Salve, sono una ragazza di 19 anni, da circa 3 anni non riesco più a mangiare fuori casa e quando ci
24
risposte
Salve, sono una ragazza di 19 anni, da circa 3 anni non riesco più a mangiare fuori casa e quando ci provo mi viene ansia e vomito, prima di tutto ciò andavo da qualunque parte a mangiare. Ho capito da questo che somatizzo l'ansia nello stomaco. Tutto è iniziato quando 3 anni fa andai a mangiare a casa da miei conoscenti per un compleanno, avevo mangiato abbastanza e mi sentivo piena, solo che mi hanno incitata a mangiare un altro pezzo di pizza e poi la torta dopo che ho finito, mi è venuto un forte senso di nausea e sono andata in bagno a vomitare, tornata a casa pensai fosse stato perché ero troppo piena. Qualche mese dopo andai sempre a casa di questi conoscenti per una festa di laurea, mi sentivo bene, mangiai la torta che era lo stesso tipo della volta precente e vomitai di nuovo, tornata a casa pensai fosse per la torta e magari ero intollerante a qualcosa, stremata dissi che non avrei voluto più magiare fuori, così fu. Solo che da quel momento in poi mi prese l'ansia anche per andare al mare e mi provocò anche il vomito, insomma l'ansia c'era anche se dovevo andare da qualche parte. Ad oggi l'ansia di andare in giro è passata più o meno. Il fatto è che mi sono fidanzata da quasi due anni e ora dovrei andare a mangiare a casa dei suoi, solo che ho paura di vomitare e fare qualche pessima figura, anche se vorrei molto mangiare con loro. Anche solo andando a mangiare fuori con il mio ragazzo mi viene l'ansia, quando invece siamo in compagnia con i suoi amici, mangio tranquillamente, ma prima di andare ovvero nel viaggio in macchina mi viene sempre da vomitare per la troppa ansia di mangiare fuori, che poi passa una volta in compagnia. Ho proprio paura di sentirmi male in giro e di vomitare.. cosa potrei fare? Andare da uno psicologo ci ho pensato ma ora come ora non posso e vorrei almeno qualche consiglio per affrontare un po di più la cosa. Vi ringrazio
Gentile,
grazie per aver condiviso la sua esperienza con così tanta chiarezza e sincerità. Ciò che descrive è un esempio molto comprensibile di come l’ansia possa influire sul corpo, manifestandosi attraverso sintomi gastrointestinali come nausea e vomito. Questo tipo di somatizzazione è tutt’altro che raro e, come nel suo caso, può iniziare da un evento vissuto con disagio e poi consolidarsi nel tempo, fino a diventare un vero e proprio meccanismo appreso e anticipatorio.
È importante che sappia non è “strana” né “sbagliata”: ciò che prova ha una spiegazione ed è possibile affrontarlo e superarlo. Il fatto che in compagnia di più persone o in contesti meno “intimi” (come quando è con amici) riesca a rilassarsi un po’ di più ci dice che l’ansia è legata in modo specifico al timore del giudizio e all’anticipazione di un possibile malessere. Si crea così un circolo vizioso: teme di star male → si concentra su questo → aumenta l’ansia → lo stomaco si chiude → la nausea compare → conferma la paura.
In attesa di poter iniziare un percorso psicologico — che sarebbe davvero indicato per sciogliere questi meccanismi e lavorare sulla causa profonda — ecco alcuni primi suggerimenti pratici che può provare a mettere in atto:
1. Preparazione mentale graduale
Prima di situazioni potenzialmente ansiogene (come il pranzo dai genitori del suo ragazzo), si alleni a visualizzare il momento come qualcosa di normale e positivo. Lo faccia a occhi chiusi, respirando profondamente e immaginando se stessa seduta a tavola, tranquilla, sorridente. Non deve forzarsi a “riuscirci”, solo osservare questa immagine per allenare la mente a creare un’esperienza alternativa.
2. Respirazione profonda e tecniche di rilassamento
Prima e durante il pasto o il tragitto, pratichi respirazioni diaframmatiche lente (inspiri dal naso per 4 secondi, trattenga per 2, espiri lentamente dalla bocca per 6). Lo stomaco è direttamente collegato al sistema nervoso: se si calma il respiro, si calma anche il tratto gastrointestinale.
3. Riscrivere il pensiero automatico
Quando si accorge che sta pensando “E se vomito?”, provi a sostituire quel pensiero con uno più realistico:
“So che questa è ansia, non una previsione reale. È già successo che sono riuscita a gestirla. Posso star bene anche questa volta.”
4. Esposizione graduale
Eviti di affrontare subito la situazione più difficile. Se può, provi a mangiare piccole cose fuori casa in contesti sicuri, con persone di fiducia e con pasti leggeri, fino ad abituarsi nuovamente all’idea del cibo fuori casa.
5. Condivisione con il suo partner
Se sente di potersi fidare, lo coinvolga. Dirgli cosa prova potrebbe alleggerire la pressione del “dover riuscire a tutti i costi” e, al contrario, creare un clima di comprensione che le permetta di affrontare la situazione con più calma.
E soprattutto: non si giudichi.
Il suo corpo e la sua mente stanno semplicemente cercando di proteggerla da qualcosa che percepiscono come minaccioso, anche se non lo è realmente. Il suo malessere ha una radice, e può essere affrontato con gli strumenti giusti.
Quando si sentirà pronta, anche un percorso breve di psicoterapia può fare una grande differenza. Se il problema persiste o peggiora, non esiti a chiedere aiuto: chiedere è già un atto di cura verso sé stessi.
Con stima e disponibilità,
Dott. Valerio Ancis – Psicologo Psicoterapeuta]
grazie per aver condiviso la sua esperienza con così tanta chiarezza e sincerità. Ciò che descrive è un esempio molto comprensibile di come l’ansia possa influire sul corpo, manifestandosi attraverso sintomi gastrointestinali come nausea e vomito. Questo tipo di somatizzazione è tutt’altro che raro e, come nel suo caso, può iniziare da un evento vissuto con disagio e poi consolidarsi nel tempo, fino a diventare un vero e proprio meccanismo appreso e anticipatorio.
È importante che sappia non è “strana” né “sbagliata”: ciò che prova ha una spiegazione ed è possibile affrontarlo e superarlo. Il fatto che in compagnia di più persone o in contesti meno “intimi” (come quando è con amici) riesca a rilassarsi un po’ di più ci dice che l’ansia è legata in modo specifico al timore del giudizio e all’anticipazione di un possibile malessere. Si crea così un circolo vizioso: teme di star male → si concentra su questo → aumenta l’ansia → lo stomaco si chiude → la nausea compare → conferma la paura.
In attesa di poter iniziare un percorso psicologico — che sarebbe davvero indicato per sciogliere questi meccanismi e lavorare sulla causa profonda — ecco alcuni primi suggerimenti pratici che può provare a mettere in atto:
1. Preparazione mentale graduale
Prima di situazioni potenzialmente ansiogene (come il pranzo dai genitori del suo ragazzo), si alleni a visualizzare il momento come qualcosa di normale e positivo. Lo faccia a occhi chiusi, respirando profondamente e immaginando se stessa seduta a tavola, tranquilla, sorridente. Non deve forzarsi a “riuscirci”, solo osservare questa immagine per allenare la mente a creare un’esperienza alternativa.
2. Respirazione profonda e tecniche di rilassamento
Prima e durante il pasto o il tragitto, pratichi respirazioni diaframmatiche lente (inspiri dal naso per 4 secondi, trattenga per 2, espiri lentamente dalla bocca per 6). Lo stomaco è direttamente collegato al sistema nervoso: se si calma il respiro, si calma anche il tratto gastrointestinale.
3. Riscrivere il pensiero automatico
Quando si accorge che sta pensando “E se vomito?”, provi a sostituire quel pensiero con uno più realistico:
“So che questa è ansia, non una previsione reale. È già successo che sono riuscita a gestirla. Posso star bene anche questa volta.”
4. Esposizione graduale
Eviti di affrontare subito la situazione più difficile. Se può, provi a mangiare piccole cose fuori casa in contesti sicuri, con persone di fiducia e con pasti leggeri, fino ad abituarsi nuovamente all’idea del cibo fuori casa.
5. Condivisione con il suo partner
Se sente di potersi fidare, lo coinvolga. Dirgli cosa prova potrebbe alleggerire la pressione del “dover riuscire a tutti i costi” e, al contrario, creare un clima di comprensione che le permetta di affrontare la situazione con più calma.
E soprattutto: non si giudichi.
Il suo corpo e la sua mente stanno semplicemente cercando di proteggerla da qualcosa che percepiscono come minaccioso, anche se non lo è realmente. Il suo malessere ha una radice, e può essere affrontato con gli strumenti giusti.
Quando si sentirà pronta, anche un percorso breve di psicoterapia può fare una grande differenza. Se il problema persiste o peggiora, non esiti a chiedere aiuto: chiedere è già un atto di cura verso sé stessi.
Con stima e disponibilità,
Dott. Valerio Ancis – Psicologo Psicoterapeuta]
Risolvi i tuoi dubbi grazie alla consulenza online
Se hai bisogno del consiglio di uno specialista, prenota una consulenza online. Otterrai risposte senza muoverti da casa.
Mostra risultati Come funziona?
Gentilissima,
quello che sta vivendo è molto comune in chi ha sperimentato episodi di forte malessere fisico associati a situazioni sociali. Il suo corpo ha imparato a “temere” il cibo fuori casa e reagisce con l’ansia per proteggerla da ciò che ha percepito come un pericolo. Ma oggi questa risposta le sta limitando la vita.
Ha già fatto un passo importante: ha compreso che si tratta di ansia somatizzata, non di un’intolleranza o di una reale incapacità. Le suggerisco piccoli passi: iniziare a mangiare fuori in contesti che sente più sicuri, magari con porzioni minime, e focalizzarsi sul momento presente (respiri profondi, masticazione lenta). Se la compagnia distrae l’ansia, sfrutti questo a suo favore.
Nel frattempo, se vuole, possiamo parlarne di persona: uno spazio di ascolto può aiutarla a recuperare fiducia in sé stessa e nel suo corpo. Resto a disposizione per un colloquio.
quello che sta vivendo è molto comune in chi ha sperimentato episodi di forte malessere fisico associati a situazioni sociali. Il suo corpo ha imparato a “temere” il cibo fuori casa e reagisce con l’ansia per proteggerla da ciò che ha percepito come un pericolo. Ma oggi questa risposta le sta limitando la vita.
Ha già fatto un passo importante: ha compreso che si tratta di ansia somatizzata, non di un’intolleranza o di una reale incapacità. Le suggerisco piccoli passi: iniziare a mangiare fuori in contesti che sente più sicuri, magari con porzioni minime, e focalizzarsi sul momento presente (respiri profondi, masticazione lenta). Se la compagnia distrae l’ansia, sfrutti questo a suo favore.
Nel frattempo, se vuole, possiamo parlarne di persona: uno spazio di ascolto può aiutarla a recuperare fiducia in sé stessa e nel suo corpo. Resto a disposizione per un colloquio.
Gentile utente,
quello che descrive sembra un chiaro esempio di come l’ansia possa manifestarsi attraverso il corpo, in particolare sul piano gastrointestinale. Le esperienze che ha vissuto hanno probabilmente generato un’associazione tra il mangiare fuori casa e il timore di sentirsi male, creando un circolo vizioso difficile da spezzare da sola.
In attesa di intraprendere un percorso psicologico (che sarebbe davvero indicato per affrontare più a fondo la situazione), può iniziare con piccoli passi, come esporsi gradualmente a situazioni che le provocano disagio, partendo da quelle che percepisce come più “gestibili” e introducendo tecniche di respirazione o rilassamento prima dei pasti fuori casa. Anche parlarne apertamente con il suo ragazzo e sentirsi supportata può essere di grande aiuto.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio
quello che descrive sembra un chiaro esempio di come l’ansia possa manifestarsi attraverso il corpo, in particolare sul piano gastrointestinale. Le esperienze che ha vissuto hanno probabilmente generato un’associazione tra il mangiare fuori casa e il timore di sentirsi male, creando un circolo vizioso difficile da spezzare da sola.
In attesa di intraprendere un percorso psicologico (che sarebbe davvero indicato per affrontare più a fondo la situazione), può iniziare con piccoli passi, come esporsi gradualmente a situazioni che le provocano disagio, partendo da quelle che percepisce come più “gestibili” e introducendo tecniche di respirazione o rilassamento prima dei pasti fuori casa. Anche parlarne apertamente con il suo ragazzo e sentirsi supportata può essere di grande aiuto.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio
Buongiorno, purtroppo sarebbe opportuno che si facesse aiutare a elaborare queste paure per smorzare e annullare i sintomi che le procurano problemi sociali. Anche un breve percorso nel pubblico potrebbe essere d'aiuto.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marina Bonadeni
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marina Bonadeni
La ringrazio per aver condiviso con così tanta chiarezza e sincerità la sua esperienza, che racconta una difficoltà molto reale, profonda e, purtroppo, più diffusa di quanto si pensi. Le sue parole trasmettono il desiderio di stare meglio e di recuperare una parte importante della vita sociale ed emotiva: poter mangiare con gli altri, con piacere e serenità. Quello che sta descrivendo rientra in un quadro che, nel modello cognitivo-comportamentale, potrebbe essere associato a un'esperienza di ansia anticipatoria legata a situazioni specifiche, come il momento del pasto fuori casa. È molto frequente che l’ansia si esprima attraverso il corpo, soprattutto in zone sensibili come lo stomaco. Il nostro sistema nervoso interpreta alcune esperienze come minacciose e, come nel suo caso, attiva una risposta fisiologica intensa che può culminare in nausea o vomito. Tutto è iniziato da un episodio specifico che ha avuto un impatto importante su di lei: un pasto in cui si è sentita pressata a mangiare oltre il suo limite e poi male fisicamente. La mente, per proteggerla, ha associato quel malessere all’atto stesso del mangiare fuori casa. È un meccanismo di apprendimento molto potente: si chiama condizionamento, e spesso accade senza che ce ne rendiamo conto. Da lì, purtroppo, si è creato un circolo vizioso. L’ansia anticipa l’evento temuto (mangiare fuori), il corpo si attiva con sintomi fisici (nausea, vomito) e questo rinforza la paura stessa. Con il tempo, questo schema si può allargare ad altre situazioni, come andare al mare o semplicemente uscire, perché il cervello ha imparato ad associare queste esperienze a un possibile malessere. È molto significativo ciò che racconta riguardo alla differenza tra i momenti di ansia durante il tragitto in macchina e la relativa tranquillità quando si trova già in compagnia. Questo suggerisce che l’ansia è più forte nel momento in cui anticipa ciò che potrebbe accadere, mentre si riduce quando la situazione si svolge realmente e, di fatto, lei scopre di potercela fare. È una base molto importante su cui lavorare. Nel percorso cognitivo-comportamentale, si parte proprio da qui: aiutare la persona a interrompere il legame tra l'evento temuto (mangiare fuori) e la reazione d’ansia. Un primo passo utile può essere quello di esporsi gradualmente, in modo controllato, a situazioni simili, iniziando da quelle che generano meno ansia. Ad esempio, potrebbe provare a mangiare qualcosa di piccolo fuori casa, con una persona di fiducia, in un ambiente familiare. Lo scopo non è evitare l’ansia, ma imparare a restarci dentro, notando che spesso diminuisce da sola se non si scappa dalla situazione. Un’altra tecnica utile è quella della respirazione diaframmatica e della consapevolezza del corpo. Quando sente arrivare l’ansia, può fermarsi un attimo, respirare lentamente e profondamente, portando attenzione a ciò che accade dentro di sé, senza giudicare, ma solo osservando. Il solo fatto di prendersi un momento per ascoltare il proprio corpo e rallentare il respiro può ridurre la risposta automatica del vomito. È importante anche il dialogo interno. Spesso ci diciamo frasi come “non ce la farò”, “farò una figuraccia”, “starò malissimo”. Questi pensieri, anche se sembrano reali, alimentano l’ansia. In terapia si lavora per identificarli e sostituirli con pensieri più utili e realistici, ad esempio “anche se avrò ansia, posso restare lì e vedere come va”, oppure “l’ansia non è pericolosa, passa”. Capisco che in questo momento non possa iniziare una terapia, ma già scrivere questo messaggio è stato un grande passo. Si è raccontata con lucidità, ha identificato l'origine del problema e ha espresso il desiderio di affrontarlo. Le suggerisco, se possibile, di annotare ogni piccola esperienza positiva in cui è riuscita, anche solo in parte, a gestire l’ansia e a mangiare fuori. Questo aiuta a rafforzare la fiducia in sé stessi e a rendere più concreta l’idea che può migliorare. Continui a prendersi cura di sé, con pazienza e gentilezza. Anche se il percorso può sembrare lungo, è assolutamente possibile recuperare la serenità nel rapporto con il cibo e con le situazioni sociali. Quando sarà il momento, se ne avrà la possibilità, un supporto psicologico potrà darle strumenti ancora più mirati e personalizzati. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Capisco quanto tutto questo ti faccia sentire sola, spaventata e bloccata, specialmente quando vorresti davvero condividere un pasto con chi ami, ma il corpo reagisce instintivamente e ti impedisce di farlo. Sei coraggiosa a cercare una via per stare meglio.
Sapere che non sei sola e che ci sono altre persone che capiscono quello che senti può dare un po’ di conforto.
Tu meriti supporto, comprensione e calma: prova a immaginare che quel pranzo con la tua famiglia e il tuo ragazzo possa un giorno essere vissuto senza paura, ma con serenità e affetto.
La possibilità di un percorso psicologico può essere un grande aiuto per comprendere se stessi e il proprio funzionamento. Rimango a disposizione.
Sapere che non sei sola e che ci sono altre persone che capiscono quello che senti può dare un po’ di conforto.
Tu meriti supporto, comprensione e calma: prova a immaginare che quel pranzo con la tua famiglia e il tuo ragazzo possa un giorno essere vissuto senza paura, ma con serenità e affetto.
La possibilità di un percorso psicologico può essere un grande aiuto per comprendere se stessi e il proprio funzionamento. Rimango a disposizione.
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Ciao, grazie per aver condiviso la tua esperienza in modo così sincero. Quello che descrivi sembra collegarsi a un meccanismo che coinvolge l’ansia anticipatoria e una forma di condizionamento negativo legata al contesto del cibo fuori casa. In pratica, dopo quei primi episodi sgradevoli, il tuo corpo ha iniziato ad associare il mangiare fuori con il rischio di stare male, sviluppando una vera e propria fobia situazionale, che poi si è estesa anche ad altri ambiti (come andare al mare, uscire in generale), per poi ridursi nel tempo. Questo è abbastanza tipico nei disturbi legati all’ansia.
Hai già fatto un’osservazione molto importante: somatizzi l’ansia nello stomaco. Questo è un canale molto comune, e può portare a sintomi come nausea, difficoltà digestive o vomito. Il fatto che tu riesca a mangiare tranquillamente in certe situazioni (come con gli amici del tuo ragazzo) è un segnale che il problema non è il cibo in sé, ma il contesto e la percezione del rischio o del giudizio.
Alcuni piccoli suggerimenti per cominciare ad affrontare la situazione:
Preparazione mentale: prima di un pasto fuori, puoi fare qualche esercizio di respirazione profonda o mindfulness per abbassare il livello di attivazione dell’ansia.
Esporsi gradualmente: non partire subito con una cena importante a casa di qualcuno, ma inizia da situazioni meno cariche emotivamente, ad esempio un gelato al parco, una merenda in un posto tranquillo con una persona di cui ti fidi.
Parlare con chi ti è vicino: se ti senti pronta, potresti spiegare al tuo ragazzo, o anche ai suoi genitori (se e quando sarà il momento), che hai avuto delle difficoltà legate all’ansia. Spesso le persone sono più comprensive di quanto pensiamo.
Tenere un diario: scrivere cosa accade prima, durante e dopo le situazioni “difficili” può aiutarti a riconoscere schemi e a rendere l’ansia più gestibile.
Evita di forzarti: l’obiettivo non è “devo riuscire a mangiare fuori”, ma iniziare ad ascoltare il tuo corpo senza giudizio e trovare un modo più gentile per accompagnarti fuori da questa difficoltà.
Infine, capisco che in questo momento non ti sia possibile iniziare un percorso psicologico, ma sarebbe davvero utile e consigliato approfondire questa situazione con uno specialista, perché le difficoltà che stai vivendo possono essere affrontate con strategie mirate e, spesso, con ottimi risultati.
Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi – Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Hai già fatto un’osservazione molto importante: somatizzi l’ansia nello stomaco. Questo è un canale molto comune, e può portare a sintomi come nausea, difficoltà digestive o vomito. Il fatto che tu riesca a mangiare tranquillamente in certe situazioni (come con gli amici del tuo ragazzo) è un segnale che il problema non è il cibo in sé, ma il contesto e la percezione del rischio o del giudizio.
Alcuni piccoli suggerimenti per cominciare ad affrontare la situazione:
Preparazione mentale: prima di un pasto fuori, puoi fare qualche esercizio di respirazione profonda o mindfulness per abbassare il livello di attivazione dell’ansia.
Esporsi gradualmente: non partire subito con una cena importante a casa di qualcuno, ma inizia da situazioni meno cariche emotivamente, ad esempio un gelato al parco, una merenda in un posto tranquillo con una persona di cui ti fidi.
Parlare con chi ti è vicino: se ti senti pronta, potresti spiegare al tuo ragazzo, o anche ai suoi genitori (se e quando sarà il momento), che hai avuto delle difficoltà legate all’ansia. Spesso le persone sono più comprensive di quanto pensiamo.
Tenere un diario: scrivere cosa accade prima, durante e dopo le situazioni “difficili” può aiutarti a riconoscere schemi e a rendere l’ansia più gestibile.
Evita di forzarti: l’obiettivo non è “devo riuscire a mangiare fuori”, ma iniziare ad ascoltare il tuo corpo senza giudizio e trovare un modo più gentile per accompagnarti fuori da questa difficoltà.
Infine, capisco che in questo momento non ti sia possibile iniziare un percorso psicologico, ma sarebbe davvero utile e consigliato approfondire questa situazione con uno specialista, perché le difficoltà che stai vivendo possono essere affrontate con strategie mirate e, spesso, con ottimi risultati.
Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi – Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buongiorno, Quello che descrivi è una forma di ansia anticipatoria legata al contesto del “mangiare fuori casa”, che sembra essersi sviluppata dopo due episodi in cui hai vissuto una situazione spiacevole (vomito) in un contesto sociale. Il corpo, per proteggerti, ha iniziato a reagire con allerta ogni volta che ti sei trovata in situazioni simili. Questo meccanismo non è una “debolezza” o qualcosa di sbagliato, ma una modalità appresa dal tuo sistema nervoso per tenerti al sicuro da situazioni percepite come potenzialmente pericolose o imbarazzanti.
Tuttavia, quando queste risposte si generalizzano (come l’ansia che hai provato anche nel semplice “andare in giro”), possono diventare limitanti. Fortunatamente, la tua capacità di stare meglio in alcune situazioni – come quando sei in compagnia degli amici del tuo ragazzo – mostra che dentro di te ci sono già risorse importanti per affrontare tutto questo.
Alcuni suggerimenti pratici:
Normalizza l’ansia senza combatterla: quando arriva, prova a dirti mentalmente qualcosa come “Sto provando ansia perché il mio corpo vuole proteggermi. Non è pericoloso. Passerà”. Questo aiuta a togliere potere al sintomo.
Preparati gradualmente: puoi fare piccole “esposizioni” progressive. Ad esempio, inizia mangiando fuori in luoghi familiari o molto vicini a casa, portando con te cibo che scegli tu. Poi, via via, sperimenta contesti nuovi in modo graduale, magari anche solo sedendoti a tavola senza mangiare.
Respirazione e centratura corporea: esercizi semplici come la respirazione diaframmatica o portare l’attenzione ai piedi sul pavimento possono aiutarti a rimanere ancorata al presente quando senti l’ansia salire.
Parlane con il tuo ragazzo: se ti senti a tuo agio, condividere con lui (o con qualcuno di fiducia) le tue sensazioni può alleggerire molto il peso della preoccupazione e farti sentire meno sola nella gestione del momento.
Scrivi un diario dell’ansia: annotare quando arriva, cosa la scatena, e come passa, può aiutarti a cogliere meglio gli schemi e ad avere un senso di controllo più forte.
Non forzarti: la motivazione a cambiare c’è, ed è molto chiara. Ma non è necessario “superare” tutto in una volta sola. Anche solo decidere di “provare” è un passo prezioso.
Infine, anche se capisco che in questo momento non puoi iniziare un percorso con uno psicologo, voglio dirti che anche solo pochi incontri potrebbero fare una grande differenza. Dr. Giuseppe Mirabella
Tuttavia, quando queste risposte si generalizzano (come l’ansia che hai provato anche nel semplice “andare in giro”), possono diventare limitanti. Fortunatamente, la tua capacità di stare meglio in alcune situazioni – come quando sei in compagnia degli amici del tuo ragazzo – mostra che dentro di te ci sono già risorse importanti per affrontare tutto questo.
Alcuni suggerimenti pratici:
Normalizza l’ansia senza combatterla: quando arriva, prova a dirti mentalmente qualcosa come “Sto provando ansia perché il mio corpo vuole proteggermi. Non è pericoloso. Passerà”. Questo aiuta a togliere potere al sintomo.
Preparati gradualmente: puoi fare piccole “esposizioni” progressive. Ad esempio, inizia mangiando fuori in luoghi familiari o molto vicini a casa, portando con te cibo che scegli tu. Poi, via via, sperimenta contesti nuovi in modo graduale, magari anche solo sedendoti a tavola senza mangiare.
Respirazione e centratura corporea: esercizi semplici come la respirazione diaframmatica o portare l’attenzione ai piedi sul pavimento possono aiutarti a rimanere ancorata al presente quando senti l’ansia salire.
Parlane con il tuo ragazzo: se ti senti a tuo agio, condividere con lui (o con qualcuno di fiducia) le tue sensazioni può alleggerire molto il peso della preoccupazione e farti sentire meno sola nella gestione del momento.
Scrivi un diario dell’ansia: annotare quando arriva, cosa la scatena, e come passa, può aiutarti a cogliere meglio gli schemi e ad avere un senso di controllo più forte.
Non forzarti: la motivazione a cambiare c’è, ed è molto chiara. Ma non è necessario “superare” tutto in una volta sola. Anche solo decidere di “provare” è un passo prezioso.
Infine, anche se capisco che in questo momento non puoi iniziare un percorso con uno psicologo, voglio dirti che anche solo pochi incontri potrebbero fare una grande differenza. Dr. Giuseppe Mirabella
Gentile ragazza,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità e precisione quello che stai vivendo. È evidente che stai affrontando un disagio importante che ha iniziato a manifestarsi alcuni anni fa e che ha avuto un impatto concreto sulla tua quotidianità, in particolare nel rapporto con il cibo e con le situazioni sociali. Le esperienze che hai descritto mostrano chiaramente come, da un certo punto in poi, il tuo corpo abbia iniziato a reagire all’ansia in modo fisico, in particolare attraverso lo stomaco. Questa forma di somatizzazione è molto comune: non si tratta di “fantasie” o esagerazioni, ma di una risposta reale e concreta del corpo a uno stato di tensione psicologica. Tutto sembra essere iniziato con un evento molto specifico, ovvero quel compleanno in cui, pur essendo già sazia, ti sei sentita spinta a mangiare ancora. Il senso di nausea e il vomito che ne sono seguiti, anche se all’epoca ti sono sembrati legati solo al fatto di aver mangiato troppo, probabilmente hanno lasciato una traccia dentro di te, un’associazione tra il mangiare fuori casa e la possibilità di sentirti male. Questo schema si è poi ripresentato in un’occasione simile, rinforzando la sensazione di pericolo legata a situazioni sociali in cui si mangia. Da lì, come accade spesso nei disturbi d’ansia, si è attivato un meccanismo anticipatorio: non solo la paura di stare male di nuovo, ma la preoccupazione costante che potrebbe succedere, fino al punto da evitare del tutto alcune situazioni o affrontarle con grande fatica. È interessante e importante che tu abbia notato come l’ansia si presenti in modo più forte prima dell’evento, come nel tragitto in macchina, mentre una volta che sei nel contesto, magari in compagnia e più rilassata, la sensazione si attenui. Questo è tipico dei meccanismi ansiosi: spesso non è tanto la situazione in sé a generare disagio, ma l’anticipazione, l’idea che qualcosa possa andare storto. Il corpo si allerta, e tu senti quella tensione soprattutto allo stomaco.Anche se al momento non ti è possibile intraprendere un percorso psicologico, che comunque ti incoraggio a tenere in considerazione per il futuro, magari attraverso servizi pubblici o consultori per giovani, ci sono comunque alcune strategie che puoi iniziare a mettere in atto. Innanzitutto, è utile che tu cominci a osservare quando l’ansia si presenta e come si manifesta, distinguendo tra ciò che temi e ciò che realmente accade. Ogni volta che superi una situazione senza sentirti male, anche solo parzialmente, è un piccolo successo che vale la pena riconoscere. In questo modo puoi iniziare a “riprogrammare” il tuo cervello, che oggi tende a prevedere automaticamente il peggio. Può aiutarti molto anche lavorare sul respiro e sul corpo. La respirazione lenta e profonda, fatta con il diaframma, ha un effetto diretto sul sistema nervoso e può davvero calmare quella sensazione di nausea e agitazione che senti nel tragitto verso un appuntamento. Allo stesso tempo, è utile esporre gradualmente te stessa a situazioni che oggi temi: comincia da quelle più semplici, come bere qualcosa fuori casa o stare a tavola senza per forza mangiare, e da lì avanza passo dopo passo. Non serve forzarti o “dimostrare” nulla: sei già abbastanza. Anche la relazione con il tuo ragazzo può essere una risorsa preziosa. Parlare apertamente con lui delle tue difficoltà potrebbe aiutarti a sentirti meno sola, meno “in dovere” di nascondere ciò che provi. A volte, solo sapere che l’altro sa e non ci giudica può ridurre moltissimo la tensione. Lo stesso vale per eventuali occasioni con i suoi genitori: se pensi di doverci andare, potresti valutare di condividere – in modo semplice e senza entrare troppo nei dettagli – che stai attraversando un periodo in cui il tuo stomaco è sensibile e preferisci mangiare poco. Dare un piccolo contesto può alleggerire la pressione e farti sentire più libera. Infine, ti invito davvero a non escludere l’idea di iniziare, quando potrai, un percorso psicoterapeutico. Il disagio che stai vivendo è assolutamente affrontabile e, con l’aiuto di un professionista, potrai non solo superare questi sintomi, ma anche scoprire risorse personali che forse non sai ancora di avere. Hai già fatto un passo importante: chiedere aiuto. Questo dimostra che dentro di te c’è già la direzione verso il cambiamento.
grazie per aver condiviso con tanta sincerità e precisione quello che stai vivendo. È evidente che stai affrontando un disagio importante che ha iniziato a manifestarsi alcuni anni fa e che ha avuto un impatto concreto sulla tua quotidianità, in particolare nel rapporto con il cibo e con le situazioni sociali. Le esperienze che hai descritto mostrano chiaramente come, da un certo punto in poi, il tuo corpo abbia iniziato a reagire all’ansia in modo fisico, in particolare attraverso lo stomaco. Questa forma di somatizzazione è molto comune: non si tratta di “fantasie” o esagerazioni, ma di una risposta reale e concreta del corpo a uno stato di tensione psicologica. Tutto sembra essere iniziato con un evento molto specifico, ovvero quel compleanno in cui, pur essendo già sazia, ti sei sentita spinta a mangiare ancora. Il senso di nausea e il vomito che ne sono seguiti, anche se all’epoca ti sono sembrati legati solo al fatto di aver mangiato troppo, probabilmente hanno lasciato una traccia dentro di te, un’associazione tra il mangiare fuori casa e la possibilità di sentirti male. Questo schema si è poi ripresentato in un’occasione simile, rinforzando la sensazione di pericolo legata a situazioni sociali in cui si mangia. Da lì, come accade spesso nei disturbi d’ansia, si è attivato un meccanismo anticipatorio: non solo la paura di stare male di nuovo, ma la preoccupazione costante che potrebbe succedere, fino al punto da evitare del tutto alcune situazioni o affrontarle con grande fatica. È interessante e importante che tu abbia notato come l’ansia si presenti in modo più forte prima dell’evento, come nel tragitto in macchina, mentre una volta che sei nel contesto, magari in compagnia e più rilassata, la sensazione si attenui. Questo è tipico dei meccanismi ansiosi: spesso non è tanto la situazione in sé a generare disagio, ma l’anticipazione, l’idea che qualcosa possa andare storto. Il corpo si allerta, e tu senti quella tensione soprattutto allo stomaco.Anche se al momento non ti è possibile intraprendere un percorso psicologico, che comunque ti incoraggio a tenere in considerazione per il futuro, magari attraverso servizi pubblici o consultori per giovani, ci sono comunque alcune strategie che puoi iniziare a mettere in atto. Innanzitutto, è utile che tu cominci a osservare quando l’ansia si presenta e come si manifesta, distinguendo tra ciò che temi e ciò che realmente accade. Ogni volta che superi una situazione senza sentirti male, anche solo parzialmente, è un piccolo successo che vale la pena riconoscere. In questo modo puoi iniziare a “riprogrammare” il tuo cervello, che oggi tende a prevedere automaticamente il peggio. Può aiutarti molto anche lavorare sul respiro e sul corpo. La respirazione lenta e profonda, fatta con il diaframma, ha un effetto diretto sul sistema nervoso e può davvero calmare quella sensazione di nausea e agitazione che senti nel tragitto verso un appuntamento. Allo stesso tempo, è utile esporre gradualmente te stessa a situazioni che oggi temi: comincia da quelle più semplici, come bere qualcosa fuori casa o stare a tavola senza per forza mangiare, e da lì avanza passo dopo passo. Non serve forzarti o “dimostrare” nulla: sei già abbastanza. Anche la relazione con il tuo ragazzo può essere una risorsa preziosa. Parlare apertamente con lui delle tue difficoltà potrebbe aiutarti a sentirti meno sola, meno “in dovere” di nascondere ciò che provi. A volte, solo sapere che l’altro sa e non ci giudica può ridurre moltissimo la tensione. Lo stesso vale per eventuali occasioni con i suoi genitori: se pensi di doverci andare, potresti valutare di condividere – in modo semplice e senza entrare troppo nei dettagli – che stai attraversando un periodo in cui il tuo stomaco è sensibile e preferisci mangiare poco. Dare un piccolo contesto può alleggerire la pressione e farti sentire più libera. Infine, ti invito davvero a non escludere l’idea di iniziare, quando potrai, un percorso psicoterapeutico. Il disagio che stai vivendo è assolutamente affrontabile e, con l’aiuto di un professionista, potrai non solo superare questi sintomi, ma anche scoprire risorse personali che forse non sai ancora di avere. Hai già fatto un passo importante: chiedere aiuto. Questo dimostra che dentro di te c’è già la direzione verso il cambiamento.
Buongiorno gentile Utente, la ringrazio per aver descritto con tanta chiarezza e sensibilità la sua esperienza, che merita attenzione e rispetto. Quello che racconta, purtroppo, non è raro tra chi sperimenta l’ansia in forma somatica, e in particolare attraverso lo stomaco, come nel suo caso. La nostra mente e il nostro corpo sono intimamente collegati, e quando si vive un episodio che viene vissuto come traumatico o molto sgradevole, come quello che ha descritto, può accadere che il nostro sistema nervoso associ quella situazione a un pericolo. Da quel momento, anche senza volerlo, il corpo può iniziare a reagire con segnali di allarme ogni volta che ci si avvicina a una situazione simile.
Nel suo caso, sembrerebbe che l’episodio iniziale, in cui si è sentita spinta a mangiare più di quanto desiderasse, abbia segnato un punto di svolta. Non tanto per il gesto in sé, quanto per la sensazione di perdita di controllo e di malessere che ne è seguita. Questo può aver attivato un meccanismo di evitamento, molto comprensibile, volto a proteggerla da quella sensazione spiacevole. Tuttavia, come ha giustamente notato, questo evitamento ha finito per estendersi ad altri contesti, fino a limitarla nella quotidianità.
Ciò che sta vivendo oggi, con l’ansia che si presenta in anticipo rispetto alla situazione temuta e poi si riduce una volta che è effettivamente immersa nella relazione o nell’esperienza, è un segno importante: ci dice che lei non ha perso la capacità di stare bene nelle situazioni sociali, ma che l’ansia ha costruito intorno a lei una sorta di “recinto” che però può essere gradualmente superato.
Il suo desiderio di affrontare la situazione, la sua capacità di riflettere su quanto le accade, e il fatto che in alcuni momenti riesca comunque a vivere con più serenità sono risorse fondamentali. Sebbene in questo momento non possa iniziare un percorso psicologico, esistono strategie che può iniziare a mettere in pratica. Intanto, provi a considerare l’ansia non come un nemico da combattere, ma come un segnale del corpo che sta cercando di proteggerla, anche se in modo eccessivo. Quando sente salire la paura, può cercare di riportare l’attenzione al respiro, restando presente a ciò che sta vivendo nel “qui e ora”, piuttosto che seguire i pensieri catastrofici su ciò che potrebbe accadere.
Può anche sperimentare piccoli passi graduali, partendo da contesti in cui si sente più a suo agio, magari introducendo lentamente l’idea del pasto fuori casa in modi che le diano senso di sicurezza e controllo. Ogni passo, anche minimo, è importante e rafforza la fiducia in sé.
Quando sarà nelle condizioni di farlo, intraprendere un percorso psicoterapeutico potrebbe aiutarla a lavorare in profondità su questi meccanismi, in modo sicuro e strutturato, e accompagnarla verso una maggiore libertà. Ma già adesso, il fatto che stia cercando di capire e di affrontare, è un segno di forza che non va sottovalutato.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Nel suo caso, sembrerebbe che l’episodio iniziale, in cui si è sentita spinta a mangiare più di quanto desiderasse, abbia segnato un punto di svolta. Non tanto per il gesto in sé, quanto per la sensazione di perdita di controllo e di malessere che ne è seguita. Questo può aver attivato un meccanismo di evitamento, molto comprensibile, volto a proteggerla da quella sensazione spiacevole. Tuttavia, come ha giustamente notato, questo evitamento ha finito per estendersi ad altri contesti, fino a limitarla nella quotidianità.
Ciò che sta vivendo oggi, con l’ansia che si presenta in anticipo rispetto alla situazione temuta e poi si riduce una volta che è effettivamente immersa nella relazione o nell’esperienza, è un segno importante: ci dice che lei non ha perso la capacità di stare bene nelle situazioni sociali, ma che l’ansia ha costruito intorno a lei una sorta di “recinto” che però può essere gradualmente superato.
Il suo desiderio di affrontare la situazione, la sua capacità di riflettere su quanto le accade, e il fatto che in alcuni momenti riesca comunque a vivere con più serenità sono risorse fondamentali. Sebbene in questo momento non possa iniziare un percorso psicologico, esistono strategie che può iniziare a mettere in pratica. Intanto, provi a considerare l’ansia non come un nemico da combattere, ma come un segnale del corpo che sta cercando di proteggerla, anche se in modo eccessivo. Quando sente salire la paura, può cercare di riportare l’attenzione al respiro, restando presente a ciò che sta vivendo nel “qui e ora”, piuttosto che seguire i pensieri catastrofici su ciò che potrebbe accadere.
Può anche sperimentare piccoli passi graduali, partendo da contesti in cui si sente più a suo agio, magari introducendo lentamente l’idea del pasto fuori casa in modi che le diano senso di sicurezza e controllo. Ogni passo, anche minimo, è importante e rafforza la fiducia in sé.
Quando sarà nelle condizioni di farlo, intraprendere un percorso psicoterapeutico potrebbe aiutarla a lavorare in profondità su questi meccanismi, in modo sicuro e strutturato, e accompagnarla verso una maggiore libertà. Ma già adesso, il fatto che stia cercando di capire e di affrontare, è un segno di forza che non va sottovalutato.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Grazie per aver condiviso la tua esperienza, lo hai fatto in modo molto chiaro e coraggioso. Quello che descrivi sembra un meccanismo ansioso legato a un’esperienza corporea intensa che nel tempo ha condizionato il tuo rapporto con il cibo fuori casa. Hai già compreso molto, l’ansia si manifesta nello stomaco e si attiva in certe situazioni, spesso legate alla paura di perdere il controllo o di fare brutta figura. Anche se al momento non puoi iniziare una terapia, potresti cominciare da piccoli passi. Non forzarti a mangiare per forza, ascolta il tuo corpo e dai priorità al sentirti al sicuro. Prova ad allenarti in situazioni intermedie come mangiare con persone di fiducia o in ambienti familiari, per abituarti con gradualità. Quando l’ansia arriva, respira lentamente, prova a dirti che è un attacco di paura e non un pericolo reale, e che passerà. Può aiutarti anche scrivere o parlare di ciò che provi prima e dopo questi momenti per iniziare a dare un senso all’esperienza emotiva. Hai già fatto un primo passo nel voler affrontare la situazione. Quando potrai, un percorso psicoterapeutico potrà aiutarti a lavorare su questi vissuti in profondità. Intanto, tratta te stessa con gentilezza, stai cercando di proteggerti da qualcosa che ti ha fatto sentire male, ma pian piano puoi imparare a fidarti di nuovo di te.
Gentile utente, esperienze passate che ci hanno fatto sentire a disagio o vulnerabili possono lasciare una traccia che si riattiva in contesti simili. È qualcosa che può accadere e che coinvolge tanto la sfera emotiva quanto quella fisica. In alcune situazioni, infatti, può capitare che il corpo reagisca prima ancora che la mente riesca a razionalizzare, generando sensazioni difficili da gestire, come quelle che lei descrive.
Il fatto che in certi contesti — ad esempio in compagnia degli amici del suo ragazzo — riesca a vivere il momento con più leggerezza, è un elemento molto positivo: suggerisce che esistono già dentro di lei risorse utili e una capacità di adattamento su cui si può lavorare.
Nel frattempo, potrebbe essere utile procedere con piccoli passi, cercando di non forzarsi ma nemmeno di evitare del tutto le situazioni che le creano disagio. Spesso, trovare un equilibrio graduale tra il desiderio di aprirsi e la necessità di sentirsi al sicuro può portare a un miglioramento spontaneo.
Quando si sentirà pronta, potrebbe considerare l’idea di affrontare questi vissuti con l’aiuto di un professionista: una consulenza — online o in studio — può offrire uno spazio riservato e protetto dove approfondire con calma ciò che sente e trovare insieme modalità più funzionali per vivere queste esperienze con più tranquillità.
Resto a disposizione,
Dott.ssa Alessandra Di Fenza
Il fatto che in certi contesti — ad esempio in compagnia degli amici del suo ragazzo — riesca a vivere il momento con più leggerezza, è un elemento molto positivo: suggerisce che esistono già dentro di lei risorse utili e una capacità di adattamento su cui si può lavorare.
Nel frattempo, potrebbe essere utile procedere con piccoli passi, cercando di non forzarsi ma nemmeno di evitare del tutto le situazioni che le creano disagio. Spesso, trovare un equilibrio graduale tra il desiderio di aprirsi e la necessità di sentirsi al sicuro può portare a un miglioramento spontaneo.
Quando si sentirà pronta, potrebbe considerare l’idea di affrontare questi vissuti con l’aiuto di un professionista: una consulenza — online o in studio — può offrire uno spazio riservato e protetto dove approfondire con calma ciò che sente e trovare insieme modalità più funzionali per vivere queste esperienze con più tranquillità.
Resto a disposizione,
Dott.ssa Alessandra Di Fenza
Buonasera, quello che descrive è un esempio molto chiaro di come un’esperienza sgradevole vissuta in un contesto sociale possa trasformarsi, nel tempo, in un’associazione automatica tra mangiare fuori e sentirsi male. La sua mente, per protezione, ha iniziato ad attivare segnali d’allarme anche quando non c’era un vero pericolo. Non è raro che l’ansia si esprima attraverso lo stomaco, soprattutto in persone giovani e sensibili come lei.
La buona notizia è che ci sono contesti in cui riesce a mangiare senza problemi: questo ci dice che non è il cibo in sé a spaventarla, ma l’idea di perdere il controllo in certe situazioni, come quelle più intime o nuove, dove si sente “osservata” o teme di fare brutta figura.
In attesa di iniziare un percorso psicologico, provi intanto a lavorare su alcuni aspetti: prepari piccoli passi, ad esempio iniziando a mangiare fuori in situazioni che le danno più sicurezza, senza forzarsi. Prima di un pasto fuori, dedichi tempo a respirare lentamente, facendo attenzione a inspirare dal naso ed espirare più lentamente dalla bocca: questo aiuta il corpo a calmarsi.
Quando sale l’ansia, provi a ricordarsi che non è il presente a essere pericoloso, ma è una reazione appresa da un episodio passato. Il corpo fa il suo lavoro per proteggerla, ma adesso può imparare a non farsi spaventare da quella sensazione. Potrebbe partecipare a qualche lavoro di gruppo che utilizzi la mindfulness, la potrebbe aiutare molto. Si dia il tempo di guarire. Non è sbagliata, è solo ferita da qualcosa che può essere elaborato e superato. E merita di vivere con più libertà.
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
La buona notizia è che ci sono contesti in cui riesce a mangiare senza problemi: questo ci dice che non è il cibo in sé a spaventarla, ma l’idea di perdere il controllo in certe situazioni, come quelle più intime o nuove, dove si sente “osservata” o teme di fare brutta figura.
In attesa di iniziare un percorso psicologico, provi intanto a lavorare su alcuni aspetti: prepari piccoli passi, ad esempio iniziando a mangiare fuori in situazioni che le danno più sicurezza, senza forzarsi. Prima di un pasto fuori, dedichi tempo a respirare lentamente, facendo attenzione a inspirare dal naso ed espirare più lentamente dalla bocca: questo aiuta il corpo a calmarsi.
Quando sale l’ansia, provi a ricordarsi che non è il presente a essere pericoloso, ma è una reazione appresa da un episodio passato. Il corpo fa il suo lavoro per proteggerla, ma adesso può imparare a non farsi spaventare da quella sensazione. Potrebbe partecipare a qualche lavoro di gruppo che utilizzi la mindfulness, la potrebbe aiutare molto. Si dia il tempo di guarire. Non è sbagliata, è solo ferita da qualcosa che può essere elaborato e superato. E merita di vivere con più libertà.
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Buongiorno, non è possibile fare diagnosi tramite post. Le consiglio quindi vivamente un consulto psicologico, anche gratuito presso il Consultorio familiare della sua città. Cordiali saluti.
Ciao, purtroppo la cosa migliore che tu possa fare, anche se ora come ora non puoi, è andare da uno specialista che ti aiuti ad analizzare la situazione e affrontarla. Mi domando se l'ansia ti viene solo se quando sei fuori casa e mangi, o se anche quando esci semplicemente di casa, perché per come racconti le cose mi sembra che il problema sia mangiare fuori casa di fronte ad altre persone.
Quindi bisognerebbe lavorare su questo aspetto qui, su cosa significa per te, come mai ti genera quest'ansia che porta a farti vomitare...
Spero tu riesca a trovare una soluzione. Un abbraccio!
Quindi bisognerebbe lavorare su questo aspetto qui, su cosa significa per te, come mai ti genera quest'ansia che porta a farti vomitare...
Spero tu riesca a trovare una soluzione. Un abbraccio!
Ciao, grazie per aver condiviso la tua esperienza così sinceramente. Quello che descrivi sembra un circolo in cui l’ansia legata al mangiare fuori casa si amplifica proprio per la paura di sentirsi male, alimentando un’anticipazione negativa che poi si manifesta fisicamente.
Un primo passo potrebbe essere lavorare sulle piccole esposizioni graduali: potresti provare a mangiare fuori casa in contesti sempre più sicuri e familiari, iniziando magari con situazioni brevi o con poche persone, per ridurre pian piano l’ansia senza forzarti troppo.
Inoltre, ti può aiutare imparare qualche tecnica semplice di rilassamento (respirazione profonda, mindfulness) da usare quando senti salire l’ansia, soprattutto durante il viaggio o appena prima di mangiare.
Infine, considera che spesso la paura anticipatoria è più difficile da gestire da sola, quindi quando potrai, cercare un supporto psicologico anche breve può fare la differenza.
Ti va di provare a identificare insieme un piccolo obiettivo concreto per iniziare a rompere questo circolo?
Un primo passo potrebbe essere lavorare sulle piccole esposizioni graduali: potresti provare a mangiare fuori casa in contesti sempre più sicuri e familiari, iniziando magari con situazioni brevi o con poche persone, per ridurre pian piano l’ansia senza forzarti troppo.
Inoltre, ti può aiutare imparare qualche tecnica semplice di rilassamento (respirazione profonda, mindfulness) da usare quando senti salire l’ansia, soprattutto durante il viaggio o appena prima di mangiare.
Infine, considera che spesso la paura anticipatoria è più difficile da gestire da sola, quindi quando potrai, cercare un supporto psicologico anche breve può fare la differenza.
Ti va di provare a identificare insieme un piccolo obiettivo concreto per iniziare a rompere questo circolo?
Salve, comprendo quanto sia difficile quello che stai vivendo. Il tuo corpo ha creato un'associazione tra il mangiare fuori casa e il malessere fisico, trasformando quello che prima era un'attività piacevole in fonte di ansia intensa. Questo è successo dopo quegli episodi iniziali che, pur essendo probabilmente dovuti all'aver mangiato troppo, hanno lasciato un'impronta emotiva profonda.
Quello che descrivi è una forma di ansia condizionata molto comune, dove il cervello associa erroneamente un luogo o una situazione a un pericolo. Il fatto che tu riesca a mangiare tranquillamente quando sei in compagnia degli amici del tuo ragazzo dimostra che non c'è nulla di fisicamente sbagliato in te: è proprio l'ansia anticipatoria che scatena i sintomi fisici.
Per affrontare gradualmente questa situazione, potresti iniziare con piccoli passi. Prima di pensare a una cena completa a casa dei genitori del tuo ragazzo, prova a fare esperienze più brevi e meno impegnative fuori casa, magari prendendo solo un caffè o uno snack leggero. L'importante è non forzarti troppo velocemente ma procedere con gradualità, rispettando i tuoi tempi.
Durante il viaggio in macchina, quando senti salire l'ansia, prova a concentrarti sulla respirazione lenta e profonda, facendo durare l'espirazione più dell'inspirazione. Questo semplice esercizio attiva il sistema nervoso parasimpatico che naturalmente riduce l'ansia. Contemporaneamente, cerca di spostare l'attenzione su qualcosa di esterno: la musica, il paesaggio, una conversazione leggera con il tuo ragazzo.
Sarebbe utile anche parlare apertamente con il tuo ragazzo di questa difficoltà, così che possa supportarti senza pressioni. Per la cena con i suoi genitori, potresti iniziare con visite brevi, magari solo per un caffè dopo pranzo, costruendo gradualmente la tua confidenza in quell'ambiente prima di affrontare un pasto completo.
Ricorda che l'evitamento totale rinforza l'ansia, mentre l'esposizione graduale e controllata la riduce nel tempo. Ogni piccolo successo, anche solo riuscire a bere un bicchiere d'acqua fuori casa senza ansia, è un passo importante verso il recupero della tua libertà.
Se in futuro avrai la possibilità di consultare uno psicologo, ti invito a contattarmi. Nel frattempo, questi suggerimenti possono aiutarti a iniziare il percorso. Il fatto che tu voglia affrontare questa situazione dimostra già grande coraggio e motivazione al cambiamento.
Quello che descrivi è una forma di ansia condizionata molto comune, dove il cervello associa erroneamente un luogo o una situazione a un pericolo. Il fatto che tu riesca a mangiare tranquillamente quando sei in compagnia degli amici del tuo ragazzo dimostra che non c'è nulla di fisicamente sbagliato in te: è proprio l'ansia anticipatoria che scatena i sintomi fisici.
Per affrontare gradualmente questa situazione, potresti iniziare con piccoli passi. Prima di pensare a una cena completa a casa dei genitori del tuo ragazzo, prova a fare esperienze più brevi e meno impegnative fuori casa, magari prendendo solo un caffè o uno snack leggero. L'importante è non forzarti troppo velocemente ma procedere con gradualità, rispettando i tuoi tempi.
Durante il viaggio in macchina, quando senti salire l'ansia, prova a concentrarti sulla respirazione lenta e profonda, facendo durare l'espirazione più dell'inspirazione. Questo semplice esercizio attiva il sistema nervoso parasimpatico che naturalmente riduce l'ansia. Contemporaneamente, cerca di spostare l'attenzione su qualcosa di esterno: la musica, il paesaggio, una conversazione leggera con il tuo ragazzo.
Sarebbe utile anche parlare apertamente con il tuo ragazzo di questa difficoltà, così che possa supportarti senza pressioni. Per la cena con i suoi genitori, potresti iniziare con visite brevi, magari solo per un caffè dopo pranzo, costruendo gradualmente la tua confidenza in quell'ambiente prima di affrontare un pasto completo.
Ricorda che l'evitamento totale rinforza l'ansia, mentre l'esposizione graduale e controllata la riduce nel tempo. Ogni piccolo successo, anche solo riuscire a bere un bicchiere d'acqua fuori casa senza ansia, è un passo importante verso il recupero della tua libertà.
Se in futuro avrai la possibilità di consultare uno psicologo, ti invito a contattarmi. Nel frattempo, questi suggerimenti possono aiutarti a iniziare il percorso. Il fatto che tu voglia affrontare questa situazione dimostra già grande coraggio e motivazione al cambiamento.
Gentile utente,
grazie per aver condiviso questi suoi vissuti.
Quanto descrive sembra legato a un’associazione tra il mangiare fuori e la paura di stare male, che alimenta l’ansia e i sintomi fisici. Nell’attesa di un percorso psicologico, può esporsi gradualmente a situazioni sicure, usare tecniche di respirazione lenta per calmare il corpo e ricordare a sé stessa che, una volta in compagnia, spesso riesce a mangiare senza problemi.
Non conosco il motivo per cui non può iniziare un percorso psicologico al momento ma, nel caso dovesse essere di natura economica, le suggerisco di informarsi se nella sua zona siano disponibili servizi di supporto psicologico agevolati tramite il SSN o sportelli gratuiti, così da poter iniziare un percorso con costi contenuti.
Dott.ssa Stefania Borriello
grazie per aver condiviso questi suoi vissuti.
Quanto descrive sembra legato a un’associazione tra il mangiare fuori e la paura di stare male, che alimenta l’ansia e i sintomi fisici. Nell’attesa di un percorso psicologico, può esporsi gradualmente a situazioni sicure, usare tecniche di respirazione lenta per calmare il corpo e ricordare a sé stessa che, una volta in compagnia, spesso riesce a mangiare senza problemi.
Non conosco il motivo per cui non può iniziare un percorso psicologico al momento ma, nel caso dovesse essere di natura economica, le suggerisco di informarsi se nella sua zona siano disponibili servizi di supporto psicologico agevolati tramite il SSN o sportelli gratuiti, così da poter iniziare un percorso con costi contenuti.
Dott.ssa Stefania Borriello
Salve. Quello che descrivi è un classico esempio di condizionamento avversivo, specificamente l’effetto Garcia. Questo fenomeno spiega come si possano sviluppare avversioni alimentari dopo aver associato un cibo o un contesto specifico al malessere, anche quando la nausea aveva cause diverse (essere troppo piena).
Il tuo cervello ha creato un’associazione automatica: mangiare fuori casa = pericolo di vomitare. Anche se razionalmente sai che non è vero, il sistema nervoso reagisce come se fosse reale.
Alcuni consigli pratici per iniziare a lavorarci:
Inizia con piccoli passi. Prova a mangiare in luoghi sempre più “esterni” alla tua zona di comfort: prima sul balcone, poi in giardino, poi al bar per un caffè, gradualmente verso pasti completi.
Prima dei pasti fuori, pratica tecniche di rilassamento. Respirazione profonda e visualizzazioni positive possono aiutare a calmare il sistema nervoso.
Quando sei con gli amici del tuo ragazzo e stai bene, il tuo cervello registra che “mangiare fuori può essere sicuro”. Sfrutta questi momenti positivi per rinforzare nuove associazioni.
Per casa dei suoi genitori, potresti iniziare con visite brevi senza mangiare, poi magari solo un caffè, costruendo gradualmente familiarità con l’ambiente.
È importante che il tuo ragazzo capisca la situazione e ti supporti senza pressioni.
Considera comunque che uno psicologo specializzato in disturbi d’ansia potrebbe aiutarti molto più efficacemente con tecniche specifiche come la desensibilizzazione sistematica.
Il tuo cervello ha creato un’associazione automatica: mangiare fuori casa = pericolo di vomitare. Anche se razionalmente sai che non è vero, il sistema nervoso reagisce come se fosse reale.
Alcuni consigli pratici per iniziare a lavorarci:
Inizia con piccoli passi. Prova a mangiare in luoghi sempre più “esterni” alla tua zona di comfort: prima sul balcone, poi in giardino, poi al bar per un caffè, gradualmente verso pasti completi.
Prima dei pasti fuori, pratica tecniche di rilassamento. Respirazione profonda e visualizzazioni positive possono aiutare a calmare il sistema nervoso.
Quando sei con gli amici del tuo ragazzo e stai bene, il tuo cervello registra che “mangiare fuori può essere sicuro”. Sfrutta questi momenti positivi per rinforzare nuove associazioni.
Per casa dei suoi genitori, potresti iniziare con visite brevi senza mangiare, poi magari solo un caffè, costruendo gradualmente familiarità con l’ambiente.
È importante che il tuo ragazzo capisca la situazione e ti supporti senza pressioni.
Considera comunque che uno psicologo specializzato in disturbi d’ansia potrebbe aiutarti molto più efficacemente con tecniche specifiche come la desensibilizzazione sistematica.
Buongiorno cara, quello che descrivi è una reazione molto comune quando l’ansia si “somatizza” nello stomaco e si associa in maniera così intensa a determinate situazioni. Il fatto che tu abbia iniziato a vivere sintomi gastrointestinali gravi in contesti specifici ha creato un’associazione mentale tra mangiare fuori e il timore di vomitare, che il tuo corpo percepisce come pericolo. Quello che succede con te è un fenomeno che in psicologia clinica chiamiamo **condizionamento ansioso**, dove la memoria di un evento spiacevole attiva una risposta di ansia anticipatoria: il corpo si prepara a proteggersi e, nel tuo caso, questo si manifesta con nausea e vomito.
Alcuni aspetti importanti da rilevare:
1. **Ansia anticipatoria**: ti accorgi che il problema si manifesta soprattutto prima di uscire o durante il viaggio verso la situazione temuta. Questo è tipico della **paura anticipatoria**, che può essere gradualmente modulata.
2. **Contesto di sicurezza**: noti che quando sei in compagnia con gli amici del tuo ragazzo riesci a mangiare tranquillamente. Questo indica che il problema non è legato al cibo in sé, ma al contesto emotivo e alla percezione di controllo.
3. **Esperienze traumatiche “leggere” ma significative**: i due episodi iniziali hanno creato un’associazione mentale che ora il tuo corpo ricorda come pericolosa, anche se razionalmente sai che non c’è pericolo.
**Strategie pratiche per iniziare a lavorare su questa difficoltà da sola**:
* **Esposizione graduale e controllata**: inizia a ricreare situazioni simili a quelle che ti provocano ansia, ma in modo molto graduale e sicuro. Ad esempio: mangiare un piccolo spuntino fuori casa vicino a casa tua, con persone con cui ti senti tranquilla, e aumentare progressivamente la durata e la complessità della situazione (pasti più lunghi, luoghi diversi, compagnia del ragazzo). L’obiettivo è desensibilizzare l’ansia.
* **Tecniche di respirazione e grounding**: prima di uscire, pratica respirazioni lente e profonde, concentrandoti sul ritmo del respiro e sul contatto dei piedi con il pavimento o sul sedile della macchina. Questo aiuta a ridurre la risposta fisica della nausea e a stabilizzare il corpo.
* **Dialogo interno e mindfulness**: accogli i pensieri di paura senza giudicarli (“Sento ansia e nausea, ma posso lasciarla essere”), osservandoli come eventi mentali transitori, senza reagire immediatamente con panico o evitamento.
* **Preparazione mentale del pasto**: prima di andare da tuo ragazzo, immagina la scena con calma, visualizzando il pasto senza che accada nulla di spiacevole. Questo aiuta a ridurre l’anticipazione ansiogena.
* **Piccoli segnali di controllo**: porta con te qualche strategia di “sicurezza” che ti dia conforto (acqua, un piccolo snack che puoi mangiare facilmente, ecc.) senza usarla come scudo contro l’esperienza stessa.
Questi passaggi vanno fatti **poco alla volta**: l’obiettivo non è eliminare subito l’ansia, ma imparare a gestirla e a ridurre la sua intensità. Spesso è utile anche **scrivere un diario delle sensazioni** prima, durante e dopo i pasti fuori casa, per osservare progressi e ricorrenti schemi di pensiero.
Io penso che potrebbe esserti utile rivolgerti a uno psicologo o terapeuta, per un percorso Terapia e per lavorare sull’ansia anticipatoria e sulla somatizzazione, penso anche che sia il metodo Voice Dialogue che la mindfulness, potrebbero accelerare e consolidare il recupero, permettendoti di sperimentare progressi più profondi in sicurezza. SArei anche molto curiosa di sapere cosa sogni, perchè penso che i simboli potrebbero aiutare e dare informazioni preziose per il lavoro da fare. Un caro saluto,
**Marzia Mazzavillani – Psicologa clinica, Voice Dialogue, Mindfulness**
Dreamworker
Alcuni aspetti importanti da rilevare:
1. **Ansia anticipatoria**: ti accorgi che il problema si manifesta soprattutto prima di uscire o durante il viaggio verso la situazione temuta. Questo è tipico della **paura anticipatoria**, che può essere gradualmente modulata.
2. **Contesto di sicurezza**: noti che quando sei in compagnia con gli amici del tuo ragazzo riesci a mangiare tranquillamente. Questo indica che il problema non è legato al cibo in sé, ma al contesto emotivo e alla percezione di controllo.
3. **Esperienze traumatiche “leggere” ma significative**: i due episodi iniziali hanno creato un’associazione mentale che ora il tuo corpo ricorda come pericolosa, anche se razionalmente sai che non c’è pericolo.
**Strategie pratiche per iniziare a lavorare su questa difficoltà da sola**:
* **Esposizione graduale e controllata**: inizia a ricreare situazioni simili a quelle che ti provocano ansia, ma in modo molto graduale e sicuro. Ad esempio: mangiare un piccolo spuntino fuori casa vicino a casa tua, con persone con cui ti senti tranquilla, e aumentare progressivamente la durata e la complessità della situazione (pasti più lunghi, luoghi diversi, compagnia del ragazzo). L’obiettivo è desensibilizzare l’ansia.
* **Tecniche di respirazione e grounding**: prima di uscire, pratica respirazioni lente e profonde, concentrandoti sul ritmo del respiro e sul contatto dei piedi con il pavimento o sul sedile della macchina. Questo aiuta a ridurre la risposta fisica della nausea e a stabilizzare il corpo.
* **Dialogo interno e mindfulness**: accogli i pensieri di paura senza giudicarli (“Sento ansia e nausea, ma posso lasciarla essere”), osservandoli come eventi mentali transitori, senza reagire immediatamente con panico o evitamento.
* **Preparazione mentale del pasto**: prima di andare da tuo ragazzo, immagina la scena con calma, visualizzando il pasto senza che accada nulla di spiacevole. Questo aiuta a ridurre l’anticipazione ansiogena.
* **Piccoli segnali di controllo**: porta con te qualche strategia di “sicurezza” che ti dia conforto (acqua, un piccolo snack che puoi mangiare facilmente, ecc.) senza usarla come scudo contro l’esperienza stessa.
Questi passaggi vanno fatti **poco alla volta**: l’obiettivo non è eliminare subito l’ansia, ma imparare a gestirla e a ridurre la sua intensità. Spesso è utile anche **scrivere un diario delle sensazioni** prima, durante e dopo i pasti fuori casa, per osservare progressi e ricorrenti schemi di pensiero.
Io penso che potrebbe esserti utile rivolgerti a uno psicologo o terapeuta, per un percorso Terapia e per lavorare sull’ansia anticipatoria e sulla somatizzazione, penso anche che sia il metodo Voice Dialogue che la mindfulness, potrebbero accelerare e consolidare il recupero, permettendoti di sperimentare progressi più profondi in sicurezza. SArei anche molto curiosa di sapere cosa sogni, perchè penso che i simboli potrebbero aiutare e dare informazioni preziose per il lavoro da fare. Un caro saluto,
**Marzia Mazzavillani – Psicologa clinica, Voice Dialogue, Mindfulness**
Dreamworker
Gentile utente, grazie per aver condiviso la sua esperienza.
Quello che racconta sembra descrivere come un episodio spiacevole avvenuto in precedenza ( ad esempio le prime sensazioni di nausea o vomito durante i pasti fuori casa) si sia trasformato progressivamente in un’ansia anticipatoria: non sembra il cibo a preoccuparla quanto il timore di stare male, di perdere il controllo o “fare una brutta figura” in pubblico.
L’ansia tende a somatizzarsi spesso a livello gastrointestinale e spesso comporta un circolo vizioso difficile da interrompere. Non è strano che lei si senta così affaticata.
Un percorso psicologico sarebbe molto utile rispetto al disagio che descrive, poiché permetterebbe di ragionare insieme ed approfondire le motivazioni che si trovano dietro queste difficoltà.
Nel frattempo le consiglierei di prendersi del tempo e cercare di non sforzarsi eccessivamente nel tentativo di risolvere da sola, si concentri su come si sente, ne parli con il suo partner e sia paziente con sé stessa.
Individuare un problema e cercare delle soluzioni è già un segnale molto positivo.
Le auguro il meglio,
Dott. Daniele Migliore
Quello che racconta sembra descrivere come un episodio spiacevole avvenuto in precedenza ( ad esempio le prime sensazioni di nausea o vomito durante i pasti fuori casa) si sia trasformato progressivamente in un’ansia anticipatoria: non sembra il cibo a preoccuparla quanto il timore di stare male, di perdere il controllo o “fare una brutta figura” in pubblico.
L’ansia tende a somatizzarsi spesso a livello gastrointestinale e spesso comporta un circolo vizioso difficile da interrompere. Non è strano che lei si senta così affaticata.
Un percorso psicologico sarebbe molto utile rispetto al disagio che descrive, poiché permetterebbe di ragionare insieme ed approfondire le motivazioni che si trovano dietro queste difficoltà.
Nel frattempo le consiglierei di prendersi del tempo e cercare di non sforzarsi eccessivamente nel tentativo di risolvere da sola, si concentri su come si sente, ne parli con il suo partner e sia paziente con sé stessa.
Individuare un problema e cercare delle soluzioni è già un segnale molto positivo.
Le auguro il meglio,
Dott. Daniele Migliore
Quello che racconti ha tutte le caratteristiche di un disturbo d’ansia legato al cibo e alle situazioni sociali. È iniziato con un episodio preciso e molto sgradevole che ti ha spaventata e da lì il tuo corpo ha imparato ad associare il mangiare fuori con il rischio di stare male. Non è il cibo in sé a farti vomitare, ma l’ansia che parte già prima dell’occasione, ti fa stare in allerta e ti scatena la nausea. Una volta che sei in compagnia e ti distrai, infatti, la tensione cala e riesci a mangiare.
Non sei sola in questa difficoltà: molte persone che hanno vissuto episodi di malessere durante i pasti fuori casa finiscono per sviluppare una vera e propria paura di rivivere quella scena. Si tratta di una forma di condizionamento ansioso, che non ha a che fare con intolleranze o problemi fisici ma con la memoria emotiva del tuo corpo.
La cosa più importante è che tu non sei “sbagliata” e non sei destinata a rimanere così: quello che vivi si può affrontare e migliorare. Già il fatto che tu riesca a notare la differenza tra il prima (il viaggio in macchina, l’attesa, l’ansia che cresce) e il dopo (quando sei lì e la tensione diminuisce) è molto utile, perché ti mostra che non è il cibo a essere il problema, ma l’anticipazione ansiosa.
Anche se ora non puoi iniziare una terapia, quello che puoi fare è cercare di esporre gradualmente te stessa a queste situazioni senza scappare. Non serve costringerti a mangiare tanto: anche stare semplicemente a tavola e assaggiare una piccola cosa è già un passo. Ogni volta che riesci a stare seduta a mangiare anche poco senza fuggire, il tuo corpo impara che non succede nulla di catastrofico.
È normale che tu abbia paura di fare brutta figura, ma ricordati che non sei l’unica a soffrire di ansia e che anche se ti capitasse di stare male, non significherebbe che vali meno. Il tuo ragazzo e la sua famiglia vedrebbero l’impegno che ci metti e non solo quell’episodio.
Con tempo e piccoli passi puoi sciogliere questo blocco. Il desiderio che esprimi di voler mangiare con gli altri è la tua forza più grande: significa che non ti sei arresa e che dentro di te c’è la spinta a riprenderti la libertà che l’ansia ti ha tolto.
Dott.ssa De Pretto
Non sei sola in questa difficoltà: molte persone che hanno vissuto episodi di malessere durante i pasti fuori casa finiscono per sviluppare una vera e propria paura di rivivere quella scena. Si tratta di una forma di condizionamento ansioso, che non ha a che fare con intolleranze o problemi fisici ma con la memoria emotiva del tuo corpo.
La cosa più importante è che tu non sei “sbagliata” e non sei destinata a rimanere così: quello che vivi si può affrontare e migliorare. Già il fatto che tu riesca a notare la differenza tra il prima (il viaggio in macchina, l’attesa, l’ansia che cresce) e il dopo (quando sei lì e la tensione diminuisce) è molto utile, perché ti mostra che non è il cibo a essere il problema, ma l’anticipazione ansiosa.
Anche se ora non puoi iniziare una terapia, quello che puoi fare è cercare di esporre gradualmente te stessa a queste situazioni senza scappare. Non serve costringerti a mangiare tanto: anche stare semplicemente a tavola e assaggiare una piccola cosa è già un passo. Ogni volta che riesci a stare seduta a mangiare anche poco senza fuggire, il tuo corpo impara che non succede nulla di catastrofico.
È normale che tu abbia paura di fare brutta figura, ma ricordati che non sei l’unica a soffrire di ansia e che anche se ti capitasse di stare male, non significherebbe che vali meno. Il tuo ragazzo e la sua famiglia vedrebbero l’impegno che ci metti e non solo quell’episodio.
Con tempo e piccoli passi puoi sciogliere questo blocco. Il desiderio che esprimi di voler mangiare con gli altri è la tua forza più grande: significa che non ti sei arresa e che dentro di te c’è la spinta a riprenderti la libertà che l’ansia ti ha tolto.
Dott.ssa De Pretto
Buongiorno,
Da ciò che descrive emerge una sofferenza molto concreta e comprensibile. Dopo quell’episodio di malessere, sembra che il suo corpo abbia iniziato ad associare l’esperienza del mangiare fuori casa, o in situazioni sociali simili, a una sensazione di pericolo o disagio. Questo ha probabilmente innescato una forma di ansia anticipatoria: il solo pensiero di trovarsi in quelle circostanze può far emergere i sintomi fisici dell’ansia, come nausea o vomito, anche se razionalmente sa che non c’è un reale pericolo.
Si tratta di una reazione che il corpo e la mente possono sviluppare dopo un’esperienza vissuta come spiacevole o fuori controllo. In questi casi, l’ansia tende a mantenersi proprio perché si evita la situazione temuta e ogni evitamento, anche se momentaneamente allevia la paura, la rinforza nel tempo.
Capire meglio il legame tra le sensazioni fisiche, i pensieri e le emozioni che prova in questi momenti sarebbe un passo fondamentale. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a riconoscere e gestire questi meccanismi, imparando gradualmente a vivere con maggiore tranquillità le situazioni che oggi le causano ansia.
Nel frattempo, potrebbe provare piccoli passi, come esporsi a contesti simili ma più gestibili e concentrarsi sul respiro o su tecniche di rilassamento per calmare il corpo quando sente arrivare la tensione.
Il fatto che lei voglia affrontare la situazione è già un segnale molto positivo in quanto è da lì che può iniziare un vero cambiamento.
Un caro saluto,
Dott. Alessandro Ocera
Da ciò che descrive emerge una sofferenza molto concreta e comprensibile. Dopo quell’episodio di malessere, sembra che il suo corpo abbia iniziato ad associare l’esperienza del mangiare fuori casa, o in situazioni sociali simili, a una sensazione di pericolo o disagio. Questo ha probabilmente innescato una forma di ansia anticipatoria: il solo pensiero di trovarsi in quelle circostanze può far emergere i sintomi fisici dell’ansia, come nausea o vomito, anche se razionalmente sa che non c’è un reale pericolo.
Si tratta di una reazione che il corpo e la mente possono sviluppare dopo un’esperienza vissuta come spiacevole o fuori controllo. In questi casi, l’ansia tende a mantenersi proprio perché si evita la situazione temuta e ogni evitamento, anche se momentaneamente allevia la paura, la rinforza nel tempo.
Capire meglio il legame tra le sensazioni fisiche, i pensieri e le emozioni che prova in questi momenti sarebbe un passo fondamentale. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a riconoscere e gestire questi meccanismi, imparando gradualmente a vivere con maggiore tranquillità le situazioni che oggi le causano ansia.
Nel frattempo, potrebbe provare piccoli passi, come esporsi a contesti simili ma più gestibili e concentrarsi sul respiro o su tecniche di rilassamento per calmare il corpo quando sente arrivare la tensione.
Il fatto che lei voglia affrontare la situazione è già un segnale molto positivo in quanto è da lì che può iniziare un vero cambiamento.
Un caro saluto,
Dott. Alessandro Ocera
Stai ancora cercando una risposta? Poni un'altra domanda
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.