Perchè gli/le psicologi/psicologhe non possono provare dei sentimenti per i pazienti? Io a volte pen

25 risposte
Perchè gli/le psicologi/psicologhe non possono provare dei sentimenti per i pazienti? Io a volte pensi che in alcuni casi si riuscirebbe meglio a curare una persona fuori dalle regole della psicoterapia.
Dott.ssa Alessia D'Angelo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Milano
Gentile utente, le emozioni ed i sentimenti vengono sentiti dai terapeuti ma ciò che sentono viene riletto e utilizzato ai fine terapeutici per mantenere uno spazio, ed un ruolo. Il terapeuta è una persona, ma ciò che fa è regolare e ascoltare ciò che sente nella direzione del bene del paziente. Rimango a sua disposizione Dott.ssa Alessia D'Angelo

Risolvi i tuoi dubbi grazie alla consulenza online

Se hai bisogno del consiglio di uno specialista, prenota una consulenza online. Otterrai risposte senza muoverti da casa.

Mostra risultati Come funziona?
Dott.ssa Laura Iavarone
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
buongiorno, lo psicologo in seduta sperimenta dei sentimenti ed è importante che ne è consapevole.
Avere un buon feeling e fiducia con il paziente e lavorare seguendo il flusso e stando sulla persona è molto funzionale alla buona riuscita della terapia.
Sottolineo che entrambi sono persone prima di essere terapeuta e paziente quindi ci sono assolutamente delle emozioni dentro al setting. Buona giornata!
Dott.ssa Sara Dassiè
Psicologo, Psicologo clinico
Codognè
Gentile utente, comprendo molto bene la sua prospettiva, e apprezzo la sua sincerità. In qualità di psicologa, le assicuro che per noi è assolutamente naturale provare emozioni durante il lavoro con i pazienti, in quanto la nostra professione ci coinvolge profondamente e ci permette di entrare in contatto con le storie e le sofferenze altrui. Le emozioni che sorgono sono parte del nostro essere umani e sono una risorsa importante per comprendere meglio il vissuto del paziente.

Tuttavia, ciò che differenzia il nostro lavoro da altre relazioni interpersonali è la capacità di mantenere dei confini professionali chiari, che ci permettono di contenere queste emozioni e di non permettere loro di interferire con il processo terapeutico. Questo è fondamentale per garantire che il setting terapeutico rimanga uno spazio sicuro, neutro e produttivo per il paziente. La nostra funzione è quella di essere empatici, ma al contempo in grado di riflettere in modo obiettivo, senza che le emozioni personali compromettano l’efficacia del lavoro.

Le emozioni che si provano verso i pazienti possono, infatti, essere utilizzate per comprendere meglio la relazione e il processo in corso, ma devono essere sempre gestite e lasciate al di fuori dell’interazione diretta con il paziente. Questo equilibrio, se rispettato, permette di non contaminare il setting e di preservare uno spazio di crescita, promuovendo il benessere del paziente senza compromettere il nostro ruolo professionale. In questo modo, anche se le emozioni fanno parte del nostro vissuto, non influiscono negativamente sulla terapia o sul processo di cura.

Rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti.
Un caro saluto,
Dott.ssa Sara Dassiè
Dott.ssa Valeria Colangelo
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Gentilissimo o gentilissima, i terapeuti provano svariati sentimenti verso i propri pazienti, e questi sono fondamentali nella relazione che si crea e rispetto al lavoro che si sviluppa.
Mi sembra che la sua domanda faccia più’ riferimento al tema dell’affettività, se un terapeuta prova affetto o meno? O sbaglio? Un terapeuta deve saper lavorare i propri sentimenti e vissuti mettendoli a servizio del lavoro e ha sempre necessità quindi di avere contatto, controllo, padronanza e conoscenza di cosa accade dentro di se, nel paziente e nella relazione tra i due. Ci sono poi diversi approcci e forse in alcuni di essi il paziente può avere la sensazione di un forse “distacco”. In caso, perchè non ne parla con il suo o la sua terapeuta? Non è una domanda affatto sciocca la sua e sicuramente ha a che fare con i suoi bisogni o su come lei funziona nelle relazioni.
Spero di essere stata utile.
Un caro saluto,
Valeria Colangelo
Dott.ssa Stefania Giannino
Psicologo, Psicologo clinico
Castelfranco Emilia
Esistono regole etiche a cui tutti gli psicologi e tutte le psicologhe devono attenersi, per rispetto del codice deontologico; al tempo stesso ci sono regole del setting stabilite da quel particolare professionista, insieme a quello specifico paziente che rendono il loro rapporto unico. Il/la professionista non può instaurare una relazione terapeutica e romantica o amicale con un/una suo/a paziente perchè questo minerebbe fortemente la neutralità che invece ci deve essere per poter fare un percorso funzionale. Ciò non vuol dire che io psicologa non provi niente per i miei pazienti, anzi a volte si viene a creare un forte affetto e un forte bene, ci affezioniamo anche noi alle storie e ai dolori dei nostri pazienti, ed è proprio questo che, come dici tu, consente di curare una persona. Tuttalpiù se ci porta ferite che noi stesse abbiamo affrontato nella nostra vita. Non bisogna confondere la neutralità (intesa come mancata influenza del punto di vista del paziente) con la mancanza di affetto che invece, a mio parere, c'è
Dott.ssa Priscilla Carli
Psicologo, Psicologo clinico
Guidonia Montecelio
Salve, mi colpisce molto la sua riflessione e posso comprendere il desiderio di una connessione più profonda, perché la relazione terapeutica è un legame speciale, basato sulla fiducia e sulla comprensione. Tuttavia, proprio perché il terapeuta si prende cura del benessere del paziente, è essenziale mantenere dei confini chiari e definiti. In terapia, il terapeuta è lì per il paziente, senza aspettative personali o bisogni da soddisfare. Se ci fosse un coinvolgimento sentimentale, la relazione perderebbe il suo equilibrio e potrebbe diventare confusa, portando più danni che benefici. Il setting terapeutico crea uno spazio sicuro proprio perché si fonda su un'alleanza basata sull’ascolto, sulla riflessione e sul cambiamento, senza il rischio di dinamiche di dipendenza o coinvolgimenti personali. Le regole in psicoterapia sono fondamentali per proteggerne l'efficacia, garantendo così al paziente un miglior aiuto senza dinamiche che vadano ad ostacolarlo. A volte può sembrare che una connessione più personale potrebbe aiutare di più, ma è proprio la professionalità del terapeuta a rendere possibile un lavoro profondo e trasformativo. Se le capita di provare un trasporto per il suo terapeuta o le sorge qualche dubbio, le consiglio di parlarne con il professionista, potrebbe essere molto di aiuto per leggere che significato ha per lei questo nelle sue relazioni. Ciò che accade nella relazione terapeutica è molto importante per comprendere le modalità di relazionarsi del paziente con gli altri nella sua vita, dunque è un materiale prezioso, senza dubbio da utilizzare, per acquisire maggiore consapevolezza. Dott.ssa Carli Priscilla
Dott.ssa Alessia Amoroso
Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
Buonasera,
un coinvolgimento sentimentale da parte del terapeuta può interferire con l'oggettività necessaria per una valutazione accurata e per l'applicazione di interventi terapeutici appropriati. Inoltre, potrebbe generare dinamiche disfunzionali, come il "controtransfert", in cui le emozioni del terapeuta influenzano il trattamento, ostacolando il progresso del paziente. Noi psicologi siamo esseri umani e possiamo provare emozioni nei confronti dei nostri pazienti, tuttavia la nostra professionalità richiede la consapevolezza e la gestione di queste emozioni, evitando che influenzino la relazione terapeutica. Resto a disposizione.
Gli psicologi e le psicologhe non possono sviluppare sentimenti romantici o personali per i propri pazienti perché il loro ruolo richiede neutralità, professionalità e un confine chiaro tra la relazione terapeutica e quella personale. La psicoterapia funziona proprio grazie a questo spazio sicuro, dove il paziente può esplorare le proprie emozioni senza il rischio di coinvolgimenti che potrebbero compromettere il percorso.

Quando si supera questo confine, il rischio è che il focus si sposti dal benessere del paziente al bisogno emotivo del terapeuta, creando dipendenza, confusione e potenziali danni psicologici. Inoltre, la psicoterapia segue un codice deontologico che tutela il paziente, impedendo situazioni in cui il professionista potrebbe abusare della propria posizione.

Anche se può sembrare che "uscire dalle regole" possa favorire una guarigione, in realtà la psicoterapia è efficace proprio perché si basa su una relazione asettica e professionale, che permette al paziente di sviluppare strumenti per il proprio benessere in modo indipendente, senza dinamiche di attaccamento personale.
Dott.ssa Nunzia D'Anna
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Chi dice che gli psicologi non provino sentimenti per i pazienti?
Gli psicologi provano costantemente sentimenti per i propri pazienti e utilizzano quei sentimenti per lavorare con essi. Questi sentimenti possono essere di simpatia, empatia, tenerezza, ma anche rabbia, noia, disgusto.
Se invece intende sentimenti sessuali o romantici, quelli sicuramente non sono consigliabili e un professionista serio, qualora dovesse iniziare a provarli per un paziente, dovrebbe interrompere la terapia e indicare il nome in un collega al paziente. Questo perché bisogna sempre mantenere una giusta distanza dalla persona per poter fare bene questo lavoro. Inoltre un rapporto sessuale o romantico romperebbe la regola dell'asimmetria tra terapeuta e paziente, che è fondamentale per far sperimentare al paziente un rapporto che somigli quanto più possibile a quello tra genitore e figlio e che sia riparativo per lui proprio di quella ferita infantile che quasi sempre porta i pazienti in terapia.
Dott.ssa Patrizia Buscaino
Psicologo clinico, Psicologo
Nubia
Salve
noi psicologi non possiamo legarci sentimentalmente ai nostri pazienti non solo perchè violiamo un codice deontologico ma fondamentalmente perchè coinvolgendoci emotivamente rischiamo di perdere di vista il senso del nostro lavoro; sostenere il paziente vuol dire essere empatici ma senza farsi coinvolgere troppo a tal punto da vivere come fossero nostre le "ansie" o problemi dei nostri pazienti.
Dott.ssa Virginia Bruffa
Psicologo clinico, Psicologo
Velletri
Il rapporto tra psicologo e paziente deve rimanere all’interno di confini professionali ben definiti perché questi garantiscono l’efficacia della terapia e il benessere della persona in cura. Le emozioni sono inevitabili in qualsiasi relazione umana, e anche gli psicologi provano empatia, affetto e vicinanza emotiva nei confronti dei loro pazienti. Tuttavia, coinvolgersi sentimentalmente o instaurare un legame personale al di fuori della terapia comprometterebbe il processo terapeutico e potrebbe diventare dannoso per il paziente.

Uno dei motivi principali è che il terapeuta deve mantenere una posizione di neutralità per poter aiutare davvero. Se entrano in gioco sentimenti personali, il rischio è che il terapeuta perda l’obiettività, proietti i propri bisogni nella relazione e smetta di essere una guida efficace. Il paziente, a sua volta, potrebbe non sentirsi più libero di esplorare le proprie difficoltà perché preoccupato di compiacere il terapeuta o di non deluderlo.

Inoltre, la relazione terapeutica è asimmetrica per natura: il paziente si affida allo psicologo per ricevere supporto in momenti di fragilità. Se si creasse un legame sentimentale, si perderebbe questo equilibrio e il paziente potrebbe sviluppare una dipendenza emotiva o confondere il bisogno di cura con l’affetto personale.

Capisco la sensazione che in alcuni casi si potrebbe aiutare una persona “fuori dalle regole della psicoterapia”, ma queste regole esistono proprio per tutelare sia il paziente che il terapeuta. Creare una relazione al di fuori del setting terapeutico rischierebbe di non rispettare i bisogni reali del paziente, perché la terapia non è un’amicizia né una relazione romantica, ma un percorso strutturato per dare strumenti concreti di crescita e autonomia. L’obiettivo principale della psicoterapia è sempre il benessere della persona in cura, e questo può avvenire solo mantenendo chiari i ruoli e i confini della relazione terapeutica.
Dott.ssa Federica Palazzetti
Psicologo, Psicologo clinico
Vicenza
Buongiorno,
è necessario mantenere un rapporto terapeuta/paziente e a non andare mai e in nessun caso oltre. Questo è dettato dal codice deontologico di noi psicologi quindi noi siamo tenuti a rispettarlo, ma se ci pensa ci sono anche dei validi motivi per cui esiste questo divieto di intrattenere rapporti personali con i propri pazienti. Lo psicologo deve riuscire ad essere il più obiettivo possibile con la persona che si trova davanti in seduta e sicuramente non riuscirebbe ad esserlo se fosse legato al paziente da un rapporto personale, che sia esso intimo o di amicizia o di parentela. In questo caso infatti entrerebbero in gioco i sentimenti personali dello psicologo, che inficerebbero l'oggettività del suo sguardo e dei suoi consigli. Tutto ciò va a favore del paziente e non significa che lo psicologo non prova empatia o non si interessa dei suoi pazienti, anzi, in questo modo riuscirà a svolgere al meglio il suo lavoro, senza essere coinvolto emotivamente e mettendo dunque in campo le sue competenze, senza farsi condizionare dai rapporti personali.
Spero di essere stata abbastanza chiara ed esaustiva,
Cordiali saluti
Dott.ssa Federica Palazzetti
Dott.ssa Giulia Scalesse
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Arzano
Salve, sentimenti in che senso? Siamo umani, in gioco c'è anche la nostra persona, personalità, ed emozioni. Naturalmente, poichè non si tratta di una chiacchierata tra amici, le difficoltà personali del terapeuta non vengono messe in gioco, se non con un senso terapeutico.
La relazione terapeutica è tra due (o più) persone, con le loro storie e vissuti
Dott.ssa Erica Russo
Psicologo, Psicologo clinico
Padova
Caro paziente anonimo,
non vi è relazione terapeutica senza sentimenti, aka, affetto reciproco.
I sentimenti a cui si riferisce lei sono probabilmente quelli che si provano in una relazione amorosa: è vietato avere relazioni di questo tipo con i propri pazienti proprio per la tutela degli stessi.

Un caro saluto
Dott.ssa Erica Russo
Dott. Matteo Mossini
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Parma
Non è che non possono, ma non dovrebbero proseguire la psicoterapia quando capiscono che sta succedendo. Questo perchè si perderebbe quella funzione di terzietà e neutralità necessari in terapia.
Dott.ssa Veronica Savio
Psicologo, Psicologo clinico
Medolla
Gentile utente, grazie per l'interessante domanda. Gli psicologi e le psicologhe, come professionisti, sono formati per mantenere una relazione empatica e di supporto con i pazienti, ma al tempo stesso devono mantenere un distacco emotivo per garantire che la relazione rimanga focalizzata sul benessere del paziente. Questo non significa che non provino emozioni, ma il loro ruolo è quello di fornire uno spazio sicuro dove il paziente possa esplorare liberamente i propri sentimenti senza interferenze.
La possibilità di provare emozioni per i pazienti può compromettere l'oggettività e la professionalità, elementi essenziali per un trattamento efficace. Tuttavia, gli psicologi sono molto attenti alla comprensione e al supporto emotivo del paziente, ma sempre all'interno di una cornice etica e professionale che garantisce il rispetto e la salute mentale di entrambi. Il percorso psicologico si basa su un equilibrio tra empatia, sostegno e, allo stesso tempo, l’imparzialità per evitare che i propri sentimenti personali possano influenzare negativamente il processo. La regola di non sviluppare sentimenti romantici o affettivi verso il paziente è fondamentale per la sicurezza e il benessere della persona che riceve il trattamento. Spero di essere stata esaustiva. Rimango a disposizione. Dott.ssa Veronica Savio
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Il rapporto tra psicologo e paziente è regolato da principi etici e deontologici che mirano a garantire un percorso terapeutico efficace e privo di condizionamenti personali. La neutralità del terapeuta è essenziale affinché il paziente possa sentirsi libero di esplorare i propri vissuti senza il rischio che le emozioni oi sentimenti personali del professionista interferiscano con il processo di cura.

Se uno psicologo provasse sentimenti personali per un paziente, si creerebbe un conflitto di interesse che potrebbe compromettere l'obiettività della terapia e il benessere del paziente stesso. Inoltre, il setting terapeutico si basa su un equilibrio delicato che, se alterato da coinvolgimenti emotivi personali, rischierebbe di ostacolare il raggiungimento degli obiettivi terapeutici.

È comprensibile pensare che in alcune situazioni un rapporto meno regolato possa sembrare più efficace, ma è proprio il rispetto delle regole e dei confini professionali che permette di offrire un aiuto realmente funzionale e sicuro. Per approfondire queste dinamiche e comprendere meglio il valore del setting terapeutico, è utile e consigliato rivolgersi a uno specialista.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dr. Matteo Selva
Psicologo, Psicologo clinico
Montecatini-Terme
Salve,
grazie per domanda.
Vorrei rispondere alla sua domanda con un'altra domanda: " Lei riesce, come persona, a non provare alcunché nei confronti di qualcuno con cui tesse una relazione?". Il rapporto che si crea fra paziente e psicologo è, per prima cosa, una relazione. Essendo lo psicologo un essere umano, proverà sicuramente qualcosa nei confronti dei propri pazienti. Quello che fa la differenza è COME viene utilizzato quel sentire da parte del professionista.
Spero di aver risposto alla sua domanda,
La saluto
Dr. Giorgio Gabriele
Psicologo, Psicologo clinico
Firenze
Buonasera, la ringrazio per la domanda visto che permette di fare chiarezza su uno dei tanti aspetti della professione che può essere frainteso.
Essendo la terapia un lavoro di relazione è umanamente impossibile che il terapeuta non provi emozioni per il paziente.
Il vissuto emotivo del terapeuta è ponderato all'interno di quello che nella definizione freudiana è chiamato "controtransfert". Si tratta di un elemento importante della relazione terapeutica, viene gestito in modi diversi a seconda dell'approccio utilizzato. In alcuni di questi approcci (più datati) l'emozione del terapeuta è considerata un elemento confondente rispetto all'intenzione di creare un ambiente di terapia "neutro" (da qui il fraintendimento e il luogo comune da lei menzionato), in altri invece il vissuto emotivo del terapeuta è visto come una risorsa utile allo sviluppo della relazione terapeutica, avvalorando dunque il coinvolgimento del professionista a discapito della neutralità.
Sperando di aver fatto un po' di chiarezza, le invio cordiali saluti.
Dott.ssa Anna Asia Forino
Psicologo, Psicologo clinico
Trapani
Gentile utente, trovo la sua riflessione davvero importante. La professione che svolgiamo è spesso travolta da una serie di miti e false credenze che è sempre utile affrontare. In realtà, dal mio punto di vista, è impossibile non provare un bene sincero e autentico per le persone che incontriamo. Con costanza, in media una volta a settimana, ci ritroviamo con le stesse persone, le quali ci affidano parti importanti delle loro vite, ferite ed emozioni. In quanto esseri umani, sarebbe impossibile non sviluppare sentimenti di affetto verso i nostri pazienti, anzi senza questi ultimi credo non ci sarebbero i presupposti per prendersene cura. Non dimentichiamo che lo strumento più importante della terapia è la relazione che si crea tra psicologo e paziente, la quale è ovviamente caratterizzata da sentimenti di stima e affetto reciproco. In ottica deontologica, i sentimenti che legano paziente e terapeuta non possono essere utilizzati impropriamente o per ottenere vantaggi, ma questo non significa che non sia permesso provare affetto verso i nostri pazienti.
Dott.ssa Anna Asia Forino
Dott.ssa Adriana Gaspari
Psicologo clinico, Sessuologo
Chieti
Gentile utente ,uno psicoterapeuta puo' innamorarsi di un suo paziente ,ma la regola ( deontologia professionale)dice che in quel caso , bisogna interrompere la psicoterapia e inviare il paziente ad un altro collega. Non si puo' assolutamente unire professione e vita affettiva.
La saluto cordialmente
Dott.ssa Adriana Gaspari
Gentilissima, purtroppo non può essere così per ovvi motivi legati alla professione, al fatto che è una relazione intima di cura. Altrimenti sarebbero tutti psicologi, non crede?
Dott. Giovanni Paolo Mangano
Psicologo, Psicologo clinico
Misterbianco
Gentilissima,
perché pensa che gli psicologi non provino sentimenti per i pazienti?
Se non provassero sentimenti per i pazienti in che modo potrebbero mai aiutarli?
il rapporto tra psicologo e paziente è un rapporto tra almeno 4 persone: due soggetti e i loro inconsci. La buona riuscita del percorso è data dalla capacità, di questi quattro soggetti, di creare una relazione.
A volte le relazioni possono durare poco, altre volte durano molto. Questo è determinato dalla qualità dei sentimenti condivisi e messi in gioco all'interno della stanza in cui quelle 4 persone possono scambiarsi i propri vissuti sulle questioni che riguardano il proprio mondo.
Buona giornata.
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
La sua domanda è molto interessante e tocca un tema delicato, che riguarda sia l’etica professionale che l’efficacia della relazione terapeutica. In psicoterapia, il legame che si crea tra terapeuta e paziente è un elemento fondamentale del processo di cura. Si tratta di una relazione basata sull’empatia, sulla comprensione e sulla fiducia, che permette alla persona di sentirsi accolta e sostenuta nel proprio percorso di cambiamento. Tuttavia, affinché questa relazione sia realmente terapeutica, è essenziale che il terapeuta mantenga una posizione professionale, senza coinvolgimenti personali o sentimentali. Se uno psicologo provasse sentimenti romantici o sviluppasse un attaccamento personale con un paziente, il rischio sarebbe quello di distorcere il processo terapeutico. Il terapeuta potrebbe inconsciamente modificare il suo comportamento, evitando di affrontare temi difficili per paura di ferire l’altra persona o lasciandosi guidare dalle proprie emozioni piuttosto che dalle necessità cliniche del paziente. Questo renderebbe la terapia meno efficace, perché non sarebbe più centrata esclusivamente sul benessere della persona che sta cercando aiuto, ma verrebbe influenzata da dinamiche personali che potrebbero compromettere l’obiettività e la neutralità necessarie. Lei dice che a volte pensa che si potrebbe curare meglio una persona al di fuori delle regole della psicoterapia. È comprensibile pensarlo, perché nella vita di tutti i giorni siamo abituati a relazioni in cui il coinvolgimento emotivo è alla base del supporto reciproco. Tuttavia, la psicoterapia funziona proprio perché segue delle regole precise, che garantiscono uno spazio sicuro e libero da condizionamenti esterni. Il terapeuta, grazie a questa distanza professionale, riesce a vedere la situazione con più chiarezza, aiutando il paziente a comprendere meglio sé stesso senza il rischio di proiettare aspettative o bisogni personali nella relazione. È importante sottolineare che il fatto che un terapeuta non possa sviluppare sentimenti romantici o personali per un paziente non significa che non provi emozioni. Anzi, un bravo psicologo è profondamente empatico e si coinvolge emotivamente nel percorso del paziente, ma lo fa in modo controllato e con la consapevolezza che il suo ruolo è quello di guidare e supportare senza perdere l’obiettività necessaria per aiutare davvero. Se ci si trova in una situazione in cui nasce un sentimento da parte del paziente verso il terapeuta, questo può diventare un argomento di riflessione in terapia stessa. Spesso questi sentimenti non sono realmente legati alla persona dello psicologo, ma rappresentano bisogni, desideri o dinamiche relazionali che il paziente ha vissuto in passato e che si riattivano nel contesto terapeutico. Parlarne apertamente con il proprio terapeuta può aiutare a comprendere meglio queste emozioni e a utilizzarle come strumento per lavorare su aspetti importanti della propria storia e del proprio modo di relazionarsi agli altri. La terapia è un luogo sicuro proprio perché esiste un confine chiaro tra la vita personale e la relazione terapeutica. Questo non significa che il legame tra terapeuta e paziente sia meno autentico, anzi, è proprio grazie a queste regole che può essere un legame di cura profondo e trasformativo. Cari saluti, Dott. Andrea Boggero
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, capisco la sua riflessione e il desiderio di immaginare un rapporto terapeutico che possa superare i limiti imposti dalle regole della professione. È vero che la relazione tra psicologo e paziente è molto intensa: si tratta di un legame basato sull’ascolto profondo, sulla comprensione e sull’accettazione incondizionata, elementi che, in altri contesti, possono essere associati a relazioni affettive. Tuttavia, la differenza fondamentale sta proprio nel fatto che il setting terapeutico esiste per garantire uno spazio sicuro, in cui il paziente possa esplorare se stesso senza il rischio che subentrino dinamiche personali che potrebbero distorcere il percorso di cura.

Se uno psicologo provasse sentimenti personali per un paziente e agisse su questi sentimenti, verrebbe meno il suo ruolo di guida neutrale e obiettiva. Ogni relazione, al di fuori di quella terapeutica, comporta inevitabilmente bisogni e aspettative reciproche, cosa che andrebbe a compromettere l’equilibrio necessario per il processo di guarigione. In altre parole, il terapeuta deve poter aiutare la persona senza che il proprio coinvolgimento emotivo influenzi il percorso o crei una dipendenza affettiva.

È naturale che nella relazione terapeutica si creino legami molto profondi, ma proprio perché la terapia funzioni, è essenziale che questi rimangano nel contesto della cura. Il fatto che esistano regole etiche e deontologiche in psicoterapia non significa che si voglia limitare il benessere della persona, ma anzi, serve a proteggerla e a garantire che il percorso sia sempre orientato al suo interesse e non a quello del terapeuta.

Dott. Luca Vocino

Stai ancora cercando una risposta? Poni un'altra domanda

  • La tua domanda sarà pubblicata in modo anonimo.
  • Poni una domanda chiara, di argomento sanitario e sii conciso/a.
  • La domanda sarà rivolta a tutti gli specialisti presenti su questo sito, non a un dottore in particolare.
  • Questo servizio non sostituisce le cure mediche professionali fornite durante una visita specialistica. Se hai un problema o un'urgenza, recati dal tuo medico curante o in un Pronto Soccorso.
  • Non sono ammesse domande relative a casi dettagliati, richieste di una seconda opinione o suggerimenti in merito all'assunzione di farmaci e al loro dosaggio
  • Per ragioni mediche, non verranno pubblicate informazioni su quantità o dosi consigliate di medicinali.

Il testo è troppo corto. Deve contenere almeno __LIMIT__ caratteri.


Scegli il tipo di specialista a cui rivolgerti
Lo utilizzeremo per avvertirti della risposta. Non sarà pubblicato online.
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.