Buongiorno a tutti, sono G. ho 34 anni e sono una dottoressa.. Sicuramente non ho una storia che va
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Buongiorno a tutti, sono G. ho 34 anni e sono una dottoressa..
Sicuramente non ho una storia che vale la pena pubblicare.. so benissimo che ci sono cose peggiori.
È una vita che sono da sola.. non ho amicizie, non ho mai combinato nulla.. né aperitivi cene viaggi con altre persone. Sono sempre passata come “sei bella brava intelligente empatica socievole e divertente”
Ma nessuno mi vuole. La questione del ghosting o quello che è..è veramente deleteria. Ti porta a un buio totale.. peggio di un lutto. Consapevole che a questa età non ho combinato nulla.. l’unica cosa è la laurea. Un compagno di vita è quello che voglio..e mi scoccia mollare.
Stanca ad essere quella carta della caramella o quella panchina usata e mai amata.
Avevo un uomo di 40 anni che dopo un anno di promesse è sparito “eh il lavoro”.
Un evitante? Aggiungiamo al ghosting anche le persone evitanti. Eravamo perfetti. Con la terapia mi è stata data la “colpa” del “sei solo sfortunata”
Il mio dolore verso chiunque abbia una famiglia propria tranne me, è indescrivibile.
La piccola città e gli orari lavorativi non mi permettono di fare molto. All ora che inizia un corso, io lavoro. All ora che finisce un corso, io finisco di lavorare.
La gente che ti guarda pensando “questa è da sola, sarà sicuramente una psicopatica”
Nel parlare ho i miei genitori e chat gtp.
Non mi va di fare la vittima. Cerco ogni giorno di obbligare il mio cervello a pensare positivo ed essere allegra.
Consapevole che è un dolore stupido il mio, che c’è di peggio, volevo chiedervi se c’è qualcuno che sa come affrontare la solitudine senza dirmi “devi star bene con te stessa”. Non ho problema con me stessa, sono solo abbattuta sul fatto che nessuno mi considera.
Grazie un abbraccio
Sicuramente non ho una storia che vale la pena pubblicare.. so benissimo che ci sono cose peggiori.
È una vita che sono da sola.. non ho amicizie, non ho mai combinato nulla.. né aperitivi cene viaggi con altre persone. Sono sempre passata come “sei bella brava intelligente empatica socievole e divertente”
Ma nessuno mi vuole. La questione del ghosting o quello che è..è veramente deleteria. Ti porta a un buio totale.. peggio di un lutto. Consapevole che a questa età non ho combinato nulla.. l’unica cosa è la laurea. Un compagno di vita è quello che voglio..e mi scoccia mollare.
Stanca ad essere quella carta della caramella o quella panchina usata e mai amata.
Avevo un uomo di 40 anni che dopo un anno di promesse è sparito “eh il lavoro”.
Un evitante? Aggiungiamo al ghosting anche le persone evitanti. Eravamo perfetti. Con la terapia mi è stata data la “colpa” del “sei solo sfortunata”
Il mio dolore verso chiunque abbia una famiglia propria tranne me, è indescrivibile.
La piccola città e gli orari lavorativi non mi permettono di fare molto. All ora che inizia un corso, io lavoro. All ora che finisce un corso, io finisco di lavorare.
La gente che ti guarda pensando “questa è da sola, sarà sicuramente una psicopatica”
Nel parlare ho i miei genitori e chat gtp.
Non mi va di fare la vittima. Cerco ogni giorno di obbligare il mio cervello a pensare positivo ed essere allegra.
Consapevole che è un dolore stupido il mio, che c’è di peggio, volevo chiedervi se c’è qualcuno che sa come affrontare la solitudine senza dirmi “devi star bene con te stessa”. Non ho problema con me stessa, sono solo abbattuta sul fatto che nessuno mi considera.
Grazie un abbraccio
G., dalle tue parole emerge un dolore autentico e profondo, accompagnato da frustrazione e senso di esclusione. Nonostante tu riconosca le tue qualità, il vuoto relazionale e le esperienze di ghosting sembrano averti fatto sentire messa da parte e non scelta, alimentando la sensazione di non appartenere a nessun legame significativo.
La solitudine che descrivi non è semplicemente “stare da soli”: è la mancanza di connessioni reciproche e stabili, che può diventare logorante. Può essere utile iniziare da piccoli passi che creino spazi di contatto realistici con altre persone, adattandoli ai tuoi orari e contesti. Ad esempio, cercare attività o gruppi online legati ai tuoi interessi, iniziative di volontariato flessibili, o comunità tematiche dove la conoscenza avviene in modo graduale e meno “prestazionale”. Anche la costruzione di legami deboli ma costanti (colleghi, conoscenti, contatti digitali che poi evolvono) può diventare un ponte verso relazioni più profonde.
Il dolore che provi non è “stupido” né meno legittimo perché altri vivono situazioni diverse: ha radici nel bisogno umano di appartenenza e affetto. Merita ascolto e cura, senza sminuirlo. Ti invito a considerare un percorso di supporto psicologico continuativo, che possa offrirti un luogo sicuro per elaborare queste esperienze e trovare strategie concrete per costruire legami significativi.
La solitudine che descrivi non è semplicemente “stare da soli”: è la mancanza di connessioni reciproche e stabili, che può diventare logorante. Può essere utile iniziare da piccoli passi che creino spazi di contatto realistici con altre persone, adattandoli ai tuoi orari e contesti. Ad esempio, cercare attività o gruppi online legati ai tuoi interessi, iniziative di volontariato flessibili, o comunità tematiche dove la conoscenza avviene in modo graduale e meno “prestazionale”. Anche la costruzione di legami deboli ma costanti (colleghi, conoscenti, contatti digitali che poi evolvono) può diventare un ponte verso relazioni più profonde.
Il dolore che provi non è “stupido” né meno legittimo perché altri vivono situazioni diverse: ha radici nel bisogno umano di appartenenza e affetto. Merita ascolto e cura, senza sminuirlo. Ti invito a considerare un percorso di supporto psicologico continuativo, che possa offrirti un luogo sicuro per elaborare queste esperienze e trovare strategie concrete per costruire legami significativi.
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Buongiorno G., la sua sembra la situazione di chi si ritrova in un circolo vizioso e più tenta di uscirne più si avviluppa. Colpisce la rabbia che trasuda dalle sue parole e la scarsa autostima: "questa è una psicopatica" - "nessuno mi considera" - "non ho mai combinato nulla"- questo è un dolore stupido". Non sembra che lei stia così bene con se stessa, sembra che stare con se stessa la faccia molto soffrire e deve averne delle valide ragioni. Così come deve avere ottime risorse, lo dimostra la sua professione. Per affrontare il dolore della solitudine occorre innanzi tutto dare dignità ed espressione al dolore. Le auguro un buon percorso. Dott.ssa Franca Vocaturi
Buongiorno.
Penso che il dolore sia sempre soggettivo, anche quello psicologico, e dunque la portata che ha sulla nostra vita è una questione che non si può paragonare a quella di altre persone. Il nostro vissuto è il nostro, per questo ha valore.
Provo ad invitarla a fare un colloquio psicologico conoscitivo, anche online.
Penso che il dolore sia sempre soggettivo, anche quello psicologico, e dunque la portata che ha sulla nostra vita è una questione che non si può paragonare a quella di altre persone. Il nostro vissuto è il nostro, per questo ha valore.
Provo ad invitarla a fare un colloquio psicologico conoscitivo, anche online.
Le panchine sono sempre lì, al nostro servizio, sempre disponibili, le usiamo e poi ci dimentichiamo di loro, sono lo zerbino dei nostri bisogni, sempre allegre, simpatiche, divertenti, non dicono mai di no, é il loro lavoro.
Ma lei puó dire di no.
Inizi a dire dei piccoli no, piccoli rifiuti, cose da poco, ma non lasci che gli altri trovino sempre la panchina libera.
Un caro saluto
Ma lei puó dire di no.
Inizi a dire dei piccoli no, piccoli rifiuti, cose da poco, ma non lasci che gli altri trovino sempre la panchina libera.
Un caro saluto
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Gentilissima,
grazie per la condivisione della sua storia. Trovo che oggigiorno sia molto comune.
Anteporre la razionalità circa la gravità può essere accettato fino a che ci si confronta, ma il conto con il proprio vissuto e gli stati d'animo che ne derivano è un fatto personale. Una sofferenza personale che non va minimizzata.
In questi casi, un supporto psicologico aiuta a elaborare l'angoscia e trasformarla in resilienza. Essere se stessi riconoscere e dare valore ai propri bisogni e i propri vissuti emotivi è un atteggiamento che permette di portare avanti i propri desideri. Se si desidera qualcosa di importante per se stessi, ci si impegna per averla e non si riesce, si soffre. Ma se non si desidera, non si soffre.
Le auguro il meglio!
Resto disponibile.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Silvana Zito
grazie per la condivisione della sua storia. Trovo che oggigiorno sia molto comune.
Anteporre la razionalità circa la gravità può essere accettato fino a che ci si confronta, ma il conto con il proprio vissuto e gli stati d'animo che ne derivano è un fatto personale. Una sofferenza personale che non va minimizzata.
In questi casi, un supporto psicologico aiuta a elaborare l'angoscia e trasformarla in resilienza. Essere se stessi riconoscere e dare valore ai propri bisogni e i propri vissuti emotivi è un atteggiamento che permette di portare avanti i propri desideri. Se si desidera qualcosa di importante per se stessi, ci si impegna per averla e non si riesce, si soffre. Ma se non si desidera, non si soffre.
Le auguro il meglio!
Resto disponibile.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Silvana Zito
Buongiorno,
dietro questa solitudine potrebbero celarsi delle problematiche relazionali che lei ignora molto probabilmente perché inconsce. Potrebbe meglio approfondire la sua condizione all' interno di uno spazio di ascolto più ampio come quello della psicoterapia. Pensi alla possibilità di affidarsi ad uno specialista, con il tempo potrà trovare le risposte che cerca.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
dietro questa solitudine potrebbero celarsi delle problematiche relazionali che lei ignora molto probabilmente perché inconsce. Potrebbe meglio approfondire la sua condizione all' interno di uno spazio di ascolto più ampio come quello della psicoterapia. Pensi alla possibilità di affidarsi ad uno specialista, con il tempo potrà trovare le risposte che cerca.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno sarò diretta perché non inizi un percorso online io ci sono se vuoi.
Rosella Mastropietro
Rosella Mastropietro
Gentile Amica,
essere soli è una delle sofferenze più profonde che noi esseri umani possiamo vivere. Sappia che (purtroppo) questa condizione è comune a molti di noi, tanto che i servizi sanitari nazionali (come quello inglese) e addirittura l'OMS ne hanno fatto oggetto di ricerche, rapporti, convegni. Le società occidentali stanno da decenni subendo il declino progressivo della socialità: è sempre più difficile incontrarsi, conoscersi, anche confrontarsi e saper litigare con gli altri - senza dover per forza chiudere i rapporti.
come sa questa non è la sede per dare consigli, visto anche che non posso farmi un'idea precisa della sua situazione, dei suoi bisogni, delle ferite (che tutti noi abbiamo) che potrebbero renderle alcuni momenti della vita in comune con gli altri più difficili. Tuttavia voglio darle un suggerimento che vale per tutti noi: riparta dai suoi interessi, e cerchi intorno a lei gruppi di persone che li coltivano.
E' importante partire dai nostri interessi, perché dobbiamo essere motivati a fare qualcosa (ad. es. le piace la lettura? leggerebbe comunque quindi... allora non sarà un problema andare ad un gruppo di lettura, e così via: teatro, trekking, zumba, cucina, filosofia, fotografia... si lasci tentare dalla fantasia!). Frequentare un gruppo in cui si coltivano i nostri interessi aumenta la probabilità di conoscere persone affini a noi. E' importante avere pazienza in questo: i rapporti si coltivano, anche riflettendo sulle nostre reazioni. Su questo, può esserle utile uno spazio di terapia, che le permetta di diventare consapevole delle sue reazioni, aspettative, credenze e se queste sono un ostacolo, aiutarla a modificarle. Uno spazio di riflessione che diventa utile però solo dopo che avrà deciso di avventurarsi un po' là fuori. Se la sente di correre il rischio? Nessuno può garantirle il risultato - tuttavia abbia fiducia, è un essere umano, è "fatta" per stare con gli altri, e prima o poi questa solitudine si allevierà.
Con i migliori auguri,
dr. Ventura
essere soli è una delle sofferenze più profonde che noi esseri umani possiamo vivere. Sappia che (purtroppo) questa condizione è comune a molti di noi, tanto che i servizi sanitari nazionali (come quello inglese) e addirittura l'OMS ne hanno fatto oggetto di ricerche, rapporti, convegni. Le società occidentali stanno da decenni subendo il declino progressivo della socialità: è sempre più difficile incontrarsi, conoscersi, anche confrontarsi e saper litigare con gli altri - senza dover per forza chiudere i rapporti.
come sa questa non è la sede per dare consigli, visto anche che non posso farmi un'idea precisa della sua situazione, dei suoi bisogni, delle ferite (che tutti noi abbiamo) che potrebbero renderle alcuni momenti della vita in comune con gli altri più difficili. Tuttavia voglio darle un suggerimento che vale per tutti noi: riparta dai suoi interessi, e cerchi intorno a lei gruppi di persone che li coltivano.
E' importante partire dai nostri interessi, perché dobbiamo essere motivati a fare qualcosa (ad. es. le piace la lettura? leggerebbe comunque quindi... allora non sarà un problema andare ad un gruppo di lettura, e così via: teatro, trekking, zumba, cucina, filosofia, fotografia... si lasci tentare dalla fantasia!). Frequentare un gruppo in cui si coltivano i nostri interessi aumenta la probabilità di conoscere persone affini a noi. E' importante avere pazienza in questo: i rapporti si coltivano, anche riflettendo sulle nostre reazioni. Su questo, può esserle utile uno spazio di terapia, che le permetta di diventare consapevole delle sue reazioni, aspettative, credenze e se queste sono un ostacolo, aiutarla a modificarle. Uno spazio di riflessione che diventa utile però solo dopo che avrà deciso di avventurarsi un po' là fuori. Se la sente di correre il rischio? Nessuno può garantirle il risultato - tuttavia abbia fiducia, è un essere umano, è "fatta" per stare con gli altri, e prima o poi questa solitudine si allevierà.
Con i migliori auguri,
dr. Ventura
Gentile, comprendo profondamente il disagio che descrive e la fatica che comporta sentirsi soli, soprattutto quando il desiderio di condividere la vita con qualcuno rimane insoddisfatto e sembra che ogni tentativo non porti i risultati sperati. È importante riconoscere che, pur nella consapevolezza della propria forza e valore, il dolore che prova merita ascolto e rispetto. A volte, riflettere su come ci si relaziona agli altri, sulle aspettative verso sé stessa e sul peso che la solitudine porta con sé può essere utile, così come esplorare lentamente nuove modi di vivere le relazioni e le emozioni, anche al di fuori degli schemi consueti. Un percorso terapeutico, magari diverso da quelli già sperimentati, potrebbe offrirle uno spazio neutro e protetto per accogliere la sua storia senza giudizio, aiutandola a dare voce ai suoi bisogni più profondi e a cercare con pazienza nuove possibilità di apertura e connessione, anche rispetto alle difficoltà che la vita in una piccola città e i ritmi di lavoro impongono. Dott.ssa Elisa Rizzotti
Buongiorno, capisco quanto possa essere doloroso vivere una condizione di solitudine prolungata e avere la sensazione che le proprie qualità non vengano riconosciute o valorizzate nelle relazioni. La sua esperienza, così come la descrive, non è affatto “stupida” e non perde importanza solo perché esistono problemi diversi o più gravi. Il dolore che si prova è personale e reale, e merita ascolto e attenzione. Quando una persona attraversa anni di vuoti relazionali, il rischio è che inizi a costruire, anche involontariamente, una narrazione interna in cui l’assenza di legami diventa parte della propria identità. In questi casi, più il tempo passa, più cresce la sensazione di essere “fuori posto” rispetto agli altri, e ogni esperienza di rifiuto o abbandono, come il ghosting, può rafforzare la convinzione che non ci sia spazio per sé nelle relazioni importanti. È naturale che questo alimenti pensieri dolorosi e una percezione di ingiustizia o di esclusione. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, un passo importante è riconoscere questi pensieri come interpretazioni e non come verità assolute. Il fatto che in passato non si siano concretizzate amicizie o relazioni stabili non significa che non possa accadere in futuro. Spesso, in situazioni come la sua, può essere utile lavorare su due fronti: da un lato, la gestione delle emozioni legate alla solitudine, per non farsi travolgere dal senso di sconfitta; dall’altro, la creazione di piccole occasioni di contatto sociale, anche se apparentemente marginali, perché è proprio la continuità di esperienze sociali positive, anche minime, che nel tempo cambia le prospettive e aumenta le possibilità di incontri significativi. È comprensibile che i vincoli lavorativi e la vita in una piccola città rendano più difficile espandere la rete sociale, ma questo non significa che non esistano strade percorribili. A volte può essere utile sfruttare canali meno tradizionali, come attività online con interazioni reali, iniziative di volontariato o progetti condivisi su temi di interesse personale, che non richiedano spostamenti o orari rigidi. L’obiettivo non è sostituire il desiderio di una relazione di coppia o di amicizie profonde, ma creare un terreno emotivo più stabile e meno dipendente dall’esito immediato di ogni singolo incontro. Il fatto che lei mantenga la capacità di cercare di pensare in positivo e di mantenere un atteggiamento attivo, anche in mezzo alla delusione, è una risorsa preziosa. Questo significa che non ha perso la speranza né la motivazione a costruire una vita diversa, e questo è un elemento chiave per affrontare il momento che sta vivendo. Il lavoro su se stessi non è solo “stare bene da soli”, ma anche prepararsi a riconoscere e cogliere nuove opportunità di connessione, senza lasciarsi frenare dalla paura di rivivere le stesse esperienze dolorose del passato. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Buonasera, non credo alla sfortuna e seppure ci fosse, non potrebbe durare in eterno. Non ritengo che ci siano " dolori stupidi" perché le sofferenze rimangono tali e andrebbero lenite. Penso piuttosto che se si ritrova a non sentirsi considerata né in amicizie né in relazioni amorose, ci saranno sicuramente meccanismi che mette in atto inconsapevolmente. Ciò non vuol dire cercare colpe ma spiegazioni. A volte le persone brillanti possono spaventare, creare invidie, oppure ci sono copioni così incancreniti che si ripetono, come chi nella sfiducia di non trovare nessuno, si butta a capofitto sul lavoro. Io le suggerirei di richiedere un supporto professionale per trovare risposte. Scrive che il dolore di non avere una famiglia propria è insopportabile. Quanto di questa idea proviene dal suo desiderio più profondo e se e quanto, può essere il risultato di condizionamenti sociali? Chi ha detto che essere soli è sinonimo di essere psicopatici (simile all'idea di rifiutabile)? Quali cose la appassionano oltre il lavoro? Quali ambienti frequenta adatti ad incontrare altre persone con interessi simili ai suoi? Ci sono queste ed altre domande che può porsi e a cui sarebbe utile dare risposta. Spero di averle dato qualche spunto su cui riflettere.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Buongiorno gentile G., capisco profondamente quanto ciò che sta vivendo possa essere doloroso, anche se lei stessa tende a sminuirlo confrontandolo con “problemi peggiori”. Il dolore che prova è reale e merita ascolto e rispetto, indipendentemente dalla sua entità o dal paragone con le difficoltà altrui. La solitudine prolungata, specialmente quando si accompagna al desiderio intenso di costruire una relazione significativa, può diventare un peso enorme, capace di condizionare la percezione di sé e degli altri.
Dalle sue parole emerge la frustrazione per un copione che sembra ripetersi: aspettative iniziali, momenti di speranza, seguiti poi da delusioni o sparizioni improvvise che lasciano vuoti e domande senza risposta. Il ghosting e le relazioni con persone evitanti possono essere esperienze destabilizzanti perché non consentono una chiusura emotiva, lasciando la sensazione di non valere abbastanza o di essere “scartata” senza motivo.
Al tempo stesso, la sua vita professionale e il contesto in cui vive sembrano limitare le occasioni di incontro, alimentando il senso di immobilità e isolamento. A questo si aggiunge il peso degli sguardi e dei giudizi percepiti, che possono aumentare la fatica di esporsi e di cercare nuove opportunità sociali. È importante riconoscere che questi fattori non sono semplicemente “colpa della sua sfortuna”, ma derivano da una combinazione di circostanze, scelte e contesti che, con il giusto lavoro su di sé e un piano mirato, possono essere modificati.
Affrontare la solitudine non significa “accontentarsi di se stessi” o “imparare a bastarsi”, come spesso si sente dire in maniera superficiale, ma piuttosto costruire connessioni reali e significative, anche partendo da spazi piccoli e sicuri, creando nuove abitudini che aumentino le possibilità di incontro, e lavorando parallelamente sul riconoscere e interrompere le dinamiche relazionali che tendono a ripetersi. Un percorso terapeutico può aiutarla non solo a elaborare il dolore per le esperienze passate, ma anche a individuare strade concrete per avvicinarsi ai legami che desidera.
La sua storia dimostra forza e resilienza, anche se ora può sentirsi stanca e sfiduciata. Ciò che prova non è “un dolore stupido”, ma il segnale di un bisogno umano fondamentale: essere vista, scelta e amata. Non è mai troppo tardi per cambiare rotta, ma questo cambiamento va accompagnato con pazienza, strategia e sostegno adeguato.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Dalle sue parole emerge la frustrazione per un copione che sembra ripetersi: aspettative iniziali, momenti di speranza, seguiti poi da delusioni o sparizioni improvvise che lasciano vuoti e domande senza risposta. Il ghosting e le relazioni con persone evitanti possono essere esperienze destabilizzanti perché non consentono una chiusura emotiva, lasciando la sensazione di non valere abbastanza o di essere “scartata” senza motivo.
Al tempo stesso, la sua vita professionale e il contesto in cui vive sembrano limitare le occasioni di incontro, alimentando il senso di immobilità e isolamento. A questo si aggiunge il peso degli sguardi e dei giudizi percepiti, che possono aumentare la fatica di esporsi e di cercare nuove opportunità sociali. È importante riconoscere che questi fattori non sono semplicemente “colpa della sua sfortuna”, ma derivano da una combinazione di circostanze, scelte e contesti che, con il giusto lavoro su di sé e un piano mirato, possono essere modificati.
Affrontare la solitudine non significa “accontentarsi di se stessi” o “imparare a bastarsi”, come spesso si sente dire in maniera superficiale, ma piuttosto costruire connessioni reali e significative, anche partendo da spazi piccoli e sicuri, creando nuove abitudini che aumentino le possibilità di incontro, e lavorando parallelamente sul riconoscere e interrompere le dinamiche relazionali che tendono a ripetersi. Un percorso terapeutico può aiutarla non solo a elaborare il dolore per le esperienze passate, ma anche a individuare strade concrete per avvicinarsi ai legami che desidera.
La sua storia dimostra forza e resilienza, anche se ora può sentirsi stanca e sfiduciata. Ciò che prova non è “un dolore stupido”, ma il segnale di un bisogno umano fondamentale: essere vista, scelta e amata. Non è mai troppo tardi per cambiare rotta, ma questo cambiamento va accompagnato con pazienza, strategia e sostegno adeguato.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Gentile utente, desidero ringraziarla per aver condiviso il suo vissuto emotivo: il dolore che prova è autentico, non è "stupido". La solitudine che sente ha valore, provoca disagio e sofferenza. L'esperienza del ghosting, la relazione con una persona che improvvisamente sparisce, senza alcuna spiegazione, lascia ferite aperte e senso di smarrimento. Tutto ciò può avere ripercussioni impattanti dal punto di vista psicologico portando tristezza, frustrazione, rabbia. Può lasciare un senso di sfiducia in sé stessi e nel futuro. La riflessione consapevole, l'accettazione e l'attivazione delle personali risorse interiori, in uno spazio protetto di consulenza, potrebbe rappresentare un iniziale punto di partenza per dare voce al suo sentire, alleviare il peso della solitudine e aprirsi a nuove prospettive o possibilità.
Resto a disposizione. Un caro saluto
Dott.ssa Laura Soldati
Resto a disposizione. Un caro saluto
Dott.ssa Laura Soldati
Salve, La ringrazio per aver condiviso il Suo vissuto. Da quanto descrive le difficoltà relazionali e il senso di solitudine che prova, a parer mio, non dipendono dalla “sfortuna” , potrebbero, invece, avere radici nella Sua storia personale. Un percorso psicologico potrebbe offrirLe uno spazio sicuro per esplorare queste esperienze, comprendere i meccanismi che La portano a sentirsi non considerata e pian piano costruire relazioni più autentiche e soddisfacenti. Non si tratta semplicemente di “star bene con se stessi” , ma di lavorare sulle origini delle sua difficoltà in modo consapevole.
Saluti
Saluti
Cara G.,leggendo le tue parole arriva tutta la fatica e la solitudine che stai vivendo. Non è affatto un “dolore stupido”: il bisogno di legami affettivi e di sentirsi parte di una rete è umano e profondo, e quando manca può essere davvero doloroso, a volte persino più del resto.Quello che descrivi non parla di un problema tuo come persona, ma di una serie di circostanze che hanno reso difficile costruire rapporti significativi: i ritmi lavorativi, il contesto della piccola città, e forse anche incontri con persone che non hanno saputo darti la reciprocità che meritavi. Essere definita “bella, brava, empatica” ma poi non scelta può ferire molto, perché sembra confermare l’idea di non essere mai “abbastanza”, quando invece il punto non è il tuo valore, ma l’incapacità dell’altro di incontrarlo.
La solitudine non si affronta con frasi fatte, ma con piccoli passi che possano ridarti un senso di connessione reale: magari non subito un compagno di vita, ma occasioni nuove di scambio, anche minime, che rompano l’isolamento. Non si tratta di “imparare a stare bene da sola” ,cosa che già sai fare , ma di trovare spazi in cui le tue qualità possano incontrare persone più affini.Non sei sbagliata, non sei una “panchina usata”: sei una donna che desidera condividere la vita, e questo desiderio merita rispetto. Concediti di sentire la tua sofferenza senza sminuirla, perché è il segno di un bisogno autentico, che ha valore quanto quello di chiunque altro.
Un caro saluto.
La solitudine non si affronta con frasi fatte, ma con piccoli passi che possano ridarti un senso di connessione reale: magari non subito un compagno di vita, ma occasioni nuove di scambio, anche minime, che rompano l’isolamento. Non si tratta di “imparare a stare bene da sola” ,cosa che già sai fare , ma di trovare spazi in cui le tue qualità possano incontrare persone più affini.Non sei sbagliata, non sei una “panchina usata”: sei una donna che desidera condividere la vita, e questo desiderio merita rispetto. Concediti di sentire la tua sofferenza senza sminuirla, perché è il segno di un bisogno autentico, che ha valore quanto quello di chiunque altro.
Un caro saluto.
Cara G.,
ti ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità il tuo vissuto. Le tue parole trasmettono un dolore autentico e profondo, e credo sia molto importante che tu lo abbia espresso con questa chiarezza. Non è affatto “una storia che non vale la pena raccontare”, come temi: al contrario, il bisogno di relazioni significative, di sentirsi scelti e voluti, è tra i bisogni umani più fondamentali. E quando questo manca, la sofferenza che si prova è reale, intensa e merita ascolto.
Il ghosting, il sentirsi esclusi, la solitudine… non sono “problemucci” da liquidare con leggerezza. Sono esperienze dolorose, che toccano in profondità l’autostima e il senso di appartenenza. Il fatto che tu non voglia sminuire il tuo dolore paragonandolo ad altri è un punto di forza: riconoscerlo per quello che è può diventare il punto di partenza per costruire un cambiamento vero nella tua vita.
Dalle tue parole emerge anche una grande risorsa: il desiderio vivo di creare legami autentici, di avere accanto un compagno con cui condividere la quotidianità, di sentirti parte di una rete di relazioni. È un desiderio legittimo, e fa bene che tu lo rivendichi come qualcosa di importante per te.
Un percorso psicologico potrebbe esserti di aiuto proprio in questa fase: per riattivare le tue capacità relazionali, per imparare a riconoscerti valore, per sostenerti nel creare nuove opportunità di incontro e nel coltivare relazioni più appaganti. Non è un cammino immediato, ma con il giusto supporto e con la tua determinazione può portarti a vivere legami che ti facciano sentire vista e amata.
Ti incoraggio quindi a dare peso al tuo dolore, senza giudicarlo “stupido”: è reale e merita rispetto. Ed è anche il segnale che ti sta dicendo che sei pronta a metterti in moto per costruire la vita che desideri.
Un abbraccio e un augurio sincero per il tuo percorso.
ti ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità il tuo vissuto. Le tue parole trasmettono un dolore autentico e profondo, e credo sia molto importante che tu lo abbia espresso con questa chiarezza. Non è affatto “una storia che non vale la pena raccontare”, come temi: al contrario, il bisogno di relazioni significative, di sentirsi scelti e voluti, è tra i bisogni umani più fondamentali. E quando questo manca, la sofferenza che si prova è reale, intensa e merita ascolto.
Il ghosting, il sentirsi esclusi, la solitudine… non sono “problemucci” da liquidare con leggerezza. Sono esperienze dolorose, che toccano in profondità l’autostima e il senso di appartenenza. Il fatto che tu non voglia sminuire il tuo dolore paragonandolo ad altri è un punto di forza: riconoscerlo per quello che è può diventare il punto di partenza per costruire un cambiamento vero nella tua vita.
Dalle tue parole emerge anche una grande risorsa: il desiderio vivo di creare legami autentici, di avere accanto un compagno con cui condividere la quotidianità, di sentirti parte di una rete di relazioni. È un desiderio legittimo, e fa bene che tu lo rivendichi come qualcosa di importante per te.
Un percorso psicologico potrebbe esserti di aiuto proprio in questa fase: per riattivare le tue capacità relazionali, per imparare a riconoscerti valore, per sostenerti nel creare nuove opportunità di incontro e nel coltivare relazioni più appaganti. Non è un cammino immediato, ma con il giusto supporto e con la tua determinazione può portarti a vivere legami che ti facciano sentire vista e amata.
Ti incoraggio quindi a dare peso al tuo dolore, senza giudicarlo “stupido”: è reale e merita rispetto. Ed è anche il segnale che ti sta dicendo che sei pronta a metterti in moto per costruire la vita che desideri.
Un abbraccio e un augurio sincero per il tuo percorso.
Quello che descrivi è un dolore reale e comprensibile: la solitudine forzata, il ghosting e la sensazione di non essere considerata, pur essendo percepita come “brava, bella e intelligente”, creano un conflitto interno molto difficile da gestire. Non si tratta di un problema tuo, ma di dinamiche relazionali comuni, come incontrare persone evitanti o incapaci di gestire intimità, che non riflettono alcun difetto in te. Oltre al classico consiglio di “stare bene con te stessa”, ci sono strategie pratiche che possono aiutarti: creare piccoli momenti di connessione significativa, anche solo con poche persone; espandere gradualmente la tua rete sociale tramite attività che ti interessano; riconoscere e dare spazio al dolore senza giudicarti; fare piccoli gesti di reciprocità sociale che non comportino grandi aspettative; e ristrutturare la percezione del tempo valorizzando le tue competenze, passioni e risorse personali. L’obiettivo non è cambiare te stessa, ma creare spazi in cui gli altri possano conoscerti e interagire autenticamente, riducendo la sensazione di invisibilità.
Ciao grazie per la condivisione! la solitudine che senti può fare molto male, capisco quanto possa pesare. Non c’è una risposta semplice da darti in poche righe, ma può essere prezioso esplorare insieme questo vissuto. È un percorso che si costruisce poco alla volta, e il dolore che porti merita uno spazio di ascolto e accoglienza.
G., grazie per aver condiviso la tua esperienza con tanta sincerità. Il dolore che descrivi non è affatto “stupido”: è reale, ed è legittimo. La solitudine affettiva e la mancanza di un compagno di vita possono pesare come un macigno, soprattutto quando senti di avere qualità, competenze, empatia e desiderio di costruire, e nonostante questo ti sembra che nessuno scelga davvero te.
Quello che emerge dalle tue parole è che non ti manca la capacità di stare bene con te stessa: lo sai fare, sei una persona che ha costruito tanto, che cerca di pensare positivo e che ha investito nella propria formazione. Quello che manca è lo specchio esterno: qualcuno con cui condividere, da cui sentirti scelta, amata, vista non solo come “bella e brava” ma come donna da tenere accanto.
La difficoltà che racconti – ghosting, partner evitanti, piccola città che limita gli incontri, orari di lavoro che non coincidono con la vita sociale – crea una gabbia. Non è incapacità tua, è un insieme di circostanze che rendono difficile creare connessioni stabili.
Qualche spunto concreto:
– Distinguere il valore personale dalle risposte degli altri. Il ghosting non dice nulla su di te: parla della fragilità o dell’evitamento dell’altro. Ma capisco che viverlo lasci addosso la sensazione di non valere. Ricordarlo ogni volta può alleggerire il peso.
– Allargare gli spazi possibili, anche in modo non convenzionale. Se i corsi in città non coincidono coi tuoi orari, puoi valutare esperienze online (ci sono community di professionisti, gruppi tematici, anche contesti più strutturati come i viaggi organizzati per single). Non è la stessa cosa che “uscire dal lavoro e andare a un aperitivo”, ma ti mette in contatto con persone nuove.
– Permetterti di nominare la tua rabbia e la tua invidia senza colpevolizzarti. Guardare chi ha famiglia e sentire un dolore che brucia è umano. Non è un “capriccio”: è il riconoscimento di un tuo desiderio profondo. Riconoscerlo senza vergogna ti aiuta a non caricarlo anche del senso di colpa.
– Mantenere uno spazio di sostegno stabile. La terapia può aiutare, ma se ti sei sentita liquidata con un “sei solo sfortunata”, forse non hai trovato il setting giusto. Una terapia focalizzata sulle relazioni e sugli schemi affettivi (per esempio la schema therapy) potrebbe essere più utile di un approccio che minimizza il tuo vissuto.
La tua vita non è “vuota” perché non hai un compagno o figli. È piena di cose che hai costruito. Ma capisco benissimo che questo non basti a riempire il vuoto affettivo. Non si tratta di “imparare a bastarti da sola”: lo sai già fare. Si tratta di trovare canali nuovi, anche faticosi, per entrare in contatto con chi cerca davvero ciò che cerchi tu.
Non sei “usata come una panchina”: sei una donna che vuole un amore reciproco. E non sei sbagliata se lo desideri con tutte le tue forze.
Dott.ssa De Pretto
Quello che emerge dalle tue parole è che non ti manca la capacità di stare bene con te stessa: lo sai fare, sei una persona che ha costruito tanto, che cerca di pensare positivo e che ha investito nella propria formazione. Quello che manca è lo specchio esterno: qualcuno con cui condividere, da cui sentirti scelta, amata, vista non solo come “bella e brava” ma come donna da tenere accanto.
La difficoltà che racconti – ghosting, partner evitanti, piccola città che limita gli incontri, orari di lavoro che non coincidono con la vita sociale – crea una gabbia. Non è incapacità tua, è un insieme di circostanze che rendono difficile creare connessioni stabili.
Qualche spunto concreto:
– Distinguere il valore personale dalle risposte degli altri. Il ghosting non dice nulla su di te: parla della fragilità o dell’evitamento dell’altro. Ma capisco che viverlo lasci addosso la sensazione di non valere. Ricordarlo ogni volta può alleggerire il peso.
– Allargare gli spazi possibili, anche in modo non convenzionale. Se i corsi in città non coincidono coi tuoi orari, puoi valutare esperienze online (ci sono community di professionisti, gruppi tematici, anche contesti più strutturati come i viaggi organizzati per single). Non è la stessa cosa che “uscire dal lavoro e andare a un aperitivo”, ma ti mette in contatto con persone nuove.
– Permetterti di nominare la tua rabbia e la tua invidia senza colpevolizzarti. Guardare chi ha famiglia e sentire un dolore che brucia è umano. Non è un “capriccio”: è il riconoscimento di un tuo desiderio profondo. Riconoscerlo senza vergogna ti aiuta a non caricarlo anche del senso di colpa.
– Mantenere uno spazio di sostegno stabile. La terapia può aiutare, ma se ti sei sentita liquidata con un “sei solo sfortunata”, forse non hai trovato il setting giusto. Una terapia focalizzata sulle relazioni e sugli schemi affettivi (per esempio la schema therapy) potrebbe essere più utile di un approccio che minimizza il tuo vissuto.
La tua vita non è “vuota” perché non hai un compagno o figli. È piena di cose che hai costruito. Ma capisco benissimo che questo non basti a riempire il vuoto affettivo. Non si tratta di “imparare a bastarti da sola”: lo sai già fare. Si tratta di trovare canali nuovi, anche faticosi, per entrare in contatto con chi cerca davvero ciò che cerchi tu.
Non sei “usata come una panchina”: sei una donna che vuole un amore reciproco. E non sei sbagliata se lo desideri con tutte le tue forze.
Dott.ssa De Pretto
Salve G., grazie per esserti aperta soprattutto perchè invece è un DOLORE grande e vba rispettato e dato dignità. Questo svalutare il tuo sentire non aiuta perchè ogni persona ha le sue difficoltà e sofferenze e nessuno si può permettere di valutarle o dargli dei gradi di importanza. Detto questo non credo tu sia sfortunata e che è importante fare un percorso interno forse più profondo di quanto non hai fatto perchè le cose belle arrivano quando abbiamo fatto pace con i nostri demoni.
Il lavoro probabilmente non aiuta ma se vuoi io sono disponibile per parlarne e capire soluzioni oltre che entrare profondamente ma con delicatezza nel tuo vissuto.
Dott.ssa Casumaro Giada
Il lavoro probabilmente non aiuta ma se vuoi io sono disponibile per parlarne e capire soluzioni oltre che entrare profondamente ma con delicatezza nel tuo vissuto.
Dott.ssa Casumaro Giada
Salve G., mi dispiace molto che lei abbia provato questa "colpa" che continua ad autoinfliggersi: lei non ha una storia che vale la pena pubblicare, lei non vale mica più degli altri, lei non ha mica avuto dolori più forti degli altri... Ma lei si concede di star male? Di soffrire per questo suo vissuto di solitudine? Come mai nel soffrire sente di non dover fastidio agli altri?
Si dia il permesso di soffrire liberamente... e poi incanali il suo dolore in un percorso di psicoterapia.
Resto a disposizione, in bocca al lupo!
Si dia il permesso di soffrire liberamente... e poi incanali il suo dolore in un percorso di psicoterapia.
Resto a disposizione, in bocca al lupo!
Gentile utente, non credo affatto che la sua sofferenza, come quella di nessuno, sia stupida o inutile (per usare le use parole). Non esistono ragioni più o meno legittime che possano dare origine a della sofferenza: non è mai quello che succede ma come lo si interpreta. Credo che troverebbe giovamento dall'intraprendere un percorso psicologico nel quale poter capire perchè questa situazione le origina un malessere così forte. Resto a disposizione per un colloquio, anche online. Saluti Dr.ssa Oliveri
Buonasera, inizierei con il dirle che non dovrebbe sminuire il suo dolore perché non c'è una scala di dolori importanti, il dolore è dolore qualunque esso sia e lo sentiamo devastante in ogni caso. Si dia il valore che merita perché se non impara a farlo lei, se non lo riconosce, non lo riconosceranno neanche gli altri.
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