Salve, Penso di stare toccando il famoso fondo… Ho 29 anni e a 18 anni ho combattuto e vinto una b
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Salve,
Penso di stare toccando il famoso fondo…
Ho 29 anni e a 18 anni ho combattuto e vinto una battaglia contro il DOC. Da 3 anni a questa parte ho avuto pensieri intrusivi claustrofobici e sono tutt’ora in cura da una Psicologa.
Una settimana fa, mentre parlavo con un amico, mi stavo toccando la barba e improvvisamente ho pensato “cos’è sto schifo? La barba non mi appartiene come non mi appartiene questo corpo”
Da quel giorno mi guardo allo specchio e non mi riconosco, mi faccio ribrezzo.
Ovviamente vivo in uno stato d’ansia perenne che non mi lascia vivere e ho perso desiderio di andare a lavoro, palestra ecc…
Cosa mi sta succedendo? Grazie per le vostre risposte.
Penso di stare toccando il famoso fondo…
Ho 29 anni e a 18 anni ho combattuto e vinto una battaglia contro il DOC. Da 3 anni a questa parte ho avuto pensieri intrusivi claustrofobici e sono tutt’ora in cura da una Psicologa.
Una settimana fa, mentre parlavo con un amico, mi stavo toccando la barba e improvvisamente ho pensato “cos’è sto schifo? La barba non mi appartiene come non mi appartiene questo corpo”
Da quel giorno mi guardo allo specchio e non mi riconosco, mi faccio ribrezzo.
Ovviamente vivo in uno stato d’ansia perenne che non mi lascia vivere e ho perso desiderio di andare a lavoro, palestra ecc…
Cosa mi sta succedendo? Grazie per le vostre risposte.
Salve,
Sarebbe sicuramente opportuna una visita medica psichiatrica per la sintomatologia che descrive. Ad ogni modo, dato che lei è seguito già da una psicologa, le consiglio di parlare di questo aspetto all' interno della sua terapia. È molto importante.
Un saluto cordiale
Dott.ssa Di Giovanni
Sarebbe sicuramente opportuna una visita medica psichiatrica per la sintomatologia che descrive. Ad ogni modo, dato che lei è seguito già da una psicologa, le consiglio di parlare di questo aspetto all' interno della sua terapia. È molto importante.
Un saluto cordiale
Dott.ssa Di Giovanni
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Buongiorno,
capisco quanto possa essere angosciante vivere sensazioni di estraneità da sé e dal proprio corpo, soprattutto dopo una lunga esperienza di lotta contro l’ansia e i pensieri intrusivi. Queste esperienze, per quanto spaventose, non significano “perdere il controllo” o impazzire, ma sono spesso legate a un sovraccarico emotivo e possono essere comprese e affrontate con un percorso mirato. Lavoro spesso con persone che attraversano stati di forte ansia, depersonalizzazione o pensieri ossessivi, aiutandole a ritrovare stabilità, presenza corporea e fiducia in sé. Se lo desideri, possiamo fissare un primo colloquio per comprendere insieme cosa sta accadendo e individuare il percorso più adatto. A disposizione Mariella Bellotto
capisco quanto possa essere angosciante vivere sensazioni di estraneità da sé e dal proprio corpo, soprattutto dopo una lunga esperienza di lotta contro l’ansia e i pensieri intrusivi. Queste esperienze, per quanto spaventose, non significano “perdere il controllo” o impazzire, ma sono spesso legate a un sovraccarico emotivo e possono essere comprese e affrontate con un percorso mirato. Lavoro spesso con persone che attraversano stati di forte ansia, depersonalizzazione o pensieri ossessivi, aiutandole a ritrovare stabilità, presenza corporea e fiducia in sé. Se lo desideri, possiamo fissare un primo colloquio per comprendere insieme cosa sta accadendo e individuare il percorso più adatto. A disposizione Mariella Bellotto
Ciao, quello che stai descrivendo è una condizione molto dolorosa e destabilizzante, ma non sei solo né senza via d’uscita. Da come lo racconti, sembra che tu stia sperimentando una forma di depersonalizzazione e derealizzazione, fenomeni che spesso si presentano in persone con una storia di ansia intensa o disturbi ossessivi come il DOC. È come se la mente, sopraffatta dallo stress o dalla paura, “staccasse la spina” per proteggerti, creando però una sensazione alienante di distacco da te stesso, dal tuo corpo o dal mondo intorno. Questo non significa che tu stia impazzendo o perdendo il controllo: è una risposta difensiva del cervello che può essere temporanea e reversibile, soprattutto se affrontata con il giusto supporto. Il disgusto verso il tuo corpo e la sensazione che “non ti appartenga” sono sintomi frequenti di questo stato, aggravati dal continuo monitoraggio e dai pensieri ossessivi che alimentano il circolo dell’ansia. È positivo che tu sia già in cura da una psicologa: ti consiglio di parlarle apertamente di questo nuovo sintomo, perché potrebbe essere utile integrare il lavoro terapeutico con tecniche di grounding, esposizione alla realtà corporea e, se necessario, una valutazione psichiatrica per supportare il percorso con una terapia farmacologica temporanea. Intanto, cerca di non spaventarti dei sintomi: anche se sembrano “irreali”, sono espressioni di una mente stanca, non di una malattia irreversibile. Concentrati su piccoli gesti concreti che ti radicano nel presente (respirazione, movimento, contatto fisico con oggetti, routine), e cerca di non evitare gli specchi o le situazioni che ti spaventano, ma affrontale gradualmente. Stai attraversando un momento difficile, ma ciò che provi ha un nome, una spiegazione e una via di guarigione. Con il giusto supporto, potrai ritrovare la connessione con te stesso e tornare a sentirti “tu”.
Buonasera, ciò che mi stupisce è che, lei come molti altri utenti che scrivono, pur essendo in cura psicologica, chiedono a questa rubrica consigli che in prima battuta dovrebbero chiedere a chi li sta seguendo. Perché? Sfiducia? Il rapporto psicoterapeutico presuppone fiducia, se questo non c è, bisognerebbe riflettere sul perché accade.
Cordialmente, dr.ssa Daniela Benvenuti
Cordialmente, dr.ssa Daniela Benvenuti
Quello che racconta sembra legato a un momento di forte derealizzazione o depersonalizzazione, esperienze che possono insorgere in persone già predisposte a forme d’ansia o DOC, soprattutto nei periodi di stress intenso o di riattivazione dei sintomi ossessivi.
La sensazione di non riconoscersi o di percepire il proprio corpo come estraneo può essere estremamente spaventosa, perché tocca l’identità stessa, chi la vive ha la netta impressione di essere fuori da sé, ma in realtà il cervello sta semplicemente reagendo a uno stato di sovraccarico emotivo. È come se la mente mettesse una distanza di sicurezza per proteggersi, anche se la conseguenza è sentirsi disconnessi da se stessi.
È molto importante che continui il percorso con la sua psicologa e che le descriva con precisione questo episodio, perché può aiutarla a lavorare su ciò che lo ha scatenato e sui meccanismi d’ansia che lo alimentano. Spesso, quando si hanno vissuti come i suoi, si tende a controllare le sensazioni, a rimuginare o a monitorare continuamente il proprio corpo e i propri pensieri, e questo, paradossalmente, mantiene attiva la paura e il senso di estraneità.
Non sta impazzendo, è un momento di crisi, ma gestibile e reversibile con il giusto supporto. Ne ha già superati altri, e questo è un segnale forte della sua capacità di resilienza. Un caro saluto
La sensazione di non riconoscersi o di percepire il proprio corpo come estraneo può essere estremamente spaventosa, perché tocca l’identità stessa, chi la vive ha la netta impressione di essere fuori da sé, ma in realtà il cervello sta semplicemente reagendo a uno stato di sovraccarico emotivo. È come se la mente mettesse una distanza di sicurezza per proteggersi, anche se la conseguenza è sentirsi disconnessi da se stessi.
È molto importante che continui il percorso con la sua psicologa e che le descriva con precisione questo episodio, perché può aiutarla a lavorare su ciò che lo ha scatenato e sui meccanismi d’ansia che lo alimentano. Spesso, quando si hanno vissuti come i suoi, si tende a controllare le sensazioni, a rimuginare o a monitorare continuamente il proprio corpo e i propri pensieri, e questo, paradossalmente, mantiene attiva la paura e il senso di estraneità.
Non sta impazzendo, è un momento di crisi, ma gestibile e reversibile con il giusto supporto. Ne ha già superati altri, e questo è un segnale forte della sua capacità di resilienza. Un caro saluto
Caro utente,
ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza così personale e complessa. È evidente che stai affrontando una fase particolarmente difficile, e voglio riconoscere il coraggio che hai nel parlarne. L’ansia e i pensieri intrusivi possono essere molto destabilizzanti e influenzare profondamente la percezione di noi stessi e del nostro corpo.
Ciò che descrivi – il sentirti disconnesso dal tuo corpo e provare ribrezzo – è un'esperienza comune in situazioni di elevata ansia e di disordini dell'umore. Questi sentimenti di disidentificazione possono riflettere una risposta automatica di difesa della mente, spesso legata a esperienze passate o a una pressione emotiva attuale. È importante sapere che stai vivendo una reazione che può essere gestita e compresa meglio attraverso il supporto psicologico.
Essendo ancora in trattamento con la tua psicologa, sarebbe utile approfondire queste esperienze durante le sessioni. Potrebbe essere importante esplorare le origini di questi pensieri intrusivi e come si manifestano nella tua vita quotidiana. Lavorare sulla consapevolezza e sull'accettazione potrebbe offrirti un’opportunità per ricostruire una visione più positiva e integrata di te stesso.
Inoltre, ti consiglio di prenderti cura di te anche al di fuori delle sedute: piccole azioni quotidiane che ti portano gioia o rilassamento possono favorire un incremento del benessere. Attività come la meditazione, l'esercizio fisico (quando ti è possibile), o semplicemente dedicarti a hobby che ti appassionano possono avere un effetto positivo nel lungo termine.
cordialmente,
ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza così personale e complessa. È evidente che stai affrontando una fase particolarmente difficile, e voglio riconoscere il coraggio che hai nel parlarne. L’ansia e i pensieri intrusivi possono essere molto destabilizzanti e influenzare profondamente la percezione di noi stessi e del nostro corpo.
Ciò che descrivi – il sentirti disconnesso dal tuo corpo e provare ribrezzo – è un'esperienza comune in situazioni di elevata ansia e di disordini dell'umore. Questi sentimenti di disidentificazione possono riflettere una risposta automatica di difesa della mente, spesso legata a esperienze passate o a una pressione emotiva attuale. È importante sapere che stai vivendo una reazione che può essere gestita e compresa meglio attraverso il supporto psicologico.
Essendo ancora in trattamento con la tua psicologa, sarebbe utile approfondire queste esperienze durante le sessioni. Potrebbe essere importante esplorare le origini di questi pensieri intrusivi e come si manifestano nella tua vita quotidiana. Lavorare sulla consapevolezza e sull'accettazione potrebbe offrirti un’opportunità per ricostruire una visione più positiva e integrata di te stesso.
Inoltre, ti consiglio di prenderti cura di te anche al di fuori delle sedute: piccole azioni quotidiane che ti portano gioia o rilassamento possono favorire un incremento del benessere. Attività come la meditazione, l'esercizio fisico (quando ti è possibile), o semplicemente dedicarti a hobby che ti appassionano possono avere un effetto positivo nel lungo termine.
cordialmente,
Ciao, capisco quanto possa essere spaventante vivere un’esperienza come quella che descrivi. Quando ci si sente improvvisamente “estranei” al proprio corpo o alla propria immagine, spesso si attiva una forte ansia che può farci percepire la realtà, o noi stessi, in modo distorto. È una reazione che può comparire in momenti di forte stress o riattivazione di vecchie paure, come quelle legate al DOC, anche se non significa che tu stia “ricadendo” o che non ci sia via d’uscita.
Il fatto che tu sia già in cura con una psicologa è molto importante: parlale apertamente di questa nuova sensazione di estraneità e disgusto verso il corpo. È fondamentale affrontarla insieme, senza isolarla o tentare di “scacciarla da solo”. Con il giusto supporto è possibile comprendere meglio da dove nasce questa esperienza e ridurne progressivamente l’impatto.
Ti incoraggio a non restare da solo in questo momento: il primo passo, come hai già fatto scrivendo qui, è chiedere aiuto e mettere in parole ciò che provi.
Un caro saluto,
Dott. Simone Carpignano
Il fatto che tu sia già in cura con una psicologa è molto importante: parlale apertamente di questa nuova sensazione di estraneità e disgusto verso il corpo. È fondamentale affrontarla insieme, senza isolarla o tentare di “scacciarla da solo”. Con il giusto supporto è possibile comprendere meglio da dove nasce questa esperienza e ridurne progressivamente l’impatto.
Ti incoraggio a non restare da solo in questo momento: il primo passo, come hai già fatto scrivendo qui, è chiedere aiuto e mettere in parole ciò che provi.
Un caro saluto,
Dott. Simone Carpignano
Gentile,
comprendo profondamente il suo stato di smarrimento e la paura che sta vivendo in questo momento. Da ciò che descrive, sembra che stia attraversando una fase acuta di ansia dissociativa e depersonalizzazione, che può comparire in persone con una storia di disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o di forte ansia. Non significa che stia “impazzendo”, ma che la mente, sopraffatta dallo stress, mette in atto un meccanismo di difesa per proteggersi da emozioni troppo intense o da pensieri angoscianti.
La sensazione di “non appartenere al proprio corpo” o di “non riconoscersi allo specchio” è molto destabilizzante, ma si tratta di un’esperienza reversibile e comprensibile sul piano psicologico. In genere si presenta in momenti di forte ipercontrollo o di ansia protratta, quando il cervello fatica a integrare le percezioni corporee con l’esperienza emotiva.
Le suggerisco di parlarne al più presto con la sua psicologa, spiegando in modo dettagliato ciò che sta provando. Potrebbe essere utile, insieme a lei, valutare un eventuale supporto psichiatrico temporaneo: in certi casi, un trattamento farmacologico associato alla psicoterapia può ridurre l’intensità dell’ansia e facilitare il recupero del senso di sé.
Quello che le sta accadendo non cancella i progressi fatti finora: è un momento di crisi, ma non un ritorno al passato. Il fatto che abbia già chiesto aiuto e che stia proseguendo la terapia è un segno di grande consapevolezza. Con il giusto supporto, questo stato può attenuarsi e lasciare spazio nuovamente alla sensazione di identità e stabilità.
Cordialmente,
Dottoressa Gloria Giacomin
comprendo profondamente il suo stato di smarrimento e la paura che sta vivendo in questo momento. Da ciò che descrive, sembra che stia attraversando una fase acuta di ansia dissociativa e depersonalizzazione, che può comparire in persone con una storia di disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o di forte ansia. Non significa che stia “impazzendo”, ma che la mente, sopraffatta dallo stress, mette in atto un meccanismo di difesa per proteggersi da emozioni troppo intense o da pensieri angoscianti.
La sensazione di “non appartenere al proprio corpo” o di “non riconoscersi allo specchio” è molto destabilizzante, ma si tratta di un’esperienza reversibile e comprensibile sul piano psicologico. In genere si presenta in momenti di forte ipercontrollo o di ansia protratta, quando il cervello fatica a integrare le percezioni corporee con l’esperienza emotiva.
Le suggerisco di parlarne al più presto con la sua psicologa, spiegando in modo dettagliato ciò che sta provando. Potrebbe essere utile, insieme a lei, valutare un eventuale supporto psichiatrico temporaneo: in certi casi, un trattamento farmacologico associato alla psicoterapia può ridurre l’intensità dell’ansia e facilitare il recupero del senso di sé.
Quello che le sta accadendo non cancella i progressi fatti finora: è un momento di crisi, ma non un ritorno al passato. Il fatto che abbia già chiesto aiuto e che stia proseguendo la terapia è un segno di grande consapevolezza. Con il giusto supporto, questo stato può attenuarsi e lasciare spazio nuovamente alla sensazione di identità e stabilità.
Cordialmente,
Dottoressa Gloria Giacomin
Buongiorno, le consiglio di rivolgersi alla psicologa che la sta seguendo e che quindi la conosce. Sarebbe inoltre opportuna, a questo punto, anche una valutazione psichiatrica, al fine dell'introduzione di una possibile cura farmacologica. Cordiali saluti.
Buongiorno, capisco quanto ciò che sta vivendo possa essere spiazzante e difficile da sopportare. Quando la percezione di sé cambia in modo improvviso e sembra quasi di non riconoscersi più, è naturale sentirsi disorientati, impauriti e anche arrabbiati con se stessi. L’esperienza che descrive (quel momento in cui un pensiero è arrivato all’improvviso e ha messo in dubbio qualcosa di apparentemente familiare, come il proprio corpo) può generare una forte sensazione di estraneità e innescare un ciclo di ansia e controllo che si autoalimenta, rendendo ogni giorno più difficile trovare sollievo. In situazioni come questa, è importante ricordare che i pensieri e le sensazioni che emergono non definiscono chi è, ma rappresentano un segnale del disagio che sta attraversando in questo periodo. Spesso, quando ci sentiamo sotto pressione o vulnerabili, la mente può reagire mettendo in discussione proprio ciò che ci sembra più stabile, come la nostra identità o la percezione del corpo. È una forma di difesa, anche se spiacevole, che ha l’effetto di confondere e far sentire come se tutto si stesse sgretolando. Il fatto che stia già affrontando questo momento insieme a una psicologa è molto importante. Continuare a condividere con lei questi pensieri e le emozioni che ne derivano potrà aiutarla a dare un significato più chiaro a ciò che sta accadendo e a trovare strategie per ridurre l’impatto dell’ansia. Non serve forzarsi a scacciare i pensieri o a cercare risposte immediate, ma piuttosto imparare gradualmente a osservarli per quello che sono, senza lasciarsi definire da essi. Può essere utile, nei momenti più difficili, cercare piccoli ancoraggi alla realtà quotidiana: gesti semplici, come uscire a camminare, fare una doccia, parlare con una persona di fiducia, possono aiutarla a sentirsi più radicata nel presente e meno sopraffatta dalla mente. Ogni passo, anche minimo, nella direzione del prendersi cura di sé, contribuisce a ricostruire un senso di sicurezza e di familiarità con il proprio corpo e con la propria immagine. Nonostante ora tutto possa sembrare confuso, è possibile ritrovare una percezione più serena di sé. Con pazienza, costanza e il giusto supporto, la mente può tornare a fidarsi delle proprie sensazioni e il corpo può tornare a essere un luogo in cui sentirsi a casa. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Gentile Utente, mi dispiace molto per il momento difficile che sta attraversando. Da ciò che descrive, sembra che stia vivendo una forte esperienza di depersonalizzazione o derealizzazione, due stati psicologici che possono emergere in periodi di stress intenso o in presenza di disturbi d’ansia o di DOC. In queste condizioni, può accadere di sentirsi “estranei” rispetto al proprio corpo, al proprio volto o ai propri pensieri, come se non appartenessero più a se stessi. Che lei abbia già una storia di DOC è importante: spesso le persone con disturbo ossessivo tendono a sviluppare ossessioni legate all’identità o alla percezione di sé. Questi pensieri, pur essendo irrazionali, attivano un circolo di paura e ipercontrollo che incrementa la dissociazione e l’ansia.
Il passo più importante è non affrontare tutto da solo, se non lo sta già facendo, intraprendendo un percorso di psicoterapia con uno specialista del settore; inoltre potrebbe essere utile integrare il percorso psicoterapeutico con un supporto farmacologico quantomeno temporaneo, se l’ansia e la depersonalizzazione diventano troppo pervasive.
Nel frattempo, può cercare di ancorarsi alla realtà con esercizi di grounding: toccare oggetti concreti, nominare ciò che la circonda, sentire la temperatura dell’ambiente o la consistenza dei tessuti contro la pelle. Sono piccoli gesti che aiutano a “ritornare nel corpo” quando la mente tende a distaccarsi.
Qualora avesse ulteriori dubbi o domande, non esiti a contattarmi.
Cordiali saluti.
Il passo più importante è non affrontare tutto da solo, se non lo sta già facendo, intraprendendo un percorso di psicoterapia con uno specialista del settore; inoltre potrebbe essere utile integrare il percorso psicoterapeutico con un supporto farmacologico quantomeno temporaneo, se l’ansia e la depersonalizzazione diventano troppo pervasive.
Nel frattempo, può cercare di ancorarsi alla realtà con esercizi di grounding: toccare oggetti concreti, nominare ciò che la circonda, sentire la temperatura dell’ambiente o la consistenza dei tessuti contro la pelle. Sono piccoli gesti che aiutano a “ritornare nel corpo” quando la mente tende a distaccarsi.
Qualora avesse ulteriori dubbi o domande, non esiti a contattarmi.
Cordiali saluti.
Ciao,
grazie per aver trovato il coraggio di scrivere — non è affatto semplice mettere in parole quello che stai vivendo. Da quello che racconti, sembra che tu stia attraversando un momento di forte disconnessione da te stesso e dal tuo corpo, che può spaventare molto e far sentire come “estranei” dentro la propria pelle.
In Gestalt diremmo che qualcosa dentro di te sta chiedendo di essere visto, forse dopo anni di lotte e tentativi di controllo. Non è “follia” né una ricaduta inevitabile, ma un segnale di quanto il tuo sistema sia affaticato e abbia bisogno di contatto, di presenza e di ascolto gentile.
Un caro saluto,
Veronica De Iuliis
Psicologa
grazie per aver trovato il coraggio di scrivere — non è affatto semplice mettere in parole quello che stai vivendo. Da quello che racconti, sembra che tu stia attraversando un momento di forte disconnessione da te stesso e dal tuo corpo, che può spaventare molto e far sentire come “estranei” dentro la propria pelle.
In Gestalt diremmo che qualcosa dentro di te sta chiedendo di essere visto, forse dopo anni di lotte e tentativi di controllo. Non è “follia” né una ricaduta inevitabile, ma un segnale di quanto il tuo sistema sia affaticato e abbia bisogno di contatto, di presenza e di ascolto gentile.
Un caro saluto,
Veronica De Iuliis
Psicologa
Buonasera,
capisco quanto questo vissuto possa essere spaventoso. Quello che descrive, la sensazione che il corpo non Le appartenga, il sentirsi “distaccato” da sé stesso e il ribrezzo nel riconoscersi, può manifestarsi in momenti di forte stress o ansia come una forma di depersonalizzazione o derealizzazione. Non significa “impazzire”, ma è una reazione psicologica che serve, in un certo senso, a difendersi da un sovraccarico emotivo.
Il fatto che sia già seguito da una psicologa è molto importante: Le consiglio di parlarne subito con lei, descrivendo nel dettaglio questi nuovi sintomi, così da adattare il percorso terapeutico e valutare se è utile coinvolgere anche un medico psichiatra per un supporto combinato.
Non affronti da solo questa fase: può essere transitoria e migliorare con il giusto aiuto.
Cordiali saluti,
dott.ssa Greta Pisano
psicologa e psicoterapeuta
capisco quanto questo vissuto possa essere spaventoso. Quello che descrive, la sensazione che il corpo non Le appartenga, il sentirsi “distaccato” da sé stesso e il ribrezzo nel riconoscersi, può manifestarsi in momenti di forte stress o ansia come una forma di depersonalizzazione o derealizzazione. Non significa “impazzire”, ma è una reazione psicologica che serve, in un certo senso, a difendersi da un sovraccarico emotivo.
Il fatto che sia già seguito da una psicologa è molto importante: Le consiglio di parlarne subito con lei, descrivendo nel dettaglio questi nuovi sintomi, così da adattare il percorso terapeutico e valutare se è utile coinvolgere anche un medico psichiatra per un supporto combinato.
Non affronti da solo questa fase: può essere transitoria e migliorare con il giusto aiuto.
Cordiali saluti,
dott.ssa Greta Pisano
psicologa e psicoterapeuta
Save, sicuramente fare un percorso di terapia è importantissimo, lei con la sua psicologa potrebbe andare a indagare da dove nasce il DOC, è riuscito ad inviduare il significato dei suoi sintomi? Oltre ad un percorso di psicoterapia se i sintomi diventando così invalidanti potrebbe pensare di affiancare la psicoterapia ad una cura farmacologica, per gestire meglio le sue ansie e poi provare a comprendere di più di sé e come mai arrivano questi pensieri... La terapia farmacologica potrebbe essere anche per poco tempo ma talvolta può essere un inizio, ovviamente affiancata ad una psicoterapia. Ne parli con la sua psicologa
Caro utente,
le parole che usi — “non mi appartiene questo corpo”, “non mi riconosco” — raccontano un’esperienza profonda e spaventosa: quella di estraneità da sé, una sensazione che può comparire quando la mente, sotto l’effetto dell’ansia o del trauma, perde momentaneamente il senso di continuità e di familiarità con il proprio corpo o con la propria identità.
Quello che descrivi non è raro nei disturbi ossessivi o ansiosi gravi: si tratta di fenomeni che chiamiamo derealizzazione o depersonalizzazione, modi con cui la psiche tenta di proteggersi da un eccesso di angoscia. È come se la mente, per non essere travolta, prendesse distanza da sé stessa e dal corpo. Non è una “pazzia” né una perdita di controllo, ma una forma estrema di difesa.
Il ribrezzo verso il corpo, l’impossibilità di riconoscersi, la paura che tutto ciò significhi “impazzire” sono effetti secondari di questo stato dissociativo: il pensiero ossessivo (“non mi appartiene”) si aggancia a una sensazione corporea reale di straniamento e la trasforma in un ciclo di paura che si autoalimenta.
Più la mente cerca di verificare la realtà (“è mio o non è mio questo corpo?”), più la sensazione si amplifica.
È comprensibile che tu ti senta spaventato e privo di energia: quando l’identità vacilla, anche le azioni quotidiane perdono senso. Ma è importante sapere che questi stati non sono permanenti, e che si collocano dentro il campo dell’ansia e del DOC, non in quello della follia.
Il fatto che tu sia già in cura è un punto centrale: questi vissuti vanno riportati subito alla tua psicologa, con la massima sincerità. Non sono un “peggioramento” da nascondere, ma un’informazione importante per calibrare meglio il lavoro terapeutico. In alcuni casi, se l’ansia è molto elevata e i pensieri diventano costanti, può essere utile anche una valutazione psichiatrica di supporto.
Quello che stai attraversando, per quanto spaventoso, non definisce chi sei. È una crisi acuta, un punto di saturazione del sistema, ma non un punto di non ritorno.
A volte “toccare il fondo”, come scrivi, non significa precipitare, ma arrivare al limite oltre il quale qualcosa deve cambiare forma.
Con delicatezza,
Dott.ssa Raffaella Pia Testa
Psicologa – Psicoterapeuta in formazione
In presenza e online
le parole che usi — “non mi appartiene questo corpo”, “non mi riconosco” — raccontano un’esperienza profonda e spaventosa: quella di estraneità da sé, una sensazione che può comparire quando la mente, sotto l’effetto dell’ansia o del trauma, perde momentaneamente il senso di continuità e di familiarità con il proprio corpo o con la propria identità.
Quello che descrivi non è raro nei disturbi ossessivi o ansiosi gravi: si tratta di fenomeni che chiamiamo derealizzazione o depersonalizzazione, modi con cui la psiche tenta di proteggersi da un eccesso di angoscia. È come se la mente, per non essere travolta, prendesse distanza da sé stessa e dal corpo. Non è una “pazzia” né una perdita di controllo, ma una forma estrema di difesa.
Il ribrezzo verso il corpo, l’impossibilità di riconoscersi, la paura che tutto ciò significhi “impazzire” sono effetti secondari di questo stato dissociativo: il pensiero ossessivo (“non mi appartiene”) si aggancia a una sensazione corporea reale di straniamento e la trasforma in un ciclo di paura che si autoalimenta.
Più la mente cerca di verificare la realtà (“è mio o non è mio questo corpo?”), più la sensazione si amplifica.
È comprensibile che tu ti senta spaventato e privo di energia: quando l’identità vacilla, anche le azioni quotidiane perdono senso. Ma è importante sapere che questi stati non sono permanenti, e che si collocano dentro il campo dell’ansia e del DOC, non in quello della follia.
Il fatto che tu sia già in cura è un punto centrale: questi vissuti vanno riportati subito alla tua psicologa, con la massima sincerità. Non sono un “peggioramento” da nascondere, ma un’informazione importante per calibrare meglio il lavoro terapeutico. In alcuni casi, se l’ansia è molto elevata e i pensieri diventano costanti, può essere utile anche una valutazione psichiatrica di supporto.
Quello che stai attraversando, per quanto spaventoso, non definisce chi sei. È una crisi acuta, un punto di saturazione del sistema, ma non un punto di non ritorno.
A volte “toccare il fondo”, come scrivi, non significa precipitare, ma arrivare al limite oltre il quale qualcosa deve cambiare forma.
Con delicatezza,
Dott.ssa Raffaella Pia Testa
Psicologa – Psicoterapeuta in formazione
In presenza e online
Buongiorno, grazie per aver scritto.
Non so se posso essere d'aiuto ma tante nostre reazioni sono conseguenze che arrivano da diversi fattori che non possiamo definire senza conoscerla. Per questo la invito a fidarsi della sua psicologa e a continuare il percorso con lei confrontandoti e cercando una soluzione giusta per te. Su questi portali potrai trovare migliaia di risposte generiche e inesatte per te che forse procurano anche più preoccupazioni. Per questo la relazione di fiducia che si instaura con la propria terapeuta è la più sana e giusta per te.
Buon percorso
Dott.ssa Casumaro Giada
Non so se posso essere d'aiuto ma tante nostre reazioni sono conseguenze che arrivano da diversi fattori che non possiamo definire senza conoscerla. Per questo la invito a fidarsi della sua psicologa e a continuare il percorso con lei confrontandoti e cercando una soluzione giusta per te. Su questi portali potrai trovare migliaia di risposte generiche e inesatte per te che forse procurano anche più preoccupazioni. Per questo la relazione di fiducia che si instaura con la propria terapeuta è la più sana e giusta per te.
Buon percorso
Dott.ssa Casumaro Giada
Talvolta ciò che accade dentro di noi prende la forma di un improvviso scarto, un momento in cui qualcosa che sembrava familiare diventa estraneo. Può succedere che un dettaglio, come un gesto o un’immagine riflessa, apra una frattura nel modo in cui ci percepiamo, facendo emergere un senso di estraneità verso il proprio corpo o la propria immagine. Non si tratta di “perdere sé stessi”, ma di un momento in cui ciò che fino a ieri teneva insieme la propria identità vacilla, come se qualcosa del proprio modo di sentirsi “uno” non riuscisse più a tenere. In queste esperienze, il corpo sembra diventare un oggetto esterno, quasi ostile, e insieme può riaffiorare un’angoscia profonda che chiede di essere ascoltata, non zittita. È importante non forzarsi a tornare “come prima”, ma provare a dare parola a ciò che oggi si impone in modo così perturbante. Ogni volta che un vissuto si manifesta con questa forza, porta con sé un significato che riguarda qualcosa di intimo, spesso rimasto a lungo taciuto. Nel mio orientamento, il lavoro si fonda sull’ascolto di ciò che emerge dietro il sintomo, su ciò che vuole farsi dire, per restituire al soggetto un senso di continuità con sé stesso e la possibilità di abitare nuovamente il proprio corpo in modo autentico.
Se lo desidera, può contattarmi: troverà uno spazio di profondo ascolto, dove nessun pensiero sarà giudicato e dove sarà possibile dare voce a ciò che oggi appare indicibile. Un caro saluto, dottoressa Laura Lanocita.
Se lo desidera, può contattarmi: troverà uno spazio di profondo ascolto, dove nessun pensiero sarà giudicato e dove sarà possibile dare voce a ciò che oggi appare indicibile. Un caro saluto, dottoressa Laura Lanocita.
Buonasera,
le sue parole trasmettono con grande lucidità la sofferenza che sta vivendo, e già questo è un segnale importante di consapevolezza. L’esperienza che descrive — quella sensazione improvvisa di estraneità da sé, dal proprio corpo o dalla propria immagine — può essere molto spaventosa, ma non significa “impazzire”: spesso si tratta di un fenomeno che chiamiamo derealizzazione o depersonalizzazione, legato a un’elevata attivazione ansiosa o a momenti di forte stress psichico.
È come se la mente, sopraffatta dall’intensità delle emozioni, attivasse un meccanismo di difesa per “staccarsi” da ciò che sente troppo. Il problema è che questa protezione, se prolungata, fa vivere la realtà come distante, irreale o “non propria”, generando un senso di panico e disgusto verso se stessi.
Il fatto che sia già seguito da una psicologa è molto positivo: è importante parlare apertamente di questo nuovo sintomo, senza paura o vergogna, perché può essere integrato nel percorso in corso con strategie di grounding, lavoro corporeo e rielaborazione delle paure legate alla perdita di controllo.
Spesso, accanto al lavoro psicologico, è utile un breve supporto farmacologico concordato con lo specialista di riferimento, per calmare il livello di allarme e permettere al lavoro terapeutico di essere più efficace.
Non sta “toccando il fondo”: sta attraversando una fase di forte attivazione che può essere compresa, gestita e trasformata. Con il giusto aiuto, è possibile ritrovare un senso di continuità con se stessi e recuperare il piacere di vivere.
Un caro saluto,
Dott.ssa Sara Petroni – Psicologa
le sue parole trasmettono con grande lucidità la sofferenza che sta vivendo, e già questo è un segnale importante di consapevolezza. L’esperienza che descrive — quella sensazione improvvisa di estraneità da sé, dal proprio corpo o dalla propria immagine — può essere molto spaventosa, ma non significa “impazzire”: spesso si tratta di un fenomeno che chiamiamo derealizzazione o depersonalizzazione, legato a un’elevata attivazione ansiosa o a momenti di forte stress psichico.
È come se la mente, sopraffatta dall’intensità delle emozioni, attivasse un meccanismo di difesa per “staccarsi” da ciò che sente troppo. Il problema è che questa protezione, se prolungata, fa vivere la realtà come distante, irreale o “non propria”, generando un senso di panico e disgusto verso se stessi.
Il fatto che sia già seguito da una psicologa è molto positivo: è importante parlare apertamente di questo nuovo sintomo, senza paura o vergogna, perché può essere integrato nel percorso in corso con strategie di grounding, lavoro corporeo e rielaborazione delle paure legate alla perdita di controllo.
Spesso, accanto al lavoro psicologico, è utile un breve supporto farmacologico concordato con lo specialista di riferimento, per calmare il livello di allarme e permettere al lavoro terapeutico di essere più efficace.
Non sta “toccando il fondo”: sta attraversando una fase di forte attivazione che può essere compresa, gestita e trasformata. Con il giusto aiuto, è possibile ritrovare un senso di continuità con se stessi e recuperare il piacere di vivere.
Un caro saluto,
Dott.ssa Sara Petroni – Psicologa
Buonasera, può darsi che si tratti di dissociazione dovuta alla forte attivazione emotiva. Ne parli con chi la segue ma ha già fatto la cosa migliore: prendersi cura di sé. La sua dottoressa valuterà se coinvolgere, o meno, altre figure per un supporto farmacologico. Si tratta chiaramente di considerazioni molto superficiali e supposizioni che andrebbero attentamente valutate conoscendola.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Buongiorno,
Il pensiero e i vissuti di cui parla, talvolta, potrebbero essere legati a esperienze di forte stress o ansia, oppure a un riattivarsi di tematiche legate al controllo e alla percezione di sé, come può accadere in chi ha già sofferto di disturbi ossessivi.
Il fatto che lei sia già in cura è molto importante: le suggerirei di condividere subito questi nuovi sintomi con la sua psicologa, così da poterli esplorare insieme e capire come gestirli. Non è raro attraversare momenti di "riattivazione" di vecchie paure che si ripresentano a distanza di anni: questo non significa “tornare indietro”, ma avere l’occasione di approfondire e integrare parti di sé che forse oggi chiedono più ascolto e attenzione...
Un caro saluto,
Dott.ssa Simona Santoni – Psicologa
Il pensiero e i vissuti di cui parla, talvolta, potrebbero essere legati a esperienze di forte stress o ansia, oppure a un riattivarsi di tematiche legate al controllo e alla percezione di sé, come può accadere in chi ha già sofferto di disturbi ossessivi.
Il fatto che lei sia già in cura è molto importante: le suggerirei di condividere subito questi nuovi sintomi con la sua psicologa, così da poterli esplorare insieme e capire come gestirli. Non è raro attraversare momenti di "riattivazione" di vecchie paure che si ripresentano a distanza di anni: questo non significa “tornare indietro”, ma avere l’occasione di approfondire e integrare parti di sé che forse oggi chiedono più ascolto e attenzione...
Un caro saluto,
Dott.ssa Simona Santoni – Psicologa
Ciao,
da ciò che descrivi sembra che tu stia vivendo un momento di forte disagio legato alla percezione di te stesso e del tuo corpo, accompagnato da ansia intensa e pensieri intrusivi. È comprensibile che tutto questo ti stia spaventando e disorientando.
Considerando la tua storia e la ricomparsa di sintomi simili a quelli del passato, sarebbe importante approfondire la situazione insieme a uno specialista — in particolare uno psicoterapeuta — per comprendere meglio l’origine di questi vissuti e trovare strategie efficaci per gestirli.
Un percorso di approfondimento può aiutarti a recuperare equilibrio e serenità, oltre a offrirti uno spazio sicuro in cui dare senso a ciò che stai sperimentando.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
da ciò che descrivi sembra che tu stia vivendo un momento di forte disagio legato alla percezione di te stesso e del tuo corpo, accompagnato da ansia intensa e pensieri intrusivi. È comprensibile che tutto questo ti stia spaventando e disorientando.
Considerando la tua storia e la ricomparsa di sintomi simili a quelli del passato, sarebbe importante approfondire la situazione insieme a uno specialista — in particolare uno psicoterapeuta — per comprendere meglio l’origine di questi vissuti e trovare strategie efficaci per gestirli.
Un percorso di approfondimento può aiutarti a recuperare equilibrio e serenità, oltre a offrirti uno spazio sicuro in cui dare senso a ciò che stai sperimentando.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Gentile utente di mio dottore,
sarebbe opportuno ne parlasse in seduta al prossimo incontro con la sua psicologa. Potrebbe essere un importante spunto di riflessione su cui soffermarsi e da cui ripartire.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
sarebbe opportuno ne parlasse in seduta al prossimo incontro con la sua psicologa. Potrebbe essere un importante spunto di riflessione su cui soffermarsi e da cui ripartire.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Buona sera,
affrontare questa tematica con la specialista che la sta seguendo potrebbe essere un ottimo argomento di lavoro. Se la psicologa che la segue è anche psicoterapeuta con una buona probabilità potrà affrontare insieme a lei questa sensazione che la sta accompagnando, altrimenti, se la professionista ritiene di non poterla supportare in questo frangente, sarà sua premura inviarla a qualche collega. E' importante che ne parli con chi conosce meglio la sua storia di vita in quanto ha certamente un quadro più completo della sua situazione ed una conoscenza maggiormente approfondita della sua persona.
Cordialmente,
dott.ssa Togni
affrontare questa tematica con la specialista che la sta seguendo potrebbe essere un ottimo argomento di lavoro. Se la psicologa che la segue è anche psicoterapeuta con una buona probabilità potrà affrontare insieme a lei questa sensazione che la sta accompagnando, altrimenti, se la professionista ritiene di non poterla supportare in questo frangente, sarà sua premura inviarla a qualche collega. E' importante che ne parli con chi conosce meglio la sua storia di vita in quanto ha certamente un quadro più completo della sua situazione ed una conoscenza maggiormente approfondita della sua persona.
Cordialmente,
dott.ssa Togni
Buongiorno,
è un buon risultato quello che ha raggiunto nel passato nel superare una battaglia contro il DOC. I pensieri intrusivi possono farne parte, ed è utile affrontarli, anche nel caso in cui abbiano cambiato contenuto. Rispetto anche all'episodio della barba e la sensazione di non riconoscere la sua immagine e il suo corpo, ne parli con chi la segue. Con una/uno psicoterapeuta può affrontare l'ansia e calibrare il trattamento in base alla sua persona e al suo modo unico di essere e sentire. Così, è utile esplorare insieme anche le aree in cui ha perso interesse. Le faccio tanti auguri.
Dott. Giovanni Iacoviello
è un buon risultato quello che ha raggiunto nel passato nel superare una battaglia contro il DOC. I pensieri intrusivi possono farne parte, ed è utile affrontarli, anche nel caso in cui abbiano cambiato contenuto. Rispetto anche all'episodio della barba e la sensazione di non riconoscere la sua immagine e il suo corpo, ne parli con chi la segue. Con una/uno psicoterapeuta può affrontare l'ansia e calibrare il trattamento in base alla sua persona e al suo modo unico di essere e sentire. Così, è utile esplorare insieme anche le aree in cui ha perso interesse. Le faccio tanti auguri.
Dott. Giovanni Iacoviello
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