Da quasi 1 anno ho concluso una relazione abbastanza tossica, finita male, che mi ha segnato molto.

24 risposte
Da quasi 1 anno ho concluso una relazione abbastanza tossica, finita male, che mi ha segnato molto.
Da 1 mese, adesso, mi frequento con una ragazza molto simpatica, con cui mi trovo veramente bene.
Quando siamo insieme, sto molto bene, sono naturale, mi viene spontaneo baciarla, abbracciarla e fare tutto ciò che è normale quando ti piace e sei innamorato di qualcuno.
Non mi sento finto, non mi pesa stare con lei, vederla anche solo per 5 minuti, mi piace molto.

Ma il problema è che, da 1 settimana circa, ci sono momenti in cui ho un malessere emotivo indefinito, in cui inizio a pensare:
“forse non mi piace davvero”,
“forse provo poco”,
“non mi manca quando non la vedo”,
“se non ho voglia di scriverle, forse è finita”.

Questi pensieri arrivano più che altro quando siamo lontani e ho la mente libera di pensare, e raramente anche quando siamo insieme.

Nella mia relazione passata non provavo questo, anche se avevo sempre un fondo di ansia quando non rispondeva per troppo tempo, mi sentivo sempre preso da lei.
Con lei, invece, che è tutto più sano e tranquillo, mi sento come se non mi mancasse quando non ci sentiamo per un po’, come se non avessi quel pensiero fisso di lei che mi fa sempre venire voglia di vederla o scriverle.

Preciso che non ho sensazione di fastidio quando mi tocca, mi abbraccia o siamo in intimità, anzi, mi rende felice il contatto fisico con lei.

Il dubbio, ora, è:
Non riesco a capire se sto davvero perdendo i sentimenti e ciò che provavo era solo infatuazione iniziale,
oppure
Se questi sono pensieri intrusivi, ansia relazionale o “rumore mentale” che mi confonde e mi fa mettere in dubbio un sentimento che in realtà c’è.

Vorrei capire come leggere queste sensazioni e distinguerle dalla realtà dei miei sentimenti.
Grazie mille per le future risposte.
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, da ciò che descrive emerge con grande chiarezza quanto questo nuovo legame per lei rappresenti sia un’esperienza piacevole e spontanea, sia un territorio che attiva timori profondi, legati probabilmente alla relazione precedente che, come dice, è stata tossica e l’ha segnata in modo importante. Quando si esce da una storia che ha lasciato cicatrici emotive, è molto frequente che, nel momento in cui ci si trova con una persona nuova e più stabile, il sistema emotivo “non riconosca” subito quella stabilità come qualcosa di sicuro. Anzi, spesso è proprio la tranquillità a generare dubbi, pensieri intrusivi e una sensazione di distacco apparente.
Ciò che lei descrive, infatti, non ha le caratteristiche della perdita dei sentimenti, ma piuttosto di una forma di ansia relazionale. Quando è con questa ragazza, sente spontaneità, piacere, presenza emotiva e una naturale inclinazione al contatto. Quando però è da solo, la mente trova spazio per tornare alle vecchie paure, alle memorie della relazione passata e ai meccanismi di ipercontrollo che spesso emergono dopo aver sofferto molto. Non è raro che, in assenza del “caos emotivo” di una relazione tossica, il cervello interpreti la calma come “assenza di sentimento”, mentre in realtà è semplicemente un modo diverso, più sano, di vivere l’affettività.
La mancanza di ansia, l’assenza del bisogno costante di conferme, il non sentire quella “dipendenza emotiva” che aveva nella relazione precedente non sono segnali di disinteresse. Sono, al contrario, segnali che questa relazione è qualitativamente diversa. Il fatto che stia bene con lei, che desideri il contatto fisico, che non provi fastidio e che viva con naturalezza i momenti insieme indica una base emotiva sana. È nella distanza, invece, che attivano quei pensieri dicotomici del tipo “se non mi manca allora non provo niente”, che sono molto più tipici dell’ansia che di una reale valutazione del sentimento.
Credo che in questo momento lei stia vivendo un conflitto interno tra ciò che sente realmente (ovvero un interesse autentico) e ciò che teme possa succedere. È importante dare tempo all’esperienza presente di consolidarsi, senza farsi guidare in modo assoluto da quei pensieri automatici che hanno la capacità di confondere, soprattutto dopo una relazione che ha lasciato ferite. Una relazione sana spesso cresce in modo più graduale e meno rumoroso, ma questo non significa che sia meno profonda.
Si permetta di osservare ciò che prova quando è con lei: quello è il dato più autentico. Il resto, probabilmente, è un’eco del passato che sta chiedendo ascolto e cura.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione, Dott. Luca Vocino

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Dott.ssa Valentina Vaglica
Psicologo, Psicologo clinico
Castel Gandolfo
Gentile Utente!
Mi ha colpito molto, leggendo la sua domanda, il termine che ha usato per descrivere ciò che sente quando viene accerchiato da questi pensieri che ha rispetto alla sua nuova compagna. Ovvero "rumore".
Mi chiedo da dove viene e che funzione ha per lei. Se è un rumore che la distoglie dal lasciarsi andare liberamente in un rapporto sano. Penso quel rumore merita il giusto spazio e andrebbe ascoltato per accogliere e comprendere ciò che ha da dire.
Da come scrive sembra che non è abituato a stare in una relazione sana, fatta da reciproco affetto senza dinamiche manipolatorie e disfunzionali. E' chiaro che ciò è destabilizzante quando con il caos ci si è fatti il callo!
La saluto
Dott.ssa Valentina Vaglica
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno, la prima cosa che desidero dirle è che ciò che sta vivendo è molto più comune di quanto possa sembrare. Passare da una relazione che l’ha ferita a una nuova relazione più serena e stabile può creare sensazioni ambivalenti, quasi come se una parte di lei non riuscisse ancora a fidarsi del tutto del benessere che sta sperimentando. È come se la mente stesse ancora cercando di orientarsi, confrontando ciò che era familiare, anche se doloroso, con qualcosa di nuovo e più sano. Quello che descrive non assomiglia affatto a un’assenza di sentimento. Quando è con questa ragazza lei parla di spontaneità, di piacere nel contatto, di naturalezza, di un benessere genuino. Questo è un dato importante. La presenza di questi momenti autentici non scompare solo perché a volte, nella distanza, compaiono dubbi. Può succedere che, soprattutto dopo una storia difficile, la quiete venga scambiata per mancanza di emozione. La relazione precedente, pur essendo tossica, le dava un senso di urgenza, di tensione costante, di inseguimento. E quelle sensazioni, pur negative, creano un’illusione di “presenza emotiva” molto intensa. Quando tutto questo scompare, la mente può interpretare il nuovo equilibrio come un vuoto, come se mancasse qualcosa, mentre in realtà si tratta semplicemente di un clima più sereno. I pensieri che la assalgono nei momenti di calma sembrano avere una natura più ansiogena che sentimentale. Non mettono in dubbio ciò che prova quando è con lei, ma ciò che teme quando è solo con la sua testa. Il fatto che compaiano soprattutto a mente libera, o quando non c’è uno stimolo esterno, lascia pensare che si tratti di rumore mentale, frutto di un confronto continuo tra la vecchia esperienza, fatta di tensione, e la nuova, fatta di tranquillità. È importante che non si colpevolizzi per non sentire continuamente la mancanza. La mancanza non è un termometro affidabile dei sentimenti, soprattutto all’inizio di una frequentazione sana. L’attrazione che descrive, la naturalezza, il piacere nel contatto, il desiderio di starle vicino quando è con lei, sono segnali molto più solidi della presenza di un sentimento. Il resto potrebbe essere una fase in cui la sua mente sta ancora imparando a riconoscere una relazione che non funziona per caos e ansia, ma per affetto e stabilità. Capire se i suoi dubbi sono reali o frutto dell’ansia non significa eliminare i pensieri, ma osservare come si comporta il suo cuore quando la vive davvero. Finora, ciò che racconta di quei momenti parla di qualcosa di autentico, che merita di essere conosciuto senza la pressione di dover arrivare subito a una conclusione definitiva. Le suggerisco di dare tempo a questa relazione, senza forzarla e senza pretendere da sé stesso risposte immediate. Le emozioni non sempre arrivano in forma lineare o intensa a tempo pieno. A volte si stabilizzano piano, un po’ alla volta, e meritano di essere ascoltate nella loro gradualità. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott. Luca Rochdi
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente, sarebbe utile intraprendere un percorso di supporto psicologico per elaborare quanto ha descritto e vedere bene i pensieri che riporta.
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Dr. Marco Cenci
Psicologo, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno,
Un percorso con un collega potrebbe aiutarla a dare un significato a questi pensieri e comprendere se e come potrebbero essere collegati alla sfortunata esperienza passata.
Dott. Marco Cenci
Buongiorno, la ringrazio per aver condiviso la sua esperienza. Quello che descrive è molto più comprensibile di quanto possa pensare, soprattutto considerando che viene da una relazione che l’ha segnata profondamente.
Quando si esce da un rapporto di questo tipo, il corpo e la mente rimangono spesso abituati a un certo ritmo emotivo: ansia, picchi, insicurezza, alti e bassi continui. Tutte queste sensazioni, anche se dolorose, possono essere interpretate come “passione forte”, “attrazione intensa”, “veri sentimenti”. È un errore molto comune: associare l’amore a quella montagna russa emotiva.
Per questo, quando si entra in una conoscenza stabile e tranquilla, può sembrare che manchi qualcosa. La calma viene scambiata per piattezza, o addirittura per mancanza di sentimento. In realtà, spesso è solo un nuovo modo di vivere la relazione, più equilibrato, che però il suo sistema interno non conosce ancora bene.
Inoltre, lei si frequenta con questa ragazza da appena un mese, un lasso di tempo ridotto per potersi aspettare un trasporto “maturo” o strutturato. Nelle relazioni sane i sentimenti non esplodono necessariamente subito, ma si costruiscono gradualmente. E trovo significativo e positivo ciò che riferisce su come si sente quando è con lei: dice di star bene, di essere spontaneo, di provare piacere nel contatto fisico e nelle effusioni di affetto. Questi sono elementi concreti, reali, e mostrano che il suo corpo e le sue emozioni, nel momento presente, rispondono bene a questa nuova conoscenza.
I dubbi, invece, emergono soprattutto quando siete lontani. È in quei momenti che la mente inizia a riempire lo spazio vuoto con interrogativi, paure, paragoni, ipotesi. Questo succede spesso quando la mente è stata abituata, in passato, a vivere l’amore con molta ansia. La distanza, il silenzio, la mancanza di stimoli diventano un terreno fertile per i pensieri intrusivi, che possono farle mettere in discussione tutto, anche ciò che in realtà funziona.
È chiaro che potrebbe anche darsi che questa persona non sia quella giusta per lei. È una possibilità che esiste sempre. Ma se quando è insieme a lei sente tranquillità, piacere, spontaneità e nessun tipo di rifiuto o fastidio, allora forse vale la pena dare più peso a ciò che sente nel concreto e meno a ciò che la mente costruisce nei momenti di solitudine o incertezza.
Dopo una relazione non sana ci si ritrova spesso a dover “disimparare” vecchi schemi emotivi. È un percorso che richiede tempo e molta gentilezza verso se stessi. Non è semplice, e non avviene in poche settimane. Per questo credo che lei debba darsi il permesso di conoscere questa ragazza senza l’urgenza di capire tutto subito.
Se poi sente che i dubbi, i pensieri o l’ansia rischiano di condizionare il modo in cui vive la relazione, potrebbe essere utile iniziare un percorso terapeutico per rielaborare ciò che ha vissuto in passato e costruirsi una base emotiva più stabile.
Se vuole, possiamo approfondire insieme. Resto a disposizione.
Gentile utente, quello che descrive è una dinamica molto comune dopo una relazione precedente intensa, soprattutto se quella relazione è stata vissuta con tratti di tossicità, instabilità o forti oscillazioni emotive. La mente, quando è stata abituata a stare in un contesto carico di ansia, attesa, incertezza e picchi emotivi, può interpretare come “poco sentimento” tutto ciò che è più stabile, più regolare, più sano. Non perché i sentimenti siano realmente deboli, ma perché la tranquillità non produce lo stesso tipo di attivazione emotiva a cui era abituato.

Lei nota una cosa importante: quando è con questa nuova ragazza, sta bene, è spontaneo, il contatto fisico La rende felice, non prova distacco né fastidio. Questa è un’informazione significativa. Le difficoltà emergono soprattutto nei momenti di distanza, quando la mente ha spazio per creare dubbi e scenari. E questo rende plausibile l’ipotesi che parte del disagio provenga non da un reale “non sentimento”, ma da un periodo di assestamento emotivo, in cui il Suo sistema affettivo deve imparare a riconoscere la sicurezza come qualcosa che non toglie profondità, ma semplicemente non fa male.

Allo stesso tempo, sarebbe scorretto dare per scontato che si tratti solo di ansia o “rumore mentale”. A volte, nelle prime fasi di una conoscenza, è normale sperimentare oscillazioni: l’infatuazione iniziale può attenuarsi e lasciare spazio al dubbio su cosa si stia costruendo davvero. Non è necessariamente un segnale negativo: è una fase in cui si osserva, si conosce l’altra persona, ci si conosce dentro quella relazione.

La distinzione tra pensieri intrusivi e sentimenti reali spesso non si fa “analizzando” il sentimento — perché più ci si sforza di capirlo razionalmente, più la mente produce dubbi — ma osservando il modo in cui si vive la relazione nel concreto.

Una domanda utile potrebbe essere:
*“Quando non sono invischiato nei miei pensieri, com’è realmente stare con lei? Mi sento coerente? Mi sento a mio agio? Mi sento libero?”*

E, da ciò che racconta, sembra che le risposte vadano tutte nella direzione di un’esperienza positiva.

Se invece nota che il malessere cresce, che i dubbi diventano sempre più invasivi anche mentre è con lei, o che la presenza dell’altra persona inizia a generare tensione, allora potrebbe significare che c’è davvero un movimento interno che merita attenzione e che va ascoltato.

Per ora, ciò che descrive non suona come una perdita di sentimento improvvisa, quanto piuttosto come un conflitto interno tra una modalità affettiva del passato — intensa, ansiosa, totalizzante — e una modalità più tranquilla e regolata, a cui non è ancora del tutto abituato. Rimango a disposizione, un saluto!
Dott.ssa Angela Borgese
Psicologo, Psicologo clinico
Gravina di Catania
Buonasera, ciò che descrive non parla tanto della ragazza che sta frequentando, quanto del fatto che il suo desiderio sta cambiando contesto. Nella relazione precedente, tossica e ansiogena, l’intensità che sentiva non era “amore”, ma attivazione, mancanza, inseguimento. Il legame era tenuto vivo dall’angoscia.
Ora, in una relazione più sana, il suo corpo sta bene, ma la sua mente non riconosce questo nuovo modo di stare con l’altro: manca il dramma, manca l’agitazione, e allora arriva il dubbio.
I pensieri intrusivi (“forse non mi piace”, “forse sento poco”) non sono la verità del suo sentimento: sono il tentativo della mente di ritrovare i vecchi schemi in cui è stata per anni. Il fatto che questi dubbi arrivino soprattutto quando è solo, e non quando è con lei, è molto significativo: il corpo la smentisce, il corpo sa stare bene; è la testa che ripropone un copione antico.
Non sta perdendo sentimenti: sta facendo i conti con un modo nuovo, meno ansiogeno, di desiderare.
Il problema non è la relazione attuale, ma la traccia che le ha lasciato quella precedente.
Per distinguere sentimenti da rumore mentale, una domanda lacaniana è utile:
“Che cosa accade in ME quando sto con lei, al di là dei pensieri?”
E lei lo ha già detto: tranquillità, spontaneità, piacere del contatto.
È da lì che conviene partire.
Un caro saluto.
Dott. Pompilio Greco
Psicologo, Psicologo clinico
Veglie
Buon giorno.
È comprensibile che, dopo una relazione difficile, oggi tu viva emozioni miste. A volte ciò che è più sano può essere percepito come ‘strano’ o poco intenso, ed è normale provare confusione. Mi sembra che quando sei con questa ragazza ti senti bene, spontaneo e a tuo agio. I dubbi invece emergono soprattutto quando siete lontani. Possiamo provare a lavorare sulla differenza tra ciò che senti davvero nel momento e i pensieri che arrivano quando sei solo. Nella tua relazione precedente l’intensità era legata all’ansia. È possibile che oggi, con una persona più sicura, l’assenza di quell’ansia venga interpretata come ‘mancanza di interesse’. Possiamo provare a capire insieme se è così.
Buongiorno, grazie per aver condiviso il suo vissuto.
Da quanto descrive, ciò che sta vivendo è abbastanza comune in chi conclude una relazione emotivamente intensa, caratterizzata da alti e bassi costanti. In passato il suo sistema emotivo potrebbe essersi abituato a un tipo di attivazione intensa, dove le emozioni forti, la gelosia o l’ansia costante le fornivano un feedback costante sulla relazione. In una relazione nuova e più sana, invece, la dinamica può apparire più tranquilla e stabile: non ci sono picchi emotivi costanti, tensioni o conflitti che “confermano” l’interesse. Questa apparente tranquillità può generare forti dubbi e farla interrogare sulla sua attrazione o sui suoi sentimenti, perché il cervello è stato abituato a percepire solo le relazioni particolarmente “attivanti” come reali. È importante sottolineare che non sentire il bisogno di contattare sempre l’altra persona o non avere un pensiero fisso su di lei è perfettamente normale in una relazione equilibrata. La capacità di stare bene anche da soli, senza la presenza costante dell’altro, è un indicatore di affetto maturo e di autonomia emotiva, non di mancanza di interesse. In questa situazione potrebbe risultare utile porsi delle domande quali : Quando siamo insieme, mi sento sereno e felice della sua compagnia? Sto confondendo la mancanza di picchi emotivi o tensione emotiva con mancanza di interesse? Riesco a stare bene anche da solo, senza sentire un bisogno costante dell’altra persona, pur continuando ad apprezzare i momenti insieme? Sto confondendo la calma e la serenità della relazione con un segnale di poca passione? Come mi sentirei se la relazione continuasse così nei prossimi mesi: felice, sicuro e sereno, oppure insoddisfatto e ansioso? In passato mi sentivo "travolto dalle emozioni": sto cercando inconsciamente lo stesso tipo di attivazione in questa relazione? Sto dando spazio ai miei sentimenti reali, senza giudicarli in base a ciò che “dovrei” provare, secondo la mia esperienza precedente? Quali comportamenti concreti mi confermano che provo affetto autentico nei confronti di questa persona, al di là dei dubbi che ho ora in mente? Mi aspetto che una relazione funzioni solo se provo picchi emotivi costanti, gelosia o ansia, perché questo era l’unico modello che conoscevo? In che modo la mia precedente relazione ha condizionato il mio modo di percepire, provare ed esperire le emozioni in una nuova relazione? Se dovessi ritenerlo utile potresti confrontarti con uno psicologo circa ciò che stai provando /vivendo. Resto a disposizione, un caro saluto. Dott.ssa Chiara Pesce.
Caro utente,
per definire con esattezza i suoi pensieri bisognerebbe conoscerla e approfondire un po' di più. Ma credo che in ogni caso non sia tanto utile definire ma più che altro analizzare il contesto: e se questa fosse un modo, una dinamica, di relazionarsi diversa rispetto a quello che si è sempre conosciuto? Se quindi fosse un adattamento il suo, il cercare di capire questa nuova cosa accompagnato da pensieri che giustamente la fanno riflettere sulla correttezza di questo nuovo che si vive? Provi a stare meno nella testa e più nel corpo: si muova di pancia su ciò che la fa stare e bene e sui bisogni che sente...a volte a stare nella testa ci si perde l'autenticità delle cose.
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
Dott.ssa Susanna Brandolini
Psicologo, Psicologo clinico
Treviso
Gentile Paziente Anonimo,

capisco molto bene quello che sta vivendo. Dopo una relazione tossica, il sistema emotivo rimane “tarato” su un certo livello di ansia, intensità e pensieri costanti sull’altra persona. Quando ci si trova davanti a qualcuno che invece è sano, stabile, tranquillo, tutto questo improvvisamente manca… e il cervello interpreta questa calma come “non provo abbastanza”. In realtà non è mancanza: è disabitudine.
Lei descrive una cosa molto chiara: quando siete insieme, si sente bene. È spontaneo, affettuoso, non forza nulla, il contatto le piace. Questo è un indicatore molto forte, perché il corpo difficilmente mente: se davvero non le piacesse, lo sentirebbe proprio lì, nella vicinanza fisica, nel fastidio, nel ritrarsi. Lei questo non lo prova, anzi.
I dubbi arrivano quando è lontano, quando la mente è libera di girare e si riempie di pensieri assoluti del tipo “forse non mi piace”, “forse è finita”, “non mi manca abbastanza”. Sono pensieri tipici di un’ansia relazionale che si attiva proprio nei momenti vuoti, non quando è con lei. Ed è molto significativo che nella relazione precedente non li avesse: lì c’era ansia, paura del distacco, picchi emotivi… e questa montagna russa veniva scambiata per “sentimento forte”. Adesso che tutto è più calmo, il suo cervello non riconosce questa calma come una forma di amore possibile.
Il punto non è “non mi manca abbastanza”, ma “sto conoscendo un modo diverso di sentire”. Non tutta l’attrazione passa attraverso l’ossessione o il pensiero costante; in realtà, nelle relazioni sane, accade spesso il contrario: si sente di più quando si è presenti insieme, non quando si è distanti. E questo non dice nulla contro i suoi sentimenti. Dice solo che sta cambiando contesto emotivo.
Quello che descrive assomiglia molto più a rumore mentale, a intrusioni alimentate dalla paura di ricadere in qualcosa che la faccia soffrire, che non a un reale spegnersi del sentimento. E la differenza la vede proprio nel momento in cui la incontra: lì non c’è dubbio, non c’è fatica, non c’è forzatura. C’è presenza, naturalezza, piacere. È quando la mente si mette a “controllare” che tutto si complica.
Non sembra affatto che lei stia perdendo qualcosa. Sembra piuttosto che stia cercando di capire se può fidarsi di un modo nuovo di provare, più quieto e più sicuro. E questa è una fase assolutamente normale, soprattutto dopo relazioni che lasciano il segno.

Un caro saluto,
Dott.ssa Susanna Brandolini
Dott.ssa Ambra Tazioli
Psicologo
Pavullo nel Frignano
Buonasera, premetto che per dare una risposta accurata, sarebbe necessario avere maggiori informazioni e conoscere le sue modalità di pensiero e di comportamento, ma si possono comunque fare delle ipotesi. Si potrebbe ipotizzare che, seppure ci sia interesse in questa ragazza, il fatto che sia una situazione più equilibrata rispetto a ciò che ha provato in passato, si potrebbe scambiare l'equilibrio per monotonia e quindi provare una sorta di 'noia' quando non siete insieme. Oppure, ci potrebbe essere una sorta di "dar per scontata" la presenza di questa persona, che fa sì che lei non senta il bisogno di cercarla. Inoltre non è da escludere la possibilità che l'interesse stia calando.
Le consiglierei di prendersi del tempo per capire quello che prova e che vorrebbe per il futuro.
Buona serata,
Ambra
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Da quanto descrivi, sembra che tu stia vivendo una fase di adattamento emotivo a una relazione più sana e meno “drammatica” rispetto alla tua esperienza passata. È normale che dopo una relazione tossica il nostro modo di percepire i sentimenti e la vicinanza affettiva cambi: ciò che prima sembrava essenziale, come sentire costantemente il bisogno di contatto o conferme, può essere sostituito da una modalità più equilibrata e serena.

I dubbi che emergono soprattutto quando siete lontani possono avere diverse spiegazioni: da un lato potrebbero essere pensieri intrusivi o ansia relazionale, cioè “rumore mentale” generato da esperienze passate e paure interiori, dall’altro potrebbero rappresentare una riflessione sulla natura reale dei tuoi sentimenti. Il fatto che tu provi piacere nel contatto fisico, nella vicinanza e nella condivisione di momenti piacevoli con lei indica che esiste un reale affetto e una connessione positiva. La differenza rispetto alla tua relazione precedente è che ora potresti non avere più bisogno di sentirti “costantemente preso” dall’altra persona per sapere che provi affetto, e questo è un segnale di maturità emotiva.

Non sempre è semplice distinguere tra pensieri intrusivi e sentimenti autentici: per chiarire meglio le tue sensazioni e capire come gestire i dubbi senza che diventino fonte di ansia, è consigliabile approfondire con uno specialista.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dott.ssa Ilaria De Pretto
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Salve,
da quello che descrive, ciò che sta vivendo è molto compatibile con ansia relazionale più che con una reale perdita di sentimenti.
Dopo una relazione tossica il sistema emotivo spesso rimane “tarato” sull’intensità, sull’ansia e sull’iperattivazione. In quel tipo di legame il sentirsi sempre presi, in allerta, bisognosi di conferme viene facilmente scambiato per amore. Quando si entra in una relazione più sana e tranquilla, quella tensione manca e il cervello può interpretarlo come “provo meno” o “non mi piace davvero”.
Il fatto che quando siete insieme stia bene, sia spontaneo, provi piacere nel contatto fisico e non senta forzature è un dato molto importante e concreto. I dubbi, invece, compaiono soprattutto quando siete lontani e la mente è libera di rimuginare: questo è tipico dei pensieri intrusivi e non è un buon indicatore dei sentimenti reali.
I sentimenti non sono una linea continua di intensità costante. Non mancare sempre qualcuno, non avere sempre voglia di scrivere, non pensarlo in modo fisso non significa che il sentimento non ci sia. Spesso significa che il legame non è basato sull’ansia.
In sintesi, più che chiedersi “quanto la penso”, può essere più utile osservare “come sto quando sono con lei”. Se la relazione è serena, nutriente e non le genera rifiuto o chiusura, è probabile che il rumore mentale stia parlando più forte delle emozioni reali.
Si dia tempo: dopo esperienze tossiche, la tranquillità può sembrare strana prima di diventare familiare.
Dr. Roberto Lavorante
Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
Buonasera,
Da ciò che condivide, emerge un’esperienza emotiva complessa, che non riguarda solo la nuova relazione ma anche la storia relazionale che la precede. In un’ottica sistemico-relazionale, ciò che sta vivendo non è un semplice “dubbio sui sentimenti”, ma il risultato dell’interazione tra il suo vissuto passato, le aspettative che si sono costruite nel tempo e il nuovo contesto affettivo in cui si trova oggi.

La relazione precedente, che definisce “tossica”, sembra aver lasciato un’impronta importante: in quel rapporto, le emozioni erano probabilmente molto intense proprio perché alimentate da dinamiche ansiogene, dalla paura dell’abbandono, da una costante iper-attivazione. Quel tipo di intensità, pur dolorosa, può diventare un riferimento emotivo, quasi un “modello” di cosa significhi sentirsi presi da qualcuno.

Nella relazione attuale, invece, descrive un funzionamento molto diverso: più stabile, più reciproco, più sicuro. È significativo che nel contatto diretto con questa nuova persona lei si senta bene, spontaneo, affettuoso e sincero; questi segnali parlano di un coinvolgimento autentico. I dubbi, invece, emergono nei momenti di distanza, cioè proprio quando entra in gioco la sua parte interna più vulnerabile, probabilmente legata alle esperienze passate.

In una prospettiva sistemica, potremmo dire che il suo sistema interno sta riorganizzandosi: abituato a riconoscere l’amore attraverso l’ansia e l’instabilità, fa fatica ora a leggere come “amore” una modalità relazionale più calma e sicura. L’assenza di pensieri ossessivi, di gelosia o di “mancanza costante” non è necessariamente un segno di disinteresse; può essere il segno che si trova in un contesto meno minaccioso, in cui il suo corpo e la sua mente non hanno bisogno di attivare allerta continua.

I pensieri del tipo “forse non mi piace”, “forse provo poco”, “se non mi manca, vuol dire che non è amore” possono essere letti come tentativi della sua mente di interpretare nuove sensazioni con vecchie categorie. Il conflitto che sente non è tanto tra ciò che prova e ciò che non prova, ma tra ciò che conosceva prima e ciò che sta sperimentando ora.

Una distinzione utile, in ottica relazionale, è questa:
• Quando è con lei, cosa comunica il suo corpo? Si sente autentico, connesso, presente?
• Quando è lontano, cosa hanno a che fare quei pensieri con la persona reale e cosa invece con la sua storia, le sue paure, le sue aspettative?

Il fatto che il contatto fisico, la vicinanza e la quotidianità con questa nuova ragazza le risultino piacevoli e naturali indica che il sentimento potrebbe esserci, ma è possibile che stia ancora imparando a riconoscerlo in una forma diversa da quella che aveva interiorizzato in precedenza.

In questo senso, non sembra che lei “stia perdendo qualcosa”, quanto piuttosto che il suo sistema emotivo stia cercando un nuovo equilibrio. E il processo può generare rumore mentale, pensieri intrusivi e momenti di disorientamento.

Potrebbe esserle utile osservare questi vissuti come parte di un dialogo interno più ampio:
• quali parti di lei temono di soffrire di nuovo?
• quali parti associano l’amore all’intensità e non alla stabilità?
• quali parti stanno cercando, oggi, una forma di relazione più sana?

In un percorso psicoterapeutico sistemico-relazionale si lavorerebbe proprio su queste dinamiche: non per stabilire “se lei è innamorato o no”, ma per comprendere come il suo sistema emotivo stia rispondendo a una nuova forma di legame e come possa imparare a fidarsi di essa.
Spero di esserle stato di supporto e le auguro una buona serata.
Dott. Luigi Pignatelli
Psicologo, Psicologo clinico
Taranto
Quello che descrivi è molto comprensibile, soprattutto alla luce di una relazione tossica alle spalle. Dopo legami intensi ma instabili, il nostro sistema emotivo può “confondere” l’ansia con l’amore. Nella relazione precedente eri costantemente attivato: attesa, paura di perderla, bisogno di conferme. Quella tensione continua veniva scambiata per intensità del sentimento. Ora ti trovi in una relazione più sicura e regolata, e questo può generare spaesamento: l’assenza di ansia viene letta come assenza di amore. In realtà, molti dei segnali che riporti (stare bene insieme, spontaneità, piacere nel contatto, desiderio di vederla anche solo pochi minuti) sono indicatori emotivi molto solidi. Il fatto che i dubbi emergano soprattutto quando siete lontani e la mente è libera di rimuginare fa pensare più a pensieri intrusivi e ansia relazionale che a un reale venir meno del sentimento. Un criterio utile è questo: l’amore non si misura da quanto “manca” l’altro, ma da come stai quando c’è. L’innamoramento ansioso crea dipendenza, quello sano crea presenza. Prima di trarre conclusioni drastiche, prova a osservare i fatti più che i pensieri, e concediti tempo: stai ancora guarendo. Se i dubbi diventassero persistenti o invalidanti, parlarne con un professionista potrebbe aiutarti a distinguere il rumore mentale dai sentimenti autentici.
Dr. Simone Gagliardi
Psicologo, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno.
Il dubbio che descrive non è un semplice “mi piace / non mi piace”, ma sembra condensare più vissuti simultanei.

Da un lato c’è un coinvolgimento esperienziale reale quando è con lei (piacere, spontaneità, contatto); dall’altro, nei momenti di distanza, emerge un vissuto di vuoto, di quiete o di assenza di tensione che viene rapidamente tradotto in dubbio sul sentimento. In filigrana possono coesistere: la disabitudine a una relazione non ansiogena, il bisogno di segnali interni forti come prova dell’amore, e una quota di paura legata al ri-investimento dopo una relazione segnante.

Il lavoro non è decidere se il sentimento è “vero” o “falso”, ma disarticolare il dubbio, distinguendo ciò che parla di desiderio, ciò che parla di ansia, e ciò che parla di protezione di sé. È in questa scomposizione che il dubbio diventa leggibile, invece che paralizzante.
Gentile utente,
La ringrazio per la condivisione, ci sono diversi aspetti rilevanti in ciò che racconta.
Senza conoscere nel dettaglio la sua storia e la relazione precedente, è comunque abbastanza comune che dopo la chiusura di una relazione non funzionale serva del tempo per riabituarsi a un modo diverso di stare in coppia. Quando si passa da dinamiche cariche di tensione, incertezza o forte attivazione emotiva a una relazione più tranquilla e stabile, questa differenza può risultare inizialmente strana o difficile da decifrare.
La minore intensità, l’assenza di urgenza o di pensiero costante dell’altro non indicano automaticamente una mancanza di sentimento, ma possono riflettere un modo nuovo, e meno attivato, di vivere il legame. È normale che, in questa fase, emergano dubbi e domande su ciò che si prova, soprattutto se si è abituati a leggere le emozioni attraverso parametri diversi.
È interessante notare come, quando siete insieme, lei riferisca spontaneità, piacere, desiderio di contatto e assenza di fastidio: questi sono segnali esperienziali importanti. Le emozioni non sempre si presentano come un pensiero fisso o come una mancanza costante, a volte si manifestano proprio nella tranquillità, nella naturalezza e nella presenza.
Distinguere tra un cambiamento autentico dei sentimenti e un “rumore mentale” legato all’ansia non è sempre immediato. Spesso può essere più utile osservare come ci si sente quando si è nella relazione, piuttosto che quanto la si pensa quando si è lontani. Il bisogno di certezze assolute, soprattutto dopo esperienze relazionali dolorose, può diventare esso stesso fonte di sofferenza.
Se sente che questi dubbi stanno prendendo troppo spazio o che fatica a fidarsi delle proprie sensazioni, un confronto psicologico potrebbe aiutarla a dare un significato più chiaro a ciò che sta vivendo, senza forzare risposte affrettate.
Un caro saluto,
Dott. Alessandro Ocera
Gentile utente, quello che descrive è un vissuto ricorrente, soprattutto dopo una relazione precedente intensa e tossica. La mente può abituarsi a un’elevata intensità emotiva, legata all’attesa, all’incertezza e all’iperattivazione; quando, successivamente, ci si trova in una relazione più sicura e prevedibile, questa minore attivazione può essere interpretata erroneamente come mancanza di sentimento.
Nel suo caso emerge come lei stia bene con questa nuova ragazza: si sente spontaneo, naturale, non forzato, prova piacere nel passare del tempo con lei. Questi sono indicatori concreti e affidabili di un coinvolgimento emotivo. I pensieri di tipo “forse non mi piace davvero”, “forse provo poco”, invece, non sono emozioni, ma valutazioni mentali spesso legate all’ansia relazionale o a pensieri intrusivi.
Quando i sentimenti si esauriscono, solitamente emergono distacco, indifferenza o fastidio. Nel suo racconto, al contrario, non compaiono segnali di rifiuto o di chiusura, ma piuttosto una continua messa in discussione di ciò che prova. Il fatto di non avvertire una mancanza costante dell’altra persona non è indicativo di assenza di sentimento, ma può essere il segnale di una relazione più sana, in cui l’altro non diventa l’unico centro regolatore del proprio stato emotivo.
Tengo a sottolineare che i sentimenti non sono né lineari né costanti ma oscillano e cambiano intensità nel tempo; per questo è fondamentale concedersi il permesso di vivere i sentimenti così come sono, senza interrogarli continuamente.
Rimango a sua disposizione, un caro saluto.
Dott. Giuseppe Mirabella
Psicologo, Psicologo clinico
Modica
La situazione che descrive è piuttosto frequente dopo una relazione emotivamente intensa e disfunzionale. Relazioni “tossiche” spesso associano l’attaccamento a stati di allerta, ansia e ipercoinvolgimento; quando ci si trova poi in un legame più sicuro e regolato, il sistema emotivo può interpretare la calma come mancanza di sentimento.
Da ciò che riferisce, il benessere quando siete insieme, la spontaneità, il piacere del contatto fisico e l’assenza di evitamento sono indicatori più affidabili dei pensieri che emergono a distanza. I dubbi che compaiono soprattutto nei momenti di vuoto mentale, con contenuti ripetitivi e autocentrati sul “controllo” del sentimento, sono compatibili con pensieri intrusivi e ansia relazionale, più che con una reale perdita di interesse.
Un criterio utile è distinguere tra esperienza e ruminazione: ciò che vive nel contatto diretto con lei sembra coerente e positivo; ciò che la confonde nasce soprattutto dal pensiero, non dall’esperienza. Inoltre, non sentire una mancanza costante o un’urgenza di contatto non è di per sé segno di disamore, ma spesso di un attaccamento più sicuro.
Il lavoro, in questa fase, è meno “capire cosa prova” e più osservare come reagisce alla relazione nel tempo, senza interrogare continuamente il sentimento. Se il dubbio diventa pervasivo o invalidante, un percorso di esplorazione personale può aiutarla a ricalibrare il modo in cui riconosce e interpreta le emozioni affettive dopo la relazione passata. Dr. Giuseppe Mirabella
Ciao,
grazie per aver raccontato con tanta chiarezza quello che stai vivendo. Dopo una relazione che ha fatto soffrire, è frequente che una situazione più calma e sana venga accompagnata da dubbi e “rumore mentale”, soprattutto nei momenti di distanza. I pensieri che descrivi non sono sempre un indicatore affidabile dei sentimenti: spesso è più utile osservare come stai quando sei con l’altra persona e cosa succede nel corpo e nelle emozioni, più che inseguire ogni dubbio che passa per la mente.
Se senti il bisogno di capire meglio cosa ti sta succedendo e di distinguere tra paura, abitudine e sentimento, parlarne in uno spazio dedicato può aiutarti a fare chiarezza.
Se ti va, possiamo fissare un colloquio conoscitivo gratuito. Sono qui per te, Dott.ssa Alessandra Corti
Dott. Leonardo Iacovone
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile utente,
da quanto scrive, sembra che in parte abbia già individuato lei stesso il nodo della questione. Potrebbe trattarsi di una forte tendenza alla ruminazione, che talvolta si osserva anche in condizioni come il DOC da relazione; naturalmente, non sarebbe corretto formulare una diagnosi sulla base di così poche informazioni.
Resta però un aspetto importante: il corpo ha una voce significativa e spesso ci fornisce indicazioni preziose sulla concretezza delle nostre esperienze emotive. Non a caso lei stesso sottolinea che “il contatto fisico con lei mi rende felice”. Le suggerirei di provare a dare maggiore spazio e ascolto a queste sensazioni, orientandosi più su ciò che sente nel presente che sui pensieri ruminativi che tendono a confonderla.
Se sentisse il bisogno di approfondire o di avere un supporto in questo percorso di comprensione, può contattarmi liberamente.
Un caro saluto.
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Gentile utente,

quello che descrive è un vissuto molto comune, soprattutto quando si esce da una relazione precedente intensa e disfunzionale e ci si avvicina, per la prima volta, a un legame più tranquillo e rispettoso. È importante chiarire subito un punto: la calma emotiva non è sinonimo di assenza di sentimento, così come l’ansia o il pensiero costante non sono necessariamente segnali di amore.

Nella relazione passata Lei sembra aver vissuto una forte attivazione emotiva legata all’incertezza, all’attesa e alla paura di perdere l’altro. In questi contesti il “sentirsi presi” è spesso alimentato da uno stato di allarme continuo, che il cervello può confondere con intensità affettiva. Quando oggi si trova in una relazione più stabile, coerente e rassicurante, quella stessa attivazione viene meno e questo può generare spaesamento, portando a domande del tipo “se non sto così in ansia, allora vuol dire che non mi piace davvero?”.

Il fatto che con questa ragazza stia bene quando siete insieme, che il contatto fisico Le venga naturale, che non senta fastidio o rifiuto ma anzi piacere e spontaneità, è un dato importante e concreto. I dubbi che descrive emergono soprattutto quando siete lontani e la mente è libera di rimuginare, e questo fa pensare più a un processo di autosservazione ansiosa che a una reale perdita di sentimento. L’attenzione si sposta continuamente su ciò che “dovrebbe” provare, su quanto Le manca, su quanto pensa a lei, trasformando l’esperienza emotiva in una sorta di test da superare.

I pensieri del tipo “se non mi manca allora non mi piace” o “se non ho voglia di scriverle allora è finita” non descrivono necessariamente la realtà del legame, ma un tentativo di controllare e misurare le emozioni, spesso tipico di chi ha vissuto relazioni precedenti dolorose e teme di sbagliarsi di nuovo. Questo “rumore mentale” può attenuare temporaneamente il contatto con ciò che si prova davvero, senza che questo significhi che il sentimento non ci sia.

In questa fase può essere utile smettere, per quanto possibile, di valutare il rapporto solo attraverso ciò che pensa quando è solo, e osservare invece come si sente nella relazione concreta: se c’è piacere nello stare insieme, se c’è rispetto, se c’è desiderio di condividere tempo ed esperienze. I sentimenti, soprattutto all’inizio di una relazione sana, non sempre sono rumorosi o totalizzanti; a volte crescono in modo più silenzioso e questo può essere disorientante per chi è abituato a legami emotivamente instabili.

Se questi dubbi diventano insistenti o le causano molta sofferenza, un percorso psicologico potrebbe aiutarla a distinguere meglio tra ansia relazionale e vissuti affettivi autentici, e a elaborare ciò che la relazione passata le ha lasciato. Non per decidere “se lasciarla o no”, ma per tornare a fidarsi delle proprie sensazioni senza doverle continuamente mettere sotto processo.

Un caro saluto
Dott.ssa Sara Petroni

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