplorano le dinamiche inconsce che possono influenzare queste esperienze, cercando di comprendere come i desideri e le paure, spesso inconsci, prevalgano nel modo in cui interpretiamo e viviamo le relazioni. Questo approccio mira a dare voce a ciò che è nascosto, permettendo un dialogo con quel sé più profondo che cerca comprensione e affermazione.
Se desidera esplorare ulteriormente questi sentimenti e trovare modi per navigare nelle sue relazioni con più serenità e autostima, sono qui per accoglierla in uno spazio di ascolto attento e senza giudizio.
Cordialmente, dottoressa Laura Lanocita.
Se desidera esplorare ulteriormente questi sentimenti e trovare modi per navigare nelle sue relazioni con più serenità e autostima, sono qui per accoglierla in uno spazio di ascolto attento e senza giudizio.
Cordialmente, dottoressa Laura Lanocita.
Caro Marcello, penso che potrebbe essere utile approfondire il suo bisogno di esclusività, e capire bene di che natura è: mi sembra di capire che cerca un'esclusività a tutto tondo, non solo sentimentale (nell'avere la certezza di essere l'unico oggetto delle attenzioni della ragazza in questione), ma anche amicale, come se, se capisco correttamente, avesse bisogno di sentirsi un po' unico anche nelle amicizie. Dalla sua sola condivisione scritta sicuramente è difficile comprendere in profondità, ma mi sembra di capire che possa esserci un problema di gelosie, forse, nel non sentirsi forse considerato come unico, che nasce da un tema di insicurezza, che nonostante non abbia motivo di esserci (come scrive all'inizio della sua condivisione, visto il successo che racconta di avere) c'è. A questo proposito mi sento di consigliarle di cominciare un percorso con un professionista di cui possa fidarsi, per poter guardare insieme più da vicino questa insicurezza che porta dentro, questo bisogno di unicità ed esclusività che prescinde il campo sentimentale, ed il conseguente bisogno di conferme. Se avesse altre domande o volesse approfondire meglio la questione mi trova a disposizione, anche online. Un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
Buongiorno gentile Marcello, la ringrazio per aver condiviso con grande profondità e consapevolezza il suo vissuto relazionale, che trasmette una sensibilità notevole, un forte senso di coerenza interiore e un bisogno autentico di reciprocità e rispetto negli scambi più significativi.
Quello che lei descrive non è il frutto di una gelosia superficiale o possessiva, ma sembra piuttosto il bisogno di costruire legami fondati su una qualità emotiva condivisa, su una sorta di alleanza affettiva che, nel suo sentire, dovrebbe mantenere uno spazio esclusivo e protetto finché entrambi sono coinvolti. Questa ricerca di autenticità, quando viene minacciata o turbata da dinamiche percepite come ambigue o manipolative, può risvegliare in lei un senso di delusione e ritiro che non è reattività, ma una forma di tutela del proprio valore e dei propri confini.
Il fatto che lei sappia attivarsi positivamente in relazioni inclusive, in cui si sente accolto e rispettato, dimostra una buona capacità di stare nel gruppo e una socialità genuina. Quando però percepisce che l’altro non protegge lo spazio “nostro”, anzi lo espone a dinamiche che lei sente come svalutanti, scatta una sorta di freno interno, come se il suo investimento emotivo si ritraesse per difendersi da un’ulteriore ferita. Il punto non è il fatto che vi siano altre persone, ma l’intenzione con cui queste si pongono e soprattutto come viene gestito tutto questo da chi condivide con lei una relazione significativa.
Questo meccanismo che descrive con lucidità (il ritiro emotivo, la perdita di stimoli, la chiusura) può avere radici anche più antiche, e forse tocca vissuti legati a un senso di non essere stato visto o scelto pienamente, di essere stato messo in secondo piano nonostante l’autenticità del suo agire. A volte, per chi ha un alto senso del rispetto e della lealtà nei legami, osservare comportamenti anche solo lievemente ambigui può diventare insostenibile, come se mettesse in crisi l'intero legame, fino a spegnerlo.
Maturare in questo campo, come lei stesso chiede, non significa snaturarsi o accettare dinamiche che fanno soffrire, ma forse riconoscere che anche l’altro ha tempi, fragilità e modi differenti di esprimere o gestire l’interesse. Può essere utile, in questo senso, coltivare la possibilità di comunicare con chiarezza i propri bisogni senza sentirsi per questo “troppo”, esplorare con curiosità le intenzioni dell’altro prima di dedurre che si tratti di una mancanza di rispetto, e osservare cosa accade se si resta presenti (anche solo per un po’) nel dialogo, senza affrettarsi a ritirarsi per proteggersi.
Credo che lei abbia già dentro di sé molte risorse, e che la maturità che cerca non sia tanto da costruire, quanto da riconoscere e da rendere più elastica nei confronti delle inevitabili imperfezioni dell’altro. Un lavoro psicoterapeutico potrebbe aiutarla ad approfondire meglio questi meccanismi interiori e ad alleggerire quelle parti che, per proteggersi, tendono a interrompere prematuramente una possibilità relazionale.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Quello che lei descrive non è il frutto di una gelosia superficiale o possessiva, ma sembra piuttosto il bisogno di costruire legami fondati su una qualità emotiva condivisa, su una sorta di alleanza affettiva che, nel suo sentire, dovrebbe mantenere uno spazio esclusivo e protetto finché entrambi sono coinvolti. Questa ricerca di autenticità, quando viene minacciata o turbata da dinamiche percepite come ambigue o manipolative, può risvegliare in lei un senso di delusione e ritiro che non è reattività, ma una forma di tutela del proprio valore e dei propri confini.
Il fatto che lei sappia attivarsi positivamente in relazioni inclusive, in cui si sente accolto e rispettato, dimostra una buona capacità di stare nel gruppo e una socialità genuina. Quando però percepisce che l’altro non protegge lo spazio “nostro”, anzi lo espone a dinamiche che lei sente come svalutanti, scatta una sorta di freno interno, come se il suo investimento emotivo si ritraesse per difendersi da un’ulteriore ferita. Il punto non è il fatto che vi siano altre persone, ma l’intenzione con cui queste si pongono e soprattutto come viene gestito tutto questo da chi condivide con lei una relazione significativa.
Questo meccanismo che descrive con lucidità (il ritiro emotivo, la perdita di stimoli, la chiusura) può avere radici anche più antiche, e forse tocca vissuti legati a un senso di non essere stato visto o scelto pienamente, di essere stato messo in secondo piano nonostante l’autenticità del suo agire. A volte, per chi ha un alto senso del rispetto e della lealtà nei legami, osservare comportamenti anche solo lievemente ambigui può diventare insostenibile, come se mettesse in crisi l'intero legame, fino a spegnerlo.
Maturare in questo campo, come lei stesso chiede, non significa snaturarsi o accettare dinamiche che fanno soffrire, ma forse riconoscere che anche l’altro ha tempi, fragilità e modi differenti di esprimere o gestire l’interesse. Può essere utile, in questo senso, coltivare la possibilità di comunicare con chiarezza i propri bisogni senza sentirsi per questo “troppo”, esplorare con curiosità le intenzioni dell’altro prima di dedurre che si tratti di una mancanza di rispetto, e osservare cosa accade se si resta presenti (anche solo per un po’) nel dialogo, senza affrettarsi a ritirarsi per proteggersi.
Credo che lei abbia già dentro di sé molte risorse, e che la maturità che cerca non sia tanto da costruire, quanto da riconoscere e da rendere più elastica nei confronti delle inevitabili imperfezioni dell’altro. Un lavoro psicoterapeutico potrebbe aiutarla ad approfondire meglio questi meccanismi interiori e ad alleggerire quelle parti che, per proteggersi, tendono a interrompere prematuramente una possibilità relazionale.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Perché un rapporto esclusivo?
Mi viene in mente che, per un bambino, un rapporto esclusivo può rappresentare lo spartiacque tra la vita e la morte.
Un rapporto esclusivo è quello in cui l’altro dice: ti vedo, ti riconosco — e proprio per questo, mi prendo cura di te in modo speciale.
Non ti metto davanti un piatto con alimenti a cui sei allergico, ma neanche ti lascio senza cibo.
Caro Marcello,
quello che scrivi mi arriva forte. Mi fa sentire il bisogno di un’attenzione particolare — un’attenzione che, proprio perché unica, rende il legame più profondo.
Ma questa stessa attenzione, a volte, porta a idealizzare chi la dona.
E così, la richiesta di conferme diventa continua, perché ogni momento sembra poterci dire se siamo ancora amati o se non lo siamo più.
Ma vivere in attesa di conferme è un vivere esposto all’ambiguità.
L’ambiguità è alla base di ogni rapporto umano.
Non possiamo mai sapere con certezza cosa muove l’altro, quali impulsi si celano dietro un gesto, e spesso finiamo per reinterpretare tutto col senno di poi — a seconda di quanto ci sentiamo visti o trascurati.
È una condizione frustrante. E questa frustrazione può essere abitata, sostenuta… oppure ci si può ritirare, come spesso accade nella tua storia.
La richiesta di attenzione esclusiva comporta una doppia idealizzazione: dell’altro, che dovrebbe proteggerci da ogni dubbio, e di sé.
Perché ho bisogno di così tanta attenzione?
Perché stare con me è così faticoso?
Se io per primo fatico a credere che qualcuno possa davvero voler restare, diventa inevitabile cercare continue rassicurazioni.
È comprensibile, allora, che l’altro possa sentirsi stanco, oppure desiderare qualcuno che non richieda tutte queste conferme — o che almeno le meriti più di me, pensi.
E così ogni silenzio, ogni incertezza, può sembrare una prova di disamore.
Pur di non perdere il “donatore d’amore”, si finisce per fare di tutto.
Anche nascondere il proprio dolore, che già sembra un peso eccessivo da far portare a chi sta con noi.
Questo amore lo voglio, ma temo di rovinarlo. Quindi taccio. E dentro mi logoro.
Una possibile strada è smettere di rincorrere la chiarezza, e fare amicizia con l’ambiguità.
Posso essere amato anche se manifesto il mio dolore.
Posso non essere amato in modo esclusivo, e continuare a esistere.
L’altro ha il diritto di non confermarmi sempre il suo amore — così come io ho il diritto di dire che sto male.
Le conferme sono come isolotti: se ci aggrappiamo troppo, ogni onda può ributtarci in mare.
Ma l’ambiguità è il mare.
Forse allora il punto non è costruire isole, ma imparare a nuotare.
Gentile utente, grazie della condivisione.
Confesso di essere un pò confuso dal paragrafo molto corposo, e probabilmente questi sono argomenti che necessiterebbero di essere esplorati con cura, di persona, per coglierne tutte le sfumature.
Però, per rispondere il più direttamente e sinteticamente alla sua domanda, le direi molto semplicemente che le persone sono esseri autonomi e dotati di intenzionalità propria, e anche nel migliore dei casi può solo coincidere parzialmente con la nostra.
Ovvero, che si tratti di amicizie o storie romantiche, non possiamo aspettarci che l'altra persona incarni la "maniera ideale in cui vorremmo essere amati", quella rischia di essere solamente una nostra proiezione. Le persone ci corrispondono nei loro modi, tempi, e nella misura che preferiscono, e non potranno mai conformarsi ad uno standard ideale.
Dall'altra parte, per rispondere invece alla situazione pratica che ha portato, sembra che lei si sia confrontato con questa ragazza, ma che lei stia giocando a farla ingelosire.
E questo mi sembra il succo del conflitto, è lei che si aspetta cose irrealistiche, oppure si è trovato in situazioni con persone che si comportano in maniera "immatura" e lei, percependolo, si chiude? In entrambi i casi penso sia di primaria importanza per lei domandarsi cosa lo porta a trovarsi in situazioni simili nel tempo, così come, se sente che ci sono dei comportamenti agiti per provocarla, provi con un confronto verbale.
Riportare le stesse problematiche nel confronto può sembrare "pesante" ma a volte è necessario tempo per risolvere qualcosa, non svanisce tutto magicamente dopo una sola volta, cerchi sempre di essere rispettoso ma anche fermo nell'esprimere i suoi bisogni; e ovviamente lasci libera l'altra persona di controbattere e spiegare il proprio punto di vista.
Purtroppo questo è quanto possa risponderle rimanendo ragionevolmente sintetico, se sentisse l'esigenza di approfondire la questione, le posso consigliare un percorso psicologico, che può essere estremamente prezioso quando ci si sente intrappolati in schemi ripetitivi.
Per il resto le auguro una buon proseguimento, dott. Niccolò Orsi Bandini.
Confesso di essere un pò confuso dal paragrafo molto corposo, e probabilmente questi sono argomenti che necessiterebbero di essere esplorati con cura, di persona, per coglierne tutte le sfumature.
Però, per rispondere il più direttamente e sinteticamente alla sua domanda, le direi molto semplicemente che le persone sono esseri autonomi e dotati di intenzionalità propria, e anche nel migliore dei casi può solo coincidere parzialmente con la nostra.
Ovvero, che si tratti di amicizie o storie romantiche, non possiamo aspettarci che l'altra persona incarni la "maniera ideale in cui vorremmo essere amati", quella rischia di essere solamente una nostra proiezione. Le persone ci corrispondono nei loro modi, tempi, e nella misura che preferiscono, e non potranno mai conformarsi ad uno standard ideale.
Dall'altra parte, per rispondere invece alla situazione pratica che ha portato, sembra che lei si sia confrontato con questa ragazza, ma che lei stia giocando a farla ingelosire.
E questo mi sembra il succo del conflitto, è lei che si aspetta cose irrealistiche, oppure si è trovato in situazioni con persone che si comportano in maniera "immatura" e lei, percependolo, si chiude? In entrambi i casi penso sia di primaria importanza per lei domandarsi cosa lo porta a trovarsi in situazioni simili nel tempo, così come, se sente che ci sono dei comportamenti agiti per provocarla, provi con un confronto verbale.
Riportare le stesse problematiche nel confronto può sembrare "pesante" ma a volte è necessario tempo per risolvere qualcosa, non svanisce tutto magicamente dopo una sola volta, cerchi sempre di essere rispettoso ma anche fermo nell'esprimere i suoi bisogni; e ovviamente lasci libera l'altra persona di controbattere e spiegare il proprio punto di vista.
Purtroppo questo è quanto possa risponderle rimanendo ragionevolmente sintetico, se sentisse l'esigenza di approfondire la questione, le posso consigliare un percorso psicologico, che può essere estremamente prezioso quando ci si sente intrappolati in schemi ripetitivi.
Per il resto le auguro una buon proseguimento, dott. Niccolò Orsi Bandini.
Ciao Marcello, grazie per aver condiviso con tanta profondità ciò che stai vivendo. Quello che racconti mostra una forte sensibilità nei rapporti affettivi, un bisogno di autenticità e rispetto reciproco nello spazio relazionale. È evidente che non cerchi il controllo sull’altra persona, ma piuttosto coerenza e reciprocità. Il problema emerge quando i segnali che ricevi sembrano ambigui o usati, come dici, in modo reattivo: questo può riattivare vecchie ferite, legate forse a esperienze di esclusione o delusione, e portarti a “spegnerti” per difenderti.
Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, potrebbe esserti utile osservare e mettere a fuoco i pensieri automatici che emergono in quelle situazioni: ad esempio, “non mi sta rispettando”, “mi sta mettendo alla prova”, “non posso fidarmi”, e valutare quanto siano fondati o frutto di esperienze passate. Allenare una comunicazione diretta, in cui esprimi i tuoi bisogni senza aspettare segnali contraddittori, può aiutare a non restare intrappolato nella frustrazione o nella rinuncia.
L’obiettivo non è smettere di desiderare un legame esclusivo, ma trovare un equilibrio tra protezione di sé e apertura emotiva. Se ti accorgi che certe dinamiche si ripetono spesso, potrebbe essere utile lavorarci in modo più strutturato con uno psicologo, così da rafforzare l’autostima relazionale e gestire in modo più flessibile situazioni incerte. Crescere nei rapporti significa anche imparare a distinguere quando vale la pena restare e quando, invece, è più sano lasciar andare.
Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, potrebbe esserti utile osservare e mettere a fuoco i pensieri automatici che emergono in quelle situazioni: ad esempio, “non mi sta rispettando”, “mi sta mettendo alla prova”, “non posso fidarmi”, e valutare quanto siano fondati o frutto di esperienze passate. Allenare una comunicazione diretta, in cui esprimi i tuoi bisogni senza aspettare segnali contraddittori, può aiutare a non restare intrappolato nella frustrazione o nella rinuncia.
L’obiettivo non è smettere di desiderare un legame esclusivo, ma trovare un equilibrio tra protezione di sé e apertura emotiva. Se ti accorgi che certe dinamiche si ripetono spesso, potrebbe essere utile lavorarci in modo più strutturato con uno psicologo, così da rafforzare l’autostima relazionale e gestire in modo più flessibile situazioni incerte. Crescere nei rapporti significa anche imparare a distinguere quando vale la pena restare e quando, invece, è più sano lasciar andare.
Caro Marcello,
ho letto con attenzione le tue parole e, prima di tutto, voglio dirti che mi ha colpito profondamente la sincerità con cui ti racconti. Non è da tutti riuscire a mettersi così a nudo, soprattutto quando si parla di emozioni così delicate.
Il desiderio di sentirsi scelti, importanti, di avere uno spazio “nostro” con qualcuno che ci fa stare bene, è un bisogno umano, naturale. Non c’è nulla di sbagliato nel volere una relazione – d’amicizia o d’amore – con confini chiari, dove ci si senta rispettati e protetti.
Mi sembra che tu abbia già una grande consapevolezza di te stesso: sai distinguere tra la gelosia e il bisogno di rispetto, sai riconoscere quando una situazione ti fa stare bene e quando, invece, ti mette a disagio. Ed è un dono prezioso, perché significa che sai ascoltarti.
Capisco anche il tuo dispiacere quando ti sembra che l’altro non colga – o magari non rispetti – la tua sensibilità. A volte può sembrare che certe dinamiche vengano usate per metterti alla prova, ed è davvero frustrante. In quei momenti può scattare il desiderio di ritirarsi, di chiudersi per proteggersi. È una reazione comprensibile, soprattutto se in passato ti sei sentito messo da parte. Ma, anche se il bisogno di difendersi è naturale, a volte rischiamo di rinunciare troppo presto a qualcosa che ci sta a cuore.
Forse, quando ti senti così, potrebbe aiutare fermarti un attimo e chiederti: “Cosa sto provando davvero? Cosa mi sta facendo male, precisamente? Posso parlarne con l’altra persona, senza timore di essere giudicato?”
Condividere ciò che sentiamo, anche quando è scomodo, spesso apre porte che non pensavamo nemmeno esistessero. Può permettere all’altro di vedere davvero chi siamo e di rispondere in modo più autentico.
Non esistono formule magiche, ma credo che la chiave sia nella fiducia: in te stesso, nel tuo valore, e nella possibilità che l’altro possa capirti, se gliene dai la possibilità. Le relazioni si costruiscono a piccoli passi: ci si incontra, ci si perde un po’, e poi – se c’è spazio e volontà – ci si può anche ritrovare, più forti di prima.
Hai già molte risorse dentro di te, e la tua voglia di comprenderti e migliorare è una forza grande. Se sentissi il desiderio di esplorare ancora più a fondo questi aspetti, sappi che trovare uno spazio di ascolto, dove sentirsi accolti davvero, può fare una grande differenza. A volte basta poco per vedere le cose da un’altra prospettiva – e per sentirsi meno soli.
Ti auguro di continuare a cercare e costruire relazioni che ti facciano stare bene, e di non perdere mai quella tua capacità di metterti in gioco con autenticità.
Se vorrai, sarò qui. Per ascoltarti ancora.
Un caro saluto.
Dott.ssa Monica Cecconi
ho letto con attenzione le tue parole e, prima di tutto, voglio dirti che mi ha colpito profondamente la sincerità con cui ti racconti. Non è da tutti riuscire a mettersi così a nudo, soprattutto quando si parla di emozioni così delicate.
Il desiderio di sentirsi scelti, importanti, di avere uno spazio “nostro” con qualcuno che ci fa stare bene, è un bisogno umano, naturale. Non c’è nulla di sbagliato nel volere una relazione – d’amicizia o d’amore – con confini chiari, dove ci si senta rispettati e protetti.
Mi sembra che tu abbia già una grande consapevolezza di te stesso: sai distinguere tra la gelosia e il bisogno di rispetto, sai riconoscere quando una situazione ti fa stare bene e quando, invece, ti mette a disagio. Ed è un dono prezioso, perché significa che sai ascoltarti.
Capisco anche il tuo dispiacere quando ti sembra che l’altro non colga – o magari non rispetti – la tua sensibilità. A volte può sembrare che certe dinamiche vengano usate per metterti alla prova, ed è davvero frustrante. In quei momenti può scattare il desiderio di ritirarsi, di chiudersi per proteggersi. È una reazione comprensibile, soprattutto se in passato ti sei sentito messo da parte. Ma, anche se il bisogno di difendersi è naturale, a volte rischiamo di rinunciare troppo presto a qualcosa che ci sta a cuore.
Forse, quando ti senti così, potrebbe aiutare fermarti un attimo e chiederti: “Cosa sto provando davvero? Cosa mi sta facendo male, precisamente? Posso parlarne con l’altra persona, senza timore di essere giudicato?”
Condividere ciò che sentiamo, anche quando è scomodo, spesso apre porte che non pensavamo nemmeno esistessero. Può permettere all’altro di vedere davvero chi siamo e di rispondere in modo più autentico.
Non esistono formule magiche, ma credo che la chiave sia nella fiducia: in te stesso, nel tuo valore, e nella possibilità che l’altro possa capirti, se gliene dai la possibilità. Le relazioni si costruiscono a piccoli passi: ci si incontra, ci si perde un po’, e poi – se c’è spazio e volontà – ci si può anche ritrovare, più forti di prima.
Hai già molte risorse dentro di te, e la tua voglia di comprenderti e migliorare è una forza grande. Se sentissi il desiderio di esplorare ancora più a fondo questi aspetti, sappi che trovare uno spazio di ascolto, dove sentirsi accolti davvero, può fare una grande differenza. A volte basta poco per vedere le cose da un’altra prospettiva – e per sentirsi meno soli.
Ti auguro di continuare a cercare e costruire relazioni che ti facciano stare bene, e di non perdere mai quella tua capacità di metterti in gioco con autenticità.
Se vorrai, sarò qui. Per ascoltarti ancora.
Un caro saluto.
Dott.ssa Monica Cecconi
Buongiorno, riprendo le sue parole "dover lottare" nelle relazioni amicali o sentimentali per affermare la propria unicità e sentirsi riconosciuti non è mai bello e fa bene a non volerlo mettere in atto. Il rapporto con l'altro per alimentarsi in modo sano e piacevole ha bisogno di affetto, stima, fiducia e riconoscimento.
Quello che le consiglio è di fare attenzione a non "pretendere" l'esclusiva nella relazione perchè questo, la può portare a vedere minacce intorno a sè fino ad arrivare a chiudere rapporti sui quali crede profondamente. Questo sarebbe un vero peccato! Sospenda il giudizio in merito alle intenzioni che l'altra persona, vista come possibile minaccia perchè si sta intromettendo nel suo rapporto con chi reputa importante, e coltivi quello che di bello e gratificante sente di poter scambiare con la persona a cui vuole bene. Il resto è solo interferenza che se trova terreno fertile attecchirà, altrimenti, così com'è arrivato andrà via senza lasciare traccia.
Si deve fidare della persona a cui vuole bene e lasciare a lei la scelta di farsi distrarre da altro o meno. Così potrà vedere se l'esclusiva o il compromesso sono possibili.
Lasci andare tutto quello che sporca le sue buone intenzioni e si permetta di vivere i rapporti con l'entusiasmo e l'affetto di cui è capace.
Amore genera amore in modo esponenziale.
Spero di esserle stata di aiuto
Saluti
Quello che le consiglio è di fare attenzione a non "pretendere" l'esclusiva nella relazione perchè questo, la può portare a vedere minacce intorno a sè fino ad arrivare a chiudere rapporti sui quali crede profondamente. Questo sarebbe un vero peccato! Sospenda il giudizio in merito alle intenzioni che l'altra persona, vista come possibile minaccia perchè si sta intromettendo nel suo rapporto con chi reputa importante, e coltivi quello che di bello e gratificante sente di poter scambiare con la persona a cui vuole bene. Il resto è solo interferenza che se trova terreno fertile attecchirà, altrimenti, così com'è arrivato andrà via senza lasciare traccia.
Si deve fidare della persona a cui vuole bene e lasciare a lei la scelta di farsi distrarre da altro o meno. Così potrà vedere se l'esclusiva o il compromesso sono possibili.
Lasci andare tutto quello che sporca le sue buone intenzioni e si permetta di vivere i rapporti con l'entusiasmo e l'affetto di cui è capace.
Amore genera amore in modo esponenziale.
Spero di esserle stata di aiuto
Saluti
Salve Marcello,
Dalle sue parole emerge un forte desiderio di costruire legami autentici, in cui ci sia reciprocità, rispetto e un senso di appartenenza. È del tutto comprensibile il bisogno di proteggere quello “spazio a due” che si crea quando una relazione inizia a diventare significativa. Ciò che racconta tocca dinamiche complesse come il timore di essere sostituito, il bisogno di coerenza da parte dell’altro, la difficoltà a tollerare segnali ambigui o atteggiamenti che sembrano contraddittori rispetto a quanto detto o promesso. Approfondire queste dinamiche all'interno di un percorso di terapia potrebbe aiutarla a comprenderne meglio le origini e a sviluppare una maggiore consapevolezza su come gestirle.
Resto a disposizione qualora desiderasse fissare un primo colloquio per approfondire tali tematiche.
Cordialmente, Dott.ssa Luciana Bastianini
Dalle sue parole emerge un forte desiderio di costruire legami autentici, in cui ci sia reciprocità, rispetto e un senso di appartenenza. È del tutto comprensibile il bisogno di proteggere quello “spazio a due” che si crea quando una relazione inizia a diventare significativa. Ciò che racconta tocca dinamiche complesse come il timore di essere sostituito, il bisogno di coerenza da parte dell’altro, la difficoltà a tollerare segnali ambigui o atteggiamenti che sembrano contraddittori rispetto a quanto detto o promesso. Approfondire queste dinamiche all'interno di un percorso di terapia potrebbe aiutarla a comprenderne meglio le origini e a sviluppare una maggiore consapevolezza su come gestirle.
Resto a disposizione qualora desiderasse fissare un primo colloquio per approfondire tali tematiche.
Cordialmente, Dott.ssa Luciana Bastianini
Caro Marcello,
grazie per aver condiviso con tanta lucidità e profondità il tuo vissuto emotivo. Il tuo messaggio mostra una **grande capacità introspettiva**: sei già molto consapevole delle dinamiche relazionali che vivi e del tuo mondo interno, e questo è un punto di forza prezioso.
Come psicologa, ti propongo alcune riflessioni che possono aiutarti a trovare maggiore equilibrio e benessere nelle relazioni affettive:
1. **Hai un bisogno sano di reciprocità e autenticità**
Il tuo desiderio di costruire legami autentici, protetti da interferenze esterne, **non è “troppo” o “sbagliato”**. È legittimo voler vivere relazioni in cui ci si senta visti, scelti, rispettati. Dove ci si possa fidare. Il bisogno di “uno spazio nostro” che descrivi è umano e sano, a patto che non diventi rigidamente esclusivo, e qui viene il nodo centrale.
2. **Attenzione al bisogno implicito di “garanzie”**
Da quello che racconti, sembri cercare in modo silenzioso **una rassicurazione affettiva stabile e non ambigua**. Quando questa rassicurazione viene minata da presenze esterne o comportamenti che vivi come test o sfide, ti chiudi e ti distacchi.
Ma ti sei mai chiesto:
*Cosa mi tocca davvero?*
*Perché basta poco perché io mi senta “rimpiazzato” o meno importante?*
Spesso dietro c’è **un antico dolore di esclusione**, di sentirsi “non abbastanza” o facilmente sostituibili, che può aver radici lontane. E ogni volta che si attiva, reagisci proteggendoti: “me ne vado prima io”.
3. **Il rischio dell’autoesclusione**
Il tuo atteggiamento è coerente con chi vuole proteggersi da relazioni tossiche o incerte. Ma se questa protezione scatta **anche quando ci sono solo momenti normali di ambivalenza o immaturità altrui**, può portarti ad autoescluderti da qualcosa che invece potrebbe crescere, anche con i suoi tempi e imperfezioni.
Non tutti hanno la tua profondità di analisi, e a volte **le persone feriscono non per intenzione, ma per inconsapevolezza**. Se chi hai davanti mostra interesse, ma non sa ancora come esprimerlo in modo chiaro o stabile, potresti darti e darle un tempo di osservazione prima di chiudere.
4. **Il consiglio pratico: comunica prima di chiuderti**
Prova, quando avverti fastidio o delusione, a **condividere il tuo vissuto senza accusare**, ma esprimendo il bisogno (“Mi farebbe stare meglio se…”).
Non dare per scontato che l’altro abbia capito quanto ti ha ferito: **non tutti leggono i segnali con la stessa sensibilità**.
5. **Rivedi il significato di “esclusività”**
Non devi rinunciare a questo bisogno, ma puoi evolverlo in chiave più matura:
L’esclusività emotiva può esistere anche in un contesto sociale dinamico.
A volte, la presenza di altri non toglie valore a ciò che c’è tra due persone: lo **trasforma**, lo **mette alla prova**, e se è vero, resiste.
Il vero legame non è “io o gli altri”, ma “io con te, anche nel mondo”.
6. **Sii gentile con te stesso**
Quando ti senti “spento” o ti allontani, non colpevolizzarti. È il tuo sistema di difesa che cerca equilibrio. Ma da oggi puoi chiederti: *“Sto proteggendo me stesso o sto rinunciando per paura?”*
A volte, la vera maturità emotiva è **restare un po’ di più**, anche se non è tutto sotto controllo.
In sintesi
Marcello, **sei una persona affettivamente profonda e autentica**. Il tuo percorso ora può essere questo: imparare a **restare nel rapporto anche quando ci sono sfumature, ambivalenze o incertezze**, mantenendo sempre i tuoi valori ma senza rinunciare troppo presto.
Se questa situazione si ripresenta spesso, valuta anche un breve percorso psicologico personale: **non perché ci sia qualcosa che non va, ma perché potrebbe aiutarti a liberare ancora più energia affettiva**, senza il peso della paura.
Con stima e rispetto,
Dott.ssa Martina Panaro – Psicologa
grazie per aver condiviso con tanta lucidità e profondità il tuo vissuto emotivo. Il tuo messaggio mostra una **grande capacità introspettiva**: sei già molto consapevole delle dinamiche relazionali che vivi e del tuo mondo interno, e questo è un punto di forza prezioso.
Come psicologa, ti propongo alcune riflessioni che possono aiutarti a trovare maggiore equilibrio e benessere nelle relazioni affettive:
1. **Hai un bisogno sano di reciprocità e autenticità**
Il tuo desiderio di costruire legami autentici, protetti da interferenze esterne, **non è “troppo” o “sbagliato”**. È legittimo voler vivere relazioni in cui ci si senta visti, scelti, rispettati. Dove ci si possa fidare. Il bisogno di “uno spazio nostro” che descrivi è umano e sano, a patto che non diventi rigidamente esclusivo, e qui viene il nodo centrale.
2. **Attenzione al bisogno implicito di “garanzie”**
Da quello che racconti, sembri cercare in modo silenzioso **una rassicurazione affettiva stabile e non ambigua**. Quando questa rassicurazione viene minata da presenze esterne o comportamenti che vivi come test o sfide, ti chiudi e ti distacchi.
Ma ti sei mai chiesto:
*Cosa mi tocca davvero?*
*Perché basta poco perché io mi senta “rimpiazzato” o meno importante?*
Spesso dietro c’è **un antico dolore di esclusione**, di sentirsi “non abbastanza” o facilmente sostituibili, che può aver radici lontane. E ogni volta che si attiva, reagisci proteggendoti: “me ne vado prima io”.
3. **Il rischio dell’autoesclusione**
Il tuo atteggiamento è coerente con chi vuole proteggersi da relazioni tossiche o incerte. Ma se questa protezione scatta **anche quando ci sono solo momenti normali di ambivalenza o immaturità altrui**, può portarti ad autoescluderti da qualcosa che invece potrebbe crescere, anche con i suoi tempi e imperfezioni.
Non tutti hanno la tua profondità di analisi, e a volte **le persone feriscono non per intenzione, ma per inconsapevolezza**. Se chi hai davanti mostra interesse, ma non sa ancora come esprimerlo in modo chiaro o stabile, potresti darti e darle un tempo di osservazione prima di chiudere.
4. **Il consiglio pratico: comunica prima di chiuderti**
Prova, quando avverti fastidio o delusione, a **condividere il tuo vissuto senza accusare**, ma esprimendo il bisogno (“Mi farebbe stare meglio se…”).
Non dare per scontato che l’altro abbia capito quanto ti ha ferito: **non tutti leggono i segnali con la stessa sensibilità**.
5. **Rivedi il significato di “esclusività”**
Non devi rinunciare a questo bisogno, ma puoi evolverlo in chiave più matura:
L’esclusività emotiva può esistere anche in un contesto sociale dinamico.
A volte, la presenza di altri non toglie valore a ciò che c’è tra due persone: lo **trasforma**, lo **mette alla prova**, e se è vero, resiste.
Il vero legame non è “io o gli altri”, ma “io con te, anche nel mondo”.
6. **Sii gentile con te stesso**
Quando ti senti “spento” o ti allontani, non colpevolizzarti. È il tuo sistema di difesa che cerca equilibrio. Ma da oggi puoi chiederti: *“Sto proteggendo me stesso o sto rinunciando per paura?”*
A volte, la vera maturità emotiva è **restare un po’ di più**, anche se non è tutto sotto controllo.
In sintesi
Marcello, **sei una persona affettivamente profonda e autentica**. Il tuo percorso ora può essere questo: imparare a **restare nel rapporto anche quando ci sono sfumature, ambivalenze o incertezze**, mantenendo sempre i tuoi valori ma senza rinunciare troppo presto.
Se questa situazione si ripresenta spesso, valuta anche un breve percorso psicologico personale: **non perché ci sia qualcosa che non va, ma perché potrebbe aiutarti a liberare ancora più energia affettiva**, senza il peso della paura.
Con stima e rispetto,
Dott.ssa Martina Panaro – Psicologa
Marcello,
intanto ti ringrazio per la profondità e la chiarezza con cui hai saputo descrivere il tuo vissuto. Questo tipo di consapevolezza, non scontata, è già di per sé un primo passo importante verso un lavoro di crescita personale.
Da quello che racconti, emerge in te un forte desiderio di costruire rapporti affettivi e amicali basati su autenticità, reciprocità e rispetto. Quando questi equilibri vengono messi in discussione da dinamiche esterne, specialmente se percepite come ambigue o destabilizzanti, si attivano in te emozioni che toccano temi profondi: il timore di essere sostituito, il senso di esclusione, la paura di non essere riconosciuto nel tuo valore.
La tua modalità di risposta a queste situazioni, ovvero il ritiro emotivo, rappresenta una strategia di auto-tutela che probabilmente nel tempo ti ha permesso di contenere la sofferenza e di proteggere la tua autostima. Tuttavia, come tu stesso riconosci, a volte questo meccanismo rischia di spegnere precocemente relazioni che, con altre modalità, potrebbero forse trovare nuovi equilibri.
Hai molte risorse, tra cui quelle necessarie per affrontare un percorso di terapia o supporto, dato che riconosci i tuoi bisogni e le tue mancanze e difficoltà. Sarebbe un lavoro che richiede tempo e pazienza, perché va a toccare insicurezze profonde, legate probabilmente anche a esperienze passate, che sarebbe utile poter rifigurare assieme a un professionista. La lucidità con cui ti poni il problema indica che hai già le risorse interiori per avviare questo percorso.
Se vorrai, potrebbe essere utile approfondire questi temi in un percorso di supporto psicologico, per lavorare più a fondo su questa sensibilità relazionale, che può diventare una grande risorsa se ben gestita.
intanto ti ringrazio per la profondità e la chiarezza con cui hai saputo descrivere il tuo vissuto. Questo tipo di consapevolezza, non scontata, è già di per sé un primo passo importante verso un lavoro di crescita personale.
Da quello che racconti, emerge in te un forte desiderio di costruire rapporti affettivi e amicali basati su autenticità, reciprocità e rispetto. Quando questi equilibri vengono messi in discussione da dinamiche esterne, specialmente se percepite come ambigue o destabilizzanti, si attivano in te emozioni che toccano temi profondi: il timore di essere sostituito, il senso di esclusione, la paura di non essere riconosciuto nel tuo valore.
La tua modalità di risposta a queste situazioni, ovvero il ritiro emotivo, rappresenta una strategia di auto-tutela che probabilmente nel tempo ti ha permesso di contenere la sofferenza e di proteggere la tua autostima. Tuttavia, come tu stesso riconosci, a volte questo meccanismo rischia di spegnere precocemente relazioni che, con altre modalità, potrebbero forse trovare nuovi equilibri.
Hai molte risorse, tra cui quelle necessarie per affrontare un percorso di terapia o supporto, dato che riconosci i tuoi bisogni e le tue mancanze e difficoltà. Sarebbe un lavoro che richiede tempo e pazienza, perché va a toccare insicurezze profonde, legate probabilmente anche a esperienze passate, che sarebbe utile poter rifigurare assieme a un professionista. La lucidità con cui ti poni il problema indica che hai già le risorse interiori per avviare questo percorso.
Se vorrai, potrebbe essere utile approfondire questi temi in un percorso di supporto psicologico, per lavorare più a fondo su questa sensibilità relazionale, che può diventare una grande risorsa se ben gestita.
Gentile Marcello,
da quello che scrivi si capisce che sei una persona molto sensibile e profonda nei legami. Il tuo bisogno di esclusività non è un difetto, ma un desiderio di costruire rapporti autentici e sicuri. Quello che forse ti fa soffrire è quando senti che questo spazio “a due” viene invaso o non rispettato.
Spesso, dietro questa fatica, c’è una ferita più profonda: il timore di non essere abbastanza o di poter essere facilmente sostituiti. Ma il punto non è quanto vali per gli altri… è quanto riesci a "scegliere te stesso", anche nei momenti in cui l’altro non ti riconosce come vorresti.
Non serve cambiare il tuo modo di amare, ma forse imparare a non restare dove ti senti continuamente in difetto. Il rispetto che cerchi da chi ti sta accanto, inizia dal rispetto che dai a te stesso. E da lì, tutto si allinea con più chiarezza.
Un passo alla volta, con lucidità e senza perdere la tua autenticità.
Un caro saluto
da quello che scrivi si capisce che sei una persona molto sensibile e profonda nei legami. Il tuo bisogno di esclusività non è un difetto, ma un desiderio di costruire rapporti autentici e sicuri. Quello che forse ti fa soffrire è quando senti che questo spazio “a due” viene invaso o non rispettato.
Spesso, dietro questa fatica, c’è una ferita più profonda: il timore di non essere abbastanza o di poter essere facilmente sostituiti. Ma il punto non è quanto vali per gli altri… è quanto riesci a "scegliere te stesso", anche nei momenti in cui l’altro non ti riconosce come vorresti.
Non serve cambiare il tuo modo di amare, ma forse imparare a non restare dove ti senti continuamente in difetto. Il rispetto che cerchi da chi ti sta accanto, inizia dal rispetto che dai a te stesso. E da lì, tutto si allinea con più chiarezza.
Un passo alla volta, con lucidità e senza perdere la tua autenticità.
Un caro saluto
Buongiorno Marcello,
la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza e profondità i suoi pensieri, che rivelano un livello di consapevolezza molto alto e un bisogno autentico di costruire relazioni significative, basate su rispetto reciproco, coerenza e cura.
Da quello che racconta, emerge un forte desiderio di esclusività emotiva nei legami, che non è necessariamente possessività o gelosia, ma piuttosto un bisogno di protezione del “noi”, inteso come spazio sicuro e condiviso, in cui potersi esprimere liberamente senza sentirsi costantemente messi alla prova o messi in secondo piano.
La sua sensibilità alle dinamiche relazionali è chiara: percepisce i segnali sottili, intuisce i cambiamenti nel comportamento dell’altro, capta le reazioni che vanno al di là delle parole. Questo la porta a notare anche i piccoli squilibri che possono inquinare un rapporto, soprattutto quando questi arrivano sotto forma di triangolazioni implicite, provocazioni passive o giochi di potere non dichiarati.
Nel rapporto attuale che descrive, sembra che il suo bisogno di chiarezza e sincerità si scontri con dinamiche meno dirette: lei ha comunicato in modo aperto cosa le dava fastidio, ha ricevuto delle rassicurazioni, ma successivamente ha osservato atteggiamenti che sembrano volerla provocare o testare emotivamente. Questo, come ha detto bene, finisce per spegnere il suo interesse, perché entra in contrasto con il valore che lei attribuisce alla spontaneità e alla linearità dei rapporti.
È importante riconoscere che quello che lei sente non è “esagerato” o “immaturo”, ma fa parte del suo modo di concepire le relazioni, che è basato sulla lealtà affettiva e sulla coerenza tra parole e azioni. Tuttavia, può essere utile lavorare su due aspetti specifici, se vuole maturare ulteriormente in questa direzione.
Il primo è accettare che non tutti vivono le relazioni con la stessa chiarezza e lo stesso rispetto emotivo che lei ricerca. Questo non significa abbassare i propri standard, ma imparare a riconoscere prima possibile quei segnali che indicano un’incompatibilità di stile relazionale, per evitare di investire energie in dinamiche che la fanno sentire frustrato o svalutato.
Il secondo è provare a non vivere ogni comportamento ambiguo come una minaccia personale o un possibile rifiuto, ma come un’informazione su come l’altro si muove nel legame. Quando una persona reagisce in modo passivo-aggressivo o usa l’ambiguità per stimolare una reazione, spesso sta comunicando qualcosa su di sé, non su di lei. E in quel momento lei ha il potere di scegliere come rispondere: non per proteggere il suo orgoglio, ma per tutelare il suo benessere.
Il fatto che lei tenda ad allontanarsi quando si sente ferito o non rispettato è una forma di autodifesa, e a volte è giusta. Ma se diventa una reazione automatica, rischia di trasformarsi in un ritiro emotivo che non sempre le permette di chiarire, chiudere o rielaborare. Potrebbe valer la pena, in alcune situazioni, confrontarsi in modo diretto e autentico, senza paura del conflitto, per capire se dall’altra parte c’è una reale disponibilità a costruire qualcosa di adulto, oppure no.
In sintesi, lei ha una bussola interiore molto sviluppata. Ora si tratta solo di affinarla, imparando a distinguere con più prontezza chi può davvero camminare al suo fianco da chi, pur magari mostrando interesse, si muove in una direzione diversa dalla sua.
Resto a disposizione, se ha bisogno di approfondire o portare avanti questo percorso di riflessione.
Un caro saluto.
la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza e profondità i suoi pensieri, che rivelano un livello di consapevolezza molto alto e un bisogno autentico di costruire relazioni significative, basate su rispetto reciproco, coerenza e cura.
Da quello che racconta, emerge un forte desiderio di esclusività emotiva nei legami, che non è necessariamente possessività o gelosia, ma piuttosto un bisogno di protezione del “noi”, inteso come spazio sicuro e condiviso, in cui potersi esprimere liberamente senza sentirsi costantemente messi alla prova o messi in secondo piano.
La sua sensibilità alle dinamiche relazionali è chiara: percepisce i segnali sottili, intuisce i cambiamenti nel comportamento dell’altro, capta le reazioni che vanno al di là delle parole. Questo la porta a notare anche i piccoli squilibri che possono inquinare un rapporto, soprattutto quando questi arrivano sotto forma di triangolazioni implicite, provocazioni passive o giochi di potere non dichiarati.
Nel rapporto attuale che descrive, sembra che il suo bisogno di chiarezza e sincerità si scontri con dinamiche meno dirette: lei ha comunicato in modo aperto cosa le dava fastidio, ha ricevuto delle rassicurazioni, ma successivamente ha osservato atteggiamenti che sembrano volerla provocare o testare emotivamente. Questo, come ha detto bene, finisce per spegnere il suo interesse, perché entra in contrasto con il valore che lei attribuisce alla spontaneità e alla linearità dei rapporti.
È importante riconoscere che quello che lei sente non è “esagerato” o “immaturo”, ma fa parte del suo modo di concepire le relazioni, che è basato sulla lealtà affettiva e sulla coerenza tra parole e azioni. Tuttavia, può essere utile lavorare su due aspetti specifici, se vuole maturare ulteriormente in questa direzione.
Il primo è accettare che non tutti vivono le relazioni con la stessa chiarezza e lo stesso rispetto emotivo che lei ricerca. Questo non significa abbassare i propri standard, ma imparare a riconoscere prima possibile quei segnali che indicano un’incompatibilità di stile relazionale, per evitare di investire energie in dinamiche che la fanno sentire frustrato o svalutato.
Il secondo è provare a non vivere ogni comportamento ambiguo come una minaccia personale o un possibile rifiuto, ma come un’informazione su come l’altro si muove nel legame. Quando una persona reagisce in modo passivo-aggressivo o usa l’ambiguità per stimolare una reazione, spesso sta comunicando qualcosa su di sé, non su di lei. E in quel momento lei ha il potere di scegliere come rispondere: non per proteggere il suo orgoglio, ma per tutelare il suo benessere.
Il fatto che lei tenda ad allontanarsi quando si sente ferito o non rispettato è una forma di autodifesa, e a volte è giusta. Ma se diventa una reazione automatica, rischia di trasformarsi in un ritiro emotivo che non sempre le permette di chiarire, chiudere o rielaborare. Potrebbe valer la pena, in alcune situazioni, confrontarsi in modo diretto e autentico, senza paura del conflitto, per capire se dall’altra parte c’è una reale disponibilità a costruire qualcosa di adulto, oppure no.
In sintesi, lei ha una bussola interiore molto sviluppata. Ora si tratta solo di affinarla, imparando a distinguere con più prontezza chi può davvero camminare al suo fianco da chi, pur magari mostrando interesse, si muove in una direzione diversa dalla sua.
Resto a disposizione, se ha bisogno di approfondire o portare avanti questo percorso di riflessione.
Un caro saluto.
Marcello, da ciò che racconta emerge una grande capacità di riflettere su sé stesso e sulle proprie relazioni. Il punto non è che lei chieda “troppo”, ma che quando percepisce segnali di minaccia o ambiguità si attivi in lei un bisogno forte di controllo e difesa, come per proteggersi dal rischio di essere sostituito o svalutato. È una reazione comprensibile, ma finisce per farle perdere spontaneità e piacere nella relazione.
Può aiutarla provare a restare nel rapporto senza reagire subito all’ansia che nasce, osservando se le intenzioni dell’altra persona sono davvero pericolose o se è la sua paura a proiettare quel rischio. Allenarsi a tollerare un po’ di incertezza, senza chiudersi né rincorrere, le permetterà di mantenere il suo valore anche quando l’altro si muove in modo confuso. Così la sua presenza diventa più solida e meno reattiva, e questo spesso porta anche l’altro a comportarsi con maggiore chiarezza.
Dott.ssa Sara Petroni
Può aiutarla provare a restare nel rapporto senza reagire subito all’ansia che nasce, osservando se le intenzioni dell’altra persona sono davvero pericolose o se è la sua paura a proiettare quel rischio. Allenarsi a tollerare un po’ di incertezza, senza chiudersi né rincorrere, le permetterà di mantenere il suo valore anche quando l’altro si muove in modo confuso. Così la sua presenza diventa più solida e meno reattiva, e questo spesso porta anche l’altro a comportarsi con maggiore chiarezza.
Dott.ssa Sara Petroni
Stai ancora cercando una risposta? Poni un'altra domanda
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.