Buongiorno, dopo 20 anni di matrimonio ho vissuto una separazione che non ho scelto. Sono passati du
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Buongiorno, dopo 20 anni di matrimonio ho vissuto una separazione che non ho scelto. Sono passati due anni, ma ho la sensazione di non vivere più: mi limito a sopravvivere. Resisto solo per mio figlio di 16 anni, ma dentro provo un forte senso di tristezza e soprattutto di totale fallimento.
Non soffro per amore: quello che mi manca è la mia famiglia, la mia casa, la vita che avevo costruito con tanto impegno. E non voglio assolutamente crearne una nuova. Ho un buon lavoro e con il mio ex marito ho rapporti cordiali, non abbiamo mai litigato. Ma questo non toglie il fatto che io mi senta vuota e smarrita. Anzi, non mi sento neanche più una persona. Da fuori sembro serena, ma dentro sono come morta. Non riesco – e non voglio – andare avanti. Credo di aver sempre vissuto cercando di accontentare gli altri, e ora mi è rimasto mio figlio. Inoltre vivo con molti rimorsi: anche solo dedicare un pomeriggio a me stessa mi fa sentire in colpa, come se tradissi una famiglia che in realtà non esiste più.
Non soffro per amore: quello che mi manca è la mia famiglia, la mia casa, la vita che avevo costruito con tanto impegno. E non voglio assolutamente crearne una nuova. Ho un buon lavoro e con il mio ex marito ho rapporti cordiali, non abbiamo mai litigato. Ma questo non toglie il fatto che io mi senta vuota e smarrita. Anzi, non mi sento neanche più una persona. Da fuori sembro serena, ma dentro sono come morta. Non riesco – e non voglio – andare avanti. Credo di aver sempre vissuto cercando di accontentare gli altri, e ora mi è rimasto mio figlio. Inoltre vivo con molti rimorsi: anche solo dedicare un pomeriggio a me stessa mi fa sentire in colpa, come se tradissi una famiglia che in realtà non esiste più.
Buongiorno. Dalle sue parole mi pare di cogliere che abbia una difficoltà significativa ad avere amore verso di lei. Suo figlio sicuramente è un primo stimolo, ma dovrebbe valutare di farsi regalo di un percorso psicologico per ricostruire un legame con se stessa.
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Capisco il suo dolore e il vuoto dentro... Credo che si stia mettendo in gioco come persona.. il suo vissuto attuale, il suo passato.. un lutto da elaborare per dare significato a ciò che è accaduto e riscoprirsi diversa, più vera, autentica.. e quindi stare meglio.. Se non riesce da sola si faccia aiutare in questo cammino, difficile, ma anche bello!
Buongiorno,
una separazione non scelta può lasciare una ferita profonda, soprattutto quando a rompersi non è solo la coppia ma l’idea di famiglia e di vita costruita negli anni. È comprensibile che oggi si senta vuota e senza direzione: non è semplice riorganizzarsi quando per tanto tempo si è vissuto mettendo al centro gli altri.
Il senso di colpa nel dedicarsi spazio, la sensazione di “non essere più una persona” e il vivere più per dovere che per desiderio sono segnali di una sofferenza che merita ascolto.
In questi momenti può essere utile un confronto con un professionista, per rielaborare ciò che è accaduto e ritrovare gradualmente un senso di sé al di là dei ruoli familiari.
una separazione non scelta può lasciare una ferita profonda, soprattutto quando a rompersi non è solo la coppia ma l’idea di famiglia e di vita costruita negli anni. È comprensibile che oggi si senta vuota e senza direzione: non è semplice riorganizzarsi quando per tanto tempo si è vissuto mettendo al centro gli altri.
Il senso di colpa nel dedicarsi spazio, la sensazione di “non essere più una persona” e il vivere più per dovere che per desiderio sono segnali di una sofferenza che merita ascolto.
In questi momenti può essere utile un confronto con un professionista, per rielaborare ciò che è accaduto e ritrovare gradualmente un senso di sé al di là dei ruoli familiari.
Gentile utente, la sofferenza che descrive è profonda e molto umana. Quando una separazione arriva senza essere scelta, soprattutto dopo una vita costruita con impegno e dedizione, è naturale sentirsi smarriti, vuoti o come “sospesi”. Non sta vivendo semplicemente la fine di una relazione, ma la perdita di un progetto di vita, di una casa emotiva, di un’identità che per tanti anni ha dato direzione e senso al suo quotidiano.
Il senso di fallimento che avverte spesso nasce proprio da questo: non dalla fine dell’amore, ma dalla sensazione che tutto ciò per cui ha investito energie, cura e presenza non esista più. E quando si è stati abituati a mettere gli altri al centro, può diventare molto difficile tornare a riconoscere i propri bisogni e concedersi spazio senza sentirsi in colpa.
Vorrei rassicurarla su un punto: ciò che sta vivendo non indica debolezza, né immobilità volontaria. È il segno di un dolore che non ha ancora trovato un luogo dove essere guardato, accolto e trasformato. Restare fermi non significa non voler andare avanti, ma non sapere come farlo. E questo è comprensibile.
La presenza di suo figlio sembra essere oggi l’unico filo che la tiene legata alla vita, ma lei merita uno spazio in cui poter essere vista non solo come madre o come parte di una famiglia, ma come persona. Il senso di colpa che prova quando pensa di dedicarsi del tempo è un segnale importante: racconta quanto lei si sia abituata, forse per anni, a mettere se stessa in secondo piano. Ritrovare un equilibrio, una direzione, un’identità personale dopo una separazione può richiedere tempo e, spesso, un percorso di sostegno psicologico mirato. In terapia potrebbe finalmente esplorare questo dolore senza giudizio, comprendere meglio il suo senso di colpa, e soprattutto riscoprire chi è al di là dei ruoli che ha ricoperto.
Non si tratta di “creare una nuova famiglia” o di ricominciare come se nulla fosse; si tratta di tornare gradualmente in contatto con sé stessa, con i suoi valori, con ciò che può restituirle un senso di presenza e vitalità. Questo processo è possibile, e non deve affrontarlo da sola.
Le consiglio di intraprendere un percorso di supporto psicologico per tornare gradualmente in contatto con sé stessa, con i suoi valori, con ciò che può restituirle un senso di presenza e vitalità. Questo è possibile, con l'aiuto di uno psicologo potrà avere gli strumenti giusti per farlo.
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Il senso di fallimento che avverte spesso nasce proprio da questo: non dalla fine dell’amore, ma dalla sensazione che tutto ciò per cui ha investito energie, cura e presenza non esista più. E quando si è stati abituati a mettere gli altri al centro, può diventare molto difficile tornare a riconoscere i propri bisogni e concedersi spazio senza sentirsi in colpa.
Vorrei rassicurarla su un punto: ciò che sta vivendo non indica debolezza, né immobilità volontaria. È il segno di un dolore che non ha ancora trovato un luogo dove essere guardato, accolto e trasformato. Restare fermi non significa non voler andare avanti, ma non sapere come farlo. E questo è comprensibile.
La presenza di suo figlio sembra essere oggi l’unico filo che la tiene legata alla vita, ma lei merita uno spazio in cui poter essere vista non solo come madre o come parte di una famiglia, ma come persona. Il senso di colpa che prova quando pensa di dedicarsi del tempo è un segnale importante: racconta quanto lei si sia abituata, forse per anni, a mettere se stessa in secondo piano. Ritrovare un equilibrio, una direzione, un’identità personale dopo una separazione può richiedere tempo e, spesso, un percorso di sostegno psicologico mirato. In terapia potrebbe finalmente esplorare questo dolore senza giudizio, comprendere meglio il suo senso di colpa, e soprattutto riscoprire chi è al di là dei ruoli che ha ricoperto.
Non si tratta di “creare una nuova famiglia” o di ricominciare come se nulla fosse; si tratta di tornare gradualmente in contatto con sé stessa, con i suoi valori, con ciò che può restituirle un senso di presenza e vitalità. Questo processo è possibile, e non deve affrontarlo da sola.
Le consiglio di intraprendere un percorso di supporto psicologico per tornare gradualmente in contatto con sé stessa, con i suoi valori, con ciò che può restituirle un senso di presenza e vitalità. Questo è possibile, con l'aiuto di uno psicologo potrà avere gli strumenti giusti per farlo.
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
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Dott. Luca Rochdi
Buonasera,
La prima domanda che mi verrebbe da porle è: Come è avvenuta la separazione? Cosa significa che non l'ha scelta? Suo figlio abita con lei? perché sulla base delle risposte a queste domande, il contesto può cambiare e di conseguenza anche il modo di operare. Il consiglio che mi viene da darle, è di rivolgersi ad un/una terapeuta e parlare con lui/lei di questi suoi forti sentimenti, ricostruire assieme la sua storia, e trovare insieme le risorse per poter riprendere al massimo delle forze, il suo cammino.
La prima domanda che mi verrebbe da porle è: Come è avvenuta la separazione? Cosa significa che non l'ha scelta? Suo figlio abita con lei? perché sulla base delle risposte a queste domande, il contesto può cambiare e di conseguenza anche il modo di operare. Il consiglio che mi viene da darle, è di rivolgersi ad un/una terapeuta e parlare con lui/lei di questi suoi forti sentimenti, ricostruire assieme la sua storia, e trovare insieme le risorse per poter riprendere al massimo delle forze, il suo cammino.
Capisco quanto questa separazione l’abbia profondamente segnata. È normale sentirsi svuotata, senza direzione e piena di sensi di colpa, soprattutto dopo una vita costruita sulla famiglia. Il fatto che sembri serena fuori mentre dentro si sente “spenta” indica quanto questo dolore sia ancora molto presente.
Prendersi cura di sé non significa tradire il passato: è il modo per tornare a sentirsi una persona, poco alla volta.
Le sue parole di forte tristezza meritano attenzione!
Se desidera, possiamo approfondire la situazione in un colloquio conoscitivo, anche online.
saluti,
dott.ssa Greta Pisano, psicologa e psicoterapeuta
Prendersi cura di sé non significa tradire il passato: è il modo per tornare a sentirsi una persona, poco alla volta.
Le sue parole di forte tristezza meritano attenzione!
Se desidera, possiamo approfondire la situazione in un colloquio conoscitivo, anche online.
saluti,
dott.ssa Greta Pisano, psicologa e psicoterapeuta
Buongiorno, grazie per aver condiviso la sua esperienza. Il consiglio che mi sento di darle è quello di rivolgersi a un professionista della salute mentale. L'orientamento cognitivo-comportamentale potrebbe essere utile per indagare meglio le sensazioni che lei prova e a darle degli strumenti efficaci per stare meglio nella vita di tutti i giorni, continuando ad occuparsi di suo figlio ma anche ridando valore a se stessa.
Dott.ssa Giulia Mete
Dott.ssa Giulia Mete
Gent.ma Signora,
la sua disperazione è palpabile e le sue parole spiegano molto bene la situazione quotidiana di malessere che si trova ad affrontare.
E' un grido di dolore, ma è anche una richiesta di aiuto. Ha preso consapevolezza che non riesce più ad andare avanti di inerzia solo per il bene di suo figlio, e lui stesso si sarà reso conto di avere al fianco una mamma triste e sconfortata dalla sua vita. Certe cose non serve dirle, la sofferenza si respira e si sospira, proprio come la felicità.
Anche se sente di aver toccato il fondo e di essere impantanata nel fango fino alle ginocchia, non riuscendo più a muoversi, si sta concentrando solo nel guardare in basso. Il pessimismo è una calamita potente per la mente e la sta costringendo a contare solo i problemi, a sentirsi sopraffatta dagli eventi.
Ma c'è una cosa, una piccola cosa, che può provare a fare. Smettere di lottare da sola. Smettere di lottare contro una mente auto-sabotatrice, di lottare contro i pensieri del passato, contro la volontà delle altre persone. Può, invece, cominciare a prendere consapevolezza che dal basso si può solo risalire, e che ci sono mani tese che possono aiutarla a uscire dalla melma che la sua stessa mente ha creato nel tempo. Si abbandoni all'idea rivoluzionaria che si può lasciar andare ciò che è stato, che si possono lasciar andare i ricordi di una vecchia vita e che, soprattutto si può lasciar andar la sofferenza, per ricominciare ad assaporare la vita. Ma non per suo figlio, né per gli altri a cui ha sempre dedicato tempo e attenzione. Lo deve fare per sé stessa, perché fin che non starà bene con sé stessa, non sarà in armonia con il mondo.
Valuti concretamente la possibilità di un supporto psicologico e di un percorso di crescita personale. Un segno di premura e di gentilezza verso sé stessa, una carezza amorevole che è l'unica cosa di cui adesso ha davvero bisogno. Tutto può ripartire da questo, ogni nuovo gesto potrà assumere un nuovo significato, ogni nuovo scorcio dalla finestra potrà essere più colorato, ogni melodia potrà di nuovo risuonare dolce nel suo cuore.
Mostrare compassione per sé stessi, ammettere di essere fragili e umani, comprendere la necessità di un aiuto, sono diritti inalienabili della persona. Colga questa opportunità.
Le auguro il meglio, Dott. Antonio Cortese
la sua disperazione è palpabile e le sue parole spiegano molto bene la situazione quotidiana di malessere che si trova ad affrontare.
E' un grido di dolore, ma è anche una richiesta di aiuto. Ha preso consapevolezza che non riesce più ad andare avanti di inerzia solo per il bene di suo figlio, e lui stesso si sarà reso conto di avere al fianco una mamma triste e sconfortata dalla sua vita. Certe cose non serve dirle, la sofferenza si respira e si sospira, proprio come la felicità.
Anche se sente di aver toccato il fondo e di essere impantanata nel fango fino alle ginocchia, non riuscendo più a muoversi, si sta concentrando solo nel guardare in basso. Il pessimismo è una calamita potente per la mente e la sta costringendo a contare solo i problemi, a sentirsi sopraffatta dagli eventi.
Ma c'è una cosa, una piccola cosa, che può provare a fare. Smettere di lottare da sola. Smettere di lottare contro una mente auto-sabotatrice, di lottare contro i pensieri del passato, contro la volontà delle altre persone. Può, invece, cominciare a prendere consapevolezza che dal basso si può solo risalire, e che ci sono mani tese che possono aiutarla a uscire dalla melma che la sua stessa mente ha creato nel tempo. Si abbandoni all'idea rivoluzionaria che si può lasciar andare ciò che è stato, che si possono lasciar andare i ricordi di una vecchia vita e che, soprattutto si può lasciar andar la sofferenza, per ricominciare ad assaporare la vita. Ma non per suo figlio, né per gli altri a cui ha sempre dedicato tempo e attenzione. Lo deve fare per sé stessa, perché fin che non starà bene con sé stessa, non sarà in armonia con il mondo.
Valuti concretamente la possibilità di un supporto psicologico e di un percorso di crescita personale. Un segno di premura e di gentilezza verso sé stessa, una carezza amorevole che è l'unica cosa di cui adesso ha davvero bisogno. Tutto può ripartire da questo, ogni nuovo gesto potrà assumere un nuovo significato, ogni nuovo scorcio dalla finestra potrà essere più colorato, ogni melodia potrà di nuovo risuonare dolce nel suo cuore.
Mostrare compassione per sé stessi, ammettere di essere fragili e umani, comprendere la necessità di un aiuto, sono diritti inalienabili della persona. Colga questa opportunità.
Le auguro il meglio, Dott. Antonio Cortese
Buongiorno. Le parole che utilizza raccontano quanto questa separazione abbia rappresentato per Lei non solo la fine di un rapporto, ma la perdita di una struttura di vita nella quale ha investito energie, cura e identità per molti anni. È comprensibile che oggi si senta vuota, smarrita e in qualche modo “sospesa”: quando un cambiamento così grande non è scelto, il tempo emotivo per riorientarsi può essere molto più lungo e complesso di quanto ci si aspetti.
Ciò che prova non è un segno di fallimento, ma il modo in cui la sua mente e il suo corpo stanno cercando di adattarsi a una frattura dolorosa. La tristezza, il senso di colpa e la difficoltà a concedersi spazi personali parlano del ruolo che ha avuto per anni: quello di chi si prende cura, di chi tiene insieme, di chi mette gli altri al centro. Ora che quella struttura non c’è più, è naturale che emergano domande profonde su chi sia Lei al di fuori della famiglia che ha costruito.
Vorrei però sottolineare un aspetto importante: il fatto che Lei riesca a descrivere con tanta lucidità ciò che sente è già un punto di forza. Significa che, anche dentro questa sofferenza, una parte di Lei osserva, riflette e desidera comprendere ciò che sta accadendo.
Il mio consiglio è quello di rivolgersi ad un professionista (me o chi che sia) il quale, tra i vari aspetti, potrebbe lavorare proprio anche su questo: su come ritrovare un senso di continuità con se stessa, su come dare spazio ai suoi bisogni senza viverli come un tradimento, e su come costruire (con i suoi tempi e modi) una vita che non sia soltanto una “sopravvivenza”, ma un terreno nel quale poter tornare a sentirsi presente e viva.
Non c’è alcuna pressione ad “andare avanti” come se nulla fosse. Ci muoveremo insieme, passo dopo passo, rispettando ciò che prova e cercando di alleggerire il peso che sta portando da sola da molto tempo.
Se vuole, sono disponibile anche online.
Un caro saluto,
Dott.ssa Elisa Bruscaglia
Ciò che prova non è un segno di fallimento, ma il modo in cui la sua mente e il suo corpo stanno cercando di adattarsi a una frattura dolorosa. La tristezza, il senso di colpa e la difficoltà a concedersi spazi personali parlano del ruolo che ha avuto per anni: quello di chi si prende cura, di chi tiene insieme, di chi mette gli altri al centro. Ora che quella struttura non c’è più, è naturale che emergano domande profonde su chi sia Lei al di fuori della famiglia che ha costruito.
Vorrei però sottolineare un aspetto importante: il fatto che Lei riesca a descrivere con tanta lucidità ciò che sente è già un punto di forza. Significa che, anche dentro questa sofferenza, una parte di Lei osserva, riflette e desidera comprendere ciò che sta accadendo.
Il mio consiglio è quello di rivolgersi ad un professionista (me o chi che sia) il quale, tra i vari aspetti, potrebbe lavorare proprio anche su questo: su come ritrovare un senso di continuità con se stessa, su come dare spazio ai suoi bisogni senza viverli come un tradimento, e su come costruire (con i suoi tempi e modi) una vita che non sia soltanto una “sopravvivenza”, ma un terreno nel quale poter tornare a sentirsi presente e viva.
Non c’è alcuna pressione ad “andare avanti” come se nulla fosse. Ci muoveremo insieme, passo dopo passo, rispettando ciò che prova e cercando di alleggerire il peso che sta portando da sola da molto tempo.
Se vuole, sono disponibile anche online.
Un caro saluto,
Dott.ssa Elisa Bruscaglia
Gentile utente, grazie per la condivisione di questo periodo di grande dolore che sta attraversando. Durante le separazioni si sperimenta l'elaborazione di tanti lutti, non solo quello della perdita della persona (in questo caso il suo ex marito) ma anche di tutti i progetti e le costruzioni relazionali e familiari che si poggiavano su quel rapporto. Mi pare molto comprensibile il suo forte senso di smarrimento e la sensazione di vuoto che sente, forse parlarne con un professionista la aiuterebbe ad affrontare questo dolore supportata e a riscoprire le sue risorse, che sono certa non risiedano solo nell'accontentare gli altri. Alle volte nelle relazioni ci si perde un po' come persone a sè stanti, ma ci si può ritrovare con un po' di tempo e di sostegno.
Resto a disposizione, le mando un caro saluto. Dott.ssa Ciaudano
Resto a disposizione, le mando un caro saluto. Dott.ssa Ciaudano
Gentile utente, intanto grazie per aver condiviso questo dolore. Si tratta di un vissuto sofferto e profondo, legato alla perdita della vita che aveva costruito con impegno e dedizione. Sentirsi vuota, smarrita, "sospesa" è comprensibile, soprattutto quando ci si è definiti per anni attraverso la famiglia e il ruolo degli altri.
Senza dubbio la sua ferita è ancora aperta e ha bisogno di essere accolta ed elaborata. Questo, però, non significa che lei sia finita. Significa che forse sente il bisogno di riconoscersi di nuovo, dopo un cambiamento così grande, di sentirsi ascoltata e accolta, con delicatezza. Un percorso con un professionista potrebbe aiutarla a dare un significato a ciò che sta vivendo a ritrovare una direzione.
Se sente il bisogno di chiedere aiuto, sono a sua disposizione.
Possiamo affrontare questo dolore insieme. Non esisti a contattarmi
Dott.ssa Laura Bergamini
Psicologa - Psicodiagnosta
Senza dubbio la sua ferita è ancora aperta e ha bisogno di essere accolta ed elaborata. Questo, però, non significa che lei sia finita. Significa che forse sente il bisogno di riconoscersi di nuovo, dopo un cambiamento così grande, di sentirsi ascoltata e accolta, con delicatezza. Un percorso con un professionista potrebbe aiutarla a dare un significato a ciò che sta vivendo a ritrovare una direzione.
Se sente il bisogno di chiedere aiuto, sono a sua disposizione.
Possiamo affrontare questo dolore insieme. Non esisti a contattarmi
Dott.ssa Laura Bergamini
Psicologa - Psicodiagnosta
Gentile utente,
quello che descrivi è una sofferenza profonda e comprensibile: dopo una separazione non scelta, è naturale vivere un senso di vuoto e di perdita, soprattutto quando ciò che manca non è tanto la relazione di coppia, quanto l’intero progetto di vita e di famiglia che avevi costruito con impegno. Il dolore che provi non è segno di debolezza, ma della grande importanza che attribuivi a quella parte della tua esistenza.
Il fatto che tu riesca a mantenere rapporti cordiali con il tuo ex marito e a continuare a lavorare mostra una forza che forse non riconosci pienamente. Allo stesso tempo, il senso di colpa che provi nel dedicarti a te stessa indica quanto tu abbia interiorizzato l’idea di dover vivere per gli altri, trascurando i tuoi bisogni. Questo schema, se non affrontato, rischia di alimentare la sensazione di “non essere più una persona”.
Non si tratta di “creare una nuova famiglia” se non lo desideri, ma di ritrovare un modo per sentirti viva e presente nella tua vita, anche accanto a tuo figlio. Un percorso psicologico potrebbe aiutarti a dare spazio alle tue emozioni, a comprendere i tuoi rimorsi e a costruire un equilibrio che non sia basato solo sull’accontentare gli altri, ma anche sul riconoscere il tuo valore e i tuoi bisogni.
Il dolore che provi oggi non è una condanna definitiva: con il giusto sostegno, può diventare l’occasione per riscoprire parti di te che finora sono rimaste in ombra.
saluti
quello che descrivi è una sofferenza profonda e comprensibile: dopo una separazione non scelta, è naturale vivere un senso di vuoto e di perdita, soprattutto quando ciò che manca non è tanto la relazione di coppia, quanto l’intero progetto di vita e di famiglia che avevi costruito con impegno. Il dolore che provi non è segno di debolezza, ma della grande importanza che attribuivi a quella parte della tua esistenza.
Il fatto che tu riesca a mantenere rapporti cordiali con il tuo ex marito e a continuare a lavorare mostra una forza che forse non riconosci pienamente. Allo stesso tempo, il senso di colpa che provi nel dedicarti a te stessa indica quanto tu abbia interiorizzato l’idea di dover vivere per gli altri, trascurando i tuoi bisogni. Questo schema, se non affrontato, rischia di alimentare la sensazione di “non essere più una persona”.
Non si tratta di “creare una nuova famiglia” se non lo desideri, ma di ritrovare un modo per sentirti viva e presente nella tua vita, anche accanto a tuo figlio. Un percorso psicologico potrebbe aiutarti a dare spazio alle tue emozioni, a comprendere i tuoi rimorsi e a costruire un equilibrio che non sia basato solo sull’accontentare gli altri, ma anche sul riconoscere il tuo valore e i tuoi bisogni.
Il dolore che provi oggi non è una condanna definitiva: con il giusto sostegno, può diventare l’occasione per riscoprire parti di te che finora sono rimaste in ombra.
saluti
Gentile signora, quella che descrive è una sofferenza comprensibile dopo una separazione non scelta, soprattutto dopo una relazione così lunga.
Quando per vent’anni ci si dedica alla famiglia, alla casa, alla vita costruita insieme, è naturale che il crollo di quel mondo lasci un grande senso di vuoto e smarrimento.
Quel sentirsi “come morta dentro” può avere a che fare proprio con questo: lei sente che per molto tempo ha messo gli altri al primo posto, e ora che quel contesto non c’è più, può essere difficile capire cosa desidera davvero. È come se fosse rimasta senza un punto di riferimento esterno a cui dedicarsi.
Anche il senso di colpa che prova quando pensa a sé stessa sembra andare nella stessa direzione: è come se scegliere lei significasse tradire una famiglia, quella che ha sempre scelto di mettere prima di lei.
In questo momento può essere molto importante iniziare lentamente a riconoscere e costruire uno spazio per sé, che forse ha tenuto chiuso per anni.
Prendersi cura di sé non è un tradimento, ma un modo per ricordarsi che lei esiste come persona, con bisogni e desideri che meritano attenzione.
Un percorso psicologico potrebbe offrirle un luogo sicuro in cui dare parole a tutto questo, non per cambiarla, ma per aiutarla a ritrovare parti di sé che per molto tempo sembra che siano rimaste in ombra.
Quando per vent’anni ci si dedica alla famiglia, alla casa, alla vita costruita insieme, è naturale che il crollo di quel mondo lasci un grande senso di vuoto e smarrimento.
Quel sentirsi “come morta dentro” può avere a che fare proprio con questo: lei sente che per molto tempo ha messo gli altri al primo posto, e ora che quel contesto non c’è più, può essere difficile capire cosa desidera davvero. È come se fosse rimasta senza un punto di riferimento esterno a cui dedicarsi.
Anche il senso di colpa che prova quando pensa a sé stessa sembra andare nella stessa direzione: è come se scegliere lei significasse tradire una famiglia, quella che ha sempre scelto di mettere prima di lei.
In questo momento può essere molto importante iniziare lentamente a riconoscere e costruire uno spazio per sé, che forse ha tenuto chiuso per anni.
Prendersi cura di sé non è un tradimento, ma un modo per ricordarsi che lei esiste come persona, con bisogni e desideri che meritano attenzione.
Un percorso psicologico potrebbe offrirle un luogo sicuro in cui dare parole a tutto questo, non per cambiarla, ma per aiutarla a ritrovare parti di sé che per molto tempo sembra che siano rimaste in ombra.
Buongiorno, capisco lo stato di sconforto in cui si trova. Una separazione è una perdita dolorosa a tutti gli effetti e come tale necessita di essere elaborata per poter essere realmente metabolizzata e superata, senza rimorsi o sensi di colpa. Sono disponibile ad accompagnarla in un percorso di questo genere, volto a riappropriarsi di un suo ruolo individuale, di donna, non incompatibile con quello esercitato all'interno della famiglia. Può contattarmi per una consulenza, anche da remoto.
E' difficile darle una risposta che possa risultarle risolutiva, specialmente qui, però posso dirle che se si dedica a se stessa, cioè si prende cura di sé, se si apre alla vita, sicuramente ne beneficerà sicuramente anche suo figlio. Se vuole, mi può rispondere
Buongiorno, la ringrazio per aver condiviso qualcosa di così doloroso e profondo. Dalle sue parole emerge chiaramente quanto abbia investito nella sua famiglia, quanto impegno, cura e presenza abbia donato in tanti anni, e quanto questa separazione non scelta abbia rappresentato una frattura non solo nella relazione, ma anche nel modo in cui si percepiva come persona. È comprensibile che, dopo un cambiamento così grande, lei possa sentirsi come sospesa, quasi in una vita che non riconosce più. Questa sensazione di sopravvivere invece di vivere è più comune di quanto si pensi quando ci si trova di fronte alla perdita della propria quotidianità e di ciò che per tanto tempo ha rappresentato un riferimento stabile. Il dolore che descrive non è legato alla mancanza di amore romantico, ma a tutto ciò che quella vita rappresentava: sicurezza, identità, obiettivi condivisi, un ruolo chiaro dentro una struttura familiare in cui si riconosceva pienamente. Quando queste fondamenta vengono meno, è come se improvvisamente mancasse il terreno sotto i piedi. Non sorprende che possa sentirsi vuota, smarrita, come se non fosse più lei stessa. È una reazione umana, comprensibile, che spesso nasce dal tentativo di adattarsi a un mondo che non ha scelto e che fatica a sentire proprio. Colpisce molto anche il tema del senso di fallimento. Quando si mette tutto nelle relazioni, quando per anni si vive cercando di tenere insieme la famiglia e di prendersi cura degli altri, l’idea che tutto questo non esista più può trasformarsi facilmente in un giudizio severo su di sé. Ma un fallimento non è ciò che accade quando una situazione cambia, è solo una parola che usa per descrivere un dolore che meriterebbe molta più gentilezza. Lei non ha fallito, ha attraversato un evento che l’ha colpita nel cuore della propria identità e sta cercando di resistere come può, soprattutto per suo figlio. Questa non è debolezza, è un segno concreto di forza. Mi colpisce molto anche ciò che dice sul senso di colpa legato al prendersi del tempo. È come se una parte di lei fosse ancora legata a un ruolo familiare che ormai non esiste più, ma che dentro continua a trattarla come se ogni passo verso di sé fosse una sorta di tradimento. Questa è una dinamica comprensibile, soprattutto per chi è sempre stato abituato a mettere le esigenze degli altri al primo posto. Ma prendersi cura di sé non significa rinnegare ciò che è stato, significa riconoscere che adesso lei esiste, con i suoi bisogni, i suoi tempi e la sua dignità emotiva. E comprendo anche la sua difficoltà nel pensare a una nuova vita o a un nuovo inizio. Non sempre il percorso di ripresa coincide con l’idea di costruire una nuova famiglia o rimettersi in gioco esternamente. Per alcune persone il vero lavoro è ritrovare il senso di sé, capire chi si è oltre i ruoli che per anni hanno definito la propria identità. È un cammino lento, rispettoso, che non si può forzare. E il fatto che lei oggi si senta come congelata non vuol dire che resterà così per sempre. È un passaggio, anche se duro. Quello che sta vivendo non la definisce. È il risultato di un dolore ancora attivo che ha bisogno di essere ascoltato, compreso, non giudicato. E anche il solo fatto che lei riesca a raccontarlo, a metterci parole, è già un primo movimento verso di sé, anche se oggi non sembra. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Buongiorno,
le sue parole raccontano con grande chiarezza quanto stia portando sulle spalle da tempo. Una separazione non scelta, dopo vent’anni di vita condivisa, può generare proprio ciò che descrive: un senso di smarrimento profondo, come se la struttura che per anni l’ha sostenuta fosse crollata lasciandola senza un “dentro” a cui tornare. Non è strano che il dolore non riguardi l’amore romantico, ma la perdita della casa simbolica, della famiglia, dell’identità costruita attraverso le cure, l’impegno, la presenza. È una ferita lenta, che tocca la propria storia e il proprio valore personale.
Il fatto che da fuori appaia serena mentre dentro si sente “morta” è un meccanismo di sopravvivenza che spesso si attiva quando si vive qualcosa di troppo grande per essere sostenuto da soli. E il senso di colpa che la blocca nel fare qualcosa per sé, come se si trattasse di un tradimento, parla proprio del ruolo che ha assunto per anni: quello di chi si prende cura degli altri prima di tutto, anche a costo di trascurare sé stessa.
Questa condizione, però, non è una condanna. È un momento della sua storia, doloroso ma trasformabile. E per poterla trasformare, ha bisogno di uno spazio che oggi lei non si concede: uno spazio in cui poter rimettere in ordine i pezzi, ascoltare davvero ciò che sta provando e ritrovare una forma di identità che non dipenda più solo dai ruoli che ha ricoperto.
Un percorso psicologico potrebbe aiutarla proprio qui. Non per “farle passare” la sofferenza o convincerla a rifarsi una vita, ma per permetterle di comprendere cosa sta vivendo, attraversare questo lutto complesso, sciogliere il senso di colpa e, soprattutto, recuperare la sensazione di essere una persona intera e viva, non solo qualcuno che resiste per dovere.
Se lo desidera, posso accompagnarla io stessa in questo percorso. Lavoreremmo con delicatezza e rispetto dei suoi tempi, per aiutarla a ritrovare un modo di stare al mondo che non sia una sopravvivenza, ma una forma possibile — e sua — di vita. Quando vorrà, sarò qui.
Un caro saluto,
Dott.ssa Susanna Brandolini
le sue parole raccontano con grande chiarezza quanto stia portando sulle spalle da tempo. Una separazione non scelta, dopo vent’anni di vita condivisa, può generare proprio ciò che descrive: un senso di smarrimento profondo, come se la struttura che per anni l’ha sostenuta fosse crollata lasciandola senza un “dentro” a cui tornare. Non è strano che il dolore non riguardi l’amore romantico, ma la perdita della casa simbolica, della famiglia, dell’identità costruita attraverso le cure, l’impegno, la presenza. È una ferita lenta, che tocca la propria storia e il proprio valore personale.
Il fatto che da fuori appaia serena mentre dentro si sente “morta” è un meccanismo di sopravvivenza che spesso si attiva quando si vive qualcosa di troppo grande per essere sostenuto da soli. E il senso di colpa che la blocca nel fare qualcosa per sé, come se si trattasse di un tradimento, parla proprio del ruolo che ha assunto per anni: quello di chi si prende cura degli altri prima di tutto, anche a costo di trascurare sé stessa.
Questa condizione, però, non è una condanna. È un momento della sua storia, doloroso ma trasformabile. E per poterla trasformare, ha bisogno di uno spazio che oggi lei non si concede: uno spazio in cui poter rimettere in ordine i pezzi, ascoltare davvero ciò che sta provando e ritrovare una forma di identità che non dipenda più solo dai ruoli che ha ricoperto.
Un percorso psicologico potrebbe aiutarla proprio qui. Non per “farle passare” la sofferenza o convincerla a rifarsi una vita, ma per permetterle di comprendere cosa sta vivendo, attraversare questo lutto complesso, sciogliere il senso di colpa e, soprattutto, recuperare la sensazione di essere una persona intera e viva, non solo qualcuno che resiste per dovere.
Se lo desidera, posso accompagnarla io stessa in questo percorso. Lavoreremmo con delicatezza e rispetto dei suoi tempi, per aiutarla a ritrovare un modo di stare al mondo che non sia una sopravvivenza, ma una forma possibile — e sua — di vita. Quando vorrà, sarò qui.
Un caro saluto,
Dott.ssa Susanna Brandolini
Il dolore che prova è comprensibile e necessita sicuramente di tempo per essere sanato. Non vi è una tempistiche adeguata, due anni potrebbero non essere abbastanza, alla luce anche del fatto che la separazione da parte sua non era voluta. L'elemento su cui credo sia importante concentrarsi l'ha detto lei stessa: "non voglio andare avanti". Ecco, questo complica molto il processo, rendendo normale alcuni sentimenti disfunzionali come il sentimento di colpa. Potrebbe essere utile indagare per quale motivo percepisce questa resistenza nell'andare avanti, prendendo consapevolezza dei nostri meccanismi di funzionamento diventa più facile gestire le situazioni.
Capisco quanto dolore e senso di vuoto stia provando: la separazione dopo vent’anni è una perdita enorme, non solo del matrimonio, ma di una parte della Sua vita e identità. È naturale sentirsi smarrita e in colpa per prendersi del tempo per Sé.
Non è un fallimento: il fatto che tenga a Suo figlio dimostra cura e resilienza. Un percorso psicologico può aiutarLa a elaborare il lutto, accogliere i rimorsi e ritrovare gradualmente un senso di Sé. Con tempo e supporto, può imparare a vivere anche per Sé stessa senza sensi di colpa.
Resto a disposizione,
Un caro saluto
Dott.ssa Barcella
Non è un fallimento: il fatto che tenga a Suo figlio dimostra cura e resilienza. Un percorso psicologico può aiutarLa a elaborare il lutto, accogliere i rimorsi e ritrovare gradualmente un senso di Sé. Con tempo e supporto, può imparare a vivere anche per Sé stessa senza sensi di colpa.
Resto a disposizione,
Un caro saluto
Dott.ssa Barcella
Gentilissima,
Da come la descrive, la situazione che vive è molto seria e non si può risolvere facilmente, temo. Questo non significa affatto che è impossibile venirne fuori: è possibile ma sarà un percorso articolato, perché lei si trova davanti all'abisso del vuoto di significati. Non sa più perché si alza dal letto, la mattina, non è così? Certamente, avere un figlio è un'ancora di salvezza importantissima, ma ho visto diverse situazioni, di donne sopratutto, che si trovano nella sua stessa condizione.
Il bisogno di avere una famiglia è, per lei, il compito di vita più importante in assoluto e ora deve raccogliere i pezzi di questo sogno infranto. Per questo, non si deve sottovalutare questa situazione.
Se ne sente la necessità e lo reputa opportuno, mi contatti o comunque intraprenda un percorso di colloqui psicologici per affrontare questa fase della sua vita: lei deve rinascere, non ci sono mezzi termini. Quando i significati svaniscono, allora si è come ha detto lei: già morti. Questa condizione è la premessa di una tragedia, perciò non è da sottovalutare. Forse ha avuto già concreti pensieri suicidari? A parte il figlio, che è ancora molto giovane ed ha bisogno di sua madre, su quali altre persone può contare?
A mio parere, le sarebbe molto, molto utile lavorare per ricostruire completamente - e in modo ancora più radioso - la sua vita, partendo proprio da una famiglia. Perché vede, se anche lei dovesse incontrare un nuovo amore, magari un uomo divorziato con figli e si ricostruisce una nuova famiglia, non è assolutamente vero che questa nuova sostituisce quella vecchia, che poi di fatto si tratta di dover "mettere in secondo piano" suo figlio. La famiglia è SEMPRE una, e laddove c'è amore, stima e una prospettiva bellissima davanti, c'è posto PER TUTTI, per ogni figlio che sia dentro al sua futura, nuova famiglia, oppure a quella precedente. Lei non tradisce suo figlio se lo integra con altre persone. La famiglia precedente, con il suo precedente matrimonio, purtroppo, non c'è più. Ci sono le persone che le sono care, e ci sono persone che le saranno care in futuro, che sono in attesa di lei.
Penso che l'aiuterebbe molto lavorare su di sé, per riappropriarsi della sua vita e della gioia di vivere, cercando di ricostruire la sua famiglia accanto a un uomo che la ami e che accolga anche suo figlio. A mio modesto parere, non ci sono altre opzioni per tornare a vivere.
I miei più sentiti e sinceri saluti,
Dott. Maccarri
Da come la descrive, la situazione che vive è molto seria e non si può risolvere facilmente, temo. Questo non significa affatto che è impossibile venirne fuori: è possibile ma sarà un percorso articolato, perché lei si trova davanti all'abisso del vuoto di significati. Non sa più perché si alza dal letto, la mattina, non è così? Certamente, avere un figlio è un'ancora di salvezza importantissima, ma ho visto diverse situazioni, di donne sopratutto, che si trovano nella sua stessa condizione.
Il bisogno di avere una famiglia è, per lei, il compito di vita più importante in assoluto e ora deve raccogliere i pezzi di questo sogno infranto. Per questo, non si deve sottovalutare questa situazione.
Se ne sente la necessità e lo reputa opportuno, mi contatti o comunque intraprenda un percorso di colloqui psicologici per affrontare questa fase della sua vita: lei deve rinascere, non ci sono mezzi termini. Quando i significati svaniscono, allora si è come ha detto lei: già morti. Questa condizione è la premessa di una tragedia, perciò non è da sottovalutare. Forse ha avuto già concreti pensieri suicidari? A parte il figlio, che è ancora molto giovane ed ha bisogno di sua madre, su quali altre persone può contare?
A mio parere, le sarebbe molto, molto utile lavorare per ricostruire completamente - e in modo ancora più radioso - la sua vita, partendo proprio da una famiglia. Perché vede, se anche lei dovesse incontrare un nuovo amore, magari un uomo divorziato con figli e si ricostruisce una nuova famiglia, non è assolutamente vero che questa nuova sostituisce quella vecchia, che poi di fatto si tratta di dover "mettere in secondo piano" suo figlio. La famiglia è SEMPRE una, e laddove c'è amore, stima e una prospettiva bellissima davanti, c'è posto PER TUTTI, per ogni figlio che sia dentro al sua futura, nuova famiglia, oppure a quella precedente. Lei non tradisce suo figlio se lo integra con altre persone. La famiglia precedente, con il suo precedente matrimonio, purtroppo, non c'è più. Ci sono le persone che le sono care, e ci sono persone che le saranno care in futuro, che sono in attesa di lei.
Penso che l'aiuterebbe molto lavorare su di sé, per riappropriarsi della sua vita e della gioia di vivere, cercando di ricostruire la sua famiglia accanto a un uomo che la ami e che accolga anche suo figlio. A mio modesto parere, non ci sono altre opzioni per tornare a vivere.
I miei più sentiti e sinceri saluti,
Dott. Maccarri
Cara utente, per quanto ci possa essere il senso di colpa e la poca voglia di andare avanti... io però leggo tra le righe il bisogno di stare bene e quindi trovare una soluzione a questo malessere. Ciò che più di utile può fare è ripartire da lei e credo che un percorso psicologico possa fare al caso suo, così da avere un supporto che le possa far vedere le strade che ha davanti e trovare in lei la motivazione per sceglierne una. E' come se adesso avesse l'opportunità di vivere la sua vita, dopo che ha passato anni ad accontentare ed occuparsi degli altri. Provi a pensarci e nel caso può prendere anche un primo appuntamento senza impegno.
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
Buongiorno. Sono molto dispiaciuto per ciò che stai vivendo, capita di frequente che dopo una separazione (non scelta da entrambi), la vita sembra fermarsi e ci fa sentire di sopravvivere. Sarebbe utile rielaborare quanto è successo, prendendo coscienza che ciò che è stato della sua famiglia è mutato e ad oggi non c'è più. Ciò che è stato, va elaborato e lasciato andare, iniziando a vedere la realtà di oggi, riscoprendo delle passioni che magari ha lasciato andare per iniziare ad accontentare un pò anche se stessa, e valorizzando il tempo che si dedica a se, senza giudicarsi e sentirsi in colpa se si risponde a dei propri bisogni.
Mi rendo conto che non è semplice ciò che vivi, ma credo per la tua situazione attuale possa essere un buon momento di iniziare un percorso che ti porti a vivere in pienezza, accogliendo anche i tuoi bisogni, così da sperimentare nelle tue giornate un'energia vitale ritrovata.
Un forte abbraccio Dr. Omar Saggioro
Mi rendo conto che non è semplice ciò che vivi, ma credo per la tua situazione attuale possa essere un buon momento di iniziare un percorso che ti porti a vivere in pienezza, accogliendo anche i tuoi bisogni, così da sperimentare nelle tue giornate un'energia vitale ritrovata.
Un forte abbraccio Dr. Omar Saggioro
Sai, credo che è proprio da te che potrai iniziare il cambiamento. Il fatto che tu ti senta vuota e smarrita mi fa pensare che tu in quella relazione eri dipendente. Quando si sta in relazione non si cerca una persona che ci completi (l'altra metà della mela), ma si cerca di essere interi e di trovare una persona intera con cui "scegliere" di percorrere la strada insieme, non per bisogno ma per piacere! Se non sei intera, quando l'altra persona va via tu ti senti incompleta, mutilata, mancante e questo non è sano!
Si puo lavorare per imparare ad essere interi, per bastare a se stessi e stare con gli altri per condividere progetti, percorsi, vita... condividere!
Inizia a dedicarti del tempo, fai una psicoterapia, un percorso di crescita personale che ti renderà autonoma e felice, questo sarà anche di esempio per tuo figlio che vedrà una mamma soddisfatta della propria vita, che non ha bisogno di compiacere gli altri per esistere e che sa prenddersi cura di sè oltre che di lui.
Si puo lavorare per imparare ad essere interi, per bastare a se stessi e stare con gli altri per condividere progetti, percorsi, vita... condividere!
Inizia a dedicarti del tempo, fai una psicoterapia, un percorso di crescita personale che ti renderà autonoma e felice, questo sarà anche di esempio per tuo figlio che vedrà una mamma soddisfatta della propria vita, che non ha bisogno di compiacere gli altri per esistere e che sa prenddersi cura di sè oltre che di lui.
Grazie per aver condiviso con tanta sincerità ciò che sta vivendo. Dopo una separazione non scelta, soprattutto dopo molti anni di vita condivisa, è normale provare un forte senso di smarrimento, come se fosse venuta meno non solo una relazione, ma una parte della propria identità. Le sensazioni di vuoto, fallimento e colpa che descrive non indicano fragilità, ma il peso emotivo di una perdita molto importante.
Colpisce quanto sia dura per lei dedicarsi anche piccoli momenti personali. Il suo dolore potrebbe non riguardare il “non andare avanti”, ma la difficoltà di ritrovare un equilibrio in una realtà completamente cambiata.
Un percorso di supporto potrebbe aiutarla a dare spazio a queste emozioni, rielaborare ciò che è accaduto e ricostruire gradualmente un modo di stare nella sua vita che non sia fatto solo di resistenza. Non deve affrontare tutto questo da sola: c’è ancora la possibilità di stare meglio, passo dopo passo, senza cancellare la storia che ha vissuto.
Colpisce quanto sia dura per lei dedicarsi anche piccoli momenti personali. Il suo dolore potrebbe non riguardare il “non andare avanti”, ma la difficoltà di ritrovare un equilibrio in una realtà completamente cambiata.
Un percorso di supporto potrebbe aiutarla a dare spazio a queste emozioni, rielaborare ciò che è accaduto e ricostruire gradualmente un modo di stare nella sua vita che non sia fatto solo di resistenza. Non deve affrontare tutto questo da sola: c’è ancora la possibilità di stare meglio, passo dopo passo, senza cancellare la storia che ha vissuto.
Capisco profondamente il tuo dolore: non stai soffrendo per amore, ma per la perdita di una struttura di vita che per vent’anni ti ha definita. È normale sentirsi vuota e smarrita dopo una separazione non scelta, soprattutto se avevi costruito la tua identità sul ruolo di moglie e madre. Il senso di colpa che provi quando pensi a te stessa nasce proprio da questo: hai sempre messo gli altri al centro, e ora non sai più dove collocarti. Non devi ricostruire una nuova famiglia: il tuo bisogno adesso è ritrovare te stessa, con calma. Con un sostegno adeguato, questa sensazione di “essere ferma” può evolvere, anche se oggi sembra impossibile. Se potessi liberarti dal senso di colpa, da cosa ripartiresti per te?
Quello che stai vivendo è una ferita profonda, che non riguarda solo la fine di un matrimonio, ma la perdita di un intero sistema di vita dentro cui per vent’anni ti sei riconosciuta. È come se si fosse spezzata la cornice che teneva insieme la tua identità, i tuoi ruoli, i tuoi rituali quotidiani. E quando la cornice si rompe, è normale sentirsi “senza forma”, quasi svuotati.
Non soffri per l’ex marito in sé, e questo è importante: soffri per la casa che rappresentava sicurezza, per una famiglia che era il tuo punto di riferimento, per la continuità che ti faceva sentire parte di qualcosa. È un dolore più esistenziale che sentimentale.
Il senso di fallimento che descrivi spesso nasce proprio quando una persona ha investito moltissimo nel mantenere armonia e stabilità, magari mettendo in secondo piano i propri bisogni. Se per anni ti sei dedicata alla cura degli altri, alla famiglia, al “tenere insieme”, è comprensibile che ora, senza quel contesto, tu percepisca un vuoto identitario: come se non sapessi più chi sei al di fuori dei ruoli familiari che ti definivano.
Il fatto che tuo figlio sia oggi il centro della tua vita è naturale, soprattutto quando tutto il resto sembra crollare. Ma è anche un peso grande da portare: quando il ruolo di madre diventa l’unico appiglio, tu stessa rischi di scomparire. E non meriti di scomparire.
Il senso di colpa che provi nel ritagliarti un pomeriggio per te — quella sensazione di “tradire” una famiglia che non c’è più ed è un segno di una lealtà interna molto forte, quasi invisibile. Come se una parte di te restasse rigidamente fedele a ciò che è stato, per paura che muoversi verso di sé significhi davvero “lasciare andare” quel mondo. Ma questo ti tiene congelata in un presente che non è né passato né futuro.
E non voler “ricominciare” non è un problema: è una fase naturale quando il dolore non è ancora metabolizzato. Non si riparte costruendo una nuova famiglia o una nuova relazione: si riparte riconnettendosi a sé, lentamente, senza forzature, senza progetti imposti.
Per cominciare a sciogliere questo nodo, però, c’è una domanda che può essere molto illuminante: Che cosa temi davvero potrebbe accadere se iniziassi a concederti un po’ di spazio, anche minimo, solo per te stessa?
Un percorso psicologico può aiutarti a capire meglio in che direzione vorresti andare per stare meglio e supportarti in questo percorso tortuoso.
Non soffri per l’ex marito in sé, e questo è importante: soffri per la casa che rappresentava sicurezza, per una famiglia che era il tuo punto di riferimento, per la continuità che ti faceva sentire parte di qualcosa. È un dolore più esistenziale che sentimentale.
Il senso di fallimento che descrivi spesso nasce proprio quando una persona ha investito moltissimo nel mantenere armonia e stabilità, magari mettendo in secondo piano i propri bisogni. Se per anni ti sei dedicata alla cura degli altri, alla famiglia, al “tenere insieme”, è comprensibile che ora, senza quel contesto, tu percepisca un vuoto identitario: come se non sapessi più chi sei al di fuori dei ruoli familiari che ti definivano.
Il fatto che tuo figlio sia oggi il centro della tua vita è naturale, soprattutto quando tutto il resto sembra crollare. Ma è anche un peso grande da portare: quando il ruolo di madre diventa l’unico appiglio, tu stessa rischi di scomparire. E non meriti di scomparire.
Il senso di colpa che provi nel ritagliarti un pomeriggio per te — quella sensazione di “tradire” una famiglia che non c’è più ed è un segno di una lealtà interna molto forte, quasi invisibile. Come se una parte di te restasse rigidamente fedele a ciò che è stato, per paura che muoversi verso di sé significhi davvero “lasciare andare” quel mondo. Ma questo ti tiene congelata in un presente che non è né passato né futuro.
E non voler “ricominciare” non è un problema: è una fase naturale quando il dolore non è ancora metabolizzato. Non si riparte costruendo una nuova famiglia o una nuova relazione: si riparte riconnettendosi a sé, lentamente, senza forzature, senza progetti imposti.
Per cominciare a sciogliere questo nodo, però, c’è una domanda che può essere molto illuminante: Che cosa temi davvero potrebbe accadere se iniziassi a concederti un po’ di spazio, anche minimo, solo per te stessa?
Un percorso psicologico può aiutarti a capire meglio in che direzione vorresti andare per stare meglio e supportarti in questo percorso tortuoso.
Buonasera, posso comprendere quello che sente e la ringrazio di aver condiviso ciò che sente.
Quello che sembra mancarle è però qualcosa che esiste ancora: la sua famiglia, suo figlio; la sua casa, qualsiasi posto in cui la sua anima sente di essere al posto giusto; la vita che ha costruito, in realtà la vita che sta ancora costruendo. Ed inoltre il tempo dedicato a sè stessa non è mai abbastanza, se non ne avesse tradirebbe sè stessa. Lei non deve resistere per suo figlio, lei deve vivere, e non sopravvivere, perchè se lo merita.
Quello che posso dirle è di cercare di guardare alle cose che ha piuttosto che a quelle che crede di non avere più.
Quello che sembra mancarle è però qualcosa che esiste ancora: la sua famiglia, suo figlio; la sua casa, qualsiasi posto in cui la sua anima sente di essere al posto giusto; la vita che ha costruito, in realtà la vita che sta ancora costruendo. Ed inoltre il tempo dedicato a sè stessa non è mai abbastanza, se non ne avesse tradirebbe sè stessa. Lei non deve resistere per suo figlio, lei deve vivere, e non sopravvivere, perchè se lo merita.
Quello che posso dirle è di cercare di guardare alle cose che ha piuttosto che a quelle che crede di non avere più.
Il modo in cui descrivi questo periodo parla di un dolore che non riguarda solo la separazione, ma la perdita di un’intera identità costruita in anni di vita familiare: quando un legame così lungo finisce senza che siamo stati noi a sceglierlo, è normale sentire come se si fosse sgretolato il terreno sotto i piedi.
La tristezza profonda, il senso di fallimento e il vuoto che provi non indicano debolezza: sono segnali di quanto fosse significativo ciò che avevi costruito. Tu non stai soffrendo per amore, ma per la perdita di un ruolo, di una quotidianità, di un progetto esistito per vent’anni. È un lutto complesso e spesso richiede tempo e sostegno per essere elaborato.
Anche il senso di colpa per dedicarti a te stessa è un meccanismo molto comune in chi per anni ha vissuto mettendo al centro gli altri; quando la famiglia si sgretola, il tuo sistema interno continua automaticamente a seguire le stesse regole di prima, anche se quella realtà non c’è più, come se la tua mente non avesse ancora aggiornato "la mappa".
La tristezza profonda, il senso di fallimento e il vuoto che provi non indicano debolezza: sono segnali di quanto fosse significativo ciò che avevi costruito. Tu non stai soffrendo per amore, ma per la perdita di un ruolo, di una quotidianità, di un progetto esistito per vent’anni. È un lutto complesso e spesso richiede tempo e sostegno per essere elaborato.
Anche il senso di colpa per dedicarti a te stessa è un meccanismo molto comune in chi per anni ha vissuto mettendo al centro gli altri; quando la famiglia si sgretola, il tuo sistema interno continua automaticamente a seguire le stesse regole di prima, anche se quella realtà non c’è più, come se la tua mente non avesse ancora aggiornato "la mappa".
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