Buonasera, gentili dottori vi scrivo per capire meglio dove intervenire nella mia situazione. Ho 26

24 risposte
Buonasera,
gentili dottori vi scrivo per capire meglio dove intervenire nella mia situazione. Ho 26 anni e fino ai 20 ero un ragazzo socievole, che aveva sempre la battuta pronta e a cui piaceva essere al centro dell’attenzione, da quel che ricordo dopo i 20 ho iniziato ad essere pian piano sempre più chiuso e timido.Io associo tutto ciò al mio voler apparire sempre al top agli occhi degli altri, non a caso do forse troppo peso al giudizio delle persone e sono arrivato al punto che in qualsiasi interazione sociale ormai sto li pensare e a ripensare la persona con cui ho interagito che idea si sia fatta di me di quello che ho detto/fatto. Tutto questo mi porta a sentirmi a disagio in qualsiasi situazione perché è come se mi sentissi sempre giudicato e tutto ciò crea un circolo vizioso che poi mi porta ad arrossire(che diventa parte del problema)e addirittura a non esprimermi come vorrei, come se mi non mi venissero in mente le parole perché troppo occupato a pensare cosa fare o dire. Tutto questo lo associo anche al fatto che mi è stato sempre detto di avere un brutto carattere, sempre sulla difensiva e quindi forse sono sempre alla ricerca di farmi accettare un pò da tutti, arrivo al punto che per non essere “giudicato” o non dire qualcosa che possa “ferire” l’altra persona, resto in silenzio restando ormai quello meno attivo nelle conversazioni. Non riesco nemmeno a capire se questo blocco è dovuto forse ad un mio, ipotizzo, scarso lessico, però poi se sto tranquillo o addirittura se devo scrivere non ho problemi. Anche in famiglia, anche se di meno, soffro questa situazione.
Vi ringrazio in anticipo per la disponibilità e vi auguro buon lavoro.
Dott. Luciano Ricci
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno, come lei dice dai 20 anni qualcosa è cambiato. Cosa è successo in quel periodo? potrebbe essere interessante partire da li. Costruire nuovi significati, rispetto agli eventi di vita che ci accadono, è a mio avviso il punto centrale per definire chi siamo, come ci rapportiamo alle situazioni e quella che è la nostra storia di vita.
Spero che lo spunto riflessivo possa esserle d'aiuto.
Un saluto,
L.R

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Dott.ssa Maria Carla del Vaglio
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Napoli
Buon pomeriggio,

comprendo quanto possa essere faticoso vivere una situazione in cui il timore del giudizio e il desiderio di essere accettato condizionano profondamente le relazioni sociali e il modo in cui ti esprimi. Da ciò che racconti, sembra che tu viva un conflitto interno tra il bisogno di essere apprezzato dagli altri e la difficoltà nel sentirti autentico e spontaneo. Questo potrebbe aver portato a un progressivo irrigidimento nelle interazioni, accompagnato da una costante autoanalisi che, pur essendo un tentativo di controllo, rischia di alimentare il disagio.

Il cambiamento che hai notato nel tempo, da una maggiore apertura a una chiusura progressiva, potrebbe essere collegato a esperienze o convinzioni che hanno influenzato il modo in cui percepisci te stesso e le tue relazioni. La sensazione di arrossire, di sentirti bloccato o di non riuscire a trovare le parole, così come l’idea di dover apparire sempre perfetto, possono essere legate a una forma di ansia sociale, caratterizzata da un’eccessiva attenzione verso il proprio comportamento e da un timore costante di essere giudicato negativamente.

Per affrontare queste difficoltà, sarebbe importante approfondire le dinamiche che hai descritto e comprendere meglio il significato che attribuisci al giudizio altrui e all'immagine di te stesso. Potrebbe essere utile esplorare le convinzioni che hai interiorizzato nel tempo, come quelle legate al “brutto carattere” o al bisogno di compiacere gli altri, e lavorare per riconnetterti ai tuoi bisogni autentici, ritrovando uno spazio di libertà nelle relazioni.

Questo percorso richiede anche il coraggio di prendersi uno spazio di cura per se stessi, in cui affrontare le insicurezze e il senso di inadeguatezza, e dove poter costruire un rapporto più sano e accettante con la propria identità. La psicoterapia potrebbe offrirti un luogo sicuro in cui esplorare queste dinamiche, migliorare l’autostima e imparare a gestire l’ansia in modo più funzionale, permettendoti di vivere le relazioni sociali con maggiore serenità.

Se desideri intraprendere un cammino di questo tipo, resto a disposizione per sostenerti e accompagnarti in questo processo di cambiamento. Ti auguro una buona serata.
Dott.ssa Daniela Guzzi
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Bergamo
Gentilissimo. Grazie per aver condiviso questa parte di te e della tua esperienza. Quello che descrivi sembra essere un percorso che ti ha portato, col tempo, a sentirti sempre meno libero nelle interazioni, come se fossi costantemente “sotto osservazione”. Questo meccanismo di autocontrollo e auto-monitoraggio può diventare davvero faticoso perché ti porta a vivere ogni situazione sociale con un’attenzione estrema verso il giudizio degli altri e, come hai ben detto, crea un circolo vizioso. Più ti preoccupi di come appari o di cosa pensano gli altri, più ti senti bloccato, meno riesci ad esprimerti spontaneamente e questo rinforza la tua paura di non essere “al top”.
Il fatto che tu riesca ad esprimerti meglio quando scrivi o sei in una situazione tranquilla suggerisce che non hai un problema reale di capacità comunicativa o di lessico, ma piuttosto che il disagio nasce dal modo in cui interpreti le aspettative altrui e dalle pressioni che ti auto-imponi per essere accettato. Forse, come hai accennato, il passato giudizio di avere un brutto carattere ti ha portato a volerti conformare o a evitare il rischio di ferire gli altri, spingendoti però al silenzio e alla rinuncia della tua autenticità.
Ti chiedo: cosa significherebbe per te "non essere sempre al top"? Come sarebbe se ti concedessi di sbagliare, di essere imperfetto o anche solo di dire quello che pensi senza doverti preoccupare dell’effetto sugli altri? Spesso, dietro questa paura di esporsi, c’è la voglia di sentirsi "accettati e riconosciuti" senza dover essere perfetti o compiacenti. Forse il tuo bisogno di farti accettare è diventato così predominante che ti sta impedendo di vivere con naturalezza i rapporti.
Un lavoro su questi aspetti potrebbe aiutarti: in terapia si può esplorare l’origine di queste insicurezze e individuare nuove modalità per stare nei rapporti in modo più sereno, trovando un equilibrio tra autenticità e relazione.
Riconoscere ciò che ti sta succedendo è un grande primo passo ed è evidente che hai una buona capacità di analisi di te stesso. Questo è un punto di forza da cui partire: con il giusto supporto potresti tornare a sentirti più a tuo agio con te stesso e con gli altri riprendendo quella spontaneità e quella leggerezza che oggi sembrano mancare. Che ne pensi?
Un caro saluto.
Dott.ssa Daniela Guzzi
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buonasera gentile Utente, la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza la sua situazione.

Da quanto racconta, sembra che nel corso degli anni il suo atteggiamento verso gli altri e verso se stesso sia cambiato profondamente, portandola a vivere le interazioni sociali con disagio e insicurezza. Questo circolo di autocritica e iper-riflessione su come gli altri la percepiscono può effettivamente alimentare un senso di insicurezza, il timore del giudizio altrui e il bisogno di essere accettato. Questi vissuti sono comuni quando ci si sente costantemente sotto esame, come se ogni parola o gesto potesse influire negativamente sull'opinione degli altri.

È importante sottolineare che questo malessere non è un difetto caratteriale, ma piuttosto una dinamica interiore che può essere affrontata e superata. Il suo desiderio di evitare giudizi negativi e di essere accettato da tutti potrebbe derivare da esperienze passate o da aspettative che sente di dover soddisfare, magari anche inconsciamente.

Un aspetto che lei descrive con particolare enfasi è il sentirsi bloccato, come se la mente fosse troppo occupata a monitorare ogni dettaglio per permetterle di essere spontaneo. Questo stato di "iper-vigilanza" emotiva è spesso legato all'ansia sociale, un fenomeno che si alimenta quando ci si focalizza troppo su sé stessi invece che sulla conversazione o sull'esperienza che si sta vivendo.

Il fatto che riesca a esprimersi con chiarezza quando scrive o quando si sente tranquillo suggerisce che non si tratta di un problema di competenze comunicative, ma piuttosto di uno stato di tensione che influenza la sua capacità di essere spontaneo. L'arrossire, il restare in silenzio o il sentirsi meno attivo nelle conversazioni sono manifestazioni di questo stato di disagio, non limiti insormontabili.

Potrebbe essere utile considerare un percorso psicologico per esplorare a fondo queste dinamiche. Un professionista potrebbe aiutarla a lavorare sul suo bisogno di approvazione, sul timore del giudizio e sull'impatto che queste sensazioni hanno sulla sua autostima. Potrebbe, inoltre, apprendere tecniche pratiche per gestire l'ansia nelle situazioni sociali e ritrovare quella sicurezza che, come racconta, faceva parte di lei fino a pochi anni fa.

Il fatto che lei stia cercando di comprendere meglio ciò che sta vivendo è un segnale positivo, perché dimostra consapevolezza e voglia di migliorare. Con il giusto supporto, sono certo che riuscirà a ritrovare quella capacità di esprimersi con naturalezza e a vivere le relazioni in modo più sereno. Le auguro un buon percorso e di riscoprire quella parte di sé che ora sente bloccata.

Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Sara Colnaghi
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Milano
Buongiorno, ho letto con attenzione la sua domanda e quello che mi sentirei di consigliarle è di rivolgersi ad uno psicologo o psicoterapeuta per capire meglio le origini della sua difficoltà ed imparare a gestirla.
Sebbene abbia evidenziato molto bene il forte timore per il giudizio altrui, ci sarebbe da approfondire ulteriormente la questione. Da quel che racconta sembra che questo timore sia emerso a partire dai 20 anni. Che ragazzo era prima? Si è descritto come solare e socievole ma sarebbe utile saperne di più. Come mai proprio a partire da questa età ha iniziato ad avvertire la paura del giudizio? C'è stato qualche elemento in particolare che ha favorito questa situazione? Quali strategie ha adottato per fronteggiare questa difficoltà? Attualmente sembra che utilizzi soprattutto la strategia dell'evitamento, cioè evita di esprimersi e rimane in silenzio. Ha sempre fatto così? Ci sono stati ulteriori tentativi? La rete sociale a disposizione (amici, famigliari etc.) che ruolo ha avuto?
Queste sono solo alcune domande utili per comprendere meglio il problema e come può immaginare sarebbe davvero difficile fornirle ulteriori consigli avendo a disposizione così poche informazioni. Un percorso psicologico potrebbe esserle molto di aiuto!
In caso di necessità, non esiti a contattarmi. Un caro saluto, dott.ssa Sara Colnaghi.
Dott.ssa Laura Messina
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno, e grazie per aver condiviso con tanta chiarezza e sincerità il suo vissuto. Da ciò che descrive, emerge un'esperienza di forte disagio legata alle interazioni sociali, che sembra essere caratterizzata da una preoccupazione costante rispetto al giudizio altrui. Questo pensiero persistente su come gli altri possano percepirla o su come venga interpretato ciò che dice e fa, associato alla paura di non essere accettato o di ferire qualcuno, può effettivamente creare un circolo vizioso che amplifica la sua insicurezza e limita l’espressione autentica di sé.
La descrizione che fornisce – del passaggio da una personalità socievole e aperta a una chiusura graduale con l’insorgere di ansia, timidezza e arrossamenti – potrebbe essere collegata a un aumento dell'autocritica e dell'iper-vigilanza rispetto all'opinione altrui. Anche l'evitamento, come il rimanere in silenzio o il limitare la propria partecipazione nelle conversazioni, sembra essere una strategia che, pur alleviando momentaneamente il disagio, rischia di rafforzare la percezione di non essere “all’altezza” o di avere un "blocco".
È interessante che lei si senta più a suo agio nella scrittura: questo suggerisce che il problema potrebbe non essere legato a un “lessico scarso”, come ipotizza, ma piuttosto al livello di pressione e ansia che sperimenta nelle situazioni interpersonali dirette, dove il timore del giudizio è più immediato. Il fatto che lei colleghi tutto questo al desiderio di apparire “al top” e di essere accettato è un punto di consapevolezza molto importante, che potrebbe essere esplorato più a fondo.
Soffermarsi a lungo su come gli altri potrebbero averla percepita, sentirsi costantemente sotto osservazione e non riuscire a esprimersi liberamente possono essere segnali di un’ansia sociale o di un’autostima che ha bisogno di essere rafforzata. La paura di non piacere o di non essere adeguato, infatti, può spingerla a mettere in secondo piano i suoi bisogni e la sua spontaneità, andando a nutrire il disagio che sta vivendo.
È fondamentale ricordare che questi meccanismi, sebbene possano sembrare radicati e difficili da superare, possono essere affrontati con l’aiuto di un professionista. Un percorso psicologico le permetterà di esplorare le origini di queste difficoltà, comprendere meglio i pensieri disfunzionali che la portano a sentirsi inadeguato e sviluppare strategie per migliorare la sua sicurezza in se stesso e la qualità delle sue relazioni.
La invito, dunque, a rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta che possa accompagnarla in questo processo di conoscenza e cambiamento. Ha già fatto un passo significativo prendendo consapevolezza della sua situazione e condividendola con noi: non esiti a proseguire su questa strada.
Le auguro di ritrovare presto la serenità e l’autenticità nel rapportarsi con gli altri.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buonasera,
grazie per aver condiviso con tanta apertura la sua situazione. Da quanto descritto, emerge un circolo vizioso che potrebbe essere alla base del disagio che avverte nelle interazioni sociali. Lei parla di un aumento graduale della timidezza e della chiusura, che sembra strettamente legato al timore del giudizio altrui e alla necessità di apparire sempre al meglio. Questo potrebbe aver contribuito ad un aumento dell'autocritica e dell'attenzione verso i propri comportamenti, generando un senso di disagio e insicurezza.
L'arrossire e la difficoltà nell'esprimersi possono essere reazioni fisiologiche e psicologiche allo stress sociale, rafforzate dall'attenzione che lei stesso dedica a queste manifestazioni. Inoltre, il desiderio di essere accettato, unito alla paura di dire qualcosa di sbagliato o inappropriato, sembra averla portata a un atteggiamento più difensivo e alla riduzione della sua partecipazione nelle conversazioni, con un ulteriore aumento del senso di insicurezza.
Queste dinamiche possono essere affrontate e migliorate con il supporto di un percorso terapeutico. Attraverso tecniche specifiche, come la ristrutturazione cognitiva o la Mindfulness, è possibile lavorare sui pensieri automatici negativi e sviluppare maggiore consapevolezza e sicurezza nelle interazioni sociali. Inoltre, l'EMDR può aiutare a elaborare eventuali esperienze passate che potrebbero aver contribuito a radicare questi timori.
Per approfondire la situazione, esplorare meglio le sue emozioni e individuare insieme strategie per ritrovare maggiore serenità e fiducia in se stesso, sarebbe utile e consigliato rivolgersi a uno specialista.

Dottoressa Silvia
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa






Dott.ssa Graziosa Sacco
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentilissimo, dalle sue parole si evince un importante malessere che le sta causando sofferenza. Dalle sue parole si evince che ad un certo punto della sua vita, qualcosa è cambiato. Sarebbe opportuno analizzare cosa è accaduto in quel periodo e analizzare successivamente cosa è cambiato.
Le rimando inoltre di prestare attenzione al suo atteggiamento autogiudicante che sicuramente non le sarà di aiuto nel provare, a vedere la situazione in maniera più lucida.
In generale le consiglio sicuramente di prestare attenzione al suo stato emotivo e se questa sofferenza aumenta, sarebbe opportuno parlarne con uno specialista.
un saluto
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno, la ringrazio per aver condiviso in modo così dettagliato la sua situazione. Già questo gesto rappresenta un’importante dimostrazione di consapevolezza e desiderio di migliorare il proprio benessere. Capisco quanto possa essere faticoso vivere con questa sensazione costante di giudizio e di insoddisfazione nelle relazioni sociali, e quanto tutto questo possa influire sul modo in cui si esprime e si sente in compagnia degli altri. Da ciò che descrive, sembra che si sia creato un circolo vizioso, tipico di chi affronta un’ansia sociale o una forte sensibilità al giudizio altrui. Questa condizione si nutre spesso di pensieri anticipatori (“Cosa penseranno di me?”), dell’attenzione focalizzata su sé stessi durante l’interazione (“Sto arrossendo, sembrerò ridicolo”) e di una riflessione eccessiva successiva (“Che idea si saranno fatti di me?”). Questi pensieri, spesso automatici e negativi, non solo intensificano il disagio emotivo ma interferiscono anche con la sua capacità di esprimersi in modo spontaneo e rilassato. Da un punto di vista cognitivo-comportamentale, questa difficoltà può essere affrontata lavorando sia sui pensieri disfunzionali che mantengono il circolo vizioso sia sui comportamenti di evitamento (come il silenzio o il restare “sulle difensive”). Ad esempio, il fatto di essere eccessivamente concentrato su come viene percepito dagli altri limita la sua naturalezza, portandola a “bloccarsi” e a non riuscire a esprimersi come vorrebbe. È possibile che, nel tempo, questa attenzione costante a non essere giudicato o a voler apparire sempre al meglio abbia rafforzato la sua insicurezza e il suo senso di inadeguatezza nelle interazioni sociali. Un aspetto molto importante che ha evidenziato è anche il timore di arrossire. Questo può essere visto come un sintomo della sua ansia sociale: quando si teme che un segnale fisico possa essere notato e giudicato dagli altri, è come se quel sintomo diventasse parte del problema, creando ulteriore ansia e disagio. È un meccanismo molto comune, ma che può essere affrontato. Il suo riferimento al carattere e alla ricerca di accettazione è un altro punto significativo. A volte, esperienze passate o commenti ricevuti (“Hai un brutto carattere”, “Sei troppo sulla difensiva”) possono aver contribuito a creare una visione di sé negativa, portandola a mettere in dubbio il proprio valore o la propria capacità di essere accettato così com’è. Di conseguenza, può essere nato un bisogno di “controllare” ogni sua parola o azione per evitare critiche o rifiuti, a discapito della sua naturale spontaneità. È importante sottolineare che non c’è nulla di “sbagliato” in lei: questa situazione non è frutto di un difetto personale, ma di schemi di pensiero e comportamenti che si sono consolidati nel tempo e che, con il giusto supporto, possono essere modificati. La terapia cognitivo-comportamentale si concentra proprio su questo tipo di problematiche: si lavora per identificare e sostituire i pensieri negativi automatici con pensieri più equilibrati e funzionali, si sviluppano strategie per ridurre l’ansia durante le interazioni sociali e si fanno esercizi pratici per migliorare la fiducia in sé stessi. La sua osservazione finale, ovvero che riesce a esprimersi meglio scrivendo o quando si trova in uno stato di tranquillità, suggerisce che le sue difficoltà non sono legate a un “lessico scarso” ma piuttosto al modo in cui l’ansia interferisce con la sua capacità di accesso alle risorse che possiede. Quando si sente sotto pressione, il suo cervello si concentra più sulla minaccia percepita (il giudizio altrui) che sul contenuto della conversazione, portandola a sperimentare quel “blocco” di cui parla. Un percorso psicoterapeutico potrebbe aiutarla a comprendere meglio le radici di questi vissuti e a costruire, passo dopo passo, un nuovo modo di affrontare le situazioni sociali, in cui possa sentirsi più sereno e libero di essere se stesso. L’obiettivo non è eliminare del tutto la paura del giudizio (che in parte è naturale) ma ridurre il suo impatto, permettendole di vivere le interazioni con maggiore leggerezza e spontaneità. Le faccio i miei complimenti per essersi messo in discussione e per aver cercato un confronto. Questo è un primo e fondamentale passo verso il cambiamento. Se desidera ulteriori chiarimenti o un supporto più approfondito, resto a disposizione. Un caro saluto. Dott. Andrea Boggero
Dr. Marco Cenci
Psicologo, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno,
Le sue riflessioni andrebbero inserite all'interno di un percorso terapeutico per comprenderle meglio... così su due piedi si rischierebbe solo da dare risposte avventate.
Dott. Marco Cenci
Dott.ssa Diana Sala
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Salve,

Capisco il disagio che sta vivendo a causa del continuo timore del giudizio altrui, che le impedisce di esprimersi liberamente. Questo blocco potrebbe derivare da insicurezze profonde e da schemi di pensiero che, nel tempo, sono diventati automatici, creando un circolo vizioso. Lavorare su questi timori, per accettare meglio se stessi e ridurre l'ansia sociale, potrebbe aiutarla a sentirsi più a suo agio nelle interazioni.

Rimango a sua disposizione.

Cordialmente,
Dott.ssa Diana Sala
Dott.ssa Simona Spiezia
Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
Buonasera, in ciò che scrive si nota non solo una grande attenzione per l'altro ma anche per ciò che può pensare l'altro di lei. La prima domanda sorge spontanea: lei cosa pensa di sé? e quanto il suo valore in quanto persona deriva da ciò che lei sa di se stesso e quanto dal giudizio altrui? Se pensa che questa situazione stia limitando la sua vita e il suo modo di vivere le relazioni le suggerisco un percorso di sostegno psicologico con la finalità di esplorare queste paure in un giusto tempo e spazio di confronto privo di giudizio. Cordiali saluti, Dott.ssa Simona Spiezia
Dott.ssa Cristina Bernucci
Psicologo clinico, Psicoterapeuta, Psicologo
Velletri
Buonasera,
grazie per aver condiviso la sua esperienza e i suoi sentimenti. La situazione che descrive è complessa e merita un'attenta riflessione. Di seguito, alcune considerazioni che potrebbero aiutarla a meglio comprendere il suo vissuto e a individuare possibili aree di intervento.
Riflessioni sulla Situazione
Cambiamenti nel Comportamento Sociale: è evidente che ha notato un cambiamento significativo nel suo comportamento sociale nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Questa transizione può essere influenzata da vari fattori, tra cui l'aumento delle responsabilità, le aspettative sociali e le esperienze personali che hanno contribuito a modificare il suo modo di relazionarsi agli altri.
Importanza del Giudizio Altrui: il desiderio di essere sempre percepito in modo positivo dagli altri può creare un forte stress e una pressione interna, che porta ad un'eccessiva attenzione su come viene percepito. Questo può generare un circolo vizioso di ansia sociale, in cui il timore del giudizio negativo alimenta ulteriormente il disagio nelle interazioni.
Blocco nelle Interazioni Sociali: il suo blocco nell'esprimersi liberamente durante le interazioni sociali sembra derivare da una preoccupazione costante su cosa dire o fare per evitare giudizi negativi. Questo può portare a una riduzione della spontaneità e a una sensazione di essere costantemente sotto esame.
Strategie di Gestione
Accettazione di Sé: lavorare sull'accettazione di sé è fondamentale per ridurre l'impatto del giudizio altrui. Riconoscere e accettare le proprie imperfezioni come parte della condizione umana può aiutare a diminuire l'ansia legata alla necessità di apparire perfetti.
Mindfulness e Presenza Mentale: praticare la mindfulness può aiutarla a rimanere presente nel momento e a ridurre il ruminare su ciò che gli altri potrebbero pensare di lei. Esercizi di respirazione e meditazione possono essere utili per calmare la mente e ridurre lo stress.
Espressione delle Emozioni: cercare di esprimere le proprie emozioni e pensieri in modo assertivo, senza timore del giudizio, può migliorare la qualità delle interazioni sociali. La pratica dell'assertività può aiutarla a comunicare in modo chiaro e rispettoso, senza rinunciare alla propria autenticità.
Supporto Terapeutico: continuare il percorso terapeutico può offrirle ulteriori strumenti per gestire l'ansia sociale e migliorare il suo benessere emotivo. Lavorare su specifiche tecniche di gestione dello stress e dell'ansia può essere particolarmente utile nel lungo termine.
Conclusione
È importante riconoscere che il percorso verso il miglioramento del benessere emotivo richiede tempo e pazienza. Affrontare queste sfide con una prospettiva di crescita personale può aiutarla a sviluppare una maggiore sicurezza in sé stesso e a migliorare la qualità delle sue relazioni sociali. Le auguro di trovare la serenità e la chiarezza necessarie per affrontare questa situazione nel modo migliore per lei.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Eleni Karliampa
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno e grazie mille per aver condiviso la sua esperienza con tanta chiarezza. Le sue parole esprimono bene il peso che sta sentendo e permettono di fare alcune riflessioni per dare un senso a ciò che sta vivendo.
Innanzitutto, racconta di un cambiamento significativo intorno ai 20 anni: si ricorda se ci siano stati eventi particolari in quel periodo? A volte situazioni, relazioni o cambiamenti nella nostra vita possono influire profondamente sul modo in cui ci percepiamo e ci relazioniamo con gli altri.
Un altro aspetto interessante è quando dice di voler apparire sempre "al top" agli occhi degli altri. Che cosa significa, per lei, essere al top? Quali caratteristiche sente di dover mostrare per essere accettato? E soprattutto, da chi desidera essere visto così? Riflettere su questi punti può aiutare a capire cosa si nasconde dietro la paura del giudizio e l’ansia nelle interazioni.
Mi ha colpito anche ciò che racconta riguardo al suo "brutto carattere": chi le ha detto questa cosa? E cosa intendevano, secondo lei? Essere “sempre sulla difensiva” può a volte essere una risposta a esperienze passate in cui si è sentito criticato o non accettato per quello che è. Infine, quando parla di un possibile "scarso lessico", mi chiedo: pensa che il problema sia il vocabolario? Se così fosse, come spiega che, quando è rilassato o scrive, riesce a esprimersi senza difficoltà? Questo suggerisce che la questione non riguarda le sue capacità comunicative, ma piuttosto il dialogo interno che si attiva nei momenti di maggiore tensione. È come se la mente, troppo impegnata a monitorare cosa dire o non dire, le impedisse di trovare le parole.
Infine, mi chiedo: ci sono situazioni o persone con cui riesce ad esprimersi con maggiore libertà, senza sentire la paura del giudizio? Questo potrebbe essere un punto di partenza per comprendere meglio quali condizioni le permettono di sentirsi più a suo agio e come ritrovare quella naturalezza che, come ha detto, emerge quando è tranquillo o scrive.
Tutte queste riflessioni non hanno lo scopo "analizzarla" ma possono diventare spunti preziosi per esplorare questi temi e comprendere le origini di queste difficoltà. Spesso dietro queste dinamiche si nascondono bisogni profondi e importanti, come il desiderio di sentirsi accettati o di mostrarsi sempre all’altezza. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a dare voce a queste parti di sé, per ritrovare quella spontaneità e quella fiducia nelle relazioni che sente di aver perso. Le auguro tutto il meglio, un caro saluto.
Dott.ssa Laura Raco
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Buongiorno e grazie per questa condivisione. Sento da parte sua una forte volontà di cambiare, migliorare e essere più sereno nelle relazioni e come queste inibizioni le impediscano di vivere appieno le amicizie e le relazioni di coppia. Ha pensato di iniziare un percorso insieme ad uno psicologo? Sarebbe utile per acquisire maggiore sicurezza e stima di sé, e allo stesso tempo approfondire la sua problematica e capire perché dà così importanza al giudizio e come appare agli occhi degli altri. Quello che lei percepisce come uno scarso lessico o una scarsa capacità comunicativa potrebbe essere dovuto al bisogno di esprimere e lasciare andare delle emozioni che però rimangono lì e che inconsciamente vengono bloccate. Rimango a disposizione. Dr.ssa Laura Raco
Dott.ssa Alessia D'Angelo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Milano
Gentile utente, dal suo racconta lei percepisce come un prima ed un dopo. Un prima dove il suo malessere non era presente o forse era sotto soglia ed un dopo dove le cose cambiano e la sua vita viene condizionata dalla paura del giudizio, secondo lei è accaduto qualcosa che possa aver fatto esacerbare tali pensieri e comportamenti? Come faceva prima? Cosa crede sia mutato nella sua vita?
Prendersi cura di sè e ritagliarsi uno spazio ove riflettere su quanto accaduto nel suo passato e quanto sta accadendo nel presente potrebbe essere importante per lei. Rimango a sua disposizione Dott.ssa Alessia D'Angelo
Gentile utente buonasera.
Come lei stesso sottolinea, in questo momento, riesce ad esprimersi meglio per iscritto e, infatti, quello che ci racconta è perfettamente comprensibile e coerente.
Lei ha identificato un punto esatto del passato in cui pensa di aver cambiato il suo modo di rapportarsi con gli altri e di sentire il peso del giudizio altrui. Da quel momento le cose sembrano essere cambiate drasticamente. Sarebbe interessante approfondire cosa sia successo in quel periodo di vita e come abbia modificato il suo carattere.

Sentirsi valutati e giudicati dagli altri in questo periodo storico, con la presenza ingombrante delle identità digitali, in cui essere è sinonimo di apparire, è un fattore psicologico da non sottovalutare.
Nel suo caso, probabilmente, il suo livello di autostima si è andato via via abbassando, dopo la fase adolescenziale in cui riscontrava maggiori consensi. Ha perso le certezze che venivano dall'esterno e ha cominciato a dubitare di sé stesso, delle sue capacità. Quel circolo vizioso di cui parla, fatto di disagio e imbarazzo, che incrementa la sua sfiducia e la rende nervoso, in modo ulteriore, è una realtà a cui la sua mente la sta costringendo a credere e riprodurre, generando ansia e chiusura.

Scrivendo in questo forum, ha fatto un primo rilevante passo nella giusta direzione, quella di chiedere un supporto a un personale esperto e qualificato. Il passo successivo è rivolgersi a uno psicologo/a e iniziare un percorso personale e mirato a risolvere il suo malessere e migliorare il suo vissuto relazionale.
Il mio consiglio è di valutare un approccio basato sul miglioramento dell'autostima, attraverso la scoperta delle sue potenzialità, sulla gestione delle emozioni, sulla corretta elaborazione dei pensieri, in particolare quelli che sono legati al giudizio esterno.
L'obiettivo sarà quello di avere maggiore consapevolezza di come funziona la sua mente e di come cerca, a volte, di sabotarla generando l'ansia sociale di cui parla. Riuscirà in questo modo a rimpiazzare i pensieri negativi su sé stesso, ritrovando fiducia e ottimismo nelle sue possibilità.

Se lo desidera, posso darle maggiori informazioni su un percorso psicologico di questo tipo, anche tramite consulenza online.
Le auguro il meglio, Dott. Antonio Cortese
Dott.ssa Greta Loiodice
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente, capisco la fatica e il blocco che può provare nelle situazioni sociali. Sembra che ci sia un bisogno di controllo rispetto a sé e agli altri. Sarebbe opportuno riflettere su cosa significhi per lei lo sguardo dell'altro e come la fa sentire in termini emotivi. Un percorso psicologico la potrebbe aiutare ad esplorare questi vissuti in maniera approfondita per trovare una nuova consapevolezza.
Resto a disposizione
Un caro saluto
Dott. Francesco Pellino
Psicologo, Psicologo clinico, Terapeuta
Milano
Buonasera caro utente, ti consiglio di intraprendere un percorso con uno psicologo o uno psicoterapeuta per lavorare su fragilità e punti forti in modo da riconoscerti autentico e non sempre sotto un obiettivo. Coraggio...
Dott. Marco Squarcini
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Gentilissimo, sono molto dispiaciuto per la situazione che descrive. Credo che in questo momento il suo bisogno di apparire in un determinato modo sia diventato centrale nel suo senso di autenticità, non permettendole di essere spontaneo, ma cercando il modo per aderire a una versione di sè desiderabile. Comprendo quanto questo sia doloroso: non riuscire a sentirsi sè stessi, non riuscire a mettere in campo la propria soggettività. Le consiglio vivamente di iniziare un percorso terapeutico che possa restituirgli la sua vitalità ed espandere la sua soggettività, molto spesso abbiamo bisogno di un luogo sicuro in cui poter esser conosciuti da un altro non giudicante per conoscerci con autenticità.
Un caro saluto, Dott. Marco Squarcini
Gentile utente, ognuno di noi esiste perchè in relazione con l'altro, sempre. E' un costante incontro, nel quale noi stessi, poi, ci incontriamo con noi stessi, in modi e con emozioni diversi (soddisfatti, felici, incapaci, impauriti...). Quanto il senso di stabilità di te dipende da quell'incontro è altalenante ma oggi, sicuramente, per te è pregnante. Capire cosa sia avvenuto 6 anni fa nelle tue effettive esperienze di vita tanto da portare un disagio così rilevante sarebbe sicuramente il primo passo, così come il capire perchè l'altro (e poi, quale altro? Tutti, solo alcuni?) ha questo impatto su di te. Secondo me potresti pensare di rivolgerti ad uno psicologo che possa aiutarti a districare questa matassa di domande e a trovare una modalità di vivere "con l'altro", meno faticosa. Qualora volessi io ricevo anche online, puoi prenotare qua un primo colloquio. Cordialmente, Dott.ssa Sara Torregrossa
Dott.ssa Nadine Peritore
Psicologo, Psicologo clinico
Palermo
buonasera, ciò che scrive mi riporta all'immagine delle divinità greche, qualcosa di perfetto a cui ambire ma irraggiungibile. Ha descritto perfettamente il circolo vizioso che la intrappola. Sarebbe utile, per capire come interromperlo, comprendere cosa lo ha causato, in un percorso di terapia questo è possibile.
Dott.ssa Rossella Carrara
Psicologo, Psicologo clinico
Bergamo
Buongiorno, le consiglio un percorso psicologico. Cordiali saluti.
Dott.ssa Martina Scandola
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Quello che racconti descrive molto chiaramente una trasformazione importante che hai vissuto negli ultimi anni e come questa stia influenzando profondamente il tuo modo di relazionarti con gli altri. Fino ai 20 anni eri un ragazzo socievole, brillante e spontaneo, e sembra che con il passare del tempo tu abbia cominciato a sentirti sempre più chiuso e timido. Associ questo cambiamento al desiderio di apparire sempre “al top” agli occhi degli altri e al peso eccessivo che dai al giudizio altrui. Non è raro che chi tende a preoccuparsi molto di come viene percepito finisca per entrare in un circolo vizioso: pensieri costanti su ciò che gli altri pensano di noi portano a disagio, ansia, blocchi comunicativi e persino a comportamenti come l’arrossire o il rimanere in silenzio per paura di sbagliare o ferire qualcuno.

Questa situazione può diventare estenuante, perché da una parte desideri interagire e sentirti accettato, dall’altra l’ansia e la paura del giudizio ti bloccano, facendoti percepire le conversazioni come un terreno minato. È comprensibile che tu ti senta in difficoltà anche con la famiglia, sebbene in misura minore, e che non riesca sempre a capire le origini di questo blocco: può essere legato alla tua percezione del lessico, ma anche al sovraccarico di preoccupazioni su come ti presenti agli altri. Interessante notare come, quando sei tranquillo o quando scrivi, la comunicazione torni fluida: questo indica che il problema non è la mancanza di capacità, ma l’ansia e il giudizio interno che entrano in gioco durante le interazioni dirette.

Riconoscere questi schemi è già un passo fondamentale, perché ti permette di capire dove intervenire: lavorare sull’autostima, sulla gestione dell’ansia sociale e sulla riduzione del peso del giudizio altrui può aiutarti a ritrovare la spontaneità e la fiducia che avevi un tempo. L’obiettivo non è eliminare ogni timidezza, ma riuscire a essere presente nelle interazioni senza sentirsi paralizzato.

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