Salve cerco una risposta che nessuno sa darmi e che alla notte non mi fa dormire circa 2 anni fa ,do

24 risposte
Salve cerco una risposta che nessuno sa darmi e che alla notte non mi fa dormire circa 2 anni fa ,dopo 25 anni di matrimonio mia moglie mi ha chiesto la separazione ,,cause dinamiche familiari, io naturalmente a malincuore (amo ancora la mia ex)ho dovuto accettare la separazione consensuale lei è andata via ,e con essa I miei 2 figli adulti che ritenendomi responsabile dell'accaduto non mi parlano più e che non ci vediamo da oramai tanto tempo, da allora disagi tristezza angoscia mi accompagnano,,ho cercato in ogni modo un confronto con loro ,sempre negativi,un vero muro,le persone a me vicine dicono di andare avanti ,di pesare a me stesso,e cominciare ad infischiarmene di loro ma io mi chiedo come può riuscire un padre ,a dimenticare i propri figli, e possibile sopravvivere a tutto ciò, vorrei tanto che qualcuno melo insegnasse ,ad jn muro eretto dai propri figli come deve comportarsi un padre ?grazie mille e di cuore a chi vorrà aiutarmi dandomi un personale parere buona serata
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buonasera,
comprendo profondamente il dolore che sta vivendo. La fine di un matrimonio dopo tanti anni, soprattutto se non desiderata, porta con sé un carico emotivo fatto di tristezza, senso di colpa, frustrazione e smarrimento. Quando a questo si aggiunge l’allontanamento dei figli, il vissuto di fallimento e abbandono può diventare davvero insopportabile. È naturale sentirsi schiacciati da queste emozioni e tormentati dalla domanda: "Come si fa ad andare avanti senza i propri figli?"

Le persone vicine, invitandola a "pensare a sé stesso" o a "infischiarsene", cercano probabilmente di darle una via per proteggersi dal dolore. Tuttavia, un padre che ama i propri figli non può semplicemente "dimenticare". È umano soffrire per un legame che si è incrinato, soprattutto quando non si riesce a ricucire quel rapporto nonostante i tentativi.

Di fronte a un muro eretto dai figli, la cosa più importante è non alimentare ulteriormente il conflitto con insistenza o rancore, ma mantenere una posizione di apertura e disponibilità, pur proteggendo sé stessi dalla continua frustrazione. A volte serve tempo, pazienza e lavoro su di sé per accettare che non tutto è sotto il nostro controllo. Continuare a far sapere ai propri figli che si è presenti e disposti a ricostruire il rapporto, senza pressioni, può essere un modo per lasciare una porta aperta.

Nel frattempo, però, è fondamentale che lei si prenda cura del proprio dolore: non per dimenticare, ma per imparare a convivere con questa ferita senza esserne sopraffatto.

Sarebbe molto utile e consigliato, per approfondire e affrontare questo momento così complesso, rivolgersi ad uno specialista che possa accompagnarla in un percorso di elaborazione e di sostegno emotivo.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa








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Dott.ssa Nunzia D'Anna
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
La sua sofferenza è palpabile e legittima. Credo che le farebbe davvero tanto bene parlarne con un terapeuta, anche per capire se può attivare un sistema comunicativo più funzionale ad ottenere il riavvicinamento che tanto desidera. In bocca al lupo!
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Salve, la ringrazio sinceramente per la profondità e la sincerità con cui ha condiviso la sua esperienza. Leggendo le sue parole si percepisce con forza il dolore, la solitudine e quel senso di smarrimento che spesso accompagna eventi così destabilizzanti come una separazione, soprattutto quando si aggiunge l’allontanamento dei figli, che per un genitore è forse la ferita più difficile da sopportare. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, quello che lei sta vivendo è il risultato di un trauma relazionale profondo, che ha attivato pensieri dolorosi e automatici come “sono stato abbandonato”, “non valgo abbastanza per loro”, “non meritavo tutto questo”. Questi pensieri, se non riconosciuti e ristrutturati, possono alimentare emozioni come la disperazione, il senso di colpa, la rabbia verso se stessi o la rassegnazione, e possono mantenere nel tempo un senso di vuoto che toglie la forza di guardare avanti. Lei ha usato un termine molto significativo: “muro”. È proprio così che spesso si percepisce l’atteggiamento di chi si chiude in un silenzio affettivo. E davanti a un muro, il primo impulso è quello di cercare di abbatterlo con insistenza, col desiderio legittimo di ristabilire un contatto, di spiegare, di farsi ascoltare. Ma quando questo muro sembra restare saldo, può subentrare un secondo pensiero altrettanto doloroso: “forse è tutto perduto”. Ed è lì che si rischia di rimanere intrappolati, tra il bisogno di recuperare e la sensazione di impotenza. La domanda che lei pone è forte e disarmante: “È possibile sopravvivere a tutto ciò?”. La risposta è sì, ma non nel senso di dimenticare, né di rimuovere il dolore, e nemmeno di “infischiarsene”, come alcuni le suggeriscono. Non si può insegnare a un padre a non soffrire per i figli, ma si può accompagnarlo a riconoscere che esistono modi per convivere con quella sofferenza, per dargli un senso, e per riprendere in mano la propria identità, anche se ferita. Nell’approccio cognitivo-comportamentale, si lavora molto sul potere dei pensieri: cosa ci diciamo ogni giorno, quanto questi pensieri sono realistici, utili, o se invece alimentano la nostra sofferenza. Ad esempio, un pensiero che può tenere viva la sua angoscia potrebbe essere “se non riesco a farmi perdonare, allora non valgo come padre”. Ma essere un buon padre non significa solo avere l’approvazione o la vicinanza dei figli. Significa anche portare rispetto a sé stessi, ai propri limiti, accettare che ci sono situazioni che in quel momento non possiamo controllare, e comunque continuare ad amare e a esserci, anche solo con il pensiero, anche da lontano. Ritrovare un significato nella sua vita, al di là del rapporto con loro, non significa smettere di amarli. Significa riconoscere che può essere anche altro, che ha diritto a vivere, a curarsi, a rimettersi in cammino. E questo, paradossalmente, potrebbe anche essere un seme che un giorno i suoi figli noteranno: la forza silenziosa di un padre che ha saputo restare presente, anche nell’assenza. A volte il tempo e il cambiamento delle condizioni emotive, da entrambe le parti, possono portare a una nuova possibilità di dialogo. Lei ha già fatto la sua parte provando il confronto. Ora il lavoro più importante da fare è su di sé, per restituirsi dignità, fiducia, e un futuro che non sia solo in funzione di ciò che è stato perso. Non è facile, ma è possibile. E non è un cammino da fare da solo. Affidarsi a un percorso di supporto psicologico le permetterebbe di affrontare tutto questo con strumenti concreti e con uno spazio protetto dove rimettere ordine nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti, e pian piano ritrovare stabilità. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Ilenia Morreale
Psicologo, Psicologo clinico
Trento
Gentile buon pomeriggio,
ho letto con attenzione il suo racconto e capisco quanto la sua sofferenza sia profonda. Dopo una separazione non voluta e l’allontanamento dei figli, è naturale sentirsi sopraffatti da tristezza, colpa e impotenza. Se ipotizziamo che loro abbiano costruito un muro per difendersi da qualcosa che non riescono a gestire, questo non significa che quel muro sia immutabile, né che definisca il suo valore come padre.
Potrebbe ipotizzare di lavorare sull’accettazione di ciò che non può controllare e sulla possibilità di dare nuovo significato al suo ruolo, anche nell’assenza. Non si tratta di dimenticare i figli, ma di imparare a vivere senza che questo dolore annulli tutto il resto. È possibile sopravvivere, ma serve tempo, lavoro su di sé e, spesso, un aiuto professionale. Inizi da sé stesso: è da lì che può ripartire.
Un augurio e un cordiale saluto
Ilenia Morreale
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Psicologo, Psicologo clinico
Massa
Innanzitutto: no, non è possibile dimenticare i propri figli.
E non dovresti nemmeno provarci.
Le persone che ti dicono “infischiatene” probabilmente vogliono solo aiutarti a non soffrire più — ma non esiste scorciatoia per elaborare una ferita così profonda. L’amore di un padre non si spegne a comando.
E allora: come si sopravvive a un muro costruito dai propri figli?
1. Riconosci il tuo dolore come valido
Non sei debole. Non sei “troppo sensibile”. Sei un padre che ama, che ha perso una parte di sé e che sta cercando risposte dove non ce ne sono — per ora. È naturale soffrire, pensare, piangere, svegliarsi la notte.
2. Non cercare di dimenticare. Il dolore non si cancella. Ma con il tempo, se lo accogli invece di combatterlo, può smettere di governarti. È come un’onda: all’inizio travolge, ma impari a stare a galla, poi a nuotare. Non perché smetti di amare, ma perché cominci a proteggere anche te stesso.
3. I tuoi figli non sono persi per sempre. Oggi ti rifiutano, ti colpevolizzano. Forse per convinzioni errate, per immaturità, per rabbia mal diretta, o magari per narrazioni ricevute. Ma il tempo cambia le persone.
Molti figli si allontanano per anni, e poi un giorno tornano a cercare. Per capire. Per chiedere. Per conoscere davvero quel genitore che avevano rifiutato. Non puoi forzarli. Ma puoi continuare ad esserci, anche da lontano.
4. Continua ad essere il padre che sei, anche se non ti vedono Scrivi lettere, anche se non le spedirai. Tieniti aggiornato sulla loro vita, anche se non sei invitato.
Fai loro spazio nel cuore, ma non lasciare che il vuoto distrugga te.
Un giorno, se torneranno, troveranno un padre che non ha mai smesso di amarli, anche se ha dovuto imparare a sopravvivere senza di loro.
Qual è la tua strada adesso? Non è dimenticare. Non è rassegnarsi.
È vivere con dignità e amore anche nel dolore.
È trovare un nuovo centro, senza smettere di sperare.
È crescere come uomo, nonostante le perdite.
Forse puoi anche considerare un supporto psicologico, non perché sei "rotto", ma perché hai vissuto un trauma affettivo enorme, e ogni cuore ha bisogno di aiuto quando si spezza.
Ti lascio con questa immagine:
Il padre che resta, anche in silenzio, anche ferito, anche escluso, è una presenza che non sparisce.
Tu sei ancora il loro padre. Non è finita.
È solo una stagione lunga, fredda, ma non eterna.

Dott-ssa Antonella Bellanzon








Dott.ssa Lavinia Sestito
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Salve,
perché mai dovrebbe dimenticare i suoi figli o il grande affetto che ha per loro?
Non lo trovo sano.
Potrebbe andare a capire in una valida terapia, come mai, dopo 25 anni un tale "fulmine! l'ha colpita e da li andare a capire come poter ripartire in un momento così difficile e doloroso.
Un caro saluto
Lavinia
Buongiorno gentile utente, grazie per la sua domanda, comprendo che la situazione è delicata e molto dolorosa per lei. È anche comprensibile che per lei, in quanto padre, sia impossibile andare avanti con la propria vita come se nulla fosse successo e come se i suoi figli non esistessero. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a valutare questa situazione, renderla più consapevole di ciò prova e darle degli strumenti per poterla gestire. Purtroppo dare una risposta in questa sede sarebbe complesso e poco professionale.
Cordiali saluti
Dott. Giorgio De Giorgi
Psicologo, Psicologo clinico
Bologna
Salve,

quando un legame profondo si interrompe, spesso il dolore non sta solo nella perdita… ma anche nel non trovare più un posto in quella storia.
Si è mai chiesto che padre sente di essere oggi, e non solo in base a quello che è successo?
A volte, la domanda non è come dimenticare, ma come continuare a esistere… anche quando sembra impossibile.
Mi contatti pure.

Dr. Giorgio De Giorgi
Dott. Simone Carpignano
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Buonasera,
le sue parole raccontano un dolore profondo, e al tempo stesso una grande capacità di amare. Dopo una separazione, soprattutto se improvvisa e seguita da un distacco anche dai propri figli, è naturale provare angoscia, smarrimento, senso di ingiustizia. La sua sofferenza è del tutto comprensibile, così come il desiderio di mantenere un legame affettivo con chi rappresenta una parte così importante della sua vita.

Nessuno può davvero “insegnare” a dimenticare i propri figli, e non credo che sia questo l’obiettivo. Piuttosto, si tratta – per quanto difficile – di trovare dentro di sé un modo nuovo per restare padre anche in assenza del contatto diretto, e allo stesso tempo di preservare uno spazio interiore in cui continuare a sperare in un possibile riavvicinamento. I legami familiari, anche se apparentemente interrotti, non si cancellano del tutto: a volte hanno bisogno di tempo, di silenzi, di trasformazioni. Ma non è raro che, col passare degli anni, anche i muri più duri comincino a mostrare delle crepe.

Un percorso psicoterapeutico può aiutarla proprio in questo: ad attraversare il dolore, a ritrovare un equilibrio personale, e a coltivare una speranza realistica, ma viva. La sua capacità di mettersi in discussione, di cercare un confronto, di non cedere all’indifferenza, è già una forza. Le auguro sinceramente di poterla valorizzare e, quando sarà possibile, di trovare nuove strade per ricostruire quel ponte verso i suoi figli.

Resto a disposizione,
un caro saluto.
Dott. Simone Carpignano
Dr. Alessio Aloi
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Roma
gentile utente, sono d'accordo con lei che non sia possibile, e aggiungo neanche risolutivo o sano, dimenticare i propri figli o "infischiarsene e pensare a se stessi". D'altra parte, la sua sofferenza è tangibile e può rischiare di di diventare talmente forte da bloccare la sua vita.
Le informazioni che ci fornisce non sono molte, sarebbe importante e forse necessario iniziare dal ricostruire dentro di lei la storia di questa separazione (da sua moglie) e le possibili fantasie e motivazioni che i suoi figli hanno potuto costruire nelle loro menti su ciò che è accaduto e sulla responsabilità di ciò. Mi pare chiaro che questo comportamento di "muro" nei suoi confronti sia motivato da qualcosa e, al contempo, lei non sembra aver raccontato cosa sia questo qualcosa.
Detto ciò, i temi sono due e, a mio avviso, distinti: in primis la possibilità per lei di rielaborare quello che è accaduto ed il "lutto" della perdita del rapporto con i suoi figli e le sue motivazioni; in secondo luogo la ricerca di se e quali siano le possibilità di recupero di un qualche forma di rapporto con ognuno dei suoi figlio che, non lo dimenticherei, sono due entità separate.
Un saluto
Dott.ssa Mariapaola Anania
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno, capisco la sua sofferenza e quanto possa essere difficile ricominciare dopo la fine di una relazione così importante e significativa. Le consiglierei di iniziare un percorso psicologico: avere uno spazio tutto per sè, dove poter esprimere in modo autentico ciò che prova, elaborare la separazione, accettarla e iniziare una nuova fase della sua vita, ripartendo proprio da lei. Tutto ciò potrebbe esserle di grande aiuto in questo momento critico. Da ciò che ha scritto, i suoi figli non sono pronti a ricucire i rapporti con lei e comprendo quanto possa essere doloroso questo rifiuto. Forse per loro è ancora troppo presto, hanno bisogno di altro tempo. Le faccia sentire la sua presenza, senza essere pressante. Resto a sua disposizione nel caso volesse approfondire meglio le tematiche accennate. Le ricordo che sono disponibile sia online sia in studio.
In bocca al lupo.
Dott.ssa Mariapaola Anania, psicologa clinica, psicosessuologa clinica, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale in formazione
Dott.ssa Eva Donnini
Psicologo, Psicologo clinico
Grosseto
Buonasera, mi dispiace molto per la condizione in cui si trova, è comprensibile il suo disagio. Il mio consiglio ovviamente è quello di un supporto psicologico che le serva per affrontare la crisi che ad impatto mi sembra non sia superata, dopodiché lavorare sul rapporto con i figli. Purtroppo il manuale del genitore perfetto non esiste e i figli non sono tutti uguali per cui darle delle direttive su come dovrebbe comportarsi è molto difficile, sarebbe utile avere un quadro più preciso per poterla aiutare al meglio a trovare una soluzione adeguata al problema.
Resto a disposizione
Dott. Nunzio Spina
Psicologo, Psicologo clinico
Amantea
La tua sofferenza è profonda e comprensibile, perdere il contatto con i propri figli dopo una separazione è una delle esperienze più dolorose che un genitore possa affrontare. È naturale che tu non voglia “dimenticarli” e che il distacco ti faccia sentire smarrito. Purtroppo non posso aiutarti a superare la cosa usando una formula magica ma potrei darti qualche consiglio per aiutarti a gestire il dolore e, possibilmente, a ricostruire un ponte con loro. I tuoi figli potrebbero aver bisogno di tempo per elaborare la separazione e le emozioni che ne derivano, ovviamente anche se ora sembrano chiusi, questo non significa che sarà sempre così. Inoltre anche se loro non rispondono, puoi continuare a far sapere che sei presente per loro, senza pressioni, un messaggio ogni tanto, un gesto che dimostri che il tuo amore per loro è immutato farebbe la differenza. Evita di mostrare senso di colpa è disperazione, le separazioni sono complesse e spesso i figli cercano un “colpevole” per dare un senso alla situazione. Con il tempo, potrebbero vedere le cose in modo diverso. Non trascurarti, prenditi cura di te, coltiva le tue passioni, circondati di persone che ti vogliono bene e cerca di trovare un equilibrio emotivo. Nel caso in cui tu voglia approfondire il discorso, cercami su miodottore: Nunzio Spina | instagram: nunzio.spina_psy
Dott.ssa Chiara Di Gennaro
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Buonasera,

capisco quanto possa essere dolorosa e difficile la sua situazione: il muro eretto dai suoi figli tocca direttamente il cuore della sua identità di padre. Tuttavia, questa sfida può essere affrontata, e la domanda che ci pone dimostra già una volontà di mettersi in discussione per ricostruire il rapporto.

Lavorando sulla comprensione e sull'accettazione delle sue emozioni, e riflettendo sul significato che certe esperienze di vita hanno per lei, sarà possibile non solo cercare un riavvicinamento con i suoi figli, ma anche riscoprire e rafforzare il senso del suo essere padre.

Concentrarsi, per ora, su altri aspetti importanti per lei potrebbe aiutarla a ritrovare una certa stabilità emotiva, fondamentale per ricostruire il rapporto. Anche se questo le sembrerà un passo indietro rispetto al suo percorso, in realtà potrà metterla nella condizione di trovare le parole e l’approccio giusto per un riavvicinamento.

Io e i miei colleghi restiamo a disposizione per un supporto.
Dott.ssa Giulia Casole
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Caro Utente, la sua sofferenza è palpabile e il peso che porta con sé da due anni è immenso. Il suo dolore per la fine del suo matrimonio e, ancor più, per la distanza emotiva e fisica dei suoi figli è dolore che merita di essere affrontato. Nessuno le chiede di dimenticare i suoi figli, un legame così profondo non si cancella. E ha ragione, come può un padre dimenticare i propri figli? È un dolore innaturale.
Quello che sta vivendo è una ferita profonda, un lutto affettivo complesso che merita tutta la sua attenzione e la sua compassione verso se stesso. Non è facile "infischiarsene", come le suggeriscono, perché l'amore di un padre non si spegne così.
Di fronte a questo muro eretto dai suoi figli, la sua domanda su come comportarsi è legittima e toccante. Non esiste una risposta univoca, ma credo che la sua apertura al dialogo, nonostante i ripetuti rifiuti, dimostri una forza interiore notevole. Continuare a tendere la mano, anche nel silenzio, può essere un modo per far sapere loro che lei è lì, pronto quando loro lo saranno.
Parallelamente, è fondamentale che lei si prenda cura di sé. Non si tratta di dimenticare i suoi figli, ma di trovare un modo per sopravvivere a questo dolore senza farsi sopraffare. Permetta a se stesso di sentire la tristezza, la rabbia, la frustrazione, ma cerchi anche spazi per ricostruire, per trovare piccole cose che le portino un po' di serenità.
Non è solo in questo. Ci sono risorse, persone che possono sostenerla in questo percorso. Forse, intraprendere un percorso di supporto psicologico potrebbe offrirle uno spazio sicuro dove elaborare il suo dolore e trovare strategie per affrontare questa situazione così difficile.
Le dico questo con empatia e con la ferma convinzione che, anche nel dolore più grande, c'è spazio per la resilienza e per la possibilità di ritrovare un equilibrio, non dimenticando, ma imparando a convivere con questa ferita.
Dott.ssa Elena Dati
Psicologo, Psicologo clinico
Crema
Buongiorno,

Comprendo profondamente quanto possa essere faticosa e dolorosa la situazione che sta vivendo. Dopo tanti anni di vita condivisa, trovarsi improvvisamente soli, con una frattura così forte anche nel rapporto con i propri figli, è qualcosa che lascia un senso di vuoto e smarrimento difficile da spiegare a parole.
In momenti come questi può essere davvero utile intraprendere un percorso con un professionista, non perché lei abbia qualcosa che “non va”, ma perché tutti, davanti a un dolore così grande, meritano uno spazio sicuro in cui essere accolti, ascoltati e sostenuti.
Riguardo ai suoi figli, è naturale sentire dolore, delusione e anche impotenza. Quando veniamo rifiutati da chi amiamo, ci si sente spezzati. Ma essere padre non significa dimenticare, né smettere di amare: significa anche imparare ad aspettare, magari da lontano, continuando a esserci — anche solo col pensiero — in attesa che qualcosa possa cambiare.
Non c’è una formula magica per “fregarsene”, perché il cuore di un genitore non funziona così. Però si può imparare, con il tempo, a prendersi cura anche del proprio dolore, a non esserne schiacciati, e a trovare un nuovo equilibrio che non cancelli l’amore, ma le permetta di tornare a respirare.
Resto a disposizione. dott.ssa Elena Dati
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, le sue parole arrivano dense di dolore, ma anche cariche di amore e di un bisogno profondo di essere compreso. Quello che descrive è uno dei dolori più difficili da affrontare: il sentirsi tagliati fuori dalla vita delle persone che si ama di più, nel suo caso i suoi figli, oltre alla perdita del legame con la propria compagna di vita. È come se una parte fondamentale della sua identità (quella di marito e padre) si fosse incrinata di colpo, lasciandole dentro un senso di vuoto, solitudine e smarrimento.

Comprendo il tormento che sta vivendo, perché quando una separazione coinvolge anche la rottura del rapporto con i figli, si ha la sensazione di perdere tutto ciò che dava senso alla propria quotidianità. E trovarsi di fronte a un muro eretto dai propri figli è qualcosa che può spezzare il respiro, soprattutto quando ci si sente ancora pieni di amore, di voglia di spiegare, di chiarire, di restare presenti. Non esistono parole magiche o strategie infallibili per riconquistare un rapporto che in questo momento sembra negato, ma esiste qualcosa che può fare la differenza: continuare ad esserci, anche in silenzio, con coerenza, senza pressioni ma con costanza. A volte i figli hanno bisogno di tempo, di distanza, persino di una fase di rifiuto per poter rielaborare un evento familiare che ha spezzato i loro equilibri.

Lei si chiede come possa un padre dimenticare i propri figli. Ed è una domanda che in sé contiene già la risposta: non può. E non deve. Ma può imparare, con il tempo, a convivere con questa ferita, a darle un posto nella sua vita senza che occupi tutto lo spazio. Può imparare a riconoscere che esiste un dolore che non passa, ma che può essere attraversato, accolto, e in parte trasformato. Per riuscirci, però, non è necessario “infischiarsene” (come le viene suggerito da chi le vuole bene ma forse fatica a reggere la sua sofferenza) quanto piuttosto imparare a dare un nuovo significato a questa fase della sua vita. Lei è ancora padre, anche se oggi non le è permesso di esercitare quel ruolo nel modo che vorrebbe. E questo padre che è rimasto dentro di lei può essere la base su cui ricostruire, anche solo per sé stesso.

Sopravvivere a tutto ciò è possibile, ma richiede tempo, e spesso il sostegno di un percorso psicologico in cui poter trovare uno spazio sicuro dove accogliere tutto ciò che adesso è troppo. Non c'è vergogna nel chiedere aiuto, e non c'è debolezza nel dolore che prova: anzi, nella sua capacità di continuare ad amare nonostante l’assenza c’è una forza che va riconosciuta e rispettata.

Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Salve, concludere una relazione così importante quando si provano ancora dei sentimenti e assistere all'allontanamento dei propri figli dev'essere estremamente doloroso. Intraprendere un percorso psicologico potrebbe esserle di aiuto nell'affrontare questo difficile periodo della sua vita. Che cosa ne pensa?
Ciao,

C’è tanto dolore nelle tue parole, e anche tanto amore. È chiaro che questa ferita è ancora aperta, perché riguarda i legami più profondi della tua vita: tua moglie, i tuoi figli, la tua identità di padre.

Ti stai facendo una domanda molto umana e molto difficile: “Come può un padre sopravvivere al rifiuto dei propri figli?” Ma forse, prima ancora, potremmo chiederci: che significato ha per te essere padre, oggi, anche in assenza del loro sguardo?

Cosa rappresentano per te quei “muri” che hai trovato? E quanto di quel senso di responsabilità che ti porti addosso nasce da ciò che è realmente accaduto, e quanto invece da un’idea di padre che forse non riesci più a incarnare nel modo in cui vorresti?

Non credo che si tratti di imparare a “dimenticare” i propri figli, ma forse di trovare un modo diverso per stare nel dolore che la loro assenza ti provoca. Ti va di esplorare insieme cosa significherebbe per te “sopravvivere” a tutto questo, non come rassegnazione, ma come un lento ritorno a te stesso?

Janett Aruta
Psicologa - ricevo su MioDottore e in Studio a Palermo
Dott.ssa Alina Mustatea
Psicologo, Psicologo clinico
Pomezia
Gentile paziente,
le sue parole sono profondamente toccanti, e il dolore che descrive è quello di un padre che ama, che non si è arreso e che continua a cercare un legame, anche quando tutto sembra perduto. È umano non riuscire a “infischiarsene” dei propri figli, perché l’amore di un genitore non si spegne con un conflitto o un allontanamento.

Non esiste una formula per dimenticare i propri figli, ma esiste un modo per imparare a vivere nonostante questa assenza, mantenendo viva la speranza ma proteggendo anche sé stesso dal logoramento. A volte è necessario fare pace con ciò che non possiamo controllare: i tempi e le scelte degli altri. Questo non significa smettere di amare, ma imparare a farlo in una forma diversa — più silenziosa, meno esigente, ma altrettanto autentica.

Di fronte a un “muro”, può essere utile smettere di batterci la testa, e iniziare a costruire qualcosa dentro di sé: un’identità che, pur nel dolore, possa ritrovare dignità, significato e qualche piccola gioia quotidiana. E magari, col tempo, saranno proprio i suoi figli a volerlo attraversare quel muro.

Non è semplice, ma si può sopravvivere — e anche tornare a vivere — con l’aiuto di qualcuno che possa accompagnarla in questo percorso, come uno psicologo o uno psicoterapeuta. Non deve farcela da solo.

Le auguro pace e forza.
Dott.ssa Anna Bruti
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
San Benedetto del Tronto
Buonasera,
quello che sta vivendo è un dolore profondo e comprensibile: perdere il rapporto con la propria famiglia, soprattutto con i figli, lascia un vuoto difficile da colmare. È naturale sentirsi tristi, angosciati e soli.

Chi le dice di "andare avanti" forse lo fa con buone intenzioni, ma non è così semplice. Un padre non può dimenticare i propri figli, ma può imparare a convivere con questa ferita senza lasciarsi sopraffare.

Continui ad amare, ma si dia anche il permesso di pensare a sé. Non vuol dire arrendersi, ma prendersi cura di sé per ritrovare un po’ di equilibrio. Un supporto psicologico potrebbe aiutarla a gestire questo dolore e, magari, a costruire nuove strade per il futuro, anche se oggi sembra difficile.

Non è solo. Un passo alla volta, si può ricominciare.

Un caro saluto.
Caro papà,
Le sue parole arrivano con una forza silenziosa, ma profonda. Parlano del dolore di un legame spezzato non solo con la sua compagna di vita, ma con ciò che, per un genitore, è spesso il cuore stesso della propria identità: i figli. E dietro alla sua domanda – *“Come si sopravvive a questo?”* – si cela un grido che merita ascolto, non frasi di circostanza.

Da psicologa, il mio consiglio è prima di tutto questo:
Non neghi il dolore che sta vivendo, ma non lo trasformi in condanna contro sé stesso.

Lei non è solo un “padre lasciato fuori”. È anche **un uomo ferito**, che ha perso dei riferimenti affettivi fondamentali e che sta cercando – con fatica, ma con coraggio – di capire come andare avanti.

1. **Il senso di colpa non è sempre la verità**
Spesso, quando i figli si allontanano, il genitore sente di aver fallito. Ma bisogna distinguere ciò che è *responsabilità reale* da ciò che è *colpa che ci imponiamo*. Non conosco i dettagli delle dinamiche familiari che hanno portato alla separazione, ma una cosa è certa: **nei conflitti familiari, la verità è sempre complessa e condivisa**.

Se i suoi figli sono adulti, hanno anche loro la responsabilità delle scelte relazionali che fanno. Un padre non può forzare un figlio a tornare, ma può **rimanere disponibile senza annullarsi**.

2. **Cosa può fare un padre davanti a un muro?**

Un muro può spingere due reazioni:
* Sbatterci la testa tutti i giorni, nel tentativo di sfondarlo con forza (e restare feriti)
* **Rimanere visibile, vicino al muro, senza violarlo**, mostrando una presenza silenziosa ma costante

Cosa significa questo in pratica?
* Scriva ai suoi figli ogni tanto, senza pressioni, ma con **parole semplici, d’amore, non di rimprovero o colpa**
*(Esempio: “Ci sono sempre per voi. Non voglio forzarvi a nulla, ma vi penso ogni giorno. Il mio affetto resta intatto, qualsiasi cosa accada.”)*

* Si protegga dal bisogno urgente di “sistemare tutto ora”. Alcune ferite richiedono **anni** per trovare una via di guarigione.
L’obiettivo non è dimenticare i figli, ma **non vivere distrutto nell’attesa del loro ritorno**.

3. **Lei merita supporto per sé stesso, non solo per i figli**
Il suo dolore è profondo, e tenerlo tutto dentro può diventare un peso insostenibile. Le consiglio sinceramente di cercare **un percorso psicoterapeutico personale**: non per “guarire” in fretta, ma per **avere uno spazio dove lei sia accolto, ascoltato e aiutato a ritrovare sé stesso**.

Un terapeuta può aiutarla a:
* Ricostruire l’autostima dopo la separazione
* Elaborare il lutto relazionale e genitoriale
* Imparare a convivere con il vuoto, **senza lasciarsi svuotare**
* Riscoprire una vita che non sia in attesa, ma in cammino

4. **Non è vero che deve “infischiarsene”**
Questo è un consiglio che la gente dà spesso, pensando di aiutare. Ma lei ha ragione: **un padre non smette di amare**.
Però un padre può **scegliere di non essere distrutto dal dolore**, e vivere comunque. Può imparare a convivere con la ferita, senza chiudersi dentro di essa.

In conclusione:
Non c’è un manuale per dimenticare i figli. Ma c’è un modo per **sopravvivere, e anche rinascere**, con dignità e amore per sé stessi. È un percorso lento, ma possibile. E ogni passo che farà verso la cura di sé sarà anche un messaggio silenzioso per i suoi figli: *“Io ci sono. Sto cercando di essere un uomo sano, anche se soffro. E quando vorrete, io sarò ancora qui.”*

Se vuole, posso aiutarla anche a cercare uno psicologo vicino a lei, o indicarle risorse per padri che vivono situazioni simili.

Non è solo.
Un caro saluto,
Dott.ssa Martina
Psicologa
Dott.ssa Giulia Scalesse
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Arzano
Buongiorno, mi dispiace per la sua situazione. La tristezza, l'angoscia e le notti insonni che la accompagnano da un paio d'anni, non avere più un rapporto con i propri figli, le rendono difficile poter andare avanti e prendersi cura di sè. Al di là di ogni parere personale, le consiglio, qualora volesse, di intraprendere un percorso per occuparsi di sè
Dott.ssa Letizia Nobilia
Psicologo, Psicologo clinico, Neuropsicologo
Roma
Gentile utente,
le sue parole trasmettono un dolore profondo, quello di un padre separato. È comprensibile che si senta sopraffatto da tristezza e angoscia, perché la perdita del legame con i propri figli rappresenta una ferita difficile da accettare, soprattutto quando si ha la sensazione di non poter fare nulla per ricucire.
Il suo desiderio di capire, di mantenere un contatto e di non rassegnarsi parla del grande affetto che prova per loro. In momenti così duri, è naturale che le parole di chi invita “ad andare avanti” suonino vuote: lei non sta semplicemente affrontando una separazione, ma anche un profondo senso di solitudine e di ingiustizia affettiva.
Non esistono risposte semplici a un dolore come il suo, ma il fatto che lei riesca a esprimere con sincerità ciò che prova è già un passo importante: con un supporto psicologico potrebbe ritrovare la serenità, e nuove strategie per far fronte a questi dolori. Un caro saluto

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