Buongiorno, mi chiamo Ginni ho 35 anni..sono una persona carina, intelligente, simpatica e gentile c
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Buongiorno, mi chiamo Ginni ho 35 anni..sono una persona carina, intelligente, simpatica e gentile con un lato emotivo, timido, empatico.
Quello che mi porta disagio è il non aver amici e un compagno. Il mio lavoro non mi permette di organizzare quasi nulla per conoscere gente, a parte qualche ora in palestra, proprio per gli orari.
Chi incontro, purtroppo tramite social, finisce sempre in niente: si crea costantemente un loop ovvero all’inizio parte tutto molto bene e poi subentra il ghosting.
Avevo trovato una persona, simile a me, un bravissimo uomo di 40 anni che dopo quasi un anno di relazione, è sparito di colpo senza dirmi nulla..
curiosando, ho visto in lui le classiche caratteristiche di una persona evitante. I nostri programmi di un futuro insieme erano veri..il problema è che ci ho creduto.
Vi chiedo con il cuore in mano due consigli.
1. non mi va di mollare. Non voglio salvare questa persona (so che deve essere lui a capire), ma vorrei che si riavvicinasse senza pressione. Nonostante le richieste di “perché” non si è mai fatto vedere. Le scuse del suo nuovo progetto lavorativo costruite insieme mi hanno messo al secondo posto. So che chi ama non sparisce..ma son convinta (come lo era lui) che siamo collegati. Si dimostra spaventato dei sentimenti e questo mi crea molta delusione. Come potrei comportarmi? Come dovrei agire?
2. Il dolore più grande è questo: vedere gli altri, conoscenti e non, con una famiglia.. un marito, un bambino, un amico..e il ripetermi sempre “perché io no e loro si?” Tutti i giorni.
La terapia non mi ha aiutata se non a dirmi di prendere le cose in modo superficiale, di non idealizzare e di non aspettarmi nulla e di uscire con tutti. Ma è impossibile non trovando nessuno. Tutti hanno i propri impegni, le persone da sole spaventano.. mi arrivano frasi del tipo “da sola alla tua età? Sarai mica matta?” oppure “zitella, tutti ti vogliono e nessuno ti prende”
Non avendo disponibilità economica non ho potuto continuare con la dottoressa..
vi prego non ditemi di focalizzarmi su me stessa, l’ho sempre fatto e non ho problemi in questo.
Piangere non risolve nulla eppure ogni santo giorno è così: vedere gli altri è un’agonia e non avere lui è deleterio.
Chiedo, con gentilezza, se qualcuno può rispondermi sul come trattare questi due punti..
vi ringrazio molto
Quello che mi porta disagio è il non aver amici e un compagno. Il mio lavoro non mi permette di organizzare quasi nulla per conoscere gente, a parte qualche ora in palestra, proprio per gli orari.
Chi incontro, purtroppo tramite social, finisce sempre in niente: si crea costantemente un loop ovvero all’inizio parte tutto molto bene e poi subentra il ghosting.
Avevo trovato una persona, simile a me, un bravissimo uomo di 40 anni che dopo quasi un anno di relazione, è sparito di colpo senza dirmi nulla..
curiosando, ho visto in lui le classiche caratteristiche di una persona evitante. I nostri programmi di un futuro insieme erano veri..il problema è che ci ho creduto.
Vi chiedo con il cuore in mano due consigli.
1. non mi va di mollare. Non voglio salvare questa persona (so che deve essere lui a capire), ma vorrei che si riavvicinasse senza pressione. Nonostante le richieste di “perché” non si è mai fatto vedere. Le scuse del suo nuovo progetto lavorativo costruite insieme mi hanno messo al secondo posto. So che chi ama non sparisce..ma son convinta (come lo era lui) che siamo collegati. Si dimostra spaventato dei sentimenti e questo mi crea molta delusione. Come potrei comportarmi? Come dovrei agire?
2. Il dolore più grande è questo: vedere gli altri, conoscenti e non, con una famiglia.. un marito, un bambino, un amico..e il ripetermi sempre “perché io no e loro si?” Tutti i giorni.
La terapia non mi ha aiutata se non a dirmi di prendere le cose in modo superficiale, di non idealizzare e di non aspettarmi nulla e di uscire con tutti. Ma è impossibile non trovando nessuno. Tutti hanno i propri impegni, le persone da sole spaventano.. mi arrivano frasi del tipo “da sola alla tua età? Sarai mica matta?” oppure “zitella, tutti ti vogliono e nessuno ti prende”
Non avendo disponibilità economica non ho potuto continuare con la dottoressa..
vi prego non ditemi di focalizzarmi su me stessa, l’ho sempre fatto e non ho problemi in questo.
Piangere non risolve nulla eppure ogni santo giorno è così: vedere gli altri è un’agonia e non avere lui è deleterio.
Chiedo, con gentilezza, se qualcuno può rispondermi sul come trattare questi due punti..
vi ringrazio molto
Buongiorno, prima di tutto mi dispiace che la terapia non abbia avuto i risultati sperati e che lei abbia dovuto interrompere per cause economiche. Le suggerirei di riprovare con un altro professionista magari rivolgendosi ai consultori della sua zona che potranno offrirle delle sedute di supporto psicologico gratuitamente. Se ne avesse necessità in futuro sono a sua disposizione in presenza o online, per una terapia di tipo relazionale integrata, con il supporto di varie tecniche personalizzate in base al paziente, ai suoi bisogni ed obiettivi con evidenza scientifica. Dott.ssa Susanna Scainelli
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Ciao Ginni, grazie per la tua condivisione!!
Per quanto riguarda lui, è importante rispettare i suoi tempi e limiti, ma ovviamente anche proteggere il tuo benessere: puoi lasciargli spazio senza aspettative rigide, ma se il silenzio continua a ferirti, potrebbe essere utile mettere un confine per non rimanere in un limbo doloroso. La relazione sana richiede reciprocità e chiarezza. Sempre.
Il confronto con gli altri è molto doloroso, lo capisco. Spesso la sofferenza nasce dal paragone, ma ogni percorso è unico. Non c’è una “tempistica” universale per amore e amicizie. Concentrarti su piccoli passi, magari aprendo spazi sociali nuovi anche online o in attività che ti piacciono, può aiutarti a incontrare persone più affini. È normale sentirsi frustrati, ma il cambiamento arriva con pazienza.
Non sei sola e il fatto che tu stia cercando risposte dimostra già molta forza!
Per quanto riguarda lui, è importante rispettare i suoi tempi e limiti, ma ovviamente anche proteggere il tuo benessere: puoi lasciargli spazio senza aspettative rigide, ma se il silenzio continua a ferirti, potrebbe essere utile mettere un confine per non rimanere in un limbo doloroso. La relazione sana richiede reciprocità e chiarezza. Sempre.
Il confronto con gli altri è molto doloroso, lo capisco. Spesso la sofferenza nasce dal paragone, ma ogni percorso è unico. Non c’è una “tempistica” universale per amore e amicizie. Concentrarti su piccoli passi, magari aprendo spazi sociali nuovi anche online o in attività che ti piacciono, può aiutarti a incontrare persone più affini. È normale sentirsi frustrati, ma il cambiamento arriva con pazienza.
Non sei sola e il fatto che tu stia cercando risposte dimostra già molta forza!
Ciao Ginni,
grazie di cuore per aver condiviso con tanta sincerità la tua esperienza. Si percepisce chiaramente la profondità con cui vivi i sentimenti, e anche la fatica che provi nel vedere ripetersi dinamiche che ti lasciano delusa e sola. Il dolore che descrivi è reale e merita ascolto, non consigli superficiali.
Capisco quanto possa essere disorientante investire in una relazione in cui avevi creduto, e poi ritrovarti improvvisamente di fronte a un vuoto senza spiegazioni. Quando qualcuno si allontana in modo improvviso, non è un segno del tuo valore, ma spesso della difficoltà dell’altro nel gestire la propria vulnerabilità. Nonostante la delusione, il tuo desiderio di non chiuderti e di rimanere aperta all’amore è una grande forza.
Rispetto al primo punto, può essere utile riconoscere che non puoi controllare i movimenti o le scelte dell’altro, ma puoi coltivare dentro di te uno spazio di centratura e lucidità, quello stato interiore che ti permette di restare connessa ai tuoi bisogni, senza perdere la tua energia nel tentativo di “richiamare” chi non è pronto a esserci.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, il confronto con gli altri è un dolore che tocca corde molto profonde: il senso di ingiustizia, di solitudine, di esclusione. In questi momenti, spesso si attiva una voce interiore che dice “cosa c’è che non va in me?”. Ma non c’è nulla di sbagliato in te, Ginni. Hai semplicemente un cuore sensibile che sente più intensamente la mancanza di un legame autentico, e questo è umano, non un difetto.
A volte, lavorare su questi vissuti in un contesto protetto aiuta a trasformare il dolore in consapevolezza e forza interiore. Se senti che può esserti utile, potremmo valutare insieme la possibilità di iniziare un percorso: il primo colloquio è gratuito, e, qualora decidessi di proseguire, possiamo venirci incontro sull’aspetto economico, così da rendere il cammino sostenibile per te.
Un caro saluto con rispetto e gentilezza,
Ubaldo Balestriere
grazie di cuore per aver condiviso con tanta sincerità la tua esperienza. Si percepisce chiaramente la profondità con cui vivi i sentimenti, e anche la fatica che provi nel vedere ripetersi dinamiche che ti lasciano delusa e sola. Il dolore che descrivi è reale e merita ascolto, non consigli superficiali.
Capisco quanto possa essere disorientante investire in una relazione in cui avevi creduto, e poi ritrovarti improvvisamente di fronte a un vuoto senza spiegazioni. Quando qualcuno si allontana in modo improvviso, non è un segno del tuo valore, ma spesso della difficoltà dell’altro nel gestire la propria vulnerabilità. Nonostante la delusione, il tuo desiderio di non chiuderti e di rimanere aperta all’amore è una grande forza.
Rispetto al primo punto, può essere utile riconoscere che non puoi controllare i movimenti o le scelte dell’altro, ma puoi coltivare dentro di te uno spazio di centratura e lucidità, quello stato interiore che ti permette di restare connessa ai tuoi bisogni, senza perdere la tua energia nel tentativo di “richiamare” chi non è pronto a esserci.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, il confronto con gli altri è un dolore che tocca corde molto profonde: il senso di ingiustizia, di solitudine, di esclusione. In questi momenti, spesso si attiva una voce interiore che dice “cosa c’è che non va in me?”. Ma non c’è nulla di sbagliato in te, Ginni. Hai semplicemente un cuore sensibile che sente più intensamente la mancanza di un legame autentico, e questo è umano, non un difetto.
A volte, lavorare su questi vissuti in un contesto protetto aiuta a trasformare il dolore in consapevolezza e forza interiore. Se senti che può esserti utile, potremmo valutare insieme la possibilità di iniziare un percorso: il primo colloquio è gratuito, e, qualora decidessi di proseguire, possiamo venirci incontro sull’aspetto economico, così da rendere il cammino sostenibile per te.
Un caro saluto con rispetto e gentilezza,
Ubaldo Balestriere
Buongiorno,
forse, in questo momento, più che focalizzarsi su se stessa, sarebbe opportuno imparare dalla relazione e tornare a mettersi in gioco ... come?
Se vuole contattarmi scopriamo come si può fare.
Un saluto cordiale
Dott.ssa Marzia Sellini
forse, in questo momento, più che focalizzarsi su se stessa, sarebbe opportuno imparare dalla relazione e tornare a mettersi in gioco ... come?
Se vuole contattarmi scopriamo come si può fare.
Un saluto cordiale
Dott.ssa Marzia Sellini
Gentile Utente, buona sera e grazie per aver condiviso qui il suo pensiero e il suo sentire. Sono dispiaciuta nell'apprendere le fatiche che in questo momento sta affrontando, e avrei piacere di soffermarmi su alcuni punti nel suo messaggio. Dalle sue parole avrei necessità di comprendere più approfonditamente il passaggio dai vissuti di solitudine che porta relativamente alla dimensione sociale (amicale e affettiva) al desiderio che questa persona torni, nonostante il ghosting. La mia domanda riguarda il suo sentire attuale, la sua difficoltà emotiva sulla quale si interroga e che culmina con l'espressione "perchè loro si e io no?".
Potrebbe essere utile per lei iniziare ad approfondire questo suo sentire nella sua natura, cercando di comprendere quali siano i pensieri alla base che le fanno percepire i suoi vissuti. Denominare in modo appropriato le emozioni che percepisce potrebbe già essere un buon indicatore della strada da seguire per comprendere da dove venga il tutto. Le scrivo questa riflessione in quanto riuscire a comprendere se ciò che sta avvertendo e che porta qui ha le parvenze di un vissuto di solitudine, piuttosto che un'emozione reattiva a un paragone con l'"altro", potrebbe aiutarla a capire e a vedere con occhi diversi cosa sta cercando effettivamente in questo momento.
Concordo con il feedback che porta relativamente alla sua precedente terapia. La tendenza a idealizzare l'altro o a vedere solo felicità e benessere nell'altro e non in sè, può essere argomento di approfondimenti importanti in cui riflettere sulla validità e sull'utilità di questi pensieri per lei. Vorrei condividere con lei l'assunto che ognuno di noi porta felicità e sofferenze, punti di forza e punti su cui lavorare maggiormente, ognuno con il proprio unico e inimitabile percorso di vita. Una vita perfetta, per quanto le parvenze possano dimostrarlo, in realtà è quasi impossibile, e un percorso di vita normale, prevede momenti di felicità e altri più faticosi, con un susseguirsi continuo delle due periodicità e con una capacità di adattamento che lo consente. Questo per dire che il sentimento di ingiustizia che trapela dal suo messaggio, assieme a vissuti di mancanza di qualcosa per lei, sono comprensibili, ma non sono un futuro certo. Credo che riuscire ad accogliere questi spunti che partono dal suo sentire, potrebbe esserle di aiuto per una sua serenità del tutto personale, a prescindere dall'altro.
Resto a disposizione. Un caro saluto, Dott.ssa Letizia Turchetto
Potrebbe essere utile per lei iniziare ad approfondire questo suo sentire nella sua natura, cercando di comprendere quali siano i pensieri alla base che le fanno percepire i suoi vissuti. Denominare in modo appropriato le emozioni che percepisce potrebbe già essere un buon indicatore della strada da seguire per comprendere da dove venga il tutto. Le scrivo questa riflessione in quanto riuscire a comprendere se ciò che sta avvertendo e che porta qui ha le parvenze di un vissuto di solitudine, piuttosto che un'emozione reattiva a un paragone con l'"altro", potrebbe aiutarla a capire e a vedere con occhi diversi cosa sta cercando effettivamente in questo momento.
Concordo con il feedback che porta relativamente alla sua precedente terapia. La tendenza a idealizzare l'altro o a vedere solo felicità e benessere nell'altro e non in sè, può essere argomento di approfondimenti importanti in cui riflettere sulla validità e sull'utilità di questi pensieri per lei. Vorrei condividere con lei l'assunto che ognuno di noi porta felicità e sofferenze, punti di forza e punti su cui lavorare maggiormente, ognuno con il proprio unico e inimitabile percorso di vita. Una vita perfetta, per quanto le parvenze possano dimostrarlo, in realtà è quasi impossibile, e un percorso di vita normale, prevede momenti di felicità e altri più faticosi, con un susseguirsi continuo delle due periodicità e con una capacità di adattamento che lo consente. Questo per dire che il sentimento di ingiustizia che trapela dal suo messaggio, assieme a vissuti di mancanza di qualcosa per lei, sono comprensibili, ma non sono un futuro certo. Credo che riuscire ad accogliere questi spunti che partono dal suo sentire, potrebbe esserle di aiuto per una sua serenità del tutto personale, a prescindere dall'altro.
Resto a disposizione. Un caro saluto, Dott.ssa Letizia Turchetto
Gentile utente, comprendo la sofferenza e l'intensità delle parole che ha scelto di condividere.
La relazione con un uomo evitante (o con dei tratti simili) può essere complessa proprio perchè nel momento in cui i sentimenti diventano tali da renderlo vulnerabile lui si allontana e non riesce ad affrontare con pienezza l'amore che lei invece gli sta dando. A questo proposito le chiedo: se lui non ha mai imparato (probabilmente, non conosco la sua storia) ad affrontare questa sua parte vulnerabile, come potrebbe farlo ora? Come potrebbe affrontare da solo senza l'aiuto magari di un* professionista qualcosa che lo affligge ma di cui non è pienamente consapevole? Per questo credo sia difficile aspettarlo e sperare in un suo riavvicinamento spontaneo. Inoltre, quanto le è utile per cercare di rimettere in piedi la sua vita e provare a concentrarsi su altro?
Per quanto riguarda la seconda questione, molto spesso nella nostra società (anche a causa dei social network) vediamo le persone intorno a noi come contente, realizzate e soprattutto più felici di noi, ma non sempre questo corrisponde alla realtà. Non sempre le persone esternano i propri problemi e questo contribuisce a una visione distorta della società: in questo modo lei continuerà a fare confronti e non godersi quello che di buono ha lei.
Provi a ragionare su questo e cercare di mettere in pratica l'assenza di confronto.
Spero di esserle stata d'aiuto, dott.ssa Ilaria Bresolin.
La relazione con un uomo evitante (o con dei tratti simili) può essere complessa proprio perchè nel momento in cui i sentimenti diventano tali da renderlo vulnerabile lui si allontana e non riesce ad affrontare con pienezza l'amore che lei invece gli sta dando. A questo proposito le chiedo: se lui non ha mai imparato (probabilmente, non conosco la sua storia) ad affrontare questa sua parte vulnerabile, come potrebbe farlo ora? Come potrebbe affrontare da solo senza l'aiuto magari di un* professionista qualcosa che lo affligge ma di cui non è pienamente consapevole? Per questo credo sia difficile aspettarlo e sperare in un suo riavvicinamento spontaneo. Inoltre, quanto le è utile per cercare di rimettere in piedi la sua vita e provare a concentrarsi su altro?
Per quanto riguarda la seconda questione, molto spesso nella nostra società (anche a causa dei social network) vediamo le persone intorno a noi come contente, realizzate e soprattutto più felici di noi, ma non sempre questo corrisponde alla realtà. Non sempre le persone esternano i propri problemi e questo contribuisce a una visione distorta della società: in questo modo lei continuerà a fare confronti e non godersi quello che di buono ha lei.
Provi a ragionare su questo e cercare di mettere in pratica l'assenza di confronto.
Spero di esserle stata d'aiuto, dott.ssa Ilaria Bresolin.
Buongiorno Ginni,
la ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità ciò che sta vivendo. Nelle sue parole emerge un dolore profondo legato al sentirsi sola, al non riuscire a trovare uno spazio di reciprocità e continuità nelle relazioni. È comprensibile che tutto questo generi tristezza e senso di ingiustizia, soprattutto quando si ha la sensazione di “fare tutto bene” eppure di non ricevere lo stesso in cambio.
Situazioni come quella che descrive — l’allontanamento improvviso di una persona significativa, il confronto con gli altri che “sembrano avere ciò che manca a noi” — toccano aspetti molto intimi dell’autostima e del modo in cui ci percepiamo nel mondo. È importante riconoscere che, per quanto possiamo desiderare un cambiamento negli altri, l’unico spazio su cui possiamo realmente agire è quello del nostro vissuto interno, del modo in cui rispondiamo a ciò che accade.
Comprendo anche la difficoltà nel proseguire un percorso terapeutico per motivi economici, ma uno spazio di ascolto professionale — anche breve o in contesti pubblici o a costi calmierati — potrebbe offrirle un sostegno prezioso per elaborare questo dolore e ritrovare una direzione più serena. Approcci come la terapia cognitivo-comportamentale o l’Acceptance and Commitment Therapy, che integrano la mindfulness, possono aiutare a lavorare sulla sofferenza senza giudizio e a sviluppare nuove modalità di relazione con se stessi e con gli altri. Ci sono tanti psicologi e approcci, ed è normale cambiare il professionista o discutere con il nostro psicologo l'andamento della terapia.
Le auguro di poter trovare uno spazio sicuro in cui sentirsi accolta e compresa nel suo percorso.
Un caro saluto, Dott.ssa Ilaria Truzzi
la ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità ciò che sta vivendo. Nelle sue parole emerge un dolore profondo legato al sentirsi sola, al non riuscire a trovare uno spazio di reciprocità e continuità nelle relazioni. È comprensibile che tutto questo generi tristezza e senso di ingiustizia, soprattutto quando si ha la sensazione di “fare tutto bene” eppure di non ricevere lo stesso in cambio.
Situazioni come quella che descrive — l’allontanamento improvviso di una persona significativa, il confronto con gli altri che “sembrano avere ciò che manca a noi” — toccano aspetti molto intimi dell’autostima e del modo in cui ci percepiamo nel mondo. È importante riconoscere che, per quanto possiamo desiderare un cambiamento negli altri, l’unico spazio su cui possiamo realmente agire è quello del nostro vissuto interno, del modo in cui rispondiamo a ciò che accade.
Comprendo anche la difficoltà nel proseguire un percorso terapeutico per motivi economici, ma uno spazio di ascolto professionale — anche breve o in contesti pubblici o a costi calmierati — potrebbe offrirle un sostegno prezioso per elaborare questo dolore e ritrovare una direzione più serena. Approcci come la terapia cognitivo-comportamentale o l’Acceptance and Commitment Therapy, che integrano la mindfulness, possono aiutare a lavorare sulla sofferenza senza giudizio e a sviluppare nuove modalità di relazione con se stessi e con gli altri. Ci sono tanti psicologi e approcci, ed è normale cambiare il professionista o discutere con il nostro psicologo l'andamento della terapia.
Le auguro di poter trovare uno spazio sicuro in cui sentirsi accolta e compresa nel suo percorso.
Un caro saluto, Dott.ssa Ilaria Truzzi
Cara Ginni,
ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza con tanta sincerità e profondità. Quello che descrivi tocca temi molto umani: il desiderio di connessione, la paura dell’abbandono e il senso di solitudine quando gli altri sembrano avere ciò che a noi manca. È comprensibile che tu provi dolore e smarrimento, soprattutto dopo una delusione importante vissuta con una persona in cui avevi creduto.
Rispetto al primo punto, è importante ricordare che quando qualcuno sceglie di allontanarsi, per quanto difficile, non possiamo forzare un riavvicinamento. Le persone con tratti evitanti tendono a fuggire quando il legame emotivo diventa troppo intenso o percepito come “rischioso”. La cosa migliore che puoi fare ora è non rincorrerlo, ma lasciare che sia lui — se e quando sarà pronto — a fare un passo verso di te. In questo tempo, prova a concentrarti non sull’attesa, ma sul recuperare fiducia nella tua capacità di costruire legami sani, con chi può esserci davvero.
Per quanto riguarda il secondo punto, il confronto con gli altri è qualcosa che spesso amplifica la sofferenza. Quando ci sembra che “tutti abbiano qualcuno tranne noi”, entriamo in una spirale di autosvalutazione che non riflette la realtà. Non è un difetto tuo, né un destino: è semplicemente una fase della vita in cui i tuoi bisogni affettivi non trovano ancora corrispondenza. E non c’è nulla di “sbagliato” in te per questo.
Le frasi che ricevi dagli altri sono dolorose e ingiuste: dicono più di loro che di te. È comprensibile sentirsi stanchi e delusi, ma il fatto che tu non voglia mollare dimostra una grande forza interiore.
Forse non si tratta più di “non idealizzare” o “uscire con tutti”, come ti è stato detto, ma di lavorare su come tollerare la frustrazione dell’attesa e sul senso di vuoto che si attiva nei momenti di solitudine. Questi aspetti richiedono uno spazio di ascolto profondo e continuativo, che solo una relazione terapeutica può offrire.
Ti consiglierei, se possibile, di rivolgerti nuovamente a uno specialista, magari valutando anche opzioni con tariffe agevolate o servizi pubblici. Lavorare insieme su questi vissuti può davvero aiutarti a ritrovare equilibrio, serenità e fiducia nel legame con gli altri.
Con affetto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza con tanta sincerità e profondità. Quello che descrivi tocca temi molto umani: il desiderio di connessione, la paura dell’abbandono e il senso di solitudine quando gli altri sembrano avere ciò che a noi manca. È comprensibile che tu provi dolore e smarrimento, soprattutto dopo una delusione importante vissuta con una persona in cui avevi creduto.
Rispetto al primo punto, è importante ricordare che quando qualcuno sceglie di allontanarsi, per quanto difficile, non possiamo forzare un riavvicinamento. Le persone con tratti evitanti tendono a fuggire quando il legame emotivo diventa troppo intenso o percepito come “rischioso”. La cosa migliore che puoi fare ora è non rincorrerlo, ma lasciare che sia lui — se e quando sarà pronto — a fare un passo verso di te. In questo tempo, prova a concentrarti non sull’attesa, ma sul recuperare fiducia nella tua capacità di costruire legami sani, con chi può esserci davvero.
Per quanto riguarda il secondo punto, il confronto con gli altri è qualcosa che spesso amplifica la sofferenza. Quando ci sembra che “tutti abbiano qualcuno tranne noi”, entriamo in una spirale di autosvalutazione che non riflette la realtà. Non è un difetto tuo, né un destino: è semplicemente una fase della vita in cui i tuoi bisogni affettivi non trovano ancora corrispondenza. E non c’è nulla di “sbagliato” in te per questo.
Le frasi che ricevi dagli altri sono dolorose e ingiuste: dicono più di loro che di te. È comprensibile sentirsi stanchi e delusi, ma il fatto che tu non voglia mollare dimostra una grande forza interiore.
Forse non si tratta più di “non idealizzare” o “uscire con tutti”, come ti è stato detto, ma di lavorare su come tollerare la frustrazione dell’attesa e sul senso di vuoto che si attiva nei momenti di solitudine. Questi aspetti richiedono uno spazio di ascolto profondo e continuativo, che solo una relazione terapeutica può offrire.
Ti consiglierei, se possibile, di rivolgerti nuovamente a uno specialista, magari valutando anche opzioni con tariffe agevolate o servizi pubblici. Lavorare insieme su questi vissuti può davvero aiutarti a ritrovare equilibrio, serenità e fiducia nel legame con gli altri.
Con affetto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buongiorno,
dalle sue parole emerge una sofferenza che non riguarda solo la perdita di una relazione, ma la sensazione di essere rimasta fuori da qualcosa che per lei rappresenta completezza: la coppia, l’appartenenza, il riconoscimento. È come se ogni incontro deludente riattivasse un dolore antico, quello di sentirsi invisibile pur avendo tanto da offrire.
Mi colpisce che, pur avendo lucidità e capacità di introspezione, lei si trovi a ripetere relazioni che finiscono nello stesso modo: entusiaste all’inizio, poi interrotte bruscamente. Questo tipo di esperienza tende a riprodurre una dinamica di attesa e di speranza che, invece di aprire possibilità, la lascia sempre nella posizione di chi aspetta di essere scelta.
Il punto di cui parla pare porla davanti alla domanda su che valore attribuisce a sé quando non è scelta da qualcuno, e su come potrebbe iniziare a pensarsi non solo come persona in cerca di un legame, ma come soggetto che può generarlo.
dalle sue parole emerge una sofferenza che non riguarda solo la perdita di una relazione, ma la sensazione di essere rimasta fuori da qualcosa che per lei rappresenta completezza: la coppia, l’appartenenza, il riconoscimento. È come se ogni incontro deludente riattivasse un dolore antico, quello di sentirsi invisibile pur avendo tanto da offrire.
Mi colpisce che, pur avendo lucidità e capacità di introspezione, lei si trovi a ripetere relazioni che finiscono nello stesso modo: entusiaste all’inizio, poi interrotte bruscamente. Questo tipo di esperienza tende a riprodurre una dinamica di attesa e di speranza che, invece di aprire possibilità, la lascia sempre nella posizione di chi aspetta di essere scelta.
Il punto di cui parla pare porla davanti alla domanda su che valore attribuisce a sé quando non è scelta da qualcuno, e su come potrebbe iniziare a pensarsi non solo come persona in cerca di un legame, ma come soggetto che può generarlo.
Cara Ginni, ti ringrazio per aver condiviso in modo sincero e aperto la tua esperienza. Comprendo quanto possa essere doloroso vivere la sensazione di solitudine e di assenza dal legame che desidereresti creare.
Provo a rispondere ai due punti che poni.
1. Riguardo al tuo ex compagno
Il bisogno di un chiarimento, o di un riavvicinamento, è comprensibile: le sparizioni improvvise sono difficili da elaborare poiché è mancato il momento di chiusura, necessario in ogni rapporto.
Potrebbe aiutarti considerare non solo lui come individuo ma anche la dinamica che si è creata tra voi al fine di meglio comprendere attraverso quale modalità scegliamo il partner: a volte il partner evitante trova qualcuno che spera di poterlo “raggiungere” con la vicinanza emotiva ma al contempo è molto difficile per lui stare a contatto con questo aspetto e gestire questa dinamica può diventare complesso.
2. Il confronto con gli altri e il senso di ingiustizia
Il dolore che descrivi nel vedere gli altri con famiglie e relazioni stabili è autentico, dettato anche dai pregiudizi sociali. Il rischio è che il confronto costante con ciò che vedi negli altri alimenti ancor più la sofferenza e faccia sembrare il tuo valore personale legato a ciò che ancora non hai.
Può aiutare provare a “spostare lo sguardo”: più che chiederti “perché io no e loro sì?”, chiederti quali connessioni, anche piccole, sono già presenti nella tua vita e come coltivarle. A volte la costruzione di un senso di appartenenza non passa subito per la coppia ma attraverso reti amicali, attività condivise, spazi in cui puoi sentirti riconosciuta e accolta.
Infine, le frasi che ti vengono rivolte (“zitella”, “da sola alla tua età…”) non parlano di te ma di chi le dice, di stereotipi e paure sociali. Cercare di proteggerti da queste etichette — magari anche condividendo con qualcuno di fiducia come ti fanno sentire — è un passo importante per non farti definire dagli altri.
Un caro saluto
Dott.ssa Greta Bosio
Provo a rispondere ai due punti che poni.
1. Riguardo al tuo ex compagno
Il bisogno di un chiarimento, o di un riavvicinamento, è comprensibile: le sparizioni improvvise sono difficili da elaborare poiché è mancato il momento di chiusura, necessario in ogni rapporto.
Potrebbe aiutarti considerare non solo lui come individuo ma anche la dinamica che si è creata tra voi al fine di meglio comprendere attraverso quale modalità scegliamo il partner: a volte il partner evitante trova qualcuno che spera di poterlo “raggiungere” con la vicinanza emotiva ma al contempo è molto difficile per lui stare a contatto con questo aspetto e gestire questa dinamica può diventare complesso.
2. Il confronto con gli altri e il senso di ingiustizia
Il dolore che descrivi nel vedere gli altri con famiglie e relazioni stabili è autentico, dettato anche dai pregiudizi sociali. Il rischio è che il confronto costante con ciò che vedi negli altri alimenti ancor più la sofferenza e faccia sembrare il tuo valore personale legato a ciò che ancora non hai.
Può aiutare provare a “spostare lo sguardo”: più che chiederti “perché io no e loro sì?”, chiederti quali connessioni, anche piccole, sono già presenti nella tua vita e come coltivarle. A volte la costruzione di un senso di appartenenza non passa subito per la coppia ma attraverso reti amicali, attività condivise, spazi in cui puoi sentirti riconosciuta e accolta.
Infine, le frasi che ti vengono rivolte (“zitella”, “da sola alla tua età…”) non parlano di te ma di chi le dice, di stereotipi e paure sociali. Cercare di proteggerti da queste etichette — magari anche condividendo con qualcuno di fiducia come ti fanno sentire — è un passo importante per non farti definire dagli altri.
Un caro saluto
Dott.ssa Greta Bosio
Buongiorno Ginni, le sue parole trasmettono una grande sensibilità e anche una profonda stanchezza emotiva. Si percepisce chiaramente quanto la solitudine e le delusioni sentimentali l’abbiano segnata, così come il senso di ingiustizia che accompagna la domanda “perché io no e gli altri sì”. È una domanda che molte persone si pongono nei momenti in cui la vita sembra togliere più di quanto dia, e non c’è nulla di strano nel provare dolore per questo. La sua fatica non è un segno di debolezza, ma di quanto abbia amato e di quanto desideri costruire legami veri e reciproci. Per quanto riguarda la persona che si è allontanata, è comprensibile che la scomparsa improvvisa, senza spiegazioni, le abbia lasciato una ferita aperta. Il ghosting lascia spesso un senso di smarrimento e di colpa, come se avessimo sbagliato qualcosa o non fossimo stati abbastanza. In realtà, ciò che accade in questi casi parla più delle difficoltà dell’altro che di un nostro valore. Le persone evitanti tendono a fuggire non per mancanza di sentimento, ma per la paura di viverlo fino in fondo. Tuttavia, non è possibile forzare un riavvicinamento: qualunque gesto in quella direzione rischierebbe di riattivare il ciclo di attesa e delusione. Il passo più utile, per quanto difficile, è accettare che l’unica parte su cui lei ha potere è la sua. La scelta di non inseguire, di non chiedere spiegazioni ulteriori, può diventare un atto di rispetto verso se stessa. Capisco però che questo non tolga il dolore immediato. Quando scrive che “non vuole mollare”, sembra che dentro di lei convivano due bisogni diversi: da un lato la speranza di un contatto, dall’altro la necessità di non restare intrappolata in un’attesa che la fa soffrire. Forse potrebbe iniziare a considerare la possibilità che “non mollare” significhi non rinunciare alla fiducia nell’amore, più che inseguire una persona precisa. È possibile che ciò che oggi le sembra una perdita, col tempo diventi un modo per conoscersi meglio e capire che tipo di legame desidera davvero. Riguardo al senso di esclusione nel vedere gli altri “avere ciò che lei non ha”, è naturale che questo la faccia soffrire. Ma ciò che spesso non si vede da fuori è che molte delle persone che sembrano “arrivate” vivono comunque fatiche e fragilità che non appaiono. Il confronto costante con gli altri finisce per erodere l’autostima e farle credere che ci sia qualcosa di sbagliato in lei, ma non è così. La mancanza di relazioni stabili non è una misura del suo valore, ma il risultato di incastri, tempi e circostanze che non sempre dipendono da noi. In un’ottica cognitivo-comportamentale, può essere utile iniziare a osservare come certi pensieri – ad esempio “gli altri sì e io no” o “nessuno mi vuole davvero” – influenzino il suo umore e il suo comportamento. Non si tratta di negare il dolore, ma di imparare a rispondere a quei pensieri con maggiore flessibilità. Si può provare, per esempio, a riconoscere che la solitudine è un’esperienza, non un’identità. Non definisce chi è, ma descrive un momento della sua vita che può cambiare. Anche piccoli passi, come curare relazioni già esistenti o partecipare ad attività dove l’incontro nasce da interessi comuni, possono nel tempo aprire possibilità più autentiche rispetto ai contatti virtuali. Lei dimostra una grande capacità di riflettere su ciò che prova e di non arrendersi, e questa è una base preziosa su cui costruire. È importante non ridurre il proprio valore al fatto di avere o meno qualcuno accanto. A volte il modo più profondo per ritrovare speranza non è aspettare che arrivi chi la veda, ma iniziare a vivere come se la sua presenza valesse già, indipendentemente da chi resta o da chi se ne va. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Cara Ginni,
Le tue parole trasmettono tanta sensibilità e autenticità. Si percepisce il bisogno profondo di connessione, ma anche la delusione e la fatica di sentirsi soli in un mondo che sembra procedere altrove.
Il dolore che descrivi dopo la sparizione di una persona importante è del tutto legittimo. Quando qualcuno si allontana senza spiegazioni, lascia dietro di sé un vuoto difficile da comprendere e da elaborare. È naturale cercare un senso, soprattutto quando la relazione aveva avuto basi sincere e un futuro condiviso. Tuttavia, non sempre le risposte che cerchiamo possono arrivare dall’altro: a volte devono formarsi dentro di noi, nel tempo, accettando che l’assenza di spiegazioni è già una risposta, per quanto dolorosa.
Riguardo al confronto con gli altri (le coppie, le famiglie, le vite che sembrano complete) è comprensibile che tu senta un senso di esclusione o ingiustizia. Ma ognuno percorre il proprio cammino con ritmi e forme diverse: non esiste un momento “giusto” per avere una relazione o costruire una famiglia. Il tuo percorso non è sbagliato, è semplicemente tuo.
Essere soli non significa essere “difettosi”: significa trovarsi in una fase in cui la vita chiede spazio per altre scoperte, forse più intime, forse più profonde. Il desiderio di amore rimane un valore, non una debolezza.
Prenditi il tempo di riconoscere ciò che provi, senza giudicarti e senza doverlo “risolvere” subito. Le emozioni, se ascoltate con rispetto, trovano la loro strada.
Con affetto e rispetto
Le tue parole trasmettono tanta sensibilità e autenticità. Si percepisce il bisogno profondo di connessione, ma anche la delusione e la fatica di sentirsi soli in un mondo che sembra procedere altrove.
Il dolore che descrivi dopo la sparizione di una persona importante è del tutto legittimo. Quando qualcuno si allontana senza spiegazioni, lascia dietro di sé un vuoto difficile da comprendere e da elaborare. È naturale cercare un senso, soprattutto quando la relazione aveva avuto basi sincere e un futuro condiviso. Tuttavia, non sempre le risposte che cerchiamo possono arrivare dall’altro: a volte devono formarsi dentro di noi, nel tempo, accettando che l’assenza di spiegazioni è già una risposta, per quanto dolorosa.
Riguardo al confronto con gli altri (le coppie, le famiglie, le vite che sembrano complete) è comprensibile che tu senta un senso di esclusione o ingiustizia. Ma ognuno percorre il proprio cammino con ritmi e forme diverse: non esiste un momento “giusto” per avere una relazione o costruire una famiglia. Il tuo percorso non è sbagliato, è semplicemente tuo.
Essere soli non significa essere “difettosi”: significa trovarsi in una fase in cui la vita chiede spazio per altre scoperte, forse più intime, forse più profonde. Il desiderio di amore rimane un valore, non una debolezza.
Prenditi il tempo di riconoscere ciò che provi, senza giudicarti e senza doverlo “risolvere” subito. Le emozioni, se ascoltate con rispetto, trovano la loro strada.
Con affetto e rispetto
Cara Ginni,
dalle tue parole traspare una mente riflessiva e profonda: sei una persona che analizza, che cerca significati, che sente intensamente e che dà valore ai legami. Questo tipo di funzionamento porta con sé una grande ricchezza emotiva, ma può diventare fonte di sofferenza quando non trova dall’altra parte la stessa disponibilità o la stessa profondità.
L'approccio che descrivi sembra muoversi su due piani: da un lato il desiderio di capire, di dare un senso agli eventi e di “riparare” le rotture; dall’altro, una tendenza a interiorizzare molto ciò che accade, trasformando il comportamento degli altri in una sorta di misura del proprio valore.
Questo processo può generare un circolo di pensieri autoriferiti (“perché io no?”), che mantengono viva la sensazione di esclusione o di ingiustizia, anche quando razionalmente sappiamo che non dipende da noi.
Nelle persone molto sensibili è comune che la mente lavori per trovare coerenza e risposte, ma l’eccesso di analisi può diventare una forma di controllo che, anziché proteggere, mantiene il dolore attivo.
Imparare a riconoscere quando la mente sta “cercando spiegazioni” invece di “cercare sollievo” è uno dei passaggi fondamentali per uscire da questa spirale.
Desiderare un legame autentico non è debolezza, è una necessità umana.
Questo desiderio rischia però di divenire il punto di riferimento costante e di spostare il focus dall’esperienza del presente (“come sto io, ora?”) a quella della mancanza o della programmazione futura (“perché non ho ciò che hanno gli altri?”).
Riconoscere e accogliere questa differenza di prospettiva può aiutare molto a ridurre il senso di ingiustizia e solitudine.
Ginni, quello che descrivi è un modo di sentire che merita spazio, comprensione e strumenti nuovi per essere gestito.
Se lo desideri, possiamo approfondire insieme queste modalità di pensiero e trovare strategie. A volte basta un percorso breve per cambiare in modo significativo la qualità del proprio equilibrio emotivo.
Resto disponibile per un colloquio conoscitivo o per concordare un percorso di supporto personalizzato. Flaminia
dalle tue parole traspare una mente riflessiva e profonda: sei una persona che analizza, che cerca significati, che sente intensamente e che dà valore ai legami. Questo tipo di funzionamento porta con sé una grande ricchezza emotiva, ma può diventare fonte di sofferenza quando non trova dall’altra parte la stessa disponibilità o la stessa profondità.
L'approccio che descrivi sembra muoversi su due piani: da un lato il desiderio di capire, di dare un senso agli eventi e di “riparare” le rotture; dall’altro, una tendenza a interiorizzare molto ciò che accade, trasformando il comportamento degli altri in una sorta di misura del proprio valore.
Questo processo può generare un circolo di pensieri autoriferiti (“perché io no?”), che mantengono viva la sensazione di esclusione o di ingiustizia, anche quando razionalmente sappiamo che non dipende da noi.
Nelle persone molto sensibili è comune che la mente lavori per trovare coerenza e risposte, ma l’eccesso di analisi può diventare una forma di controllo che, anziché proteggere, mantiene il dolore attivo.
Imparare a riconoscere quando la mente sta “cercando spiegazioni” invece di “cercare sollievo” è uno dei passaggi fondamentali per uscire da questa spirale.
Desiderare un legame autentico non è debolezza, è una necessità umana.
Questo desiderio rischia però di divenire il punto di riferimento costante e di spostare il focus dall’esperienza del presente (“come sto io, ora?”) a quella della mancanza o della programmazione futura (“perché non ho ciò che hanno gli altri?”).
Riconoscere e accogliere questa differenza di prospettiva può aiutare molto a ridurre il senso di ingiustizia e solitudine.
Ginni, quello che descrivi è un modo di sentire che merita spazio, comprensione e strumenti nuovi per essere gestito.
Se lo desideri, possiamo approfondire insieme queste modalità di pensiero e trovare strategie. A volte basta un percorso breve per cambiare in modo significativo la qualità del proprio equilibrio emotivo.
Resto disponibile per un colloquio conoscitivo o per concordare un percorso di supporto personalizzato. Flaminia
Cara Ginni, leggendo questo tuo scritto mi sembra che tu abbia vissuto una relazione in cui ti sei sentita vista, riconosciuta e poi improvvisamente abbandonata. Questo tipo di esperienza lascia un vuoto difficile da colmare: non solo per l’assenza dell’altro, ma per l’impossibilità di dare un senso a ciò che è accaduto. È umano desiderare un ritorno, una spiegazione, qualcosa che ci restituisca dignità. Tuttavia, quando l’altro si chiude, ci lascia con una domanda che rischia di trasformarsi in colpa o in mancanza personale. In realtà, come sembri intuire, questo gesto parla più della sua difficoltà a sostenere la vicinanza, che non di un tuo errore. Per quanto riguarda il secondo dolore, quello della solitudine confrontata con gli altri, mi sembra che tu stia dando voce a una delle ferite più profonde: quella dell’esserci e non sentirsi appartenere. Ogni frase ricevuta, ogni sguardo che giudica, ogni coppia felice che passa accanto sembra amplificare una sensazione di esclusione che diventa poi vergogna, quasi colpa. Ma non è colpa tua. E non sei sola. In questo senso, forse la direzione non è “focalizzati su te stessa”, come ti è stato detto, anche con buone intenzioni, ma “concediti di essere accompagnata”. Non nel senso di trovare subito un compagno o un gruppo di amici, ma di non portare da sola questo peso. Anche uno spazio terapeutico, che capisco non sia semplice da mantenere, può diventare luogo in cui non dover farcela da sola. Se un giorno dovesse aprirsi questa possibilità, magari anche attraverso percorsi gratuiti o sociali, potrebbe essere un nuovo inizio. Ti auguro sinceramente il meglio! Dott.ssa Giulia Redondi
Gentile utente credo che il modo migliore per trattare le tematiche riportate sia quello di intraprendere un percorso di supporto psicologico.
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
salve, è difficile rispondere a queste cose, se non cambia l'altro partner è difficile che poi noi riusciamo a farci un futuro ovviamente bisogna lavorare su di sè ma anche l'altro grazie
Gent.ma Ginni,
il suo racconto è coinvolgente e parla di una profonda sofferenza e insoddisfazione. Parla anche di senso di impotenza verso un destino che sembra accanirsi verso di lei, non lasciandole altre alternative al sentirsi sola e piangere di tutto ciò che le manca e che gli altri sembrano avere.
Non ci sono consigli giusti che può trovare su questo forum, mi dispiace. Non c'è un modo per condizionare il comportamento degli altri e spingerli a interessarsi di lei, a venire a cercarla o a vivere una relazione sentimentale. Così come non c'è un modo per rimediare al suo sentimento di invidia o di gelosia, senza muoversi e non fare nulla, se non contemplare le sue mancanze nel paragone con gli altri.
Ma ci sono molte altre cose che può fare e, ahimè, anche se non vuole sentirselo dire, partono necessariamente ed esclusivamente da sé stessa. Il suo atteggiamento, il suo modo di organizzare il tempo, le sue abitudini, il suo modo di comunicare o di agire, sono tutti aspetti che solo lei può decidere di gestire e imparare a modificare. Se anche volesse avvalersi del supporto psicologico, non sarà per ottenere risposte facili e consigli di pronto utilizzo, ma solo per prendere consapevolezza dei mezzi che ha già a disposizione per cambiare la sua vita in meglio.
Lei stessa si è presentata elencando i suoi migliori attributi e su questi deve cominciare a basare le sue scelte di valore. Non per condizionare il comportamento di altre persone verso di lei, ma per condizionare il suo modo di affrontare tutte le situazioni della vita, le connessioni sociali, le attività coinvolgenti che più l'appassionano, le cose che rendono la sua vita densa di significato e i suoi sogni da realizzare. Deve potersi coricare la sera ed elencare le cose belle della sua giornata e ritenersi soddisfatta di come ha contribuito a rendere la sua vita più soddisfacente. E questo non ha nulla a che fare con il modo di pensare, di agire o di esistere delle altre persone. Si liberi da questo fardello, lasci andare gli altri e cominci a costruire la sua felicità con le sue potenzialità interiori. Camminando a testa alta, con autostima e rispetto per sé stessa, lascerà sempre un'impronta positiva del suo passaggio e questo avrà solo ricadute positive sul suo mondo relazionale a 360 gradi.
Spero perdonerà il mio modo diretto per scuoterla da questo torpore, ma consolarla dei suoi affanni e rassicurarla che tutto andrà bene semplicemente aspettando, sarebbero messaggi inutili.
Mi scriva pure, se lo desidera. Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
il suo racconto è coinvolgente e parla di una profonda sofferenza e insoddisfazione. Parla anche di senso di impotenza verso un destino che sembra accanirsi verso di lei, non lasciandole altre alternative al sentirsi sola e piangere di tutto ciò che le manca e che gli altri sembrano avere.
Non ci sono consigli giusti che può trovare su questo forum, mi dispiace. Non c'è un modo per condizionare il comportamento degli altri e spingerli a interessarsi di lei, a venire a cercarla o a vivere una relazione sentimentale. Così come non c'è un modo per rimediare al suo sentimento di invidia o di gelosia, senza muoversi e non fare nulla, se non contemplare le sue mancanze nel paragone con gli altri.
Ma ci sono molte altre cose che può fare e, ahimè, anche se non vuole sentirselo dire, partono necessariamente ed esclusivamente da sé stessa. Il suo atteggiamento, il suo modo di organizzare il tempo, le sue abitudini, il suo modo di comunicare o di agire, sono tutti aspetti che solo lei può decidere di gestire e imparare a modificare. Se anche volesse avvalersi del supporto psicologico, non sarà per ottenere risposte facili e consigli di pronto utilizzo, ma solo per prendere consapevolezza dei mezzi che ha già a disposizione per cambiare la sua vita in meglio.
Lei stessa si è presentata elencando i suoi migliori attributi e su questi deve cominciare a basare le sue scelte di valore. Non per condizionare il comportamento di altre persone verso di lei, ma per condizionare il suo modo di affrontare tutte le situazioni della vita, le connessioni sociali, le attività coinvolgenti che più l'appassionano, le cose che rendono la sua vita densa di significato e i suoi sogni da realizzare. Deve potersi coricare la sera ed elencare le cose belle della sua giornata e ritenersi soddisfatta di come ha contribuito a rendere la sua vita più soddisfacente. E questo non ha nulla a che fare con il modo di pensare, di agire o di esistere delle altre persone. Si liberi da questo fardello, lasci andare gli altri e cominci a costruire la sua felicità con le sue potenzialità interiori. Camminando a testa alta, con autostima e rispetto per sé stessa, lascerà sempre un'impronta positiva del suo passaggio e questo avrà solo ricadute positive sul suo mondo relazionale a 360 gradi.
Spero perdonerà il mio modo diretto per scuoterla da questo torpore, ma consolarla dei suoi affanni e rassicurarla che tutto andrà bene semplicemente aspettando, sarebbero messaggi inutili.
Mi scriva pure, se lo desidera. Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Buongiorno Ginni,
dalle sue parole si percepisce un grande bisogno di vicinanza autentica e, insieme, tanta lucidità nel comprendere ciò che le accade. Il dolore che descrive è un dolore profondo e molto umano, che merita ascolto e rispetto.
Rispetto al primo punto, il desiderio che questa persona possa riavvicinarsi è comprensibile, ma ciò che oggi sembra più importante è capire cosa la trattiene legata a qualcuno che è scomparso lasciandola con domande senza risposta. Spesso, quando un legame si interrompe bruscamente, rimaniamo intrappolati nell’attesa di una spiegazione che possa darci senso e sollievo. Ma quel senso, purtroppo, può arrivare solo da un percorso di elaborazione, non dalla persona che se n’è andata.
Sul secondo punto, il confronto con gli altri e con ciò che sembra mancarle può diventare molto doloroso. Più che “focalizzarsi su se stessa”, forse potrebbe provare a riconoscere e dare voce a quel senso di ingiustizia e di mancanza che sente, senza giudicarsi. Non è una debolezza desiderare amore e appartenenza: è una parte profonda dell’essere umano.
dalle sue parole si percepisce un grande bisogno di vicinanza autentica e, insieme, tanta lucidità nel comprendere ciò che le accade. Il dolore che descrive è un dolore profondo e molto umano, che merita ascolto e rispetto.
Rispetto al primo punto, il desiderio che questa persona possa riavvicinarsi è comprensibile, ma ciò che oggi sembra più importante è capire cosa la trattiene legata a qualcuno che è scomparso lasciandola con domande senza risposta. Spesso, quando un legame si interrompe bruscamente, rimaniamo intrappolati nell’attesa di una spiegazione che possa darci senso e sollievo. Ma quel senso, purtroppo, può arrivare solo da un percorso di elaborazione, non dalla persona che se n’è andata.
Sul secondo punto, il confronto con gli altri e con ciò che sembra mancarle può diventare molto doloroso. Più che “focalizzarsi su se stessa”, forse potrebbe provare a riconoscere e dare voce a quel senso di ingiustizia e di mancanza che sente, senza giudicarsi. Non è una debolezza desiderare amore e appartenenza: è una parte profonda dell’essere umano.
Gentile Ginni,
La ringrazio per aver condiviso con tanta apertura una parte così significativa della sua storia. Dalle sue parole emerge con forza il desiderio di costruire relazioni autentiche, insieme al dolore per le delusioni, la solitudine e quel senso di esclusione che può farsi sentire ogni giorno.
Si percepisce il percorso che ha già intrapreso su di sé e la consapevolezza con cui osserva ciò che accade. Anche se in questo momento si sente scoraggiata, questo non significa che abbia sbagliato strada: a volte è proprio il dolore che ci segnala che stiamo toccando qualcosa di autentico.
Per quanto riguarda il primo punto, comprendo profondamente il bisogno di chiarezza e la speranza che quella persona possa, in qualche modo, tornare o dare una spiegazione. Il silenzio, soprattutto dopo una relazione significativa, lascia una ferita complessa da elaborare.
In questo momento, può essere prezioso dare spazio a ciò che sta provando: il vuoto, la rabbia, il bisogno di chiudere un cerchio aperto. Ha già riconosciuto che non si può forzare l’altro, e questo è un passaggio importante.
Sul secondo punto, sento quanto possa pesare il confronto con gli altri e quella sensazione di essere “fuori dal cerchio”, mentre il mondo intorno sembra andare avanti. Il dolore che descrive non va sminuito o risolto con frasi di circostanza. È un dolore reale, e merita rispetto.
Le emozioni che vive hanno un senso e non è “sbagliata” nel provarle. Questo è un momento della sua vita in cui ha tutto il diritto di chiedere sostegno, vicinanza, ascolto. .
La ringrazio per aver condiviso con tanta apertura una parte così significativa della sua storia. Dalle sue parole emerge con forza il desiderio di costruire relazioni autentiche, insieme al dolore per le delusioni, la solitudine e quel senso di esclusione che può farsi sentire ogni giorno.
Si percepisce il percorso che ha già intrapreso su di sé e la consapevolezza con cui osserva ciò che accade. Anche se in questo momento si sente scoraggiata, questo non significa che abbia sbagliato strada: a volte è proprio il dolore che ci segnala che stiamo toccando qualcosa di autentico.
Per quanto riguarda il primo punto, comprendo profondamente il bisogno di chiarezza e la speranza che quella persona possa, in qualche modo, tornare o dare una spiegazione. Il silenzio, soprattutto dopo una relazione significativa, lascia una ferita complessa da elaborare.
In questo momento, può essere prezioso dare spazio a ciò che sta provando: il vuoto, la rabbia, il bisogno di chiudere un cerchio aperto. Ha già riconosciuto che non si può forzare l’altro, e questo è un passaggio importante.
Sul secondo punto, sento quanto possa pesare il confronto con gli altri e quella sensazione di essere “fuori dal cerchio”, mentre il mondo intorno sembra andare avanti. Il dolore che descrive non va sminuito o risolto con frasi di circostanza. È un dolore reale, e merita rispetto.
Le emozioni che vive hanno un senso e non è “sbagliata” nel provarle. Questo è un momento della sua vita in cui ha tutto il diritto di chiedere sostegno, vicinanza, ascolto. .
Salve, mi dispiace che purtroppo ha dovuto abbandonare il percorso con la psicologa per motivi economici. Lei non può cercare qui o altrove le risposte per sapere come muoversi nella maniera più efficace con una persona evitante, quello è un problema che dovrebbe risolvere la persona e non lei. Certo lei potrebbe aiutarlo ad aprirsi, ma è sicura di assumersene la responsabilità, le farebbe bene questa relazione?
Cordiali saluti.
Dott.Salvatore Augello.
Cordiali saluti.
Dott.Salvatore Augello.
capisco profondamente il dolore e la frustrazione che stai vivendo. Quando qualcuno sparisce senza spiegazioni, lascia un vuoto che tocca la dignità e il cuore. Ma il suo silenzio parla delle sue paure, non del tuo valore. Se davvero vorrà tornare, dovrà farlo lui: tu ora meriti pace, non attese.
Il confronto con gli altri è umano, ma non sei “indietro”: la tua strada è solo diversa. La solitudine non è un difetto, e il tuo desiderio d’amore è legittimo. Prova, se puoi, a cercare piccoli spazi nuovi, luoghi o attività dove sentirti accolta senza dover dimostrare nulla.
Non c’è niente di sbagliato in te: hai solo tanto amore da dare, e la persona giusta saprà riconoscerlo.
Il confronto con gli altri è umano, ma non sei “indietro”: la tua strada è solo diversa. La solitudine non è un difetto, e il tuo desiderio d’amore è legittimo. Prova, se puoi, a cercare piccoli spazi nuovi, luoghi o attività dove sentirti accolta senza dover dimostrare nulla.
Non c’è niente di sbagliato in te: hai solo tanto amore da dare, e la persona giusta saprà riconoscerlo.
Salve Ginni,
ci sono situazioni in cui le relazioni cambiano improvvisamente, lasciando spazio a emozioni complesse. Allo stesso tempo, vivere momenti di solitudine può generare pensieri difficili da gestire. In questi casi, è utile riconoscere ciò che si prova, senza giudizio, e concedersi il tempo necessario per comprendere e riorientarsi.
Ogni esperienza è personale e merita rispetto. Il benessere emotivo si costruisce anche attraverso piccoli passi, ascolto e consapevolezza.
ci sono situazioni in cui le relazioni cambiano improvvisamente, lasciando spazio a emozioni complesse. Allo stesso tempo, vivere momenti di solitudine può generare pensieri difficili da gestire. In questi casi, è utile riconoscere ciò che si prova, senza giudizio, e concedersi il tempo necessario per comprendere e riorientarsi.
Ogni esperienza è personale e merita rispetto. Il benessere emotivo si costruisce anche attraverso piccoli passi, ascolto e consapevolezza.
Salve Ginni,
dato il contesto, mi limiterò a offrirle alcuni spunti di riflessione che spero possano esserle d’aiuto, senza la pretesa che siano risolutivi.
Arriva con forza la sua frustrazione nel sentirsi sola, nonostante il desiderio profondo di costruire relazioni e una rete di legami significativi. Forse potrebbe esserle utile chiedersi cosa, oltre alle difficoltà legate al lavoro e ai ritmi di vita, le ha impedito fino ad ora di creare quella rete di cui sente il bisogno. A volte, senza accorgercene, siamo proprio noi a mettere distanza, per paura di soffrire ancora o di non essere accolti come vorremmo, e così finiamo per alimentare la stessa solitudine che temiamo.
Riguardo all’uomo di cui parla, mi sembra che lui abbia espresso chiaramente di non voler tornare insieme. È possibile che da parte sua ci sia ancora affetto, ma non la stessa idea di relazione o gli stessi obiettivi. E purtroppo, e per fortuna, non possiamo costringere qualcuno a restare o a provare ciò che noi desideriamo, se non gli appartiene. A volte l’amore più difficile, ma anche più liberante, è quello che ci porta ad accettare i limiti dell’altro e a scegliere di non restare dove non veniamo davvero scelti, dandoci così la possibilità di trovare ciò che realmente desideriamo.
dato il contesto, mi limiterò a offrirle alcuni spunti di riflessione che spero possano esserle d’aiuto, senza la pretesa che siano risolutivi.
Arriva con forza la sua frustrazione nel sentirsi sola, nonostante il desiderio profondo di costruire relazioni e una rete di legami significativi. Forse potrebbe esserle utile chiedersi cosa, oltre alle difficoltà legate al lavoro e ai ritmi di vita, le ha impedito fino ad ora di creare quella rete di cui sente il bisogno. A volte, senza accorgercene, siamo proprio noi a mettere distanza, per paura di soffrire ancora o di non essere accolti come vorremmo, e così finiamo per alimentare la stessa solitudine che temiamo.
Riguardo all’uomo di cui parla, mi sembra che lui abbia espresso chiaramente di non voler tornare insieme. È possibile che da parte sua ci sia ancora affetto, ma non la stessa idea di relazione o gli stessi obiettivi. E purtroppo, e per fortuna, non possiamo costringere qualcuno a restare o a provare ciò che noi desideriamo, se non gli appartiene. A volte l’amore più difficile, ma anche più liberante, è quello che ci porta ad accettare i limiti dell’altro e a scegliere di non restare dove non veniamo davvero scelti, dandoci così la possibilità di trovare ciò che realmente desideriamo.
Buongiorno,
i temi qui riportati potrebbero meglio esser esplorati uno spazio di ascolto più ampio che solo una psicoterapia potrebbe fornirle. La strada migliore sarebbe intraprendere un percorso psicologico senza sospenderlo; ci pensi.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
i temi qui riportati potrebbero meglio esser esplorati uno spazio di ascolto più ampio che solo una psicoterapia potrebbe fornirle. La strada migliore sarebbe intraprendere un percorso psicologico senza sospenderlo; ci pensi.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno Ginni,
le sue parole arrivano dritte al cuore. Si sente che è una donna profonda, capace di amare e riflettere su sé stessa, ma anche tanto stanca di sentirsi sola e delusa. È comprensibile, dopo quello che ha vissuto.
Riguardo a quest’uomo che è scomparso, capisco bene quanto la cosa possa destabilizzare. Quando qualcuno sparisce all’improvviso, lasciandoci senza spiegazioni, ci si sente come se tutto quello che c’è stato non fosse mai esistito. Eppure, quello che avete vissuto era reale, tuttavia, se lui è davvero una persona evitante, probabilmente la vicinanza emotiva lo ha spaventato, e il suo modo di gestire la paura è stato chiudere. È doloroso, ma dice più di lui che di lei.
Capisco anche il desiderio di non volerlo salvare, ma sperare che si riavvicini da solo, magari con più consapevolezza. E sa, non è un pensiero sbagliato. A volte il tempo e la distanza servono proprio a far capire a chi fugge cosa ha perso. Ma questo non può avvenire se lei resta ferma ad aspettare, il vero modo per lasciare una porta aperta è continuare a vivere, a respirare, a fare spazio a sé stessa. Se un giorno lui tornerà, sarà lei a decidere se aprirgli non il contrario.
Poi c’è la questione del vuoto, quella sensazione di ingiustizia e solitudine che la accompagna ogni giorno quando vede gli altri costruire famiglie, coppie, vite piene. È una ferita profonda, e non servono frasi fatte per curarla. Non è facile non confrontarsi, perché siamo umani e il bisogno di amare e sentirsi amati è naturale. Ma provi a ricordarsi che ciò che vede negli altri è solo la superficie, dietro molte coppie ci sono sofferenze, rinunce, compromessi. Lei, anche se oggi si sente sola, sta costruendo qualcosa di diverso, una consapevolezza, una forza silenziosa che le servirà nel momento in cui incontrerà qualcuno davvero capace di starle accanto.
Lei dice di non voler mollare, e fa bene. Non mollare non significa inseguire, ma continuare a credere che merita amore, rispetto e reciprocità. Anche se ora tutto sembra immobile, non è una condanna è una fase, un passaggio.
Provi, piano piano, a non chiedersi più “perché io no?” ma “cosa posso fare oggi per volermi un po’ più bene, anche così?”. È da lì che si riparte davvero. Un caro saluto
le sue parole arrivano dritte al cuore. Si sente che è una donna profonda, capace di amare e riflettere su sé stessa, ma anche tanto stanca di sentirsi sola e delusa. È comprensibile, dopo quello che ha vissuto.
Riguardo a quest’uomo che è scomparso, capisco bene quanto la cosa possa destabilizzare. Quando qualcuno sparisce all’improvviso, lasciandoci senza spiegazioni, ci si sente come se tutto quello che c’è stato non fosse mai esistito. Eppure, quello che avete vissuto era reale, tuttavia, se lui è davvero una persona evitante, probabilmente la vicinanza emotiva lo ha spaventato, e il suo modo di gestire la paura è stato chiudere. È doloroso, ma dice più di lui che di lei.
Capisco anche il desiderio di non volerlo salvare, ma sperare che si riavvicini da solo, magari con più consapevolezza. E sa, non è un pensiero sbagliato. A volte il tempo e la distanza servono proprio a far capire a chi fugge cosa ha perso. Ma questo non può avvenire se lei resta ferma ad aspettare, il vero modo per lasciare una porta aperta è continuare a vivere, a respirare, a fare spazio a sé stessa. Se un giorno lui tornerà, sarà lei a decidere se aprirgli non il contrario.
Poi c’è la questione del vuoto, quella sensazione di ingiustizia e solitudine che la accompagna ogni giorno quando vede gli altri costruire famiglie, coppie, vite piene. È una ferita profonda, e non servono frasi fatte per curarla. Non è facile non confrontarsi, perché siamo umani e il bisogno di amare e sentirsi amati è naturale. Ma provi a ricordarsi che ciò che vede negli altri è solo la superficie, dietro molte coppie ci sono sofferenze, rinunce, compromessi. Lei, anche se oggi si sente sola, sta costruendo qualcosa di diverso, una consapevolezza, una forza silenziosa che le servirà nel momento in cui incontrerà qualcuno davvero capace di starle accanto.
Lei dice di non voler mollare, e fa bene. Non mollare non significa inseguire, ma continuare a credere che merita amore, rispetto e reciprocità. Anche se ora tutto sembra immobile, non è una condanna è una fase, un passaggio.
Provi, piano piano, a non chiedersi più “perché io no?” ma “cosa posso fare oggi per volermi un po’ più bene, anche così?”. È da lì che si riparte davvero. Un caro saluto
Buongiorno gentile Ginni , capisco profondamente la sofferenza che traspare dalle sue parole. Quello che descrive è un dolore complesso, che intreccia la solitudine relazionale con la ferita dell’abbandono e con il senso di ingiustizia che nasce nel confronto con gli altri. È importante riconoscere che ciò che sta vivendo non è un semplice “momento di tristezza”, ma una condizione che tocca bisogni umani fondamentali: essere visti, compresi e scelti.
La storia con quest’uomo, che definisce “evitante”, sembra averle lasciato un vuoto difficile da colmare non solo per l’affetto interrotto, ma soprattutto per l’assenza di una chiusura chiara. Quando una persona sparisce senza spiegazioni, si crea una ferita aperta: la mente continua a cercare senso, a immaginare possibilità di ritorno o di chiarimento. È una forma di “lutto sospeso”, perché non c’è stata una vera fine, e questo la mantiene legata al passato. La sua speranza che lui si riavvicini, anche senza forzature, mostra quanto lei tenga ancora a quella connessione, ma purtroppo quando il legame si interrompe in questo modo (per paura, incapacità o mancanza di maturità emotiva dell’altro) l’unica strada realmente curativa è riportare a sé il potere di decidere come stare, come investire le proprie energie e come proteggersi.
Non è questione di “mollare” o “farsi forza”, ma di riconoscere che il suo valore non dipende dallo sguardo o dal ritorno di questa persona. Spesso chi ha una tendenza evitante crea relazioni intense e apparentemente autentiche, salvo poi ritirarsi quando la vicinanza emotiva diventa troppo forte. Non c’è una logica razionale, ma un meccanismo di difesa profondo. E questo non riguarda il suo valore personale, bensì la difficoltà dell’altro di sostenere l’intimità.
Riguardo al secondo punto, la solitudine che descrive è resa più dolorosa dallo sguardo giudicante dell’esterno e dal continuo confronto con chi sembra “avercela fatta”. È una dinamica crudele, perché il confronto tende a farle credere che ci sia qualcosa di sbagliato in lei, mentre non è così. La solitudine non è un segno di inadeguatezza: è spesso il riflesso di una società che fatica a dare spazio autentico alle persone sensibili, empatiche e profonde come lei. La difficoltà nel creare legami oggi è reale per molti, ma pochi lo ammettono.
Forse più che “uscire con tutti”, come le è stato detto, potrebbe essere più utile cercare contesti che favoriscano relazioni basate su valori e interessi condivisi, non tanto per trovare subito un partner, ma per risentire un senso di appartenenza. E se al momento non può proseguire una terapia individuale, può comunque cercare supporti gratuiti o gruppi di ascolto, anche online, dove condividere la propria esperienza in modo autentico e non giudicante.
Nel frattempo, la invito a concedersi il diritto di essere triste, arrabbiata e delusa senza giudicarsi. Queste emozioni sono un segnale di quanto lei sappia amare e desideri legami sinceri. È da lì che può ripartire: dal riconoscere che la sua sensibilità, oggi fonte di dolore, è anche la sua più grande risorsa nel costruire relazioni vere, quando troverà persone in grado di accoglierla davvero.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
La storia con quest’uomo, che definisce “evitante”, sembra averle lasciato un vuoto difficile da colmare non solo per l’affetto interrotto, ma soprattutto per l’assenza di una chiusura chiara. Quando una persona sparisce senza spiegazioni, si crea una ferita aperta: la mente continua a cercare senso, a immaginare possibilità di ritorno o di chiarimento. È una forma di “lutto sospeso”, perché non c’è stata una vera fine, e questo la mantiene legata al passato. La sua speranza che lui si riavvicini, anche senza forzature, mostra quanto lei tenga ancora a quella connessione, ma purtroppo quando il legame si interrompe in questo modo (per paura, incapacità o mancanza di maturità emotiva dell’altro) l’unica strada realmente curativa è riportare a sé il potere di decidere come stare, come investire le proprie energie e come proteggersi.
Non è questione di “mollare” o “farsi forza”, ma di riconoscere che il suo valore non dipende dallo sguardo o dal ritorno di questa persona. Spesso chi ha una tendenza evitante crea relazioni intense e apparentemente autentiche, salvo poi ritirarsi quando la vicinanza emotiva diventa troppo forte. Non c’è una logica razionale, ma un meccanismo di difesa profondo. E questo non riguarda il suo valore personale, bensì la difficoltà dell’altro di sostenere l’intimità.
Riguardo al secondo punto, la solitudine che descrive è resa più dolorosa dallo sguardo giudicante dell’esterno e dal continuo confronto con chi sembra “avercela fatta”. È una dinamica crudele, perché il confronto tende a farle credere che ci sia qualcosa di sbagliato in lei, mentre non è così. La solitudine non è un segno di inadeguatezza: è spesso il riflesso di una società che fatica a dare spazio autentico alle persone sensibili, empatiche e profonde come lei. La difficoltà nel creare legami oggi è reale per molti, ma pochi lo ammettono.
Forse più che “uscire con tutti”, come le è stato detto, potrebbe essere più utile cercare contesti che favoriscano relazioni basate su valori e interessi condivisi, non tanto per trovare subito un partner, ma per risentire un senso di appartenenza. E se al momento non può proseguire una terapia individuale, può comunque cercare supporti gratuiti o gruppi di ascolto, anche online, dove condividere la propria esperienza in modo autentico e non giudicante.
Nel frattempo, la invito a concedersi il diritto di essere triste, arrabbiata e delusa senza giudicarsi. Queste emozioni sono un segnale di quanto lei sappia amare e desideri legami sinceri. È da lì che può ripartire: dal riconoscere che la sua sensibilità, oggi fonte di dolore, è anche la sua più grande risorsa nel costruire relazioni vere, quando troverà persone in grado di accoglierla davvero.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Capisco il desiderio di non mollare, soprattutto dopo momenti belli e progetti condivisi. Ma, come ha ben intuito, una relazione sana si fonda sulla reciprocità e sulla presenza, non solo su un legame idealizzato; la sensazione di essere “collegati” può essere intensa, ma rischia di diventare una gabbia se l’altro non è davvero disponibile. Le frasi che le sono state rivolte sono ingiuste e non definiscono il suo valore. Il desiderio di costruire una relazione è profondamente umano, ma coinvolge anche l’altro, con i suoi limiti e le sue scelte. Come pensa di voler gestire questo aspetto nella sua vita? E se l’amore dovesse tardare, c’è qualcosa che oggi potrebbe comunque costruire o apprezzare? Mi rendo conto che sono domande complesse, che richiedono tempo, pazienza e, idealmente, uno spazio sicuro in cui essere esplorate, come può esserlo un percorso terapeutico. So che il nodo economico è reale e difficile, ma forse può valere la pena informarsi: consultori, associazioni o piattaforme con tariffe ridotte potrebbero offrire alternative più sostenibili per lei. Resto a disposizione, un caro saluto, Chiara
Buonasera, fare psicoterapia significa andare alle origini del suo funzionamento, della sua storia familiare e personale, del suo stile di attaccamento e delle motivazioni che la fanno stare così male nel vedere che non ha una famiglia e un compagno. Difficile fare tutto ciò da soli. Le posso suggerire di intraprendere un percorso che affronti le suddette tematiche.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
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