Salve, ho 35 anni e da quando ho memoria presento un problema che solo di recente mi è stato indicat

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Salve, ho 35 anni e da quando ho memoria presento un problema che solo di recente mi è stato indicato come un possibile problema di origine psicologica.

Ho una difficoltà enorme e a volte totalmente inibente nel portare a termine gli incarichi che mi vengono assegnati o che decido di impormi.
Messa in questo modo potrebbe semplicemente descrivere una deficienza nel carattere, ma vorrei spiegarmi meglio.
Sono sempre stato descritto come il classico ragazzo molto intelligente ma che non si applica. Su una certa intelligenza ho sempre contato nella comprensione dei problemi e nella facilità di acquisire nuove nozioni, ma già dopo gli studi elementari, negli studi superiori (ma in realtà in molte attività quotidiane, fin da molto piccolo) qualsiasi attività che richiedesse un impegno prolungato, sia di concentrazione che di semplice organizzazione mi richiedeva uno sforzo enorme.
Impossibilitato a poter considerare il problema in un ottica diversa mi sono sempre semplicemente colpevolizzato per questo mio attegiamento, definendomi pigro e non determinato così come veniva comunque naturale descrivermi e ben presto divenni motivo di frustrazione per i miei insegnanti che continuavano a descrivermi come "molto intelligente, ma non studia". Dopo l'università speravo che le cose potessero cambiare ma dopo l'aver cambiato molto indirizzi non sono riuscito a concludere i miei studi, complice un crollo psicotico avvenuto nel primo anno di università con conseguente ricovero e un problema di malattia mentale (delirio borderline, sindrome ossessivo compulsiva) durato all'incirca una decina d'anni.
In questo periodo, pur non completando gli studi riesco a sviluppare, con molta fatica, una serie di abilità lavorative in un settore molto specifico, con buoni risultati ma sempre con una lentezza esasperante, lavori interrotti di continuo, lezioni personali intraprese a singhiozzo, incapacità di mantere concentrazione per medi o lunghi periodi di tempo.
Il problema era (ed è) che questa inabilità nel portare a termine degli incarichi non coinvolgeva solo lo studio, per qualche motivo non riuscivo a compiere puntualmente impegni come recarmi alla posta, pagare dei bonifichi, rispettare delle consegne burocratiche con delle scadenze, qualsiasi forma di impegno con delle scadenze; ho continuato a pagare una bolletta telefonica sei mesi dopo aver lasciato l'appartamento in cui stavo e aggiunto altre sei mensilità di mora per il ritardo nella chiusura della pratica e della consegna del pagamento (pur non avendo nessun problema di disponibilità monetaria), questo è un esempio di molti altri episodi.
Aggiungo che né lo studio né il lavoro mi è mai risultato noioso o difficile e più di una volta mi sono stupito del fatto che un operazione che mi portava così tanto benessere (studiare testi o effettuare lavori molto interessanti) fosse così tanto ostacolata dalla mia mente.
Il problema è andato così tanto aggravandosi che tutt'ora dubito seriamente di poter gestire la mia vita ad un livello appena sufficiente, con difficoltà estreme nel portare a termine anche semplici e retribuiti incarichi lavorativi.

All'inizio dell'estate scorsa comunque, sono ricorso ad una terapia farmacologica per gestire un riemerso disturbo ossessivo compulsivo che ero riuscito ad eliminare per un lungo periodo, assumendo per la prima volta Prozac come forma di terapia antidepressiva. Benchè sul disturbo, di per sè, sia stato di blanda efficacia ho notato, nei primi mesi di assunzione ho sperimentato un effetto collaterale del tutto imprevisto: quella fatica ad iniziare e a portare a termine un incarico, quella specie di "muro" invisibile nella mia testa che mi impediva di compiere dei lavori o rimanere concentrato per lungo tempo sugli stessi si era come sollevato ed alleviato e per i mesi seguenti sono riuscito a lavorare sui miei progetti con una continuità mai sperimentata prima. Sfortunatamente la psichiatra a cui mi sono rivolto non è stata di nessun aiuto in questo senso e dopo i primi mesi questo effetto benefico ha cominciato a ridursi fino a svanire del tutto.

Quindi ora come ora mi piacerebbe sapere se questo tipo di problemi rispecchino un effettivo tipo di problema psicologico o psichiatrico e se c'è un modo di affrontarlo, ridurlo o almeno gestirlo.
Grazie.
Gentilissimo, chi le ha indicato che questo può essere un problema di natura psicologica? Dal suo racconto mi sembra di capire che il nucleo centrale della questione riguardi da una parte il senso di impegnarsi e dall'altra il senso della scadenza. Sarebbe importante esplorare queste due dimensioni in rapporto alla sua personale storia di vita passata e presente. Posso assolutamente capire ed immaginare come tutto questo sia invalidante a livello personale, lavorativo e sociale dato inoltre i molti anni trascorsi. Personalmente le consiglio di considerare la possibilità di rivolgersi ad uno psicologo per un primo colloquio conoscitivo ed eventuale presa in carico. Questo perché come lei stesso ha potuto notare, il trattamento farmacologico interviene sui sintomi manifesti e non sulle cause sottostanti. Rimango a disposizione, se lo desidera, può contattarmi ed insieme affrontare meglio e più nello specifico quanto ha descritto adesso. Un caro saluto

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Buonasera, lei descrive molto puntualmente la sua condizione attuale e quella pregressa rivelando una buona capacità di auto-osservazione che costituisce il requisito fondamentale per una cura. Mi collego alla sua domanda finale sulla possibilità di "gestire" la sua questione: indipendentemente dall'inquadramento diagnostico, sia esso di carattere psicologico o psichiatrico, tutti i disturbi possono giovarsi di un percorso terapeutico che insegni a conoscere le proprie criticità, le specifiche difficoltà e le questioni enigmatiche che continuano a insistere e riproporsi.

Un caro saluto,

mg
Gent. utente, evidentemente vi sono meccanismi cognitivi ed emotivi che sottendono le caratteristiche del suo stile di pensiero, che vanno esplorati attentamente per valutare la genesi delle sue difficoltà. Dato che tali difficoltà l'accompagnano fin da bambino, non va esclusa l'eventualità che possa avere, per es. un disturbo specifico dell'apprendimento alla base. Ma non prenda alla lettera le mie parole, il punto è che va attuata un'attenta anamnesi da parte di uno psicologo onde poter giungere ad una diagnosi, punto di partenza per affrontare un percorso articolato che le consenta una vita soddisfacente ed appagante. Se crede mi riscriva, resto a disposizione. Dr.ssa Daniela Benvenuti
Buongiorno, mi sembra importante partire dal fatto che quanto accaduto necessita da parte sua di essere ben definito da uno psicoterapeuta e per questo il mio suggerimento è quello di intraprendere un percorso. Questo La aiuterebbe a comprendere ed elaborare il crollo psicotico e la successiva diagnosi per poi affrontare le difficoltà che ne conseguono e che sembrano ostacolare i suoi obiettivi di vita. Mi pare sia dotato di risorse personali che possono permetterle di raggiungere traguardi, ostacolati però da meccanismi psicologici, sui quali è comunque possibile lavorare.
Un caro saluto
G.C.

Buonasera! Ha descritto bene la sua condizione pregressa e i suoi stati d'animo sul presente e sul possibile scenario futuro. Per rispondere alla domanda :problema psicologico o psichiatrico? Io direi che le due figure possono coesistere. E' necessario sapere dallo psichiatra se e quali farmaci prendere e lo psicologo-psicoterapeuta può comunque trattare tutta la parte emotiva, il modo di affrontare, pensare e vedere la sua vita quotidiana.
Dott.ssa Valeria Randisi
Gentile utente, come immagina, quadri psichiatrici e psicologici possono assolutamente convivere e condizionarsi reciprocamente.
Ad esempio, le difficoltà infantili che lei ha efficacementente descritto (es. nell'attenzione sostenuta o la faticabilità cognitiva) possono essere di ordine neuropsicologico/neuropsichiatrico. Tuttavia, se esse incontrano condizioni ambientali sfavorevoli (es. insegnanti che attribuiscono tali difficoltà ad una "svogliatezza") è più probabile che si possa andare incontro anche a conseguenze psicologiche (es. non sentirsi come gli altri, non sentirsi all'altezza, avere bassa autostima etc).
Ciò che mi sento di consigliarle, anche alla luce della sua storia clinica, è di affidarsi ad un altro psichiatra se ne avverte la necessità. Inoltre, date le conseguenze in termini di quotidianità e vissuti, potrebbe contattare uno psicoterapeuta che la aiuterebbe a gestirle, nonché a comprenderne la natura.
Buona serata.
Gentilissimo, non è possibile formulare una diagnosi a distanza, tuttavia è evidente che c'è stata una certa discontinuità e confusione nella conduzione della terapia farmacologica, riguardo alla quale, le consiglio di affidarsi in modo stabile ad uno psichiatra di sua fiducia. In secondo luogo, bisognerebbe rivolgersi ad uno psicologo-psicoterapeuta per verificare se ci sono le condizioni per iniziare un percorso terapeutico che potrebbe anche essere a distanza, qualora non fosse possibile incontrare di persona uno psicoterapauta. Le difficoltà di studio e lavorative sono solo le conseguenze concrete di un disagio che si trascina da troppo tempo, che è stato trattato solo farmacologicamente e in modo discontinuo. Cordialmente dott.ssa Camplone
Buonasera non so da dove scriva e non so in quale contesto lei viva. A mio avviso potrebbe essere utile un inquadramento di tipo psicosociale, non soltanto di tipo psicologico o psichiatrico. Spesso in struttura pubblica è possibile effettuare un lavoro congiunto in cui anche la.parte sociale (lavoro, casa, famiglia) viene sostenuto. Il rischio di puntare tutto solo sul funzionamento del farmaco o della psicoterapia rischia di essere parziale
Gentile Utente, la difficoltà nel portare a termine un compito o un'attività, è una caratteristica che in qualche misura caratterizza molti di noi e tipicamente può avere una miriade di motivazioni, diverse per ognuno; etichettarlo come un problema psicologico o psichiatrico sarebbe forse troppo severo. D'altra parte sente che è un aspetto che impatta profondamente nella sua quotidianità e questo lo rende sicuramente osservabile dal punto di vista psicologico, nel senso potrebbe esserle d'aiuto approfondire cosa accada nella sua mente al momento di darsi una direzione. In altre parole, al momento in cui ricorda a sé stesso di pagare una bolletta, o di fare la spesa, e si organizza in questo senso, cosa innesca la rinuncia? in ogni caso tutto ciò andrebbe contestualizzato anche alla luce delle diagnosi che ci ha riferito, per comprendere se e in che modo il farmaco potrebbe aver alleggerito la sua situazione, ma è un piano di intervento parallelo di pertinenza di uno psichiatra. Al riguardo, la incoraggio dunque a prendere contatto con uno psicoterapeuta per approfondire gli aspetti psicologici,e sarà lui stesso ad indicarle il riferimento di uno psichiatra col quale iniziare un lavoro di coordinazione. Un caro augurio di buona fortuna
Salve, la prima cosa che mi colpisce è la sua lucidità di autoosservazione e consapevolezza rispetto a quello che le succede. Questo le sarà di aiuto. Detto questo, credo che l'approccio migliore sia quello integrato. Cioè le consiglio di iniziare un percorso di psicoterapia dove può eleborare quello che le è accaduto e quello che ancora le succede per migliorarne il vissuto e la gestione, e chiederei al terapeuta anche il numero di un fidato psichiatra che possa affiancarla nel percorso e possa aiutarla a tenere sott'occhio i sintomi e gli effetti collaterali dei farmaci. Il fatto di non riuscire a portare a termine le cose può avere multicause, e andrebbe esplorata per poterne venire a capo. Un'altra cosa interessante è che le cose che non riesca a portare a termine hanno spesso scadenze. E' un territorio che esplorerei in sede di percorso psicoterapico. Come anche il crollo psicotico e il "muro" di cui accenna.
Resto a disposizione da remoto.
Un caro saluto
Silvia Polizzi Andreeff
Salve,
credo che al di là dei farmaci che lei ha assunto e che sta tutt'ora assumendo, debba iniziare un percorso con uno psicoterapeuta, in modo da comprendere meglio il significato profondo dei suoi sintomi, e lavorare sul cosa significa per lei "portare a termine per lei un impegno".
Saluti.
Buona sera, il suo approccio alla psichiatria lo ha avuto, per forza di cose, a causa del ricovero.
L'intervento in questione non prevede necessariamente una presa in carico nel tempo se non per sua volontà tramite una domanda a specialisti o professionisti del settore all'esterno del servizio che l'ha ospitata in quell'occasione. Penso che qualsiasi psicologo lavorerebbe in tandem con uno psichiatra perché lei benefici dell'effetto del farmaco e di quelli della psicoterapia ed ė per questo che, al di la della diagnosi,un lavoro che preveda questa interazione non potrebbe che giovarle. Contatti, su suggerimento di qualcuno di cui si fida se non lo conosce personalmente, un professionista dal quale poersi sentire accompagnato nei suoi propositi.
Sono sicura che non potrà che beneficiarne
Un cordiale saluto.

Gentile utente,
le capacità dimostra di possederle, ma la questione sta nel non riuscire a portare a termine gli obiettivi prefissati; questo significa difficoltà a “chiudere un cerchio”, ovvero crescere, raggiungere, divenire, definire un limite.

Contrariamente a quanto si può pensare, è questo limite a darci una forma, un’identità, e la possibilità poi di spendere a pieno all’interno di essa la nostra libertà e le nostre risorse più profonde (in una professione, un matrimonio, una vocazione, ecc). Ma in questo siamo chiamati ad una scelta, che significa separazione, distacco (chiusura del cerchio, appunto)...fondamentalmente da una condizione precedente, che ci porta a crescere.

E si tratta di una scelta così profonda da cambiarci l’esistenza. Deve cambiarla! E a questo non sempre siamo disposti o ne abbiamo il coraggio.

Per cui per “affrontare” (come dice lei) questa difficoltà (di natura psicologica), consiglio un percorso psicoterapico che la aiuti innanzitutto a far chiarezza sull’orizzonte autentico da raggiungere. Successivamente a sostenerla nelle difficoltà che via via certamente tornerà ad incontrare.

Un caro saluto.
Roberto Lucchetta
Buongiorno,
comprendo le sue difficoltà, pare che queste siano nel tempo diventate molto invalidanti e alla sua giovane età non è facile essere così limitati nello svolgimento delle proprie attività quotidiane e nel raggiungimento di obiettivi di vita.
Ha descritto molti aspetti che interagendo hanno portato al malessere attuale. Sicuramente il contributo della terapia farmacologica è importante, ma insufficiente se non integrato a un percorso di psicoterapia attraverso il quale comprendere le cosiddette "trappole" mentali dentro cui cadiamo, oltre alle emozioni connesse e che generano in noi molta sofferenza e acquisire così una consapevolezza maggiore del proprio funzionamento mentale.
Mi rendo disponibile a tal fine, anche con sedute online, visto il momento critico attuale.
Dott.ssa Stefania Consonni
Salve, purtroppo una delle caratteristiche del pensiero ossessivo è il procrastinare dovuto a un eccessivo pensare a ciò che si sta facendo, al come si sta facendo e cosa comporterà farlo. Non so se in queste poche righe sono riuscito a far capire e la forza di tale fenomeno ma se è cosi immagino lei possa capire.
Ovviamente la cura farmacologica è importantissima in questo tipo di problemi ma risulta altrettanto fondamentale inserire una psicoterapia, meglio se a orientamento cognitivo-comportamentale, che possa insegnarle come gestire questo overthinking.
Resto a sua disposizione
Salvatore De Costanzo
Buonasera. I consigli che ha già ricevuto mi sembrano sufficienti ed esaurienti. Mi sembra importante solo ribadire che i problemi che la riguardano debbano essere affrontati in modo integrato, e che trovo, viste le sue capacità di autoanalisi, che sia indicato per lei affrontare una psicoterapia, per la quale, a condizione che si instauri una buona alleanza terapeutica, l'indicazione prioritaria è seguirla, cioè non interromperla.. il resto, cioè un miglior equilibrio psichico, in base alla mia esperienza, dovrebbe venire da se se, con l'evolvere della psicoterapia. Pertanto, non importa come, cioè in modo analogico oppure visti i tempi anche "online", cominci appena possibile e non rimandi. Nel frattempo buona serata.
Massimo Mestroni

Salve. La sua condizione richiede una valutazione su due fronti. Una valutazione psichiatrica ed una psicoterapeutica. Da prediligere una terapia cognitivo comportamentale per la sua modalità "ossessiva" di processare il pensiero.
Cordiali saluti Dottor Emanuele Grilli.
Gentilissimo, bisogna valutare la situazione nella sua complessità.Converebbe intraprendere una terapia e fare una valutazione della sua situazione in modo integrato, sia per ciò che riguarda la parte medica che per la parte psicologica. Per quest'ultima parte è necessario un percorso psicoterapeutico che la possa accompagnare nelle sue difficoltà e fare chiarezza. Cordiali saluti
Gentile utente la sua descrizione è dettagliata e molto specifica, di certo un aiuto psicoterapeutico affiancato a uno farmacologico può aiutarla a gestire le sue fragilità conoscendole a fondo, capendone le origini. Il muro di cui lei parla potrebbe essere una difesa che il suo inconscio ha messo in atto ma ora sembrerebbe del tutto disfunzionale.
Io sono sempre disponibile
Un saluto e in bocca al lupo
Caro utente
mentre leggevo la sua storia mi sono sentita triste e dispiaciuta per l'enorme svalutazione di cui si è fatto carico in questi anni. Ho immaginato la sua vita da studente e le tante etichette con le quali è cresciuto ""svogliato", "pigro"... e il senso di fallimento che percepisce ora come lavoratore è sia doloroso sia fonte di rabbia ... sarebbe molto utile approfondire la sua storia alla luce degli eventi che racconta e che conclusioni ha tratto per sè.
Poichè desidera dare nome a questa serie confusa di eventi e trovare un modo per cambiarli la invito a contattare un terapeuta e prendersi in mano la sua Vita!
Buon Viaggio!

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