Buongiorno dottori da circa 2 mesetti ho un senso di confusione come se il mio cervello va in tilt,
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Buongiorno dottori da circa 2 mesetti ho un senso di confusione come se il mio cervello va in tilt, un senso di annebiamento non so come posso definirlo, so solo che mi sento non lucido h24 come se quello che guardo attorno a me non riesco a collegarlo o vederlo diverso, una sensazione strana a spiegarlo, può capirlo solo chi lo prova, in tutto questo accompagnato come voglia di non fare nulla, di non provare piacere nelle cose che mi piacciono fare, in più ho come lo sguardo perso certe volte come se guardo qualcosa e rimango incantato, oppure pianto senza un motivo, tutto questo può essere dovuto che giorni prima di sentirmi così sono stato in ansia perchè mi madre a avuto un operazione e sono stato una giornata in ansia perchè non ricevevo risposta da nessuno riguardo la situazione di mia madre, oppure a l'influenza che ho avuto anche giorni prima, o come ultima cosa il lavoro che faccio cioè stare diverse ore davanti al pc, anche se la causa fosse il pc quando mi tolgo davanti al pc questa sensazione dovrebbe passare invece io la tengo h24, anche se il lavoro non mi causa stress perchè mi rilassa... ho fatto anche diversi analisi in questo periodo che sono stato così per vedere se la causa poteva essere qualcosa... tra cui emocromo ed e tutto nella norma, sideremia, sodiemia, potassiemia, glicemia, azotemia, creatinina, uricemia, cpk ed anche questi risultano tutti nella norma, in più ho fatto anche rx alla colonna cervicale che solo qui e uscito fuori una mancanza di fisiologica, e un inizio di spondilosi cervicale.... adesso mi vorrei fare anche la seretonina per vedere se magari e una carenza di questa, anche se il mio medico crede di no, ma non so più cosa pensare dopo tutti questi esami tutti nella norma apparte magari la rx alla colonna cervicale... secondo voi cos'è dovuto ? grazie UN'ultima cosa che mi stavo dimenticando di dire non e la prima volta che mi succede perchè mi era successo sia ad ottobre che marzo del 2024.. tutto questo può essere che ancora dopo 2 mesi non va via? dopo sembra che più mi fisso con la testa e più i sintomi si fanno intensi... vorrei capire se mi devo preoccupare o come e venuta sene andra via... grazie, comunque non e la prima volta che faccio questo post lo voluto rifare solo per spiegare come ultima cosa che io sono in cura con il daparox da 12 anni, quindi assumo 10 goccie a sera, quindi se questo problema fosse un problema psicologico con questa cura che faccio questi sintomi non dovrebbero andare via? grazie ancora
Buongiorno,
dal modo in cui descrive ciò che prova si percepisce una grande fatica nel dare un senso a sensazioni che sembrano sfuggenti, quasi come se la realtà, per un attimo, si fosse messa il cappotto al contrario. Mi colpisce quanto spazio abbia dato all’ascolto di ciò che sente, pur nel disorientamento… e la domanda che pone non è da poco: “Che cos'è tutto questo?”
Mi chiedo: e se il nodo non fosse cosa c'è, ma come lo si sta vivendo?
A volte, iniziare a esplorare insieme “la mappa” che ciascuno costruisce del proprio mondo può rivelare direzioni inattese.
Mi contatti pure.
Un caro saluto,
Dr. Giorgio De Giorgi
dal modo in cui descrive ciò che prova si percepisce una grande fatica nel dare un senso a sensazioni che sembrano sfuggenti, quasi come se la realtà, per un attimo, si fosse messa il cappotto al contrario. Mi colpisce quanto spazio abbia dato all’ascolto di ciò che sente, pur nel disorientamento… e la domanda che pone non è da poco: “Che cos'è tutto questo?”
Mi chiedo: e se il nodo non fosse cosa c'è, ma come lo si sta vivendo?
A volte, iniziare a esplorare insieme “la mappa” che ciascuno costruisce del proprio mondo può rivelare direzioni inattese.
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Gentile utente,
da quanto descrive, i sintomi che sta sperimentando — sensazione di confusione mentale, annebbiamento, distacco dalla realtà, calo dell’umore, apatia, pianto immotivato, sguardo perso e alterazione della percezione — sembrano riconducibili a un insieme di segnali che meritano attenzione sul piano psicologico, nonostante gli esami clinici risultino nella norma.
La sua esperienza, soprattutto se ricorrente nel tempo (come avvenuto anche a ottobre e marzo), potrebbe indicare la presenza di un disturbo di tipo ansioso-depressivo o una forma di derealizzazione/depersonalizzazione, che spesso si accompagna a periodi di forte stress, come quello da lei vissuto durante il ricovero di sua madre. Anche la descrizione dei sintomi che si intensificano “più ci pensa” è tipica dei meccanismi ansiosi, dove il rimuginio mentale amplifica la percezione del disagio.
Il fatto che lei assuma Daparox (paroxetina) da 12 anni è importante, ma non esclude la possibilità di variazioni nella risposta farmacologica nel tempo. In alcuni casi può rendersi necessario un aggiustamento del dosaggio, un cambiamento della molecola, oppure un affiancamento con psicoterapia, specialmente se i sintomi si ripresentano ciclicamente. L’efficacia di un farmaco, infatti, non esclude che vi siano momenti in cui la componente emotiva, relazionale o stressogena richieda un lavoro terapeutico più profondo.
È comprensibile anche la sua confusione rispetto a cause fisiche come l'influenza o la cervicale, ma il fatto che i sintomi persistano “h24” e non varino significativamente in relazione a situazioni esterne (come allontanarsi dal PC) fa pensare che l'origine non sia esclusivamente somatica.
Alla luce di quanto detto, sarebbe utile e consigliato per approfondire la situazione rivolgersi ad uno specialista, preferibilmente con esperienza sia in ambito psicoterapeutico che farmacologico.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
da quanto descrive, i sintomi che sta sperimentando — sensazione di confusione mentale, annebbiamento, distacco dalla realtà, calo dell’umore, apatia, pianto immotivato, sguardo perso e alterazione della percezione — sembrano riconducibili a un insieme di segnali che meritano attenzione sul piano psicologico, nonostante gli esami clinici risultino nella norma.
La sua esperienza, soprattutto se ricorrente nel tempo (come avvenuto anche a ottobre e marzo), potrebbe indicare la presenza di un disturbo di tipo ansioso-depressivo o una forma di derealizzazione/depersonalizzazione, che spesso si accompagna a periodi di forte stress, come quello da lei vissuto durante il ricovero di sua madre. Anche la descrizione dei sintomi che si intensificano “più ci pensa” è tipica dei meccanismi ansiosi, dove il rimuginio mentale amplifica la percezione del disagio.
Il fatto che lei assuma Daparox (paroxetina) da 12 anni è importante, ma non esclude la possibilità di variazioni nella risposta farmacologica nel tempo. In alcuni casi può rendersi necessario un aggiustamento del dosaggio, un cambiamento della molecola, oppure un affiancamento con psicoterapia, specialmente se i sintomi si ripresentano ciclicamente. L’efficacia di un farmaco, infatti, non esclude che vi siano momenti in cui la componente emotiva, relazionale o stressogena richieda un lavoro terapeutico più profondo.
È comprensibile anche la sua confusione rispetto a cause fisiche come l'influenza o la cervicale, ma il fatto che i sintomi persistano “h24” e non varino significativamente in relazione a situazioni esterne (come allontanarsi dal PC) fa pensare che l'origine non sia esclusivamente somatica.
Alla luce di quanto detto, sarebbe utile e consigliato per approfondire la situazione rivolgersi ad uno specialista, preferibilmente con esperienza sia in ambito psicoterapeutico che farmacologico.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Grazie per aver condiviso con tanto dettaglio e sincerità ciò che sta vivendo. Le sue parole trasmettono un profondo senso di smarrimento, di confusione, ma anche una forte volontà di capire, di dare un nome a questo disagio che sembra non darle tregua. Ciò che descrive, questo senso di annebbiamento mentale, come se tutto intorno a lei fosse distante, irreale o difficile da mettere a fuoco, è una sensazione che molte persone riferiscono in momenti di forte attivazione emotiva, anche se spesso faticano a spiegarla o si sentono sole nel viverla. Da una prospettiva cognitivo-comportamentale, questa esperienza potrebbe essere interpretata come una forma di derealizzazione o depersonalizzazione, due meccanismi che la mente attiva in risposta a un forte stress o a stati d’ansia prolungati. Non sono pericolosi, ma possono essere molto spaventosi. Servono, in un certo senso, come meccanismi di protezione: quando l’ansia o lo stress raggiungono una soglia troppo alta, la mente "si scollega" per non essere travolta. È un po’ come se il sistema nervoso, per evitare di andare in sovraccarico, rallentasse alcuni processi percettivi o emotivi. Da qui la sensazione di confusione, distacco, stanchezza emotiva, lo sguardo perso nel vuoto, la perdita di piacere nelle attività quotidiane, il pianto improvviso. Lei accenna al fatto che questo episodio è stato preceduto da un evento particolarmente attivante sul piano emotivo: la preoccupazione intensa per l’operazione di sua madre e l’impossibilità di avere informazioni. Questo è un elemento molto importante. In situazioni del genere, il corpo e la mente reagiscono come se fossero in allarme costante, anche quando il pericolo oggettivo è passato. Questo stato di allerta continua può provocare proprio quel tipo di sintomi che sta sperimentando ora. Il fatto che la sintomatologia persista anche dopo due mesi, e che l’ansia sembri aumentare man mano che lei ci si concentra sopra, è perfettamente comprensibile. Nella terapia cognitivo-comportamentale parliamo spesso di “attenzione selettiva” e “ruminazione”: più ci si focalizza su un sintomo, più si tende a monitorarlo, e questo intensifica la percezione e il disagio. Il suo cervello è diventato ipervigilante, alla ricerca continua di segnali di pericolo o di malattia, anche in assenza di cause organiche evidenti. Lei fa un’osservazione molto acuta quando dice: “più mi fisso con la testa e più i sintomi si fanno intensi”. Questa è una dinamica molto comune nei disturbi d’ansia, e in particolare nei quadri dove c’è una forte componente somatica. È come un circuito che si autoalimenta: la paura di stare male attiva sintomi fisici o cognitivi, che vengono poi interpretati come pericolosi o insoliti, generando altra ansia e alimentando il sintomo stesso. Riguardo alla terapia farmacologica con Daparox (paroxetina), è vero che si tratta di un farmaco indicato nei disturbi d’ansia e depressivi. Tuttavia, l’efficacia di una terapia non si misura solo in base alla presenza o assenza dei sintomi, ma anche in relazione a tanti altri fattori: dosaggio, durata della cura, eventuale abitudine farmacologica nel tempo, momenti di stress acuto che possono comunque sopraffare il sistema. Inoltre, il farmaco non è una barriera assoluta contro ogni tipo di sofferenza psicologica: può abbassare la soglia d’ansia o migliorare l’umore, ma non elimina il bisogno di comprendere e affrontare alla radice i pensieri, le abitudini, le situazioni che stanno alla base del malessere. È importante che lei non si senta sbagliato o debole per il fatto che, nonostante l’assunzione del farmaco, si trovi ancora a vivere questi sintomi. In realtà, la sua sensibilità, la sua reattività emotiva e il livello di attenzione che ha verso il suo funzionamento mentale e corporeo dimostrano che c’è una parte di lei molto vigile, che cerca risposte e che non si è arresa. Questo è un punto di forza, non un limite. Per concludere, da ciò che descrive non emergono segnali allarmanti che indichino una condizione neurologica grave, ma piuttosto un disagio legato a una risposta prolungata allo stress e all’ansia, che si è probabilmente cronicizzato o si riattiva in certi periodi. Un percorso psicoterapeutico cognitivo-comportamentale potrebbe aiutarla a riconoscere e modificare i pensieri disfunzionali che mantengono il circolo vizioso dell’ansia, a tornare a sentire il controllo sulla propria mente e sul proprio corpo, e a riscoprire pian piano anche il piacere nelle attività che ora le sembrano vuote o prive di senso. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Buon pomeriggio,
Deduco che hai già fatto molti esami medici, e questo è importante per escludere cause organiche, ma ciò che descrivi potrebbe anche avere una radice più psicologica ed emotiva. Anche se assumi Daparox da tempo, non sempre un farmaco — da solo — basta a gestire momenti di maggiore fragilità o eventi stressanti, come la preoccupazione per la salute di una persona cara.
È possibile che la somma di fattori (ansia acuta, influenza, stanchezza mentale, magari anche una fase di cambiamento personale) abbia attivato un meccanismo più profondo. Ma non è detto che debba restare così: queste sensazioni, per quanto forti, sono affrontabili, soprattutto se accompagnate da un percorso di ascolto e comprensione.
Se vuoi approfondire e trovare insieme un modo per ritrovare lucidità e benessere, io sono disponibile. Possiamo lavorare insieme con delicatezza, ascoltando davvero ciò che il tuo corpo e la tua mente stanno cercando di comunicare.
Puoi scrivermi in privato su MioDottore quando vuoi.
Un caro saluto,
Janett Aruta
Psicologa
Deduco che hai già fatto molti esami medici, e questo è importante per escludere cause organiche, ma ciò che descrivi potrebbe anche avere una radice più psicologica ed emotiva. Anche se assumi Daparox da tempo, non sempre un farmaco — da solo — basta a gestire momenti di maggiore fragilità o eventi stressanti, come la preoccupazione per la salute di una persona cara.
È possibile che la somma di fattori (ansia acuta, influenza, stanchezza mentale, magari anche una fase di cambiamento personale) abbia attivato un meccanismo più profondo. Ma non è detto che debba restare così: queste sensazioni, per quanto forti, sono affrontabili, soprattutto se accompagnate da un percorso di ascolto e comprensione.
Se vuoi approfondire e trovare insieme un modo per ritrovare lucidità e benessere, io sono disponibile. Possiamo lavorare insieme con delicatezza, ascoltando davvero ciò che il tuo corpo e la tua mente stanno cercando di comunicare.
Puoi scrivermi in privato su MioDottore quando vuoi.
Un caro saluto,
Janett Aruta
Psicologa
Buongiorno, la descrizione della sua esperienza mette in luce uno stato di confusione e disconnessione che sembra profondamente sconcertante, specialmente quando si estende su un periodo di tempo significativo. È comprensibile che, avendo già esplorato molte vie mediche e avendo ricevuto esiti generalmente nella norma, si interroghi sulla natura di ciò che sta vivendo. Le fluttuazioni emotive e la sensazione di essere in uno stato di "annebiamento" potrebbero essere influenzate da molti fattori, inclusi quelli psicologici. L'ansia vissuta in concomitanza con l'operazione di sua madre potrebbe avere un impatto emotivo prolungato, come potrebbe influire il quotidiano trascorrere del tempo davanti allo schermo, anche se quest'ultimo non sembra essere la causa primaria, dato che la sensazione persiste. La costante che menziona, ovvero l'assunzione di Daparox, è utile per stabilire un certo equilibrio, ma può non essere sufficiente a gestire tutti gli aspetti emotivi, specialmente se ci sono elementi che rimangono irrisolti o che emergono in momenti di stress. Il mio approccio punta verso l'esplorazione delle dinamiche inconsce e le modalità attraverso cui le esperienze e i traumi vivono dentro di noi. Questo orientamento permette di esaminare come eventi esterni ed emozioni interne interagiscano e si manifestino attraverso il vissuto psicologico.
Se desidera esplorare ulteriormente la sua esperienza e cercare risposte in un contesto di ascolto profondo e privo di giudizio, sarei lieta di offrirle supporto attraverso il lavoro terapeutico.
Cordialmente, dottoressa Laura Lanocita.
Se desidera esplorare ulteriormente la sua esperienza e cercare risposte in un contesto di ascolto profondo e privo di giudizio, sarei lieta di offrirle supporto attraverso il lavoro terapeutico.
Cordialmente, dottoressa Laura Lanocita.
Buongiorno,
quello che descrive è un vissuto complesso e comprensibilmente fonte di preoccupazione.
La sensazione di confusione, il senso di distacco dalla realtà, la perdita di interesse e le lacrime improvvise possono essere segnali legati a una sofferenza psicologica, anche se non sempre è facile collegare in modo diretto sintomi e cause.
Il fatto che lei assuma Daparox da molti anni non esclude che possano esserci momenti in cui l’equilibrio cambia, magari in risposta a eventi di stress acuto (come l’intervento di sua madre) o a fasi di maggiore vulnerabilità. Il corpo e la mente si influenzano a vicenda. Un periodo di stress, di influenza o di stanchezza prolungata può contribuire a farci sentire più "spenti", meno presenti, più fragili.
È positivo che abbia fatto tutti gli accertamenti fisici e che siano risultati nella norma. Tuttavia, quando i sintomi persistono e coinvolgono il piano emotivo, cognitivo e relazionale, può essere utile fermarsi e guardare cosa il corpo e la mente stanno cercando di dirci.
Un confronto con uno psicologo potrebbe aiutarla a dare senso a ciò che sta vivendo.
Resto a disposizione.
quello che descrive è un vissuto complesso e comprensibilmente fonte di preoccupazione.
La sensazione di confusione, il senso di distacco dalla realtà, la perdita di interesse e le lacrime improvvise possono essere segnali legati a una sofferenza psicologica, anche se non sempre è facile collegare in modo diretto sintomi e cause.
Il fatto che lei assuma Daparox da molti anni non esclude che possano esserci momenti in cui l’equilibrio cambia, magari in risposta a eventi di stress acuto (come l’intervento di sua madre) o a fasi di maggiore vulnerabilità. Il corpo e la mente si influenzano a vicenda. Un periodo di stress, di influenza o di stanchezza prolungata può contribuire a farci sentire più "spenti", meno presenti, più fragili.
È positivo che abbia fatto tutti gli accertamenti fisici e che siano risultati nella norma. Tuttavia, quando i sintomi persistono e coinvolgono il piano emotivo, cognitivo e relazionale, può essere utile fermarsi e guardare cosa il corpo e la mente stanno cercando di dirci.
Un confronto con uno psicologo potrebbe aiutarla a dare senso a ciò che sta vivendo.
Resto a disposizione.
Comprendo pienamente il suo disagio e la sua frustrazione di fronte a questa persistente sensazione di confusione e annebbiamento mentale. È naturale che si senta preoccupato e desideri trovare una spiegazione a questi sintomi che influenzano significativamente la sua quotidianità.
Analizzando attentamente ciò che descrive, emergono diversi elementi che meritano una riflessione. L'episodio di forte ansia legato alla salute di sua madre potrebbe aver innescato una risposta emotiva significativa, le cui ripercussioni talvolta si manifestano anche a distanza di tempo e in modalità inaspettate. Allo stesso modo, un'infezione virale, seppur pregressa, può lasciare una sensazione di malessere generale e influenzare anche la sfera cognitiva.
Per quanto riguarda l'attività lavorativa al computer, sebbene lei la percepisca come rilassante, una prolungata esposizione può comunque affaticare il sistema nervoso e contribuire a una sensazione di stanchezza mentale, anche se di solito i sintomi tendono a diminuire con il riposo.
Gli esami medici nella norma sono certamente un elemento rassicurante per escludere cause organiche primarie. Tuttavia, è importante rivolgere questi interrogativi al suo Medico. È importante considerare che l'efficacia di un farmaco può variare nel tempo per diverse ragioni, e talvolta possono manifestarsi sintomi intercorrenti che non sono direttamente legati alla condizione trattata.
Il fatto che episodi simili si siano verificati in passato suggerisce una certa vulnerabilità individuale a manifestare questi sintomi in risposta a fattori stressanti o periodi di particolare emotività. La sua osservazione che i sintomi si intensificano quando vi si concentra maggiormente è un fenomeno comune nell'ambito dell'ansia e somatizzazione. L'ipervigilanza verso i propri sintomi può paradossalmente amplificarli e mantenerli attivi.
Considerando il quadro complessivo, ritengo che la componente emotiva e psicologica possa avere un ruolo significativo nella genesi e nel mantenimento di questi sintomi. L'ansia pregressa, unita a una possibile somatizzazione e a un focus eccessivo sulle sensazioni corporee, potrebbe contribuire al persistere della confusione e della mancanza di piacere.
Sebbene la sua terapia con Daparox sia in corso, è possibile che in questo particolare momento della sua vita, o in risposta a specifici eventi, lei possa beneficiare, in aggiunta, di un supporto psicologico più mirato, che potrebbe aiutarla a esplorare le dinamiche emotive sottostanti, a gestire l'ansia, a modulare l'attenzione verso i sintomi e a sviluppare strategie di coping più efficaci.
Le suggerirei di rivalutare la situazione con il suo medico curante e di considerare la possibilità di un consulto psicologico o psicoterapeutico per approfondire gli aspetti emotivi e comportamentali che potrebbero contribuire ai suoi sintomi. Questo le permetterebbe di acquisire una maggiore consapevolezza di ciò che sta vivendo e di intraprendere un percorso per affrontare attivamente questa situazione.
Analizzando attentamente ciò che descrive, emergono diversi elementi che meritano una riflessione. L'episodio di forte ansia legato alla salute di sua madre potrebbe aver innescato una risposta emotiva significativa, le cui ripercussioni talvolta si manifestano anche a distanza di tempo e in modalità inaspettate. Allo stesso modo, un'infezione virale, seppur pregressa, può lasciare una sensazione di malessere generale e influenzare anche la sfera cognitiva.
Per quanto riguarda l'attività lavorativa al computer, sebbene lei la percepisca come rilassante, una prolungata esposizione può comunque affaticare il sistema nervoso e contribuire a una sensazione di stanchezza mentale, anche se di solito i sintomi tendono a diminuire con il riposo.
Gli esami medici nella norma sono certamente un elemento rassicurante per escludere cause organiche primarie. Tuttavia, è importante rivolgere questi interrogativi al suo Medico. È importante considerare che l'efficacia di un farmaco può variare nel tempo per diverse ragioni, e talvolta possono manifestarsi sintomi intercorrenti che non sono direttamente legati alla condizione trattata.
Il fatto che episodi simili si siano verificati in passato suggerisce una certa vulnerabilità individuale a manifestare questi sintomi in risposta a fattori stressanti o periodi di particolare emotività. La sua osservazione che i sintomi si intensificano quando vi si concentra maggiormente è un fenomeno comune nell'ambito dell'ansia e somatizzazione. L'ipervigilanza verso i propri sintomi può paradossalmente amplificarli e mantenerli attivi.
Considerando il quadro complessivo, ritengo che la componente emotiva e psicologica possa avere un ruolo significativo nella genesi e nel mantenimento di questi sintomi. L'ansia pregressa, unita a una possibile somatizzazione e a un focus eccessivo sulle sensazioni corporee, potrebbe contribuire al persistere della confusione e della mancanza di piacere.
Sebbene la sua terapia con Daparox sia in corso, è possibile che in questo particolare momento della sua vita, o in risposta a specifici eventi, lei possa beneficiare, in aggiunta, di un supporto psicologico più mirato, che potrebbe aiutarla a esplorare le dinamiche emotive sottostanti, a gestire l'ansia, a modulare l'attenzione verso i sintomi e a sviluppare strategie di coping più efficaci.
Le suggerirei di rivalutare la situazione con il suo medico curante e di considerare la possibilità di un consulto psicologico o psicoterapeutico per approfondire gli aspetti emotivi e comportamentali che potrebbero contribuire ai suoi sintomi. Questo le permetterebbe di acquisire una maggiore consapevolezza di ciò che sta vivendo e di intraprendere un percorso per affrontare attivamente questa situazione.
Salve, forse potrebbe provare ad approfondire , più che la natura organica, quella psicologica dei sintomi che riferisce, con uno psicoterapeuta. per quanto riguarda la terapia farmacologica, dovrebbe consultare lo specialista che gliel'ha prescritta, essendo tanti anni che la prende sarebbe meglio rifare un controllo ed eventualmente un aggiornamento della terapia. un cordiale saluto.
Ciao, grazie per aver condiviso con sincerità quello che stai vivendo. Quello che descrivi come: confusione mentale, senso di distacco, apatia e pianto improvviso, sono sintomi che possono essere legati a un periodo di forte stress emotivo, come l’ansia da te citata per la salute di una persona a te cara, o a un calo momentaneo dell’equilibrio psicologico. Anche se sei in cura, possono comunque esserci o momenti in cui il farmaco da solo non basta, e questo non significa che tu stia “tornando indietro”, ma solo che potresti aver bisogno di un piccolo supporto in più. Non sei solo, parlane con calma con il tuo medico o uno specialista.
Caro utente,
innanzitutto grazie per aver condiviso qua la sua situazione.
Da quello che leggo sembra quasi che sia una modalità (automatica) che ha acquisito per distaccarsi dal dolore (ansia, preoccupazioni, sofferenza), ma da un breve testo non posso dare certezze.
La sola assunzione di una terapia farmacologica spesso non basta, la cosa migliore spesso è un percorso psicoterapeutico sommato all'assunzione di farmaci (se ce n'è bisogno).
Spero di esserle stata di aiuto,
Dott.ssa Giada Valmonte
innanzitutto grazie per aver condiviso qua la sua situazione.
Da quello che leggo sembra quasi che sia una modalità (automatica) che ha acquisito per distaccarsi dal dolore (ansia, preoccupazioni, sofferenza), ma da un breve testo non posso dare certezze.
La sola assunzione di una terapia farmacologica spesso non basta, la cosa migliore spesso è un percorso psicoterapeutico sommato all'assunzione di farmaci (se ce n'è bisogno).
Spero di esserle stata di aiuto,
Dott.ssa Giada Valmonte
buongiorno
è abbastanza probabile che quanto da lei riportato sia da ricondurre a sintomi prodromici dell'ansia, una sensazione di estraniazione o depersonalizzazione che può configurarsi nei casi in cui il sistema persona sia sottoposto ad un eccesso di stimoli negativi interni o esterni, nella maggior parte dei casi di tipo ansioso appunto. inoltre queste situazioni vengono certo acutizzate dallo stress. comprendo che lei possa immaginare esaustiva la sua cura farmacologica, tuttavia i farmaci non coprono tutto e in determinate situazioni di stress da lavoro correlato o per life event disturbanti, possono sorgere problematiche non necessariamente curabili con un farmaco, preso tra l'altro da diversi anni. in questi casi è opportuno ricalibrare la terapia farmacologica, ma penso sia pure opportuno in accordo con il suo psichiatra, ipotizzare un percorso psicologico che possa aiutarla a conoscere meglio le caratteristiche del momento che lei sta vivendo, sia fuori che dentro di sè.
cordialità.
è abbastanza probabile che quanto da lei riportato sia da ricondurre a sintomi prodromici dell'ansia, una sensazione di estraniazione o depersonalizzazione che può configurarsi nei casi in cui il sistema persona sia sottoposto ad un eccesso di stimoli negativi interni o esterni, nella maggior parte dei casi di tipo ansioso appunto. inoltre queste situazioni vengono certo acutizzate dallo stress. comprendo che lei possa immaginare esaustiva la sua cura farmacologica, tuttavia i farmaci non coprono tutto e in determinate situazioni di stress da lavoro correlato o per life event disturbanti, possono sorgere problematiche non necessariamente curabili con un farmaco, preso tra l'altro da diversi anni. in questi casi è opportuno ricalibrare la terapia farmacologica, ma penso sia pure opportuno in accordo con il suo psichiatra, ipotizzare un percorso psicologico che possa aiutarla a conoscere meglio le caratteristiche del momento che lei sta vivendo, sia fuori che dentro di sè.
cordialità.
Buongiorno caro utente, grazie per aver condiviso con tanta sincerità quello che sta vivendo. Capisco quanto questa sensazione di confusione e malessere possa essere difficile da spiegare e affrontare, soprattutto quando sembra non avere una causa chiara nonostante tutti gli accertamenti fatti.
Considerando la complessità dei sintomi e la loro durata, potrebbe essere utile approfondire insieme in uno spazio dedicato, per comprendere meglio cosa sta accadendo e trovare un percorso adatto a lei.
Se lo desidera, possiamo fissare un primo colloquio: mi può contattare direttamente per prenotare un appuntamento. Resto a disposizione per qualsiasi informazione, sono disponibile anche per terapie online, un caro saluto, d.ssa Cristina Sinno
Considerando la complessità dei sintomi e la loro durata, potrebbe essere utile approfondire insieme in uno spazio dedicato, per comprendere meglio cosa sta accadendo e trovare un percorso adatto a lei.
Se lo desidera, possiamo fissare un primo colloquio: mi può contattare direttamente per prenotare un appuntamento. Resto a disposizione per qualsiasi informazione, sono disponibile anche per terapie online, un caro saluto, d.ssa Cristina Sinno
Salve
il trattamento con il Daparox sicuramente deve continuare ma consultare nuovamente il dottore o lo psichiatra che gliel'ha prescritto 12 anni fà mi sembra doveroso; da lì magari potrebbe decidere di cambiarle il farmaco.
Il motivo dell'ansia invece quello è spiegabilissimo, la preoccupazione per la salute di sua madre è un elemento motivato.
Spero che la risposta sia stata pertinente
Mi auguro che risolva.
grazie
il trattamento con il Daparox sicuramente deve continuare ma consultare nuovamente il dottore o lo psichiatra che gliel'ha prescritto 12 anni fà mi sembra doveroso; da lì magari potrebbe decidere di cambiarle il farmaco.
Il motivo dell'ansia invece quello è spiegabilissimo, la preoccupazione per la salute di sua madre è un elemento motivato.
Spero che la risposta sia stata pertinente
Mi auguro che risolva.
grazie
Buongiorno,
quello che sta vivendo – e che descrive con grande precisione – è una condizione che, pur essendo molto destabilizzante, ha delle dinamiche ben riconoscibili dal punto di vista psicologico e strategico. Parla di confusione mentale persistente, senso di distacco dalla realtà, perdita di interesse, pianto improvviso e sguardo “perso”, sintomi che possono far pensare a un blocco percettivo-reattivo tipico delle condizioni ansiose persistenti o dei momenti di forte stress psicofisico.
Il fatto che tutto sia iniziato dopo un evento stressante (l’operazione di sua madre) non è da sottovalutare. Quando viviamo forti ansie senza poterle scaricare – ad esempio perché siamo costretti ad attendere passivamente notizie importanti – il nostro sistema di allerta resta attivo anche quando il pericolo è passato. E da lì può instaurarsi uno stato alterato della percezione, dove tutto sembra ovattato, confuso, irreale.
Inoltre, l’abitudine a controllare ciò che sente, a monitorarsi continuamente per cercare di capire cosa c’è che non va, purtroppo è uno dei meccanismi più comuni che mantiene e amplifica i sintomi. Nella nostra pratica strategica, questo è ciò che chiamiamo tentativo di soluzione disfunzionale: più cerca di analizzare, più si fissa, più il cervello si “annebbia”.
Il fatto che questa condizione sia tornata altre volte (ottobre, marzo) e che i farmaci come il Daparox – che assume da molti anni – non riescano a evitare questi episodi, suggerisce che la componente psicologica attiva (cioè i meccanismi con cui risponde a ciò che sente) non è ancora stata affrontata in modo diretto.
Anche la cervicale, il lavoro al PC o l’eventuale influenza possono contribuire, ma non giustificano da soli la persistenza e la ricorrenza del problema. E il fatto che gli esami siano tutti nella norma, paradossalmente, rafforza la sensazione di confusione, perché non trova una causa organica evidente.
Ma la buona notizia è questa:
Questa condizione non è pericolosa, non indica una malattia grave, e non è irreversibile. Tuttavia, richiede un intervento mirato, non farmacologico, per interrompere quei meccanismi mentali disfunzionali che mantengono acceso il suo stato di allerta interno.
quello che sta vivendo – e che descrive con grande precisione – è una condizione che, pur essendo molto destabilizzante, ha delle dinamiche ben riconoscibili dal punto di vista psicologico e strategico. Parla di confusione mentale persistente, senso di distacco dalla realtà, perdita di interesse, pianto improvviso e sguardo “perso”, sintomi che possono far pensare a un blocco percettivo-reattivo tipico delle condizioni ansiose persistenti o dei momenti di forte stress psicofisico.
Il fatto che tutto sia iniziato dopo un evento stressante (l’operazione di sua madre) non è da sottovalutare. Quando viviamo forti ansie senza poterle scaricare – ad esempio perché siamo costretti ad attendere passivamente notizie importanti – il nostro sistema di allerta resta attivo anche quando il pericolo è passato. E da lì può instaurarsi uno stato alterato della percezione, dove tutto sembra ovattato, confuso, irreale.
Inoltre, l’abitudine a controllare ciò che sente, a monitorarsi continuamente per cercare di capire cosa c’è che non va, purtroppo è uno dei meccanismi più comuni che mantiene e amplifica i sintomi. Nella nostra pratica strategica, questo è ciò che chiamiamo tentativo di soluzione disfunzionale: più cerca di analizzare, più si fissa, più il cervello si “annebbia”.
Il fatto che questa condizione sia tornata altre volte (ottobre, marzo) e che i farmaci come il Daparox – che assume da molti anni – non riescano a evitare questi episodi, suggerisce che la componente psicologica attiva (cioè i meccanismi con cui risponde a ciò che sente) non è ancora stata affrontata in modo diretto.
Anche la cervicale, il lavoro al PC o l’eventuale influenza possono contribuire, ma non giustificano da soli la persistenza e la ricorrenza del problema. E il fatto che gli esami siano tutti nella norma, paradossalmente, rafforza la sensazione di confusione, perché non trova una causa organica evidente.
Ma la buona notizia è questa:
Questa condizione non è pericolosa, non indica una malattia grave, e non è irreversibile. Tuttavia, richiede un intervento mirato, non farmacologico, per interrompere quei meccanismi mentali disfunzionali che mantengono acceso il suo stato di allerta interno.
Buongiorno, grazie per aver condiviso una situazione personale molto delicata. I sintomi da lei descritti potrebbero entrare sia in un quadro depressivo che ansioso. Le consiglio di iniziare un percorso psicologico così da poter approfondire meglio il suo vissuto e la situazione attuale. I controlli medici hanno escluso la componente fisiologica, quindi si tratta di un quadro clinico psicologico. Assumere il farmaco non vuol dire risolvere il problema. E' sempre indicato accompagnare la terapia farmacologica con una di tipo psicologico. In questo momento avrebbe bisogno di un professionista che la sostenga, ascolti e che le dia gli strumenti necessari per risollevarsi da questa situazione di stallo, che le provoca tanta sofferenza. Resto a sua disposizione per eventuali informazioni e nel caso volesse prenotare un appuntamento sia online che in presenza, In bocca al lupo.
Dott.ssa Mariapaola Anania, psicologa clinica, psicosessuologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale in formazione.
Dott.ssa Mariapaola Anania, psicologa clinica, psicosessuologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale in formazione.
Il tuo racconto è coerente con un quadro ansioso-depressivo con elementi dissociativi, che a volte viene descritto con parole come:
- derealizzazione (il mondo sembra “finto” o distorto),
- depersonalizzazione (ci si sente staccati da sé stessi),
- nebbia mentale o brain fog (difficoltà a focalizzare, lentezza mentale),
- anedonia (mancanza di piacere nelle attività abituali).
Tutti questi possono essere sintomi psicologici, anche se a volte danno la sensazione di qualcosa di neurologico. A tal proposito, la spondilosi cervicale non spiega da sola il quadro emotivo e cognitivo che descrivi. Questi sintomi possono essere scatenati da eventi stressanti (come il forte stress per l’operazione di tua madre), da stati infettivi (come un’influenza), da affaticamento prolungato... ma spesso persistono perché l’ansia e il rimuginio li alimentano.
Inoltre, assumere Daparox (paroxetina) da 12 anni ti ha probabilmente aiutato a gestire nel tempo i sintomi, ma i dosaggi possono diventare non più efficaci col tempo (tolleranza farmacologica), le situazioni cambiano e talvolta serve un aggiornamento terapeutico (aumentare il dosaggio, aggiungere una psicoterapia, valutare un cambio di molecola).
Quindi sì, tutto questo può essere psicologico ed è possibile che dopo due mesi i sintomi non siano ancora andati via, specialmente se sono mantenuti dal rimuginio, dalla paura di “impazzire” o dal monitoraggio costante dei sintomi.
Ti consiglio di parlare apertamente con lo psichiatra che ti segue: racconta in modo chiaro i nuovi sintomi, la loro durata e intensità. Potrebbe valutare un aggiustamento del Daparox o l’aggiunta temporanea di un altro supporto.
Poi, considera di iniziare una psicoterapia, se non la stai già facendo. Un terapeuta può aiutarti a sciogliere i pensieri ossessivi, gestire la derealizzazione, e rimettere in moto il piacere di vivere.
Ti invito anche a limitare il monitoraggio dei sintomi e le ricerche su internet, che spesso peggiorano la confusione.
Infine, cura sia la mente che il corpo: sonno regolare, piccole attività piacevoli, contatto umano, movimento fisico (anche leggero), alimentazione equilibrata. Sembra banale, ma sono fondamentali.
- derealizzazione (il mondo sembra “finto” o distorto),
- depersonalizzazione (ci si sente staccati da sé stessi),
- nebbia mentale o brain fog (difficoltà a focalizzare, lentezza mentale),
- anedonia (mancanza di piacere nelle attività abituali).
Tutti questi possono essere sintomi psicologici, anche se a volte danno la sensazione di qualcosa di neurologico. A tal proposito, la spondilosi cervicale non spiega da sola il quadro emotivo e cognitivo che descrivi. Questi sintomi possono essere scatenati da eventi stressanti (come il forte stress per l’operazione di tua madre), da stati infettivi (come un’influenza), da affaticamento prolungato... ma spesso persistono perché l’ansia e il rimuginio li alimentano.
Inoltre, assumere Daparox (paroxetina) da 12 anni ti ha probabilmente aiutato a gestire nel tempo i sintomi, ma i dosaggi possono diventare non più efficaci col tempo (tolleranza farmacologica), le situazioni cambiano e talvolta serve un aggiornamento terapeutico (aumentare il dosaggio, aggiungere una psicoterapia, valutare un cambio di molecola).
Quindi sì, tutto questo può essere psicologico ed è possibile che dopo due mesi i sintomi non siano ancora andati via, specialmente se sono mantenuti dal rimuginio, dalla paura di “impazzire” o dal monitoraggio costante dei sintomi.
Ti consiglio di parlare apertamente con lo psichiatra che ti segue: racconta in modo chiaro i nuovi sintomi, la loro durata e intensità. Potrebbe valutare un aggiustamento del Daparox o l’aggiunta temporanea di un altro supporto.
Poi, considera di iniziare una psicoterapia, se non la stai già facendo. Un terapeuta può aiutarti a sciogliere i pensieri ossessivi, gestire la derealizzazione, e rimettere in moto il piacere di vivere.
Ti invito anche a limitare il monitoraggio dei sintomi e le ricerche su internet, che spesso peggiorano la confusione.
Infine, cura sia la mente che il corpo: sonno regolare, piccole attività piacevoli, contatto umano, movimento fisico (anche leggero), alimentazione equilibrata. Sembra banale, ma sono fondamentali.
Salve molto probabilmente è uno stato ansiogeno, di che cosa ha bisogno di dissociarsi? Si confronti con il suo medico prescrittore della farmacoterapia ed inizi un percorso di psicoterapia cercando di alimentarsi in maniera il più sano possibile
I sintomi che descrivi (confusione, annebbiamento mentale, distacco dalla realtà, apatia, pianto immotivato, fissità dello sguardo) fanno pensare a un quadro che può rientrare in diverse condizioni, ma non sono sintomi “finti” o solo stress passeggero.
Possibili spiegazioni:
1. Depersonalizzazione/Derealizzazione
Molti dei tuoi sintomi combaciano con un disturbo dissociativo chiamato depersonalizzazione-derealizzazione. È come se la mente, per proteggersi da uno stress o da una sofferenza emotiva intensa (come l'ansia per tua madre, o eventi passati), "staccasse la spina". Le persone lo descrivono proprio come fai tu: sentirsi "come in un sogno", "distanti dalla realtà", "persi nella testa", "come se tutto fosse finto o ovattato".
È un meccanismo dell’ansia, spesso molto invalidante, ma reversibile. Può durare settimane o mesi, soprattutto se non affrontato nel modo giusto.
2. Sintomi depressivi (o un episodio depressivo mascherato)
Hai descritto anche:
Perdita di piacere (anedonia)
Voglia di non fare nulla
Pianto senza motivo
Questi sono sintomi tipici della depressione, che a volte non si manifesta con tristezza profonda, ma con svuotamento, stanchezza mentale, disinteresse e pensieri confusi.
3. Stanchezza mentale e sovraccarico cognitivo
Il lavoro al PC per molte ore al giorno non causa direttamente questi sintomi, ma può amplificarli se già c’è una fragilità emotiva in corso. A lungo andare, se non alterni con movimento fisico o riposo reale, la tua mente può iniziare a spegnersi, nel senso di una “nebbia cognitiva”.
4. Il Daparox (Paroxetina) e la sua efficacia nel tempo
Se prendi Daparox da 12 anni, potrebbe anche darsi che:
la tua risposta al farmaco sia cambiata, e ora non sia più efficace come prima;
il dosaggio (10 gocce) non sia più adeguato rispetto a ciò che il tuo corpo/mente sta vivendo ora.
Spesso dopo anni di stabilità, alcuni pazienti sviluppano tolleranza, oppure attraversano nuovi episodi che richiedono una rivalutazione terapeutica (non per forza con più farmaco, ma anche con psicoterapia di supporto o integrazione).
Hai fatto tutti gli esami giusti
Hai già escluso:
carenze metaboliche
problemi tiroidei
alterazioni ematiche
problemi gravi neurologici o strutturali
La spondilosi cervicale può dare vertigini o stordimento, ma non spiega completamente la tua sensazione di distacco, l’apatia, il pianto o il calo di piacere.
Cosa puoi fare ORA?
Parla apertamente con uno psichiatra, non solo con il medico di base. Non serve cambiare subito cura, ma serve una rivalutazione della terapia dopo 12 anni, specie se stai così da settimane.
Valuta una psicoterapia (se non la stai facendo già). Se questo è un disturbo dissociativo o un vissuto ansioso-depressivo, serve uno spazio di contenimento che i farmaci da soli non riescono a dare.
Evita il pensiero: “Se prendo un farmaco, allora non dovrei star male”. I farmaci aiutano ma non rendono invulnerabili. A volte è necessario un aggiustamento o un supporto parallelo.
Fai attenzione all’ipervigilanza mentale. Più ti fissi a monitorarti, più il cervello “alimenta” questi sintomi. È un meccanismo molto comune ma subdolo.
Possibili spiegazioni:
1. Depersonalizzazione/Derealizzazione
Molti dei tuoi sintomi combaciano con un disturbo dissociativo chiamato depersonalizzazione-derealizzazione. È come se la mente, per proteggersi da uno stress o da una sofferenza emotiva intensa (come l'ansia per tua madre, o eventi passati), "staccasse la spina". Le persone lo descrivono proprio come fai tu: sentirsi "come in un sogno", "distanti dalla realtà", "persi nella testa", "come se tutto fosse finto o ovattato".
È un meccanismo dell’ansia, spesso molto invalidante, ma reversibile. Può durare settimane o mesi, soprattutto se non affrontato nel modo giusto.
2. Sintomi depressivi (o un episodio depressivo mascherato)
Hai descritto anche:
Perdita di piacere (anedonia)
Voglia di non fare nulla
Pianto senza motivo
Questi sono sintomi tipici della depressione, che a volte non si manifesta con tristezza profonda, ma con svuotamento, stanchezza mentale, disinteresse e pensieri confusi.
3. Stanchezza mentale e sovraccarico cognitivo
Il lavoro al PC per molte ore al giorno non causa direttamente questi sintomi, ma può amplificarli se già c’è una fragilità emotiva in corso. A lungo andare, se non alterni con movimento fisico o riposo reale, la tua mente può iniziare a spegnersi, nel senso di una “nebbia cognitiva”.
4. Il Daparox (Paroxetina) e la sua efficacia nel tempo
Se prendi Daparox da 12 anni, potrebbe anche darsi che:
la tua risposta al farmaco sia cambiata, e ora non sia più efficace come prima;
il dosaggio (10 gocce) non sia più adeguato rispetto a ciò che il tuo corpo/mente sta vivendo ora.
Spesso dopo anni di stabilità, alcuni pazienti sviluppano tolleranza, oppure attraversano nuovi episodi che richiedono una rivalutazione terapeutica (non per forza con più farmaco, ma anche con psicoterapia di supporto o integrazione).
Hai fatto tutti gli esami giusti
Hai già escluso:
carenze metaboliche
problemi tiroidei
alterazioni ematiche
problemi gravi neurologici o strutturali
La spondilosi cervicale può dare vertigini o stordimento, ma non spiega completamente la tua sensazione di distacco, l’apatia, il pianto o il calo di piacere.
Cosa puoi fare ORA?
Parla apertamente con uno psichiatra, non solo con il medico di base. Non serve cambiare subito cura, ma serve una rivalutazione della terapia dopo 12 anni, specie se stai così da settimane.
Valuta una psicoterapia (se non la stai facendo già). Se questo è un disturbo dissociativo o un vissuto ansioso-depressivo, serve uno spazio di contenimento che i farmaci da soli non riescono a dare.
Evita il pensiero: “Se prendo un farmaco, allora non dovrei star male”. I farmaci aiutano ma non rendono invulnerabili. A volte è necessario un aggiustamento o un supporto parallelo.
Fai attenzione all’ipervigilanza mentale. Più ti fissi a monitorarti, più il cervello “alimenta” questi sintomi. È un meccanismo molto comune ma subdolo.
Quello che descrivi — annebbiamento mentale, senso di irrealtà, mancanza di lucidità, pianto senza motivo, perdita di interesse, sguardo fisso — sono sintomi molto frequenti nei disturbi d'ansia e nei disturbi dell'umore, soprattutto se c'è già una storia come quella che descrivi (cura con Daparox da 12 anni).
Quello che potrebbe star succedendo:
Il senso che “tutto sia strano” o che il mondo non sia reale, o che tu sia “fuori da te” è una risposta del cervello allo stress intenso o cronico. A volte capita dopo traumi, forti ansie o eventi destabilizzanti (come il ricovero di tua madre). È molto spaventosa ma non è pericolosa.
Ricaduta ansioso-depressiva
Anche se prendi da anni il Daparox (paroxetina), può succedere che non sia più del tutto efficace o che serva un piccolo aggiustamento. Oppure il farmaco tiene l'ansia sotto controllo ma non agisce più sul tono dell’umore. Anche questo è comune dopo molti anni di assunzione.
Fattori somatici minori (es. cervicale, ore davanti al PC)
I disturbi cervicali o l’affaticamento visivo possono contribuire un po’ alla sensazione di “testa ovattata”, ma da soli non spiegano pianti, apatia, annebbiamento costante o disinteresse.
Pensieri ossessivi e autosorveglianza mentale
Quando ti fissi sul fatto che la testa “non funziona”, che qualcosa “non va”, questo può alimentare ancora di più i sintomi, creando un circolo vizioso difficile da spezzare
Cosa fare ora:
Contatta il tuo psichiatra e racconta esattamente cosa stai vivendo. Anche se prendi il Daparox da anni, potresti avere bisogno di:mun aumento temporaneo del dosaggio,
un cambiamento di farmaco se ha perso efficacia,
o l’aggiunta di un secondo farmaco (per esempio uno stabilizzatore dell’umore o ansiolitico)
Non fissarti sulla serotonina da solo. I dosaggi sierici di serotonina non sono un indice affidabile per capire i disturbi dell’umore. Sono esami poco utili nella pratica clinica psichiatrica.
Valuta un percorso psicoterapeutico se non lo stai già facendo. Il solo farmaco a volte non basta, specie se i pensieri ossessivi (tipo “sto impazzendo”, “non sono più lucido”) si rinforzano da soli.
Infine, rispondendo a una tua domanda chiave:
"Se fosse un problema psicologico, con il Daparox non dovrebbero sparire i sintomi?"
Non sempre. Purtroppo il cervello può “abituarsi” a un farmaco dopo anni. E anche i disturbi d’ansia/depressione possono mutare nel tempo. Quindi, sì: può essere ancora di natura psicologica anche se assumi un farmaco da tempo — e proprio per questo serve una rivalutazione clinica personalizzata.
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Quello che potrebbe star succedendo:
Il senso che “tutto sia strano” o che il mondo non sia reale, o che tu sia “fuori da te” è una risposta del cervello allo stress intenso o cronico. A volte capita dopo traumi, forti ansie o eventi destabilizzanti (come il ricovero di tua madre). È molto spaventosa ma non è pericolosa.
Ricaduta ansioso-depressiva
Anche se prendi da anni il Daparox (paroxetina), può succedere che non sia più del tutto efficace o che serva un piccolo aggiustamento. Oppure il farmaco tiene l'ansia sotto controllo ma non agisce più sul tono dell’umore. Anche questo è comune dopo molti anni di assunzione.
Fattori somatici minori (es. cervicale, ore davanti al PC)
I disturbi cervicali o l’affaticamento visivo possono contribuire un po’ alla sensazione di “testa ovattata”, ma da soli non spiegano pianti, apatia, annebbiamento costante o disinteresse.
Pensieri ossessivi e autosorveglianza mentale
Quando ti fissi sul fatto che la testa “non funziona”, che qualcosa “non va”, questo può alimentare ancora di più i sintomi, creando un circolo vizioso difficile da spezzare
Cosa fare ora:
Contatta il tuo psichiatra e racconta esattamente cosa stai vivendo. Anche se prendi il Daparox da anni, potresti avere bisogno di:mun aumento temporaneo del dosaggio,
un cambiamento di farmaco se ha perso efficacia,
o l’aggiunta di un secondo farmaco (per esempio uno stabilizzatore dell’umore o ansiolitico)
Non fissarti sulla serotonina da solo. I dosaggi sierici di serotonina non sono un indice affidabile per capire i disturbi dell’umore. Sono esami poco utili nella pratica clinica psichiatrica.
Valuta un percorso psicoterapeutico se non lo stai già facendo. Il solo farmaco a volte non basta, specie se i pensieri ossessivi (tipo “sto impazzendo”, “non sono più lucido”) si rinforzano da soli.
Infine, rispondendo a una tua domanda chiave:
"Se fosse un problema psicologico, con il Daparox non dovrebbero sparire i sintomi?"
Non sempre. Purtroppo il cervello può “abituarsi” a un farmaco dopo anni. E anche i disturbi d’ansia/depressione possono mutare nel tempo. Quindi, sì: può essere ancora di natura psicologica anche se assumi un farmaco da tempo — e proprio per questo serve una rivalutazione clinica personalizzata.
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Ciao,
quello che descrivi – la confusione mentale costante, la sensazione di annebbiamento, l’apatia, lo sguardo perso e il pianto senza motivo – sono sintomi che spesso compaiono in situazioni di forte stress emotivo o ansia persistente, anche se non sempre ce ne rendiamo conto subito.
Hai vissuto momenti difficili di recente, come l’intervento di tua madre (che ti ha messo in uno stato di preoccupazione e attesa), un’influenza, e tante ore passate davanti al computer. Tutti questi fattori, anche se presi singolarmente non sembrano gravi, possono sommarsi e provocare una reazione psicosomatica: il corpo e la mente, a un certo punto, si “sovraccaricano”.
Il fatto che gli esami clinici siano risultati nella norma è una buona notizia: esclude cause organiche importanti. Anche la spondilosi cervicale può contribuire a una sensazione di stanchezza o confusione, ma non spiega del tutto ciò che stai vivendo.
In più, prendi da anni il Daparox: è possibile che il farmaco stia funzionando meno rispetto al passato, o che serva un’integrazione con un percorso psicologico, perché il farmaco da solo spesso non basta ad affrontare certi vissuti profondi, specialmente se i sintomi si ripresentano nel tempo.
Il fatto che più ti fissi su quello che provi e più i sintomi aumentano è molto comune nei disturbi ansiosi: si crea un circolo vizioso in cui l’attenzione continua su te stesso amplifica le sensazioni spiacevoli.
In sintesi:
• Non sei solo e ciò che provi non è raro in condizioni di ansia o stress.
• I sintomi possono durare anche a lungo se non affrontati con il giusto supporto.
• È importante non aggiungere altri esami, ma piuttosto pensare a una consulenza psicologica (o a un confronto con lo psichiatra che ti segue) per valutare meglio la situazione.
• Con il giusto percorso, tutto questo può migliorare.
Non è facile, ma può davvero passare. E parlarne è già il primo passo nella direzione giusta.
quello che descrivi – la confusione mentale costante, la sensazione di annebbiamento, l’apatia, lo sguardo perso e il pianto senza motivo – sono sintomi che spesso compaiono in situazioni di forte stress emotivo o ansia persistente, anche se non sempre ce ne rendiamo conto subito.
Hai vissuto momenti difficili di recente, come l’intervento di tua madre (che ti ha messo in uno stato di preoccupazione e attesa), un’influenza, e tante ore passate davanti al computer. Tutti questi fattori, anche se presi singolarmente non sembrano gravi, possono sommarsi e provocare una reazione psicosomatica: il corpo e la mente, a un certo punto, si “sovraccaricano”.
Il fatto che gli esami clinici siano risultati nella norma è una buona notizia: esclude cause organiche importanti. Anche la spondilosi cervicale può contribuire a una sensazione di stanchezza o confusione, ma non spiega del tutto ciò che stai vivendo.
In più, prendi da anni il Daparox: è possibile che il farmaco stia funzionando meno rispetto al passato, o che serva un’integrazione con un percorso psicologico, perché il farmaco da solo spesso non basta ad affrontare certi vissuti profondi, specialmente se i sintomi si ripresentano nel tempo.
Il fatto che più ti fissi su quello che provi e più i sintomi aumentano è molto comune nei disturbi ansiosi: si crea un circolo vizioso in cui l’attenzione continua su te stesso amplifica le sensazioni spiacevoli.
In sintesi:
• Non sei solo e ciò che provi non è raro in condizioni di ansia o stress.
• I sintomi possono durare anche a lungo se non affrontati con il giusto supporto.
• È importante non aggiungere altri esami, ma piuttosto pensare a una consulenza psicologica (o a un confronto con lo psichiatra che ti segue) per valutare meglio la situazione.
• Con il giusto percorso, tutto questo può migliorare.
Non è facile, ma può davvero passare. E parlarne è già il primo passo nella direzione giusta.
Buongiorno,
Grazie per aver condiviso la sua esperienza.
Quello che descrive sembra andare oltre una semplice stanchezza fisica o momenti di ansia acuta. Potrebbero esserci componenti psicologiche più profonde da esplorare, anche se, come dice, assume già da tempo una terapia farmacologica con Daparox.
Tuttavia, anche con una terapia farmacologica in corso, possono esserci ricadute, cambiamenti nel proprio equilibrio emotivo, o semplicemente nuovi nodi psicologici che emergono e che richiedono uno spazio diverso per essere compresi. Il farmaco, da solo, spesso non basta: è uno strumento, ma non sempre arriva alle cause.
È possibile che la forte ansia provata per sua madre, l’influenza, o anche solo il carico mentale quotidiano abbiano fatto da "innesco", ma forse c’è un disagio di fondo che ha bisogno di essere affrontato in modo più profondo, magari attraverso un percorso psicoterapeutico. Un terapeuta potrebbe aiutarla a comprendere se c'è una componente depressiva o dissociativa dietro quella sensazione di irrealtà e distacco dal mondo che descrive, e soprattutto darle strumenti per ritrovare un senso di centratura.
La invito quindi con gentilezza e senza allarmismi a valutare seriamente un percorso psicologico integrato alla cura farmacologica, per lavorare non solo sui sintomi ma su ciò che li genera o li mantiene nel tempo.
Un caro saluto,
Dottssa Alessandra Arena
Grazie per aver condiviso la sua esperienza.
Quello che descrive sembra andare oltre una semplice stanchezza fisica o momenti di ansia acuta. Potrebbero esserci componenti psicologiche più profonde da esplorare, anche se, come dice, assume già da tempo una terapia farmacologica con Daparox.
Tuttavia, anche con una terapia farmacologica in corso, possono esserci ricadute, cambiamenti nel proprio equilibrio emotivo, o semplicemente nuovi nodi psicologici che emergono e che richiedono uno spazio diverso per essere compresi. Il farmaco, da solo, spesso non basta: è uno strumento, ma non sempre arriva alle cause.
È possibile che la forte ansia provata per sua madre, l’influenza, o anche solo il carico mentale quotidiano abbiano fatto da "innesco", ma forse c’è un disagio di fondo che ha bisogno di essere affrontato in modo più profondo, magari attraverso un percorso psicoterapeutico. Un terapeuta potrebbe aiutarla a comprendere se c'è una componente depressiva o dissociativa dietro quella sensazione di irrealtà e distacco dal mondo che descrive, e soprattutto darle strumenti per ritrovare un senso di centratura.
La invito quindi con gentilezza e senza allarmismi a valutare seriamente un percorso psicologico integrato alla cura farmacologica, per lavorare non solo sui sintomi ma su ciò che li genera o li mantiene nel tempo.
Un caro saluto,
Dottssa Alessandra Arena
Buongiorno, mancano dati per dare un parere clinico puntuale. Il più importante di tutti è sicuramente il motivo per cui assume il daparox da 12 anni. E' importante saperlo perchè è necessario individuare il fattore scatenante dello stato depressivo che la accompagna. I sintomi che accusa possono essere riconducibili ad una fase di derealizzazione che ha già avuto e che è rientrata autonomamente in passato. Questi stati possono essere innescati da momenti di forte stress come per esempio la malattia di una persona cara. Quando i legami si spezzano o rischiano di spezzarsi non è infrequente che alcune persone accusino sintomi somatici anche importanti perchè l'energia del dolore che non viene elaborato va a sovraccaricare i sistemi del corpo più deboli. Questo per dire che gli psicofarmaci sono assolutamente utili e indispensabili in alcuni casi ma andrebbe valutata la possibilità di un percorso terapeutico in parallelo. Assolutamente comune è il discorso della serotonina ma come rispondo sempre "tutti d'accordo che manca la serotonina ma se il nostro corpo non produce più come prima la serotonina un motivo ci sarà". La invito a un maggiore contatto con le emozioni anche se è la cosa più difficile da fare non solo per lei ma per tanti altri e a richiedere un consulto con uno specialista che le spieghi e soprattutto le mostri cosa le sta accadendo.
Gentile utente,
grazie per aver condiviso in modo così dettagliato quello che stai vivendo. Le sensazioni che descrivi – confusione mentale, senso di distacco dalla realtà, annebbiamento, apatia, perdita di interesse, pianto immotivato – sono vissuti che possono essere davvero destabilizzanti, soprattutto se durano da settimane e sembrano non avere una causa “fisica” evidente, nonostante i numerosi accertamenti che hai già fatto.
Hai fatto bene a effettuare i controlli medici: escludere cause organiche è sempre un passo importante e rassicurante.
Dal punto di vista psicologico, potremmo dire che non è raro che, in alcuni momenti della vita – specie in presenza di eventi stressanti come l'intervento di un familiare caro, o dopo periodi di malattia/influenza – si attivi una sorta di “blocco” psicofisico. È come se la mente, per proteggersi da un sovraccarico emotivo, iniziasse a “staccare la spina” da ciò che la circonda, provocando queste sensazioni di distacco, vuoto, rallentamento o perdita di interesse.
Da quanto scrivi suppongo tu abbia abbia una diagnosi pregressa e sei in terapia con Daparox da 12 anni. Questo suggerisce una familiarità con il terreno dell’ansia e/o della depressione, che potrebbero oggi presentarsi in una forma diversa.
Il fatto che i sintomi si accentuino quando ti concentri su di essi ("più mi fisso e più aumentano") è molto tipico degli stati ansiosi.
Il tuo lavoro al PC e lo stile di vita non sembrano essere la causa diretta, ma possono contribuire indirettamente, soprattutto se riducono il movimento, il contatto umano e l’attivazione mentale alternativa (cioè qualcosa che ti faccia “uscire dalla testa”).
Cosa ti suggerisco?
- Parlane apertamente con il tuo medico o con lo psichiatra che ti segue. Dopo tanti anni con lo stesso dosaggio, è possibile che la tua terapia debba essere rivalutata. Il cervello cambia, le esigenze cambiano, e a volte anche la risposta ai farmaci si modifica nel tempo.
- Valuta un percorso psicoterapeutico, se già non lo stai facendo. La sola farmacoterapia non sempre basta a risolvere o prevenire questi vissuti, soprattutto se legati a eventi di vita, a schemi di pensiero o a emozioni trattenute. L’ansia e la depressione non sono solo uno squilibrio chimico: sono modi in cui la mente esprime un disagio più profondo, che può (e merita) di essere ascoltato.
Attenzione all’auto-monitoraggio ossessivo. Cercare continuamente la causa, fare esami su esami, può diventare – anche senza volerlo – una strategia che alimenta l’ansia. È importante dare spazio anche ad attività che interrompano il circuito mentale del controllo (sport, passeggiate, hobby manuali, contatto con la natura o con gli altri).
C’è una via d’uscita. Ma richiede ascolto, pazienza e – magari – una guida esperta.
Un caro saluto.
Dott.ssa Psicologa Valentina Scimone
grazie per aver condiviso in modo così dettagliato quello che stai vivendo. Le sensazioni che descrivi – confusione mentale, senso di distacco dalla realtà, annebbiamento, apatia, perdita di interesse, pianto immotivato – sono vissuti che possono essere davvero destabilizzanti, soprattutto se durano da settimane e sembrano non avere una causa “fisica” evidente, nonostante i numerosi accertamenti che hai già fatto.
Hai fatto bene a effettuare i controlli medici: escludere cause organiche è sempre un passo importante e rassicurante.
Dal punto di vista psicologico, potremmo dire che non è raro che, in alcuni momenti della vita – specie in presenza di eventi stressanti come l'intervento di un familiare caro, o dopo periodi di malattia/influenza – si attivi una sorta di “blocco” psicofisico. È come se la mente, per proteggersi da un sovraccarico emotivo, iniziasse a “staccare la spina” da ciò che la circonda, provocando queste sensazioni di distacco, vuoto, rallentamento o perdita di interesse.
Da quanto scrivi suppongo tu abbia abbia una diagnosi pregressa e sei in terapia con Daparox da 12 anni. Questo suggerisce una familiarità con il terreno dell’ansia e/o della depressione, che potrebbero oggi presentarsi in una forma diversa.
Il fatto che i sintomi si accentuino quando ti concentri su di essi ("più mi fisso e più aumentano") è molto tipico degli stati ansiosi.
Il tuo lavoro al PC e lo stile di vita non sembrano essere la causa diretta, ma possono contribuire indirettamente, soprattutto se riducono il movimento, il contatto umano e l’attivazione mentale alternativa (cioè qualcosa che ti faccia “uscire dalla testa”).
Cosa ti suggerisco?
- Parlane apertamente con il tuo medico o con lo psichiatra che ti segue. Dopo tanti anni con lo stesso dosaggio, è possibile che la tua terapia debba essere rivalutata. Il cervello cambia, le esigenze cambiano, e a volte anche la risposta ai farmaci si modifica nel tempo.
- Valuta un percorso psicoterapeutico, se già non lo stai facendo. La sola farmacoterapia non sempre basta a risolvere o prevenire questi vissuti, soprattutto se legati a eventi di vita, a schemi di pensiero o a emozioni trattenute. L’ansia e la depressione non sono solo uno squilibrio chimico: sono modi in cui la mente esprime un disagio più profondo, che può (e merita) di essere ascoltato.
Attenzione all’auto-monitoraggio ossessivo. Cercare continuamente la causa, fare esami su esami, può diventare – anche senza volerlo – una strategia che alimenta l’ansia. È importante dare spazio anche ad attività che interrompano il circuito mentale del controllo (sport, passeggiate, hobby manuali, contatto con la natura o con gli altri).
C’è una via d’uscita. Ma richiede ascolto, pazienza e – magari – una guida esperta.
Un caro saluto.
Dott.ssa Psicologa Valentina Scimone
Buongiorno,
la sensazione che descrive è qualcosa che molte persone faticano a spiegare, ma che chi la vive riconosce subito: quella sorta di nebbia nella testa, di distacco da ciò che si ha intorno, il sentirsi meno presenti, meno lucidi, come se tutto fosse “ovattato”. Non è facile conviverci, soprattutto quando dura da settimane e quando non si riesce a capire da dove arrivi.
Quello che racconta però ha un filo molto chiaro: prima che tutto iniziasse ha vissuto un forte carico emotivo. L’ansia per l’operazione di sua madre, l’attesa senza informazioni, la preoccupazione costante… eventi del genere, soprattutto se si accumulano a un periodo di stress fisico come influenza, lavoro al computer, sonno irregolare, possono creare un vero e proprio “tilt” del sistema nervoso. A volte l’effetto non si manifesta subito, ma qualche giorno dopo, quando la tensione si scarica.
La sensazione di confusione, l’annebbiamento, lo sguardo che si perde, il pianto senza motivo, la mancanza di piacere per le cose che di solito la interessano… sono sintomi che spesso compaiono nelle fasi in cui l’organismo è sovraccarico di stress o di paura trattenuta. Non significa che ci sia qualcosa di grave o irreversibile, ma che la sua mente sta reagendo in un modo che per lei è molto disturbante.
Il fatto che tutti gli esami siano risultati nella norma è in realtà un segnale rassicurante: il corpo non sta mostrando segni di malattie organiche importanti. La cervicale può contribuire a qualche fastidio, ma difficilmente spiega tutto ciò che sta vivendo. Il disturbo che descrive, soprattutto se già successo altre volte in passato e poi passato, sembra avere una componente emotiva importante. Questo non significa che lei “si immagina” i sintomi: li sente davvero, solo che il meccanismo che li genera non è fisico, ma legato allo stress.
Riguardo alla terapia che sta seguendo: assumere da molti anni lo stesso antidepressivo non significa che l’ansia non possa tornare. Con il tempo il dosaggio può non essere più ottimale, o l’organismo può avere bisogno di un aggiustamento. Questo non indica un peggioramento, ma solo che il farmaco va valutato periodicamente, soprattutto dopo periodi intensi come quello che ha attraversato.
Ciò che riferisce, compreso il fatto che più si concentra sui sintomi e più questi aumentano, è un segnale tipico delle fasi di iperattenzione ansiosa: la mente resta “agganciata” alla paura che ci sia qualcosa che non va, e questo alimenta la confusione e l’annebbiamento.
Posso immaginare quanto sia difficile convivere da due mesi con questa sensazione, e quanto sia stancante non sentirsi mai davvero presenti. Non è però qualcosa che resterà così per sempre: è un tipo di sintomo che tende a ridursi quando il sistema nervoso si stabilizza, quando si dorme meglio, quando l’ansia si regola e, se necessario, quando la terapia farmacologica viene rivalutata.
Non voglio minimizzare il suo disagio: quello che sta vivendo è molto impegnativo. Ma non affiora nulla, da ciò che racconta, che faccia pensare a patologie gravi. Piuttosto, sembra un periodo in cui il suo organismo sta cercando di “riassestarsi” dopo un forte accumulo emotivo.
Se vuole, può scrivermi come vanno le prossime settimane o se qualche sintomo cambia. A volte parlarne aiuta a non sentirsi così soli in mezzo alla confusione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Elisabetta Eaglesham
la sensazione che descrive è qualcosa che molte persone faticano a spiegare, ma che chi la vive riconosce subito: quella sorta di nebbia nella testa, di distacco da ciò che si ha intorno, il sentirsi meno presenti, meno lucidi, come se tutto fosse “ovattato”. Non è facile conviverci, soprattutto quando dura da settimane e quando non si riesce a capire da dove arrivi.
Quello che racconta però ha un filo molto chiaro: prima che tutto iniziasse ha vissuto un forte carico emotivo. L’ansia per l’operazione di sua madre, l’attesa senza informazioni, la preoccupazione costante… eventi del genere, soprattutto se si accumulano a un periodo di stress fisico come influenza, lavoro al computer, sonno irregolare, possono creare un vero e proprio “tilt” del sistema nervoso. A volte l’effetto non si manifesta subito, ma qualche giorno dopo, quando la tensione si scarica.
La sensazione di confusione, l’annebbiamento, lo sguardo che si perde, il pianto senza motivo, la mancanza di piacere per le cose che di solito la interessano… sono sintomi che spesso compaiono nelle fasi in cui l’organismo è sovraccarico di stress o di paura trattenuta. Non significa che ci sia qualcosa di grave o irreversibile, ma che la sua mente sta reagendo in un modo che per lei è molto disturbante.
Il fatto che tutti gli esami siano risultati nella norma è in realtà un segnale rassicurante: il corpo non sta mostrando segni di malattie organiche importanti. La cervicale può contribuire a qualche fastidio, ma difficilmente spiega tutto ciò che sta vivendo. Il disturbo che descrive, soprattutto se già successo altre volte in passato e poi passato, sembra avere una componente emotiva importante. Questo non significa che lei “si immagina” i sintomi: li sente davvero, solo che il meccanismo che li genera non è fisico, ma legato allo stress.
Riguardo alla terapia che sta seguendo: assumere da molti anni lo stesso antidepressivo non significa che l’ansia non possa tornare. Con il tempo il dosaggio può non essere più ottimale, o l’organismo può avere bisogno di un aggiustamento. Questo non indica un peggioramento, ma solo che il farmaco va valutato periodicamente, soprattutto dopo periodi intensi come quello che ha attraversato.
Ciò che riferisce, compreso il fatto che più si concentra sui sintomi e più questi aumentano, è un segnale tipico delle fasi di iperattenzione ansiosa: la mente resta “agganciata” alla paura che ci sia qualcosa che non va, e questo alimenta la confusione e l’annebbiamento.
Posso immaginare quanto sia difficile convivere da due mesi con questa sensazione, e quanto sia stancante non sentirsi mai davvero presenti. Non è però qualcosa che resterà così per sempre: è un tipo di sintomo che tende a ridursi quando il sistema nervoso si stabilizza, quando si dorme meglio, quando l’ansia si regola e, se necessario, quando la terapia farmacologica viene rivalutata.
Non voglio minimizzare il suo disagio: quello che sta vivendo è molto impegnativo. Ma non affiora nulla, da ciò che racconta, che faccia pensare a patologie gravi. Piuttosto, sembra un periodo in cui il suo organismo sta cercando di “riassestarsi” dopo un forte accumulo emotivo.
Se vuole, può scrivermi come vanno le prossime settimane o se qualche sintomo cambia. A volte parlarne aiuta a non sentirsi così soli in mezzo alla confusione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Elisabetta Eaglesham
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