Mi sento in trappola e non vedo un futuro davanti a me. Sono in ritardo di 3 anni con la triennale e

24 risposte
Mi sento in trappola e non vedo un futuro davanti a me. Sono in ritardo di 3 anni con la triennale e non sono nemmeno riuscito a prendere la patente per colpa di continue crisi depressive e di ansia, ADHD, insonnia e personalità ossessiva. I miei genitori, i quali mi hanno cresciuto tra caos e lievi violenze, mi insultano di continuo per i miei fallimenti: vivo con mia madre che almeno mi dà sostegno economico, ma me lo fa pesare sempre di più. Da settembre stava tutto migliorando, perché ho iniziato a coltivare alcune passioni che ho fin da piccolo (ma soppresse dai genitori) e andare in palestra. Non avendo veri amici queste attività sono il mio unico sfogo. Da quando faccio attività ogni giorno ho azzerato le crisi depressive e attenuato i problemi di concentrazione, ma mia madre è scontenta: trova sempre qualcosa che di me non va bene, dice che devo studiare 12 ore al giorno per una laurea in lingue che odio e che mi ha convinto lei a fare (dicendomi che non sono abbastanza bravo per provare altro), dice che gli hobby sono una perdita di tempo, che sono viziato perché le chiedo i soldi per la palestra, perché dice che è un lusso extra. Mia madre è medio-ricca e vive dei soldi dei suoi genitori, che le hanno anche comprato 4 case e macchina, ma mi fa sentire sbagliato, un peso che le rovina la vita, un pigro viziato con mille richieste, anche se mi impegno a chiedere il minimo possibile. Mi sto impegnando al massimo, ma nulla di quel che faccio è mai abbastanza, mi sento senza speranza. Pago il mio altro hobby lavorando il weekend e mia madre l'ha circa accettato, ma mi fa scenate ogni giorno. Ho provato a spiegarle che queste attività sono l’unica luce nella mia vita, l’unico motivo per cui non mi sono tolto la vita. Ovvero, non sono un lusso, ma una strategia di sopravvivenza, al pari di uno psicofarmaco. Ho il terrore che mi neghi i soldi per la palestra... non avrei più motivo per vivere. Non riesco ad allenarmi a casa o al parco, mi rasserena seguire corsi e sentirmi circondato da persone. Senza hobby passerei le giornate a studiare cose che odio, lavorare, non parlare con nessuno se non una madre anaffettiva che odia ogni cosa di me perché le ricorda mio padre. Se ho un talento o interesse che aveva anche lui, lei lo disprezza. Mi vieta di suonare o possedere una chitarra o di riordinare e organizzare la casa, che è in perenne caos.
Nella vita ho sempre ottenuto buoni voti quando mi applico, il problema è che non ho autostima, non riesco a concentrarmi e a studiare. Ho la media del 29 e mi mancano solo 2 esami, ma non riesco ad affrontarli, perché non ne vedo il senso. Ho bisogno di un lavoro con uno stipendio decente, per pagarmi palestra, corsi, psicologo, cure mediche. Ma se devo studiare cose difficili, nel profondo penso che uno come me non potrebbe mai farcela, e mi auto saboto. Ho una vita devastante, passo le ore a studiare, lavorare, allenarmi, esercitarmi nella musica di nascosto... ultimamente non mi è concessa nemmeno una pizza ogni tanto. Avrei bisogno di sostegno emotivo ed economico per uscire da questo lungo momento buio, per cominciare una nuova triennale in un ambito che mi piaccia e che sia stabile. Ma non ho nessuno. Ogni volta che ho una bella giornata felice, torno a casa e mia madre ha attacchi di rabbia perché le costo troppi soldi e perché fallisco in tutto. Io le credo, credo di essere un fallimento, e quindi mi ripartono le crisi depressive, sto chiuso in casa, smetto di studiare, e torno al punto di partenza. Se succede un imprevisto, come ad esempio dover pagare 200 euro per riparare la fotocamera che uso per lavori occasionali, la mia vita si interrompe. Mia madre mi ha detto: “si è rotta? Abbandona la fotografia, è un lusso inutile. Se vuoi che io aiuti a pagare, non aspettarti un regalo di compleanno o di Natale. Questo è il tuo regalo”. Con la fotografia ci ho guadagnato soldi e vinto concorsi nazionali, ma sminuisce anche quello.
Non so come uscire da questo loop: come convivo con una persona che da un giorno all’altro ha forti attacchi di rabbia e mi nega i soldi per attività o risorse per me essenziali? Come faccio a scappare, se non riesco a trovare un lavoro stabile per via dei problemi psicologici e mancanza di indipendenza e autostima che lei mi ha causato? Il fulcro della mia insonnia, ansie, ossessioni, depressione, è il fatto che odio me stesso e non riesco a piacere a nessuno. Come faccio a sentirmi amato e al sicuro, se nessuno mi ama? Come faccio a convincermi che merito di vivere, sapendo che a nessuno importerebbe se me ne andassi per sempre? Ho provato a spiegare a mia madre come mi fa sentire, ma mi ha detto: “sei depresso? Che ti devo dire, sp*rati!”. Nei suoi momenti di lucidità acconsente a pagarmi uno psicologo, e spero di trovarne uno, ma in questo periodo in cui mi concede solo 20 euro alla settimana, non so come andare avanti senza odiare me stesso, senza sentirmi un figlio viziato e inutile che non combina nulla. Vivo in una villetta, abituato a vacanze al mare, lago e a sciate ogni anno, ma quando si tratta dei miei bisogni individuali, vivo nella povertà e ricevo insulti arbitrari per aver comprato un detersivo in più, per aver preso una pizza o un maglione dai cinesi. Preferirei sostegno emotivo piuttosto che vacanze di lusso.
Spero di ritrovare la speranza
Dott.ssa Giulia Fiorini
Psicologo, Psicologo clinico
Varese
Buongiorno, mentre la leggo percepisco una grande sofferenza e tanta stanchezza, vedo anche però che ha riconosciuto che ha dei bisogni emotivi che necessitano di essere ascoltati, ed ha anche il desiderio di avere un nuovo progetto di vita, elementi per nulla scontati. Per provare a interrompere questo loop potrebbe rivolgersi a strutture territoriali come i consultori, che offrono dei percorsi di supporto psicologico gratuiti, oppure può provare a vedere se nel suo territorio esistono degli sportelli a prezzi calmierati organizzati da cooperative sociali, in alternativa potrebbe anche sfruttare la sua permanenza in università per dei colloqui con lo psicologo della facoltà, se presente. Trovare accoglienza e supporto potrebbe essere un ottimo punto di partenza!

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Dott.ssa Angela Borgese
Psicologo, Psicologo clinico
Gravina di Catania
Quello che lei racconta mostra quanto sia difficile vivere dentro un discorso dell’Altro che la giudica, la svaluta e la fa sentire senza valore. Ma nel suo dire emerge anche qualcos’altro: le attività che ha scelto — la palestra, la musica, la fotografia — non sono semplici passatempi, sono i luoghi in cui qualcosa del suo desiderio appare e la tiene in vita.
Il punto non è soddisfare le richieste dell’Altro, né convincerlo, ma cominciare a distinguere ciò che viene da fuori da ciò che invece la sostiene davvero. Il lavoro che può fare insieme ad uno psicologo o psicoterapeuta serve proprio ad ascoltare questo: dare spazio alla sua parola, perché possa riconoscere dove si trova lei in questa storia e cosa, per lei, vale la pena mantenere vivo.
Dott.ssa Federica Brandolini
Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
Caro Anonimo,

mi dispiace sinceramente per il momento così complesso che sta attraversando. Da ciò che racconta emerge una grande fatica, che non dipende solo dalle difficoltà personali, ma anche da un ambiente emotivamente instabile che può farla sentire poco ascoltato, poco sostenuto e a tratti non riconosciuto. È comprensibile che questo la faccia stare così male.
Il fatto, però, che abbia trovato le parole per esprimere ciò che sente e che abbia cercato un confronto, è già un segnale importante della sua capacità di chiedere aiuto e di cercare modi per stare meglio.

Dalle sue parole si intuisce il desiderio profondo di costruirsi un’identità autentica, più vicina alle sue inclinazioni e ai suoi interessi. Allo stesso tempo, sembra portare un peso grande: quello di rispondere alle aspettative della sua famiglia, anche quando non coincidono con ciò che sente giusto per sé. È una tensione che molte persone vivono, e non è facile trovarsi nel mezzo.

In situazioni come la sua, può essere utile provare a guardare le dinamiche anche da un’altra angolazione: a volte, i passi verso l’autonomia possono essere fonte di paura o confusione per i familiari, che reagiscono con chiusura o rabbia non perché non tengano a noi, ma perché non sanno come gestire il cambiamento. Non giustifica ciò che lei ha subito, ma può aiutare a contestualizzare.

Se in famiglia ci fosse la disponibilità a farlo, un percorso di terapia familiare potrebbe offrire uno spazio sicuro in cui esprimere bisogni, mettere in parole ciò che spesso resta sospeso e provare a capirsi un po’ di più. In altri casi, quando questo non è possibile, un percorso individuale diventa uno spazio prezioso per elaborare ciò che si sta vivendo, valorizzare le proprie risorse e procedere un passo alla volta.

Da ciò che scrive si percepisce chiaramente che, nonostante tutto, lei possiede molte qualità: sensibilità, tenacia, capacità di riflettere su di sé, e una determinazione che forse oggi non riesce a riconoscere pienamente. È importante ricordare che non sempre riceviamo dall’ambiente il sostegno affettivo di cui avremmo davvero bisogno, ma questo non dice nulla sul nostro valore come persone.

Ovviamente, queste riflessioni nascono solo da ciò che ha condiviso in questo spazio e non possono sostituire il lavoro fatto in un contesto terapeutico strutturato, che resta il luogo più adatto per affrontare ciò che sta vivendo con continuità e profondità.

Le auguro sinceramente di trovare il sostegno di cui ha bisogno e di poter procedere verso una vita più serena e più sua.


Dott.ssa Federica Brandolini
Gentile utente,
dal suo racconto si evince che lei addebita tutti i suoi problemi al rapporto conflittuale con sua madre. Rimugina continuamente su come sarebbe la sua vita se finalmente si liberasse dal giogo della dipendenza economica da lei. Elenca innumerevoli episodi in cui lei decide della sua vita, decide cosa deve fare, come deve spendere i soldi, come si deve sentire emotivamente.
Ha identificato in lei la causa di tutti i suoi disagi e nonostante questo continua a stare con lei, a vivere e studiare con quello che le da (poco o tanto che sia), a vincolare le sue scelte di vita e persino le sue passioni alla volontà di sua madre. E pensa concretamente che sia l'unica soluzione possibile, l'unica opzione, un supplizio di Tantalo che rigenera le ferite per subirne altre e peggiori.
Se vuole ritrovare davvero la speranza (usando le sue parole finali) cominci a basare questa speranza su sé stesso e sulle sue azioni. Non si nasconda dietro a problemi che ha già dimostrato di poter superare (la media del 29 all'università con ADHD e in materie che non ama, dimostra a pieno che può cavarsela di fronte agli ostacoli alla grande), non si nasconda dietro all'alibi del denaro. Può lavorare e mettere da parte quello che le serve per uscire di casa ed essere autonomo. La palestra può aspettare se questo significa avere i suoi spazi e i suoi tempi, se significa dipendere finalmente solo dai propri mezzi e dalle proprie azioni. Il resto sono chiacchiere nella sua mente, senza dubbio attinenti alla realtà, ma pur sempre parole che circolano senza un vero e proprio vantaggio, anzi dimostrandosi solo fonte di frustrazione ed emozioni negative.
Sarà dura? Certo! La vita è dura caro utente, anche per le famiglie che hanno 4 case e vanno a sciare di inverno. La vita è sacrificio, dolore, impegno, volontà. Ma la vita è anche bellissima e ricca di incredibili opportunità, di emozioni positive da vivere, di rapporti veramente significativi e di sogni che si realizzano.
Basta lamentarsi per quello che le manca o che non può controllare, come il comportamento e il carattere di sua madre. Basta lamentarsi di quello che pensa non possa fare o non possa decidere da solo. Tiri fuori la testa dal guscio e cominci a guadagnarsi quello che desidera: passo dopo passo, errore dopo errore, successo dopo successo. Afferma che sua madre sia la causa della sua bassa autostima, ma in realtà l'autostima non ha proprio nulla a che fare con le opinioni degli altri. L'autostima si costruisce sulle proprie azioni, su come riusciamo a migliorare la vita del mondo intorno a noi, sulle qualità umane che riusciamo a mettere in mostra nei nostri comportamenti, nella persona che scegliamo di essere ogni giorno, in ogni piccolo gesto, in ogni parola. Quando sentirà che può essere grato e fiero per ciò che è e per come agisce, allora starà lavorando concretamente sulla sua autostima.
La vita è nella sue mani, decida lei per la sua felicità.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Buonasera, nelle sue parole leggo grande sofferenza e stanchezza. Non esiste una risposta semplice per quello che ha scritto, ciò che descrive è il peso di anni in cui i suoi bisogni non sono stati accolti. È comprensibile sentirsi senza speranza quando ci si impegna così tanto e non ci si sente mai abbastanza.
Nonostante il contesto difficile, lei sta studiando, lavorando, coltivando passioni che la aiutano a stare meglio. Questo non è un “lusso”: è cura di sé, ed è ciò che l’ha aiutata a ridurre crisi e sintomi. Da ciò che descrive il dolore che prova nasce da un ambiente che spesso la svaluta, non dal suo valore personale. E proprio per questo può essere molto utile avere uno spazio sicuro in cui essere ascoltato senza giudizio e imparare a ricostruire autostima, confini e autonomia. Un percorso psicologico può darle strumenti concreti per uscire gradualmente da questo ciclo e tornare a vedere un futuro possibile.
Ricordi bene che lei non è un fallimento: è una persona che sta lottando con grande coraggio in condizioni emotivamente complesse, e merita un sostegno adeguato. La speranza può tornare, un passo alla volta.
Dott. GILBERTO FULVI
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Caro paziente anonimo, il primo consiglio è quello di rivolgerti a un consultorio per accedere a dei colloqui gratuiti. Capisco le difficoltà economiche che hai e le priorità dei tuoi investimenti, che puoi dedicare solo a degli hobby e non ad un percorso di terapia. Nel tuo caso, credo che sarebbe un pochino azzardato darti consigli semplici, facili da applicare e pratici. Tuttavia, per darti qualcosina su cui riflettere e motivarti anche a sentire e ad agire diversamente stavo pensando ad approfondire le dinamiche del triangolo psicodrammatico di Stephen Karpman (1968). Da quello che racconti, sembri essere la vittima di una situazione tossica di cui i tuoi genitori hanno una grande responsabilità. Tuttavia ora ti stai avvicinando all'età adulta ed è importante rafforzare alcuni aspetti del tuo essere vittima. La vittima infatti, senza negare le evidenze degli attacchi e delle mancanze del suo o dei suoi carnefici, non pone abbastanza attenzione a una parte di sè che, seppur limitata, esiste ed è la chiave del suo riscatto. Si tratta della sua forza. La stessa forza la stai manifestando nel tuo chiedere aiuto, quindi bravo, anzi bravissimo, continua così. La dinamica, in breve, è questa: quando sei schiacciato, vai nella parte della Vittima; quando ti difendi, rischi di assumere il ruolo del Carnefice; quando cerchi di salvare l'altro (tua madre?) o salvarti con eccesso di perfezionismo, diventi il Salvatore.

Nel tuo racconto, emergi spesso come vittima, in quanto:
- affermi di subire giudizi, svalutazioni e improvvisi cambi di umore;
- ti senti impotente, dipendente economicamente ed emotivamente;
- vivi con l’idea di “non valere”, “non meritare”, “non avere speranza”.
La vittima non esplora e non esprime la sua forza, la forza che ti permette di farti scivolare addosso i giudizi e i cambi di umore degli altri, la forza di renderti autonomo economicamente e quella che ti fa esprimere il tuo valore, il tuo merito e il tuo agire per il cambiamento. Se pensi di non avere la forza, attendi sempre che siano gli altri a smettere, a indebolirsi o a cambiare. Questa speranza spesso è vana, perché il carnefice continua. La forza ha a che vedere con il tuo potere di dire no, di dire basta e di chiedere aiuto.

Nel tuo racconto ci sono anche ruoli da carnefice, incarnati da:
- tua madre, tramite svalutazione, instabilità, ricatti emotivi, umiliazioni;
- te stesso, tramite voci interiorizzate: i messaggi quali “sono un fallimento”, “sono inutile”.
Il carnefice nasconde la sua paura, non la esplora e non la esprime. Di cosa ha paura tua madre? Quali sono le sue fragilità? Chiedere al carnefice di riflettere sulle sue paure senza buttarle addosso a te può portarla a farsene responsabile e gestirsele.

Il salvatore nella tua storia ha forme più sottili che andrebbero approfondite. A volte, interpretare il ruolo del salvatore ci fa sentire bene. Il salvatore, anche se sembra il ruolo buono e intoccabile per eccellenza, anche lui nasconde qualcosa: i suoi bisogni profondi e la sua solitudine. Attivandoti per “gestire tua madre”, “spiegarti”, “sopravvivere”, “non disturbare”, stai evitando di ascoltare ciò di cui hai veramente bisogno. Ascolti lei e non ascolti te stesso. La tua voglia di cercare di spiegarle perché hai bisogno di certe cose, il provare a “farti capire”, come se potessi cambiarla attraverso la razionalità, è comprensibile ma rischia di diventare un modo di evitare di ascoltare i tui bisogni profondi, come quelli di essere visto, ad esempio, o di essere amato senza condizioni, di essere sostenuto, di essere accolto, di avere un posto nel mondo, di avere una relazione sicura, di avere permesso di essere fragile, di
avere autonomia senza colpa e vi dicendo. Sarebbe bello se tua madre potesse soddisfare questi bisogni ma non sembra una strada fattibile. Quindi stai facendo bene a darti ciò di cui hai bisogno e cercare anche altre relazioni e amicizie. Lo stesso riguarda le tue possibili paure di solitudine, innescate dalla percezione di essere un peso, di essere abbandonato se mostri i tuoi bisogni, di non valere niente per nessuno, di essere invisibile, di essere impotente, di non avere nessuno a cui appoggiarsi, di non poter contare su alcuna base sicura e via dicendo. Tutte paure legittime ma da esplorare e trasformare in assunzioni di responsabilità. La paura, come le altre emozioni è una spia di allarme e non va tolta, va compresa e nutrita con ciò di cui segnala il bisogno. Spero di averti dato qualche spunto e, in ogni modo, rivolgiti a un consultorio gratutio.
Dott.ssa Francesca Casolari
Psicologo, Psicologo clinico
Modena
salve, ne parli con il suo medico per avviare una psicologa dell'asl
Dott.ssa Gabriella Montanari
Psicologo, Psicologo clinico
Ravenna
Salve, la speranza è un bene prezioso che non deve essere perso, nemmeno in situazioni così complicate e di profonda sofferenza come la Sua. La giusta guida può essere di grande aiuto. Sono disponibile per un supporto psicologico per cercare di affrontare le varie problematiche e i quesiti da Lei posti con molta lucidità. Può contattarmi per una consulenza e il lavoro può essere svolto anche da remoto se risiede fuori Ravenna.
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buonasera, leggendo le sue parole si percepisce una sofferenza profonda, fatta di solitudine, senso di ingiustizia e una stanchezza emotiva che, giorno dopo giorno, si accumula fino a farle credere di essere senza valore. Ciò che sta vivendo non è il risultato di una sua mancanza, ma l’effetto di un contesto che negli anni l’ha privata di sicurezza, incoraggiamento e riconoscimento. È molto importante partire da questo punto: non c’è nulla di sbagliato in lei. C’è invece una storia di ferite che hanno inciso sul modo in cui oggi guarda se stesso. Quello che descrive rispetto a sua madre è estremamente doloroso. Crescere con figure che alternano sostegno economico a svalutazioni, critiche e frasi violente crea un terreno emotivo instabile, in cui ogni passo avanti può essere seguito da una ricaduta imposta da chi avrebbe dovuto rappresentare una base sicura. Le sue reazioni non sono esagerate né immotivate. Vivere in una casa dove un genitore può passare dall’aiuto alla rabbia distruttiva, dal sostegno alle minacce di negarle ciò che per lei è fondamentale, logora in profondità. È normale che questo la porti a dubitare di sé, a sentirsi sempre in difetto e a vivere ogni imprevisto come un collasso. È altrettanto importante vedere ciò che spesso lei, comprensibilmente, non riesce a vedere. Nonostante tutto questo, lei sta facendo un percorso enorme. Ha coltivato interessi che le danno respiro. Ha trovato nella palestra, nella musica e nella fotografia dei punti di luce che non solo alleggeriscono il peso, ma la tengono letteralmente agganciato alla vita. Ha continuato a studiare abbastanza da ottenere risultati molto alti, nonostante una pressione emotiva quasi insostenibile. Ha cercato di crearsi un futuro, anche se le è stato fatto credere di non esserne capace. Questo non è il ritratto di un fallimento. È il ritratto di qualcuno che, con risorse fragili e in un ambiente molto difficile, continua a provare a rialzarsi. È comprensibile che ogni volta che torna a casa da una giornata migliore, ritrovarsi davanti a critiche e svalutazioni la riporti indietro. Questa oscillazione continua tra momenti in cui sente speranza e momenti in cui crolla non significa che non ci sia una strada. Significa che lei vive ancora in un contesto che ferisce quei piccoli progressi che cerca di costruire. E questo rende più difficile mantenere la fiducia in se stesso. Ciò che chiede, cioè come convivere con qualcuno che spesso reagisce con rabbia e denigrazione, non è semplice. Ma la cosa più importante è iniziare a distinguere quello che appartiene a lei da quello che appartiene a sua madre. Le frasi che le rivolge non dicono nulla sul suo valore. Dicono molto invece sulla sua incapacità di offrirle ciò che ogni figlio meriterebbe: accoglienza, ascolto, incoraggiamento. È un limite suo, non suo. E separare queste due dimensioni, lentamente, aiuta a ridurre il peso delle sue parole. In questa fase, più che pensare a cambiamenti drastici, può essere utile provare a proteggere gli spazi che le fanno bene. La palestra, la musica, la fotografia non sono capricci. Sono strumenti che le hanno permesso di non crollare del tutto, e questo va riconosciuto. Anche la scelta di cercare un aiuto psicologico, quando riuscirà, può diventare un punto di ancoraggio importante, qualcuno che le aiuti a vedere con più chiarezza la sua storia e a recuperare un senso di direzione. Lei non è solo, anche se spesso la realtà intorno la fa sentire così. Il fatto che abbia scritto tutto questo è già un atto di cura verso se stesso. È il modo con cui sta dicendo che, nonostante tutto, una parte di lei vuole ancora costruirsi un futuro diverso. Ed è una parte preziosa, che merita attenzione e rispetto. La speranza non arriva tutta insieme. A volte inizia da un piccolo passo, da un gesto che permette di non perdersi del tutto. Lei ne ha già fatti molti, anche se fatica a riconoscerlo. Continui a permettersi quei momenti che lo fanno respirare e cerchi, quando potrà, uno spazio terapeutico che la aiuti a rimettere ordine in ciò che per troppo tempo è rimasto confuso. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Alessandra Barcella
Psicologo, Psicologo clinico
Gorlago
Capisco quanto sia pesante ciò che sta vivendo, e mi dispiace profondamente che l’ambiente in cui dovrebbe sentirsi al sicuro Le stia invece togliendo forza e fiducia. Le difficoltà che descrive non dipendono da “incapacità”, ma da anni di svalutazioni, instabilità e mancanza di sostegno emotivo: nessuno starebbe bene in queste condizioni.
Il fatto che palestra e hobby La aiutino a ridurre ansia e depressione mostra che ha risorse reali e che non sono “lussi”, ma strumenti di sopravvivenza. È comprensibile quindi che le reazioni di Sua madre La feriscano così profondamente.
In questo momento ciò di cui ha davvero bisogno è uno spazio terapeutico stabile, dove possa sentirsi ascoltato e costruire gradualmente autostima, autonomia e un progetto di vita più sano. Anche con risorse limitate può rivolgersi a consultori, servizi pubblici o terapeuti con tariffe agevolate.
Se lo desidera, posso aiutarLa a orientarsi e offrirLe un percorso di supporto. Non è un fallimento: sta facendo il possibile in una situazione estremamente difficile.

Dott.ssa Barcella
Ciao, sono una psicoterapeuta e lavoro in presenza e online, sono disponibile ad aiutarti a riorganizzare la tua vita partendo dall'ascolto dei tuoi bisogni, partendo da te.
Leggere la tua storia mi ha fatto entrare in un mondo dove sento una rinuncia dopo l'altra a ciò che sei, ciò che vuoi, ciò che ti farebbe stare bene in favore di aspettative materne che risultano lontane e sempre più elevate. Il tuo dolore è profondo e non ti fa uscire dalla trappola in cui ti trovi perchè quando cerchi di fare qualcosa per te , viene svalutata da tua madre e tu dai credibilità a quella svalutazione piuttosto che al tuo bisogno...
Ci vuole coraggio e sostegno per andare avanti e tu hai dimostrato di avere tanto coraggio ma poco sostegno...
hai tanti interessi e giustamente sono la bese per avere l'energia per creare un mondo intorno a te che vale la pena di vivere, ma se ascolti ancora il giudizio di tua madre, questo ti bloccherà nel seguire la tua strada.
sono sicura che con l'appoggio giusto potresti uscire da questa prigione e finalmente seguire la tua strada libero anche di sbagliare!
Dott.ssa Gloria Polizzi
Psicologo, Psicoterapeuta
Roma
Dipende solo da te,Devi essere forte
Le persone forti sono persone felici !
Lamentarsi e addurre scuse non serve a niente, dare sempre la colpa agli altri non ti aiuta.
Decidi di non dare mai la colpa alle circostanze, ma di creare l'ambiente che desideri!
Mira al tuo sogno e impegnati al massimo affinchè si avveri .
La felicità si costruisce con impegno giorno dopo giorno, non ci arriva per caso !
La speranza è dentro di te...
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Gentile utente,
quello che descrive non è il fallimento di una persona, ma l’effetto di anni trascorsi in un ambiente familiare imprevedibile, svalutante e poco supportivo. Quando un genitore alterna momenti di apparente aiuto a fasi di rabbia, disprezzo o minacce, l’autostima non riesce a formarsi in modo sano: si impara a dubitare di sé, a sentirsi “sbagliati” anche quando si stanno facendo passi importanti.

Le difficoltà nello studio, nell’autonomia, nella concentrazione e nella gestione della quotidianità sono comprensibili se consideriamo il contesto in cui è cresciuto. Non sono indizi di incapacità, ma di un carico emotivo enorme che si porta addosso da anni. Il fatto che, quando ha seguito le sue passioni, l’ansia e la depressione siano diminuite in modo evidente, indica che le sue risorse ci sono: semplicemente non hanno mai trovato un ambiente che le sostenesse davvero.

Anche il senso di colpa per dipendere economicamente da sua madre nasce dalla svalutazione continua che riceve, non da un reale “vizio”. Le sue attività — palestra, musica, fotografia — non sono lussi: sono strumenti di regolazione emotiva che hanno già dimostrato di aiutarLa a stare meglio e a mantenere una direzione.

Il punto cruciale non è “piacere a sua madre”, ma costruire uno spazio interno in cui poter riconoscere il proprio valore senza filtrarlo attraverso il suo giudizio. Un percorso psicoterapeutico può aiutarLa a sviluppare confini più solidi, a ridurre l’impatto delle critiche eccessive e a costruire gradualmente una forma di autonomia realistica e sostenibile. Anche piccoli passi fatti in modo costante permettono nel tempo di cambiare molto più di quanto oggi Le sembri possibile.

Dott.ssa Sara Petroni
Dott.ssa Eleonora Scancamarra
Psicologo, Psicologo clinico
Lido Di Ostia
Gentile utente,

Leggendo il Suo sfogo, la prima cosa che sento l’urgenza di dirLe è che Lei non è affatto un fallito; Lei è un sopravvissuto. Vivere in un ambiente in cui coesistono agiatezza materiale e una così profonda deprivazione emotiva, condita da messaggi violenti e svalutanti come quelli che mi descrive, è estenuante e genererebbe smarrimento in chiunque.

È fondamentale che Lei inizi a distinguere la realtà dalla narrazione tossica che Sua madre fa di Lei. I fatti dicono che Lei ha una media del 29 in una facoltà che non ama, che lavora nel weekend, che vince concorsi nazionali di fotografia e che ha trovato nello sport una disciplina per auto-regolarsi: queste sono prove oggettive di talento, resilienza e capacità. Se Lei si sente "inutile" o "viziato", è solo perché sta guardando se stesso attraverso lo specchio deformante che Sua madre Le pone davanti ogni giorno.

Vorrei rassicurarLa su un punto: la palestra, la musica e la fotografia, nel Suo caso, non sono "lussi" o capricci, ma veri e propri strumenti terapeutici di sopravvivenza. Fanno da argine al caos emotivo e Le permettono di sentire di avere un valore. Continui a difendere questi spazi, mentalmente prima ancora che praticamente.

Capisco che ora si senta in trappola, ma siamo a un passo dalla fine del tunnel universitario: provi a guardare quei due esami mancanti non come un dovere verso Sua madre, ma come un atto di "guerra fredda" necessario per ottenere quel pezzo di carta che sarà il Suo passaporto verso l'indipendenza economica e l'uscita da quella casa.

Se Sua madre, nei momenti di lucidità, è disposta a pagare uno psicologo, Le consiglio vivamente di accettare subito questa risorsa. Non lo veda come un regalo, ma come un atto dovuto. In terapia potremmo lavorare per costruire uno scudo contro queste aggressioni verbali e pianificare, un passo alla volta, la Sua autonomia.

Non è solo in questa battaglia e, se lo desidera, sono disponibile per iniziare questo percorso insieme, anche online.

Un caro saluto,

Dott.ssa Eleonora Scancamarra
Dott.ssa Lavinia Sestito
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Ciao,
mi verrebbe di chiederti subito "come stai ora che hai scritto e qualcuno ti risponde?".
Eccomi, io rispondo perché ho sentito tutta la tua fatica e la serietà della situazione.
Mi dispiace che tu sia ingabbiato in una vita che ti abbatte così tanto, ma avrai circa 24 anni immagino, puoi cambiare tutto della tua vita.
Con i tempi giusti ed una valida terapia al tuo fianco, ce la fai credimi.
Io ci ho messo 12 anni a prendere la prima laurea, altro che fuori corso. Ad oggi ne ho tre, e faccio il lavoro più bello del mondo, la psicologa.
Mi sono sentita di raccontarti questo perché la speranza non muore mai, lo credo fortemente.
Mamma è pesante lo comprendo, ma hai già capito che chiede autonomia ed indipendenza a te, mentre lei ha una serie di "benefit" di famiglia.
Difficile così affrancarsi.
Mi auguro che tu possa iniziare una terapia affettiva, che ti mostri la strada per trasformare rabbia e delusione in autonomia e adultità.
Un caro saluto
Lavinia
Dott.ssa Manuela Valentini
Psicologo, Psicologo clinico
Melfi

Buongiorno, le sue preoccupazioni sono comprensibili ed importanti, meritano ascolto e la ringrazio per averle condivise qui in piattaforma. I pensieri e le emozioni che sta vivendo possono essere molto faticosi da gestire da soli. È fondamentale riconoscere che non si tratta di una debolezza, ma di un’esperienza che può trovare spazio e comprensione in un percorso di supporto. Se lo desidera, potrebbe approfondire queste difficoltà in un contesto sicuro, così da individuare strategie che la aiutino a ritrovare maggiore serenità e fiducia. La media degli esami non è soltanto un numero: può essere letta come un segnale del percorso che sta compiendo. Vederla da un’altra prospettiva significa considerarla non come un limite, bensì come un ponte verso la sua autonomia personale. È un indicatore del fatto che, passo dopo passo, sta costruendo le basi per rendersi indipendente e capace di affrontare nuove sfide. Ogni voto diventa un passo, e la media complessiva si trasforma in uno strumento che la accompagna verso l’autonomia e la fiducia in sé stessa. E poi, se vuole, sono a disposizione per un ulteriore confronto, nello snodare dubbi e trovare risorse per favorire una crescita verso una maggiore autostima.
Le auguro una serena giornata,
Dr.ssa Manuela Valentini
Gentilissimo,
il suo racconto mi colpisce molto e nonostante ci possano essere delle ragioni che danno significato a ciò che sta vivendo, emotivamnete è più difficile staccarsi da queste emozioni, le direi che non lei non è la causa del rabbia e della frustrazione che sua madre vive in questo momento. Come sua madre stessa le ha detto, ci sono delle cose che le ricordano suo padre, dal quale immagino si sia separata, inoltre viene matenuta dai suoi genitori e da ciò che racconta non ha bisogno di lavorare, ma allo stesso tempo, appare infelice e fortemente in difficoltà, lei in tutto questo sta subendo una situazione nella quale non ha nessuna resposabilità , se non quella di voler far valere i propri bisogni di figlio. Non ha scritto la sua età ma immagino sia abbastanza giovane, se le mancano due esami alla laurea si faccia forza e cerchi di dare un senso a tutto il sacrificio fatto sino ad ora, quanto sta realizzando è molto di più di quello che pensa, comprese le sue passioni e il tempo per sè stesso che fanno parte della sua crescita. Sicuramente un supporto psicologico potrebbe aiutarla a fare chiarezza, le auguro di trovare la forza di scegliere la sua strada.
Saluti
Dott.ssa
Pazzola Annalisa
Dott. Giuseppe Zucaro
Psicologo, Psicologo clinico
Corato
Grazie per aver condiviso con tanta sincerità ciò che stai vivendo. Il dolore che descrivi non nasce da una tua fragilità, ma da condizioni emotive e familiari che stanno superando ciò che una persona può reggere da sola. Nonostante tutto, hai già messo in atto risorse importanti (palestra, passioni, fotografia) che ti aiutano a stare meglio: non sono “lussi”, ma strumenti di equilibrio.
Quando ci si sente intrappolati tra aspettative impossibili, svalutazioni continue e mancanza di sostegno, è normale perdere fiducia, motivazione e direzione. Ed è proprio in questi momenti che un percorso psicologico può fare la differenza: per ridurre la sofferenza, interrompere i meccanismi di autosvalutazione e costruire passo dopo passo una strada tua, realistica e sostenibile.
Se senti che queste parole risuonano con ciò che stai vivendo, ti invito a fissare un incontro. Lavoreremo insieme per ritrovare stabilità, valore personale e strumenti concreti per uscire dal senso di trappola che ti accompagna da tanto tempo.
Non devi farcela da solo, puoi permetterti di chiedere aiuto.
Caro utente,
dalle tue parole emerge una sofferenza davvero intensa e prolungata, che stai affrontando quasi completamente da solo. Il contesto familiare che descrivi, può avere un impatto molto profondo sull’autostima, sulla motivazione e sulla capacità di vedere un futuro possibile. Non c’è nulla di “sbagliato” in te: stai reagendo a un ambiente che, invece di sostenerti, sembra accentuare ogni tua fragilità.
È importante riconoscere che molte delle difficoltà che vivi possono essere una risposta a un contesto relazionale invalidante e a una storia familiare in cui i tuoi bisogni emotivi non sono stati riconosciuti e accuditi.
Il fatto che, nonostante tutto, tu abbia coltivato passioni, ottenuto risultati eccellenti all’università e trovato sollievo nella palestra e nella musica, mostra risorse personali molto forti.
Forse in questo momento la priorità non è tanto scegliere la facoltà giusta o “studiare di più”, ma mettere in sicurezza la tua salute mentale e offrirti uno spazio dove sentirti ascoltato e supportato.
Un percorso psicologico individuale potrebbe essere la chiave: ti aiuterebbe a ricostruire un senso di valore personale, a leggere in modo diverso la relazione con tua madre e a trovare, gradualmente, strade di autonomia più realistiche e sostenibili. Qualora non fosse una spesa sostenibile, ti invito a rivolgerti ai Servizi pubblici (ASL) della tua città.

Nel frattempo, ti incoraggio a continuare, per quanto possibile, quelle attività che ti permettono di respirare e che hanno già avuto un effetto stabilizzante (palestra, musica, fotografia). Non sono “lussi”: sono strumenti terapeutici e di sopravvivenza.

Indipendentemente da ciò che stai vivendo ora, con il giusto aiuto puoi costruire un percorso di autonomia che oggi ti sembra lontano, ma non è impossibile.

Un caro saluto,
Dott.ssa Alessia Abbagnano
Psicologa
Capisco quanto peso porti ogni giorno. Le tue parole mostrano fatica, ma mostrano anche quanto ti impegni per restare in piedi. Hai iniziato attività che ti aiutano, hai trovato passioni che ti tengono vivo, hai una media alta e mancano solo due esami. Questo richiede forza. Tu questa forza la stai usando, anche se spesso non te ne accorgi.
Quello che vivi in casa ti ferisce e logora la tua fiducia. Nessuno sta bene quando ogni progresso riceve critiche. Non è colpa tua se reagisci con ansia, insonnia e sconforto. Le tue reazioni sono comprensibili.
Provo a darti alcune idee concrete, da valutare passo dopo passo.

Proteggi la tua routine che ti sostiene. Palestra, musica, lavoro del weekend. Sono attività che tengono stabile il tuo umore.
Parla con un servizio pubblico del tuo territorio, come consultori o centri psicologici universitari. Offrono percorsi a costi bassi o gratuiti. Questo ti darebbe uno spazio regolare senza pesare su tua madre.
Non puntare ora a cambiare tutto. Valuta un obiettivo alla volta. Ad esempio, finire un esame per volta. O cercare un lavoro part time diverso se quello che hai ti stressa troppo.
Quando tua madre ha scatti di rabbia, prova a ridurre il conflitto. Spostati in un’altra stanza, esci un momento, proteggi le tue energie. Non devi convincerla. Devi proteggerti.
Tieni contatto con persone che condividono le tue passioni. Corsi di fotografia, musica o sport ti danno un gruppo. Anche un paio di conoscenti migliorano il senso di solitudine.

Quando ti senti senza valore prova a guardare i fatti, non le frasi che ricevi. Hai risultati universitari alti. Hai vinto concorsi di fotografia. Lavori nei weekend. Ti alleni. Ti rialzi ogni volta. Questo non è il profilo di un fallimento. È il profilo di una persona sotto pressione che si muove comunque.
So che ora ti sembra di non avere un posto sicuro, ma il tuo percorso non è fermo. Stai già facendo passi che ti portano verso una vita più tua!

Buon percorso
Barbara V.
Dott.ssa Maria Teresa Romeo
Psicologo clinico, Psicologo
Cagliari
Carissimo, le tue parole trasmettono un dolore profondo e una grande stanchezza emotiva, ma anche una forza che spesso non riconosci in te stesso. Il fatto che tu riesca a raccontare con lucidità quello che stai vivendo, a riflettere sulle tue emozioni e a cercare aiuto, è già un atto di enorme coraggio.
Capisco quanto possa essere logorante convivere con una figura genitoriale che alterna momenti di sostegno a momenti di rabbia e svalutazione. Ricevere messaggi contraddittori da chi dovrebbe essere fonte di affetto e sicurezza può minare nel tempo la fiducia in sé, generando bassa autostima, ansia e senso di colpa per i propri bisogni. Ma ciò che provi — il bisogno di sentirti accolto, di avere spazi per coltivare le tue passioni e prenderti cura di te — non è un capriccio: è un bisogno umano legittimo.
Hai individuato con grande consapevolezza gli elementi che ti fanno stare meglio: la palestra, la musica, la fotografia, la possibilità di creare e di muoverti in autonomia. Queste non sono fughe dalla realtà, ma strumenti di cura e regolazione emotiva, vere e proprie “ancore di salvezza” che ti aiutano a mantenere equilibrio e speranza.
In un contesto familiare così instabile, è naturale sentirsi “intrappolati”. Ti incoraggio però a continuare a cercare spazi di libertà anche piccoli, a consolidare il lavoro part-time, a cercare — con calma e senza giudizio — percorsi di sostegno psicologico a basso costo (centri pubblici, università, associazioni territoriali). Non è necessario risolvere tutto subito: ogni piccolo passo verso l’autonomia economica e relazionale è già una conquista.
Non sei un fallimento, ma una persona che ha dovuto lottare molto più della media per sopravvivere in un ambiente difficile. E nonostante tutto, lo stai ancora facendo. Ti meriti di essere trattato con rispetto, di essere ascoltato, e soprattutto di cominciare a riconoscere il valore che già hai — anche se adesso non riesci a vederlo.

Un caro saluto,
Dott.ssa Maria Teresa Romeo – Psicologa
Dott.ssa Tania Zedda
Psicologo, Psicologo clinico
Quartu Sant'Elena
Buongiorno e grazie di cuore per aver raccontato qualcosa di così difficile.
Quello che stai vivendo è davvero tanto: da una parte ci sono ansia, depressione, ADHD, insonnia, l’università che senti lontana da te, la patente rimandata, la fatica a credere nelle tue capacità. Dall’altra c’è una madre che ti mantiene economicamente ma ti svaluta, ti insulta, ti fa sentire un peso e definisce “lussi” proprio le cose che ti tengono in vita: palestra, hobby, musica, fotografia.
Tu però stai già facendo moltissimo: hai una media del 29, ti mancano solo due esami, lavori nel weekend per pagarti una tua passione, ti alleni, provi a studiare, cerchi di chiedere il minimo. I fatti dicono che non sei un fallimento, ma una persona che sta cercando di costruirsi qualcosa dentro un contesto molto duro e poco supportivo.
Capisco benissimo la paura che ti taglino i soldi per la palestra, perché per te è un’ancora di salvezza. Non stai esagerando quando dici che questi hobby sono una strategia di sopravvivenza, non un capriccio. Il problema non è che chiedi troppo: è che non stai ricevendo quel sostegno emotivo di cui avresti bisogno, e questo ti spinge a credere di essere davvero come ti viene descritto.
Un percorso psicologico potrebbe aiutarti a rimettere ordine: lavorare sulla tua autostima, sulla storia con tua madre, sul senso di colpa legato ai soldi, sul costruire un piano graduale per l’indipendenza. Anche solo avere uno spazio in cui qualcuno ti guarda con occhi diversi da quelli di casa può essere già un cambio enorme.
Adesso ti sembra di non avere nessuno, ma il modo in cui ti esprimi, la lucidità con cui riconosci che palestra e hobby ti tengono vivo, mostrano una parte di te che vede le cose con grande chiarezza. Quella parte va protetta e sostenuta, non zittita. Grazie davvero per esserti affidato e per aver scritto tutto questo.
Dott.ssa Martina Scandola
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Quello che racconti è profondamente doloroso, e la prima cosa da dirti — con molta chiarezza — è che le tue reazioni non sono “esagerate” né “sbagliate”: sono la risposta di una mente giovane che da anni tenta, con tutte le sue forze, di sopravvivere in un ambiente che non le dà sicurezza, sostegno emotivo né uno spazio in cui sentirsi legittimata ad esistere. Hai imparato a vivere con una madre che alterna aiuti economici a svalutazioni, rabbia, giudizi e minacce psicologiche. Questo tipo di dinamica può diventare una trappola invisibile: si riceve quel poco che serve per sopravvivere, ma a un prezzo altissimo — il prezzo dell’autostima, della percezione di valore personale, della possibilità di immaginare un futuro diverso. È comprensibile, quindi, che oggi tu ti senta senza speranza, senza direzione e pieno di auto-svalutazione. Non è una mancanza tua. È l’effetto di anni di trascuratezza emotiva, invalidazione costante e messaggi che ti hanno insegnato a dubitare di te stesso. E nonostante questo, stai facendo moltissimo.
La palestra, le passioni recuperate, il lavoro del weekend, i 29 di media all’università… sono tutti segni di una forza interiore che spesso non riesci a vedere, perché vieni costantemente tirato a terra proprio da chi dovrebbe sostenerti.
Ma quella forza c’è. La stai usando ogni giorno. La tua sofferenza nasce anche dal fatto che stai provando a crescere in un luogo che non ti permette di farlo, dove ogni tentativo di autonomia viene denigrato, ridicolizzato o contrastato. E quando sei costretto a dipendere economicamente da qualcuno che usa il denaro come strumento di controllo emotivo, è normale sentirsi intrappolati e senza via d’uscita.
La verità, però, è che una via d’uscita esiste — e non passa dal convincere tua madre a cambiare.
Passa dal costruire, lentamente, una rete esterna: psicologica, lavorativa, relazionale. Anche se adesso sembra impossibile, il percorso non richiede salti enormi: richiede piccoli passi continui, fatti da una persona che ha già dimostrato di sapersi rialzare.
Nell’immediato, quello che può aiutarti è:
Togliere potere assoluto alla voce di tua madre, che oggi è diventata anche la voce nella tua testa. Le sue svalutazioni non definiscono il tuo valore. Sono un suo limite, non una tua colpa. Chiedere aiuto professionale, anche iniziando da percorsi accessibili economicamente (consultori, centri pubblici, servizi universitari). Il fatto che nei momenti di lucidità ti accetti di aiutare economicamente significa che uno spazio per iniziare potrebbe esserci. Proteggere ciò che ti fa stare meglio, come la palestra e le passioni: non sono hobby inutili, ma strumenti terapeutici che hanno dimostrato di salvarti la vita. Sono essenziali quanto un farmaco. Accettare che la confusione, l’ansia, la fatica di studiare non derivano da “pigrizia”, ma da un ambiente emotivamente ostile. Tu non sei sbagliato: sei stremato. Tenere presente che desiderare amore, stabilità e sicurezza non è un lusso: è un bisogno umano di base. Non sei viziato. Sei ferito.
E soprattutto:
Il fatto che tu abbia scritto tutto questo significa che non hai rinunciato a te stesso.
Tu non sei solo, anche se oggi ti sembra così. E non sei definito da chi non ti sa vedere.
Quello che hai vissuto non cancella la possibilità di costruire una vita diversa — ma serve qualcuno che ti accompagni, che ti aiuti a distinguere la tua voce da quella che ti ha ferito, e che ti sostenga mentre metti un passo davanti all’altro.
Dott.ssa Lisa Minafra
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Buongiorno,
Dal suo racconto emerge una sofferenza profonda, vissuta spesso in solitudine, e allo stesso tempo una forza enorme: nonostante tutto, sta studiando, lavorando, coltivando passioni, prendendosi cura di sé e cercando aiuto. Questo non è “fallimento”: è resilienza.
Le difficoltà che descrive, i sintomi depressivi e d’ansia, l’ADHD, l’insonnia, un ambiente familiare svalutante, non sono responsabilità sua e non definiscono il suo valore. Il modo in cui viene trattato non è normale né meritato, e riconoscerlo è già un primo passo per ricostruire autostima e direzione.
Le attività che ha ritrovato – palestra, musica, fotografia – non sono “capricci”: sono strumenti che la tengono stabile, la fanno respirare e la aiutano a non sprofondare. Proteggerle è importante tanto quanto una terapia.
Capisco quanto sia difficile pensare al futuro in queste condizioni, ma non è solo: trovare uno psicologo che la accompagni con continuità può davvero fare la differenza, soprattutto per elaborare il senso di colpa, il peso emotivo del contesto familiare e l’autosvalutazione. E, pian piano, capire insieme quali passi concreti compiere per costruire indipendenza e sicurezza.

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