Gentili dottori, dopo una amicizia tossica e di dipendenza affettiva con una mia amica e collega del

20 risposte
Gentili dottori, dopo una amicizia tossica e di dipendenza affettiva con una mia amica e collega dell'università, ci siamo allontanati. Adesso sono due anni che non abbiamo più nessun tipo di contatto. Non ci parliamo, non ci salutiamo, non l'ho più contattata.
Adesso la situazione è ben diversa Ho una mia stabilità, sto cercando di socializzare con nuove persone, e in generale sto portando avanti il mio percorso.
Sono mesi ormai che vedo costantemente questa ragazza all'università, poiché siamo colleghi, lavoriamo con la stessa professoressa quindi di conseguenza frequentiamo lo stesso laboratorio e gli stessi ambienti.
La situazione però è sempre molto tesa, pesante, almeno per me punto entrambi ci evitiamo. Per quanto mi riguarda ho paura, disagio, vergogna, imbarazzo.
Sono tante le domande che mi passano per la mente, è arrabbiata con me, mi odia, la mia presenza le dà fastidio, non mi ha perdonato.
Il suo comportamento parla chiaro, mi sta dicendo che non vuole avere niente a che fare con me.
Lei abbassa lo sguardo mi evita non mi saluta, addirittura cambia strada pur di non passare di fronte a me.
Il punto è che noi siamo colleghi, abbiamo nei mesi passati frequentato delle situazioni comuni, abbiamo fatto una visita guidata a Roma, abbiamo seguito due seminari insieme, adesso ho mandato un messaggio alla professoressa per chiedere un aiuto e lei mi ha detto di passare nel laboratorio dove c'è proprio questa ragazza che mi poteva aiutare, ma io ho detto di non poter entrare nel laboratorio che magari risolvevo io da solo.
Il fatto che questa ragazza non mi saluta non mi guarda e addirittura mi evita ovviamente mi fa male, perché mi ferisce punto è come se annullasse tutto il percorso che io abbia fatto, certo tutto questo l'ho fatto per me ovviamente, ma fa anche piacere se una persona a cui io voglio bene e che comunque ci tengo, dimostrasse piacere o comunque dimostrasse una certa apertura nei confronti di una stabilità attuale.
Di conseguenza questa persona diventa un po' uno specchio, È come se quello che è successo in passato sia sempre una coppa, è come se io ogni volta che la vedo e vedo i suoi comportamenti e i suoi atteggiamenti nei miei confronti, ricevo una condanna per quello che ho fatto.
Testo A me dispiace perché sono successe tante cose ma non stavo affatto bene punto sono passati due anni e io comunque mi sto comportando benissimo, mi sono laureato sto facendo una magistrale faccio gli esami lavoro con la professoressa la tesi, ho iniziato un corso di teatro, sto cercando di socializzare. Ma più di questo che altro devo fare?
Questa situazione diventa un pochino pesante almeno per me punto perché avverto tensione avverto disagio punto Con che coraggio entro nel laboratorio dopo che noi non ci salutiamo nemmeno?
Allora la mia domanda è ma come faccio a gestire questa situazione?
Certamente non posso cambiare né percorso e né università, perché questo è il percorso che ho iniziato dal triennio, e lei che poi ha iniziato a lavorare con questa professoressa e quindi adesso ci siamo incrociati ma io sto semplicemente continuando un percorso iniziato anni fa punto e se lei invece pensa che io vado lì apposta per vederla per incontrarla?
E se lei non si fida di me ha paura?
Dato tutte le situazioni che si sentono di cronaca da parte dei ragazzi forse mi vuole allontanare per questo?
E allora mi chiedo è giusto che io parli con la mia professoressa e le dico che preferisco non avere interazione con alcune persone per motivi personali?
Così da evitare in futuro magari altri incontri e altri contatti.
Perché per esempio l'anno scorso poco prima della mia laurea La professoressa mi ha invitato a seguire un evento a Paestum e c'era anche questa ragazza.
Poi al termine mi ha invitato a mangiare una pizza insieme ma io ho rifiutato perché certamente non potevo stare insieme a questa ragazza.
Quindi si creano delle dinamiche di imbarazzo di ansia di disagio.
Come faccio?
È ovvio che oggi il mio unico intento era salutarci in maniera educata e magari se c'era l'occasione scambiare due parole punto non è che voglio tornare indietro e riavere un'amicizia.
Ma sono consapevole che anche questo non si possa fare, allora mi chiedo come gestisco questa situazione?
Buongiorno,
dal suo racconto emerge un legame profondo, costruito nel tempo su fiducia, stima e condivisione, tutti elementi che rendono comprensibile il turbamento che prova oggi. Quando un sentimento “disotterrato” dopo anni trova finalmente voce, può generare emozioni intense e anche reazioni inaspettate nell’altra persona.
Il silenzio che descrive, da parte sua, può avere significati diversi: talvolta rappresenta un bisogno di tempo per elaborare quanto accaduto, altre volte, invece, può esprimere incertezza o un confine che l’altra persona sente di dover mantenere...attenda un pochetto.
In momenti come questo può essere inoltre utile non concentrarsi solo sul “che cosa fare” (scriverle o non scriverle), ma chiedersi “che cosa mi sta accadendo dentro”, “che cosa sto cercando in questa relazione” e “che cosa temo di perdere”. Spostare l’attenzione dal gesto all’ascolto di sé aiuta a ritrovare centratura e chiarezza emotiva.
Può essere un passaggio prezioso per comprendere non solo cosa desidera dall’altro, ma anche di che tipo di relazione, affettiva o amicale, sente davvero bisogno in questa fase della sua vita.
Un percorso di ascolto e sostegno psicologico potrebbe offrirle uno spazio sicuro per esplorare queste emozioni e orientarsi con maggiore serenità.

Un caro saluto,
Dott.ssa Elisa Bruscaglia

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Dott.ssa Teresita Forlano
Psicologo, Sessuologo, Psicoterapeuta
Roma
Buona sera.
Anche se lei pensa e scrive di aver fatto un percorso e di aver raggiunto una sua stabilità, ha ancora dei sospesi con questa ragazza.
Fossi in lei mi chiederei perché sente disagio, cosa rappresenta per volerla evitare. Si sta difendendo da una persona che in qualche modo rappresenta una minaccia? potrebbe affrontarla diversamente, volendo?
Un saluto, dottoressa Teresita Forlano
Dott.ssa MARIELLA BELLOTTO
Psicoterapeuta, Neuropsicologo, Psicologo
Vicenza
Ciao,
ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza. Capisco quanto possa essere difficile ritrovarti nello stesso ambiente con una persona legata a un periodo doloroso. Possiamo lavorare insieme per aiutarti a gestire l’ansia e il disagio che provi, così da affrontare la situazione con più serenità.
Se vuoi, possiamo fissare un primo colloquio per parlarne con calma.
Mariella Bellotto
Dr. Jonathan Santi Pace La Pegna
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Palermo
Gentile Utente, se non ricordo male aveva già postato una domanda simile, relativa probabilmente a un periodo antecedente, quello in cui aveva "scoperto" che eravate stati "assegnati" allo stesso laboratorio e non sapeva come comportarsi o come "interpretare" alcuni comportamenti o alcuni sguardi della sua ex amica. Adesso con qualche elemento in più, da cui mi pare si evinca che la volontà della sua ex amica sia non riprendere al momento un rapporto a qualunque titolo, la questione diventa un po' più chiara.
La Sua riflessione intanto è molto profonda e dimostra un livello di consapevolezza davvero notevole. Si percepisce quanto Lei abbia lavorato su di sé in questi anni e quanto ora si trovi in un momento diverso, più stabile, in cui desidera mantenere serenità e dignità anche nelle situazioni che riattivano emozioni dolorose del passato.
È comprensibile che la presenza di questa ragazza Le susciti disagio, imbarazzo e anche una certa tristezza. Nonostante siano passati due anni e Lei abbia fatto importanti progressi, il corpo e la mente possono ancora reagire come se quella ferita fosse recente, infatti le parti emotive legate alla relazioni passate, potrebbero avere bisogno di ulteriore tempo per “sciogliersi”.
Da ciò che racconta, come ho detto prima, sembra che anche l’altra persona mantenga le distanze e non voglia alcun tipo di contatto, almeno per il momento. È probabile che anche per lei la situazione sia fonte di tensione, non necessariamente per rabbia o rancore, ma per il bisogno di proteggersi. A questo punto, la questione centrale potrebbe essere non tanto “come riavvicinarsi” quanto come gestire emozioni disagevoli intense quando la vede. Il Suo obiettivo potrebbe non essere necessariamente quello di ottenere un gesto di apertura da parte sua, ma di riuscire a restare centrato, rispettoso e sereno anche nel silenzio e nella distanza, come esercizio di autonomia emotiva, molto coerente con il percorso di crescita che ha descritto.
Parlare con la professoressa può essere utile solo se l’interazione con questa ragazza compromette concretamente il Suo lavoro o crea una tensione ingestibile. Se riesce a tollerare gradualmente questa coesistenza, anche solo mantenendo la distanza e il rispetto, l'intervento della professoressa potrebbe non essere necessario. Tuttavia, qualora sentisse che la situazione diventi per lei ingestibile, potrebbe essere più utile parlare con la docente in modo sobrio e professionale, senza entrare nei dettagli personali, semplicemente dicendo che preferirebbe lavorare in autonomia o evitare situazioni che possano creare disagio reciproco.
Spero di esserle stato utile.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Capisco bene quanto questa situazione ti faccia stare male: è normale provare vergogna, imbarazzo e paura dopo una relazione di dipendenza affettiva che si è interrotta male. Hai fatto progressi importanti (laurea, magistrale, teatro, socializzare) e il fatto che veda tutto “annullato” quando incontri lei è doloroso ma comprensibile: la sua distanza attiva un dolore e una paura del giudizio.
Consigli pratici per gestire l’università e il laboratorio


Obiettivo realistico
Punta a una convivenza civile, non a riavere l’amicizia. La priorità è il tuo benessere e la possibilità di lavorare senza ansia.


Routine di incontro neutra


Se la incontri, un saluto molto breve e educato (“Buongiorno”) va bene. Non forzare conversazioni; la neutralità calma sia te che lei.


Se ti senti troppo agitato, puoi semplicemente evitare il contatto visivo e occuparti di qualcosa di pratico (portare materiali, aprire il PC) finché non ti senti stabile.




Frasi pronte (scripts) per usare al bisogno


“Buongiorno.” (breve, professionale)


Se viene avviata una conversazione e non vuoi entrare nel personale: “Preferisco mantenere la conversazione su questioni di lavoro/lezione.”




Gestione dell’ansia sul momento


Tecnica veloce: respira 4 secondi in, trattieni 4, espira 4 (3–4 ripetizioni).


Grounding: nota 5 cose che vedi, 4 che senti, 3 che tocchi — ti riporta al presente.


Rehearsal: prova mentalmente il saluto o la scena prima di entrare in laboratorio: riduce l’imbarazzo.




Strategie pratiche col corpo docente


Puoi parlare con la professoressa in termini professionali: spiegare che preferisci evitare interazioni personali perché ti creano forte disagio e chiedere, se possibile, di essere informato/a se ci sono occasioni che richiedono contatto diretto (es. lavoro di gruppo).


Evita di chiedere alla professoressa di “esanare” o escludere l’altra persona: è meglio chiedere soluzioni che limitino l’imbarazzo e preservino la tua possibilità di studiare (per esempio turni diversi per l’utilizzo di spazi condivisi, o essere informato in anticipo di attività comuni). Mantieni la richiesta breve e orientata al lavoro.




Lavoro su te stesso (a medio termine)


Continua con le attività che ti fanno bene (teatro, studio, socialità).


Lavora sull’autocompassione: ricorda che due anni fa non stavi bene e le azioni fatte allora vanno comprese nel loro contesto.


Evita di cercare conferme continue nello sguardo altrui: concentra l’attenzione su piccoli risultati quotidiani.




Quando/come chiarire con lei (solo se tu lo desideri e sei pronto)


Non è obbligatorio cercare un confronto o un perdono. Se decidi di farlo, fallo solo quando sei stabile e con aspettative realistiche (ad esempio: “vorrei scusarmi per… capisco se non vuoi rispondere”).


Se ti sembra che possa peggiorare la tensione, è meglio non forzare.




Quando rivolgersi a uno specialista
Se l’ansia o il disagio interferiscono col rendimento, con il sonno o con la qualità della vita, vale la pena parlarne con uno psicologo/psicoterapeuta per lavorare su vergogna, autostima, strategie di esposizione e richiami emotivi legati alla dipendenza affettiva.

Per approfondire e costruire un piano concreto e personalizzato, è consigliabile parlarne con uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dott.ssa Jessica Guidi
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista clinico
Lucca
caro/a Utente,
mi hai affidato un frammento prezioso della tua storia, e ti ringrazio per la fiducia con cui lo hai fatto.

Le tue parole custodiscono la fatica di un passato che non smette di bussare — ma anche la forza di chi, passo dopo passo, ha imparato a costruire un proprio equilibrio. È chiaro che il dolore che provi nel rivedere questa persona non nasce tanto dal presente, quanto da un dialogo interiore ancora aperto: non tra te e lei, ma tra te e la parte di te che un tempo ha sofferto accanto a lei.

Nell’approccio interpersonale, ciò che conta non è “cosa è successo” in senso cronologico, ma “cosa accade dentro di noi” nel momento in cui incontriamo l’altro. E ciò che accade a te è un cortocircuito emotivo: la tua mente sa che la relazione è finita, ma il corpo, l’emozione, la memoria relazionale non l’hanno ancora del tutto congedata.
Ogni suo sguardo evitato, ogni gesto di distanza, risveglia la paura di non essere perdonata, di essere ancora giudicata, di non meritare pienamente la serenità che ti sei conquistata.

Ma — e qui ti parlo con la delicatezza che meriti — non è detto che ciò che senti sia un messaggio da decifrare in lei. Potrebbe essere semplicemente il tuo bisogno di chiudere con gentilezza un cerchio che per lei, invece, è stato sigillato nel silenzio. Non si tratta di colpa, ma di tempi emotivi diversi.

Nel tuo racconto c’è anche un grande desiderio di riconoscimento: “Ho fatto tanta strada, mi sono ricostruita — perché non lo vede?”.
È umano.
Ma il riconoscimento più importante non arriverà da lei. Arriverà quando, un giorno, potrai incontrarla e sentire che il tuo respiro resta calmo. Quando il suo silenzio non toccherà più le corde della vergogna, ma solo la quiete di chi ha già detto dentro di sé tutto ciò che aveva bisogno di dire.

Per ora, Jessica, il tuo compito è proteggere il tuo spazio emotivo, non restringerlo.
Evitare un luogo o una persona può sembrare una soluzione, ma rischia di alimentare l’idea che tu debba nasconderti.
Invece puoi allenarti a “stare” — non per affrontarla, ma per restare accanto a te stessa in presenza di ciò che ti fa paura. Anche solo cinque minuti nel laboratorio, magari con il pensiero rivolto al tuo corpo: “Respiro, sono qui, sto al mio posto”.
Questo è già un atto di coraggio e di guarigione.

Se senti che la tensione diventa troppo pesante, parlarne con la professoressa può essere utile solo se lo fai per prenderti cura di te, non per giustificarti o proteggere l’altra. Potresti dire semplicemente:

“Preferirei, quando possibile, lavorare in contesti diversi da alcune persone con cui ho avuto rapporti difficili, perché mi aiuterebbe a concentrarmi meglio sul lavoro”.
È un modo maturo, rispettoso, e fedele alla tua verità.

Ti lascio con una piccola immagine:
immagina che tu e questa ragazza siate due pianeti che un tempo orbitavano vicini, ma le orbite, crescendo, si sono allargate. Ora non serve più cancellare la luce dell’altro per brillare. Basta restare nella propria traiettoria, con la fiducia che il cielo è abbastanza grande per entrambi.
Dott.ssa Elisa Pappacena
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Latina
Salve caro utente
spesso capitano nel lavoro come nella formazione situazioni che ci mettono a disagio, ma non per questo dobbiamo per forza cambiare contesto. La prima cosa che dovremmo provare a fare è gestire la nostra frustrazione, possiamo cambiare noi stessi ed il nostro modo di percepire gli eventi ma non gli altri. Ci lavori sopra. Buon proseguimento
Dott.ssa Rosita Liperoti
Psicologo, Psicoterapeuta
Firenze
Quello che stai vivendo è una situazione molto delicata, perché tocca in modo profondo la tua storia emotiva e riattiva parti di te che hanno già sofferto. Potremmo ipotizzare che la presenza di questa persona riaccende un antico schema interpersonale. È come se ogni suo gesto (un mancato saluto, uno sguardo evitante) riattivasse in te un vissuto doloroso. Il punto non è tanto capire cosa pensi o provi lei, ma riconoscere cosa accade dentro di te quando lei è presente. Quella tensione, quel disagio, quella vergogna non parlano di lei, ma di una parte vulnerabile che teme di essere di nuovo respinta o fraintesa. Quando questa parte prende spazio, potresti sentire il bisogno di evitare, di giustificarti o di dimostrare che sei diverso, ma questi comportamenti rischiano di rinforzare proprio l’idea di te come persona che deve proteggersi o farsi accettare. Il lavoro, allora, consiste nel restare in contatto con quella vulnerabilità senza lasciarti guidare da essa: riconoscerla, darle un nome, ma poi rispondere da un sé più maturo e integrato, che sa di avere diritto a esistere e a occupare il proprio spazio indipendentemente dallo sguardo dell’altro. Non hai bisogno che lei confermi il tuo cambiamento perché il tuo percorso è reale, lo stai vivendo ogni giorno. Quando entri in laboratorio e senti il disagio, prova a dirti che quella emozione appartiene a una parte di te che in passato ha sofferto molto, ma che oggi puoi contenere. Non si tratta di forzarti a essere disinvolto, ma di non permettere che la paura governi le tue scelte. Ogni volta che resti fedele al tuo percorso senza evitare, stai dando a quella parte di te la prova che può fidarsi di nuovo: non devi riparare nulla, ma solo permettere a te stesso di esserci, con dignità, nel presente che hai costruito.
Buongiorno,
la ringrazio per aver condiviso con tanta onestà e dettaglio la sua situazione. Capisco quanto possa essere difficile gestire un contesto come quello che descrive, dove un'amicizia passata, caratterizzata da tossicità e dipendenza affettiva, continua a influenzare il presente attraverso incontri inevitabili in ambito universitario e professionale. È normale provare emozioni intense come paura, disagio, vergogna e imbarazzo in queste circostanze, soprattutto quando si percepisce l'altro come uno "specchio" che riflette giudizi o condanne per eventi passati.
Dal punto di vista della psicoterapia cognitivo-comportamentale ad orientamento causale, è importante esplorare non solo i sintomi superficiali (come l'evitamento reciproco), ma anche le cause profonde che hanno originato e mantenuto questa dinamica, per promuovere un cambiamento duraturo.
La dipendenza affettiva che ha descritto spesso deriva da Interessi Prioritari profondi, criteri normativi ed operativi, che possono portare ad interpretazioni distorte del comportamento altrui (ad esempio, assumere che l'evitamento dell'ex amica sia una "condanna" eterna per i suoi errori passati). Queste interpretazioni cognitive – come la "lettura del pensiero" (pensare di sapere esattamente cosa pensa l'altra persona) o il catastrofizzare (immaginare scenari negativi estremi, come il timore che lei pensi che lei vada in laboratorio "apposta" per vederla) – alimentano un ciclo di emozioni negative e comportamenti di evitamento, che a loro volta rafforzano il disagio. Analogamente, ricerche sul ruolo della regolazione emotiva cognitiva nelle relazioni amicali, come quella di Gross e Thompson (2022, aggiornata in contesti recenti), indicano che strategie adattive possono aiutare a mantenere confini sani senza ruminare sul passato.
Per gestire questa situazione in modo efficace, le propongo alcune strategie pratiche, che spero possano, seppur parzialmente, rispondere alle sue domande. L'obiettivo è lavorare sulle cause (ad esempio, le convinzioni profonde su se stessi e sulle relazioni) per modificare pensieri, emozioni e comportamenti:

Identificazione e ristrutturazione cognitiva: Inizi a monitorare i pensieri automatici che emergono quando la vede (es. "Mi odia e non mi perdonerà mai"). Chieda a se stesso: "Quali evidenze ho per questo pensiero? Quali alternative ci sono?" (ad esempio, il suo evitamento potrebbe essere una strategia di auto-protezione, non necessariamente un giudizio su di lei). Questo aiuta a ridurre la ruminazione e a vedere la situazione in modo più oggettivo. Uno studio recente di Hickin et al. (2023) conferma l'efficacia di queste tecniche nel ridurre la solitudine e l'ansia relazionale, anche in contesti amicali.

Esposizione graduale e gestione dell'evitamento: Poiché non può cambiare percorso universitario, affronti le situazioni in modo progressivo. Inizi con piccoli passi, come entrare in laboratorio per brevi periodi senza forzare interazioni, focalizzandosi sul suo obiettivo professionale (es. chiedere aiuto alla professoressa). Cerchi di non evitare completamente, poiché questo rafforza l'ansia a lungo termine. Ricerche aggiornate, come quelle di Clark et al. (2023) sui progressi nel trattamento dell'ansia sociale, mostrano che l'integrazione di esposizione in CBT è particolarmente efficace in ambienti professionali, riducendo l'evitamento e migliorando la funzionalità quotidiana. In parallelo, pratichi tecniche di rilassamento, come la respirazione diaframmatica (inspiri per 4 secondi, trattenga per 4, espiri per 4), prima di entrare in questi spazi, per gestire il disagio fisico.

Focus sul presente e sui suoi progressi: È encomiabile che abbia raggiunto stabilità, laureandosi, proseguendo gli studi e socializzando (ad esempio con il corso di teatro). Usi questi successi come ancoraggio: ricordi che il suo percorso è per se stesso, non per ottenere approvazione dall'ex amica. Affrontare le radici della dipendenza (es. bisogni di validazione esterni) aiuta a spostare l'attenzione interna, riducendo il peso percepito del suo "specchio".
Un articolo del 2025 su strategie per l'ansia sociale sul lavoro suggerisce di praticare mindfulness per osservare le emozioni senza giudicarle, evitando così che diventino "pesanti".

Riguardo alla possibilità di parlare con la professoressa: sì, può essere una scelta appropriata e professionale, purché lo faccia in modo personale, discreto e focalizzato sui suoi bisogni accademici, come ben ipotizzava nella sua richiesta, come: "Per motivi personali, preferirei limitare interazioni con certe persone nel laboratorio; potremmo trovare alternative per il mio supporto?" Questo non implica rivelare dettagli privati e aiuta a prevenire situazioni imbarazzanti, come gli inviti passati.

Eviti di coinvolgere l'ex amica direttamente, rispettando i suoi confini evidenti. Forzare un saluto o una chiacchierata potrebbe riattivare dinamiche tossiche.

Sono a disposizione per ulteriori chiarimenti. Cordiali saluti.

Dr.ssa Giovanna Pasquarelli
Dott.ssa Tiziana Vecchiarini
Psicologo, Psicoterapeuta
Pozzuoli
Grazie per aver condiviso questa situazione così intensa e delicata.
Dalle tue parole emerge quanto tu abbia lavorato su di te in questi due anni: hai ripreso il tuo percorso di studi, ti stai aprendo a nuove relazioni, stai coltivando interessi e attività che ti fanno crescere. Questo è un dato molto importante, e reale. Il tuo cambiamento c’è, anche se a volte fa fatica ad emergere quando ti trovi di fronte a quella “vecchia versione di te” che questa persona rappresenta.

Che cosa sta accadendo adesso

Quando parli dell’altro, in realtà stai parlando in parte anche di te.
Il disagio che senti non è solo verso il suo comportamento, ma verso ciò che lei ti ricorda di te stesso in quel periodo: la dipendenza affettiva, la sofferenza, il senso di colpa.

Per questo la sua presenza ti “specchia” e ti fa risentire quel dolore, come se tu dovessi ancora essere perdonato — da lei, ma soprattutto da te.

È importante però riconoscere alcune cose:
• Non puoi sapere cosa lei pensa. Il suo evitare potrebbe essere:
• imbarazzo,
• difficoltà emotiva,
• desiderio di mantenere i confini,
• oppure niente di tutto questo.
Non abbiamo accesso alla sua interiorità, e costruire ipotesi aumenta solo l’ansia.
• La tua sofferenza attuale non significa che il tuo lavoro su di te sia annullato.
È solo un vecchio dolore che si riattiva in un contesto particolare. Ci sta.
• Il fatto che lei non ti saluti non definisce il tuo valore, né la tua crescita.
La tua identità non dipende da come lei ti guarda o non ti guarda.



Che cosa puoi fare adesso (concretezza)
1. Accetta che ora ci sia distanza.
Non serve forzare un saluto o un chiarimento.
A volte la forma più sana di conclusione è accettare che non ci sarà un confronto.
2. Mantieni la tua posizione nel laboratorio e nei luoghi di studio.
Non devi rinunciare ai tuoi spazi.
Il tuo percorso merita continuità.
3. Se il disagio diventa ingestibile, puoi parlarne con la professoressa,
ma non come “evitamento” dell’altra persona, bensì dicendo:

“Per ragioni personali preferisco lavorare in modo autonomo, quando possibile”.
Senza entrare nei dettagli, senza accusare, senza giustificarti.

4. Lavora sul senso di colpa.
Perché è quello che ti fa più male.
Non il suo comportamento, ma la tua interpretazione di esso.
5. Continua il percorso di crescita già iniziato.
Ha già portato frutti reali, e tu lo sai.



Un passaggio chiave

Tu dici: “Ma più di questo che altro devo fare?”

In realtà non devi “fare” altro.
Devi concederti il permesso di stare in questa situazione senza risolverla immediatamente.
Il disagio diminuirà non perché l’altra persona cambierà, ma perché tu diventerai sempre più sicuro del tuo presente.



In sintesi
• Stai facendo molto.
• Hai diritto a occupare gli stessi spazi.
• Non sei obbligato a ricostruire un rapporto.
• Il dolore che provi è un eco del passato, non il presente.
• Il tuo valore non dipende da uno sguardo mancato.

Con il tempo, questa situazione diventerà solo una parte della tua storia — non il centro.

Spero di esserti stata utile
Con Cordialità
Dott. Tiziana Vecchiarini
Dott.ssa Eleonora Errante
Psicoterapeuta, Psicologo, Terapeuta
San matteo della Decima
Buonasera, io mi occupo di dipendenza affettiva e di relazioni disfunzionali. Penso che indagare all'origine di questo suo malessere la potrebbe aiutare a capire il suo funzionamento. Se una persona ci fa sentire in un certo modo dobbiamo capire quale ferita antica va a toccare (famiglia d'origine)
Sono formata con la dott.ssa Canovi conosce? Dottoressa con lunga esperienza di studi sulle relazioni.
A disposizione
In bocca al lupo!
Dott.ssa Maria Elisabetta Piga
Psicoterapeuta, Psicologo
Massarosa
Buongiorno! Svincolarsi da una dipendenza emotiva è un percorso complesso, lungo, impegnativo, spesso tortuoso e che può richiedere un supporto psicoterapeutico per giungere a buon fine. Immagino che affrontarlo, in questi due anni, sia stato per lei faticoso e credo possa essere fiero/a dei risultati che ha raggiunto in termini di stabilità e maggiore socialità. Dal suo racconto, tuttavia, sembra che la sua attenzione sia ancora grandemente centrata su questa persona (è arrabbiata? mi odia? non mi ha perdonato? cosa vuole dirmi coi suoi comportamenti) e ciò potrebbe essere un campanello d'allarme riguardo il fatto che il suo percorso non sia ancora del tutto concluso e che, pertanto, riprendere i contatti potrebbe rischiare di invalidare i progressi che ha ottenuto. Esporre le sue difficoltà alla professoressa, cercando, se possibile, di trovare delle soluzioni che le permettano di gestire meglio la situazione è di certo un'opzione, così come pure rivolgersi - se non l'ha già fatto - ad un/a psicologo/a professionista che possa esserle di supporto per affrontare con maggiore serenità questa situazione e il suo cammino in generale. Le auguro il meglio! Un caro saluto
Dott.ssa Lorena Menoncello
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente, per gestire la situazione è importante che lei chiarisca a se stesso
l'atteggiamento nei confronti della ragazza in questione. Parla di dipendenza affettiva e di relazione tossica risalente a due anni fa, ma sembra che alcuni aspetti di ciò permangano nel suo atteggiamento: lei sembra avere bisogno del riconoscimento e dell'approvazione dell'altra, espresso dalla frase " Più di questo che altro devo fare".
Inoltre, le fa male sentire che la ragazza la condanna per quello che è stato nel passato; sembra che lei voglia far cambiare opinione alla ragazza, sembra che lei non riesca ad accettare che non può controllare l'opinione dell'altro. Sono aspetti importanti che potrebbero determinare un disagio profondo, come se lei si sentisse in gabbia, per il fatto di non poter cambiare le cose.
Il primo passo è accettarle, come non dipendenti da lei.
Il secondo passo è di non evitare la situazione di co-presenza, ma di rivolgere la parola alla sua ex amica, in modo pragmatico, senza aspettarsi niente e senza dare particolare significato ai suoi atteggiamenti.
Naturalmente questi consigli potrebbero necessitare di un suo lavoro interiore per riflettere sulle problematiche emerse nella sua lettera. Si rivolga ad un professionista con cui chiarire le sue difficoltà e le sue frustrazioni. Potrebbero essere utili anche per relazioni future.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti
Cordiali saluti
Dott.ssa Lorena Menoncello
Dr. Annalisa De Filippo
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Sesto San Giovanni
Gentilissimo,

capisco la difficoltà emotiva della situazione accennata. Non conosco i vostri trascorsi ma posso ipotizzare dinamiche non sane a cui avete messo fine allontanandovi. Un riavvicinamento ha senso solo se vi sentite in grado di non ricadere nelle vecchie dinamiche: il dialogo lo strumento, un rapporto civile tra colleghi potrebbe essere l'obiettivo. In ogni caso, porti avanti il suo percorso di socializzazione che credo le sia utile a prescindere dal rapporto con questa ragazza. Un saluto.
Dr.ssa Annalisa De Filippo, Psicologa Psicoterapeuta
Dott.ssa Valeria Randisi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Casalecchio di Reno
Buonasera, io le suggerisco un supporto psicologico per fare chiarezza su ciò che questa ragazza le suscita. Vergogna, imbarazzo... sono sentimenti forti e intrusivi e il problema non è la ragazza in sé ma come alcune caratteristiche di quest'ultima possano provocarle tutto ciò. La invito a ricercare un supporto.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Dott.ssa Cinzia Pirrotta
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Bruino
Gentile utente,
capita che anche dopo tanto tempo e tanto lavoro su di sé, incontrare una persona che ha fatto parte del nostro passato riapra emozioni che pensavamo superate. Non significa che siamo tornati indietro, ma che quella parte di storia ha ancora qualcosa da dirci.

Il disagio che descrive parla del bisogno di sentirsi riconosciuto per il percorso che ha fatto — e del dolore che nasce quando questo riconoscimento non arriva.

In questi momenti può essere utile spostare lo sguardo dall’altro a sé: non chiedersi “perché lei si comporta così?”, ma “come posso restare in equilibrio anche davanti a questo silenzio?”.

Ogni incontro difficile può diventare un’occasione per rafforzare la propria stabilità interiore. Se sente che la tensione persiste, uno spazio terapeutico può aiutarla a trasformare questa esperienza in una tappa ulteriore del suo cammino di crescita.
Un caro saluto,
Dott.ssa Cinzia Pirrotta
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Salve,

non è chiaro cosa possa esser successo con questa persona al punto da tale da esser arrivati ad evitarvi. Ad ogni modo, potrebbe pensare alla possibilità di confrontarsi con questa ex amica facendole presente che la convivenza all'interno della medesima università vada portata avanti come tale, specificando di non poter continuare a vivere evitandola o comunque provando situazioni di disagio e di imbarazzo. Un confronto e una definizione di ciò che vorrebbe potrebbe aprire alla strada di un nuovo "patto" che preveda una convivenza più agevole per entrambi da qui sino alla laurea, infondo ne vale della vostra libertà.

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Dott.ssa Caterina Serra
Psicologo, Psicoterapeuta
Firenze
Gentilissimo,
non siamo responsabili delle azioni, dei comportamenti e delle emozioni altrui se (come mi pare di capire) lei, al momento, ha la coscienza a posto. Continui il suo percorso con la consapevolezza che, se in passato ha sbagliato, adesso vuole solo proseguire senza disturbare chi oppone un rifiuto nei suoi confronti. Cercherei anche di non evitare alcune situazione sociali (se incontrarla è tanto disagevole per la sua collega sarà eventualmente lei a ridurre, per quanto possibile, questi incontri).
Saluti!
Dott.ssa Selena Antonello
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
San Martino di Lupari
Ti ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità e profondità ciò che stai vivendo. Si percepisce chiaramente quanta fatica e quanta sensibilità ci siano dietro le tue parole. Affrontare quotidianamente una situazione che riattiva emozioni del passato non è semplice, soprattutto quando si intrecciano sentimenti di vergogna, paura, imbarazzo e il desiderio di essere visti per ciò che si è oggi, non per ciò che si è stati.

È comprensibile che la presenza di questa persona riaccenda dentro di te vecchie ferite e sensazioni di rifiuto, anche se sei consapevole dei progressi importanti che hai fatto e del cammino che stai portando avanti. A volte, anche dopo un percorso di crescita, il contatto (anche solo visivo) con chi ha avuto un ruolo significativo nel nostro passato può diventare uno specchio che ci rimanda parti di noi che ancora fanno male — non perché non siamo cambiati, ma perché quella storia ha lasciato un segno profondo.

Ti sei già dato molte risposte sagge: non vuoi riaprire il passato, ma solo mantenere una relazione civile, nel rispetto reciproco. È una posizione matura. Tuttavia, come giustamente intuisci, non possiamo controllare le reazioni dell’altra persona, né pretendere che elabori i vissuti allo stesso ritmo o nello stesso modo in cui lo hai fatto tu.

Forse, in questo momento, il passo più gentile che puoi fare verso te stesso è accettare che il disagio possa esserci — e che non è la prova di un tuo fallimento, ma la naturale conseguenza di una ferita che si riattiva in un contesto particolare. Cercare di proteggerti scegliendo di limitare i contatti o chiedendo alla professoressa di evitare interazioni dirette non è segno di debolezza, ma di cura verso di te, in questo particolare momento della tua crescita. L’importante è che questa scelta non nasca da paura o fuga, ma dal desiderio di mantenere un equilibrio emotivo che ti permetta di continuare il tuo percorso con serenità.

Ti invito a riconoscere quanto stai già facendo per prenderti cura di te: stai studiando, lavorando, coltivando interessi, socializzando. Questo mostra che stai investendo nel tuo presente, e non nel passato.

Forse, con il tempo, potrai arrivare a uno sguardo più neutro verso questa persona, e verso di te, non per cancellare ciò che è stato, ma per liberarti dal peso che ancora ti suscita

Dott.ssa Selena Antonello
Gentile paziente
Sinceramente credo che dietro questo suo accanimento nel voler risolvere con questa ragazza si nasconda ancora una dipendenza affettiva vera e propria
Che andrebbe affrontata in terapia.. Perché molto legata ai suoi legami affettivi infantili ( figure genitoriali)
Suo malgrado dovrà imparare a distaccarsi da chi palesemente sembra non volerne
Si faccia aiutare
In bocca al lupo
Dott.ssaLorenzini Maria santa psicoterapeuta

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