Con mio marito abbiamo deciso di separarci e lo abbiamo comunicato a mio figlio di 17 anni a giugno

24 risposte
Con mio marito abbiamo deciso di separarci e lo abbiamo comunicato a mio figlio di 17 anni a giugno scorso ma mio marito ancora sta in casa e non ha un grande dialogo con lui. Mio marito "sarebbe" piu rigido di me che sono piu permissiva e vorrei dare piu responsabilità a mio figlio, ma per non apparire "cattivo" mio marito si adegua a quello che faccio io. Fattosta che mio figlio se ne approfitta, esce il sabato con gli amici, la domenica anche... e quasi tutti i lunedì non va a scuola, studia il minimo. Ci sono anche settimane in cui non va a scuola piu giorni. Sta attaccato al telefono o al pc. Non posso buttarlo giu dal letto e non riesco nemmeno a vietargli di uscire il fine settimana, ma vorrei trovare un modo x "punirlo". Togliendo il telefono o il pc ottengo l'effetto opposto xke si chiude ancora di piu a mo di ricatto. Ho provato a togliergli il portafoglio o dirgli di non uscire ma esce ugualmente. A volte ho anche avuto l'impressione che abbia una sorte di "depressione" quando si chiude in camera per giorni (mancando anche 2 o 3 gg a scuola) ed esce solo per mangiare. Ho pensato che potesse dipendere anche dalla situazione con mio marito ma nn credo incida molto, diciamo che è abituato. Forse ho sbagliato a dargli troppa libertà anche se alla fine nn chiede molto. Durante la settimana va tt i giorni a sport (tranne qnd si chiude in camera) ed esce solo il sabato sera ed a volte la domenica pomeriggio. Non so cosa fare x fargli rispettare le regole xke ho paura che ora avendo 17 anni nn ha piu freno. Ad esempio qst sabato e domenica è uscito ed oggi lunedì non è andato a scuola, non si alza dal letto. Cosa posso fare x riprendere un po di potere su di lui ? Ho provato con il togliere il cellulare ed è stato peggio, ci parlo tanto, gli ho anche detto che ora è grande per capire cosa è giusto e cosa no e che se nn vuole andare piu a scuola o farsi bocciare per le assenze (xke è molto intelligente e con poco ottiene piu che sufficiente) ed andare a lavorare, è una sua scelta. Xo da mamma ne soffro e mi sento impotente. Ho pensato che una cosa che posso fare è non accontentarlo qnd mi chiede di fargli un favore o comprargli qualcosa ed essere piu dura (anche se nn sono cosi). Devo diventare piu severa ? Devo cambiare io ? Ho sbagliato ad essere troppo accondiscendente ? Cosa posso fare per farmi sentire e far rispettare quello che dico ? E farlo maturare e fargli capire che ci sono delle regole che vanno rispettate ? Come andare a scuola e nn fare solo quello che gli piace? Per l'assenza di oggi a scuola devo punirlo ? Come ? Sono davvero dispiaciuta e disperata xke so queli sono le sue capacità e anche lui le sa, ma non le sfrutta e se ne approfitta di me... mio marito puo borbottare ma nn fa nulla. Grazie
Dott.ssa Angela Borgese
Psicologo, Psicologo clinico
Gravina di Catania
Buongiorno,
quello che descrive mostra che suo figlio sta cercando di capire dove siete come genitori e quali limiti esistono davvero. Quando percepisce incoerenza tra voi due, può provare a testare i confini, senza che questo significhi volervi sfidare.
In questo momento, più che punirlo, può essere utile creare un quadro chiaro e coerente insieme a suo marito, così che lui sappia cosa è previsto e cosa no. Quando i confini sono chiari e condivisi, è più facile per lui assumersi responsabilità senza chiudersi o ritirarsi.
In sostanza, non si tratta di forza o controllo, ma di chiarezza e coerenza nel vostro ruolo di genitori, che gli offre sicurezza e spazio per crescere.

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Cara mamma,
capisco profondamente la tua preoccupazione e il senso di impotenza che stai vivendo. Non è facile gestire un figlio adolescente, soprattutto in un momento familiare delicato come una separazione annunciata ma non ancora realizzata nei fatti. Ti assicuro che il tuo smarrimento è più che comprensibile, e molte mamme vivono dinamiche simili.

Vorrei però condividere con te un punto importante, che spesso passa inosservato: ciò che a volte chiamiamo “permissività” può, senza volerlo, diventare una forma di distacco. Non nel senso che una mamma non ama suo figlio—perché tu lo ami e si vede—ma nel senso che, presa dalla propria vita, dagli impegni, dalle tensioni con il partner, ci si concentra sul “mantenere la quotidianità” (mangiare, dormire, fare sport) e si rischia di non accorgersi di segnali che invece raccontano un disagio più profondo.

Ad esempio, il chiudersi spesso in camera, isolarsi dalla famiglia, rifugiarsi per ore nel telefono, nei videogiochi o nei social, non sono semplici “abitudini da ragazzo di oggi”. Sono una zona di comfort che il ragazzo costruisce per non confrontarsi con ciò che lo mette in difficoltà. E quando questo isolamento diventa eccessivo, può portare a dipendenza, perdita di interesse per la scuola, sfasamento del ritmo sonno–veglia, ritiro dalle relazioni affettive, trascuratezza di sé.
Questi sono campanelli d’allarme reali e meritano attenzione.

Un altro aspetto che vedo nella tua situazione è che tu e tuo marito non state lavorando insieme come una squadra. Questo indebolisce molto l’autorità educativa. In una fase così delicata, il ragazzo percepisce perfettamente la mancanza di una linea comune, e questo purtroppo lo porta a “testare i limiti” e approfittare degli spazi che trova.
Se, come racconti, tuo marito tende ad adeguarsi a te per non apparire “troppo rigido”, e tu ti senti più permissiva, è naturale che vostro figlio non riconosca un confine solido. E senza confini chiari, un adolescente si perde.

Inoltre, in un contesto di conflitto o distanza tra i genitori, spesso i figli reagiscono isolandosi, dormendo di più, non andando a scuola, o aggrappandosi a videogiochi e telefono. Non sempre lo dicono a parole, ma il corpo e il comportamento parlano per loro.

Per quanto riguarda le punizioni, è importante chiarire una cosa: quando si è già creata una forma di dipendenza o di ritiro, la punizione non risolve. Anzi, spesso peggiora: se togli il telefono o il PC del tutto, lui si chiude ancora di più e vive la situazione come un attacco, non come un aiuto.

Quello che invece serve davvero è:
• monitorare il tempo davanti agli schermi,
• ripristinare rituali familiari minimi,
• ristabilire una linea educativa chiara e condivisa tra i genitori,
• intervenire quando si notano segnali di ritiro o depressione,
• e—soprattutto—non affrontare tutto da sola.

Da ciò che descrivi, alcuni segnali (chiudersi in camera per giorni, saltare la scuola, dormire di giorno, disinteresse per relazioni e attività) meritano attenzione, e un intervento specialistico potrebbe essere molto utile.

Il lavoro che faccio di solito include sia i genitori sia il ragazzo, proprio perché questi problemi non nascono mai da un’unica causa: sono dinamiche familiari, emotive e comportamentali intrecciate. Anche quando tra i genitori ci sono conflitti, si può lavorare insieme in modo costruttivo.

Cosa puoi fare concretamente adesso?

1. Parla con il papà di vostro figlio e stabilite una linea educativa comune.
Anche semplice e basilare. L’importante è che sia uguale per entrambi.

2. Riduci gradualmente, non drasticamente, l’uso di telefono e PC, stabilendo orari chiari e condivisi. Niente punizioni improvvise: devono essere regole, non “guerre”.

3. Ripristina piccoli impegni quotidiani (la sveglia, pasti insieme, brevi attività fuori casa). Anche se protesta, la routine lo protegge.

4. Non attribuire tutto al “carattere” o alla situazione familiare. I ragazzi spesso non riconoscono da soli la spirale in cui entrano. Serve un adulto che li accompagni fuori.

5. Evita lotte di potere frontali. Non funziona a 17 anni e irrigidisce solo le posizioni.

6. Valuta un supporto specialistico, sia per lui che per voi come genitori. Non perché “c’è qualcosa che non va”, ma perché serve una guida per rimettere ordine.

7. Non sentirti in colpa. L’adolescenza è una fase complessa e nessun genitore è perfetto.

Il tuo desiderio di aiutarlo e di diventare più coerente e presente è già un passo enorme.

Se vuoi, possiamo anche costruire insieme un piano educativo concreto per le prossime settimane, in modo graduale e rispettoso, che ti aiuti a tornare a essere per lui un punto di riferimento saldo.

Sono qui per supportarti.
dott.ssa Doudina Ioulia
Dott.ssa Gaia Evangelisti
Psicologo, Psicologo clinico
Genzano di Roma
Salve, grazie per aver condiviso la sua esperienza. Le fornirò alcuni spunti di riflessione in merito a quanto ha scritto.

1. A 17 anni le “punizioni” classiche (cellulare, portafoglio, divieti, restrizioni) non producono l’effetto desiderato.
Quando lei gli toglie il telefono e lui si chiude ancora di più, non lo fa per sfida: è perché non risponde più al controllo, ma alla relazione e quando gli vieta di uscire e lui esce comunque, è semplicemente perché fisicamente non ha più modo di impedirglielo.
Aumentare la severità non funzionerà. Rischierebbe di peggiorare la distanza.

2. I segnali che descrive non sono solo ribellione --> Quello che mi ha raccontato — chiusura in camera, assenze scolastiche ripetute, alternanza tra momenti di energia e apatia, difficoltà ad alzarsi, ritiro sociale salvo sport e weekend — non indica semplicemente “pigrizia” o “approfittarsi”. Sono comportamenti tipici di adolescenti che stanno vivendo: stress emotivo, ansia, senso di vuoto, o una forma di tristezza/depressione mascherata.
Prima di pensare a “punirlo”, è importante chiedersi se non stia soffrendo.

3. La separazione pesa molto più di quanto lei creda --> Lei dice che suo figlio “è abituato”, ma i ragazzi non si abituano mai davvero:
- avete comunicato la separazione da pochi mesi,
- il padre è ancora in casa, ma distante,
- non c’è comunicazione tra padre e figlio,
- a livello familiare non c’è una guida chiara,
- lei si trova sola a gestire la parte educativa.
Anche se suo figlio sembra forte o intelligente, emotivamente forse è saturo.
Saltare la scuola è spesso un modo per dire: “Non sto bene, ma non so spiegarlo”.*

4. Lei non ha perso potere perché è stata “troppo buona” --> Non è colpa sua.
Il vero problema è che lei si trova a fare il lavoro di due genitori:
- il padre non assume un ruolo educativo stabile,
- lei deve supplire sia alla parte affettiva che alla parte autorevole,
- e in un clima familiare confuso è impossibile per un genitore essere coerente.
I ragazzi in queste situazioni spesso sviluppano comportamenti oscillanti, perché: non sanno più quali sono i confini.

Cosa può fare davvero (quello che funziona con un 17enne)?
1. Passare dalle punizioni alle CONSEGUENZE ADULTE --> Non più: “ti tolgo il telefono”, “non esci”, “non ti compro questo”.
Questi strumenti non hanno più peso su un diciassettenne.
Al loro posto, introdurre conseguenze naturali, adatte all’età:
- se non va a scuola → gestirà lui le giustificazioni, i colloqui, i recuperi;
- se vuole uscire → deve rispettare accordi minimi (orario, comunicazione, reperibilità);
- se non aiuta in casa → non può aspettarsi che lei faccia tutto per lui.

Non come punizione, ma come transizione all’età adulta.

2. Cambiare il tipo di dialogo --> Non dire: “Devi fare questo, devi capire, devi alzarti”.
Un ragazzo in difficoltà si chiude.
Serve un messaggio più adulto: "Io vedo che stai faticando. La scuola non è il vero problema. Non posso costringerti, ma non posso nemmeno proteggerti dalle conseguenze delle tue scelte. Io ci sono, e voglio capire cosa stai vivendo.”
Questo abbassa il conflitto e apre alla sincerità.

3. Chiedergli sinceramente come sta --> Domande semplici, dirette, non giudicanti:
- “In questo periodo ti senti più triste o più svuotato del solito?”
- “Da quando abbiamo comunicato la separazione, come ti senti dentro?”
Molti ragazzi rispondono, quando sentono che il genitore è onesto e non accusatorio.

4. Considerare un supporto psicologico esterno --> Non perché suo figlio è “malato”.
Ma perché:
- sta vivendo una separazione,
- mostra segnali di disagio,
- a voi due genitori mancano energie e direzione unitaria.
Uno/a psicologo/a per adolescenti può offrirgli uno spazio neutro, dove non deve proteggere né lei né il padre.
Può proporlo così: “Vorrei darti uno spazio tutto tuo, dove puoi dire tutto senza filtri.”
Di solito funziona.

5. Costruire una linea educativa comune con il padre --> Non serve che il padre diventi rigido. Serve che:
- lei e lui vi parliate,
- concordiate 3–4 regole base,
- smettiate la dinamica “io buona – tu cattivo”.
Quando i genitori non sono allineati, i ragazzi alla loro età vanno facilmente “di traverso”, anche senza volerlo.

6. “Oggi non è andato a scuola: devo punirlo?” --> Punirlo ora produrrebbe solo distanza. Quello che può fare è dirgli con calma: “Oggi non sei andato. È una tua scelta e avrà conseguenze sulla scuola. Io voglio solo capire cosa stai vivendo, non punirti.”
Il suo obiettivo non è farlo obbedire. È riagganciare la relazione.

7. La vera autorevolezza non viene dalla durezza --> Non deve diventare una persona più severa o più dura. La forza educativa, a quest’età, nasce da: coerenza, calma, presenza emotiva, poche regole ma ferme, responsabilità condivisa, niente punizioni punitive, apertura al dialogo.
Lei non deve cambiare la sua natura.
Deve solo passare dal ruolo di “genitore che controlla” a quello di genitore che accompagna verso l’età adulta.

Se desidera approfondire l'argomento o trovare un sostegno psicologico per suo figlio, mi rendo disponibile.

Un caro saluto.

Dott.ssa Gaia Evangelisti, Psicologa.
Dott. Luca Folletti
Psicologo, Psicologo clinico
Pieve di Cento
Buon pomeriggio, innanzitutto, la ringrazio per avere condiviso la situazione.
Bisogna considerare un primo aspetto fondamentale: cosa sia stato effettivamente comunicato a vostro figlio. Con questo intendo che non basta averlo messo al corrente del fatto che la vostra intenzione sia quella di separarvi; è necessario comunicargli esplicitamente che lui non abbia alcuna colpa e che questa decisione dipenda esclusivamente da voi. Un altro aspetto importante riguarda il rendere esplicito e chiaro il fatto che siate disponibili a parlarne ogni qual volta sia per lui necessario e che continuerete ad essere presenti per lui. In collegamento a questo aspetto, ritengo che sia fondamentale (in questo momento più che mai) che anche suo marito sia presente. Questo perchè la sua maggiore assenza potrebbe essere interpretata come mancanza di interesse o come mancata importanza del rispetto delle regole. Il supporto di suo marito è fondamentale. Altro aspetto fondamentale riguarda la proiezione che suo figlio potrebbe aver fatto in relazione al futuro di questa situazione: potrebbe chiedersi se resterete o meno in buoni rapporti o se tra voi ci sarà astio o meno. Il fatto che vi stiate separando non preclude che voi e vostro figlio non siate più una famiglia e che lei e suo marito non possiate più svolgere insieme il ruolo di genitori, mantenendo sempre rispetto e comprensione reciproca. Questo per far capire quanto sia importante il fatto che vostro figlio capisca che questa situazione non debba necessariamente portare alla creazione di maggiori tensioni ma, anzi, che possiate sempre essere presenti per lui. Un buon esempio potrebbe essere dato proprio dal ribadire l’importanza del rispetto delle regole (ad esempio la costanza a scuola per il raggiungimento degli obiettivi) e che vi mostriate uniti. Questo è il modo migliore per dare il giusto esempio. Se, nonostante gli accorgimenti attuati sulla base di quanto sopra riportato, suo figlio dovesse continuare a protrarre il suo comportamento per qualche settimana, potrebbe essere per lui utile iniziare un percorso psicologico. Spero di esserle stato d'aiuto e le auguro il meglio.
Dott.ssa Tonia Caturano
Psicoterapeuta, Sessuologo, Psicologo
Pioltello
Buon pomeriggio, capisco quanto tu ti senta stanca, preoccupata e forse anche sola dentro questa situazione. Ci sono momenti della genitorialità — soprattutto con un diciassettenne — in cui ci si ritrova a guardare un figlio che sembra scivolarci dalle mani: non perché non ci voglia bene, ma perché sta attraversando una fase in cui tutto si confonde, i confini si allentano, le responsabilità sembrano troppo pesanti e l’identità ancora fragile. E in mezzo a tutto questo ci sei tu, con un matrimonio che sta finendo e che inevitabilmente cambia il clima emotivo di casa, anche se a lui “sembra non fare effetto”.
Quello che descrivi non è semplicemente un ragazzo che “se ne approfitta”: è un adolescente che si muove dentro una casa che si sta trasformando, con un padre presente ma distante, una madre che cerca di tenere insieme i pezzi e una serie di libertà che forse all’inizio lo rassicuravano, ma che ora lo fanno sentire senza una struttura vera a cui appoggiarsi. L’apparente menefreghismo, il restare chiuso in camera, il non alzarsi la mattina, l’alternare sport e ritiro, le giornate in cui scompare sotto le coperte… tutto questo racconta più smarrimento che ribellione. E non è detto che stia soffrendo per la separazione in modo consapevole: a volte i ragazzi “abituati” ai conflitti tendono a minimizzare, ma il corpo e i comportamenti parlano comunque.
È comprensibile che tu senta il bisogno di “riprendere potere”, come lo chiami tu. Ma forse il punto non è diventare più severa, quanto ridefinire con calma, e con una nuova solidità, il tuo ruolo. Quando un figlio percepisce che il genitore perde appoggio — perché il partner non sostiene, perché la casa è emotivamente fragile — allora prova a spingere, a testare, a vedere fin dove può arrivare. Non per cattiveria, ma per capire se il mondo regge ancora.
Le punizioni drastiche, come togliere il telefono o chiuderlo in casa, hanno l’effetto che hai visto: lo spingono più dentro la sua tana, rinforzano la distanza e ti fanno sentire ancora più impotente. Non è questione di accondiscendenza o durezza: è che a 17 anni il potere non si gioca più sul controllo, ma sulla relazione. E la relazione, per funzionare, ha bisogno di confini chiari e non negoziabili — ma anche di ascolto autentico.
A volte funziona un linguaggio che non punta al ricatto (“se non vai a scuola allora ti tolgo…”), ma alla responsabilità condivisa. Parlare non come una madre disperata che chiede, ma come una adulta che pone basi. Qualcosa che somigli a: “Io ti sto accanto, ma non posso sostituirmi a te. C’è una linea che va rispettata, non per ubbidire a me, ma per la tua vita”. E poi stabilire due o tre regole semplici, realistiche, non venti. Piccoli confini, che però non vengano spostati ogni volta che lui si oppone. I ragazzi sentono quando un limite è fragile, e lo attraversano.
E nello stesso tempo accogliere la possibilità che dietro ai suoi rifiuti ci sia una parte di fatica, di tristezza, di stanchezza mentale. Non serve definirla, né etichettarla: basta vedere che c’è. A volte un “vedo che fai fatica ad alzarti, e non voglio controllarti, ma capire cosa stai vivendo” apre più porte di mille punizioni.

Puoi anche pensare che questo momento non devi affrontarlo del tutto da sola. Se senti che può esserti utile, io sono disponibile per un colloquio conoscitivo: uno spazio tranquillo per aiutarti a chiarire il tuo ruolo, ritrovare stabilità nei confini e capire come muoverti con lui senza conflitto né paura. A volte basta un momento solo tuo, un luogo dove respirare e rimettere ordine, per poter essere più salda anche davanti a un figlio che spinge forte contro le pareti.
E tu meriti di sentirti meno sola, meno impotente, e più sostenuta mentre attraversi tutto questo. A presto, dott.ssa Tonia Caturano
Dott.ssa Elisabetta Di Maso
Psicologo, Psicologo clinico
Bitonto
Buonasera, in questa sua richiesta di aiuto sento tutta l'assenza del padre che non interviene mai nei confronti del figlio, facendogli magari sentire la sua vicinanza e non un semplice borbottio..io credo che su figlio stia manifestando il bisogno dei confini che solo un padre può mettere, più il padre sarà assente più l'asticella della sua intolleranza si alzerà nella speranza di essere visto. Vi consiglierei una terapia di tipo sistemico familiare non per ricucire il vostro rapporto che credo sia chiuso, ma per aiutare vostro figlio che in questo momento è in una fase delicata. buona serata
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Capisco quanto sia doloroso e frustrante sentirsi impotente quando un figlio rifiuta responsabilità e regole: la situazione che descrivi è comune nelle famiglie in separazione e va affrontata con chiarezza, coerenza e calma. Di seguito trovi indicazioni pratiche e concrete, non prolisse, che puoi iniziare a mettere in atto subito.


Primo passo: coerenza tra i genitori




Parla con tuo marito fuori dalla presenza del figlio e concordate poche regole essenziali (es.: frequenza scolastica, orari, uso di dispositivi, responsabilità domestiche).


Presentatele insieme: quando i genitori si mostrano uniti, il messaggio è molto più efficace. Anche piccoli segnali di coerenza (stessa risposta a un comportamento) aiutano.




Regole chiare + conseguenze logiche




Trasforma le “punizioni” in conseguenze logiche e proporzionate: per esempio, se non vai a scuola perdi il privilegio di uscire il weekend successivo o non avere lo smartphone fino a quando non recupera le assenze. Le conseguenze devono essere applicate subito, chiare e non punitive (non umilianti).


Evita ricatti emotivi o sconti occasionali: l’incoerenza premia il comportamento scorretto.




Contratto scritto e responsabilità crescente




Fate un “contratto” scritto con poche regole, firme e durata (es.: un mese). Inserite obiettivi misurabili (frequenza a scuola, compiti) e le ricompense per il rispetto (uscite, autonomia economica).


Coinvolgilo nella stesura: farlo partecipare aumenta la responsabilità.




Gestione dei dispositivi e del ritiro dei privilegi




Regole sui device: orari di utilizzo, spegnimento notturno in uno spazio comune, riconsegna se non rispetta gli impegni.


Quando ritiri un privilegio, spiega perché e come può riaverlo (criteri di recupero).




Comunicazione efficace




Frasi brevi, calme e non moralistiche: es. “Capisco che esci e ti diverti, ma la scuola è una tua responsabilità: domani devi andare. Se non vai, perderai X.”


Evita discussioni infinite: richieste chiare + attuazione delle conseguenze.




Controlli pratici e rete di supporto




Parla con la scuola: segnalate le assenze e chiedete un incontro. Spesso la scuola propone percorsi di recupero o mediazione.


Coinvolgi allenatori, amici o figure di riferimento che possono influenzarlo positivamente.




Sospetto di depressione o disagio psicologico




I segnali che descrivi (isolamento prolungato, calo della frequenza scolastica, apatia) possono far sospettare uno stato depressivo o altro disagio. È importante valutare la presenza di sintomi come tristezza intensa, perdita di interesse, cambi di appetito/sonno, pensieri di autolesionismo.


Se temi depressione o idee di autolesionismo, contatta subito un medico/servizio di emergenza o uno specialista.




Cosa fare per l’assenza di oggi




Mantieni la calma: contatta la scuola per segnalare l’assenza e concordare un piano di recupero. Parla con tuo figlio in modo fermo, proponendo subito la conseguenza concordata (es.: niente uscite fino al raggiungimento di X giornate di frequenza). Evita escalation emotive.




Quando chiedere aiuto professionale




Se le assenze e l’isolamento continuano, o se noti cambiamenti dell’umore, è consigliabile una valutazione da un professionista (psicologo/psichiatra) per escludere depressione e per lavorare su motivazione, regole e dinamiche familiari. Anche una breve terapia familiare può aiutare a riallineare i confini tra genitori e figlio.


Se vuoi, posso prepararti un breve modello di “contratto familiare” e alcune frasi da usare con tuo marito e con tuo figlio. In ogni caso, vista la complessità e il possibile coinvolgimento di un disagio psicologico, è consigliabile approfondire con uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dr. Stefano Pischiutta
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Probabilmente suo figlio reagisce a suo modo a un disagio familiare, derivato, come ha descritto, alla difficoltà della coppia genitoriale di separarsi, o di chiarire comunque il problema.
Dott. Vincenzo Capretto
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Salve,
non è “solo ribellione”: tuo figlio di 17 anni sta vivendo una situazione familiare complessa (genitori separati ma conviventi, regole poco chiare, differenze educative). Comportamenti come chiusura in camera, calo scolastico o opposizione non sono pigrizia, ma segnali di disagio e ritiro emotivo.
Punire o togliere telefono/uscite spesso peggiora la situazione, perché crea conflitto senza costruire alleanza. La chiave è coerenza tra genitori, regole chiare e dialogo non giudicante, e aiutare tuo figlio a riconoscere conseguenze naturali delle sue scelte, più che imporre sanzioni.
Se il ritiro o la chiusura persistono, può essere utile un colloquio con uno psicologo, anche solo per orientamento familiare e sostegno nella gestione della situazione. Resto a disposizione su qualsiasi canale.
Dott. Daniela Recchia
Psicologo, Psicoterapeuta
Valmontone
buonasera, se ho ben capito con suo marito siete separati in casa e questo non aiuterà sicuramente il clima familiare, con un figlio adolescente servono i limiti ma non le punizioni, non serve la rigidità ma la fermezza. E' molto importante che vostro figlio percepisca che voi, anche se in fase di separazione, resterete i suoi genitori per sempre, sarebbe molto utile per lui sentire che voi fate squadra. Sembra banale ma il consiglio è quello di comunicare, ascoltate vostro figlio, sentite come sta e come sta vivendo la sua età. Penso che sia importante definire la vostra relazione e ascoltare le emozioni di vostro figlio. Se non riuscite da soli potete farvi aiutare da un esperto
saluti e auguri
Quello che sta vivendo suo figlio non è solo “pigrizia” o ribellione: quando un ragazzo di 17 anni alterna normalità a giorni di chiusura totale, sonno sfasato, assenze da scuola e isolamento, spesso c’è un disagio sottostante, anche se lui non lo sa esprimere. La separazione, pur se “abituato”, crea comunque instabilità, soprattutto perché suo marito è ancora in casa ma non interviene realmente sulle regole: per lui è un periodo confuso.

Lei si trova a essere l’unico punto di riferimento e a dover far rispettare le regole, mentre suo marito non sostiene pienamente i limiti. È normale che suo figlio provi a testare i confini e che Lei si senta impotente.

Punirlo, togliere il telefono o impedirgli di uscire rischia quasi sempre di ottenere l’effetto opposto: non obbedisce e si chiude ulteriormente. Non si tratta quindi di diventare più severa, ma di essere chiara, coerente e stabile. A quest’età, più che il controllo funziona la cornice adulta: libertà sì, ma con conseguenze reali sulle proprie scelte.

Può essere utile parlare con calma e sincerità: non per rimproverarlo, ma per condividere la sua preoccupazione e chiedergli come sta davvero, cosa sente e cosa lo blocca. Spostare l’attenzione dal “devi andare a scuola” a “come si immagina tra due anni? Cosa vuole costruire?” può essere più efficace: gli adolescenti rispondono meglio ai progetti concreti che ai divieti.

Infine, sarebbe importante che suo marito sostenesse almeno le regole fondamentali: non deve approvare ogni dettaglio, ma servirebbe una linea comune chiara su scuola, responsabilità quotidiane e salute. In questo modo, Lei non si troverebbe sola a far rispettare limiti che oggi risultano inefficaci.

Se vuole, posso aiutarla a elaborare un modo concreto di parlare con suo figlio e stabilire regole che possano funzionare davvero.
Dott.ssa Laura Forghieri
Psicologo, Psicologo clinico
Bagnoli
Buonasera, dalle sue parole emerge che suo figlio, come voi genitori, sta vivendo un momento difficile, potrebbe forse essere che per lui non sia chiara la vostra situazione.
Dopo una separazione continuare a vivere insieme potrebbe portare ad un po’ di confusione.
Inoltre credo che più di potere potrebbe esserle utile concentrarsi sul fatto che vostro figlio ha 17 anni ed è un’età difficile in cui già si devono affrontare tanti cambiamenti personali, credo che sarebbe bene più che comprendere come aver potere su vostro figlio, provare ad aprire un dialogo in
Cui affrontare anche il
Tema della separazione. Dott.ssa Laura Forghieri
Dott.ssa Ilaria De Pretto
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
È comprensibile sentirsi impotente: suo figlio non sta “sfidando”, sta probabilmente esprimendo un disagio legato all’età e alla situazione familiare. Le punizioni ora non funzionano, anzi lo chiudono di più. Quello che serve è un confine chiaro ma soprattutto un dialogo calmo e adulto, in cui lei gli dica che è preoccupata per come sta e non per la scuola in sé. Non deve diventare più severa, ma più stabile e meno reattiva. Se la situazione continua, anche un colloquio familiare con uno psicologo può aiutarvi molto più di qualunque punizione.
Salve , mi spiace molto per la preoccupazione che descrive
Non è assolutamente semplice gestire un adolescente di 17 anni in un momento delicato come una separazione.
le assenze a scuola, il chiudersi in camera e l’opposizione alle regole non sono solo “mancanza di volontà” probabilmente indicano stress o un possibile disagio emotivo.
Inoltre le punizioni rigide, come togliere il telefono o i divieti, tendono generalmente a peggiorare la situazione al contrario funzionano meglio pochi confini chiari e coerenti soprattutto quando condivisi tra voi genitori.
Vi suggerirei di prendere in considerazione l’idea di un colloquio psicologico o di un percorso per lui o per entrambi voi per aiutarlo a gestire il carico emotivo e ritrovare motivazione.
Buone cose,
Dott. Marziani
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Gentile utente,

la situazione che descrive è complessa e coinvolge diversi livelli: l’adolescenza, la separazione in corso e una gestione educativa in cui i ruoli genitoriali appaiono poco definiti. In un ragazzo di 17 anni è normale osservare oppositività, sbalzi d’umore e ricerca di autonomia, ma quando compaiono ritiro, assenze da scuola e difficoltà a rispondere alle regole, conviene leggere il comportamento non come “mancanza di volontà”, ma come un segnale di disagio.

Le “punizioni” rigide o la sottrazione dei dispositivi, nel suo caso, finiscono per irrigidire ulteriormente la relazione e non risolvono il problema. Quello che può essere più utile è ritornare a un quadro chiaro di responsabilità: poche regole, semplici e non negoziabili (ad esempio orari, frequenza scolastica, gestione degli impegni), condivise da entrambi i genitori, anche se la separazione è in corso. La coerenza tra voi due è l’elemento più importante, più ancora della severità.

Il ritiro in camera per giorni, le assenze ripetute e la fatica ad alzarsi possono anche indicare un momento emotivo delicato, per cui può essere utile proporre un confronto con uno psicologo dell’età evolutiva. Non si tratta di “punire”, ma di offrire uno spazio terzo dove possa elaborare ciò che sta vivendo.

Nel frattempo, più della durezza, può aiutarla uno stile educativo fermo ma non conflittuale: stabilire confini chiari, collegare le libertà ai comportamenti (ad esempio: weekend fuori solo se la settimana scolastica è stata rispettata), evitare ricatti reciproci e lavorare su un dialogo che non ruoti soltanto attorno a scuola e regole. Anche limitare favori o richieste extra può essere un messaggio adeguato, a patto che non diventi un braccio di ferro quotidiano.

Non si colpevolizzi: quando c’è una separazione in corso, gli equilibri familiari cambiano e un ragazzo può reagire con un’apparente “sfida” che, in realtà, esprime confusione e fatica. Un supporto psicologico individuale o familiare può rappresentare un aiuto concreto per ristabilire ruoli, responsabilità e un clima comunicativo più efficace.

Rimango a disposizione,
Dott.ssa Sara Petroni – Psicologa
Dott.ssa Nunzia D'Anna
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Signora, lei ha avuto una buona intuizione secondo me. Suo figlio sta vivendo un disagio psicologico di qualche tipo. Avete pensato ad una terapia familiare? Lei dice che la separazione non incide perché “è abituato”. Eppure è la prima cosa che nomina quando scrive. Se seguisse il suo intuito, sono convinta che chiamerebbe un professionista che si occupa di psicoterapia familiare e ci andrebbe con suo marito e suo figlio per fare chiarezza e capire come state. Non solo suo figlio, ma tutti e tre. In questo equilibrio precario in cui si sta insieme senza stare insieme.
Dott. Marco Boscolo
Psicologo, Psicologo clinico
Como
Gentile signora, trovo molto interessante il suo contributo perchè è la situazione che tantissimi genitori come lei si trovano ad affrontare. Capisco perfettamente l'urgenza delle sue tante domande e il momento di difficoltà emotiva che affronta. La invito però a non affannarsi nella ricerca di risposte affrettate: le risposte arriveranno e la situazione, con il tempo, migliorerà. E' però un passaggio che richiede impegno e riflessione. Un ragazzo a 17 anni difficilmente cambierà i suoi atteggiamenti in seguito a punizioni e nuove regole. Quello che serve, piuttosto, sono dei confini molto chiari, costanti nel tempo (e non decisi in seguito all'arrabbiatura del momento) e , soprattutto, condivisi da entrambi i genitori. Quando una coppia è al termine della propria convivenza può comunque cercare di mantenere delle posizioni comuni e condivise, rispetto all'educazione dei figli. Certo, non è facile, ma è parte del lavoro insito in una separazione: negoziare tempi, spazi e metodi educativi. Rispetto al timore che suo figlio abbia una "depressione" queste sono valutazioni che può fare solo uno specialista. Al momento mi pare che suo figlio faccia fatica a trovare un piano di comunicazione e di fiducia nei suoi confronti. Per creare questo può essere utile, più delle punizioni, cercare una modalità di dialogo e di ascolto che miri a validare il suo vissuto, cioè a fargli capire che lei accoglie e ascolta il malessere e il disagio che il ragazzo vive in questo momento. Senza giudicarlo, senza correggerlo, senza dare per forza una risposta. Ma solo ascoltarlo e capirlo. So che è molto difficile, ma penso che sia necessario come passo iniziale. Rispetto a risposte più approfondite e strutturate la invito sicuramente a rivolgersi a uno specialista del settore, che possa supportarla in questo difficile momento di cambiamento. Le auguro sinceramente di poter trovare presto Le auguro sinceramente di poter trovare presto quella serenità e quell'intesa con suo figlio che, ne sono certo, desiderate entrambi. Un caro saluto. Dott. Boscolo.
Dott.ssa Alina Mustatea
Psicologo, Psicologo clinico
Pomezia
Gentile paziente,
capisco bene la sua preoccupazione: gestire una separazione, un figlio adolescente e un clima familiare incerto può essere emotivamente molto faticoso. I comportamenti di suo figlio non sono semplicemente “mancanza di rispetto”, ma segnali di una fase di grande confusione, in cui la separazione e la mancanza di dialogo con il padre stanno probabilmente avendo un impatto più profondo di quanto sembri.
A 17 anni punizioni drastiche come togliere telefono o denaro rischiano di aumentare la chiusura. Funziona molto di più ricostruire confini chiari e condivisi tra lei e suo marito: gli adolescenti hanno bisogno di regole coerenti, non rigide, ma stabili. È utile anche riportare il dialogo su un piano adulto: riconoscere la sua responsabilità nelle assenze, ma allo stesso tempo cercare di capire cosa lo blocca, se c’è tristezza, demotivazione o stress legato al cambiamento familiare.
La situazione che descrive non richiede severità, ma un intervento mirato per ristabilire ruoli genitoriali più solidi e comprendere il disagio emotivo che suo figlio potrebbe star attraversando. Una consulenza psicologica può aiutarvi a definire strategie efficaci, ridurre i conflitti e sostenere il ragazzo in questo momento delicato.

Se lo desidera, può prenotare una visita per approfondire e impostare insieme un percorso adeguato.
Dott.ssa Alina Mustatea, Psicologa Clinica, Psicodiagnosta e Coordinatore Genitoriale.
Dott.ssa Paola Grasso
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente, comprendo quanto questo momento sia difficile e quanto possa sentirsi sola nel gestire le reazioni di suo figlio alla separazione. Ciò che sta accadendo infatti non riguarda solo suo figlio, che sembra manifestare tramite i comportamenti descritti il proprio malessere, ma coinvolge piuttosto l’intero sistema familiare, che sta vivendo un passaggio estremamente delicato per tutte le persone coinvolte. In un momento come questo è importante fornire al ragazzo la possibilità di essere aiutato individualmente, ma contemporaneamente uno degli obbiettivi principali potrebbe essere ricostruire un’alleanza educativa come genitori, allo sxopo di offrire regole chiare e coerenti e dare a vostro figlio un messaggio rassicurante, come adulti che mantengono insieme una guida in questa difficile situazione. In molti casi le punizioni irrigidiscono e aumentano la distanza, mentre limiti condivisi e comunicati in modo costante aiutano l’adolescente a sentirsi contenuto e non solo controllato. Prima ancora di intervenire direttamente su di lui, potrebbe forse essere utile un breve percorso di consultazione con un professionista che vi coinvolga come famiglia, per comprendere meglio le dinamiche in gioco, alleggerire il peso che oggi grava su di Lei e ritrovare modalità comuni per sostenere vostro figlio, che sembra esprimere attraverso chiusure e assenze da scuola un disagio legato anche a questa fase di cambiamento familiare. Rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento circa la mia risposta, un saluto - dott.ssa Paola Grasso
Dott.ssa Emanuela Borri
Psicologo, Psicologo clinico
Meda
Intanto voglio dirti che capisco davvero quanto possa essere difficile sentirsi così: vedere un figlio perdere motivazione, chiudersi, saltare la scuola, mentre la famiglia è in un momento delicato, può far sentire impotenti e soli. Non c’è nulla di sbagliato in quello che provi.

Quello che racconti non parla di “mancanza di potere”, ma di una situazione molto frequente negli adolescenti di questa età, soprattutto quando vivono un periodo di transizione importante, come una separazione annunciata ma non ancora realizzata nelle forme pratiche. Per un ragazzo di 17 anni, il fatto che la situazione resti sospesa può creare confusione e un sentimento di stallo che spesso si manifesta proprio così: ritiro, oscillazioni nell’umore, difficoltà ad alzarsi dal letto, calo di motivazione scolastica.

Non è semplice “punire” un ragazzo di quest’età perché il rischio, come hai già visto, è alimentare distanza e chiusura. L’obiettivo non è riprendere potere, ma ricostruire un patto educativo chiaro, possibile e condiviso, soprattutto considerando che in questo momento i confini familiari sono un po’ indeboliti.

Ti lascio alcuni punti da cui partire:

Ridurre lo scontro frontale. Le punizioni drastiche (togliere telefono, impedire di uscire) su un ragazzo di 17 anni spesso falliscono perché generano opposizione e non responsabilità.

Lavorare sui confini, non sulle punizioni. Ad esempio: “Capisco che tu faccia fatica ad alzarti, ma la frequenza scolastica non è negoziabile. Se non vai, allora recupererai in questo modo…”. È importante che le conseguenze siano chiare, proporzionate e realistiche.

Mantenere un dialogo costante senza fare sermoni. Non deve essere un discorso lungo, ma una comunicazione breve e coerente: “Mi interessa capire come stai, non controllarti.”

Osservare eventuali segnali di umore depresso. Le chiusure di giorni, la perdita di interesse, il ritiro, la difficoltà ad alzarsi possono essere segnali di qualcosa che merita attenzione. Non significa patologizzare, ma restare vigili e offrire un invito alla cura.

Coerenza tra genitori. Anche se vi state separando, è importante che tu e tuo marito vi diate un orientamento condiviso, anche minimo. Un ragazzo percepisce subito le incoerenze e ci si infila dentro, non per cattiveria ma per bisogno di testare quali confini sono davvero solidi.

Non colpevolizzarti per essere stata permissiva. Essere accoglienti non è un errore. Ora puoi ridefinire alcune regole senza stravolgere il tuo modo di essere. Non si tratta di diventare “cattiva”, ma di essere più chiara e costante.

Valutare un supporto esterno. A volte, un ragazzo di 17 anni si apre molto più facilmente con una figura neutra. Non per forza uno psicoterapeuta subito: anche uno sportello scolastico, un educatore, uno spazio di ascolto.

Capisco la tua preoccupazione per la scuola. Più che punirlo per oggi, potresti dirgli qualcosa come:
“Vedo che stai facendo fatica. Sono qui per capirlo con te. Ma allo stesso tempo, andare a scuola resta una tua responsabilità. Possiamo parlarne insieme e trovare un modo per uscire da questo giro che non ti fa bene.”

È un equilibrio sottile: fermezza senza rigidità, vicinanza senza invasione, limiti chiari ma non punitivi.

E soprattutto: non sei sola e non è troppo tardi. Questo è un momento di riorganizzazione, non una sconfitta.
Dott. GILBERTO FULVI
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Cara mamma e futura ex-moglie in difficoltà, personalmente credo poco nell'uso di premi e punizioni come esclusivo metodo correttivo. Credo più nello sviluppo di un comportamento consapevole, piuttosto che sulla mera adesione a regole dettate dall'esterno. Il discorso sarebbe lungo e soprattutto andrebbe integrato con la realtà che stai e state vivendo come famiglia. Il mio consiglio è quello di condividere le motivazioni profonde che stanno dietro le tue azioni (il volergli dare responsabilità ma anche regole di convivenza, di volerlo far andare a scuola, ecc) e ascoltare le sue (il non andare a scuola il lunedì, l'uscire la sera, il chiudersi in camere, ecc), includendo le emozioni presenti. Leggittimando ogni cosa che esce dalle rispettive bocche, senza giudicare, solo condividere. Lo scopo è parlargli dei tuoi problemi e delle tue difficoltà attuali e capire i suoi problemi e difficoltà. Una volta messi in comune puoi proporgli di trovare delle soluzioni in comune, su cui entrambi vi trovate d'accordo. Questo tipo di auto-regolazione è già di per sé una forma di contatto responsabile che stai offrendo a tuo figlio. L'ideale sarebbe che anche il papà fosse coinvolto, anche in un secondo momento, perché comunque è ancora lì e partecipa al sistema famiglia. In ogni modo, se riesci ad ottenere anche pochi e minimi accordi con tuo figlio, l'importante è coltivarli. Come? Bhe, mantenendo il punto sulle conseguenze naturali e logiche sui comportamenti successivi. Chi non rispetta l'accordo fa diminuire la fiducia dell'altro nei suoi confronti. Mi farebbe piacere poterti aiutare in maniera più sistematica e continuativa. Contattami se vuoi ricevere un sostegno ulteriore, potremmo trovare un accordo per un percorso che rispetti le tue esigenze e attuali possibilità. Buona giornata.
Dott.ssa Tullia Filisetti
Psicologo, Psicologo clinico
Bergamo
Gentilissima,
capisco bene come ci si possa sentire in queste situazioni. Suo figlio ha 17 anni e si trova in una fase molto delicata, l’adolescenza, in cui è normale avere bisogno di spazi personali, di autonomia, e di iniziare a costruire una propria identità. Molti ragazzi lo fanno proprio come sta facendo lui: alternando momenti in cui sono molto presenti ad altri in cui si chiudono in camera, fanno fatica a parlare o sembrano perdere motivazione.
Da ciò che racconta, sento anche la sua paura di perdere autorevolezza. È una sensazione comune quando una coppia si sta separando, perché inevitabilmente ci si ritrova a rivedere il proprio ruolo come genitori. È normale chiedersi: «Ora che non siamo più una coppia, come ci vedrà nostro figlio? Ci ascolterà ancora? Perderò il mio ruolo?»
Più che una questione di “potere”, però, è importante pensare a voi come genitori separati ma ancora alleati come adulti di riferimento. Questo significa costruire insieme una linea educativa comune, non basata su chi è più rigido o più permissivo, ma su regole condivise e su una presenza affettiva stabile. Questo tipo di coerenza, anche minima, aiuta molto gli adolescenti, soprattutto nei momenti di destabilizzazione emotiva.
Allo stesso tempo è importante ricordare che accanto alle regole c’è la relazione. Per suo figlio è fondamentale percepire che, anche se mamma e papà non sono più insieme, il rapporto con voi rimane stabile e affettuoso. Le vicende della vostra coppia non devono ricadere su di lui: tenerlo fuori dalle dinamiche tra voi è già un modo per farlo sentire più sicuro.
Riguardo al fatto che “è abituato” alla situazione, è vero che i ragazzi si adattano, ma questo non significa che non sentano. La chiusura in camera, la difficoltà ad alzarsi per andare a scuola, l’altalena tra voglia di fare e apatia possono essere segnali di un periodo in cui si sta proteggendo o sta cercando un suo equilibrio. Non necessariamente qualcosa di grave, ma qualcosa che merita ascolto.
Una cosa molto importante è che lui fa sport con regolarità: questa è una risorsa enorme per la sua stabilità emotiva. Essere costante in un’attività, avere una routine, mantenere relazioni sane fuori casa sono fattori che lo aiutano molto più di quanto sembri. E riconoscerglielo può farlo sentire capito e valorizzato: molti ragazzi, quando vengono visti nelle cose che fanno bene, diventano più disponibili a collaborare anche nei punti più critici.
Inoltre spesso ai ragazzi aiuta molto avere dei momenti con i genitori che non siano centrati sui problemi: una cena, un’uscita, un film insieme, una chiacchierata leggera. Sono proprio questi spazi “normali” che riattaccano il filo e li fanno sentire al sicuro. Da lì poi, quando si sentono accolti, parlano anche del resto.
Accanto a questo, può essere utile mettere poche regole chiare, semplici, condivise anche con suo marito: la scuola, gli orari, qualche responsabilità. Non in tono punitivo, ma come qualcosa di naturale e necessario per la sua crescita. E collegare le responsabilità ai privilegi in modo semplice: “Se riusciamo a tenere una certa continuità con la scuola, allora manteniamo anche le uscite del weekend.” Non è un ricatto, ma la realtà della vita: ai diritti si affiancano dei doveri.
Quindi, più che diventare severa, può essere utile essere costante e chiara, unendo ascolto e fermezza. E soprattutto continuando a vedere anche ciò che in lui funziona, non solo ciò che la preoccupa. È questo equilibrio che aiuta i ragazzi a ritrovarsi in un momento così delicato. Resto a disposizione,
Dott.ssa Filisetti
Dott.ssa Lucrezia Lovisato
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Torino
Quello racconta mostra una situazione complessa, in cui si sente sola nel gestire suo figlio e allo stesso tempo si trova in una fase delicata della sua vita familiare.
Quello che sta descrivendo non riguarda solo la questione delle regole, ma un insieme di dinamiche che comprendono suo figlio, la separazione, il riassetto del suo sistema familiare che comprende il modo in cui lei e suo marito vi state posizionando come genitori.
In questa fase può essere utile provare a spostare lo sguardo: non tanto sul “come fargli rispettare le regole”, ma su cosa sta accadendo a ciascuno di voi.
Riguardo a suo figlio, quello che descrive – l’alternanza tra ritiro, difficoltà scolastiche, isolamento, momenti di apparente disinteresse – può certamente essere faticoso da osservare, è importante capire che significato hanno questi comportamenti nel suo momento di vita.
Per la situazione che descrive, può essere utile valutare una terapia.
In questo caso specifico valutare due possibili forme di presa in carico: la prima è una presa incarico indirizzata a suo figlio la seconda è una terapia familiare che vedrebbe coinvolti e partecipi tutti i membri della famiglia.
Buongiorno,
capisco quanto si senta stanca e in difficoltà: gestire un ragazzo di 17 anni mentre attraversate una separazione e una coabitazione complessa richiede energie che è normale, in questo momento, sentire di non avere più. Quello che descrive — alternanza tra isolamento, fatica a svegliarsi, calo della motivazione scolastica e dipendenza da schermi — è molto frequente negli adolescenti, soprattutto quando vivono un clima familiare incerto. Più che “approfittarsi”, spesso è il loro modo immaturo di cercare equilibrio e controllo in una fase molto fragile.

A 17 anni però “punizioni” o ritiri forzati raramente funzionano: diventano terreno di scontro, irrigidiscono il rapporto e rinforzano il ritiro. Ciò che può fare davvero la differenza è spostarsi da “come lo fermo” a “come possiamo funzionare meglio insieme”. È utile lavorare su due fronti:
– chiarezza di poche regole essenziali (non molte, ma chiare),
– coerenza tra voi genitori, anche se state percorrendo strade diverse.

Il primo passo concreto è comprendere operativamente cosa succede nelle mattine in cui non va a scuola: cosa si dice, come reagisce, cosa fate voi. È su queste sequenze che si può intervenire, molto più che sull’idea di “essere più dura”.

Non avete bisogno di diventare più rigidi, ma più prevedibili: regole poche, condivise, spiegate bene e mantenute senza escalation. E parallelamente, uno spazio in cui lui possa parlare (o almeno ascoltare), aiutandolo a dare un senso a quello che sta vivendo senza sentirsi schiacciato dalla pressione o dai rimproveri.

Se desidera lavorare in modo mirato su come riprendere un equilibrio educativo efficace, senza irrigidirsi e senza perdere il rapporto con suo figlio, mi contatti: possiamo definire insieme strategie semplici, realistiche e subito applicabili nel quotidiano.

Un caro saluto,
Melania Monaco

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