Salve , volevo esporre i miei pensieri e paure. Da divento tempo ho tanta paura del contagio, ho p
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Salve , volevo esporre i miei pensieri e paure.
Da divento tempo ho tanta paura del contagio, ho paura a casa di prendere qualche malattia.... tipo asessuale o HPV. Quest'ultima è scoccata da quando diverso tempo fa ho letto che si può prendere anche non sessuale tipo piscina , palestra .
Ho paura ha viaggiare o ad andare in un bagno pubblico..
Ho il timore anche con i miei genitori o fratelli , abbraccio di meno e sono molto distante .
Abbiamo sempre degli scontri , cambio umore facilmente e anche volermene.
Io vorrei iniziare un persocorso di terapia ma ho tanta paura e timore, promo vergogna.... non mi sento affatto pronta.
Vorrei dei piccoli consigli per affrontare questa cosa.
Nel frattempo penso alla questione di iniziare un percorso per migliorarmi .
Da divento tempo ho tanta paura del contagio, ho paura a casa di prendere qualche malattia.... tipo asessuale o HPV. Quest'ultima è scoccata da quando diverso tempo fa ho letto che si può prendere anche non sessuale tipo piscina , palestra .
Ho paura ha viaggiare o ad andare in un bagno pubblico..
Ho il timore anche con i miei genitori o fratelli , abbraccio di meno e sono molto distante .
Abbiamo sempre degli scontri , cambio umore facilmente e anche volermene.
Io vorrei iniziare un persocorso di terapia ma ho tanta paura e timore, promo vergogna.... non mi sento affatto pronta.
Vorrei dei piccoli consigli per affrontare questa cosa.
Nel frattempo penso alla questione di iniziare un percorso per migliorarmi .
Buongiorno, quella che lei descrive è una situazione di difficoltà che comprendo possa crearle dei disagi anche nella sua quotidianità. Talvolta certi disagi arrivano e colgono di sorpresa, mancano di un motivo logico e preciso ed è proprio per questo che mettono paura. Il consiglio, oltre sicuramente alla ricerca di un aiuto solido e professionale, è quello di lavorare piano piano su questi pensieri, magari scrivendoli e cercando di creare una sorta di diario dove racconta quando arrivano. Scriva quanto disagio sente quando li sente arrivare e ascolti le sensazioni del suo corpo. Un ultimo consiglio: non si giudichi, mai!
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buonasera,
tutti i sintomi che lei esplicita sono legati ad un disturbo di tipo ansioso.
Le consiglio una terapia cognitivo comportamentale che possa aiutarla insegnandole ad utilizzare delle tecniche che mitighino i sintomi per poi risalire alla causa del disturbo.
Cordialmente
Dott.ssa Laura Bova
tutti i sintomi che lei esplicita sono legati ad un disturbo di tipo ansioso.
Le consiglio una terapia cognitivo comportamentale che possa aiutarla insegnandole ad utilizzare delle tecniche che mitighino i sintomi per poi risalire alla causa del disturbo.
Cordialmente
Dott.ssa Laura Bova
Buonasera.
Provare vergogna per aspetti di sé è esperienza molto comune, anche di fronte a psicologi, ma è possibile incontrare psicologi che mettono a proprio agio e consentono di tollerare a sufficienza questa vergogna. Peraltro la vergogna può essere una esperienza utile nel percorso psicologico, e questo è senza dubbio un aspetto da approfondire.
Rispetto alla paura del contagio, declinata nei vari aspetti di cui lei ci scrive, naturalmente bisogna approfondire per capire meglio. Ma una cosa penso che sia molto importante: purtroppo abbiamo vissuto tutti quanti l'esperienza del covid, anni in cui il tema del contagio era all'ordine del giorno e in fasi diverse anche con una potenza particolarmente destabilizzante. Io sono profondamente convinto che quella esperienza abbia segnato tutti e lasciato una pesante eredità che dobbiamo affrontare.
Venga a parlarne.
Provare vergogna per aspetti di sé è esperienza molto comune, anche di fronte a psicologi, ma è possibile incontrare psicologi che mettono a proprio agio e consentono di tollerare a sufficienza questa vergogna. Peraltro la vergogna può essere una esperienza utile nel percorso psicologico, e questo è senza dubbio un aspetto da approfondire.
Rispetto alla paura del contagio, declinata nei vari aspetti di cui lei ci scrive, naturalmente bisogna approfondire per capire meglio. Ma una cosa penso che sia molto importante: purtroppo abbiamo vissuto tutti quanti l'esperienza del covid, anni in cui il tema del contagio era all'ordine del giorno e in fasi diverse anche con una potenza particolarmente destabilizzante. Io sono profondamente convinto che quella esperienza abbia segnato tutti e lasciato una pesante eredità che dobbiamo affrontare.
Venga a parlarne.
Salve,
si sente quanto queste paure la stiano limitando e quanto stiano invadendo la sua quotidianità, fino a toccare i rapporti più importanti, come quelli con la sua famiglia. Vivere con il timore costante del contagio è estenuante, e il fatto che lei si senta distante, irritabile e in conflitto è una conseguenza comprensibile di questa tensione continua.
Quello che descrive è molto comune nelle persone che sviluppano una forte ansia legata alla salute e al contagio. La mente, nel tentativo di proteggerla, amplia il pericolo e finisce per vedere rischi ovunque: nei luoghi pubblici, nei viaggi, perfino negli abbracci. Questo non significa che lei sia “debole” o che stia perdendo il controllo, ma che l’ansia sta prendendo troppo spazio.
È importante sottolineare un punto: evitare, allontanarsi e controllare continuamente dà sollievo solo sul momento, ma nel tempo rinforza la paura. Per questo, anche se ora l’idea di iniziare una terapia la spaventa e le provoca vergogna, il fatto stesso che ci stia pensando è un segnale molto positivo. Non serve sentirsi pronti al 100% per iniziare: spesso si comincia proprio sentendosi insicuri.
Un piccolo passo concreto, senza forzarsi, potrebbe essere questo:
iniziare a osservare le sue paure senza cercare subito di eliminarle. Ad esempio notare quando compaiono, cosa le fa aumentare e cosa le fa calmare, senza giudicarsi. Anche ridurre gradualmente alcune evitazioni minime, quando se la sente, può essere già un primo movimento.
La terapia non è un esame né una confessione: è uno spazio protetto, dove può portare anche la paura di iniziare, la vergogna e i dubbi. Non deve “migliorare” prima di andarci, ma andarci proprio perché ora sta faticando.
Non è sola in questo. Queste difficoltà sono affrontabili, passo dopo passo, con rispetto dei suoi tempi. Il desiderio di stare meglio che emerge dalle sue parole è già un punto di partenza importante.
Un cordiale saluto.
si sente quanto queste paure la stiano limitando e quanto stiano invadendo la sua quotidianità, fino a toccare i rapporti più importanti, come quelli con la sua famiglia. Vivere con il timore costante del contagio è estenuante, e il fatto che lei si senta distante, irritabile e in conflitto è una conseguenza comprensibile di questa tensione continua.
Quello che descrive è molto comune nelle persone che sviluppano una forte ansia legata alla salute e al contagio. La mente, nel tentativo di proteggerla, amplia il pericolo e finisce per vedere rischi ovunque: nei luoghi pubblici, nei viaggi, perfino negli abbracci. Questo non significa che lei sia “debole” o che stia perdendo il controllo, ma che l’ansia sta prendendo troppo spazio.
È importante sottolineare un punto: evitare, allontanarsi e controllare continuamente dà sollievo solo sul momento, ma nel tempo rinforza la paura. Per questo, anche se ora l’idea di iniziare una terapia la spaventa e le provoca vergogna, il fatto stesso che ci stia pensando è un segnale molto positivo. Non serve sentirsi pronti al 100% per iniziare: spesso si comincia proprio sentendosi insicuri.
Un piccolo passo concreto, senza forzarsi, potrebbe essere questo:
iniziare a osservare le sue paure senza cercare subito di eliminarle. Ad esempio notare quando compaiono, cosa le fa aumentare e cosa le fa calmare, senza giudicarsi. Anche ridurre gradualmente alcune evitazioni minime, quando se la sente, può essere già un primo movimento.
La terapia non è un esame né una confessione: è uno spazio protetto, dove può portare anche la paura di iniziare, la vergogna e i dubbi. Non deve “migliorare” prima di andarci, ma andarci proprio perché ora sta faticando.
Non è sola in questo. Queste difficoltà sono affrontabili, passo dopo passo, con rispetto dei suoi tempi. Il desiderio di stare meglio che emerge dalle sue parole è già un punto di partenza importante.
Un cordiale saluto.
Salve, grazie per aver condiviso con tanta sincerità i suoi pensieri e le sue paure.
Da ciò che descrive emerge una forte ansia legata al timore del contagio, che nel tempo si è estesa a molti ambiti della vita quotidiana (casa, viaggi, luoghi pubblici, relazioni familiari). Questo tipo di paura può diventare molto limitante e portare, come sta accadendo a lei, a evitamento, distacco emotivo, irritabilità e conflitti, oltre a un grande senso di stanchezza interiore.
Rispetto alle sue preoccupazioni specifiche, è importante chiarire che HPV e altre infezioni sessualmente trasmesse si trasmettono prevalentemente attraverso contatti sessuali diretti. La possibilità di contagio tramite ambienti come piscine, palestre o bagni pubblici è estremamente rara e non supportata da evidenze scientifiche. Tuttavia, quando l’ansia prende il sopravvento, anche informazioni corrette possono non bastare a calmare la paura, perché il problema non è più il rischio reale, ma il meccanismo ansioso che continua ad alimentarsi.
Il fatto che lei provi vergogna, timore e senso di non essere pronta per una terapia è molto comune e comprensibile. Iniziare un percorso non significa “essere sbagliati”, ma prendersi cura di una sofferenza che sta chiedendo attenzione.
Nel frattempo, alcuni piccoli consigli possono aiutarla:
riconosca che le sue paure sono espressione dell’ansia, non di un reale pericolo;
eviti di cercare continuamente rassicurazioni o informazioni online, perché spesso aumentano l’ansia;
provi a non assecondare completamente l’evitamento, iniziando da piccole esposizioni graduali e sostenibili;
si conceda comprensione: ciò che sta vivendo non è una colpa né una debolezza.
Un percorso psicologico, svolto con gradualità e rispetto dei suoi tempi, può aiutarla a ridurre le paure, recuperare serenità e migliorare le relazioni, lavorando sia sui pensieri sia sulle emozioni che li accompagnano. Per questo motivo, è consigliabile approfondire la situazione con uno specialista, che possa accompagnarla in modo sicuro e personalizzato.
Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Da ciò che descrive emerge una forte ansia legata al timore del contagio, che nel tempo si è estesa a molti ambiti della vita quotidiana (casa, viaggi, luoghi pubblici, relazioni familiari). Questo tipo di paura può diventare molto limitante e portare, come sta accadendo a lei, a evitamento, distacco emotivo, irritabilità e conflitti, oltre a un grande senso di stanchezza interiore.
Rispetto alle sue preoccupazioni specifiche, è importante chiarire che HPV e altre infezioni sessualmente trasmesse si trasmettono prevalentemente attraverso contatti sessuali diretti. La possibilità di contagio tramite ambienti come piscine, palestre o bagni pubblici è estremamente rara e non supportata da evidenze scientifiche. Tuttavia, quando l’ansia prende il sopravvento, anche informazioni corrette possono non bastare a calmare la paura, perché il problema non è più il rischio reale, ma il meccanismo ansioso che continua ad alimentarsi.
Il fatto che lei provi vergogna, timore e senso di non essere pronta per una terapia è molto comune e comprensibile. Iniziare un percorso non significa “essere sbagliati”, ma prendersi cura di una sofferenza che sta chiedendo attenzione.
Nel frattempo, alcuni piccoli consigli possono aiutarla:
riconosca che le sue paure sono espressione dell’ansia, non di un reale pericolo;
eviti di cercare continuamente rassicurazioni o informazioni online, perché spesso aumentano l’ansia;
provi a non assecondare completamente l’evitamento, iniziando da piccole esposizioni graduali e sostenibili;
si conceda comprensione: ciò che sta vivendo non è una colpa né una debolezza.
Un percorso psicologico, svolto con gradualità e rispetto dei suoi tempi, può aiutarla a ridurre le paure, recuperare serenità e migliorare le relazioni, lavorando sia sui pensieri sia sulle emozioni che li accompagnano. Per questo motivo, è consigliabile approfondire la situazione con uno specialista, che possa accompagnarla in modo sicuro e personalizzato.
Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Gentile utente,
da ciò che descrive emerge una paura del contagio che, nel tempo, si è ampliata fino a condizionare diversi aspetti della sua vita quotidiana e relazionale. Non si tratta di una fragilità personale, ma di una forma di ansia che ha trovato nel tema della salute e della contaminazione il suo punto di aggancio. Informazioni lette o sentite, come quelle sull’HPV, possono aver attivato pensieri catastrofici che la mente continua a mantenere, anche quando il rischio reale è minimo o assente.
Il progressivo evitamento di viaggi, luoghi pubblici e persino del contatto con i familiari è comprensibile se visto come un tentativo di protezione, ma alla lunga tende ad aumentare la tensione interna, l’irritabilità e il senso di distanza emotiva dagli altri. Questo spesso genera conflitti e sbalzi d’umore, che non indicano mancanza di affetto, bensì una sofferenza non ancora elaborata.
Nel quotidiano può essere utile provare a ridurre l’esposizione a ricerche online su malattie e contagi, osservare la paura quando si presenta senza darle immediatamente seguito e mantenere piccoli gesti di normalità, in modo graduale e senza forzature. L’obiettivo non è eliminare subito la paura, ma iniziare a non farle guidare ogni scelta.
Il timore di iniziare un percorso terapeutico, così come la vergogna e la sensazione di “non essere pronti”, sono molto frequenti in situazioni come la sua. La terapia non richiede di sentirsi pronti né di sapere già cosa dire: può iniziare proprio da questi dubbi e da questa esitazione. Il fatto che lei stia già riflettendo sulla possibilità di un percorso indica che una parte di lei sta cercando un cambiamento.
Rivolgersi a un professionista potrebbe aiutarla a comprendere l’origine di queste paure e a ridare spazio a una vita più serena e relazioni più vicine, con tempi e modalità rispettosi di ciò che sente ora.
da ciò che descrive emerge una paura del contagio che, nel tempo, si è ampliata fino a condizionare diversi aspetti della sua vita quotidiana e relazionale. Non si tratta di una fragilità personale, ma di una forma di ansia che ha trovato nel tema della salute e della contaminazione il suo punto di aggancio. Informazioni lette o sentite, come quelle sull’HPV, possono aver attivato pensieri catastrofici che la mente continua a mantenere, anche quando il rischio reale è minimo o assente.
Il progressivo evitamento di viaggi, luoghi pubblici e persino del contatto con i familiari è comprensibile se visto come un tentativo di protezione, ma alla lunga tende ad aumentare la tensione interna, l’irritabilità e il senso di distanza emotiva dagli altri. Questo spesso genera conflitti e sbalzi d’umore, che non indicano mancanza di affetto, bensì una sofferenza non ancora elaborata.
Nel quotidiano può essere utile provare a ridurre l’esposizione a ricerche online su malattie e contagi, osservare la paura quando si presenta senza darle immediatamente seguito e mantenere piccoli gesti di normalità, in modo graduale e senza forzature. L’obiettivo non è eliminare subito la paura, ma iniziare a non farle guidare ogni scelta.
Il timore di iniziare un percorso terapeutico, così come la vergogna e la sensazione di “non essere pronti”, sono molto frequenti in situazioni come la sua. La terapia non richiede di sentirsi pronti né di sapere già cosa dire: può iniziare proprio da questi dubbi e da questa esitazione. Il fatto che lei stia già riflettendo sulla possibilità di un percorso indica che una parte di lei sta cercando un cambiamento.
Rivolgersi a un professionista potrebbe aiutarla a comprendere l’origine di queste paure e a ridare spazio a una vita più serena e relazioni più vicine, con tempi e modalità rispettosi di ciò che sente ora.
Gentile utente, grazie per aver condiviso la situazione.
La paura del contagio può diventare molto invasiva, soprattutto quando si leggono informazioni frammentarie o allarmistiche. Il problema, però, non è tanto la possibilità reale di ammalarsi ma quanto spazio queste paure stanno prendendo nella tua vita. Quando l’ansia è alta, il cervello entra in “modalità pericolo” e sovrastima enormemente i rischi. In realtà il nostro sistema immunitario è molto più resistente di quanto immagini e il contagio casuale (come lo temi tu) è estremamente improbabile. L’ansia tende a trasformare una possibilità remota in una certezza imminente. Il problema non sei tu, è l’ansia che ti racconta storie spaventose.
Nel testo scrivi: “Vorrei iniziare un percorso di terapia ma ho tanta paura, vergogna… non mi sento pronta”. Sappi che non devi essere “pronta” per iniziare e che la vergogna è una delle emozioni più frequenti all’inizio. Il terapeuta non giudica, non forza, non smaschera. Puoi iniziare molto lentamente, anche solo raccontando ciò che ti senti di dire. Sappi che in terapia non perdi il controllo, lo recuperi.
Piccoli consigli pratici (senza forzarti):
1. Dai un nome a ciò che vivi. Quando arriva la paura, prova a dirti: “Questo è un pensiero ansioso, non un pericolo reale”. Non serve crederci al 100%. Basta creare una piccola distanza.
2. Riduci le rassicurazioni. Cercare continuamente informazioni o controllare peggiora l’ansia. Se puoi, prova a rimandare (anche solo di 10 minuti).
3. Mantieni almeno un contatto affettivo. Un abbraccio, anche breve. Non serve fare tutto subito. L’ansia si riduce attraverso l’esperienza, non evitando.
4. Scrivi le paure. Metterle su carta spesso le rende meno potenti che nella testa.
5. La terapia come spazio sicuro, non come esame. Puoi anche iniziare dicendo al terapeuta: “Ho paura di essere qui e mi vergogno”. È già terapia.
Spero di esserti stato d'aiuto. Resto a disposizione. Un caro saluto e un augurio di buone feste.
Dott. Stefano Recchia
La paura del contagio può diventare molto invasiva, soprattutto quando si leggono informazioni frammentarie o allarmistiche. Il problema, però, non è tanto la possibilità reale di ammalarsi ma quanto spazio queste paure stanno prendendo nella tua vita. Quando l’ansia è alta, il cervello entra in “modalità pericolo” e sovrastima enormemente i rischi. In realtà il nostro sistema immunitario è molto più resistente di quanto immagini e il contagio casuale (come lo temi tu) è estremamente improbabile. L’ansia tende a trasformare una possibilità remota in una certezza imminente. Il problema non sei tu, è l’ansia che ti racconta storie spaventose.
Nel testo scrivi: “Vorrei iniziare un percorso di terapia ma ho tanta paura, vergogna… non mi sento pronta”. Sappi che non devi essere “pronta” per iniziare e che la vergogna è una delle emozioni più frequenti all’inizio. Il terapeuta non giudica, non forza, non smaschera. Puoi iniziare molto lentamente, anche solo raccontando ciò che ti senti di dire. Sappi che in terapia non perdi il controllo, lo recuperi.
Piccoli consigli pratici (senza forzarti):
1. Dai un nome a ciò che vivi. Quando arriva la paura, prova a dirti: “Questo è un pensiero ansioso, non un pericolo reale”. Non serve crederci al 100%. Basta creare una piccola distanza.
2. Riduci le rassicurazioni. Cercare continuamente informazioni o controllare peggiora l’ansia. Se puoi, prova a rimandare (anche solo di 10 minuti).
3. Mantieni almeno un contatto affettivo. Un abbraccio, anche breve. Non serve fare tutto subito. L’ansia si riduce attraverso l’esperienza, non evitando.
4. Scrivi le paure. Metterle su carta spesso le rende meno potenti che nella testa.
5. La terapia come spazio sicuro, non come esame. Puoi anche iniziare dicendo al terapeuta: “Ho paura di essere qui e mi vergogno”. È già terapia.
Spero di esserti stato d'aiuto. Resto a disposizione. Un caro saluto e un augurio di buone feste.
Dott. Stefano Recchia
Salve, è legittimo avere paura e averne consapevolezza è un buon primo passo! Comprendo anche il timore e l'imbarazzo nell'intraprendere un percorso, non tutti ci sentiamo pronti nello stesso momento di vita; è importante sottolineare, allo stesso tempo, che nella "stanza di terapia" troverà un luogo sicuro, protetto e senza alcun giudizio. Più che un consiglio, la inviterei a vedere che sta già riconoscendo cosa succede nella sua vita e che, per quanto comprensibili e sensate le sue paure, potrebbe perdersi tante belle occasioni e opportunità! In terapia potrà trovare senz'altro ascolto, strategie e nuovi modi per proteggersi e vivere serenamente!
Un caro saluto
Un caro saluto
Buonasera, i pensieri in effetti possono diventare molto invasivi quando si associano a sensazioni molto forti di paura per es. e trasformarsi in ossessioni. Molto probabilmente un percorso di terapia la può aiutare ad affronatre queste sensazioni. E' indispensabile che lei trovi una o un terapeuta che la faccia sentire il più possibile al sicuro. Se ritiene posso essere disponibile ad un colloquio di conoscenza anche online. Saluti Dario Martelli
Gentilissima, dalle sue parole emerge in modo molto chiaro quanto l’ansia e la paura del contagio stiano incidendo profondamente sulla sua quotidianità e sulle sue relazioni. È comprensibile che vivere con pensieri costanti di questo tipo possa essere estremamente faticoso e fonte di sofferenza.
Al di là delle informazioni mediche ,sulle quali è sempre utile confrontarsi con fonti affidabili, ciò che merita particolare attenzione è l’impatto emotivo che queste paure hanno sulla sua vita: il timore legato al contatto fisico, come un abbraccio, la distanza emotiva dai familiari, i frequenti scontri e i cambiamenti di umore. Tutti questi elementi sembrano intrecciarsi tra loro e rappresentano segnali importanti, che indicano la necessità di uno spazio adeguato per poter essere compresi ed elaborati.
Comprendo bene anche la paura, il timore e la vergogna che descrive all’idea di iniziare un percorso terapeutico, così come la sensazione di “non sentirsi pronta”. Sono vissuti molto comuni. Proprio per questo è importante sapere che un professionista ben formato saprà accoglierla con rispetto, gradualità e senza giudizio, offrendole un luogo sicuro in cui potersi sentire ascoltata e compresa. La terapia non richiede necessariamente di essere pienamente pronti, a volte proprio queste sono resistenze che ci “difendono” dall’ignoto o dal dover affrontare un cambiamento interno. Con il tempo e con i suoi ritmi, un professionista potrà aiutarla a dare senso alle sue paure e a vivere con maggiore serenità sia i timori legati al contagio sia le difficoltà relazionali con i suoi familiari.
Per quanto riguarda i consigli pratici che richiede, ritengo importante fare una precisazione preliminare. Alcune strategie possono offrire un sollievo nel breve periodo, ma in alcune persone e in alcuni momenti possono anche risultare poco efficaci o, se utilizzate in modo rigido o eccessivo, contribuire a mantenere stati emotivi ansiosi. Per questo motivo è fondamentale considerarle come suggerimenti orientativi, da utilizzare con cautela e ascoltando le proprie reazioni, non come soluzioni da applicare in modo automatico o forzato.
Una prima possibilità è il journaling, ovvero la scrittura di alcuni dei propri pensieri e vissuti. Può provare a dedicare pochi minuti a scrivere ciò che la spaventa, quali situazioni attivano maggiormente l’ansia e come reagisce emotivamente e fisicamente. È importante però che questa pratica non diventi una forma di rimuginio o di controllo continuo dei propri stati interni: se nota che la scrittura aumenta l’ansia o la porta a focalizzarsi eccessivamente sulle paure, è preferibile sospenderla.
Un altro aspetto importante è condividere il proprio vissuto con persone di fiducia, che possano offrirle ascolto e comprensione, anche senza fornire soluzioni. Questo può ridurre il senso di isolamento e favorire una maggiore vicinanza emotiva.
Può inoltre essere utile limitare l’esposizione a informazioni allarmanti, soprattutto se derivanti da ricerche frequenti sul web. La ricerca costante di risposte e conferme, seppur comprensibile, tende spesso ad alimentare le paure. Darsi dei confini chiari e consapevoli può aiutare a contenere questo meccanismo.
Infine, mantenere alcune routine quotidiane prevedibili può offrire una sensazione di continuità e stabilità nei periodi di maggiore difficoltà, aiutando a non lasciare che l’ansia occupi ogni spazio della giornata.
Ci tengo però a sottolineare nuovamente che queste pratiche non si configurano come una soluzione o una cura e che, in alcuni casi, possono non essere sufficienti o potrebbero addirittura alimentare alcuni degli stati emotivi negativi che descrive se non inserite in un contesto di comprensione più profonda. Proprio per questo, la soluzione più efficace e duratura rimane quella di un percorso con uno psicologo.
Al di là delle informazioni mediche ,sulle quali è sempre utile confrontarsi con fonti affidabili, ciò che merita particolare attenzione è l’impatto emotivo che queste paure hanno sulla sua vita: il timore legato al contatto fisico, come un abbraccio, la distanza emotiva dai familiari, i frequenti scontri e i cambiamenti di umore. Tutti questi elementi sembrano intrecciarsi tra loro e rappresentano segnali importanti, che indicano la necessità di uno spazio adeguato per poter essere compresi ed elaborati.
Comprendo bene anche la paura, il timore e la vergogna che descrive all’idea di iniziare un percorso terapeutico, così come la sensazione di “non sentirsi pronta”. Sono vissuti molto comuni. Proprio per questo è importante sapere che un professionista ben formato saprà accoglierla con rispetto, gradualità e senza giudizio, offrendole un luogo sicuro in cui potersi sentire ascoltata e compresa. La terapia non richiede necessariamente di essere pienamente pronti, a volte proprio queste sono resistenze che ci “difendono” dall’ignoto o dal dover affrontare un cambiamento interno. Con il tempo e con i suoi ritmi, un professionista potrà aiutarla a dare senso alle sue paure e a vivere con maggiore serenità sia i timori legati al contagio sia le difficoltà relazionali con i suoi familiari.
Per quanto riguarda i consigli pratici che richiede, ritengo importante fare una precisazione preliminare. Alcune strategie possono offrire un sollievo nel breve periodo, ma in alcune persone e in alcuni momenti possono anche risultare poco efficaci o, se utilizzate in modo rigido o eccessivo, contribuire a mantenere stati emotivi ansiosi. Per questo motivo è fondamentale considerarle come suggerimenti orientativi, da utilizzare con cautela e ascoltando le proprie reazioni, non come soluzioni da applicare in modo automatico o forzato.
Una prima possibilità è il journaling, ovvero la scrittura di alcuni dei propri pensieri e vissuti. Può provare a dedicare pochi minuti a scrivere ciò che la spaventa, quali situazioni attivano maggiormente l’ansia e come reagisce emotivamente e fisicamente. È importante però che questa pratica non diventi una forma di rimuginio o di controllo continuo dei propri stati interni: se nota che la scrittura aumenta l’ansia o la porta a focalizzarsi eccessivamente sulle paure, è preferibile sospenderla.
Un altro aspetto importante è condividere il proprio vissuto con persone di fiducia, che possano offrirle ascolto e comprensione, anche senza fornire soluzioni. Questo può ridurre il senso di isolamento e favorire una maggiore vicinanza emotiva.
Può inoltre essere utile limitare l’esposizione a informazioni allarmanti, soprattutto se derivanti da ricerche frequenti sul web. La ricerca costante di risposte e conferme, seppur comprensibile, tende spesso ad alimentare le paure. Darsi dei confini chiari e consapevoli può aiutare a contenere questo meccanismo.
Infine, mantenere alcune routine quotidiane prevedibili può offrire una sensazione di continuità e stabilità nei periodi di maggiore difficoltà, aiutando a non lasciare che l’ansia occupi ogni spazio della giornata.
Ci tengo però a sottolineare nuovamente che queste pratiche non si configurano come una soluzione o una cura e che, in alcuni casi, possono non essere sufficienti o potrebbero addirittura alimentare alcuni degli stati emotivi negativi che descrive se non inserite in un contesto di comprensione più profonda. Proprio per questo, la soluzione più efficace e duratura rimane quella di un percorso con uno psicologo.
Buonasera,
Ciò che rende funzionale la terapia è la raccolta di informazioni e la declinazione di un intervento fatto su misura, oltre al rapporto di fiducia che si crea. È comprensibile avere timore, ma la stanza di terapia è un luogo in cui i giudizi decadono e il focus è sul benessere della persona.
Le auguro di poter iniziare presto.
Buona serata,
Ambra
Ciò che rende funzionale la terapia è la raccolta di informazioni e la declinazione di un intervento fatto su misura, oltre al rapporto di fiducia che si crea. È comprensibile avere timore, ma la stanza di terapia è un luogo in cui i giudizi decadono e il focus è sul benessere della persona.
Le auguro di poter iniziare presto.
Buona serata,
Ambra
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