Buongiorno sono una ragazza di 23 anni che sta con un coetaneo, scrivo per chiedere un parere sulla

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Buongiorno sono una ragazza di 23 anni che sta con un coetaneo, scrivo per chiedere un parere sulla mia situazione. Di recente è capitato di litigare col mio ragazzo per un motivo futile, che si è poi ingigantito portando la discussione a una situazione irreparabile. Tutto è partito da qualche giorno prima di pasqua, quando il mio ragazzo mi invita a passare Pasquetta in montagna da (e con) i suoi, evento al quale ci sarebbero stati anche i suoi amici del liceo/università. Io avevo in programma un esame per il mercoledì dopo Pasquetta,al che avviso per tempo che non ci sarei stata dovendo studiare, e ho ribadito per tutta la settimana prima di pasqua che non avrei cambiato idea. Scopro poi a Pasqua di non poter dare quell'esame in quanto non mi ero iscritta in tempo per un errore sciocco di distrazione, al che , titubante (ho sempre paura di sbagliare essendo vissuta in una famiglia in cui non potevo mai fare nulla senza essere rimproverata), aspetto che mi richieda se voglio venire (mi vergognavo all'idea di dirgli io che sarei potuta venire alla fine perché avevo paura di essere giudicata in quanto è solito dirmi che io mi invento scuse o menta, quando io ho solo paura di chiedere). Il punto è che ciò è avvenuto, me lo ha richiesto, ma con un tempismo pessimo perché lo ha fatto nello stesso istante in cui io gli stavo dicendo, triste e abbattuta, che per una mia dimenticanza sciocca mi sono giocata l'esame. Lui invece che ascoltare ed empatizzare, mi chiede effettivamente se ci sarò a Pasquetta, ma non tanto per reale interesse, quanto più per confermare a un suo amico la mia presenza o meno in modo da ordinare la torta in pasticceria per tot persone (che differenza fra 7 o 8 persone e quale immensa urgenza di chiedere...). Faccio notare al mio ragazzo che vorrei mi ascoltasse e mi dà dell'infantile perché non sono in grado di mettere da parte le mie cose quando necessario e rispondere a cose urgenti quando è il momento. Mi sento piccola e stupida, ma avrei solo voluto un po' di ascolto e conforto. Speravo che capisse che 7 o 8 persone, la torta più o meno quella era e che l'amico non avrebbe dovuto fare quella domanda. Sono stata accusata di essere egocentrica e infantile di nuovo. A cena sono da lui e il padre, con cui vado molto d'accordo e siamo sulla stessa lunghezza d'onda (la madre invece difende a spada tratta il figlio, qualsiasi cosa dica o faccia), mi chiede se sarò presente a Pasquetta o se è sempre un no. Improvvisamente scoppio a piangere a tavola, presa da un senso di inadeguatezza, e mi rimbombano le parole del mio ragazzo "non ci sei solo tu e le tue questioni, se ti chiedo una cosa rispondimi, che devo dirla al mio amico che si deve organizzare in base al fatto che tu ci sia o meno". Mentre piango il mio ragazzo sbotta, inizia a urlare a me davanti ai genitori dicendo che "è tutta la settimana che mi stressi, mi stai rompendo le balle, sembri una bambina che non sa mettere da parte un attimo le proprie questioni per dare una risposta su una cosa urgente che le si chiede, vedi di crescere ". Ho vissuto malissimo quella giornata per la questione dell'iscrizione all'esame, per la fretta che mi è stata messa nel dare una risposta a una cosa così sciocca come dire al suo amico di fare la torta contando anche me, per poi sentirmi dire che stresso, rompo le *, e dovrei crescere. Sono dovuta uscire di casa sua per prendere una boccata d'aria colta da un attacco di panico, e sono stata raggiunta dalla madre che ha continuato a giustificare il figlio dicendo "è fatto così, è così da quando è piccolo, ha sto caratteraccio", e dicendo a me che se me la prendo così avrò "grossi problemi nella vita". Mi sono sentita quasi come se dovessi ringraziare il figlio che mi urla contro perché è una sorta di "palestra di allenamento a quella che è la giungla della vita". Ma è davvero così? Io sento di essere stata umiliata, giudicata e trattata a pesci in faccia. Non so come fare, non so se effettivamente sono io quella fragile che si offende, o se dovrei fare tesoro degli atteggiamenti del mio ragazzo per prendere provvedimenti e allontanarmene. Non è la prima volta che alza la voce, e non so come gestire la situazione. Non mi sento ascoltata nè compresa, ma non vorrei aver ingigantito io tutto.
Dott. Tiziano Costanzo
Psicologo, Sessuologo, Psicologo clinico
Roma
Ciao,
ti ringrazio per aver condiviso con tanta lucidità e coraggio ciò che hai vissuto. Il modo in cui hai descritto la tua esperienza ci permette di cogliere chiaramente un quadro fatto di frustrazione, incomprensione e profonda solitudine emotiva, in un contesto che – per come si presenta – non sembra offrire uno spazio di accoglienza e riconoscimento autentico dei tuoi bisogni.

È importante partire da un punto: no, non stai esagerando, e no, non sei tu quella “troppo fragile”. Il tuo sentire ha valore, ha peso, ha una storia che merita rispetto. La reazione che hai avuto – fino ad arrivare a un attacco di panico – non è segno di debolezza, ma una risposta coerente a una situazione in cui sei stata invalidata, messa da parte e poi colpevolizzata per il tuo stesso bisogno di essere ascoltata.

Le parole del tuo ragazzo – così come le modalità con cui ha gestito l’interazione – sono fortemente svalutanti. L’aver ignorato un tuo momento di fragilità per insistere su un dettaglio logistico (la torta, il numero di persone...) non è semplicemente “scarsa empatia”: è una forma di egocentrismo relazionale, dove le tue emozioni vengono sminuite perché percepite come fastidiose, quasi “intralcianti”. La successiva escalation, culminata nell’umiliazione pubblica, aggrava ulteriormente la dinamica, mostrando una tendenza a esercitare un controllo non solo verbale ma anche emotivo, rendendoti responsabile di qualcosa che in realtà non dipende affatto da te.

Inoltre l’atteggiamento della madre del tuo ragazzo – che giustifica l’aggressività del figlio e la propone come “allenamento alla vita” – rappresenta una pericolosa normalizzazione della violenza psicologica. Chi ci vuole bene non ci allena alla sopportazione della sofferenza ma ci accompagna nell’elaborazione di ciò che proviamo, senza farci sentire sbagliati.

Il punto centrale è che non puoi e non devi chiedere a te stessa di diventare più forte per sopportare un contesto che ti fa sentire piccola, sbagliata, inadeguata. La vera forza in questi casi sta nel riconoscere ciò che non ti fa bene e proteggerti. Non esiste alcun amore che giustifichi l’umiliazione. Non esiste alcuna relazione sana in cui uno dei due deve continuamente dimostrare di valere abbastanza per essere ascoltato.

È legittimo dubitare, è legittimo sperare in un cambiamento, ma la tua salute mentale, il tuo diritto a sentirti accolta, rispettata, ascoltata e protetta, vengono prima di ogni altra cosa.
Ti invito a riflettere profondamente su quanto tu stia investendo emotivamente in questa relazione e su cosa – in concreto – stai ricevendo in cambio. Siamo davanti a un modello relazionale che non è centrato sulla coppia ma sulla gestione unilaterale del potere, in cui le tue emozioni non trovano spazio.

Allontanarti da tutto questo non sarebbe una fuga ma un atto di cura verso te stessa. Un primo passo per imparare che l'amore - quello vero - non si impone, non si urla, non giudica bensì ASCOLTA.

Resto a disposizione se desideri approfondire o comprendere meglio.
Un saluto.

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Grazie per aver condiviso il racconto di un’esperienza così delicata. Dalle tue parole emerge un forte bisogno di essere ascoltata e accolta, soprattutto quando ti senti vulnerabile.
Il tuo disagio per l’esame saltato e la difficoltà nel comunicare i tuoi cambiamenti di piani sono comprensibili, soprattutto se sei cresciuta in un contesto dove l’errore veniva rimproverato. Non è debolezza, ma una reazione umana legata alla tua storia.
Nella situazione che descrivi, può darsi che il tuo ragazzo e sua madre non abbiano colto il tuo stato emotivo, forse perché tendono a dare più importanza alla funzionalità (le risposte pratiche, le “urgenze” organizzative) che alla comunicazione affettiva e all’ascolto. Pensi che si potrebbe parlare con lui di queste differenze?
Il fatto che tu ti sia sentita respinta nella tua difficoltà ha generato in te sentimenti di frustrazione e tristezza, ed è comprensibile che tu sia scoppiata a piangere. E’ comprensibile anche che tu abbia avuto bisogno di uscire di casa per respirare, dato che il contesto in cui eri non ti ha fatto sentire al sicuro.
Ti propongo qualche riflessione che può esserti utile per andare un po’ più a fondo: è frequente che il tuo ragazzo sminuisca o rimproveri i tuoi bisogni o si è trattata di un’incomprensione insolita? Quali sono i motivi per cui alza la voce? Quando lo fa, avviene nel contesto di un litigio alla pari, in cui ciascuno di voi ha diritto di parola, oppure si tratta di un esercizio di potere? Hai spazio per esprimerti nella relazione con lui? Quando ti esprimi, provi spesso la paura che hai descritto? Si tratta di una paura che senti solo nei suoi confronti o in generale quando temi di sbagliare? Il tuo ragazzo, invece, si è sentito visto in questa situazione? Quali erano i suoi bisogni?
Credo sia fondamentale che tu possa trovare lo spazio per capire, anche eventualmente con un aiuto esterno, se in questa relazione ti senti vista e rispettata, e se siete disposti entrambi (non solo tu!) a riflettere sui vostri approcci diversi alle cose, in modo da sapervi ascoltare meglio reciprocamente. Forse può esserti utile anche approfondire le dinamiche familiari che ti hanno portato a temere di sbagliare, in modo da poterle osservare con più consapevolezza ed eventualmente affrancartene.
La cosa importante è come ti senti tu e come percepisci quello che ti arriva da parte dell'altra persona. Non è facile sentirsi incompresi, soprattutto quando si tratta di persone che amiamo e quindi dovrebbero avere un certo senso di empatia. Lui mette in discussione il suo comportamento come fai tu?
Grazie per aver condiviso questa esperienza così delicata e intensa. Da psicologa, vorrei innanzitutto dirti che **quello che stai provando è legittimo**. Non stai "esagerando", né sei "infantile" o "fragile" solo perché senti il bisogno di essere ascoltata, capita e trattata con rispetto, soprattutto nei momenti in cui ti senti vulnerabile.
Ecco alcuni spunti di riflessione che possono aiutarti a fare chiarezza:
1. Il bisogno di essere ascoltata non è debolezza
Quando una persona che amiamo ci parla di un errore che ha commesso, e lo fa già con tristezza e senso di colpa, il primo bisogno è **ascolto ed empatia**, non efficienza né fretta. Il fatto che il tuo ragazzo non sia stato in grado di mettersi nei tuoi panni, e anzi abbia preteso da te una risposta immediata per qualcosa di secondario, dimostra **una carenza di sensibilità relazionale**, non una tua colpa.
2. Il disprezzo e l’umiliazione non sono mai accettabili
Frasi come:
- *"Mi stai rompendo le balle"*
- *"Sembri una bambina"*
- *"Vedi di crescere"*

…sono **segni di una comunicazione violenta**. Non stiamo parlando di una normale discussione tra due persone che si vogliono bene e faticano a capirsi. Stiamo parlando di **mancanza di rispetto** e **svalutazione della tua persona**.
E quando il disprezzo è presente in una relazione, può diventare **corrosivo e pericoloso per la tua autostima**.
3. Il tuo passato familiare ti influenza, ma non ti condanna
Hai raccontato di essere cresciuta in una famiglia in cui avevi paura di sbagliare e venivi rimproverata facilmente. Questo può spiegare perché **oggi fatichi a chiedere, ad affermarti, e temi di essere giudicata o attaccata**. Ma questo non è un tuo "difetto": è una ferita che si può guarire, con tempo e cura.
E proprio per questo, **una relazione sana dovrebbe aiutarti a guarire, non a riaprire continuamente quella ferita**.
4. Non è tuo compito "allenarti" a tollerare la violenza emotiva
La madre del tuo ragazzo ti ha detto che se ti "offendi" così avrai problemi nella vita, e che dovresti quasi ringraziare suo figlio per questo "allenamento".
Questo tipo di discorso è **tossico**.
"La vita non è una palestra di sopportazione". Non serve “abituarsi” a essere trattati male per diventare forti. Al contrario, **la vera forza sta nel riconoscere quando un ambiente relazionale non ci fa bene e nel tutelarsi**.
5. Cosa ti meriti davvero
Tu meriti:
- Di essere ascoltata quando sei triste
- Di non sentirti giudicata per i tuoi errori
- Di poter parlare senza paura di urla o umiliazioni
- Di avere accanto una persona che sappia mettere da parte l’orgoglio per prendersi cura anche del tuo stato d’animo
Cosa fare adesso?
Non posso dirti cosa è giusto fare, ma posso dirti questo: **se più volte ti sei sentita umiliata, se non ti senti libera di esprimerti, se il tuo bisogno di affetto viene regolarmente ridicolizzato, allora c'è qualcosa che non funziona**.
Potresti iniziare a:
- Parlare con uno psicologo, anche solo per uno spazio tuo in cui mettere ordine alle emozioni.
- Valutare quanto questo rapporto ti nutre e quanto invece ti svuota.
- Chiederti: *“Se una mia amica mi raccontasse questa stessa storia, cosa le direi?”*
Ti abbraccio virtualmente,
Dott.ssa Gabriella Ciampi
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta
Roma
Salve. Non è facile darle delle indicazioni sulla base soltanto di questo avvenimento, certo è che lei sembra portare con sè un vissuto di svalutazione e carenza di attenzione e ascolto. Quello che intuisco è da una parte la sua insicurezza (dovuta alla paura di sbagliare, di essere giudicata, dall'altra una mancanza di assertività che la porta a non essere compresa nei suoi bisogni e desideri. Purtroppo gli altri non sono sempre ben disposti verso di noi e spesso non vogliono impegnarsi per comprendere o empatizzare, non si può contare su questa disponibilità altrui... Non credo che lei stia ingigantendo, le cose, lei sta soltanto ascoltando le sue emozioni e queste vanno prese sul serio per capire se lei ha una relazione che funziona (dove si sente libera di esprimersi e di chiedere) e se vale la pena continuarla. Fare alcuni colloqui (anche online) può aiutarla a chiarirsi le idee. Buona vita.
Dott.ssa Nicoleta Baetu
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile Utente,
Stando al suo racconto, negli ultimi giorni lei ha vissuto momenti di grande tensione che sicuramente non dovevano affatto caratterizzare un giorno di festa come la Pasquetta.
Sembra molto focalizzata sulla dimensione del giusto o sbagliato quando lei stessa dichiara "Mi sento piccola e stupida" oppure "...presa da un senso di inadeguatezza"...
Subito dopo aver letto la sua storia mi è passato per la mente un vecchio proverbio che recita SE SON ROSE FIORIRANNO, SE SON SPINE PUNGERANNO. La invito a riflettere su queste sagge parole, non esiste il giusto o lo sbagliato, esistono le persone, ognuna con le proprie esigenze, lei con le sue, gli altri con le loro.
Le ricordo che è lei stessa a dichiarare di essersi sentita “umiliata, giudicata e trattata a pesci in faccia”, accolga il suo sentire e non cerchi di giustificare un comportamento che l’ha ferita, a prescindere dalla situazione effettiva.
Se ha voglia, può cercare di chiarire la situazione con il suo ragazzo oppure no, sta a lei.
ciò che conta veramente è che lei abbia chiaro nella mente che la persona più importante e che merita il massimo rispetto è LEI.
La saluto!
Dottoressa N.Baetu

Dott.ssa Marika Fiengo
Psicologo, Sessuologo, Psicologo clinico
Milano
Salve, grazie per aver condiviso in modo così sincero e profondo ciò che sta vivendo. Quello che racconta è un episodio che, pur partendo da un’apparente banalità, ha toccato corde molto più profonde del semplice “organizzare una giornata con amici”. Ha vissuto emozioni intense e complesse - tristezza, frustrazione, senso di inadeguatezza, paura di sbagliare, bisogno di essere ascoltata - e mi sembra importante che lei sia riuscita a riconoscerle e a dare loro voce.
Nelle relazioni, soprattutto quelle significative, è fondamentale imparare a comunicare i propri bisogni e a sentirsi accolti nei propri vissuti emotivi. Questo vale per entrambi i partner. La sua richiesta di essere ascoltata e capita nel momento in cui si è sentita abbattuta per l’esame non è da persona “infantile” o “egocentrica” come le è stato detto, ma legittima e umana. La relazione affettiva dovrebbe essere un luogo sicuro, in cui ci si può mostrare vulnerabili senza temere il giudizio o l’attacco.

Il fatto che lei faccia fatica a esprimere apertamente ciò che prova per paura di essere giudicata o sminuita, è un aspetto importante che merita attenzione. La storia familiare a cui accenna, in cui si sentiva costantemente rimproverata, può aver influito sul suo modo di percepire sé stessa e i suoi bisogni. Approfondire questi aspetti in un percorso psicologico potrebbe aiutarla a capire da dove originano queste difficoltà e, soprattutto, come trasformarle in risorse.

In merito al comportamento del suo ragazzo, è legittimo e sano chiedersi se la fa stare bene. Alzare la voce, sminuire, accusare di essere infantile, etichettare come “esagerazioni” le emozioni dell’altro, sono atteggiamenti che, se ripetuti, possono creare un clima relazionale poco sano e in cui sentirsi poco liberi di essere sé stessi. Normalità è, invece, non sentirsi umiliata o trattata con aggressività. L’amore e il rispetto non dovrebbero mai essere in conflitto tra loro.

Le parole della madre del suo ragazzo, per quanto forse benintenzionate, rischiano di rinforzare un’idea pericolosa: che lei debba “adattarsi” agli scatti d’ira del suo ragazzo e accettare passivamente la situazione, come se fosse una forma di allenamento alla vita. Ma la vita non è una giungla dove bisogna sopravvivere a chi ci ferisce. La vita può e deve essere anche un luogo in cui si costruiscono legami sani, in cui sentirsi al sicuro, visti e rispettati.

Forse in questo momento può essere utile chiedersi: "Come mi sento, davvero, in questa relazione? Mi sento libera di esprimermi? Mi sento valorizzata o giudicata? Le mie fragilità vengono accolte o attaccate?"

Le consiglio caldamente, se non lo sta già facendo, di intraprendere un percorso di supporto psicologico, per avere uno spazio sicuro in cui esplorare questi vissuti e rafforzare la sua capacità di proteggersi, scegliere e affermare ciò che merita: rispetto, ascolto, presenza.

Per qualsiasi approfondimento, resto a sua disposizione.
Dott.ssa Marika Fiengo.
Dott.ssa Monica Cecconi
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Lido di Camaiore
Prima di tutto, sei una persona che merita rispetto
Quello che senti è legittimo Il senso di umiliazione, la confusione, la paura di “aver ingigantito tutto”: sono reazioni comprensibili quando chi ami minimizza il tuo dolore, alza la voce e ti svaluta pubblicamente. Non stai “esagerando”; stai semplicemente ascoltando un campanello d’allarme interno molto prezioso.
Che cosa è successo, in termini psicologici
• Mancanza di empatia e ascolto attivo: mentre parlavi del tuo esame, il tuo ragazzo era focalizzato su un bisogno logistico triviale. Non ha colto il tuo stato emotivo.
• Comunicazione svalutante: frasi come “smettila di stressarmi”, “sei infantile”, “vedi di crescere” non sono feedback costruttivi; sono etichette che colpiscono la tua autostima.
• Escalation aggressiva davanti ad altri: urlare e umiliarti in pubblico aumenta il senso di vergogna e di isolamento.
• Gaslighting leggero: quando qualcuno ripete che sei tu a “inventare scuse” o a “fare drammi”, mette in dubbio la tua percezione della realtà, facendoti sentire in colpa per emozioni legittime.
Racconti di essere cresciuta in un contesto dove “non si poteva sbagliare senza essere rimproverati”. È normale che, ora, scatti in te la paura di essere giudicata e il bisogno di “chiedere il permesso” prima ancora di esprimere un desiderio. Questo non ti rende fragile; indica che porti addosso vecchie ferite che si riattivano quando qualcuno ti critica o urla.
La sensibilità è ciò che ti permette di accorgerti in tempo quando qualcosa fa male. La vera forza non è “incassare” tutto, ma saper proteggere ciò che conta per te.
Piccoli passi concreti
1. Dedica 10 minuti al giorno a una pratica di grounding (respiro diaframmatico o mindfulness guidata).
2. Prepara una breve frase assertiva da usare alla prossima occasione:
“Mi rendo conto che per te è importante organizzare la torta, ma adesso ho bisogno che tu ascolti il mio problema un minuto. Poi ti rispondo.”
3. Fissa (anche online) un primo colloquio con uno psicoterapeuta: è un investimento su di te, non un “fallimento”.
4. Confida ciò che accade a un’amica o parente che non giustifichi lui: serve uno sguardo esterno equilibrato.
Ricorda: il rispetto non è negoziabile e la tua voce merita spazio.

Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buongiorno,

Mi dispiace molto per la situazione che stai vivendo, sembra che ci siano molte emozioni in gioco e la comunicazione con il tuo ragazzo non stia funzionando come vorresti. È comprensibile che tu ti senta umiliata e ignorata in questa circostanza. Ogni persona ha i suoi modi di affrontare le difficoltà, ma nessuno merita di sentirsi trattato con disprezzo o di essere sminuito per le proprie emozioni e difficoltà. Il fatto che tu abbia avuto un attacco di panico è un segnale importante che non va sottovalutato.

In una relazione è essenziale che ci sia empatia e supporto reciproco. Il comportamento del tuo ragazzo, in particolare l'alzare la voce e minimizzare i tuoi sentimenti, non appare sano o rispettoso. Le tue emozioni sono valide e meritano attenzione, non dovresti mai sentirti inadeguata per averle espresse.

Se senti che questa dinamica si ripete e non ti fa sentire ascoltata o compresa, sarebbe utile e consigliato per approfondire la situazione e capire meglio come gestirla, rivolgersi a uno specialista.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dott.ssa Chiara Lisa Lovati
Psicologo, Psicologo clinico, Terapeuta
Milano
Gentile utente,

la situazione che descrive sembra rivelare una profonda sensazione di non riconoscimento e di svalutazione del suo mondo interiore, un’esperienza che potrebbe avere radici nella sua storia personale e che sembra ripetersi nel contesto della relazione attuale; questa dinamica, in cui emerge un conflitto tra il bisogno di essere accolta nei suoi sentimenti e la percezione di dover soddisfare aspettative esterne senza spazio per il suo vissuto emotivo, può indurla a sentirsi intrappolata tra la paura di essere giudicata e il desiderio di essere ascoltata, ed è importante riflettere su come questi schemi possano influire sulla qualità della sua relazione con il suo partner, ma anche sulla percezione che lei ha di sé stessa; non è inusuale che, in contesti in cui il bisogno di ascolto non viene soddisfatto, si possa provare un senso di solitudine emotiva e di colpa, accompagnato dalla sensazione di essere inadeguati, ma è fondamentale ricordare che ogni relazione dovrebbe poter offrire uno spazio di sicurezza in cui i bisogni di entrambi i partner siano validati e rispettati senza che uno si senta costretto a reprimere la propria emotività per adattarsi a dinamiche che, come in questo caso, sembrano trasmettere messaggi svalutanti e giudicanti; il suo vissuto merita attenzione e rispetto, e potrebbe essere utile interrogarsi su quanto questa relazione rispecchi realmente il sostegno e la comprensione di cui lei ha bisogno, perché non si tratta di "ingigantire" le situazioni, ma di dare valore alla sua esperienza emotiva, che è il centro del suo benessere personale e relazionale; se sente il bisogno di esplorare più a fondo ciò che sta vivendo, non esiti a contattarmi, sarà per me un piacere accompagnarla in un percorso di maggiore consapevolezza e sostegno.

Un caro saluto,

Chiara Lisa Lovati
Alcune delle domande che pone alla fine del suo scritto, fanno intendere che lei abbia bisogno di avere conferma che il suo pensiero sia corretto. Che sia, per così dire, dalla parte della ragione. Credo, tuttavia, possa essere più importante riflettere in un percorso di terapia sul perché di ciò, perché ha bisogno di continua validazione o perché si sente sbagliata o ha "paura di chiedere".
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Grazie per aver condiviso con così tanto coraggio e sincerità questa esperienza che, dalle sue parole, emerge come profondamente dolorosa e confusa. È evidente che si sta interrogando non solo sul comportamento del suo ragazzo, ma anche su se stessa, cercando di capire se le sue reazioni siano legittime o se, in qualche modo, stia sbagliando. Questo senso di dubbio verso sé stessi è tipico di chi ha vissuto a lungo in ambienti in cui i propri bisogni emotivi non sono stati accolti o validati, e questo lei lo descrive chiaramente parlando della sua famiglia. In situazioni come quella che ha raccontato, ciò che spesso fa più male non è solo il singolo episodio, ma il modo in cui si viene trattati nel momento di maggiore vulnerabilità. Lei ha condiviso con il suo ragazzo un momento di frustrazione e delusione personale, legato a un esame importante. In un momento simile, ciò che ognuno di noi desidererebbe è una risposta empatica, una parola di conforto, una presenza che ci faccia sentire meno soli. Invece, si è trovata davanti a una richiesta frettolosa, in apparenza superficiale, e successivamente a una reazione dura, giudicante, fino ad arrivare all’umiliazione pubblica, che ha innescato in lei un attacco di panico. Da un punto di vista cognitivo-comportamentale, possiamo dire che le emozioni che ha provato sono perfettamente coerenti con ciò che ha vissuto: tristezza, confusione, senso di colpa, umiliazione, ansia. Sono risposte emotive del tutto legittime e, anzi, sono segnali importanti che il nostro corpo e la nostra mente ci inviano per dirci che qualcosa non va, che i nostri confini sono stati oltrepassati, che non ci sentiamo al sicuro. Quando il suo ragazzo le urla contro, la svaluta, la accusa di essere infantile, e tutto ciò avviene anche davanti ad altre persone, non si tratta di una normale lite. Si tratta di un comportamento che ha un impatto profondo sulla sua autostima e sul suo senso di valore. Il fatto che poi la madre di lui giustifichi queste reazioni come “è fatto così” o, peggio, come un modo per allenarsi alla vita, è un modo di invalidare ulteriormente ciò che lei sente. Ma la vita non è una guerra, e l’amore non dovrebbe mai essere un campo di battaglia. In terapia cognitivo-comportamentale lavoriamo molto sull’ascolto e sulla validazione dei propri stati interni. Lei non è “fragile” perché ha bisogno di essere ascoltata, perché spera che la persona che ha accanto sappia accogliere la sua sofferenza invece di sminuirla o trasformarla in una colpa. Avere bisogno di essere trattati con rispetto, delicatezza e presenza non è un segno di debolezza, ma un diritto emotivo di ogni essere umano. Probabilmente questa relazione sta mettendo in discussione non solo il suo benessere, ma anche la sua capacità di fidarsi del proprio sentire. Quando si comincia a dubitare delle proprie emozioni, a chiedersi se si sta esagerando, se si è troppo sensibili, se si è "sbagliati", allora è il momento di fermarsi e ascoltarsi con più cura. Non sta esagerando. Sta semplicemente reagendo a un contesto in cui, da quanto racconta, il rispetto, l’empatia e il supporto sembrano mancare, soprattutto nei momenti in cui avrebbe più bisogno. Il mio suggerimento è che si dia il permesso di ascoltare ciò che prova, senza giudicarsi. Potrebbe essere utile iniziare un percorso terapeutico personale, se già non lo ha fatto, per lavorare sul riconoscimento e sulla difesa dei suoi bisogni emotivi, per rafforzare i suoi confini e, se necessario, per prendere decisioni più consapevoli sul futuro di questa relazione. Merita una relazione in cui sentirsi sicura, valorizzata e libera di essere sé stessa. E ha tutto il diritto di scegliere di allontanarsi da chi la fa sentire “piccola e stupida”, proprio come ha scritto. Questa non è crescita. Questa è sofferenza. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Francesca Lupo
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno, grazie per il messaggio.
Mi dispiace per questa situazione in cui si trova. Certo, non so come sia adesso e se ci siano stati risvolti.
Indubbiamente non dev'essere stato facile, anche perché è avvenuto davanti ad altre persone e in una situazione in cui controbattere non sarebbe stato granché utile e possibile.
Anche per quanto riguarda il discorso della mamma di lui. mi rendo conto che non sia la sede per approfondire adeguatamente, ma succede che alcuni genitori tendano a difendere i figli a prescindere. Soprattutto, tendono a giustificare e questo può essere un modo per giustificare in primis sé stessi.
Tolto questo, quello che mi sento di dirle è che non si tratta di esagerare. Ognuno ha il suo modo di vivere le cose e fa quello che può con i mezzi che ha a disposizione.
E' anche vero che, a volte, questa modalità non risulta funzionale e infatti ci si può trovare in situazioni di questo tipo in cui ci si sente particolarmente male e si vive un blocco. L'interazione con gli altri ci permette di far emergere aspetti di noi che solo in questo modo possono fuoriuscire, d'altronde. Ci permette di interfacciarci con noi stessi. A volte, però, da soli non siamo in grado di capire tutto a pieno e soprattutto d'individuare quelle strategie che siano adeguate e funzionali al nostro benessere, pertanto può essere d'aiuto rivolgersi a qualcuno che ci possa guidare in questo percorso.
Spero di esserle stata d'aiuto e che si senta un po' meglio, resto a disposizione in generale per qualsiasi cosa.
Grazie ancora, buona giornata
Dott. Niccolò Orsi Bandini
Psicologo, Psicologo clinico
Bologna
Gentile utente, grazie per la condivisione, non è mai facile riuscire a parlare di proprie vicende private, particolarmente una situazione di questo tipo.
Innanzitutto vorrei risponderle in maniera chiara sul fatto che non sta "ingigantendo tutto", i suoi sentimenti e le sue percezioni sono validi, e se non si senti emotivamente accolta e rispettata in un rapporto ascolti queste tue sensazioni.
Infatti molto spesso la nostra stessa psiche ci sta suggerendo la risposta che cerchiamo, ma tendiamo a non ascoltarla, e il motivo alla base di questo non ascolto potrebbe essere la chiave di tutto.
Ma procediamo con calma, dalla sua descrizione sembra che lei stia vivendo un rapporto molto svalutante, dove vengono usate sempre modalità aggressive di rapportarsi a lei, con un fidanzato che spesso alza la voce e una madre che lo giustifica. Queste due persone, in particolare il suo ragazzo, che dovrebbe essere realmente interessato al suo benessere, sembrano invece voler instaurare un situazione dove la colpa ricadrà sempre su di lei, e le sue necessità sono sempre ignorate e/o sminuite con insulti e rimproveri.
Non posso notare l'evidente parallelo, tra l'altro citato da lei stessa, con la situazione che ha sempre vissuto in famiglia, dove la facevano sentire continuamente sbagliata; forse la sua psiche le sta dicendo quello, le sta chiedendo di prendere visione di questo parallelo. Le sta chiedendo di rompere il pattern, ovvero questa volta non cedere alla tentazione di negare l'evidenza, prendendosi tutte le colpe, e giustificando gli altri.
Capisco le difficoltà che lei può stare vivendo, in particolare il senso di confusione e abbandono, è difficile confrontarsi col senso di profondo tradimento che deriva dall'accettare che le persone che volevamo solo ci capissero e proteggessero ci hanno invece fatto del male.
Per quanto riguarda un consiglio più pratico, penso che sarebbe molto di beneficio un percorso psicologico che la possa aiutare ad esplorare le sue fragilità, a dare voce ai suoi bisogni e a portarla ad amare e rispettare sè stessa in primis.
Le consiglierei anche di prendersi un periodo di pausa dalla sua relazione, quando le situazioni sono così compromesse è sempre utile darsi del tempo per riconnettersi con le proprie sensazioni e fare chiarezza; non cedere a spinte impulsive delle quali poi ci si pentirà, che rischiano solo di aggravare spirali autodistruttive.
Col tempo, l'aiuto di un buon terapeuta, e una ritrovata fiducia in sè stessa e nelle sue capacità, sono sicuro che riuscirà a prendere la decisione migliore.
Le auguro il meglio, saluti, dott. Niccolò Orsi Bandini.
Dott.ssa Rita Scognamiglio
Psicologo, Professional counselor
Mozzo
Buongiorno, le relazioni umane sono la sfida più complessa ed al tempo stesso più interessante della nostra quotidianità. Quando proviamo emozioni e sentimenti come quelle da lei descritte (vergogna, disgusto, ...) può essere meritevole approfondire all'interno di un percorso di conoscenza profonda di sé, della propria storia per comprendere come sentirsi meglio nelle relazioni e migliorare queste ultime.
Cordiali Saluti
Dott. Ssa Scognamiglio Rita
Dott.ssa Lucrezia Navarra
Psicologo, Psicologo clinico
Bassano del Grappa
Grazie per aver condiviso qualcosa di così delicato e profondo. Le tue parole parlano di dolore, confusione, ma anche di una forte consapevolezza interiore. Partirei da questo: non sei fragile per aver provato emozioni intense, per aver pianto o per aver avuto bisogno di conforto. Sei umana, e stai cercando di muoverti in una relazione che, da quanto racconti, ti fa sentire spesso svalutata, poco ascoltata e giudicata.

Quando parli del tuo passato — di quella paura di sbagliare, dell'ansia nel chiedere, del senso di inadeguatezza — stai già toccando le radici di qualcosa che ti porti dentro da tempo. Non è debolezza, è un bisogno legittimo di essere accolta, ascoltata, vista. Invece ti sei trovata in una situazione dove, in un momento per te vulnerabile, hai ricevuto fretta, indifferenza, e infine un attacco verbale violento e pubblico. Questo non è solo uno scivolone. È un segnale.

Le parole del tuo ragazzo, come le riporti, non sono semplicemente dure: sono svalutanti. Ti ha detto che "rompi", che "sembri una bambina", ti ha urlato contro davanti ai suoi genitori. Non sono gesti neutri, non sono “caratteraccio”. Sono comportamenti che possono ferire in profondità, e che rischiano di logorare la tua autostima.

Anche la reazione della madre del tuo ragazzo, pur se forse in buona fede, suona come una forma di gaslighting — ti ha fatto sentire sbagliata per come hai reagito, insinuando che sei tu ad avere un problema nel sentire tutto questo come una ferita.

È naturale, a questo punto, che tu ti chieda: sono io troppo sensibile? Sto esagerando?

E la risposta, con delicatezza ma anche fermezza, è: no, non stai esagerando. Stai legittimamente soffrendo per un modo di relazionarsi che ti fa sentire sminuita e sola anche quando vorresti solo comprensione.

Non sei “infantile” perché desideri empatia. Non sei “egocentrica” perché, mentre racconti di una delusione, ti aspetti che l’altro ti stia ad ascoltare. Il rispetto reciproco è la base di ogni relazione sana.

E tu hai già iniziato a chiederti se questi atteggiamenti meritano di essere sopportati. Questo è un passo importante. Non posso dirti cosa devi fare, ma posso dirti che hai il diritto di essere amata in un modo che ti faccia sentire più forte, non più piccola.

Forse sarebbe utile per te parlare con una professionista — non perché tu sia “rotta”, ma per avere uno spazio tuo, sicuro, dove rielaborare tutto questo e capire con chiarezza che cosa vuoi, che cosa meriti, e cosa no.

E se volessi continuare a parlarne con me, io ci sono.

Un abbraccio.

Dott.ssa Lucrezia Navarra
Dott.ssa Isabella Mazzocchi
Psicologo, Psicologo clinico
Urbino
Buongiorno e innanzitutto grazie per aver condiviso con tanta profondità quello che stai vivendo. Dalle tue parole emerge un grande bisogno di essere ascoltata, capita e accolta per quella che sei, senza dover continuamente “giustificare” il tuo modo di sentire o temere che ogni emozione possa essere un errore.

Quello che racconti non sembra affatto un capriccio o un’esagerazione: hai vissuto una situazione che per te era emotivamente importante (legata probabilmente anche al senso di inadeguatezza e insicurezza che hai imparato a gestire fin da piccola) e in quel momento delicato avresti avuto bisogno di comprensione, non di urla o giudizi.

La tua reazione – sentirti sopraffatta, piangere, provare ansia – non parla di debolezza, ma di un limite che è stato oltrepassato. Quando in una relazione ci si sente “sbagliati” nel provare ciò che si prova, e quando il proprio disagio viene sminuito o ridicolizzato, è naturale iniziare a dubitare di se stessi, ma è importante fermarsi a chiedersi: "mi sento al sicuro in questa relazione? Mi sento rispettata nei miei tempi e nei miei modi di vivere le cose?"

Hai tutto il diritto di desiderare un dialogo in cui ci sia spazio per entrambi, senza che nessuno debba "zittirsi" o "crescere" nel senso imposto dall'altro. Ricevere empatia nei momenti di vulnerabilità è un bisogno umano, non un segno di fragilità. E nessuno dovrebbe farti sentire "sbagliata" per questo.

Non spetta a me dirti cosa sia giusto fare, ma può essere utile ascoltare questo malessere profondo che stai sentendo: le emozioni non sono mai un errore, spesso sono messaggeri preziosi che ci parlano di ciò che ci serve per stare bene. Forse potrebbe esserti utile parlarne in uno spazio protetto, come un percorso psicologico, per ascoltarti senza giudizio e trovare più chiarezza su cosa vuoi davvero per te, nei tuoi legami e nel tuo modo di prenderti cura di te stessa.

Ti auguro di cuore di ritrovare fiducia in quello che senti, perché da quanto hai scritto, sei già molto più consapevole di quanto pensi.
Un caro saluto, Dr ssa Isabella Mazzocchi
Psicologa Clinica
Dott.ssa Manuela Valentini
Psicologo, Psicologo clinico
Melfi
Gentile utente,
Comprendo quanto possa essere difficile sentirsi non ascoltati e svalutati in una relazione. Le emozioni che prova sono valide e meritano attenzione. È importante riflettere su ciò che la sentire rispettata e compresa, oltre che su come desidera essere trattata. Se questi aspetti mancano, potrebbe essere utile esplorare in modo più ampio la situazione con un professionista per comprendere meglio come gestire questo momento. Non è sola in questa sfida. E' importante riconoscere il valore prioritario per quanto sta costruendo nella sua vita e con quanta dedizione convoglia le sue intenzioni, energie e tempo alla preparazione dell'esame volto alla costruzione di un futuro. Potrebbe cogliere questo momento e riflettere sul suo benessere emotivo e sulla soddisfazione di questa relazione. Intanto non si chiuda e ne parli in un ambiente sicuro come con familiari o amici. Spero che la risposta le sia utile. Le auguro serenità. La ringrazio per la condivisione e resto a disposizione per un supporto.
Un saluto,
Dr.ssa Manuela Valentini

Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, la ringrazio per la fiducia con cui ha condiviso una situazione così delicata e carica di emozioni. Leggendo le sue parole si percepisce chiaramente quanto stia cercando di comprendere ciò che le accade con onestà e profondità, e questo è un segnale importante di consapevolezza e sensibilità.

Quello che ha vissuto non è stato un semplice fraintendimento, ma un’esperienza emotivamente intensa, in cui lei si è trovata esposta, vulnerabile e non accolta nei suoi bisogni più autentici. In un momento per lei difficile, in cui avrebbe avuto bisogno di comprensione e sostegno, si è invece sentita rimproverata, sminuita e rimessa in discussione, anche pubblicamente. L’intensità della sua reazione emotiva non è solo comprensibile, ma ci parla della sua esigenza di essere trattata con rispetto, ascolto e delicatezza (esigenze legittime in qualsiasi relazione affettiva sana).

Quando in una relazione le dinamiche di potere si sbilanciano, quando una persona si sente costantemente messa sotto accusa, giudicata o accusata di essere “troppo sensibile”, è importante fermarsi e riflettere. Il rispetto e l’empatia non sono un “di più”, ma la base su cui dovrebbe poggiarsi qualsiasi legame affettivo. Le modalità comunicative del suo ragazzo, così come le giustificazioni ricevute dai familiari, sembrano piuttosto orientate a minimizzare o normalizzare atteggiamenti che, se ripetuti nel tempo, possono rivelarsi emotivamente lesivi.

Essere definiti infantili, accusati di “rompere” o di esagerare, soprattutto quando si cerca solo di essere ascoltati, può creare una profonda confusione interiore. Ed è proprio questa confusione che emerge nel suo messaggio: il dubbio se sia lei “quella fragile” o se invece stia semplicemente riconoscendo di meritare un modo diverso di essere trattata. La sua domanda è assolutamente lecita, e mi permetto di dirle che non c'è nulla di sbagliato nel desiderare di essere ascoltata senza sentirsi umiliata o giudicata.

In situazioni come queste può essere molto utile un percorso di supporto psicologico individuale, che le consenta di esplorare meglio le sue emozioni, rafforzare la sua autostima, chiarire i suoi bisogni e, soprattutto, riconoscere quali dinamiche relazionali le fanno bene e quali, invece, possono generare sofferenza. Una relazione affettiva non dovrebbe essere un banco di prova continuo, ma uno spazio in cui sentirsi accolti, protetti e valorizzati.

Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Lavinia Giancaspero
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente, grazie per aver condiviso con tanta sincerità la tua storia.
Parto da una cosa che hai scritto e che mi ha colpita molto: "mi sento piccola e stupida, ma avrei solo voluto un po' di ascolto e conforto." Questo bisogno che esprimi è umano, legittimo, e non ha niente di infantile. In un momento di fragilità (come la scoperta di non poter dare un esame a cui tenevi) è naturale desiderare che chi ci sta vicino si fermi ad ascoltarci, ci accolga senza giudicare, e ci faccia sentire che non siamo soli. Il modo in cui il tuo ragazzo ha reagito, spostando l’attenzione su un dettaglio organizzativo, minimizzando il tuo malessere, etichettandoti come infantile e poi urlandoti contro, non è un segnale di maturità, né di empatia.
Quando in una relazione una persona si sente umiliata, svalutata, o colpevolizzata per il solo fatto di esprimere un’emozione, è importante fermarsi e riflettere. Le parole feriscono, soprattutto se arrivano ripetutamente da qualcuno di significativo. E no, non stai esagerando se ti sei sentita male, se hai avuto un attacco di panico, se quelle parole ti hanno fatto crollare. Questo è un segnale del tuo corpo e della tua mente che qualcosa non va, che sei sotto pressione e che hai bisogno di protezione, non di giudizio.
Anche la dinamica con la sua famiglia (in particolare con la madre che lo giustifica e svaluta te) sembra ripetere un copione in cui tu ti senti sbagliata per il solo fatto di provare un’emozione o avere una fragilità. Questo può somigliare a qualcosa che hai già vissuto nella tua famiglia, dove, come racconti, avevi paura di sbagliare e venivi rimproverata per ogni cosa. È come se stessi rivivendo, in un'altra forma, la stessa difficoltà di sentirti libera di essere te stessa senza doverti giustificare continuamente.
Tutto questo non significa che sei "troppo sensibile", "fragile" o "egocentrica". Significa che sei una persona che ha bisogno di sentirsi accolta, vista e rispettata. E se in questa relazione ti senti ripetutamente ignorata, giudicata, sminuita o aggredita verbalmente… allora no, non sei tu a doverti "allenare alla vita", ma forse è il caso di chiederti se questa relazione ti sta facendo crescere o se, invece, ti sta logorando.
Non sei sola, e non sei sbagliata per sentire quello che senti. Potrebbe esserti utile parlarne con qualcuno in uno spazio protetto (un terapeuta, un centro d’ascolto) per ritrovare un po’ di chiarezza e rimettere a fuoco i tuoi bisogni, le tue emozioni, i tuoi confini. A volte, solo guardando le cose con più distanza ci si rende conto di quanto ci si stava adattando a qualcosa che non ci faceva bene.
Meriti di essere trattata con gentilezza, anche e soprattutto nei momenti in cui ti senti più fragile.
Dott. Amedeo Fonte
Psicologo, Psicologo clinico
Pescara
Lei descrive una situazione che sembra averla profondamente colpita, non solo per il contenuto del litigio, ma soprattutto per il modo in cui si è sentita trattata e ascoltata. Da quanto scrive, emerge con chiarezza quanto il bisogno di essere riconosciuta e accolta nei suoi vissuti sia stato disatteso, proprio in un momento in cui avrebbe avuto necessità di sentirsi sostenuta, non giudicata. Il fatto che tutto sia iniziato da una dimenticanza legata all’esame e che questa dimenticanza l’abbia portata a sentirsi in colpa, inadeguata, lascia intuire quanto il peso del giudizio, forse non solo quello attuale ma anche quello ereditato da esperienze precedenti, continui a incidere nel suo modo di relazionarsi, di esporsi, di chiedere. Le parole ricevute, così come il tono, sembrano aver avuto su di lei un effetto fortemente svalutante, portandola a mettersi in discussione in modo doloroso. Si è sentita accusata di infantilismo e di egocentrismo, ma allo stesso tempo pare che le sue emozioni non abbiano trovato uno spazio per essere accolte senza venire immediatamente ridotte a un problema. La reazione del suo corpo, l’attacco di panico, segnala qualcosa che non può essere ignorato o ridotto a una semplice esagerazione. Quando accade che l’altro reagisca con durezza di fronte a una richiesta implicita di ascolto, può essere importante domandarsi quale spazio è effettivamente concesso alla propria voce, ai propri bisogni, al proprio dolore. È comprensibile che lei si interroghi sul fatto di aver forse esagerato, ma viene da chiedersi se questa domanda non sia essa stessa effetto di un vissuto in cui la legittimità del sentire è stata messa in discussione troppo a lungo. Talvolta, in certe relazioni, si insinua un senso di colpa ogni volta che si prova a esprimere un limite, un bisogno o  una fragilità. Le sue parole, il suo racconto, testimoniano un disagio che merita attenzione e rispetto, non giudizio. Potrebbe essere utile concedersi uno spazio come un percorso psicologico, in cui questi vissuti possano essere esplorati, affinché lei possa esprimere più chiaramente ciò che sente, e comprendere come vorrebbe prendersi cura di sé.
Ciao,

ti dico subito una cosa fondamentale: non stai esagerando. Le tue emozioni sono valide. Quando racconti che ti sei sentita piccola, umiliata, giudicata, messa da parte… sono tutte reazioni comprensibili in risposta a un contesto che, da come lo descrivi, non ti sta offrendo il rispetto, l’ascolto e la cura che meriti. La relazione, in ogni sua forma (di coppia, con i genitori, tra amici), dovrebbe essere uno spazio sicuro dove sentirsi accolti, non un ring dove sentirsi sopraffatti.

Alcuni punti chiave su cui riflettere:
1. Svalutazione e colpevolizzazione.
Il tuo ragazzo non solo ha sminuito il tuo stato emotivo, ma ti ha anche colpevolizzata per qualcosa che era importante per te (l'esame). Al momento del tuo crollo emotivo, la sua reazione non è stata di supporto o di ascolto, ma di aggressività e accusa. Dire a qualcuno "vedi di crescere", "stai rompendo", "sei infantile" — specie mentre piange e chiede ascolto — non è mai una forma di amore sano. È svalutante.
2. La giustificazione tossica.
La madre del tuo ragazzo ti ha detto “è sempre stato così, ha sto carattere”. Questo è un classico esempio di giustificazione di comportamenti aggressivi. Non è accettabile dire che qualcuno può ferire un altro solo perché “è fatto così”. Nessuno ha il diritto di urlarti contro o umiliarti pubblicamente, mai. Il rispetto non è negoziabile.
3. Paura di essere giudicata.
Il fatto che ti sei trattenuta dal dirgli tu che alla fine saresti potuta andare, per paura di come avrebbe reagito, è già un segnale che nella relazione non ti senti libera. Quando si ha paura di esprimersi sinceramente, per timore della reazione dell’altro, non si è in un ambiente sicuro.
4. L’insicurezza che nasce da contesti familiari critici.
Hai accennato a un’infanzia dove venivi rimproverata facilmente. Questo può aver creato in te un’ipersensibilità al giudizio, ma anche una certa tendenza a chiederti continuamente “sono io quella sbagliata?”. È una domanda che tante persone che hanno vissuto ambienti invalidanti si portano dietro per anni. Ma la risposta spesso è: no, non sei tu il problema — sei tu che sei stata lasciata sola a gestire il dolore.

Quindi, che cosa puoi fare ora?
1. Ascolta te stessa.
Hai già dentro di te tante risposte. Hai scritto: "Mi sento umiliata, giudicata, trattata a pesci in faccia". Questa frase pesa. Se una tua amica te la dicesse dopo aver subito quello che hai subito tu, cosa le diresti?
2. Riconosci i segnali.
Le urla, le accuse, la mancanza di empatia nei tuoi confronti non sono "incidenti di percorso", ma segnali che nella relazione c'è un disequilibrio emotivo e forse anche relazionale. Se succede più volte, non è un episodio isolato, è una dinamica.
3. Chiediti: come ti senti quando stai con lui?
Ti senti libera, ascoltata, serena? O cammini sulle uova, stai attenta a ogni parola, ti colpevolizzi, ti senti sola anche in due?
4. Rivolgiti a un supporto professionale
Parlare con una psicologa o uno psicologo può aiutarti a vedere con più chiarezza cosa sta succedendo e a rafforzare la tua autostima. Spesso, chi ha vissuto esperienze invalidanti tende a normalizzare situazioni che in realtà sono dannose.
E infine: No, non sei fragile.
Essere sensibili non significa essere deboli. Avere bisogno di ascolto non significa essere infantili. Pretendere rispetto non significa essere egocentrici. Significa solo che stai cominciando a riconoscere il tuo valore, e questo è un atto di forza, non di debolezza.

Se vuoi, possiamo anche scrivere insieme un messaggio per chiarire o chiudere, oppure lavorare su come affrontare un dialogo. Ci sono tanti modi per sostenerti, anche piccoli passi. Fammi sapere come vuoi procedere, sono qui con te.

Janett Aruta
Psicologa - ricevo su MioDottore
Dr. Riccardo Sirio
Psicologo, Psicologo clinico
Trofarello
Quello che provi è del tutto legittimo: ti sei sentita non ascoltata, giudicata e umiliata proprio in un momento di fragilità, e questo ha generato in te dolore e confusione. Non sei esagerata né troppo sensibile: desiderare empatia e rispetto nei momenti difficili è un bisogno umano profondo, non un difetto. Quando una relazione ti fa sentire piccola, sbagliata o costantemente sotto accusa, è importante fermarsi e chiedersi se stai davvero ricevendo ciò di cui hai bisogno per stare bene. E' fondamentale comprendere sè stessi. Ascoltati in particolar modo in momenti cosi difficili. Le tue emozioni in questo momento sono una bussola. Rimango a disposizione, qualora sentissi la necessità di un supporto.
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Gentile utente,
da ciò che descrive non emerge una reazione “ingigantita”, ma una situazione in cui Lei si è trovata ripetutamente svalutata, interrotta e rimproverata nel momento in cui esprimeva un bisogno emotivo legittimo. Il punto non è la torta o la Pasquetta, ma il fatto che, di fronte a un suo dispiacere e a un momento di vulnerabilità, il suo compagno non ha mostrato ascolto né rispetto, arrivando a umiliarla davanti ai genitori. Anche la reazione della madre, che giustifica il comportamento e mette in dubbio la sua sensibilità, contribuisce a farla sentire fragile o inadeguata, quando in realtà sta semplicemente riconoscendo che certi modi non sono accettabili.

Essere trattata con frasi come “rompi”, “sei infantile”, “vedi di crescere” non è una forma di schiettezza caratteriale, ma un modo aggressivo e svalutante di gestire il conflitto. Una relazione sana si basa sulla capacità di ascoltarsi, di rispettare i tempi emotivi dell’altro e di prendersi cura dell’impatto delle proprie parole. Il fatto che Lei abbia avuto un attacco di panico dopo quella scena indica quanto profondamente sia stata colpita.

È comprensibile che, venendo da un contesto familiare in cui si sentiva giudicata, oggi faccia fatica a riconoscere la linea tra sensibilità e mancanza di rispetto. Ma ciò che è accaduto non è “normale”, né è qualcosa a cui dovrebbe abituarsi. Non si tratta di diventare più forte, ma di chiedersi se questa relazione le offre il tipo di presenza emotiva, ascolto e sicurezza di cui ha bisogno per stare bene.

Valutare dei confini più chiari o un allontanamento non significa drammatizzare, ma proteggere la propria dignità. Se sente il bisogno, un percorso psicologico potrebbe aiutarla a distinguere meglio ciò che è una sua insicurezza da ciò che invece è un comportamento oggettivamente svalutante da parte del partner.

Un cordiale saluto,
Dott.ssa Sara Petroni

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