Buonasera, sono un individuo molto ansioso cronicamente e l'ansia cronica ha su di me negativi effet

24 risposte
Buonasera, sono un individuo molto ansioso cronicamente e l'ansia cronica ha su di me negativi effetti anche dal punto di vista fisico (bruciore di stomaco, mal di testa, stimolo frequente a urinare ecc). Quando sono meno ansioso i sintomi fisici si attenuano molto. Allora voglio chiedervi se quanto sto per scrivere è corretto oppure no: in base a quanto ho studiato mi sembra che l'individuo ansioso cronico tenda ad avere un sistema simpatico attivo più del necessario: una persona non ansiosa, ed equilibrata dal punto di vista emotivo, e che sa vivere senza problemi psicologici, durante la giornata ha una prevalenza del sistema parasimpatico e usa il sistema simpatico solo a piccole dosi (per esempio prima di un esame universitario, o per darsi la motivazione giusta per un altro evento importante) oppure anche in maniera molto intensa per scampare a un pericolo (per esempio per frenare d'emergenza per evitare un pericolo alla guida), quindi la persona non ansiosa ha una prevalenza dell'attivazione del sistema parasimpatico che è praticamente attivo tutto il giorno, fatta eccezione per attimi di pericolo (frenata d'emergenza alla guida e qua si ha un picco di attivazione del sistema simpatico, che però dura solo per il periodo necessario a scampare il pericolo, quindi qualche secondo nel caso della frenata d'emergenza, e subito dopo, scampato il pericolo, viene riattivato di nuovo il sistema parasimpatico) o per darsi la motivazione prima di prove importanti per la propria vita (ma qui il sistema simpatico interviene solo a piccole dosi, come quel pizzico di sale in più che rende una pietanza più saporita). L'individuo cronicamente ansioso al contrario vive perennemente in uno stato di allerta e con un'attivazione permanente (un sali e scendi, però sempre attivo) del sistema simpatico, con il parasimpatico che invece viene attivato molto poco, perchè l'individuo ansioso cronico tendendo a rimuginare e all'overthinking tende, anche in momenti che dovrebbero essere di tranquillità, ad attivare inutilmente il sistema simpatico. Quindi l'individuo ansioso cronico attiva il sistema simpatico eccessivamente più del necessario, e questo provoca le conseguenze fisiche negative che ho scritto sopra. Per questo l'individuo ansioso cronico, per curare l'ansia, ha bisogno di un percorso con cui aumentare di molto l'attivazione del sistema parasimpatico, riducendo l'intervento del sistema simpatico o ai momenti (o anche minuti, ore) prima di una prova importante per la propria vita, attivando il sistema simpatico un pizzico in più (e non troppo sennò l'ansia rischia di paralizzare), oppure ai momenti di pericolo. Inoltre se un individuo ansioso cronico, fa meditazione per 2 ore, è ovvio che avrà un sollievo ma questo non fa sì che tutte le conseguenze fisiche negative derivanti dall'ansia cronica scompaiano dopo quelle due ore: l'ansia cronica va curata con un percorso "cronico" nel senso che deve essere un percorso lungo e le nuove abitudini di vita dovranno poi diventare una seconda natura anche nel futuro, sennò si rischieranno recidive dell'ansia cronica. Ho capito tutto bene (soprattutto a proposito del sistema parasimpatico e simpatico) o quale inesattezza ho scritto? grazie
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buonasera,
grazie per il suo messaggio, molto articolato e attento.

Il ragionamento che ha esposto è sostanzialmente corretto e denota una buona comprensione generale del funzionamento del sistema nervoso autonomo, in particolare dei ruoli contrapposti del sistema simpatico e parasimpatico.

Cosa ha detto correttamente:
È vero che l’ansia cronica comporta una prevalente attivazione del sistema nervoso simpatico, il quale è preposto alle risposte di “attacco o fuga” (fight or flight). Questo stato di attivazione prolungata può comportare effetti fisici significativi, come bruciori di stomaco, tensioni muscolari, mal di testa, disturbi del sonno e aumento della frequenza urinaria, tra gli altri.

È corretto anche il fatto che, in condizioni normali, il sistema simpatico si attiva solo in situazioni di emergenza, pericolo o grande stress, mentre il sistema parasimpatico (che favorisce il rilassamento e il recupero) domina nella quotidianità di una persona che si trova in equilibrio psicofisico.

Giustamente, lei sottolinea che l’ansia cronica altera questo equilibrio, portando a un’attivazione persistente del sistema simpatico anche in momenti in cui non ci sarebbe alcun reale pericolo, a causa di rimuginazioni, overthinking e altre dinamiche cognitive tipiche dell’ansioso cronico.

Inoltre, ha ragione nel dire che non basta “disattivare l’ansia” per qualche ora (come può avvenire durante una meditazione o un momento di rilassamento): è necessario un percorso terapeutico costante, con l’acquisizione di nuove abitudini e strumenti per favorire l’attivazione del parasimpatico in modo duraturo e stabile.

Alcune precisazioni utili:
L’attivazione del sistema nervoso autonomo non è mai completamente “on/off”: esiste sempre una co-attivazione (anche se in misura diversa) tra simpatico e parasimpatico, quindi si parla più di dominanza relativa che di esclusione assoluta.

La descrizione dell’uso “a piccole dosi” del sistema simpatico nelle persone non ansiose è utile come immagine, ma va specificato che il sistema simpatico può attivarsi anche in contesti positivi, come durante l’eccitazione, l’entusiasmo o lo sforzo fisico: non è solo legato all’ansia o al pericolo.

Il sollievo da pratiche come meditazione, mindfulness, respirazione diaframmatica o altre tecniche di rilassamento non è solo temporaneo: con costanza, queste pratiche possono rimodulare nel tempo l’attività del sistema nervoso autonomo, soprattutto se integrate in un lavoro psicoterapeutico più ampio.

Conclusione:
Ha compreso molto bene le basi neurofisiologiche dell’ansia cronica e le implicazioni psicofisiche che comporta. La strada che sta intraprendendo è quella giusta. Tuttavia, per un lavoro davvero efficace e profondo, è utile e consigliato rivolgersi a uno specialista, che possa accompagnarla in un percorso personalizzato, aiutandola a ritrovare un equilibrio duraturo tra corpo e mente.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa

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Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè capisco quanto questa situazione possa impattare sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale innanzitutto che lei faccia chiarezza circa ciò che sente e ciò che prova verso questa persona, ritagliandosi uno spazio d'ascolto per elaborare pensieri e vissuti emotivi legati alla situazione descritta pertanto la invito a richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dr. Marco Cenci
Psicologo, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno,
Purtroppo la natura dell'essere umano è complessa e queste letture rischiano di essere troppo semplicistiche... Ogni sintomo, come ha giustamente detto Lei, va compreso all'interno di un percorso che permetta di approfondirne i significati.
Dott. Marco Cenci
Dott.ssa Minerva Medina-Diaz
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Milano
Buongiorno. Possiamo sapere a cosa ti serve tutta questa distinzione teorica (e parziale) sul sitema nervoso? Perchè ti aiuta sapere se è giusto o meno quello che hai scritto? Un caro saluto, Minerva Medina.
Salve,
la sua riflessione è molto articolata e dimostra una buona comprensione dei meccanismi coinvolti nell’ansia cronica. In effetti, il sistema nervoso simpatico, che ci prepara ad affrontare situazioni di emergenza, tende ad essere sovra-attivato in chi soffre di ansia cronica, mentre il sistema parasimpatico – deputato al rilassamento e al recupero – risulta spesso sottoutilizzato.
Ha spiegato bene anche come l’attivazione eccessiva del simpatico porti a sintomi fisici ricorrenti, come bruciori di stomaco, cefalee, tensioni muscolari, disturbi del sonno o stimolo frequente a urinare. Ed è corretto dire che tecniche come la meditazione possono aiutare, ma solo se inserite in un percorso più ampio e continuativo, volto a riequilibrare il proprio assetto psicofisico e a renderlo più armonico nel tempo.
Per quanto riguarda invece la questione dello psichiatra che ha interrotto le sedute con lo psicologo del servizio sanitario, credo sia importante capire insieme le motivazioni di questa scelta. Può essere utile un confronto diretto con lo psichiatra per chiarire i dubbi, esprimere le proprie esigenze e valutare insieme il percorso più adatto, anche eventualmente orientandosi verso altri professionisti o servizi, pubblici o privati.
Un lavoro terapeutico mirato può accompagnarla nel ritrovare equilibrio, sicurezza interiore e un maggiore senso di padronanza della propria vita quotidiana.
Un caro saluto,
Dott.ssa Elena Frosini.
Dott.ssa Serena Vitale
Psicologo, Psicologo clinico, Sessuologo
Pescara
Buongiorno,
sì, hai compreso bene il meccanismo di base in maniera coerente con quanto oggi sappiamo dalle ultime evidenze neuroscientifiche.
È vero che in condizioni di ansia cronica, il sistema nervoso simpatico (quello che prepara il corpo al “fight-flight-freeze”) è attivato anche in assenza di un pericolo immediato per la vita, creando un costante stato di allerta, con sintomi fisici come quelli che descrivi: gastrite, cefalee muscolo-tensive, bisogno frequente di urinare, affaticamento, ecc.
È corretto anche che una persona emotivamente equilibrata vive nella quotidianità con una prevalenza del sistema parasimpatico, che promuove il riposo, la digestione, la rigenerazione. Il simpatico si attiva, come dici tu, in risposta a eventi specifici e circoscritti.
Le tecniche come la meditazione o la respirazione diaframmatica stimolano il sistema parasimpatico, ma effettivamente se non supportate da un cambiamento profondo possono ottenere solo un effetto momentaneo finché uno le esercita.
In un percorso psicologico ci si pone l’obiettivo di imparare a riconoscere l'attivazione di queste risposte inappropriate, e creare una regolazione più flessibile.
Il pensiero ossessivo e l’overthinking che spesso alimentano l’ansia cronica non sono solo cognitivi, ma anche corporei. Spesso è proprio il corpo che ci dà il primo segnale che qualcosa non va, prima ancora che la mente lo comunichi formalmente, e quindi un lavoro psicologico integrato, che tenga insieme mente e corpo, potrebbe essere ancora più efficace.
É vero che l’ansia cronica si cura con uno stile di vita nuovo, ma anche con un nuovo modo di stare in relazione con sé stessi: l'obiettivo non è solo calmare l’ansia, ma ritrovare fiducia nella propria capacità di vivere nel mondo senza temere giudizi o ripercussioni.
Un saluto,
Dottoressa Serena Vitale
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, la sua riflessione è molto articolata e, mi permetta di dirlo, denota un buon livello di consapevolezza e comprensione dei meccanismi neurofisiologici implicati nell’ansia cronica. Ha descritto con un linguaggio semplice ma efficace il funzionamento dell’asse simpatico-parasimpatico e le sue ripercussioni sul corpo, con un’ottima intuizione sul fatto che il sistema nervoso autonomo (in particolare la sua componente simpatica) venga sovraattivata nella persona ansiosa e resti, per così dire, “bloccata” in uno stato di ipervigilanza.

Ha perfettamente ragione nel ritenere che in condizioni ottimali (cioè in una persona con un buon equilibrio emotivo) il sistema parasimpatico dovrebbe avere una predominanza nella maggior parte della giornata, garantendo uno stato di riposo, digestione, recupero, e benessere fisico ed emotivo. Il sistema simpatico, al contrario, dovrebbe attivarsi solo in momenti specifici (per esempio in situazioni di emergenza o per affrontare sfide importanti) per poi disattivarsi non appena il pericolo è passato.

Nel caso dell’ansia cronica, invece, l’attivazione simpatica diventa quasi uno sfondo costante: come se l’organismo restasse in uno stato di “allarme permanente”, anche quando non vi è una reale minaccia esterna. Questo stato contribuisce a un’iperproduzione di ormoni dello stress (come il cortisolo e l’adrenalina), che nel lungo periodo porta a manifestazioni somatiche, come quelle che lei descrive (bruciori gastrici, cefalea, tensione muscolare, disturbi del sonno e frequente stimolo a urinare, solo per citarne alcune).

È molto accurata anche la sua osservazione sulla meditazione: praticarla per un tempo prolungato può certamente indurre uno stato di rilassamento e attivare il sistema parasimpatico, ma non basta un intervento acuto e isolato per invertire una condizione che si è strutturata nel tempo. È come se si stesse tentando di svuotare una vasca da bagno con un cucchiaio, mentre il rubinetto continua a restare aperto. Per modificare lo stato di attivazione basale è necessario lavorare in modo più profondo e costante, attraverso un percorso strutturato che preveda non solo tecniche di rilassamento (come mindfulness, respirazione diaframmatica, training autogeno), ma anche un lavoro psicoterapeutico mirato a ristrutturare pensieri disfunzionali, schemi di ipervigilanza, perfezionismo o tendenze al controllo che spesso alimentano l’ansia cronica.

Ha inoltre centrato un punto chiave: l’importanza della continuità. L’ansia cronica si alimenta nel tempo e richiede tempo per essere compresa e gestita in modo profondo. Il percorso terapeutico, integrando approcci evidence-based (come la CBT, la ACT o la terapia psicofisiologica), ha proprio l’obiettivo di aiutare la persona a riappropriarsi di uno stile di vita in cui il sistema parasimpatico possa tornare ad avere un ruolo dominante, restituendo al corpo e alla mente una condizione di equilibrio stabile e sostenibile.

In sintesi, la sua comprensione è sostanzialmente corretta, con una buona capacità di sintesi e una visione che va oltre il semplice sintomo. Se volessimo proprio aggiungere una sfumatura, direi che il lavoro non è solo sul “controllo del sistema simpatico”, ma soprattutto sulla rieducazione dell’intero organismo (mente e corpo) a percepire sicurezza, autoregolazione e presenza, là dove l’ansia aveva insegnato all’individuo a vivere in costante allarme.

Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Dott. Tommaso Thibault
Psicologo, Psicologo clinico
Parma
Buonasera,
grazie per il suo messaggio così chiaro, articolato e sentito. Si percepisce quanto lei abbia riflettuto in profondità sulla sua esperienza, cercando di comprenderla sia dal punto di vista soggettivo che fisiologico. Questa consapevolezza è già un passo importante, spesso non scontato, nel percorso verso un maggiore benessere.
Vengo alla sua domanda: nel complesso, il suo ragionamento è corretto e poggia su basi scientifiche piuttosto solide, specialmente per quanto riguarda il ruolo del sistema nervoso autonomo (sistema simpatico e parasimpatico) nei vissuti d’ansia.

E' vero che il sistema simpatico è deputato a rispondere alle situazioni di emergenza, attivando una “modalità sopravvivenza” , mentre il parasimpatico sostiene la calma, la digestione, il riposo e i processi di rigenerazione.
Nell’ansia cronica, purtroppo, accade spesso che il sistema simpatico resti attivo più del necessario, anche in assenza di veri pericoli. Questo stato di iper-attivazione può generare e mantenere sintomi fisici come quelli che descrive: bruciori di stomaco, cefalea, tensione muscolare, minzione frequente... sono segnali corporei coerenti con una persistente attivazione del sistema simpatico.
Anche per quanto riguarda la riflessione sul sistema parasimpatico come cura il suo pensiero è centrato: favorire un maggiore coinvolgimento del sistema parasimpatico è un obiettivo importante per chi soffre di ansia cronica. Attività come la respirazione profonda, la mindfulness, la meditazione, il contatto con la natura, ma anche relazioni sicure e contesti prevedibili e rassicuranti, aiutano proprio in questa direzione. Tuttavia, è importante sottolineare che non si tratta tanto di “spegnere” il simpatico e “accendere” il parasimpatico, quanto di favorire una maggiore flessibilità del sistema nervoso: cioè la capacità di attivarsi quando serve e disattivarsi quando non serve più.
Sicuramente meditare per un'ora o due può fornire un beneficio momentaneo, ma quando si parla di ansia cronica è importante integrare nella propria vita strategie continuative, che diventino abitudini quotidiane e che, col tempo, contribuiscano a un nuovo equilibrio psico-fisico. In psicoterapia, si lavora proprio su questo: creare condizioni per cui la persona possa imparare a "sentire" meglio il proprio stato interno, regolarlo, e costruire risposte nuove e più funzionali.
Se proprio volessimo aggiungere una sfumatura, direi che anche la persona “non ansiosa” non vive costantemente sotto l’influsso del solo sistema parasimpatico. In realtà, ogni essere umano alterna continuamente, anche nel corso di una giornata normale, momenti in cui uno dei due sistemi prende il sopravvento sull’altro, in base alle esigenze del momento. Quello che fa la differenza è la capacità del sistema nervoso di passare da uno stato all’altro in modo flessibile, senza rimanere bloccati in uno stato di allerta perenne.

Un caro saluto e complimenti per il lavoro di consapevolezza che sta facendo.

Dott. Tommaso Thibault
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buonasera, la ringrazio innanzitutto per la sua domanda così articolata, e per aver condiviso un vissuto che, come descrive chiaramente, la accompagna da molto tempo. Posso immaginare quanto sia faticoso convivere con una condizione di ansia cronica, che non si limita solo alla sfera psicologica ma si manifesta concretamente anche nel corpo, rendendo il benessere quotidiano instabile e spesso compromesso. Ha esposto una visione molto precisa e sostanzialmente corretta del funzionamento del sistema nervoso autonomo, distinguendo bene tra sistema simpatico e parasimpatico, e tra i rispettivi ruoli che essi svolgono nella regolazione degli stati di attivazione e di rilassamento dell’organismo. L’analogia che utilizza, come quel “pizzico di sale” del sistema simpatico in momenti specifici, è molto calzante e rende chiaro il concetto. Nelle persone non affette da disturbi d’ansia, il sistema simpatico si attiva in modo circoscritto e mirato, ad esempio durante uno stress acuto, per poi rapidamente lasciare spazio al sistema parasimpatico, che ripristina uno stato di calma e permette al corpo di recuperare. Al contrario, come lei ha giustamente notato, nelle persone ansiose il sistema simpatico tende a restare attivo più del necessario, anche in assenza di pericoli reali, alimentato dal continuo rimuginare, dal pensiero anticipatorio, dall’ipercontrollo e da una difficoltà ad “abbassare la guardia”. Questa attivazione cronica ha, come ha correttamente indicato, effetti fisici importanti: disturbi gastrointestinali, tensioni muscolari, cefalee, frequente stimolo a urinare, senso di oppressione toracica, insonnia, solo per citarne alcuni. La connessione mente-corpo non è un’astrazione teorica, ma un aspetto biologico e psicologico concreto e ben documentato. L’ansia protratta agisce sul corpo come una sorta di “logoramento sistemico”, e ciò spiega perché sia così importante intervenire non solo sulla sintomatologia, ma anche sulla base del funzionamento che la mantiene. Ha anche colto un altro punto fondamentale: l’illusione del sollievo temporaneo. È vero che pratiche come la meditazione, la respirazione profonda, o il rilassamento muscolare progressivo possono portare un beneficio immediato, ma se non vengono integrate in uno stile di vita più ampio e coerente, il sollievo sarà solo parziale e momentaneo. L’approccio cognitivo-comportamentale, proprio per questa ragione, non si limita a tecniche di riduzione del sintomo, ma lavora sulla modificazione dei pensieri disfunzionali, sulla ristrutturazione cognitiva, sull’esposizione graduale alle situazioni temute, e sulla costruzione di nuove abitudini mentali e comportamentali. In altre parole, si lavora per aiutare la persona a riconoscere e interrompere quei meccanismi che mantengono l’attivazione cronica del sistema simpatico. Aggiungo che, nei percorsi cognitivo-comportamentali più aggiornati, spesso si integrano elementi di terza generazione, come la mindfulness e l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), proprio per rafforzare la capacità della persona di restare ancorata al presente, smettere di combattere costantemente con i propri pensieri e imparare a vivere in modo più flessibile e meno reattivo. In definitiva, ha colto in pieno il cuore del problema e anche la direzione verso cui muoversi. La cura dell’ansia cronica non è una corsa a ostacoli da vincere con una tecnica o due, ma un processo graduale, profondo, e spesso trasformativo, che richiede tempo, pazienza e soprattutto un’alleanza terapeutica efficace. È proprio attraverso questo percorso che si potrà ripristinare un equilibrio più sano tra sistema simpatico e parasimpatico, ma anche, più simbolicamente, tra ciò che ci mette in allerta e ciò che ci restituisce a una vita vissuta con maggiore serenità. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott. Marco Squarcini
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Gentilissimo, ciò che ha scritto è da un punto di vista neurofisiologico corretto. L'attivazione massiccia del sistema nervoso simpatico, in relazione alla percezione di continue minacce, l'eccessiva produzione di cortisolo e il forte accumulo di stress caratterizzano l'ansia cronica. Naturalmente questo da un punto di vista psicologico va calato nella soggettività del singolo, dove per ognuno di noi l'ansia ha una storia evolutiva personale intrecciata ai modelli operativi acquisiti, consolidati e interiorizzati nelle prime esperienze di attaccamento e in tutte le altre esperienze relazionali ed individuali (avere una madre molto ansiosa e preoccupata potrebbe veicolare un'immagine di un mondo pericoloso verso il quale non abbiamo strumenti; le esperienze traumatiche...). Quindi per il singolo l'ansia assume un significato soggettivo e relazionale, molto spesso una risposta che la nostra mente utilizza per gestire le difficoltà e i pericoli, "la miglior risposta disponibile in quel momento". Per quanto concerne il percorso terapeutico, una psicoterapia permette di poter rileggere, essere maggiormente consapevoli e talvolta modificare modelli operativi, modalità automatiche di pensiero e relazione interiorizzate, la capacità di regolare particolari stati emotivi favorendo una migliore capacità di autoregolazione all'interno di una relazione di attaccamento con una figura, il terapeuta, che facilita e contribuisce attivamente a tale cambiamento. E' una spiegazione molto sbrigativa ma spero possa essere in qualche modo di aiuto. Un caro saluto, Dott. Marco Squarcini
Dott.ssa Cristiana Francesia
Psicologo clinico, Psicologo
Milano
Buongiorno, il SNS e il SNP sono costantemente alla ricerca di un equilibrio per rispondere adeguatamente agli stimoli esterni. Il disequilibrio momentaneo, come descrive anche lei, può esprimersi in un sintomatologia fisica accompagnata dalla sensazione di "allerta" identificata come ansia che, al giusto livello, diventa attivazione che porta l'organismo alla risposta migliore. E' questo giusto livello di attivazione, diverso a seconda delle situazioni, l'obiettivo di un percorso ottimale che attraverso l'acquisizione di una consapevolezza di sé e delle proprie reazioni psico-fisiche, porta all'ottimizzazione delle proprie personali risorse e potenzialità. Come lei sottolinea, non è la meditazione di un paio d'ore prima di un evento a fare la differenza, bensì l'acquisizione di una pratica quotidiana che nel tempo plasma i circuiti neuronali creando automatismi e quindi genera un modus operandi. L'impegno quotidiano richiesto è di pochi minuti al giorno, previa acquisizione delle tecniche che meglio soddisfino i suoi requisiti personali di gradimento ed efficacia. Conoscerà sicuramente il Training Autogeno di Shultz o il Rilassamento muscolare Progressivo di Jacobson o la Mindfulness, tutti declinabili con sfumature diverse in modo da adattarsi alle caratteristiche personali di ciascuno e tutti fruibili all'interno di un percorso che porti alla conoscenza di sé come organismo "intero" in cui le singole parti operino armoniosamente. Spero di esserle stata utile. Non esiti a contattarmi per eventuali approfondimenti sul percorso da intraprendere.
Dott.ssa Ambra Bottari
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Buonasera,
hai compreso molto bene i meccanismi di base del sistema nervoso autonomo. Nell’ansia cronica si osserva effettivamente una predominanza dell’attivazione simpatica, con un’attivazione ridotta del sistema parasimpatico, che è invece responsabile del recupero, del riposo e del riequilibrio corporeo.

Questo squilibrio prolungato può portare a sintomi fisici come quelli che descrivi, ed è vero che pratiche come la meditazione o il rilassamento agiscono proprio sull’attivazione parasimpatica. Tuttavia, come giustamente sottolinei, serve un lavoro più profondo e continuativo: non basta alleviare temporaneamente il sintomo, ma è utile costruire una regolazione più stabile nel tempo, con l’aiuto di un percorso psicologico strutturato.

Hai quindi colto bene l’essenza del funzionamento del sistema nervoso autonomo in relazione all’ansia. Se desideri approfondire e lavorare in questa direzione, sarò felice di accompagnarti.

Un caro saluto
Dott.ssa Jessica Furlan
Psicologo, Psicologo clinico
Fiumicino aeroporto
Buongiorno, quando si tratta la tematica ansia c'è poco da capire a livello razionale, ma molto da lavorare a livello corporeo ed emozionale per prendere consapevolezza dei meccanismi che si hanno strutturato nel tempo e che hanno portano il corpo e la mente a non essere più allineati.
L'ansia è proprio quel sintomo che il corpo esprime, per dire alla mente, che ha bisogno di essere ascoltato e sentito ma NON CAPITO.
Quello che si può fare è iniziare un percorso psicologico per farsi supportare da un professionista che rompa quei blocchi di protezione che la mente attiva e che fa innescare il circolo vizioso ansioso.
Spero di esserle stata di aiuto
Saluti
Dott. Francesco Giampaolo
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
La sua comprensione dell'ansia cronica è sostanzialmente corretta. Effettivamente, chi soffre di ansia cronica mantiene l'organismo in uno stato di iperattivazione continua, vivendo costantemente quella tensione che dovrebbe attivarsi solo durante le emergenze reali.

La sua analogia del "pizzico di sale" è particolarmente efficace: una persona equilibrata trasforma l'attivazione in energia positiva e motivante, mentre nell'ansia cronica questa stessa attivazione diventa paralizzante.

Ha ragione sul fatto che il trattamento richieda tempo e sistematicità. L'ansia cronica è un pattern consolidato che necessita di una ristrutturazione profonda delle abitudini quotidiane e dei pensieri automatici. L'obiettivo è rendere il benessere la condizione normale, non l'eccezione.

Tuttavia, è importante sottolineare che ogni caso è unico. Non esiste un approccio universale: le tecniche che funzionano per una persona potrebbero non essere adatte a un'altra. Per esempio, la meditazione risulta controproducente per chi soffre di pensieri intrusivi intensi.

Il mio consiglio è di non improvvisare: prima di intraprendere qualsiasi percorso di auto-gestione dell'ansia, si rivolga a uno specialista che possa valutare il suo caso specifico e guidarla verso le strategie più appropriate per lei.
Dott.ssa Giulia Monaco
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Ok riguardo la sua analisi qualche precisazione:
È corretto affermare che l’ansia cronica si associa a una iperattivazione del sistema nervoso simpatico, responsabile della reazione "lotta o fuga" (fight or flight). Questa attivazione prolungata può portare a sintomi somatici come: bruciore di stomaco (iperacidità, reflusso); mal di testa (tensione muscolare o vasocostrizione);stimolo frequente a urinare (effetto sul sistema urogenitale); insonnia, tachicardia, affaticamento. È anche giusto dire che il sistema parasimpatico, che promuove il riposo, la digestione, la regolazione ormonale e la riparazione dei tessuti, dovrebbe prevalere nella vita quotidiana, salvo brevi attivazioni simpatiche legate a compiti impegnativi o a pericoli reali. Alcune precisazioni utili:
L’attivazione simpatica non è sempre “negativa”;
Il sistema simpatico non è “il cattivo della storia”, ma uno strumento evolutivo essenziale per la sopravvivenza e la motivazione. Anche in una persona equilibrata, può essere attivato più volte al giorno: per esempio durante l’attività fisica, la concentrazione intensa, l’apprendimento, o anche una conversazione emotivamente coinvolgente. Il punto non è evitarlo, ma regolarlo in modo flessibile: attivarsi quando serve, spegnersi quando non serve più. Il sistema nervoso autonomo non funziona in modalità “interruttore”: La descrizione simpatico ↔ parasimpatico come due sistemi “alternativi” è utile come semplificazione didattica, ma in realtà interagiscono continuamente e possono anche co-attivarsi in alcune situazioni. Ad esempio, durante una prestazione sportiva l’attivazione simpatica è evidente, ma il parasimpatico può comunque modulare il battito cardiaco per mantenerlo entro limiti funzionali. Lei ha colto molto bene che: la cura dell’ansia cronica richiede una rieducazione del sistema nervoso; ciò si ottiene con abitudini quotidiane che stimolano il parasimpatico (respiro lento, contatto col corpo, pause rigenerative, relazioni sicure); serve spesso un accompagnamento psicoterapeutico mirato a ristrutturare non solo lo stile di vita ma anche i significati attribuiti alle emozioni, al controllo e alla vulnerabilità (che non deve essere necessariamente lungo, dipende da tante variabili).





Buonasera, mi sento di dirle che ha capito molto e la maggior parte delle sue osservazioni sono corrette. Vorrei aggiungere però che oltre a capire come funziona l'ansia, è importante anche imparare a sentirsi al sicuro nel corpo e nella mente.
Spero di esserle stata d'aiuto.
Un caro saluto.
Dott.ssa Giorgia Rizzo
Dott. Luca Rochdi
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente le consiglio di intraprendere un percorso di supporto psicologico per vedere meglio ciò che ha descritto.
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Dott.ssa Tania Zedda
Psicologo, Psicologo clinico
Quartu Sant'Elena
Buonasera,
apprezzo la cura e la precisione con cui hai descritto ciò che accade nel tuo corpo. È corretto: chi vive con ansia cronica ha un sistema nervoso simpatico che resta attivato anche in momenti di tranquillità, mentre chi ha una buona gestione emotiva riesce a tornare più facilmente in uno stato di calma grazie al sistema parasimpatico.
Il corpo dell’ansioso rimane “in allerta” anche quando non ce n’è bisogno, generando sintomi fisici come bruciore di stomaco, mal di testa, tensioni muscolari o stimolo frequente a urinare. È anche vero che pratiche come la meditazione o tecniche di rilassamento portano beneficio temporaneo, ma per curare davvero l’ansia cronica serve un percorso costante che aiuti a creare nuove abitudini e a regolare in modo più stabile il sistema nervoso.
Hai colto perfettamente il punto: l’ansia cronica richiede tempo, pazienza e continuità per ridurre gradualmente l’iperattivazione del sistema simpatico e permettere al tuo corpo di vivere in uno stato di maggiore riposo, senza scivolare di nuovo nelle vecchie dinamiche. La tua consapevolezza è un passo prezioso verso il cambiamento.
Gentile utente,
ha fatto un’ottima riflessione, molto lucida e ben argomentata. La sua comprensione dei meccanismi fisiologici è sostanzialmente corretta: effettivamente, nell’ansia cronica si verifica una iperattivazione del sistema simpatico, anche in assenza di pericoli reali, mentre il parasimpatico, che favorisce il rilassamento e la rigenerazione , viene attivato meno del necessario.
Tuttavia, vorrei aggiungere una precisazione: non sempre il parasimpatico è solo "positivo". Esiste una sua forma, legata al nervo vago dorsale, che può portare anche a immobilizzazione, chiusura o spegnimento, come nei momenti di blocco emotivo. Per questo non si tratta solo di “aumentare il parasimpatico” o “spegnere il simpatico”, ma piuttosto di imparare a regolare e alternare i due sistemi in modo flessibile e coerente con ciò che si vive.
Potremmo tuttavia, andare anche oltre la regolazione fisiologica: cosa sta cercando di comunicarle il suo corpo, quali bisogni o emozioni stanno dietro a questo stato di allerta continuo? L'ansia non è solo un disturbo da eliminare, ma un segnale da ascoltare.
Ha assolutamente ragione, infine, nel dire che la cura non è solo “fare meditazione per due ore”, ma intraprendere un percorso profondo, affinché nuove modalità di sentire, pensare e stare nel corpo diventino parte stabile del suo modo di vivere.
Dott.ssa Anna Tosi
Psicologo, Psicologo clinico
Caldiero
Buongiorno, quello che ha scritto rispetto al funzionamento dei due sistemi è corretto. Tuttavia è come se per spiegare il funzionamento di un'automobile ci limitassimo a dire che è la benzina che la fa accendere e andare avanti, senza considerare che c'è un motore che permette alla benzina di far funzionare una macchina. Mi spiego meglio, sicuramente l'ansia è presente quando il sistema simpatico si attiva, ma occorre andare oltre e capire perchè quel sistema di attiva così spesso, cos'è che la porta allo stato sempre elevato di iperallarme. Non è semplicemente legato al fatto che il sistema parasimpatico funziona poco e quello simpatico funziona troppo, ma se questo accade è perchè lei ha imparato a stare sempre in allerta, il suo cervello percepisce come minacce anche cose che non la mettono in pericolo, e per questo ritiene opportuno attivare il sistema simpatico per rispondere alla minaccia. Quindi il lavoro da fare non è tanto sui due sistemi, ma piuttosto su cosa li fa attivare. Spero di essere riuscita a spiegarmi, altrimenti resto a disposizione. Dott.ssa Anna Tosi
Dott.ssa Caterina Falessi
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno, è corretto quello che scrive: la reazione attacco o fuga, che esiste anche nel mondo animale, strettamente legata all'attivazione neurobiologica dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, ha la funzione evolutiva di proteggerci da situazioni che riteniamo pericolose, per garantire la sopravvivenza. Il problema sorge quando cominciamo a ritenere pericolose molte più situazioni di quelle che lo sono effettivamente, anche perché a lungo andare ha un impatto su come funzioniamo, provocando i sintomi che descriveva. La letteratura recente indica nell'essere umano come le reazioni al pericolo in qualche modo coincidano con le dinamiche legate all'attivazione del sistema di attaccamento, che si sono costruite a partire dalle prime interazioni con i caregiver. Per questo motivo, oltre ad un calmarsi attraverso diverse strategie come la meditazione, per permettere di disattivare costamene la risposta ansiosa è necessario lavorare sul proprio senso di sicurezza interna, che la letteratura considera legato a ripetute esperienze precedenti relazionali. Per questo motivo la terapia ha un forte impatto sull'ansia, perché costituisce un laboratorio relazionale, dove è possibile avere esperienze relazionali ripetute che destrutturare il senso di sé precedente e costruire una nuova percezione di sé, meno spaventata dall'esterno. Spero di essere stata utile con le riflessioni che ho proposto, resto a disposizione nel caso desideri effettuare un colloquio con la sottoscritta. Un caro saluto, dott.ssa Caterina Falessi
Dott.ssa Veronica Savio
Psicologo, Psicologo clinico
Medolla
Gentile utente,
Ha descritto in modo molto chiaro e accurato i meccanismi di base del sistema nervoso autonomo e la differenza tra una persona generalmente tranquilla e una persona ansiosa cronica. La sua spiegazione è sostanzialmente corretta, soprattutto nei punti chiave:
Corretto:
La persona ansiosa cronica tende a mantenere attivo in modo sproporzionato il sistema simpatico (“allerta”) anche in assenza di vere minacce.
Il sistema parasimpatico (“riposo e digestione”) in questi casi è poco dominante.
Questa iperattivazione cronica si accompagna ai disturbi fisici (mal di stomaco, tensioni muscolari, tachicardia, ecc.).
Due ore di meditazione possono ridurre temporaneamente l’attivazione simpatica, ma non risolvono il problema alla radice se non si agisce in modo continuativo sullo stile di vita e sui pensieri.
L’unica precisazione utile:
Il sistema simpatico e parasimpatico non funzionano come un interruttore acceso/spento: entrambi hanno un’attivazione dinamica che si regola di continuo nell’arco della giornata. Non esiste una situazione di “parasimpatico al 100%” se non forse nel sonno profondo. Più precisamente, in una persona non ansiosa il tono parasimpatico è più facilmente dominante nei momenti di quiete, ma una certa “attivazione di base” del simpatico è sempre presente per la normale vigilanza.
Detto questo, la sua comprensione generale è corretta e dimostra che ha già un’ottima consapevolezza del problema.
Rimango a disposizione per eventuali chiarimenti.
Dott.ssa Veronica Savio
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Bologna
Gentile Signore,
ha compreso in modo molto lucido e articolato il meccanismo fisiologico che accompagna l’ansia cronica. È vero: l’attivazione prolungata del sistema simpatico, responsabile della risposta “attacco o fuga”, può condurre a uno stato di allerta continuo, con ricadute fisiche significative — proprio come quelle che lei descrive.
Tuttavia, ciò che rischia di accadere è che questa consapevolezza teorica, che è corretta, diventi essa stessa un nuovo oggetto di ipercontrollo. Quando si cerca di monitorare costantemente l’equilibrio tra sistema simpatico e parasimpatico, si resta comunque dentro la stessa logica dell’ansia: quella del controllo e della previsione costante.
L’approccio strategico ci insegna che non sempre il cambiamento nasce dalla comprensione, ma spesso dalla rottura del meccanismo ripetitivo. Paradossalmente, l’efficacia della terapia non sta solo nel “aumentare il parasimpatico”, ma nel modificare le abitudini mentali che alimentano l’iperattivazione: il rimuginio, la previsione del peggio, il continuo “scandagliare” il proprio corpo e le proprie reazioni.
Ha ragione: due ore di meditazione non bastano. Ma non perché servano più ore… bensì perché serve meno controllo e più fiducia nei micro-passaggi della giornata: come mangia, come respira, come entra in relazione. Non è un’ora di calma che risolve, ma un nuovo stile interno, costruito nel tempo.
Le lascio con una domanda ristrutturante:
e se non fosse il sistema nervoso da “correggere”, ma il modo in cui lei si racconta e si predispone alle sue stesse emozioni, a dover cambiare?
Cordialmente,
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Dott.ssa Marta Calzari
Psicologo, Psicologo clinico
Bergamo
Buonasera,
la sua descrizione del funzionamento del sistema nervoso autonomo e della relazione tra ansia cronica e sintomi fisici è nel complesso molto accurata. In effetti, l’ansia cronica comporta una prolungata attivazione del sistema nervoso simpatico, ovvero di quella parte del sistema nervoso che prepara l’organismo all’azione e alla gestione delle situazioni percepite come impegnative o minacciose.
Nel caso dell’ansia cronica, la persona tende a mantenere una soglia di allerta costantemente elevata anche in assenza di reali pericoli. Questa iperattivazione simpatica può effettivamente generare sintomi fisici come tensioni muscolari, disturbi gastrointestinali, mal di testa o difficoltà di concentrazione e di sonno. È corretto anche osservare che, nei momenti in cui l’ansia si riduce, tali sintomi tendono ad attenuarsi.
L’unica precisazione riguarda l’idea che nelle persone non ansiose il sistema parasimpatico resti attivo per la maggior parte del tempo: in realtà, anche in condizioni di equilibrio emotivo, vi è una continua oscillazione tra i due sistemi. Non si tratta di un’alternanza rigida, ma di una regolazione flessibile, in cui l’organismo passa in modo naturale da uno stato di attivazione a uno di calma.
L’obiettivo, pertanto, non è eliminare l’attività del sistema simpatico, ma ristabilire una flessibilità fisiologica che permetta al corpo di attivarsi quando necessario e di tornare a uno stato di rilassamento quando lo stimolo è terminato.

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