Salve sono un papà di un bellissimo bimbo di tre anni, ma c'è una cosa che mi da molta preoccupazion

25 risposte
Salve sono un papà di un bellissimo bimbo di tre anni, ma c'è una cosa che mi da molta preoccupazione e vorrei confrontarmi con uno specialista. Mio figlio è un bambino fin da piccolino molto interattivo, ha sempre cercato di comunicare con gli altri con il gioco e catturandone l'attenzione, tanto da imparare precocemente a parlare e avere un linguaggio molto più sviluppato rispetto alla sua età (anche all'asilo e alla materna sono rimasti molto colpiti). Soltanto che ho notato assieme a mia moglie che nell'ultimo anno tende ad essere aggressivo con gli adulti e i bambini alla minima frustrazione, quando vuole un gioco e non gli viene dato tende a picchiare e spingere gli altri bambini, oppure se gli si avvicinano ha paura che gli rubino i giochi e quindi li caccia via in malo modo. Certe volte, specialmente con i bambini, sembra entrare in relazione con l'aggressività piuttosto che con la paura... Capisco che i bambini utilizzano l'aggressività in modo più frequente, ma la cosa mi peroccupa perché confrontandolo con altri bimbi è decisamente esagerato. Io non so cosa fare in queste situazioni, certe volte cerco di motivarlo a parlare e a dire i suoi desideri (adesso gioco io poi tu, facciamo a turno, posso giocare io), altre volte provo ad essere più duro e assertivo, magari alzo la voce, non mi arrabbio, ma faccio l'arrabbiato per essere più persuasivo, in entrambi i casi non serve a niente, e ho l'impressione che anzi aumenti l'atteggiamento aggressivo. Io e mia moglie siamo un po' preoccupati, io sinceramente di più, in parte capisco perché anche io da bambino facevo molta fatica a legare con gli altri bimbi per un atteggiamento molto impulsivo e poco competente, poi con il tempo le cose sono cambiate (non con poca fatica e un po' di sofferenza) quindi mi preoccupo che mio figlio possa fare lo stesso percorso... al tempo stesso so che non posso confondere la mia storia con la sua, ma la preoccupazione rimane. Quindi mi chiedevo che cosa fare in questa situazione, se c'è qualcosa da leggere, oppure che tipo di specialista contattare, da una parte i miei percorsi psicologici l'ho già fatti, quindi non so se rivolgermi ad uno psicoterapeuta per adulti, o uno per bambini che possa aiutarmi a leggere mio figlio. Grazie per l'attenzione e la pazienza.
Dott.ssa Maria Carla del Vaglio
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Napoli
Salve,
Capisco la sua preoccupazione. Visto il comportamento del bambino e i suoi sforzi per gestirlo, potrebbe essere utile rivolgersi a uno psicoterapeuta specializzato nell'età evolutiva o a un neuropsichiatra infantile. Questi specialisti sono formati per lavorare con bambini piccoli e possono aiutare a capire meglio il comportamento di tuo figlio, fornendo strategie specifiche per gestire l'aggressività e favorire l'interazione sociale.

Nel frattempo, è importante mantenere la calma e dare a suo figlio delle alternative positive all'aggressività. Può provare a lodare i comportamenti positivi quando condivide o interagisce in modo gentile con gli altri. Inoltre, aiutare suo figlio a esprimere verbalmente i suoi sentimenti potrebbe essere una strategia efficace, visto che ha un linguaggio ben sviluppato.
Un caro saluto

Risolvi i tuoi dubbi grazie alla consulenza online

Se hai bisogno del consiglio di uno specialista, prenota una consulenza online. Otterrai risposte senza muoverti da casa.

Mostra risultati Come funziona?
Dott.ssa Fiammetta Improta
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Salve, grazie per aver condiviso la vostra preoccupazione, che è comprensibile alla luce dei comportamenti difficili che state notando in vostro figlio. L’aggressività può essere un modo per esprimere emozioni come paura o frustrazione, soprattutto se il bambino non ha ancora acquisito le competenze necessarie per comunicare e gestire queste emozioni in modo più appropriato. I bambini di tre anni stanno infatti ancora sviluppando le loro competenze sociali ed emotive. Nel frattempo, potreste considerare alcune strategie per supportarlo, come aiutarlo a riconoscere e dare un nome alle sue emozioni e fornirgli alternative positive per esprimerle (incoraggiandolo, ad esempio, a comunicare verbalmente i suoi desideri o frustrazioni invece di reagire con aggressività). Visto che la vostra preoccupazione è incentrata sui comportamenti di vostro figlio, potrebbe essere utile consultare uno psicoterapeuta infantile che possa proporvi strategie personalizzate, valutare se ci sono fattori specifici che contribuiscono all’aggressività e fornirvi ulteriori strumenti e prospettive per affrontare la situazione. In bocca al lupo.
Dott.ssa Agne Rumi
Psicologo, Psicologo clinico
Dalmine
Salve, e grazie per aver condiviso così apertamente le sue preoccupazioni. È evidente quanto lei tenga al benessere di suo figlio e quanto sia attento a cogliere i suoi comportamenti, il che è già un segno di un genitore molto presente e riflessivo.

Ciò che sta descrivendo, riguardo all'aggressività di suo figlio, è una preoccupazione comune tra i genitori di bambini piccoli, specialmente in un’età come quella dei tre anni, un periodo cruciale per lo sviluppo emotivo e sociale. In questa fase, i bambini stanno ancora imparando a gestire le emozioni complesse come la frustrazione, la rabbia e il desiderio di controllo su situazioni e oggetti. Il fatto che suo figlio sia molto precoce nel linguaggio e nella comunicazione può rendere questi momenti ancora più difficili da affrontare, perché, nonostante il suo sviluppo linguistico avanzato, le sue capacità di regolazione emotiva potrebbero non essere ancora altrettanto mature. Inoltre, se desidera approfondire da solo alcune letture, le suggerirei di cercare testi sulla gestione emotiva nei bambini, come ad esempio quelli di Daniel J. Siegel o Ross Greene, che offrono strategie pratiche per affrontare le emozioni dei più piccoli e i loro comportamenti.

Le consiglio di non esitare a chiedere supporto. Prima ci si muove, più è possibile dare a suo figlio strumenti per crescere emotivamente forte e capace di gestire le sue emozioni in modo positivo.

Rimango a disposizione per ulteriori domande.
Dr. Giacomo Bonetti
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Salve, la sua preoccupazione è evidente da ciò che scrive e credo che lei sia molto coraggioso a parlarne ed affrontare la situazione con tempestività.
Per quanto riguarda suo figlio, rivolgersi ad uno psicologo dell'età evolutiva può sicuramente essere una buona idea, così da capire direttamente con lui/lei se il comportamento del bambino presenta delle criticità degne di nota e quali strategie adottare.
Ho letto che lei ha già svolto un percorso di psicoterapia tempo fa: qualora però dovesse rendersi conto che la sua preoccupazione le rende la vita difficile o che rivedere in suo figlio aspetti problematici di sè le crea troppa sofferenza, non esiti a contattare uno specialista. Non ci si può prendere cura degli altri se non si comincia da se stessi.
Forza e coraggio!
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott.ssa Anna Verrino
Psicologo, Professional counselor
Milano
Buongiorno, in questa fase dello sviluppo di vostro figlio l'intervento più adeguato è un supporto genitoriale che vi aiuti a gestire le emozioni e preoccupazioni. Le strategie di regolazione emotiva si acquisiscono dall'interazione con i genitori ed eventuali altri familiari con cui il bambino interagisce ma dipendono anche dal temperamento (impulsività, introversione, ecc) e da eventuali altre dinamiche situazionali. Dato l'interesse alla comprensione del funzionamento di suo figlio e la disponibilità a mettersi in discussione direi che è già sulla buona strada. Essere genitori non è un compito semplice ma è importante porsi sempre domande, complimenti! Sono a disposizione per necessità. Dott.ssa Anna Verrino
Gentile utente, sarebbe opportuno iniziare un percorso con uno psicoterapeuta infantile e comprendere quali siano le dinamiche che scatenino nel piccolo determinati comportamenti. Nel mentre sarebbe essenziale iniziare a dialogare con il piccolo e cercare di capire cosa gli crei frustrazione e di conseguenza rabbia. Resto a sua disposizione Dott.ssa Valentina Pisciotta
Dott. Marco Di Campli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Verona
Salve,

Capisco la sua preoccupazione riguardo al comportamento di suo figlio. È positivo che lei e sua moglie siate attenti ai suoi segnali e desideriate aiutarlo. A tre anni, i bambini stanno ancora imparando a gestire le proprie emozioni, e l'aggressività può essere una modalità per esprimere frustrazione o insicurezza.

Potrebbe essere utile osservare in quali situazioni specifiche si manifestano questi comportamenti e se ci sono pattern ricorrenti. A volte, piccoli cambiamenti nell'approccio possono fare una grande differenza. Ad esempio, incoraggiare il gioco cooperativo o creare routine prevedibili può aiutare a ridurre l'ansia.

Riflettere anche su come le vostre esperienze personali influenzano l'interazione con lui può essere significativo. Il fatto che lei riconosca elementi del suo passato è un punto di partenza importante. Tuttavia, ogni bambino è unico, e il suo percorso sarà diverso dal suo.

Per approfondire e ottenere strategie specifiche, potrebbe essere utile consultare uno psicoterapeuta. Un professionista potrà offrire supporto sia a vostro figlio che a voi genitori, aiutandovi a navigare questa fase con maggiore serenità.

Un saluto,

Dott. Marco Di Campli, psicologo psicoterapeuta
Buonasera, grazie per aver condiviso la sua preoccupazione. È del tutto naturale che lei, come papà, si senta preoccupato di fronte a questi comportamenti, soprattutto se riscontra delle risonanze con la sua esperienza di bambino. Prima di tutto, è importante riconoscere che ogni bambino è unico, e il percorso di crescita può essere molto diverso, anche se ci sono alcune somiglianze con la sua storia. I bambini, soprattutto attorno ai tre anni, possono attraversare fasi di aggressività o frustrazione, che spesso derivano dalla loro difficoltà a gestire emozioni intense e a comunicare i loro bisogni in modo appropriato. L'aggressività in questa fase può essere una forma di espressione del disagio, della frustrazione o della paura di perdere qualcosa di importante, come l'attenzione o un gioco. Quando un bimbo si arrabbia o diventa aggressivo, può essere utile riconoscere le sue emozioni e verbalizzarle. Ad esempio: "Capisco che sei arrabbiato perché vuoi quel gioco. È normale sentirsi così, ma non si picchia. Possiamo trovare una soluzione insieme."
Quando possibile, mostrare alternative concrete all'aggressività, come usare parole per esprimere la frustrazione o chiedere aiuto a un adulto. Ad esempio, dire: "Se sei arrabbiato, puoi dire 'sono arrabbiato' o venire da me."
È importante stabilire regole chiare e coerenti. Ad esempio, far capire che colpire non è mai accettabile, ma offrire alternative per esprimere le emozioni in modo sicuro.
Premiare i comportamenti positivi quando gestisce bene le situazioni o rispetta le regole può essere molto efficace.
Ha menzionato che anche lei da bambino ha avuto difficoltà simili e la preoccupazione è comprensibile. Tuttavia, come ha riconosciuto, la storia di suo figlio sarà diversa dalla sua e il fatto che lei sia consapevole di questi aspetti e stia cercando aiuto è già un enorme passo avanti. Il suo coinvolgimento e la sua attenzione alle necessità emotive di suo figlio possono fare una grande differenza nel suo percorso.
Se sente che la sua esperienza personale la sta influenzando o creando ansia nel gestire la situazione, potrebbe essere utile anche per lei confrontarsi con uno psicologo per adulti per esplorare questi sentimenti, in modo da affrontare le difficoltà di suo figlio con più serenità.
Dott.ssa Valentina Mestici
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Caro utente, il bambino è molto piccolo ed è in una fase in cui sta imparando a relazionarsi con il mondo intorno a lui. Sicuramente questi comportamenti derivano da qualcosa. Un primo consiglio che mi viene da darvi è quello di essere sempre molto coerenti e costanti nel rispondere ai suoi comportamenti, so che sembra sciocco e scontato ma a questa età è molto importante, a comportamento sbagliato del bimbo deve esserci sempre la stessa vostra reazione cosi che lui impara ad associare comportamento sbagliato a reazione negativa del genitore. Un'altra cosa che può aiutarvi è ridurre al massimo le punizioni e incentivare invece i comportamenti positivi con dei piccoli premietti (non perforza cose materiali) si chiama token economy ed è molto usata in bambini con difficoltà come quella che descrive. Nel caso le difficoltà si protraggono nel tempo vi consiglio vivamente di affidarvi ad uno psicologo esperto che si occupi di Parent Training che è un percorso specifico della durata di circa 8-10 incontri che hanno l'obiettivo di aiutare i genitori a comprendere le difficoltà del figlio e imparare a rispondere in modo adeguato ai suoi bisogni.
Rimango a disposizione per ulteriori informazioni. Un caro saluto, Dott.ssa Valentina Mestici
Dott.ssa Alessia Consolidani
Psicologo, Psicologo clinico
Nepi
Salve! comprendo la sua preoccupazione, suo figlio è ancora molto piccolo e a questa età i bambini stanno ancora sviluppando le loro capacità emotive e non hanno gli strumenti necessari per esprimere o regolare le loro emozioni in modo adeguato, tuttavia, seppure la situazione non è allarmante, le consiglio di recarsi da uno psicologo infantile per comprendere più nel dettaglio cosa lo spinge a reagire in questo modo e quali possono essere le strategie più adatte, ricordi che ogni bambino è unico, come ogni intervento!
Dott.ssa Syria Ciccone
Psicologo, Psicologo clinico
Recale
Gentile utente, ho letto nel testo che ha scritto tutta la sua preoccupazione e comprendo quanto possa essere difficile gestire questo comportamento, ma mi sento di rassicurarla nel dirle che nella fascia d'età in cui si trova suo figlio non è raro che i bambini agiscano l'aggressività, piuttosto che le altre emozioni, per poter comunicare. E' importante monitorare tale comportamento e osservare se vi siano delle specifiche situazioni in cui si attiva per cercare di lavorare sull'antecedente piuttosto che sulla manifestazione. Mi sento di consigliarle di tenere sotto osservazione tale comportamento aggressivo e di contattare uno psicologo o un tecnico del comportamento per farsi aiutare nel comprendere le difficoltà e i bisogni di suo figlio.
Dott.ssa Syria Ciccone

Dott.ssa Federica Faro
Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
Gentilissimo buonasera.
Inizio con il dirle che immagino quanto possa essere frustrante per voi genitori questa situazione. La fase 0-3 anni è cruciale per lo sviluppo delle competenze emotive. I bambini intorno ai due anni cominciano a sviluppare la capacità di distinguere le emozioni e a etichettare le espressioni facciali e i sentimenti altrui. Iniziano, inoltre, a riconoscere nel volto delle persone le manifestazioni di gioia, tristezza o rabbia. Intorno ai tre anni, a queste competenze si aggiungono la capacità di capire che le proprie emozioni possono influenzare quelle degli altri. Sarete quindi importantissimi voi genitori che potrete insegnare a vostro figlio come reagire ed agire le proprie emozioni. Potreste creare, ad esempio, un momento di gioco in cui associate a determinate emozioni un colore, aiutando così vostro figlio a distinguerle e a nominarle. Qualora le difficoltà persistano nel tempo, mi sento di suggerire un consulto con uno psicologo esperto nel settore, che può strutturare un intervento finalizzato a supportare voi genitori nella comprensione delle problematiche di vostro figlio e che può accompagnarvi nell'apprendimento di appropriate strategie di risposta ai suoi bisogni.
Resto a vostra disposizione, un saluto Dr.ssa Federica Faro
Dott.ssa Alice Anzuini
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Buongiorno, sono una psicologa clinica perinatale, quello che lei dice è già un buon punto di partenza. Nella sua analisi ha già individuato il pericolo di assimilare la sua storia personale infantile con quella del bambino. Credo abbiate bisogno di un aiuto per studiare una linea coerente di intervento sulla gestione del comportamento aggressivo. Ci sono tanti quesiti che vanno posti per contestualizzare il comportamento aggressivo, arginarlo, estinguerlo, al tempo stesso validando l'emozione che c è dietro...
dott.ssa Alice Anzuini
Dott.ssa Roberta Furone
Psicologo, Psicologo clinico
Mesagne
Gentile utente, capisco le sue preoccupazioni e le assicuro che sono comprensibili e comuni tra i genitori. Il comportamento aggressivo nei bambini può essere legato a molteplici fattori, inclusa la difficoltà nel gestire le emozioni, specialmente in momenti di frustrazione. A questa età, suo figlio sta ancora imparando a regolare le proprie emozioni e a esprimere i suoi bisogni in modo adeguato.
Ecco alcune indicazioni su cosa potresti fare:
Osservare e capire il contesto: Cerchi di capire in quali situazioni specifiche emerge l'aggressività. Potrebbe notare schemi che aiutano a comprendere meglio cosa lo innesca.
Insegnare abilità di gestione emotiva: Promuova l'uso delle parole per esprimere i suoi sentimenti, e lo aiuti a riconoscere e nominare le emozioni (ad esempio, "Capisco che sei arrabbiato perché non hai il gioco, ma non possiamo picchiare").
Modelli di gestione della frustrazione: Mostrare con l'esempio come si possono gestire la frustrazione e il conflitto aiuterà suo figlio a capire che ci sono modi diversi per affrontare le emozioni intense.
Coerenza nelle regole: Essere costanti nelle regole e nei limiti aiuta il bambino a sentirsi sicuro e a sapere cosa aspettarsi. Punizioni fisiche o il semplice alzare la voce possono aumentare la frustrazione piuttosto che calmarla.
Per quanto riguarda il supporto professionale, un psicoterapeuta infantile o uno psicologo specializzato in età evolutiva potrebbe aiutare a comprendere meglio la situazione del suo bambino e suggerire strategie mirate. Potrebbe essere utile anche una consulenza per i genitori per supportarvi nel gestire queste dinamiche a casa.
In ogni caso, stai già facendo un ottimo lavoro cercando di capire e migliorare la situazione.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti, ricordandole che ricevo anche online.
Un caro saluto
Dott.ssa Giorgia Caputo
Psicologo, Psicologo clinico
Castell'Umberto
Buon giorno, grazie per aver condiviso la sua storia.
Il consiglio che mi sento di darle è quello di rivolgersi a uno psicologo infantile per iniziare un percorso che possa portare alla comprensione del comportamento del bambino e avere delle linee guida per la gestione.
Ci posso essere diverse motivazioni che portano un bambino a usare l'aggressività nel relazionarsi con gli altri, è bene, in primis, capire e categorizzare qual è quella del suo bambino.
Cordiali saluti, Dott.ssa. Giorgia Caputo
Dott.ssa Virginia Mancori
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buon pomeriggio, comprendo la sua preoccupazione e voglio dirle che quanto da lei riportato è un punto di partenza non scontato.
Le suggerisco di rivolgersi ad un professionista per comprendere le funzioni del comportamento del bambino e lavorare per permettere al bambino di imparare a comunicare ciò che sente/desidera in modo funzionale e per permettervi (a lei e sua moglie) di avere un supporto attraverso il quale incrementare le vostre abilità genitoriali e strategie.
Un caro saluto Dott.ssa Virginia Mancori
Dott.ssa Evelina Andreeva
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Salve.
L'aggressività nei bambini piccoli, specialmente intorno ai tre anni, è abbastanza comune. I bambini di questa età stanno ancora sviluppando le loro abilità emotive e sociali e non sempre sanno come gestire la frustrazione o condividere. Spesso, quando non riescono a esprimere i propri bisogni o desideri con le parole, tendono a reagire in modo fisico, come spingere o picchiare. Tuttavia, come ha osservato, se l'aggressività sembra più frequente o intensa rispetto ai coetanei, può essere utile intervenire per aiutarlo a gestire meglio le emozioni.
Continui a incoraggiarlo a usare le parole per esprimere ciò che vuole, magari facendogli esempi di frasi semplici e chiare, come "Posso giocare con te?" o "Aspetto il mio turno". La ripetizione e la coerenza possono essere d’aiuto.
Spesso i bambini non comprendono bene ciò che provano. Può essere utile aiutarlo a dare un nome alle sue emozioni. Frasi come “Capisco che sei arrabbiato perché vuoi giocare con quel giocattolo” possono farlo sentire compreso e allo stesso tempo insegnargli a riconoscere i propri stati emotivi.
Se sente che la situazione persiste o peggiora, potrebbe essere utile rivolgersi a un professionista. Di solito, i **terapisti dell’età evolutiva** (psicoterapeuti o psicologi infantili) sono specializzati nel trattamento dei bambini e delle loro dinamiche emotive e comportamentali.
Dott.ssa Evelina Andreeva
Dott.ssa Enrica Longo
Psicologo, Psicoterapeuta
Bologna
Salve,
comprendo la sua preoccupazione per gli atteggiamenti del bambino, la sua modalità aggressiva potrebbe essere un modo per esprimere in realtà diverse emozioni. Sicuramente potrebbe essere importante sostenerlo attraverso un linguaggio semplice e adatto alla sua età, magari con l'aiuto di un libro illustrato che parli di emozioni, per cercare di ordinarle e nominarle. Sarebbe però importante indagare meglio con l'aiuto di un professionista dell'età evolutiva in cui anche voi genitori possiate fare un percorso di parent training per gestire al meglio la situazione.
Buona giornata
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Salve gentile Utente, la ringrazio per aver condiviso le sue preoccupazioni in modo così aperto e dettagliato. È comprensibile che la situazione le crei ansia, specialmente considerando il suo passato e il desiderio di supportare suo figlio nel miglior modo possibile.

Ci sono diversi aspetti da considerare e alcune indicazioni pratiche che potrebbero aiutarla a gestire la situazione...

È normale che i bambini di tre anni utilizzino talvolta l'aggressività come modo per esprimere le loro emozioni, soprattutto quando si trovano di fronte a frustrazioni. A quest'età, il loro cervello non ha ancora sviluppato pienamente la capacità di regolare le emozioni o di gestire i conflitti in modo pacifico. Tuttavia, se questo comportamento è particolarmente frequente o intenso, è giusto monitorarlo e intervenire per aiutarlo a trovare modi alternativi per esprimere i suoi bisogni.

Continuare a incoraggiare suo figlio a esprimere le sue emozioni e desideri verbalmente è un approccio valido. Anche se al momento non sembra funzionare, il fatto che lei e sua moglie gli offriate un'alternativa all'aggressività è fondamentale. I bambini imparano attraverso la ripetizione e l'esempio, quindi continuate a mostrargli come può esprimere la sua frustrazione in modo adeguato.

Sicuramente non sempre i bambini a questa età sanno come gestire il "no" o la condivisione. Potrebbe essere utile insegnargli piccole tecniche di regolazione emotiva, come respirare profondamente, contare fino a cinque, o anche trovare uno spazio sicuro dove può calmarsi. Un altro approccio è introdurre giochi che promuovano la cooperazione piuttosto che la competizione, per aiutarlo a sperimentare interazioni positive con altri bambini.

È normale che, in situazioni di stress, possa sentirsi tentato di alzare la voce o assumere un atteggiamento più assertivo. Tuttavia, i bambini possono percepire questo come una forma di "lotta" di potere, che a volte amplifica l'aggressività. Cerchi di mantenere la calma e di essere coerente con le conseguenze, magari usando un tono fermo ma calmo. Mostrare empatia verso le sue emozioni ("Capisco che sei arrabbiato perché non hai il gioco, ma non possiamo colpire gli altri") può aiutarlo a sentirsi compreso, anche se non ottiene subito quello che desidera.

È ammirevole che lei riconosca come la sua storia personale possa influenzare la percezione della situazione con suo figlio. Essere consapevole di questo è già un passo importante per evitare di proiettare le sue esperienze su di lui. Ogni bambino ha il proprio percorso e capacità di adattamento, e il fatto che lei sia così attento e impegnato nel suo benessere è una risorsa preziosa per suo figlio.

Se il comportamento di suo figlio dovesse persistere o peggiorare, potrebbe essere utile contattare uno psicologo infantile o uno psicoterapeuta specializzato in età evolutiva. Questo tipo di professionista può osservare direttamente il comportamento di suo figlio e aiutarvi a comprendere meglio i suoi bisogni emotivi, fornendo strumenti specifici per affrontare l'aggressività e migliorare la sua capacità di interazione con gli altri. Anche se ha già fatto percorsi psicologici per sé stesso, potrebbe trovare utile un supporto focalizzato sullo sviluppo emotivo di suo figlio.

Nel frattempo, potrebbe essere utile leggere libri o risorse che trattano temi come la gestione delle emozioni e lo sviluppo sociale nei bambini piccoli. Libri come "I bambini vengono dal paradiso" di John Gray o "Come parlare perché i bambini ti ascoltino & come ascoltare perché ti parlino" di Adele Faber e Elaine Mazlish, offrono strategie pratiche per affrontare queste sfide.

Si ricordi che il fatto di essere un genitore attento e preoccupato è un indicatore che suo figlio sta ricevendo tutto il supporto di cui ha bisogno per affrontare le sue emozioni e crescere in un ambiente amorevole.

Se dovesse avere bisogno di ulteriori consigli o di un percorso di supporto resto a disposizione. Augurandole di superare al più presto questo momento di difficoltà le porgo cordiali saluti.
Dott. Luca Vocino
Prenota subito una visita online: Colloquio psicologico - 75 €
Per prenotare una visita tramite MioDottore, clicca sul pulsante Prenota una visita.
Dott.ssa Giulia Bartoli
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Gentile utente, la ringrazio per aver condiviso la sua esperienza, che è piuttosto comune in bambini di quell’età. I tre anni sono uno snodo particolare: il periodo in cui il bambino esplora il mondo, conosce l’altro, impara o meno ad accettarlo, capisce (o meno) i confini e i limiti. Un periodo duro e difficile perché, al contempo, il bambino non dispone ancora di tutti gli strumenti necessari per esprimere un disagio o una preoccupazione dietro ad un problema, cercando così metodi alternativi. Le consiglio, dunque, l’idea di potersi rivolgere ad uno psicoterapeuta specializzato in età evolutiva, che dunque lavori con bambini già così piccoli. Dal mio canto, mi occupo proprio di questo e della presa in carico di bambini dai due anni e 9 mesi. Negli incontri che propongo, sono sempre inclusi i genitori nei primi colloqui di assessment e di restituzione. Al contempo, sarebbe allo stesso modo utile per voi, coppia genitoriale, potervi ritagliare uno spazio vostro per un supporto genitoriale o un parent training. Se ha ancora bisogno di aiuto o di delucidazioni, non esiti a contattarmi. Un caro saluto, GB
Dott. Mauro Vargiu
Psicoterapeuta, Sessuologo, Psicologo
Milano
Gentile utente, condivido gran parte delle osservazioni fatte dai colleghi, sottolineando l’importanza di un approccio professionale che si basi su una comprensione profonda e non giudicante del vissuto del paziente.

Cordiali Saluti

Dottor Mauro Vargiu
Grazie per aver condiviso questa sua esperienza di padre. Le sue parole raccontano una grande attenzione verso suo figlio e anche una preziosa capacità di osservazione, che è già una risorsa fondamentale per affrontare ciò che sta accadendo in famiglia in questo momento.
Partendo dalle informazioni che lei mi fornisce e se lo osserviamo da un punto di vista sistemico-relazionale, il comportamento che lei descrive non viene letto come un semplice “problema del bambino”, ma come una forma di comunicazione che il bambino sta utilizzando, forse perché non riesce — o non può ancora — esprimere in altro modo qualcosa che probabilmente lo sta toccando nel profondo. L’aggressività che manifesta non va banalizzata né giudicata come “troppa” o “sbagliata”, ma ascoltata come un messaggio, un segnale che qualcosa dentro o attorno a lui è cambiato e sta generando una fatica che non riesce a nominare.
A tre anni, l’aggressività può certamente far parte di un comportamento evolutivo. Tuttavia, quando diventa un modo prevalente per entrare in relazione — soprattutto con modalità che sorprendono o spaventano — è importante interrogarsi su cosa stia cercando di dire attraverso quel comportamento. In altre parole: il sintomo, in questo caso l’aggressività, è la punta di un iceberg, quello che si vede, ma sotto la superficie c'è un bisogno, un disagio, un movimento relazionale che merita ascolto e comprensione.
In una prospettiva sistemica, la famiglia viene vista come un sistema interconnesso, in cui ogni cambiamento — piccolo o grande — coinvolge tutti i membri, e ciascuno può reagire in modo diverso. A volte, il bambino più piccolo è proprio colui che esprime per tutti una tensione che nel sistema è presente ma non visibile. Può trattarsi di cambiamenti recenti, come l’arrivo di un fratello, un trasloco, un cambiamento di scuola, una nuova figura nella rete familiare o anche modifiche più sottili nelle dinamiche tra i genitori o con i nonni. Anche il solo percepire una variazione negli equilibri può essere sufficiente, per un bambino sensibile, a provocare un senso di allerta che si manifesta con comportamenti più impulsivi, difensivi o aggressivi. Il fatto che lei riconosca quanto la sua storia personale risuoni in questa situazione è un altro elemento molto importante, che connette due livelli intergenerazionali: quello dei genitori e quello dei figli. È naturale che il vissuto del genitore si attivi nel vedere il proprio figlio affrontare qualcosa che si conosce bene. Ed è anche vero, come ha detto lei stesso, che la sua storia non è la storia di suo figlio, ma questa consapevolezza può diventare un punto di forza, non un limite e potrebbe avviare un’esplorazione anche dei piani superiori: i nonni. Proprio perché ha fatto un percorso personale, oggi può offrire a suo figlio una lettura più ampia e accogliente di quello che sta accadendo, senza cadere nella paura o nel bisogno di “correggere subito”. In questi casi, può essere molto utile intraprendere un percorso con uno psicoterapeuta familiare, che lavori con un orientamento sistemico. Non si tratta necessariamente di "curare il bambino", ma di osservare insieme come il sistema famiglia, nel suo insieme, può sostenere questo momento di trasformazione. L’intervento può coinvolgere entrambi i genitori, e in alcuni momenti anche il bambino, sempre con delicatezza e nel rispetto dei suoi tempi, fino ad allargare lo sguardo anche alla famiglia più allargata. Lo scopo non è solo “ridurre il sintomo”, ma comprendere che funzione sta svolgendo quel comportamento nel mantenere un certo equilibrio relazionale e aiutare il bambino a trovare modi più sani e funzionali per esprimersi e sentirsi al sicuro nelle relazioni.
Se desidera intanto approfondire con delle letture, può cercare testi che parlano della relazione genitori-figli in ottica sistemica-relazionale. Un libro che molti genitori trovano utile è “La danza delle connessioni” di Harriet Lerner, anche se non sistemico in senso stretto, offre spunti sulla comunicazione emotiva in famiglia. Inoltre ciò che potrebbe essere di grande supporto sarebbe un confronto diretto con dei professionisti che possano accompagnarvi in questo momento, non lavorando solo sul bambino, ma sul sistema famiglia nel suo insieme.
Dr.ssa Rosalia Paternoster
Dott.ssa Angela Borgese
Psicologo, Psicologo clinico
Gravina di Catania
Buon pomeriggio. Quello che descrive non parla di un “problema caratteriale” di suo figlio, ma del fatto che, in questa fase, lui sembra non avere ancora un modo stabile per gestire ciò che lo frustra o lo mette in tensione.
È un bambino molto sveglio, molto comunicativo: proprio per questo può capitare che, laddove la parola non basta ancora, il corpo “risponda al posto suo”.
L’aggressività, a tre anni, non è tanto un segnale di pericolo quanto un modo primitivo di stare nella relazione quando l’emozione è troppo forte o troppo veloce. Il confronto con gli altri bambini rischia di farla spaventare più del necessario: ogni bambino ha il proprio tempo per costruire il passaggio dall’azione alla parola.
Il punto non è trovare la strategia educativa “giusta”, ma capire cosa sta dicendo suo figlio attraverso questi gesti: cosa lo spaventa, cosa lo eccita troppo, cosa non riesce ancora a tradurre in linguaggio.
In questo, un consulto con uno psicoterapeuta dell’età evolutiva può essere molto utile: non tanto per “correggere” il bambino, ma per aiutarvi a leggere meglio i suoi segnali e a offrirgli un contenimento adeguato.
Non è la sua storia che si ripete: è un bambino che sta costruendo la propria modalità di incontro con l’Altro, e ha solo bisogno di essere accompagnato in questo passaggio.
Buongiorno, comprendo bene quanto questi atteggiamenti possano sembrarti “eccessivi” o preoccupanti, soprattutto quando coinvolgono persone care come nonni e zii. Da psicologa – ma anche da mamma di tre figli – posso dirti che i comportamenti che descrivi rientrano spesso nelle normali modalità di regolazione emotiva tipiche di questa età, anche se possono assumere un’intensità diversa da bambino a bambino.

A 13 mesi molti bambini stanno attraversando la fase di ansia da separazione e di forte attaccamento primario, soprattutto se ancora allattati. In alcuni casi, come può essere nel vostro, la dinamica può essere ulteriormente intensificata da un legame molto stretto con la figura materna e dalla presenza costante della mamma come principale riferimento sicuro. È una condizione che non indica necessariamente alcuna “spia” patologica, ma piuttosto una preferenza marcata per ciò che è familiare e prevedibile.

Un altro elemento importante è che la tua bimba non cammina ancora in autonomia. Questo non è un ritardo preoccupante, ma può influire sul suo comportamento sociale: il fatto di non potersi spostare liberamente, esplorare da sola e scegliere la distanza dalle persone può farla sentire più vulnerabile, aumentando la richiesta di protezione e la diffidenza verso chi non conosce.

Anche l’ambiente nuovo – come la casa vacanza – può aver inciso: per alcuni bambini, la combinazione “luogo non familiare + persone sconosciute” può attivare facilmente agitazione, nervosismo, pianto e difficoltà di alimentazione, proprio come hai descritto.

È significativo che la tua bimba alterni momenti di apertura (come quando offre un oggetto) a rapidi ritiri: questo ci dice che è curiosa e vivace, ma ha bisogno di più tempo e controllo nelle interazioni. Ci sono bambini che, per temperamento, necessitano di tempi graduali di confidenza e non amano sentirsi “invasi” nel loro spazio emotivo.

Cosa può aiutare concretamente:

Normalizza la sua esigenza di protezione: alcuni bambini hanno bisogno di uno spazio sicuro più stabile, e non è un problema in sé.

Proponi ai parenti un approccio inizialmente “non intrusivo”: può essere utile chiedere loro di comportarsi come se la bambina “non ci fosse”, evitando di guardarla troppo, parlarle subito o avvicinarsi. In questo modo è lei a scegliere di avvicinarsi quando si sente pronta.

Favorisci gradualmente l’apertura verso l’esterno: senza forzature, puoi iniziare a introdurla più spesso in contesti con altri bambini della sua età: parco, ludoteche, spazi comuni. Questo non serve a “togliere” l’attaccamento, ma a spostare pian piano il focus dell’attenzione dal solo legame adulto–bambino al mondo circostante.

Sostegno durante le interazioni nuove: la tua presenza le dà sicurezza, anche se non basta a bloccare del tutto l’agitazione; è comunque un ancoraggio importante.

Dai valore alla gradualità: alcuni bambini hanno bisogno di tante esposizioni brevi e non forzate prima di sentire davvero una situazione come “conosciuta”.

Da ciò che racconti, la vivacità, la curiosità, il bisogno di movimento e la reazione forte in contesti non familiari compongono un quadro che, nella grande maggioranza dei casi, rientra nella normale variabilità del temperamento infantile. Osservare l’evoluzione nei prossimi mesi – soprattutto quando inizierà a camminare – ti darà segnali molto utili, perché l’autonomia motoria spesso cambia in modo significativo anche la sfera relazionale.

Resto a disposizione se vuoi approfondire qualche aspetto o se desideri qualche suggerimento più specifico rispetto alla vostra routine quotidiana.

Stai ancora cercando una risposta? Poni un'altra domanda

  • La tua domanda sarà pubblicata in modo anonimo.
  • Poni una domanda chiara, di argomento sanitario e sii conciso/a.
  • La domanda sarà rivolta a tutti gli specialisti presenti su questo sito, non a un dottore in particolare.
  • Questo servizio non sostituisce le cure mediche professionali fornite durante una visita specialistica. Se hai un problema o un'urgenza, recati dal tuo medico curante o in un Pronto Soccorso.
  • Non sono ammesse domande relative a casi dettagliati, richieste di una seconda opinione o suggerimenti in merito all'assunzione di farmaci e al loro dosaggio
  • Per ragioni mediche, non verranno pubblicate informazioni su quantità o dosi consigliate di medicinali.

Il testo è troppo corto. Deve contenere almeno __LIMIT__ caratteri.


Scegli il tipo di specialista a cui rivolgerti
Lo utilizzeremo per avvertirti della risposta. Non sarà pubblicato online.
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.