Buonasera IO sono stata ricoverata in psichiatria e dai 7 giorni che dovevo farmi mi sono fatto 21 g
24
risposte
Buonasera IO sono stata ricoverata in psichiatria e dai 7 giorni che dovevo farmi mi sono fatto 21 giorni. Per la mia psichiatra io ho la depressione ansiosa ,in psichiatria mi hanno detto DISTURBO DI PERSONALITA, sono molto confusa ogni medico dice una cosa diversa .la terapia la mia psichiatra me la dimezzato stavo male in ospedale e adesso ancora peggio.
Ho ripreso con la mia psicologa ma io non riesco più a parlare con Lei. Ho alzato un muro e mi dispiace perché con la psicologa avevamo costruito un bel rapporto lavorativo. Mi chiedo de e normale?se ritornerò come prima..e quale e la diagnosi giusta .confusa al massimo. Grazie a chi mi
darà qualche consiglio.
Ho ripreso con la mia psicologa ma io non riesco più a parlare con Lei. Ho alzato un muro e mi dispiace perché con la psicologa avevamo costruito un bel rapporto lavorativo. Mi chiedo de e normale?se ritornerò come prima..e quale e la diagnosi giusta .confusa al massimo. Grazie a chi mi
darà qualche consiglio.
Buongiorno,
quello che sta vivendo è comprensibilmente fonte di confusione e fatica. Ricevere diagnosi differenti può succedere, perché i disturbi psicologici e psichiatrici spesso presentano sintomi che si sovrappongono, e ogni specialista può inquadrare la situazione da una prospettiva diversa. La diagnosi, inoltre, non è sempre un’etichetta definitiva: può evolvere con il tempo e con l’osservazione del percorso clinico.
Il cambiamento della terapia farmacologica può aver inciso sia sul suo stato fisico sia emotivo, e questo può rendere più difficile anche la comunicazione con la psicologa. Il “muro” che sente è una reazione possibile quando ci si sente vulnerabili o disorientati: può essere una forma di protezione temporanea, non necessariamente la fine del lavoro fatto finora.
Il consiglio è di condividere apertamente queste sensazioni sia con la sua psicologa sia con la sua psichiatra. Parlare di questa distanza emotiva può essere il primo passo. Non si giudichi per ciò che sta provando: fa parte del processo terapeutico vivere momenti di chiusura e difficoltà.
Col tempo è possibile ritrovare un equilibrio e ricostruire fiducia e comunicazione.
Si conceda tempo e ascolto: il percorso non è quasi mai lineare.
Un caro saluto.
quello che sta vivendo è comprensibilmente fonte di confusione e fatica. Ricevere diagnosi differenti può succedere, perché i disturbi psicologici e psichiatrici spesso presentano sintomi che si sovrappongono, e ogni specialista può inquadrare la situazione da una prospettiva diversa. La diagnosi, inoltre, non è sempre un’etichetta definitiva: può evolvere con il tempo e con l’osservazione del percorso clinico.
Il cambiamento della terapia farmacologica può aver inciso sia sul suo stato fisico sia emotivo, e questo può rendere più difficile anche la comunicazione con la psicologa. Il “muro” che sente è una reazione possibile quando ci si sente vulnerabili o disorientati: può essere una forma di protezione temporanea, non necessariamente la fine del lavoro fatto finora.
Il consiglio è di condividere apertamente queste sensazioni sia con la sua psicologa sia con la sua psichiatra. Parlare di questa distanza emotiva può essere il primo passo. Non si giudichi per ciò che sta provando: fa parte del processo terapeutico vivere momenti di chiusura e difficoltà.
Col tempo è possibile ritrovare un equilibrio e ricostruire fiducia e comunicazione.
Si conceda tempo e ascolto: il percorso non è quasi mai lineare.
Un caro saluto.
Risolvi i tuoi dubbi grazie alla consulenza online
Se hai bisogno del consiglio di uno specialista, prenota una consulenza online. Otterrai risposte senza muoverti da casa.
Mostra risultati Come funziona?
Buonasera, grazie per aver condiviso con tanta sincerità il suo vissuto. È comprensibile sentirsi confusi quando si ricevono diagnosi diverse da più professionisti. La psichiatria e la psicologia sono discipline complesse, e spesso le diagnosi possono evolvere nel tempo o essere formulate in modo diverso a seconda del contesto clinico.
La depressione ansiosa e il disturbo di personalità non si escludono a vicenda: possono coesistere o essere interpretazioni diverse di uno stesso quadro sintomatologico. È importante che lei continui a confrontarsi con i suoi curanti per chiarire questi aspetti, magari chiedendo un momento dedicato alla spiegazione della diagnosi e della terapia.
Riguardo al muro con la psicologa, è assolutamente normale che in momenti di vulnerabilità si possa sentire il bisogno di proteggersi, anche da chi ci ha aiutato. Il rapporto terapeutico è fatto anche di fasi di distanza e riavvicinamento. Se riesce, provi a condividere con lei proprio questa difficoltà: può diventare un punto di ripartenza prezioso.
Infine, sì: è possibile tornare come prima, e anche meglio. Il fatto che lei stia cercando risposte e continui a chiedere aiuto è già un segno di forza e di desiderio di guarigione.
Un caro saluto e tanta fiducia nel suo percorso,
Dott.ssa Emerilys Martha Delgado Garcia
La depressione ansiosa e il disturbo di personalità non si escludono a vicenda: possono coesistere o essere interpretazioni diverse di uno stesso quadro sintomatologico. È importante che lei continui a confrontarsi con i suoi curanti per chiarire questi aspetti, magari chiedendo un momento dedicato alla spiegazione della diagnosi e della terapia.
Riguardo al muro con la psicologa, è assolutamente normale che in momenti di vulnerabilità si possa sentire il bisogno di proteggersi, anche da chi ci ha aiutato. Il rapporto terapeutico è fatto anche di fasi di distanza e riavvicinamento. Se riesce, provi a condividere con lei proprio questa difficoltà: può diventare un punto di ripartenza prezioso.
Infine, sì: è possibile tornare come prima, e anche meglio. Il fatto che lei stia cercando risposte e continui a chiedere aiuto è già un segno di forza e di desiderio di guarigione.
Un caro saluto e tanta fiducia nel suo percorso,
Dott.ssa Emerilys Martha Delgado Garcia
Un buon rapporto terapeutico con la tua terapeuta è fondamentale perché la terapia sia utile e funzionale. Se in questo momento senti che si è rotto qualcosa è bene che ne parli anzitutto con lei. Se la cosa non si sblocca, prendi in considerazione di cambiare terapeuta; fare un passo, apparentemente in un'altra direzione, non significa evitare o scappare dal problema, ma sfruttare altre opportunità, senza farti fregare da quello che al momento rappresenta un ostacolo. Quindi sapendo che può essere normale, ma comunque degno di nota, sarà affrontato a tempo debito.
Gent.ma, la sua è una condivisione genuina e coraggiosa. Un ricovero è spesso un evento molto destabilizzante per chi lo vive. E' una delicata fase di passaggio, in grado di lasciare turbamento soprattutto nel momento in cui al posto di portare chiarezza fa tornare a casa con una montagna di dubbi e una serie di fogli pieni di parole nuove, inedite. Diventano quindi del tutto comprensibili emozioni intense quali paura, smarrimento, confusione. Si rischia anche di sentirsi traditi o incerti rispetto a chi ci stava seguendo e che quelle parole non ce le ha mai dette, forse neanche accennate. Potrebbe essere questo uno dei motivi che le hanno fatto alzare un muro con la sua psicologa? Sia che sia questa la risposta o altre che sa in cuor suo, il mio consiglio è quello di fare presente alla sua psicologa come si sente nei suoi confronti, soprattutto in forza del bel rapporto che siete riuscite a creare nel tempo. Si dia, se già non l'ha fatto, l'opportunità di esprimere questo importante sentimento. Affrontarlo nella stanza della terapia può rappresentare un momento importante per lei e per il suo percorso. Non dimentichi che le relazioni stabili e sicure non sono quelle in cui va sempre tutto bene, bensì quelle che anche nella difficoltà si raccontano e decidono ambedue le parti di tenersi per mano, sino a raggiungere un nuovo equilibrio. Magari anche meglio del precedente.
Le auguro il raggiungimento di una rinnovata chiarezza, raccogliendo le diagnosi come faro necessario prima di tutto ai professionisti per meglio direzionare la terapia (farmacologica e non), e non come un'etichetta volta a definirla. Un caro saluto.
Le auguro il raggiungimento di una rinnovata chiarezza, raccogliendo le diagnosi come faro necessario prima di tutto ai professionisti per meglio direzionare la terapia (farmacologica e non), e non come un'etichetta volta a definirla. Un caro saluto.
Gentile utente,
capisco quanto possa essere disorientante ricevere diagnosi diverse e modifiche della terapia in un momento già difficile. Per quanto riguarda il rapporto con la sua psicologa, può essere del tutto normale, dopo un ricovero e un periodo di forte stress, sentirsi più chiusi. Parlarne apertamente in seduta potrebbe essere molto utile a ricostruire il legame. Le suggerisco di continuare a dare spazio a questa relazione e, se rimane in dubbio sulla diagnosi, di condividere con la sua psicologa l’idea di un confronto tra professionisti o di una seconda valutazione psichiatrica. Recuperare equilibrio e benessere è possibile, un passo alla volta e con il giusto sostegno.
Un caro saluto,
dott.ssa Silvia Ferraro
capisco quanto possa essere disorientante ricevere diagnosi diverse e modifiche della terapia in un momento già difficile. Per quanto riguarda il rapporto con la sua psicologa, può essere del tutto normale, dopo un ricovero e un periodo di forte stress, sentirsi più chiusi. Parlarne apertamente in seduta potrebbe essere molto utile a ricostruire il legame. Le suggerisco di continuare a dare spazio a questa relazione e, se rimane in dubbio sulla diagnosi, di condividere con la sua psicologa l’idea di un confronto tra professionisti o di una seconda valutazione psichiatrica. Recuperare equilibrio e benessere è possibile, un passo alla volta e con il giusto sostegno.
Un caro saluto,
dott.ssa Silvia Ferraro
Salve, non mi preoccuperei tanto della diagnosi ma cercherei di ricavarmi del tempo e delle occasioni adeguate per ripensare al faticoso periodo che ha dovuto affrontare; riallaccerei quindi il rapporto con la sua psicologa, dalla quale mi pare si fosse sentita capita e mi affiderei alla psichiatra per l'assunzione di farmaci.
Cerchi di riprendere la sua tranquillità e il suo spazio conservando la fiducia verso le persone che si prendono cura di lei.
Un cordiale saluto.
Cerchi di riprendere la sua tranquillità e il suo spazio conservando la fiducia verso le persone che si prendono cura di lei.
Un cordiale saluto.
La terapia farmacologica va sempre accompagnata da un supporto con uno psicologo e certamente non aiuta se con lei non ti apri. Cerca di spiegarle di questo muro e di capire se potete superarlo insieme e, soprattutto, non attaccarti troppo all'etichetta da dare al tuo malessere ma trova solo modi per conoscerlo, affrontarlo e superarlo. Ti auguro tanta forza
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno. Comprendo la sua confusione e la sua frustrazione. È assolutamente normale sentirsi così quando si ricevono diagnosi diverse e le terapie non sembrano funzionare come sperato. Purtroppo capita anche ad altre persone.
Mi permetto di darle qualche suggerimento per affrontare questo momento difficile e delicato, come l'opportunità per acquisire una maggiore consapevolezza e crescere:
1)Chiarire le diagnosi: Potrebbe chiedere un colloquio con la sua psichiatra per capire meglio la discrepanza tra la diagnosi di "depressione ansiosa" e quella di "disturbo di personalità". A volte, queste diagnosi possono sovrapporsi o essere interpretate in modo diverso a seconda del contesto. Spiegare che questa incertezza le crea confusione è il primo passo per trovare chiarezza.
2)Ricominciare il dialogo con la sua psicologa: Il "muro" che sente di aver alzato con la sua psicologa è un segnale di allarme importante. Non si senta in colpa. È un momento di blocco e fa parte del percorso. Potrebbe parlarne apertamente con lei, magari iniziando proprio da questa sensazione di non riuscire a comunicare. Potrebbe essere un punto di partenza per analizzare cosa è successo durante il ricovero e perché si sente così.
3)Darsi del tempo: Chiedersi se tornerà "come prima" è una domanda che in tanti si fanno. È un momento di grande cambiamento e instabilità. La strada del recupero non è lineare e gli alti e bassi sono parte del processo. Sia gentile con se stessa e si conceda il tempo necessario per ritrovare un equilibrio.
Spero che queste idee le diano qualche spunto. Ricordi che è importante esprimere i suoi dubbi ai professionisti che la seguono. È il primo passo per costruire insieme il suo percorso e instaurare un rapporto di fiducia e un dialogo franco. La saluto
Mi permetto di darle qualche suggerimento per affrontare questo momento difficile e delicato, come l'opportunità per acquisire una maggiore consapevolezza e crescere:
1)Chiarire le diagnosi: Potrebbe chiedere un colloquio con la sua psichiatra per capire meglio la discrepanza tra la diagnosi di "depressione ansiosa" e quella di "disturbo di personalità". A volte, queste diagnosi possono sovrapporsi o essere interpretate in modo diverso a seconda del contesto. Spiegare che questa incertezza le crea confusione è il primo passo per trovare chiarezza.
2)Ricominciare il dialogo con la sua psicologa: Il "muro" che sente di aver alzato con la sua psicologa è un segnale di allarme importante. Non si senta in colpa. È un momento di blocco e fa parte del percorso. Potrebbe parlarne apertamente con lei, magari iniziando proprio da questa sensazione di non riuscire a comunicare. Potrebbe essere un punto di partenza per analizzare cosa è successo durante il ricovero e perché si sente così.
3)Darsi del tempo: Chiedersi se tornerà "come prima" è una domanda che in tanti si fanno. È un momento di grande cambiamento e instabilità. La strada del recupero non è lineare e gli alti e bassi sono parte del processo. Sia gentile con se stessa e si conceda il tempo necessario per ritrovare un equilibrio.
Spero che queste idee le diano qualche spunto. Ricordi che è importante esprimere i suoi dubbi ai professionisti che la seguono. È il primo passo per costruire insieme il suo percorso e instaurare un rapporto di fiducia e un dialogo franco. La saluto
Buongiorno gentile Utente, posso comprendere quanto sia difficile trovarsi in una situazione come la sua, in cui pareri diversi da parte dei medici generano confusione e smarrimento. Ricevere diagnosi differenti, come “depressione ansiosa” e “disturbo di personalità”, può essere disorientante, ma non è raro che nei disturbi psicologici e psichiatrici le valutazioni possano variare, soprattutto se si basano su momenti di osservazione diversi o su sintomi che possono sovrapporsi. Spesso la comprensione più chiara emerge nel tempo, attraverso un’osservazione più prolungata e un lavoro terapeutico continuativo.
Il fatto di aver alzato un muro con la sua psicologa, dopo un ricovero così intenso, può essere una reazione naturale. Talvolta, quando si vive un’esperienza forte o destabilizzante, può subentrare il bisogno di proteggersi emotivamente, e questo può tradursi in una chiusura anche verso persone con cui si aveva un buon rapporto. Questo non significa che il legame terapeutico sia compromesso per sempre. Con il tempo, se lei sentirà di poterlo fare, potrà provare a condividere con la sua psicologa proprio questa difficoltà: parlare del “muro” può diventare parte del lavoro terapeutico stesso.
Per quanto riguarda il “ritornare come prima”, è bene ricordare che il percorso di cura non sempre ha come obiettivo il semplice ritorno a uno stato precedente, ma piuttosto la costruzione di un nuovo equilibrio che le permetta di stare meglio e affrontare la vita con maggiori risorse. Anche i momenti di regressione o di peggioramento, per quanto difficili, possono essere tappe temporanee in un cammino più ampio.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Il fatto di aver alzato un muro con la sua psicologa, dopo un ricovero così intenso, può essere una reazione naturale. Talvolta, quando si vive un’esperienza forte o destabilizzante, può subentrare il bisogno di proteggersi emotivamente, e questo può tradursi in una chiusura anche verso persone con cui si aveva un buon rapporto. Questo non significa che il legame terapeutico sia compromesso per sempre. Con il tempo, se lei sentirà di poterlo fare, potrà provare a condividere con la sua psicologa proprio questa difficoltà: parlare del “muro” può diventare parte del lavoro terapeutico stesso.
Per quanto riguarda il “ritornare come prima”, è bene ricordare che il percorso di cura non sempre ha come obiettivo il semplice ritorno a uno stato precedente, ma piuttosto la costruzione di un nuovo equilibrio che le permetta di stare meglio e affrontare la vita con maggiori risorse. Anche i momenti di regressione o di peggioramento, per quanto difficili, possono essere tappe temporanee in un cammino più ampio.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Buonasera, capisco quanto possa essere difficile trovarsi in una situazione in cui si ricevono diagnosi diverse e si percepisce una certa confusione, soprattutto quando già si sta attraversando un periodo di sofferenza. Quando i professionisti usano termini differenti, può nascere la sensazione di non sapere più quale sia la verità su se stessi e questo può far aumentare ansia e smarrimento. È importante ricordare che, al di là dell’etichetta diagnostica, il lavoro terapeutico mira ad affrontare i sintomi e le difficoltà che lei vive concretamente, con l’obiettivo di migliorarne la qualità di vita. Il fatto che ora si senta bloccata con la sua psicologa, dopo aver avuto un buon rapporto in passato, può essere una reazione comprensibile a quanto è accaduto. Eventi come un ricovero, cambi di terapia e sensazioni di peggioramento possono far emergere sfiducia, paura di non essere compresi o timore di mostrarsi vulnerabili. A volte, quando ci si sente esposti o feriti, alzare un muro diventa un modo per proteggersi. La buona notizia è che, con il tempo e con un lavoro paziente, questo muro può essere abbassato, soprattutto se condivide apertamente con la sua terapeuta le difficoltà che sta provando a comunicare. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, può essere utile focalizzarsi non tanto sul cercare subito una risposta definitiva alla domanda su quale sia la diagnosi corretta, quanto sul comprendere quali pensieri, emozioni e comportamenti stanno alimentando il malessere attuale e su come intervenire per modificarli. Questo approccio le permetterebbe di riacquisire un senso di controllo, indipendentemente dalla definizione diagnostica. Riprendere fiducia nella relazione terapeutica sarà un passaggio importante e possibile, se riuscirà a dare voce anche al suo disagio nel parlarne. La chiarezza e la collaborazione con i professionisti potranno aiutarla a sentirsi meno sola in questo percorso e a intravedere un graduale miglioramento. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Buongiorno, comprendo la sua confusione e il senso di smarrimento che sta provando. Quello che le è accaduto con il ricovero che si è prolungato tre volte oltre il previsto e diagnosi contrastanti tra professionisti, rappresenta un'esperienza traumatica che naturalmente ha alterato il suo equilibrio e la fiducia nel percorso terapeutico.
La differenza tra "depressione ansiosa" e "disturbo di personalità" non è solo terminologica, ma indica approcci terapeutici diversi. Durante i ricoveri in ambiente ospedaliero, spesso si tende a osservare comportamenti in una situazione di stress acuto che possono essere interpretati come tratti di personalità, quando invece potrebbero essere reazioni circostanziali alla sofferenza e al contesto stesso del ricovero.
Il "muro" che ha alzato con la sua psicologa è una reazione di protezione completamente normale dopo un'esperienza così destabilizzante, forse il suo sistema psichico sta cercando di difendersi da ulteriori potenziali ferite. Non si tratti di un fallimento del rapporto precedente, ma di una strategia difensiva temporanea che la sua mente ha attivato per tutelarla. Ma è importante che lei sappia che questi meccanismi di chiusura sono reversibili e che la relazione terapeutica che aveva costruito non è perduta per sempre, ma necessita di tempo e pazienza per essere ricostruita. La fiducia, una volta incrinata, richiede gradualità per essere ripristinata.
Riguardo alle diagnosi contrastanti, io le consiglio di richiedere un colloquio di chiarimento con la sua psichiatra per comprendere meglio la sua valutazione attuale e come questa si differenzi da quella ospedaliera. Una diagnosi corretta è fondamentale per impostare il trattamento più adeguato.
Pe ril resto le suggerirei di procedere gradualmente: inizialmente incontri più brevi e frequenti con la sua psicologa per riabituarsi alla relazione, senza pressioni per "produrre" contenuti. Potrebbe essere utile dedicare le prime sedute semplicemente a elaborare l'esperienza del ricovero e le emozioni che ha generato. Parallelamente, un lavoro di stabilizzazione emotiva attraverso tecniche di grounding e mindfulness potrebbe aiutarla a ritrovare un senso di sicurezza interiore necessario per riaprire il dialogo terapeutico. Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork
La differenza tra "depressione ansiosa" e "disturbo di personalità" non è solo terminologica, ma indica approcci terapeutici diversi. Durante i ricoveri in ambiente ospedaliero, spesso si tende a osservare comportamenti in una situazione di stress acuto che possono essere interpretati come tratti di personalità, quando invece potrebbero essere reazioni circostanziali alla sofferenza e al contesto stesso del ricovero.
Il "muro" che ha alzato con la sua psicologa è una reazione di protezione completamente normale dopo un'esperienza così destabilizzante, forse il suo sistema psichico sta cercando di difendersi da ulteriori potenziali ferite. Non si tratti di un fallimento del rapporto precedente, ma di una strategia difensiva temporanea che la sua mente ha attivato per tutelarla. Ma è importante che lei sappia che questi meccanismi di chiusura sono reversibili e che la relazione terapeutica che aveva costruito non è perduta per sempre, ma necessita di tempo e pazienza per essere ricostruita. La fiducia, una volta incrinata, richiede gradualità per essere ripristinata.
Riguardo alle diagnosi contrastanti, io le consiglio di richiedere un colloquio di chiarimento con la sua psichiatra per comprendere meglio la sua valutazione attuale e come questa si differenzi da quella ospedaliera. Una diagnosi corretta è fondamentale per impostare il trattamento più adeguato.
Pe ril resto le suggerirei di procedere gradualmente: inizialmente incontri più brevi e frequenti con la sua psicologa per riabituarsi alla relazione, senza pressioni per "produrre" contenuti. Potrebbe essere utile dedicare le prime sedute semplicemente a elaborare l'esperienza del ricovero e le emozioni che ha generato. Parallelamente, un lavoro di stabilizzazione emotiva attraverso tecniche di grounding e mindfulness potrebbe aiutarla a ritrovare un senso di sicurezza interiore necessario per riaprire il dialogo terapeutico. Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork
Buongiorno. Grazie di aver condiviso una questione così delicata in questo spazio. Inizio col dirle che è normale sentirsi confusi sulla diagnosi. Tuttavia, una cosa non esclude l'altra. Potrebbe avere entrambe le cose dal momento che le sono state diagnosticate entrambe. Mi domando come mai non riesce a parlare con la sua attuale psicologa. Si sente giudicata da lei? O ha paura di un suo possibile giudizio al riguardo? In ogni caso lei deve stare tranquilla perché la psicologa non la giudicherà perché nel codice deontologico degli psicologi non sono ammessi giudizi o pregiudizi su nessuno. La psicologa continuerà a garantirle uno spazio tutto suo dove potersi esprimere completamente e senza paura di doverlo fare. Non c'è alcuna ragione di alzare muri. Le consiglio di proseguire la terapia con la sua psicologa dal momento che si trova bene. Se sente il bisogno di scrivermi resto a sua disposizione. Le auguro un buon ferragosto.
Dott.ssa Angela Atlante
Dott.ssa Angela Atlante
Cara utente,
Il processo diagnostico è complesso e i sintomi a volte si sovrappongono. L'obiettivo è trovare il modo migliore per aiutarti a stare meglio, indipendentemente dal nome che viene dato al tuo malessere. La diagnosi è come un punto di partenza, una "bussola" che aiuta gli specialisti a orientarsi, a comprendere il tuo funzionamento, e a trovare il trattamento più efficace, non come un'etichetta che ti definisce (anche se è può essere condivisibile il desiderio di chiarezza e di eventuali risposte). Dopo un un'esperienza difficile, come quella che hai vissuto, è comprensibile sentire un incrinamento nella fiducia nei confronti della tua psicologa. D'altra parte, potrebbe essere un momento importante per il vostro rapporto terapeutico portare come tema questo muro, permettendo la possibilità di una riparazione.
Un caro saluto,
dott.ssa Lucia Boniotti
Il processo diagnostico è complesso e i sintomi a volte si sovrappongono. L'obiettivo è trovare il modo migliore per aiutarti a stare meglio, indipendentemente dal nome che viene dato al tuo malessere. La diagnosi è come un punto di partenza, una "bussola" che aiuta gli specialisti a orientarsi, a comprendere il tuo funzionamento, e a trovare il trattamento più efficace, non come un'etichetta che ti definisce (anche se è può essere condivisibile il desiderio di chiarezza e di eventuali risposte). Dopo un un'esperienza difficile, come quella che hai vissuto, è comprensibile sentire un incrinamento nella fiducia nei confronti della tua psicologa. D'altra parte, potrebbe essere un momento importante per il vostro rapporto terapeutico portare come tema questo muro, permettendo la possibilità di una riparazione.
Un caro saluto,
dott.ssa Lucia Boniotti
Buongiorno, le consiglio di continuare a rivolgersi ai professionisti che la seguono, e che quindi la conoscono, e non a post anonimi su internet.Cordiali saluti.
Ciao, grazie per aver condiviso con tanta apertura una parte così delicata della tua storia. Capisco quanto possa essere disorientante ricevere pareri diversi dai medici e sentirti confusa sulla diagnosi. È naturale chiedersi “chi ha ragione?” e sentire di non avere un punto fermo. Questo però non significa che la tua sofferenza non sia chiara o che non possa essere affrontata.
La diagnosi in psichiatria non è sempre qualcosa di definitivo, perché le persone non sono etichette ma esseri complessi che possono attraversare momenti diversi. A volte due professionisti sottolineano aspetti differenti, e questo può generare confusione. Quello che conta, al di là della definizione, è capire come stai e cosa può aiutarti a stare meglio.
Per quanto riguarda la psicologa, è normale che dopo un’esperienza forte come il ricovero tu abbia alzato un muro. Forse inconsciamente ti stai proteggendo, come se parlare potesse riattivare dolore o vulnerabilità che preferiresti tenere sotto controllo. Non significa che il rapporto sia perso per sempre: al contrario, il fatto che tu senta dispiacere per questa distanza è segno che per te quella relazione terapeutica ha valore.
Puoi provare a condividere proprio questo con la tua psicologa: “Vorrei parlarti, ma sento come un muro che non riesco a superare”. Mettere in parole il blocco è già un modo per affrontarlo insieme, senza doverlo risolvere da sola.
Con il tempo, questo muro potrà abbassarsi e potrai tornare a sentire quella fiducia che c’era prima. Non c’è nulla di “sbagliato” in te se ora ti senti così: fa parte del processo e può essere un passaggio prezioso del percorso.
La diagnosi in psichiatria non è sempre qualcosa di definitivo, perché le persone non sono etichette ma esseri complessi che possono attraversare momenti diversi. A volte due professionisti sottolineano aspetti differenti, e questo può generare confusione. Quello che conta, al di là della definizione, è capire come stai e cosa può aiutarti a stare meglio.
Per quanto riguarda la psicologa, è normale che dopo un’esperienza forte come il ricovero tu abbia alzato un muro. Forse inconsciamente ti stai proteggendo, come se parlare potesse riattivare dolore o vulnerabilità che preferiresti tenere sotto controllo. Non significa che il rapporto sia perso per sempre: al contrario, il fatto che tu senta dispiacere per questa distanza è segno che per te quella relazione terapeutica ha valore.
Puoi provare a condividere proprio questo con la tua psicologa: “Vorrei parlarti, ma sento come un muro che non riesco a superare”. Mettere in parole il blocco è già un modo per affrontarlo insieme, senza doverlo risolvere da sola.
Con il tempo, questo muro potrà abbassarsi e potrai tornare a sentire quella fiducia che c’era prima. Non c’è nulla di “sbagliato” in te se ora ti senti così: fa parte del processo e può essere un passaggio prezioso del percorso.
Salve, mi dispiace molto per questa confusione causata dalle varie diagnosi. Ad oggi posso dire che le diagnosi sono molto difficili perchè a volte comprendono criteri di diversi disturbi ed è difficile che ce ne sia una che calza perfettamente. Potrebbe riprovare a chiedere una diagnosi ufficiale e a farsi spiegare bene quali sono i sintomi che hanno notato così da essere anche lei partecipe di quello che le accade. Per quanto riguarda il rapporto con la sua psicologa proverei a chiederle un incontro e a parlarle di questo muro che ha creato per vedere se si riesce a recuperare (ovviamente se ci tiene e sente che sia giusto per lei). Almeno parlarle un'ultima volta sia un modo almeno per chiudere al meglio se così dovesse andare.
Rimango a disposizione, Dott.ssa Casumaro Giada
Rimango a disposizione, Dott.ssa Casumaro Giada
Gentile,
è comprensibile sentirsi confusa e persa dopo esperienze così intense e contrastanti, come un ricovero, cambi di terapia e pareri diversi da parte dei professionisti. Le diagnosi in psichiatria non sono sempre immediate o univoche: possono cambiare nel tempo, perché i sintomi si manifestano in modi diversi e ogni specialista può osservare aspetti differenti.
Il fatto che lei abbia alzato un muro con la sua psicologa è un fenomeno normale in queste situazioni. A volte, dopo periodi di forte sofferenza o cambi di terapia, possono emergere resistenze, distacco o difficoltà a parlare apertamente: non significa che il rapporto sia finito. È parte naturale del percorso terapeutico, e può gradualmente ricostruirsi con pazienza e tempo.
Riguardo alla diagnosi “giusta”, non esiste sempre una risposta immediata: l’importante è lavorare sui sintomi e sul benessere più che su un’etichetta definitiva. Continuare il percorso con la sua psicologa, confrontandosi anche su questi momenti di blocco, le permetterà di riprendere fiducia e serenità.
Nel frattempo, prendersi cura di sé, rispettare i propri tempi e condividere sinceramente ciò che sente, anche se difficile, è ciò che aiuta davvero a ritrovare stabilità e a sentirsi meno sola.
è comprensibile sentirsi confusa e persa dopo esperienze così intense e contrastanti, come un ricovero, cambi di terapia e pareri diversi da parte dei professionisti. Le diagnosi in psichiatria non sono sempre immediate o univoche: possono cambiare nel tempo, perché i sintomi si manifestano in modi diversi e ogni specialista può osservare aspetti differenti.
Il fatto che lei abbia alzato un muro con la sua psicologa è un fenomeno normale in queste situazioni. A volte, dopo periodi di forte sofferenza o cambi di terapia, possono emergere resistenze, distacco o difficoltà a parlare apertamente: non significa che il rapporto sia finito. È parte naturale del percorso terapeutico, e può gradualmente ricostruirsi con pazienza e tempo.
Riguardo alla diagnosi “giusta”, non esiste sempre una risposta immediata: l’importante è lavorare sui sintomi e sul benessere più che su un’etichetta definitiva. Continuare il percorso con la sua psicologa, confrontandosi anche su questi momenti di blocco, le permetterà di riprendere fiducia e serenità.
Nel frattempo, prendersi cura di sé, rispettare i propri tempi e condividere sinceramente ciò che sente, anche se difficile, è ciò che aiuta davvero a ritrovare stabilità e a sentirsi meno sola.
Capisco molto bene la tua confusione e la tua fatica: ricevere diagnosi diverse nello stesso periodo può destabilizzare e minare la fiducia nei professionisti. È importante però ricordare che in psichiatria e in psicologia le diagnosi non sono sempre nette come in medicina “classica”: possono variare in base a chi osserva, al momento della vita in cui ti trovi, ai sintomi più evidenti in quel periodo.
Depressione ansiosa e disturbo di personalità non si escludono necessariamente, ma sono modi diversi di leggere il tuo vissuto. La depressione ansiosa descrive uno stato attuale, un insieme di sintomi che ti fanno stare male ora. Il disturbo di personalità riguarda invece schemi di funzionamento più stabili e radicati nel tempo. A volte in ospedale, soprattutto nei reparti di psichiatria, i medici tendono a descrivere ciò che osservano nel comportamento in reparto, più che la tua storia completa. La tua psichiatra, che ti conosce meglio, può avere un quadro più ampio.
Il fatto che la terapia farmacologica sia stata cambiata può contribuire a farti sentire peggio adesso. Serve tempo perché l’organismo si riassesti e perché tu possa capire se la nuova impostazione funziona. Ti invito a non gestire da sola le modifiche: condividi con la tua psichiatra esattamente come ti senti e non avere timore di riportare i peggioramenti.
Per quanto riguarda la psicologa, è comprensibile che tu senta un muro in questo momento. Dopo un ricovero e diagnosi nuove può nascere la paura di non essere più capita o di non avere più fiducia. È normale che ci sia questa fase. Non significa che non tornerai a parlare con lei come prima: a volte serve proprio iniziare la seduta dicendo “sento di avere un muro, non riesco più ad aprirmi” e lavorare su quello. Spesso è proprio il materiale più prezioso su cui costruire.
Non c’è una sola diagnosi “giusta” e definitiva: il percorso serve a capirne di più, anche attraverso tentativi ed errori. Quello che conta è che tu non sei sola: psichiatra e psicologa sono due figure diverse ma complementari. Dai tempo al percorso, porta le tue domande a loro senza paura, e soprattutto non vivere il muro come un fallimento ma come un segnale da esplorare.
Dott.ssa De Pretto
Depressione ansiosa e disturbo di personalità non si escludono necessariamente, ma sono modi diversi di leggere il tuo vissuto. La depressione ansiosa descrive uno stato attuale, un insieme di sintomi che ti fanno stare male ora. Il disturbo di personalità riguarda invece schemi di funzionamento più stabili e radicati nel tempo. A volte in ospedale, soprattutto nei reparti di psichiatria, i medici tendono a descrivere ciò che osservano nel comportamento in reparto, più che la tua storia completa. La tua psichiatra, che ti conosce meglio, può avere un quadro più ampio.
Il fatto che la terapia farmacologica sia stata cambiata può contribuire a farti sentire peggio adesso. Serve tempo perché l’organismo si riassesti e perché tu possa capire se la nuova impostazione funziona. Ti invito a non gestire da sola le modifiche: condividi con la tua psichiatra esattamente come ti senti e non avere timore di riportare i peggioramenti.
Per quanto riguarda la psicologa, è comprensibile che tu senta un muro in questo momento. Dopo un ricovero e diagnosi nuove può nascere la paura di non essere più capita o di non avere più fiducia. È normale che ci sia questa fase. Non significa che non tornerai a parlare con lei come prima: a volte serve proprio iniziare la seduta dicendo “sento di avere un muro, non riesco più ad aprirmi” e lavorare su quello. Spesso è proprio il materiale più prezioso su cui costruire.
Non c’è una sola diagnosi “giusta” e definitiva: il percorso serve a capirne di più, anche attraverso tentativi ed errori. Quello che conta è che tu non sei sola: psichiatra e psicologa sono due figure diverse ma complementari. Dai tempo al percorso, porta le tue domande a loro senza paura, e soprattutto non vivere il muro come un fallimento ma come un segnale da esplorare.
Dott.ssa De Pretto
Grazie per aver condiviso con tanta apertura quello che sta vivendo, il suo messaggio trasmette con chiarezza quanto questo momento sia faticoso e pieno di domande.
E' comprensibile sentirsi confusi quando si ricevono informazioni diverse da più professionisti: la psichiatria e la psicoterapia sono campi complessi, e spesso le diagnosi non sono verità fisse, ma letture possibili del suo vissuto in un determinato momento. Possono cambiare nel tempo o assumere significati diversi a seconda del contesto. Questo non vuol dire essere “sbagliati” o “non definibili”, ma essere una persona in un percorso, con una storia che merita tempo, ascolto e rispetto.
Aver “alzato un muro” con la psicologa non è qualcosa di strano o sbagliato. Nella terapia, come in ogni relazione significativa, possono esserci momenti di chiusura, stanchezza o fatica a fidarsi. Quello che avevate costruito insieme non è perso, anche se ora sembra distante. A volte è proprio affrontando questi momenti con la propria terapeuta che si può crescere ancora di più. Provi a portare in seduta proprio questo: il muro, il disagio, la paura. È materiale prezioso su cui lavorare insieme.
Chiedersi “tornerò come prima” è naturale, ma forse la domanda può trasformarsi in: “Come posso prendermi cura di me, adesso, un passo alla volta?” Il percorso non è lineare, e le ricadute o i momenti difficili fanno parte del cammino.
Le auguro di trovare professionisti che la ascoltino, e uno spazio terapeutico dove sentirti accolta.
Un caro saluto, Dott.ssa Persiani
E' comprensibile sentirsi confusi quando si ricevono informazioni diverse da più professionisti: la psichiatria e la psicoterapia sono campi complessi, e spesso le diagnosi non sono verità fisse, ma letture possibili del suo vissuto in un determinato momento. Possono cambiare nel tempo o assumere significati diversi a seconda del contesto. Questo non vuol dire essere “sbagliati” o “non definibili”, ma essere una persona in un percorso, con una storia che merita tempo, ascolto e rispetto.
Aver “alzato un muro” con la psicologa non è qualcosa di strano o sbagliato. Nella terapia, come in ogni relazione significativa, possono esserci momenti di chiusura, stanchezza o fatica a fidarsi. Quello che avevate costruito insieme non è perso, anche se ora sembra distante. A volte è proprio affrontando questi momenti con la propria terapeuta che si può crescere ancora di più. Provi a portare in seduta proprio questo: il muro, il disagio, la paura. È materiale prezioso su cui lavorare insieme.
Chiedersi “tornerò come prima” è naturale, ma forse la domanda può trasformarsi in: “Come posso prendermi cura di me, adesso, un passo alla volta?” Il percorso non è lineare, e le ricadute o i momenti difficili fanno parte del cammino.
Le auguro di trovare professionisti che la ascoltino, e uno spazio terapeutico dove sentirti accolta.
Un caro saluto, Dott.ssa Persiani
Buongiorno,
comprendo la frustrazione derivante dalla confusione. Spesso quando ci troviamo in situazioni di cambiamento e/o in cui avvengono eventi stressogeni il nostro equilibrio viene turbato. Tentare un dialogo anche sul rapporto con la sua psicologa può essere una strada utile.
Cordialmente,
Dott.ssa Elisa Fiora
comprendo la frustrazione derivante dalla confusione. Spesso quando ci troviamo in situazioni di cambiamento e/o in cui avvengono eventi stressogeni il nostro equilibrio viene turbato. Tentare un dialogo anche sul rapporto con la sua psicologa può essere una strada utile.
Cordialmente,
Dott.ssa Elisa Fiora
Buonasera, grazie per aver condiviso la tua esperienza, che immagino sia stata davvero molto impegnativa. Da quello che scrivi si percepisce quanto questo periodo ti abbia messo alla prova, anche per la confusione che può nascere quando si ricevono pareri diversi da parte dei professionisti. È assolutamente comprensibile sentirsi smarriti quando accade questo.
Anche il fatto che ora fatichi a parlare con la tua psicologa, nonostante abbiate costruito un buon rapporto, è un segnale che merita attenzione ma che non va visto come un fallimento. A volte, quando si attraversano momenti di forte vulnerabilità, può emergere il bisogno di proteggersi, e quel “muro” che dici di aver alzato può essere un modo, magari inconsapevole, per farlo. Non significa che il percorso si sia interrotto definitivamente o che tu non possa tornare a stare meglio. Le relazioni terapeutiche, come quelle umane, passano anche attraverso momenti di difficoltà, che possono diventare occasioni preziose di crescita se affrontati insieme, con pazienza e fiducia.
Rispetto alla diagnosi, ti invito a non viverla come un’etichetta immutabile, ma come uno strumento di lavoro che può evolversi nel tempo. Più che la “diagnosi giusta”, forse adesso è importante trovare uno spazio in cui tu possa sentirti ascoltata, accolta e accompagnata in modo stabile. Ti incoraggio a condividere apertamente con la tua psicologa i tuoi dubbi, anche su di lei o sulla terapia: è proprio lì che, spesso, può iniziare un nuovo modo di stare nella relazione terapeutica.
Meriti un luogo sicuro in cui poter portare tutta questa confusione, e un passo alla volta potrai dare un senso a ciò che stai vivendo. Con il giusto supporto, è assolutamente possibile ricostruire il contatto con sé e ritrovare una direzione.
Anche il fatto che ora fatichi a parlare con la tua psicologa, nonostante abbiate costruito un buon rapporto, è un segnale che merita attenzione ma che non va visto come un fallimento. A volte, quando si attraversano momenti di forte vulnerabilità, può emergere il bisogno di proteggersi, e quel “muro” che dici di aver alzato può essere un modo, magari inconsapevole, per farlo. Non significa che il percorso si sia interrotto definitivamente o che tu non possa tornare a stare meglio. Le relazioni terapeutiche, come quelle umane, passano anche attraverso momenti di difficoltà, che possono diventare occasioni preziose di crescita se affrontati insieme, con pazienza e fiducia.
Rispetto alla diagnosi, ti invito a non viverla come un’etichetta immutabile, ma come uno strumento di lavoro che può evolversi nel tempo. Più che la “diagnosi giusta”, forse adesso è importante trovare uno spazio in cui tu possa sentirti ascoltata, accolta e accompagnata in modo stabile. Ti incoraggio a condividere apertamente con la tua psicologa i tuoi dubbi, anche su di lei o sulla terapia: è proprio lì che, spesso, può iniziare un nuovo modo di stare nella relazione terapeutica.
Meriti un luogo sicuro in cui poter portare tutta questa confusione, e un passo alla volta potrai dare un senso a ciò che stai vivendo. Con il giusto supporto, è assolutamente possibile ricostruire il contatto con sé e ritrovare una direzione.
Buonasera,
essere in difficoltà con la propria psicologa di riferimento è una cosa normale ed avviene spesso nelle relazioni terapeutiche. Tuttavia, è bene parlarne con lei in modo da indagare le motivazioni di ciò e riuscire ad affrontarle al meglio.
Se ha bisogno di parlarne, mi contatti pure.
Dott.ssa Elena Brizi, psicologa
essere in difficoltà con la propria psicologa di riferimento è una cosa normale ed avviene spesso nelle relazioni terapeutiche. Tuttavia, è bene parlarne con lei in modo da indagare le motivazioni di ciò e riuscire ad affrontarle al meglio.
Se ha bisogno di parlarne, mi contatti pure.
Dott.ssa Elena Brizi, psicologa
Buongiorno,
Prenda in considerazione di parlare alla sua psicologa proprio del fatto che, nonostante la relazione che avete costruito precedentemente, ora non riesca più a parlare e ad aprirsi con lei, in modo da poter affrontare insieme il muro che ha alzato e comprenderne le cause.
Per quanto riguarda la terapia farmacologica, riporti alla psichiatra il peggioramento dei sintomi, in modo che possa eventualmente rivalutare il dosaggio; con l'occasione può anche esprimerle le sue perplessità riguardo alla diagnosi.
Prenda in considerazione di parlare alla sua psicologa proprio del fatto che, nonostante la relazione che avete costruito precedentemente, ora non riesca più a parlare e ad aprirsi con lei, in modo da poter affrontare insieme il muro che ha alzato e comprenderne le cause.
Per quanto riguarda la terapia farmacologica, riporti alla psichiatra il peggioramento dei sintomi, in modo che possa eventualmente rivalutare il dosaggio; con l'occasione può anche esprimerle le sue perplessità riguardo alla diagnosi.
Stai ancora cercando una risposta? Poni un'altra domanda
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.