Buonasera, Sono una ragazza di 27 anni e da tempo la mia vita è sempre stata un po' monotona e pi

24 risposte
Buonasera,

Sono una ragazza di 27 anni e da tempo la mia vita è sempre stata un po' monotona e piena di problemi e paure che mi bloccano.
Mi rendo conto che con il passare degli anni ho sprecato una risorsa importante, ovvero il tempo...rispetto ai miei coetanei mi sento decisamente inferiore dato che hanno una vita sociale più normale della mia, in quanto escono spesso.
Invece io spesso la maggior parte del mio tempo lo passo da sola a casa, anche perché non avendo delle "amicizie" profonde, mi annoierei ad uscire da sola, non ci troverei un senso a meno che non abbia degli impegni...e forse mi sentirei anche un po' a disagio perché ho la sensazione che le persone mi osservino e mi giudicano.
Credo che non esco spesso soprattutto per colpa del rapporto che ho con il mio fisico, in quanto ultimamente é peggiorato perché allo specchio mi vedo più grossa, nonostante sia consapevole di avere un fisico normale...io non mi piaccio e passo dei periodi in cui restringo e mi abbuffo con il cibo...un circolo vizioso che non finisce più.
Purtroppo questa relazione problematica con il cibo è sempre vissuta dentro di me fin da ragazzina...ormai ci sono abituata a vivere così , a controllare il mio peso ogni giorno e applicare delle restrizioni quando mi rendo conto di aver mangiato troppo.
Sono divisa a metà, perché c'è una parte di me che vorrebbe dimagrire e vedermi più magra, perché pensa che solo così potrei essere più contenta almeno di un aspetto della mia vita e forse riuscirei a volermi più bene se fossi più magra, poi invece dall'altra parte sono stanca di avere questo attaccamento con il cibo e con il mio fisico, vorrei fregarmene di più ma non ci riesco anche se lo vorrei tanto...
In più con le amicizie ho provato a scaricare delle app per conoscere nuove persone, nonostante provi ad essere socievole e "allegra", finisco sempre per stufarmi e non avere energie per socializzare, e l'unica volta che ho instaurato "un'amicizia" con una persona dopo quattro mesi che ci siamo scritti... non ha mai voluto incontrarmi perché inventava la scusa degli impegni...poi purtroppo ho scoperto che i suoi impegni erano rivolti verso un'altra persona, quindi ho solo provato tanta rabbia e delusione... più che altro per la mancanza di onestà e di rispetto nel dire le cose come stavano.
Nel frattempo ho provato anche a conoscere altre persone ma ho attirato gente non adatta a me, quindi mi sono allontanata subito e ho capito che sono una sfigata.
Ogni tanto mi capita di pensare anche ad una persona che ho conosciuto l'anno scorso, con cui c'era un legame sentimentale ma l'ho allontanato per colpa mia in quanto non ho saputo apprezzarla...
Quando ci siamo distaccati definitivamente, lui mi aveva promesso che si sarebbe fatto risentire dopo i suoi viaggi per lavoro, ma poi non è più successo nulla, e ci ero rimasta un po' male...
Ammetto che ogni tanto ho il pensiero di volergli riscrivere...ma non lo faccio, perché il motivo principale è che questa persona è stata tra le poche con cui ho potuto raccontargli degli aspetti non piacevoli della mia vita, e mi darebbe fastidio se gli raccontassi che sono nella stessa situazione in cui mi aveva trovato...ovvero senza un lavoro dopo un anno e più disperata di prima.
In casa invece la situazione è piena di conflitti tra i miei genitori, con mia madre nonostante le voglia bene ho un rapporto conflittuale, in quanto mi critica spesso per diverse cose anche quando mi confido con lei.
In più lei non si prende cura di sé stessa riguardo il suo benessere fisico, questo mi crea una forte ansia e anche dei brutti pensieri purtroppo...e quando gli dico che sono preoccupata, lei mi dice "e adesso ti preoccupi dopo tutto quello che faccio per te".
Ammetto che lei mi ha aiutato economicamente quando ne avevo bisogno, però vorrei distaccarmi ed essere indipendente, perché mi rendo conto che ho un rapporto in cui non ho la mia autonomia rispetto ai miei coetanei...anche perché non lavoro da un anno, in quanto mi sono stufata di fare dei lavori con contratti fasulli.
Per il lavoro mi sento inutile, perché mi sono resa conto che non voglio più fare la commessa, vorrei fare qualcosa con l'arte, fare dei disegni o delle commissioni d'arte per le persone e renderle felici con queste piccole cose...
Purtroppo la questione della mancanza di un lavoro è diventata una vergogna personale, soprattutto perché quando si tratta di conoscere nuove persone e ti chiedono cosa fai nella vita...io dico la verità anche se mi vergogno a non avere un lavoro, e soprattutto quando mi chiedono che ho da raccontare...io cerco di essere ironica ma per non essere pesante agli occhi degli altri e per non far vedere come mi sento e vivo realmente...
A volte mi immagino di essere immobilizzata perché non so da dove iniziare per cambiare qualcosa della mia vita, mi sento come se fossi in mezzo ad una tempesta di mare con un cielo aggressivo pieno di fulmini, tuoni, tanta pioggia e anche nebbia che la paragono al mio pessimismo... perché ci sono giorni in cui aumenta talmente tanto da non farmi vedere molte vie di salvezza.
Mi rendo conto che ho bisogno di aiuto, purtroppo ho interrotto la terapia da tempo per una questione economica e mi piacerebbe molto ricominciare perché so di averne bisogno e che mi devo muovere soprattutto, ma al momento non avendo un lavoro mi è molto difficile...
Vi chiedo scusa se sono stata pesante con questo mio sfogo personale, spero di ricevere qualche consiglio ed opinione da parte vostra, vi ringrazio in anticipo sia per le risposte e per avermi ascoltata.
Dott.ssa Anna Bruti
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
San Benedetto del Tronto
Gentile utente,
la ringrazio per aver condiviso con sincerità il suo vissuto. Le sue parole raccontano un grande dolore, ma anche un desiderio di cambiamento che merita ascolto e cura.

Se lo desidera, possiamo affrontare insieme questi vissuti in un colloquio: uno spazio sicuro in cui iniziare a rimettere al centro i suoi bisogni e riscoprire le sue risorse.

Può contattarmi per fissare un primo incontro. Sarà un passo importante per sé.

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Dott.ssa Rossella Carrara
Psicologo, Psicologo clinico
Bergamo
Buongiorno, le consiglio un percorso psicologico. Cordiali saluti.
Dott.ssa Chiara Visalli
Psicologo, Psicologo clinico
Palermo
Buon pomeriggio carissima utente, ho letto il Suo sfogo con grande interesse e con molta voglia di ascoltarla e sostenerla. Percepisco infatti la sua sofferenza, il suo malessere e - in qualche modo - anche la sua "resa" di fronte a tutto ciò che di brutto racconta e che la "schiaccia"... Ci sono tante tematiche che andrebbero focalizzate: il suo umore deflesso, il suo rapporto con il cibo, le sue relazioni familiari e la sua rete sociale, la sua motivazione, la sua autostima, i suoi progetti di vita futuri... Sono tutte questioni importantissime.
Mi ha anche colpito la metafora che ha utilizzato per descrivere la sua sensazione di impotenza di fronte alla tempesta: essa mostra un ottimo utilizzo del pensiero astratto, che è sia una risorsa che un indice di buon funzionamento psichico... All'interno di un percorso psicologico le sarebbe dunque possibile sviluppare strumenti, sia concreti che psichici, per affrontare quella tempesta e far tornare il sereno - ricordando che "non può piovere per sempre" e che anche il sole può splendere su di Lei.
Un supporto psicologico Le sarebbe inoltre davvero utile proprio per tenere insieme le fila della sua storia e per sentire di avere uno spazio sicuro in cui viene ascoltata, in cui vengono visti e valorizzati anche i suoi punti di forza: avere una relazione di fiducia con qualcuno che crede in Lei. So che è molto poco, ma io credo in Lei e vorrei tanto poterLa aiutare... comprendo però, come ha scritto verso la fine, la difficoltà ad intraprendere un percorso privatamente... Quello che posso consigliarle è di informarsi rispetto ai Servizi che sono presenti sul Suo territorio: sportelli di ascolto, consultori, Centri di Salute Mentale (CSM), o altro.

Rimanendo a Sua disposizione per qualsiasi eventualità, La ringrazio nuovamente!
A presto,
Chiara Visalli - Psicologa Clinico Dinamica
Dott.ssa Beatrice Carrara
Psicologo, Psicologo clinico
Bologna
Buonasera,
la ringrazio per aver condiviso con sincerità e profondità il suo vissuto. Dalle sue parole emerge tutto il senso di fatica, confusione e solitudine che sta attraversando. Ha descritto con immagini molto potenti, come quella della tempesta, uno stato interiore che spesso accompagna chi si sente bloccato, come se ogni possibilità sembrasse lontana o irraggiungibile. Ma ciò che emerge, dietro questa fatica, è anche una parte di lei che vuole vivere, cambiare, creare, sentirsi libera. È quella stessa parte che l’ha spinta a scrivere qui oggi e a cercare un confronto: è un segnale prezioso, perché racconta che nonostante tutto non ha smesso di sperare.
La difficoltà che descrive nel rapporto con il suo corpo e con il cibo, la tendenza all’isolamento, il bisogno di approvazione e la vergogna rispetto alla sua situazione lavorativa non sono “colpe”, ma spie di un disagio che merita attenzione e cura. La difficoltà nel rapporto con il cibo, che lei racconta come presente fin da giovanissima, sembra essere stata per molto tempo un modo per affrontare emozioni difficili e trovare un senso di stabilità. Ma oggi sente chiaramente che questo meccanismo le sta stretto, che desidera liberarsene. Rendersene conto e riuscire a metterlo in parole, come ha fatto qui, è un passaggio prezioso e tutt’altro che scontato.
Mi colpisce anche la lucidità con cui parla dei rapporti familiari e sociali: le critiche ricevute, il bisogno di distacco e autonomia, il desiderio di essere vista per ciò che è davvero. È comprensibile che dopo esperienze di delusione o mancata reciprocità, anche il desiderio di creare nuovi legami si accompagni alla paura di sentirsi “troppo” o “sbagliata”. Eppure il suo modo di scrivere racconta il contrario: racconta una persona profonda, capace di riflettere, ironica anche nella fragilità, con un mondo interiore ricco e creativo (come si intuisce anche dal desiderio di lavorare con l’arte).
Ha ragione: non può e non deve fare tutto da sola. Un supporto psicologico sarebbe prezioso per aiutarla a rimettere ordine nei pensieri, a rafforzare la stima di sé, e a trovare nuovi strumenti per uscire da questo stato di immobilità. Capisco bene la difficoltà economica, ma esistono anche sportelli pubblici (nei consultori, nei centri di salute mentale, o servizi per giovani adulti) dove potrebbe ricevere un primo sostegno anche gratuito o a basso costo. Potrebbe essere un primo passo per rimettere in moto qualcosa. Anche un percorso con un/una psicologa in formazione, ad esempio, può essere una buona opzione temporanea: è spesso più accessibile e altrettanto valido.
Non c’è un tempo “sbagliato” per cominciare a prendersi cura di sé. È vero che si può sentire di aver “sprecato tempo”, ma la verità è che ognuno ha i suoi ritmi, i suoi blocchi, le sue tempeste da attraversare. L’importante è non restare sola con tutto questo dolore. Si merita di essere aiutata, vista e ascoltata senza giudizio.

Se desidera, sono a disposizione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Beatrice Carrara
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
La ringrazio sinceramente per la fiducia e il coraggio che ha dimostrato nel condividere così apertamente la sua esperienza. Le sue parole, così cariche di vissuto, emozioni e riflessioni profonde, mostrano una sensibilità e una consapevolezza che non devono essere sottovalutate. Ciò che emerge con grande forza dal suo racconto è un senso di fatica interiore, una lotta quotidiana con pensieri critici verso sé stessa, insicurezze sul proprio valore e la percezione di essere rimasta indietro rispetto agli altri. È molto comprensibile che in una situazione simile lei possa sentirsi disorientata e sopraffatta. Quando si è immersi in un vortice di pensieri negativi, giudizi interiori e insoddisfazioni, tutto può sembrare fermo, pesante, difficile da scalfire. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, questo tipo di sofferenza può essere mantenuta e rinforzata da schemi di pensiero rigidi e autocritici, come ad esempio il confronto costante con gli altri, la percezione di essere “indietro” o “sbagliata”, la convinzione che la felicità sia possibile solo a certe condizioni (come dimagrire, avere un lavoro stabile, relazioni appaganti). Questi pensieri, anche se nati da esperienze reali, tendono a diventare filtri rigidi attraverso cui si interpreta tutto il proprio vissuto. Ma la verità è che non esiste una linea del tempo uguale per tutti, e non c’è un’unica strada “giusta” per arrivare a stare bene. Il rapporto con il cibo e con il corpo che lei descrive è molto comune in situazioni in cui si cerca di avere controllo su qualcosa, quando in realtà si percepisce una grande insicurezza dentro. È come se il controllo sull’alimentazione diventasse una sorta di rifugio o di regolatore emotivo, qualcosa che dà una sensazione temporanea di ordine o sollievo, ma che a lungo andare si trasforma in una gabbia. Allo stesso modo, il peso e l’aspetto fisico diventano l’unico metro per valutare sé stessi, come se solo raggiungendo un certo standard ci si potesse concedere un po’ di autostima. Ma non è il corpo il vero nemico. Spesso dietro questa insoddisfazione si nasconde un bisogno profondo di riconoscimento, accettazione e amore per ciò che si è, al di là dell’apparenza. Anche sul piano relazionale, mi ha colpito la sua lucidità nell’osservare come i tentativi di costruire legami si scontrino con delusioni o dinamiche frustranti. Questo può generare una ferita nel senso di fiducia verso gli altri e verso sé stessa. Ma non significa che lei sia “una sfigata” come ha scritto, anzi. In ciò che ha raccontato si vede chiaramente quanto desiderio ci sia in lei di autenticità, profondità e relazioni sincere. Il punto è che le relazioni significative si costruiscono nel tempo, con pazienza e con persone compatibili. E prima ancora, è fondamentale riscoprire una relazione più compassionevole con sé stessa. Ha descritto molto bene quella sensazione di immobilità, come un mare in tempesta in cui sembra non esserci una direzione chiara. Ma persino in mezzo a una burrasca, il fatto che lei riesca a scrivere, a mettere a fuoco i suoi pensieri e desideri, a riflettere su ciò che non vuole e su ciò che vorrebbe costruire, è già un movimento importante. Anche se piccolo, anche se invisibile, è un segno che dentro di lei c’è una parte viva, attiva, che non ha rinunciato a cercare. In questo momento, anche se le risorse economiche sono limitate, esistono servizi psicologici pubblici o consultori in molte città che offrono percorsi gratuiti o a costi ridotti. Le suggerisco caldamente di informarsi, magari iniziando con il suo medico di base o attraverso i centri di ascolto del territorio. Non per risolvere tutto subito, ma per iniziare ad avere uno spazio suo, protetto, in cui lavorare sui suoi pensieri, emozioni e obiettivi, senza giudizio. Infine, mi ha molto colpito il suo sogno legato all’arte. Questo è un aspetto importante, perché rappresenta una parte di sé che vuole creare, esprimersi, essere utile e portare qualcosa di bello agli altri. Coltivare questa passione potrebbe essere non solo un'opportunità professionale, ma anche un modo per rimettersi in contatto con una parte autentica e vitale di sé. Lei non è ferma. Sta cercando, si sta ascoltando, sta cercando una via per riemergere. E questo è tutto tranne che segno di debolezza. È un segno di forza, anche se in questo momento non riesce ancora a sentirlo così. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dr. Riccardo Sirio
Psicologo, Psicologo clinico
Trofarello
Grazie per aver condiviso così sinceramente quello che stai vivendo. Sento nel tuo racconto la stanchezza che provi nel cercare di dimostrare di valere più di quanto ti senti, e il peso del giudizio verso te stessa. So che desideri ardentemente amare te stessa liberandoti dal controllo sul cibo e dal timore di uscire, e desideri occasioni sociali autentiche, ma spesso ti senti bloccata. È molto umano essere divisi tra il bisogno di cambiamento e la paura di affrontarlo. Sei una persona piena di desideri e sensibilità, e riconoscere il bisogno di fare un passo verso il cambiamento è già un grande segnale di forza. Rimango a disposizione.
Gentile utente, grazie per essersi aperta con tanta sincerità e sensibilità. Le sue parole raccontano un vissuto complesso, fatto di dolore, solitudine, fatica, ma anche di consapevolezza, desiderio di cambiamento e profonda voglia di sentirsi meglio.
Si percepisce quanto stia attraversando un momento difficile e quanto le pesi il confronto con gli altri, il rapporto col corpo, il legame con il cibo, il senso di fallimento sul piano sociale e lavorativo. Ma ciò che colpisce, leggendo ciò che ha scritto, è anche la sua capacità di mettersi in discussione e di cercare un significato nelle cose, nonostante tutto. È vero, a volte ci si sente come in mezzo ad una tempesta: spaesati, senza punti fermi, con la sensazione di non sapere da dove iniziare. Ma anche nei momenti più cupi, esprimere ciò che si prova – come ha fatto lei – è già un passo importante. Il senso di vergogna, l'isolamento, le delusioni subite, il conflitto familiare e la frustrazione per un corpo che non sente come "alleato" sono vissuti che meritano uno spazio sicuro dove poter essere accolti senza giudizio. Uno spazio dove poter pian piano ricostruire, ascoltando anche quella parte di sé che vorrebbe esprimersi attraverso l'arte, che sogna, che spera, che sente di meritare di più. Capisco le difficoltà economiche che le impediscono, al momento, di tornare in terapia. In alcune città esistono sportelli psicologici gratuiti o a basso costo, anche online. Potrebbe essere un primo punto da cui ripartire. Perché nessuno merita di restare solo nel proprio dolore.
Si dia il permesso di non dover “funzionare” sempre, e accolga il suo tempo, anche quello che ora sente come “perso”. Il cambiamento non è mai fuori portata: a volte si costruisce proprio un passo alla volta, lentamente ma con cura.
Le auguro di trovare il suo spazio nel mondo, fatto di relazioni sincere, libertà interiore e quella serenità che oggi le sembra così lontana, ma che – con l'aiuto giusto – può tornare ad avvicinarsi. Un caro saluto
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buonasera,
intanto grazie per aver condiviso con tanta sincerità e profondità il tuo vissuto. È evidente che stai attraversando un momento molto complesso, fatto di tante emozioni, pensieri contrastanti, fatiche quotidiane e desideri di cambiamento.

Ciò che descrivi – il senso di isolamento, la difficoltà nel rapporto con il proprio corpo e con il cibo, la mancanza di fiducia nelle relazioni, la frustrazione legata al lavoro e alla percezione di sé – non sono segnali da ignorare. Al contrario, parlano chiaramente di un disagio che merita attenzione, rispetto e cura.

Il sentirsi "bloccati", il non riuscire a trovare la motivazione o le energie per cambiare qualcosa, il confrontarsi costantemente con gli altri e sentirsi "indietro" o "inadeguata", sono esperienze comuni in molte persone che stanno affrontando un periodo di vulnerabilità o fragilità emotiva. Non sei "sbagliata", né “sfigata”: sei una persona che ha bisogno di essere accolta, ascoltata e sostenuta, con delicatezza ma anche con strumenti adatti.

La tua consapevolezza – il fatto che riconosci i tuoi meccanismi interni, i circoli viziosi legati all’alimentazione, il desiderio di stare meglio, la voglia di indipendenza – è un punto di partenza fondamentale. Spesso ci si sente smarriti proprio perché si sa di voler cambiare, ma non si sa da dove cominciare. È comprensibile.

In tutto ciò, emerge anche una parte sana e viva di te, che continua a cercare soluzioni, che ha voglia di esprimersi attraverso l’arte, che desidera relazioni autentiche, che sente il bisogno di curarsi e ricominciare un percorso. Questa parte va valorizzata e ascoltata con rispetto.

La tua sofferenza ha delle radici che meritano di essere esplorate e comprese a fondo. Proprio per questo, sarebbe utile e consigliato approfondire tutto ciò rivolgendosi ad uno specialista: un percorso psicoterapeutico, anche solo ripreso gradualmente, può aiutarti a sciogliere quei nodi che oggi ti fanno sentire intrappolata, e a ritrovare fiducia in te stessa e nelle tue possibilità.
Dott.ssa Giada Di Egidio
Psicologo, Psicologo clinico
Corropoli
Buonasera, innanzitutto ti ringrazio per aver trovato il coraggio di condividere il tuo vissuto così profondamente e con tanta sincerità. Non sei stata affatto “pesante”, hai semplicemente dato voce a un dolore complesso, stratificato, che ha bisogno di essere riconosciuto, accolto e ascoltato con rispetto. Quanto racconti tocca molte aree della tua vita — il corpo, le relazioni, il lavoro, la famiglia — ed è evidente quanto tutto questo ti stia facendo sentire sopraffatta e bloccata. Nei momenti di sofferenza è facile sentirsi persi, senza una direzione, e con la sensazione di aver “sprecato tempo”. Ma il tempo non è mai davvero sprecato quando inizia a emergere dentro di noi il bisogno autentico di capire, cambiare, prendersi cura di sé. Il tuo malessere non è un segno di debolezza, ma un segnale importante che qualcosa in te sta chiedendo di essere ascoltata. La tua relazione con il cibo e con il corpo, la difficoltà a fidarti degli altri, la vergogna legata al lavoro, la fatica nei legami familiari… tutto questo non va letto come un insieme di problemi da “risolvere in fretta”, ma come l’espressione di un mondo interno che ha una sua storia, una sua logica, e che ha bisogno di essere esplorato con delicatezza, in uno spazio sicuro dove non ci sia giudizio. Nel tuo racconto si avverte anche una parte molto viva e sensibile, quella che desidera essere vista per ciò che è, che vorrebbe esprimersi attraverso l’arte, che riconosce di non volersi più sentire prigioniera del rapporto col cibo o del bisogno di compiacere. È proprio da lì che può partire un lavoro profondo: da quel frammento di te che ancora cerca, nonostante tutto. Capisco le difficoltà economiche, ed è importante che tu sappia che esistono anche servizi pubblici (come i consultori, i centri di salute mentale o i servizi universitari, se sei iscritta o ex iscritta) che possono offrirti ascolto psicologico gratuito o a costi contenuti. Vale davvero la pena informarsi, perché un percorso terapeutico può fare una grande differenza, specie quando si ha la sensazione di non riuscire a ripartire da soli. Non sei sola, anche se oggi può sembrarti così.
Un caro saluto,
Dott.ssa Giada Di Egidio
Dott. Lorenzo Priore
Psicologo, Psicologo clinico
Firenze
Carissima,
le tue parole racchiudono una densità emotiva che è impossibile ignorare. C’è dentro tutta la fatica di chi si sente ai margini di una vita “normale”, ma anche il bisogno struggente di trovare un posto, un senso, una tregua. Hai descritto una solitudine che non è solo esterna — quella di stare spesso in casa da sola, di non avere legami profondi — ma anche una solitudine interiore, fatta di pensieri che non trovano ascolto, di emozioni che restano in bilico tra il bisogno di essere espresse e la paura del giudizio.

C’è un aspetto che colpisce in ciò che racconti: tu sai perfettamente cosa ti fa soffrire, cosa vorresti cambiare, e anche in che direzione muoverti. Ma ogni passo sembra richiedere più energia di quella che senti di avere. Questo non fa di te una “sfigata”, come ti sei definita — ma una persona stanca, che ha provato, che ha retto finché ha potuto, e che ora ha bisogno di cura, non di etichette.

Il tuo rapporto con il cibo, con il corpo, con lo sguardo degli altri, è la manifestazione visibile di un senso di inadeguatezza che parte da molto più lontano: una lotta per sentirsi degna di essere vista, ascoltata, amata, così com'è, senza dover dimostrare nulla.

La tua sensibilità è evidente, così come il tuo desiderio di creare, di esprimerti, di dare forma e colore a qualcosa di bello. Non è solo un’idea di lavoro quella che racconti, ma un modo per sentirti utile, viva, connessa agli altri senza dover “mascherarti”.

Vorresti essere indipendente, ma non solo economicamente. Vorresti poterti raccontare senza vergogna, senza dover usare l’ironia come scudo, senza temere il rifiuto. E tutto questo è più che legittimo. È umano.

Forse ora senti di non sapere da dove cominciare. Ma a volte, anche solo accorgersi di voler cambiare è già un primo passo. Ricominciare la terapia, anche con percorsi a costo ridotto o gratuiti, potrebbe davvero aiutarti a rimettere in ordine i fili — non della vita perfetta, ma della tua vita, quella che ha valore proprio perché è imperfetta, ma vera.

Non sei sbagliata. Sei solo una persona che ha vissuto molto dentro di sé, e che ora sta cercando uno spiraglio da cui entrare di nuovo in contatto con il mondo.
Sei più forte di quanto pensi. E più meritevole di quanto ti concedi di credere.

Un caro abbraccio, anche solo simbolico.
Spero tu riesca a darti il permesso di cominciare, un passo alla volta.
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, la ringrazio per il suo messaggio così profondo e sincero. In quelle che definisce “parole pesanti” io leggo invece una grande lucidità, sensibilità e un forte desiderio di comprendere ciò che le sta accadendo. È evidente che sta attraversando un periodo complesso, fatto di molte difficoltà intrecciate tra loro: la fatica nel costruire relazioni autentiche, la tensione con il proprio corpo e con il cibo, la percezione di essere ferma mentre il tempo scorre e gli altri vanno avanti. Ma proprio la sua capacità di osservarsi con attenzione, anche se con dolore, è un segnale di consapevolezza e una risorsa preziosa da cui partire.

Ciò che racconta sul rapporto con il suo corpo e con il cibo fa pensare a una sofferenza profonda che merita attenzione e accoglienza. L’alternanza tra il bisogno di controllo e il senso di colpa, il giudizio sul proprio aspetto, il desiderio di essere diversa e la stanchezza per questa battaglia quotidiana con sé stessa, sono tutte espressioni di una lotta interiore che spesso ha radici antiche. La relazione con il cibo, in questi casi, non parla solo di fame o sazietà, ma di emozioni, bisogni affettivi, senso di valore personale. Lei sembra conoscere molto bene il ciclo in cui è intrappolata, e questa consapevolezza è già un primo passo importante.

Le difficoltà nella sfera relazionale e affettiva sembrano poi alimentare quel senso di “diversità” rispetto agli altri che descrive con parole dure verso sé stessa, come “sfigata” o “inutile”. Mi permetta di dirle che, da come scrive, emerge una ragazza con un forte desiderio di connessione, capace di empatia, profondità e autenticità. Non è una sua colpa se finora ha incontrato persone che non hanno saputo accoglierla nel modo in cui avrebbe avuto bisogno. E non è un suo fallimento se, per difendersi, si è chiusa o ha allontanato qualcuno. La solitudine che prova e la difficoltà a costruire relazioni solide sono spesso legate anche alla fatica di fidarsi e di lasciarsi vedere per come si è davvero, ma questo non significa che lei non sia in grado di creare legami significativi.

La sua immagine del mare in tempesta, del cielo aggressivo e della nebbia è potente e dice molto sul suo stato interiore. Ma anche in questa immagine c’è una verità: lei è ancora lì, in mezzo alla tempesta, nonostante tutto. Questo significa che sta resistendo, che sta cercando una via, anche se ora non la vede chiaramente. La vergogna, il confronto con i coetanei, il sentirsi in ritardo, senza un lavoro o una direzione certa, sono tutte ferite che fanno male, ma non definiscono il suo valore. Il fatto che abbia un desiderio così autentico di dedicarsi all’arte, che voglia rendere felici gli altri con ciò che crea, è una parte vitale di sé che non va trascurata. È una direzione, forse ancora incerta, ma profondamente sua.

Capisco perfettamente quanto la mancanza di risorse economiche possa essere un ostacolo concreto alla possibilità di tornare in terapia. Tuttavia, le segnalo che esistono servizi pubblici o convenzionati che offrono supporto psicologico a costi ridotti o gratuiti. Non è sempre facile accedervi, ma potrebbe essere un modo per riprendere quel percorso di cui sente il bisogno. Anche alcune associazioni e sportelli del territorio possono offrire ascolto e sostegno, almeno per un primo passo.

Lei non è sola, anche se ora può sembrare così. E il suo bisogno di aiuto non è un peso per gli altri, ma un atto di coraggio e di cura verso sé stessa.

Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Emanuela Franchina
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Salve, La ringrazio per aver aperto uno spazio di condivisione.
Immagino che non sia stato facile ed il fatto che l’abbia fatto, racconta già qualcosa della sua forza. Mi permetto di rimandarle un’immagine che credo possa esserle utile ossia nel mare in tempesta, la timoniera della barca resta lei. Inoltre quando c’è nebbia si può rallentare, accendere le luci, consultare la bussola e procedere a piccoli passi. Non c’è bisogno di avere fretta poiché anche le tempeste hanno una fine ed il mare, prima o poi, torna calmo.
Spero che queste parole possano esserle di aiuto.
Rimango a disposizione.

Un caro saluto,
Dott.ssa Emanuela Franchina
Dott.ssa Sandra Petralli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Pontedera
Buonasera,, non è stata affatto “pesante”: il suo è uno sfogo onesto, carico di sofferenza ma anche di grande lucidità. Ha descritto con parole molto efficaci un malessere complesso, fatto di insicurezze, isolamento, un rapporto conflittuale con il corpo e con il cibo, vissuti familiari difficili e una profonda difficoltà nel trovare un senso stabile a ciò che fa e a chi è.
Non si sottovaluti: nonostante tutto questo, sta cercando di capire, di cambiare, di trovare uno spazio per sé. È già un gesto di grande valore. Quando si vive con un senso di immobilità, come nella tempesta che lei descrive così bene, spesso non serve “fare tanto”, ma fare qualcosa. Anche solo un piccolo passo. E il primo, già lo ha fatto: chiedere ascolto.
Il senso di inadeguatezza che prova rispetto ai coetanei nasce da uno sguardo che spesso è troppo severo con sé stessa. Lei si confronta con un modello esterno idealizzato e si giudica “sbagliata”, quando in realtà ha semplicemente bisogno di un contesto che possa accogliere la sua sensibilità e guidarla con rispetto.
La relazione con il corpo e con il cibo che racconta non è solo una questione estetica, ma sembra riflettere un bisogno profondo di controllo in un momento in cui molte cose le sfuggono. Il rischio è di legare l’autostima esclusivamente all’apparenza, alimentando un circolo vizioso difficile da spezzare da sola.
Ricominciare un percorso terapeutico potrebbe davvero aiutarla a dare ordine e respiro a tutto ciò che oggi la blocca. Esistono servizi pubblici e consultori psicologici a cui può rivolgersi anche gratuitamente o con contributi minimi. Potrebbe essere un buon punto di partenza in attesa di maggiore stabilità economica.
Lei non è “una sfigata”, è una giovane donna che ha bisogno di ritrovare fiducia, spazio, ascolto. E merita relazioni vere, che non la lascino nel dubbio o nel vuoto. Non si colpevolizzi per ciò che non ha funzionato: alcune persone ci sfiorano solo per un tratto del nostro cammino, ma non definiscono il nostro valore.
Continui a cercare, a disegnare, a scrivere come ha fatto oggi. Lo faccia per sé, per ricostruire se stessa e la sua autostima. Un buon percorso di psicoterapia con l’ausilio dell mindfulness potrà aiutarla molto. Non sarà un percorso facile né breve, ma non è sola. Ed è ancora in tempo per tutto.
Saluti, dott,ssa Sandra Petralli
Dott.ssa Tania Zedda
Psicologo, Psicologo clinico
Quartu Sant'Elena
Buonasera, grazie per aver scritto con così tanta onestà. Le tue parole raccontano una grande sofferenza, ma anche una forte consapevolezza. Non sei “pesante”: sei umana, e stai cercando di trovare la tua strada. È comprensibile sentirsi “bloccati” quando si convive con insicurezze, delusioni, un rapporto difficile con il cibo e la propria immagine, e al tempo stesso con sogni e desideri autentici, come quello dell’arte. Il confronto con gli altri spesso ci fa sentire indietro, ma ognuno ha il proprio tempo. Tu stai cercando, stai sentendo il bisogno di cambiare: ed è già un inizio importante. Ricominciare un percorso psicologico, anche attraverso associazioni o servizi a basso costo, potrebbe aiutarti molto. Non sei sbagliata per come ti senti. Il tuo valore non si misura dal lavoro che hai o da quanto esci la sera. C’è una parte di te che desidera vivere con più libertà, e merita attenzione, rispetto e sostegno. Non è tardi per riscrivere la tua storia.
Dott.ssa Jessica Furlan
Psicologo, Psicologo clinico
Fiumicino aeroporto
Buon pomeriggio, riprendere in mano la sua vita è un modo per uscire dalla nebbia e dall'immobilità in cui sente di stare, si ponga degli obiettivi concreti da poter raggiungere nel breve periodo, lo faccia ogni giorno. Stabilisca almeno 3 attività da fare durante la giornata e abbia cura di portare a termine il compito. Solo impegnandosi con costanza e determinazione potrà raccogliere i suoi frutti quando saranno maturi. Il tempo di attesa è fondamentale per sapere quando è il momento giusto di semina e veder crescere i suoi frutti.
Porti in parallelo attività che la fanno sentire bene e serena, cammini in mezzo alla natura.
Quando potrà rinforzerà il suo percorso con una terapia personale di supporto psicologico per focalizzare bene le sue consapevolezze e i suoi bisogni.
Spero di esserle stata di aiuto
Saluti
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Bologna
Buonasera,
grazie per aver condiviso con sincerità il tuo vissuto. È importante riconoscere che quel senso di blocco e la difficoltà nel rapporto con te stessa e con gli altri sono segnali di qualcosa che merita attenzione.
Ti invito a riflettere su cosa accade esattamente quando provi a uscire o a socializzare: quali pensieri e immagini ti bloccano? Spesso, identificare questi meccanismi può essere il primo passo per iniziare a modificarli.

Il desiderio di trovare una strada nell’arte è un’importante risorsa, una possibile chiave per ritrovare motivazione e senso. Potresti pensare a piccoli passi concreti per avvicinarti a questo mondo, anche senza dover cambiare tutto subito.

Infine, il bisogno di un supporto terapeutico è chiaro e legittimo. Se l’aspetto economico è un ostacolo, potresti esplorare soluzioni alternative come servizi a tariffa agevolata o gruppi di supporto.

Ricordati: la tempesta può sembrare senza fine, ma spesso un cambiamento nasce da un piccolo movimento. Cosa puoi fare oggi, anche minimo, per iniziare a muoverti?
Dott.ssa Daisy Di Cello
Psicologo, Psicologo clinico
Bolzano
Buongiorno a Lei,
la ringrazio per aver condiviso in modo così autentico e articolato il suo vissuto. Il suo messaggio è tutt’altro che “pesante”: è la voce di una persona lucida, sensibile, che sta attraversando un momento complesso, ma che conserva dentro di sé la voglia di cambiare, di capirsi e di ritrovare un senso.

Ciò che racconta tocca diversi aspetti: il rapporto con il proprio corpo e con il cibo, la fatica nel costruire relazioni significative, la solitudine, le difficoltà familiari, la mancanza di un lavoro stabile, il senso di inadeguatezza rispetto ai propri coetanei. Tutto questo può davvero far sentire sopraffatti e confusi, come ha descritto bene con l’immagine del mare in tempesta. È una metafora molto potente, che restituisce chiaramente il senso di smarrimento che prova… ma anche la sua capacità di osservarsi con consapevolezza.

In mezzo a tutto questo, però, lei non ha perso la capacità di desiderare: desidera essere indipendente, desidera coltivare la sua arte, desidera costruire relazioni più vere, desidera riprendere un percorso terapeutico. Questo non è poco. Anzi, è la radice su cui si può lavorare, lentamente, un passo alla volta.

Vorrei dirle con chiarezza: non è "sbagliata". Le difficoltà che sta vivendo non la definiscono, ma ci parlano di quanto abbia lottato da sola con una serie di pesi troppo grandi. E lo ha fatto come poteva, con le risorse che aveva. La sofferenza, l’ansia, la sensazione di essere "indietro" rispetto agli altri, i cicli disfunzionali con il cibo: sono risposte profonde a bisogni affettivi, relazionali ed esistenziali che meritano ascolto, non giudizio.

Capisco la difficoltà economica che l’ha portata ad interrompere la terapia. Potrebbe essere utile valutare se, nella sua zona, ci sono servizi pubblici o consultori psicologici a costi accessibili, oppure psicologi che offrono percorsi a tariffe calmierate in base alla situazione economica. Chiedere aiuto è un atto di forza, non di debolezza.

Infine, non è vero che ha "sprecato il tempo": sta imparando da ciò che ha vissuto, e questa consapevolezza può essere trasformativa. Ognuno ha i suoi tempi, e non esistono “binari giusti” per la vita. Quello che può costruire per sé, anche partendo da adesso, può avere un significato profondo.

Le auguro di poter riprendere presto un percorso psicologico che la aiuti a ritrovare un senso di fiducia in sé e nella vita. Se sente che vuole iniziare a muovere anche solo un piccolo passo, sono a disposizione per un primo colloquio conoscitivo.

Un caro saluto,
Dott.ssa Daisy Di Cello
Buongiorno. La sua situazione riflette un intreccio complesso tra disturbi dell’alimentazione, ansia sociale e depressione che si alimentano reciprocamente. Il ciclo restrizione-abbuffata che descrive, unito all’isolamento sociale e alla vergogna per la disoccupazione, crea una prigione emotiva comprensibile.
Il rapporto con il cibo spesso maschera bisogni emotivi più profondi di controllo e autostima. La bilancia quotidiana e le restrizioni sono tentativi di gestire un’ansia che ha radici più profonde della semplice immagine corporea.
L’isolamento sociale che vive non è pigrizia ma protezione dal giudizio percepito. Tuttavia, più si isola, più si convince di essere inadeguata, creando profezie che si autorealizzano.
La situazione familiare conflittuale aggiunge stress, mentre la dipendenza economica limita la sua autonomia e autostima. Il senso di colpa materno che descrive è manipolativo e dannoso.
Per la questione economica della terapia, consideri i consultori pubblici o i centri di salute mentale territoriali che offrono supporto gratuito. Molti psicologi privati applicano tariffe agevolate in base al reddito.
La sua passione artistica non è un sogno irrealizzabile. Potrebbe iniziare gradualmente con commissioni online mentre cerca stabilità lavorativa. L’arte può diventare sia fonte di reddito che strumento terapeutico.
Il primo passo è spezzare l’isolamento.
Anche una passeggiata quotidiana o frequentare spazi pubblici senza pressioni sociali può aiutare. La guarigione richiede piccoli passi costanti, non rivoluzioni immediate.
Ha già dimostrato coraggio scrivendo qui. Questo è l’inizio del cambiamento.​​​​​​​​​​​​​​​​
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Forlì
SAlve, la tua testimonianza è toccante e mostra una consapevolezza profonda delle difficoltà che stai vivendo, sia nel rapporto con te stessa (in particolare rispetto all’immagine corporea e al rapporto problematico con il cibo), sia nelle relazioni sociali e familiari che ti circondano. Il senso di isolamento, la paura del giudizio, le delusioni affettive e l’incertezza sul futuro lavorativo contribuiscono a mantenere uno stato di disagio emotivo e di bassa autostima che si alimenta in un circolo spesso difficile da interrompere da soli.
Io penso però che il desiderio di ritrovare autonomia, di esprimere la tua creatività attraverso l’arte, e la consapevolezza della necessità di un aiuto esterno rappresentino punti di forza importanti.
Nonostante le difficoltà economiche che hanno ostacolato la ripresa della terapia, ti incoraggio a cercare comunque una forma di supporto psicologico, anche attraverso servizi pubblici o associazioni che offrono sostegno a costi ridotti o gratuiti, perché il lavoro terapeutico può davvero aiutarti a sciogliere i nodi emotivi e a costruire nuove strategie per affrontare la vita con maggiore serenità e fiducia in te stessa. Prenderti cura di te stessa è un atto di coraggio e rispetto verso la tua storia e il tuo futuro. Un caro saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica – Voice Dialogue – Dreamwork – Mindfulness
Dott.ssa Alina Mustatea
Psicologo, Psicologo clinico
Pomezia
Gentile paziente,dal tuo racconto emerge una grande consapevolezza: sai riconoscere le tue difficoltà, i circoli viziosi con il cibo, il senso di isolamento, la fatica nel lavoro e nelle relazioni, ma anche i tuoi desideri autentici (arte, autonomia, maggiore serenità con te stessa).
La sensazione di tempo perso e di inferiorità rispetto ai coetanei nasce dal confronto, ma in realtà la tua strada non è sbagliata: è semplicemente diversa, e in questo momento più complicata. Non sei “sbagliata” tu, stai attraversando una fase difficile.
Un primo passo può essere smettere di chiederti di cambiare tutto subito: concentrati su piccole azioni quotidiane che ti aiutino a sentirti un po’ meglio (anche solo uscire per una passeggiata, disegnare, darti dei momenti di cura personale). Parallelamente, riprendere un percorso terapeutico potrebbe aiutarti a non sentirti sola in questo lavoro su di te: esistono servizi pubblici o associazioni che offrono percorsi gratuiti o a basso costo.
Il tuo bisogno di indipendenza e il desiderio di fare dell’arte un punto di forza sono segnali importanti: parti da lì, anche con progetti minimi, per ridarti fiducia.
Non sei pesante: stai cercando aiuto, e già questo è un atto di coraggio.
Un caro saluto.
Dott.ssa Ilaria De Pretto
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Grazie per aver condiviso con così tanta sincerità e profondità la tua esperienza. Non sei stata “pesante”: hai messo in parole un dolore complesso, che riguarda tanti aspetti della tua vita (autostima, corpo, cibo, amicizie, famiglia, lavoro) e che ti fa sentire intrappolata in un circolo difficile da spezzare.

Ci sono alcune cose importanti che emergono dal tuo racconto:

– Il rapporto con il corpo e con il cibo. Da anni vivi in un altalena tra restrizioni e abbuffate, con il controllo quotidiano del peso. Questo non è solo un “vizio”, ma un vero e proprio schema che consuma energie e abbassa l’autostima. Non sei “abituata a vivere così” per natura: è un meccanismo appreso, che si può affrontare con l’aiuto giusto.

– La sensazione di essere indietro rispetto agli altri. Vedere i tuoi coetanei più “sistemati” o socialmente attivi ti fa sentire inferiore, ma ogni persona ha i suoi tempi e il paragone diretto rischia solo di aumentare il dolore. Ognuno ha il suo percorso, e il tuo valore non è diminuito dal fatto che tu non segua lo stesso ritmo degli altri.

– Le difficoltà relazionali. Ti sforzi di socializzare, ma ti senti presto svuotata o delusa: è comprensibile, perché quando non hai una base di autostima stabile, ogni interazione pesa di più. Ecco perché resti con la sensazione di “sfigata”, ma questa è un’etichetta crudele che ti stai appiccicando addosso, non una verità.

– La famiglia. Il rapporto conflittuale con tua madre, i suoi giudizi e la sua mancanza di cura di sé aumentano il tuo senso di ansia e impotenza. È naturale che tu senta il bisogno di autonomia, ma senza un lavoro stabile questo diventa difficile, e ti fa sentire “bloccata”.

– Il lavoro e il desiderio di esprimerti. Il fatto che tu senta di non voler più fare la commessa e che ti piacerebbe orientarti verso l’arte è molto importante: significa che dentro di te non c’è solo rassegnazione, ma anche desiderio, creatività, sogni. È una direzione da non sottovalutare, anche se ora sembra lontana.

Cosa puoi fare concretamente, passo dopo passo:
1. Non pretendere di cambiare tutto insieme. Ti senti “immobilizzata” perché guardi la tempesta nella sua totalità. Scegli un piccolo obiettivo alla volta: per esempio, ricominciare a cercare un lavoro anche se non è quello dei sogni, solo per avere indipendenza economica.
2. Arte come spazio vitale. Non aspettare di trasformarla subito in lavoro: inizia a praticarla regolarmente per te stessa, condividi online se ti va, partecipa a gruppi di disegno (anche gratuiti o online). Ti ridarà energia.
3. Il corpo e il cibo. Qui servirebbe un supporto mirato (anche breve, anche pubblico). Se non puoi permetterti la terapia privata, puoi rivolgerti a un consultorio o a un centro per disturbi del comportamento alimentare della tua ASL: spesso offrono percorsi gratuiti o a basso costo.
4. Relazioni. Non forzarti a “essere socievole a tutti i costi”. Coltiva una o due relazioni più autentiche, anche piccole, piuttosto che inseguire grandi gruppi. E ricorda: essere introspettiva non significa essere sbagliata.
5. Gestione della negatività. Quando ti senti nella “tempesta”, prova a riportarti a terra con un gesto semplice e concreto: scrivere cosa senti, fare una passeggiata, respirare profondamente, disegnare. Non toglie il dolore, ma lo rende più sopportabile e meno totalizzante.

Non sei sola, anche se ora ti sembra così. Il fatto che tu abbia scritto qui mostra che una parte di te cerca aiuto e crede ancora nella possibilità di cambiamento. Quella parte va coltivata, senza pretendere la perfezione, ma riconoscendo ogni piccolo passo.

Se vuoi, possiamo provare insieme a individuare risorse gratuite o a basso costo nella tua zona per riprendere un percorso di supporto: ti darebbe uno spazio tuo, protetto, dove non dover reggere tutto da sola.

Dott.ssa De Pretto
Dott.ssa Giulia Antonacci
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile utente, dal suo racconto emerge una sofferenza articolata e profonda, che coinvolge diversi ambiti della sua vita: le relazioni, il rapporto con il corpo, il senso di autostima, il lavoro e la famiglia. Tutto questo la fa sentire bloccata, come se non riuscisse a trovare una direzione chiara, pur avendo dentro di sé desideri e risorse ancora vive. La lucidità con cui descrive il suo stato è un elemento importante: mostra che è presente una parte consapevole, che si osserva e che ha bisogno di essere accompagnata. Le difficoltà che riferisce — con il cibo, l’immagine corporea, la tendenza all’isolamento e il senso di fallimento — non sono aspetti separati, ma probabilmente espressioni di un disagio più profondo che merita spazio e ascolto. Un supporto psicologico potrebbe aiutarla a dare significato a ciò che sta vivendo e a costruire strumenti per affrontarlo in modo più funzionale. Intanto, può essere utile iniziare da piccoli passi quotidiani che vadano nella direzione di ciò che sente più vicino a sé, come riprendere a disegnare, stabilire un minimo contatto con contesti accoglienti o semplicemente prendersi cura del proprio corpo in modo gentile. Un caro saluto
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Gentile utente,
la sua testimonianza è molto toccante e rivela una grande consapevolezza: ha saputo descrivere con lucidità e sensibilità le difficoltà che sta attraversando, ma anche il suo desiderio di stare meglio e di ritrovare una direzione. Questi sono già segnali importanti di forza, non di debolezza.

Da ciò che scrive emerge una condizione di sovraccarico emotivo, dove più aspetti della vita (immagine di sé, relazioni, lavoro, rapporto con i genitori) si intrecciano e alimentano un senso di blocco. Quando si vive in questo modo, la mente tende a ripetere pensieri svalutanti (“sono una sfigata”, “ho sprecato tempo”), ma in realtà questi pensieri sono un effetto del malessere, non la verità su di lei.

La relazione difficile con il corpo e con il cibo sembra esprimere il bisogno di controllo in un momento in cui tutto appare incerto: provare a “gestire” il corpo può dare una falsa sensazione di potere quando il resto sembra sfuggire. Allo stesso modo, la vergogna legata al lavoro e alle relazioni parla del desiderio profondo di sentirsi riconosciuta e accettata per ciò che è, non solo per ciò che fa.

Riprendere un percorso psicologico sarebbe davvero prezioso, non solo per affrontare le difficoltà attuali, ma per ricostruire una base di autostima e fiducia. Se la difficoltà economica è un ostacolo, può informarsi sui servizi psicologici pubblici (nei consultori o nei centri di salute mentale del suo territorio), oppure valutare percorsi a tariffa agevolata o con tirocinanti presso scuole di psicoterapia: può essere un modo per ricominciare con gradualità.

Si conceda tempo e gentilezza: il cambiamento non nasce da un colpo di forza, ma da piccoli gesti di cura quotidiana verso di sé — anche solo chiedere aiuto, come ha fatto oggi, è un passo importante nella direzione giusta.

Dott.ssa Sara Petroni

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