Buongiorno, sono un cinquantenne e attraverso una fase difficile della mia vita, dove sono presenti
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Buongiorno, sono un cinquantenne e attraverso una fase difficile della mia vita, dove sono presenti stati confusionali, rimuginio, assenza di energie, tristezza e rabbia.
Nel corso di una relazione con una donna ho subito ripetuti blocchi da parte sua su ogni mezzo di comunicazione (telefono, social) ogniqualvolta lamentavo qualcosa che non gradivo nel rapporto. Ne avrò subiti almeno una decina nel giro di pochi anni. La rottura è sempre avvenuta in chat e mai di persona. Ammetto che non sempre sono stato assertivo e forse la mia difficoltà di comunicare nasceva proprio dal timore di un'ennesimo abbandono. Ma a prescindere dalle colpe non so più cosa fare. A livello razionale conosco tutto del problema che vivo ma nella vita reale fatico a sganciarmi. Anche la terapia non mi è più d'aiuto.
Grazie per il vostro ascolto
Nel corso di una relazione con una donna ho subito ripetuti blocchi da parte sua su ogni mezzo di comunicazione (telefono, social) ogniqualvolta lamentavo qualcosa che non gradivo nel rapporto. Ne avrò subiti almeno una decina nel giro di pochi anni. La rottura è sempre avvenuta in chat e mai di persona. Ammetto che non sempre sono stato assertivo e forse la mia difficoltà di comunicare nasceva proprio dal timore di un'ennesimo abbandono. Ma a prescindere dalle colpe non so più cosa fare. A livello razionale conosco tutto del problema che vivo ma nella vita reale fatico a sganciarmi. Anche la terapia non mi è più d'aiuto.
Grazie per il vostro ascolto
Buon pomeriggio,
spiacente per la situazione che riporta vivere.
Dato il contesto, potrebbe portare il punto al professionista che la segue (se ancora in essere) oppure valutare un percorso e/o un approccio differente. Otre a conoscere le dinamiche potrebbe essere utile avere strategie per un differente comportamento-atteggiamento ecc.
Altro aspetto utile è accordare con il professionista un obiettivo concreto e raggiungibile per evitare di disperdere energie su punti differenti o divagare su più temi.
Un saluto
spiacente per la situazione che riporta vivere.
Dato il contesto, potrebbe portare il punto al professionista che la segue (se ancora in essere) oppure valutare un percorso e/o un approccio differente. Otre a conoscere le dinamiche potrebbe essere utile avere strategie per un differente comportamento-atteggiamento ecc.
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Buongiorno,
grazie per aver condiviso il suo vissuto. Capisco quanto possano essere pesanti momenti di confusione, tristezza, rabbia e fatica nelle relazioni, soprattutto quando ci si sente bloccati o ripetutamente respinti. È comprensibile che, anche conoscendo razionalmente la situazione, nella vita reale sia difficile liberarsene.
Vorrei rassicurarla: chiedere aiuto è un passo coraggioso e molto importante. Esistono percorsi di supporto professionale che possono aiutare a gestire meglio le emozioni, a rafforzare la propria sicurezza e assertività, e a trovare strumenti concreti per affrontare le difficoltà quotidiane. Non è necessario affrontare tutto da soli: un sostegno mirato può davvero fare la differenza.
Sono disponibile per approfondire e valutare insieme eventuali percorsi di supporto adatti alla sua situazione.
Un caro saluto!
Dott.ssa Cinzia Pirrotta
grazie per aver condiviso il suo vissuto. Capisco quanto possano essere pesanti momenti di confusione, tristezza, rabbia e fatica nelle relazioni, soprattutto quando ci si sente bloccati o ripetutamente respinti. È comprensibile che, anche conoscendo razionalmente la situazione, nella vita reale sia difficile liberarsene.
Vorrei rassicurarla: chiedere aiuto è un passo coraggioso e molto importante. Esistono percorsi di supporto professionale che possono aiutare a gestire meglio le emozioni, a rafforzare la propria sicurezza e assertività, e a trovare strumenti concreti per affrontare le difficoltà quotidiane. Non è necessario affrontare tutto da soli: un sostegno mirato può davvero fare la differenza.
Sono disponibile per approfondire e valutare insieme eventuali percorsi di supporto adatti alla sua situazione.
Un caro saluto!
Dott.ssa Cinzia Pirrotta
Salve le suggerisco di cambiare terapeuta appena possibile e di rivolgersi a punti di ascolto dedicati, prima che questa situazione le sfugga di mano. Ricordi sempre che in qualsiasi relazione ci deve essere il consenso come presupposto. Il blocco della sua ex equivale ad un rifiuto che deve rispettare a prescindere dal malessere che lei sta provando.
Buongiorno, capisco davvero quanto possa essere faticoso trovarsi in una fase così confusa e dolorosa. Da ciò che descrive emerge una grande sofferenza che non riguarda soltanto la relazione passata, ma anche il modo in cui tutto questo ha finito per intaccare il suo equilibrio emotivo, le sue energie e la fiducia in sé. Quando una storia si sviluppa attraverso continui blocchi, interruzioni improvvise e mancanza di un confronto autentico, è naturale che si creino ferite profonde. Ogni volta che veniva escluso dal contatto, probabilmente viveva un misto di smarrimento, rabbia e paura, come se le fosse stato tolto all’improvviso un appiglio. È un’esperienza che può lasciare un segno, perché il corpo e la mente tendono a rimanere in uno stato di allerta, come se temessero che da un momento all'altro potesse accadere di nuovo. Il fatto che lei si renda conto degli aspetti razionali del problema non significa che l’impatto emotivo svanisca allo stesso tempo. Le emozioni hanno un ritmo tutto loro e non seguono la logica. È possibile sapere perfettamente cosa sarebbe giusto fare, ma sentirsi comunque bloccati, legati, quasi tirati indietro da un nodo interno che sembra non sciogliersi mai. Questo non indica debolezza, ma semplicemente che ciò che ha vissuto l’ha toccata nel profondo, forse andando a riattivare paure più antiche, legate al timore di essere lasciato o non considerato. Mi colpisce anche il fatto che dica di non trovare più aiuto nella terapia. A volte succede quando ci si sente molto stanchi, quando ci si aspetta di “stare meglio” e invece ci si trova a girare negli stessi pensieri, come se nulla riuscisse davvero a cambiare. Spesso non è un segnale che la terapia non serva, ma che serve un modo diverso di portare lì la propria sofferenza, o magari una pausa di respiro, o ancora una modalità di lavoro più mirata su ciò che ora la blocca. È un momento di transizione, non una sconfitta. Mi sembra che dentro di lei ci sia ancora una parte che lotta ogni giorno per rialzarsi, anche quando tutto pesa. E proprio perché è un periodo così delicato, può essere utile concedersi la possibilità di guardare a ciò che sente non come un fallimento personale, ma come il risultato di un accumulo emotivo che ora merita cura, tempo e ascolto. Sganciarsi da un legame che ha lasciato segni profondi non è un gesto che si compie con un semplice atto di volontà, ma un processo che si costruisce passo dopo passo, permettendosi di rimettere al centro i propri bisogni e la propria dignità emotiva. La sua fatica ha un senso, e non è qualcosa che deve affrontare in solitudine. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Gent.mo, sembra che i sentimenti che lamenta si ripropongano anche all'interno del lavoro psicoterapeutico a cui accenna, generando una sensazione di inutilità. Se così fosse sarebbe utile potesse affrontare questi suoi sentimenti riattivati dal lavoro terapeutico in corso. Una psicoterapia appropriata potrebbe aiutarla a risolvere le difficoltà che sperimenta. SG
Buongiorno,
capisco quanto sia difficile vivere questa fase fatta di confusione, rimuginio e tristezza. Subire ripetuti blocchi e rotture improvvise, senza mai poterne parlare di persona, può lasciare un senso profondo di insicurezza e riattivare molto il timore dell’abbandono. È normale che, anche se razionalmente comprende ciò che accade, emotivamente sia difficile “sganciarsi”.
Il fatto che la terapia ora sembri meno utile non significa che non possa esserlo: a volte serve rivedere il focus insieme al terapeuta o, se lo sente, cercare un nuovo spazio in cui potersi sentire accolto e sostenuto in questo momento.
Resto a disposizione,
un caro saluto,
dott.ssa Elena Dati
capisco quanto sia difficile vivere questa fase fatta di confusione, rimuginio e tristezza. Subire ripetuti blocchi e rotture improvvise, senza mai poterne parlare di persona, può lasciare un senso profondo di insicurezza e riattivare molto il timore dell’abbandono. È normale che, anche se razionalmente comprende ciò che accade, emotivamente sia difficile “sganciarsi”.
Il fatto che la terapia ora sembri meno utile non significa che non possa esserlo: a volte serve rivedere il focus insieme al terapeuta o, se lo sente, cercare un nuovo spazio in cui potersi sentire accolto e sostenuto in questo momento.
Resto a disposizione,
un caro saluto,
dott.ssa Elena Dati
Sì, in effetti lei sembra conoscere la questione dal punto di vista razionale: mancanza di assertività, paura dell'abbandono. Ma conoscere le cose solo dal punto di vista razionale significa non conoscerle affatto perché nulla della nostra vita è determinato dalla logica e dal razionale. Non siamo animali razionali ma razionalizzanti, cioè razionalizziamo decisione prese per altre ragioni, cioè inconsce. Io ora non so che tipo di terapia lei faccia ma le consiglio una terapia che bypassi il razionale e vada nei sogni e nell'inconscio. Cioè una terapia che la inviti a pronunciare il segreto impronunciabile, la paura di fondo che si nasconde nei suoi 50 anni. O forse nei 13.
Buongiorno,
la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza un momento così delicato. Da ciò che descrive emerge quanto questa relazione abbia avuto un forte impatto sul suo equilibrio emotivo, soprattutto per la modalità con cui i conflitti venivano gestiti: blocchi improvvisi, interruzioni unilaterali del contatto e rotture comunicate solo a distanza. Questi pattern relazionali, ripetuti nel tempo, rischiano di riattivare ferite più profonde legate al timore dell’abbandono e di alimentare quello stato di confusione, tristezza e rabbia che oggi sta vivendo.
Nella prospettiva sistemico-relazionale non guardiamo solo al sintomo, ma al significato che esso assume nei legami. Il suo “rimuginare” o la difficoltà a sganciarsi non sono fragilità personali, ma risposte che hanno cercato di mantenere una continuità affettiva in un contesto fatto di rotture improvvise e imprevedibili. La mancanza di uno spazio sicuro e stabile dove poter esprimere i propri bisogni ha probabilmente reso difficile anche l’assertività: se ogni tentativo di comunicazione rischiava di provocare un blocco, è comprensibile che lei si sia trovato intrappolato tra il bisogno di vicinanza e il timore della perdita.
Il fatto che “razionalmente lei sappia tutto” ma nella pratica faccia fatica a lasciar andare è molto coerente con il funzionamento dei legami significativi: la mente capisce, ma il corpo e la storia emotiva restano agganciati a ciò che rappresenta la relazione.
Forse, in questa fase, il focus del lavoro terapeutico potrebbe spostarsi non tanto sulla relazione finita in sé, quanto su come questa esperienza si inscrive nella sua storia più ampia: quali dinamiche tende a riattivare? Che ruolo le chiede di assumere? Quali parti di sé sta cercando di proteggere?
A volte non è la terapia a “non funzionare”, ma è il momento della vita che chiede di rinegoziare il modo in cui si sta in relazione, incluso il modo di stare in relazione con la terapia stessa. Può essere utile condividere apertamente con il/la terapeuta la sensazione di stallo, perché proprio da lì spesso si apre uno spazio nuovo.
Le riconosco la fatica, ma anche la lucidità con cui sta leggendo ciò che vive. È un segnale importante che può diventare una risorsa nel processo di uscita da questo ciclo doloroso.
Resto a disposizione se desidera approfondire qualche aspetto o riflettere insieme sui prossimi passi possibili.
Dott.ssa Caterina Lo Bianco – Psicologa ad orientamento Sistemico-Relazionale
la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza un momento così delicato. Da ciò che descrive emerge quanto questa relazione abbia avuto un forte impatto sul suo equilibrio emotivo, soprattutto per la modalità con cui i conflitti venivano gestiti: blocchi improvvisi, interruzioni unilaterali del contatto e rotture comunicate solo a distanza. Questi pattern relazionali, ripetuti nel tempo, rischiano di riattivare ferite più profonde legate al timore dell’abbandono e di alimentare quello stato di confusione, tristezza e rabbia che oggi sta vivendo.
Nella prospettiva sistemico-relazionale non guardiamo solo al sintomo, ma al significato che esso assume nei legami. Il suo “rimuginare” o la difficoltà a sganciarsi non sono fragilità personali, ma risposte che hanno cercato di mantenere una continuità affettiva in un contesto fatto di rotture improvvise e imprevedibili. La mancanza di uno spazio sicuro e stabile dove poter esprimere i propri bisogni ha probabilmente reso difficile anche l’assertività: se ogni tentativo di comunicazione rischiava di provocare un blocco, è comprensibile che lei si sia trovato intrappolato tra il bisogno di vicinanza e il timore della perdita.
Il fatto che “razionalmente lei sappia tutto” ma nella pratica faccia fatica a lasciar andare è molto coerente con il funzionamento dei legami significativi: la mente capisce, ma il corpo e la storia emotiva restano agganciati a ciò che rappresenta la relazione.
Forse, in questa fase, il focus del lavoro terapeutico potrebbe spostarsi non tanto sulla relazione finita in sé, quanto su come questa esperienza si inscrive nella sua storia più ampia: quali dinamiche tende a riattivare? Che ruolo le chiede di assumere? Quali parti di sé sta cercando di proteggere?
A volte non è la terapia a “non funzionare”, ma è il momento della vita che chiede di rinegoziare il modo in cui si sta in relazione, incluso il modo di stare in relazione con la terapia stessa. Può essere utile condividere apertamente con il/la terapeuta la sensazione di stallo, perché proprio da lì spesso si apre uno spazio nuovo.
Le riconosco la fatica, ma anche la lucidità con cui sta leggendo ciò che vive. È un segnale importante che può diventare una risorsa nel processo di uscita da questo ciclo doloroso.
Resto a disposizione se desidera approfondire qualche aspetto o riflettere insieme sui prossimi passi possibili.
Dott.ssa Caterina Lo Bianco – Psicologa ad orientamento Sistemico-Relazionale
Salve, se non trova sostegno nella terapia che sta facendo attualmente non desista, magari cambiare approccio terapeutico rivolgendosi ad altro/a professionista può darle differenti prospettive da cui osservare ed approcciare il problema.
Suggerirei un Terapeuta con approccio Funzionale o Sistemico Relazionale.
Saluti.
Dr. Francesco Rossi.
Suggerirei un Terapeuta con approccio Funzionale o Sistemico Relazionale.
Saluti.
Dr. Francesco Rossi.
Comprendo l'immensa fatica che sta affrontando. Riconoscere questa fase difficile, dominata da stati confusionali, rimuginio, tristezza e rabbia, è già il primo passo verso il cambiamento. La sua situazione relazionale, caratterizzata dai ripetuti blocchi comunicativi come strategia di chiusura e punizione, ha creato un circolo vizioso disfunzionale che rinforza il timore dell'abbandono. È proprio questo timore che influenza la sua comunicazione non assertiva e mantiene il ciclo attivo: l'ansia di essere bloccato la porta a comunicare in modo inefficace, il che innesca il blocco, che a sua volta aumenta l'ansia, la confusione e il rimuginio. Il fatto che a livello razionale lei sappia cosa fare, ma fatichi a sganciarti, è tipico: il sistema cognitivo è in conflitto con il sistema emotivo e comportamentale. Il rimuginio agisce come un meccanismo di mantenimento che prosciuga le sue energie e la tiene mentalmente legato alla relazione, impedendole di passare all'azione. La chiave per interrompere questo schema è intervenire sul comportamento e sulle credenze disfunzionali sottostanti. Si concentri sull'interruzione immediata del rimuginio attraverso tecniche di distrazione o mindfulness, e stabilisca regole di contatto chiare e definitive, riconoscendo che l'ansia iniziale derivante dal distacco è la prova che sta rompendo lo schema, e non un segnale per tornare indietro. L'obiettivo è ripristinare il suo senso di autoefficacia e interrompere il rinforzo negativo legato all'abbandono.
Resto a disposizione.
Dott. Matteo Acquati
Resto a disposizione.
Dott. Matteo Acquati
Salve,
da ciò che racconta si percepisce una grande stanchezza emotiva, come se questa relazione avesse continuato a toglierle energie e sicurezza, lasciandola adesso in un terreno fragile. I blocchi improvvisi, le rotture in chat, l’impossibilità di esprimersi senza il timore che l’altra persona sparisse… tutto questo, nel tempo, può logorare profondamente.
Non è strano, quindi, che oggi lei viva stati confusionali, rimuginio e rabbia: spesso il corpo racconta così ciò che non siamo riusciti a dire mentre accadeva.
Mi sembra che, razionalmente, lei abbia compreso molto, ma che emotivamente qualcosa sia rimasto “incastrato”. E finché questo non trova uno spazio sicuro dove essere elaborato, è difficile riuscire davvero a sganciarsi, anche quando sappiamo che una relazione non ci fa bene.
Capisco anche la frustrazione nel sentire che la terapia non la stia aiutando più: a volte non è il percorso ad essere sbagliato, ma il momento o l’approccio. Può essere il segnale che serve un lavoro diverso, magari più centrato sul corpo, sulle emozioni bloccate o sulla ricostruzione della sicurezza interna. La terapia è il suo spazio: porti questi dubbi anche al/alla collega, così potrete capire insieme come procedere.
È importante che tenga in mente che non c’è niente di sbagliato in come sta reagendo: sta facendo i conti con una ferita profonda, che merita ascolto e non giudizio.
Forse, adesso, il passo più utile è proprio trovare uno spazio in cui poter rimettere al centro sé stesso e ciò che questa esperienza ha toccato, così da potersi finalmente permettere di lasciarla andare
da ciò che racconta si percepisce una grande stanchezza emotiva, come se questa relazione avesse continuato a toglierle energie e sicurezza, lasciandola adesso in un terreno fragile. I blocchi improvvisi, le rotture in chat, l’impossibilità di esprimersi senza il timore che l’altra persona sparisse… tutto questo, nel tempo, può logorare profondamente.
Non è strano, quindi, che oggi lei viva stati confusionali, rimuginio e rabbia: spesso il corpo racconta così ciò che non siamo riusciti a dire mentre accadeva.
Mi sembra che, razionalmente, lei abbia compreso molto, ma che emotivamente qualcosa sia rimasto “incastrato”. E finché questo non trova uno spazio sicuro dove essere elaborato, è difficile riuscire davvero a sganciarsi, anche quando sappiamo che una relazione non ci fa bene.
Capisco anche la frustrazione nel sentire che la terapia non la stia aiutando più: a volte non è il percorso ad essere sbagliato, ma il momento o l’approccio. Può essere il segnale che serve un lavoro diverso, magari più centrato sul corpo, sulle emozioni bloccate o sulla ricostruzione della sicurezza interna. La terapia è il suo spazio: porti questi dubbi anche al/alla collega, così potrete capire insieme come procedere.
È importante che tenga in mente che non c’è niente di sbagliato in come sta reagendo: sta facendo i conti con una ferita profonda, che merita ascolto e non giudizio.
Forse, adesso, il passo più utile è proprio trovare uno spazio in cui poter rimettere al centro sé stesso e ciò che questa esperienza ha toccato, così da potersi finalmente permettere di lasciarla andare
Posso dire che le donne per noi uomini sono un fenomeno della natura a cui non siamo avvezzi ? È davvero un pasticcio doloroso quello che si scatena e a cui Lei fa cenno. Il rischio che le angosce che viviamo in tali situazioni siano molto intense e profonde ci mette veramente a rischio di non riuscire a reggere e di combinare guai talvolta gravi (anche solo distruttivi della relazione - senza entrare del mondo delle aggressioni fisiche). Mi chiedo se la terapia non funzioni perché non riesce a portare davvero le angosce che sta vivendo al suo interno. Quando qualcosa ci fa impazzire non riusciamo a soffermarci sul proprio stato interiore insopportabile, e piuttosto ci spostiamo sugli eventi esterni e su quello che l'altro fa. Come se sia dall'altro/a che dipende la soluzione e la salvezza. Insista con la sua terapia, porti lì la sua disperazione e il suo dolore anche per gli effetti del comportamento di lei e vedrà che qualcosa cambierà, nella sua percezione della situazione. I miei auguri.
Gentile utente, la ringrazio per aver condiviso una parte così delicata della sua esperienza. Quello che descrive — stati confusionali, rimuginio, stanchezza emotiva, tristezza e rabbia — è comprensibile considerando il tipo di dinamica relazionale che ha vissuto negli ultimi anni.
Subire ripetutamente blocchi, interruzioni improvvise della comunicazione e rotture non chiarite di persona può essere molto destabilizzante. Episodi di questo tipo generano spesso un forte senso di insicurezza, paura dell’abbandono e un costante stato di allerta emotiva. È naturale che tutto ciò possa lasciare un’impronta profonda, soprattutto quando la relazione diventa un alternarsi di vicinanza e distacco.
Lei dice una cosa molto importante: “A livello razionale conosco tutto del problema, ma nella vita reale fatico a sganciarmi.” Questo accade spesso quando il vissuto emotivo va in una direzione diversa rispetto alla consapevolezza mentale. Non è un segno di debolezza: è il modo in cui funzionano i legami significativi, soprattutto quelli in cui ci si è sentiti ripetutamente invalidati o lasciati soli nei momenti di bisogno.
Non so quale tipo di terapia sta facendo ma sicuramente un percorso di supporto psicologico può esserle utile.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Subire ripetutamente blocchi, interruzioni improvvise della comunicazione e rotture non chiarite di persona può essere molto destabilizzante. Episodi di questo tipo generano spesso un forte senso di insicurezza, paura dell’abbandono e un costante stato di allerta emotiva. È naturale che tutto ciò possa lasciare un’impronta profonda, soprattutto quando la relazione diventa un alternarsi di vicinanza e distacco.
Lei dice una cosa molto importante: “A livello razionale conosco tutto del problema, ma nella vita reale fatico a sganciarmi.” Questo accade spesso quando il vissuto emotivo va in una direzione diversa rispetto alla consapevolezza mentale. Non è un segno di debolezza: è il modo in cui funzionano i legami significativi, soprattutto quelli in cui ci si è sentiti ripetutamente invalidati o lasciati soli nei momenti di bisogno.
Non so quale tipo di terapia sta facendo ma sicuramente un percorso di supporto psicologico può esserle utile.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Comprendo il profondamente il senso di stallo e il profondo malessere che sta attraversando. Leggere il suo messaggio comunica la chiarezza razionale di chi ha analizzato la situazione, ma allo stesso tempo il logorio emotivo di chi si sente bloccato. E’ importante riconoscere il coraggio che dimostra nell'esprimere non solo il dolore, ma anche la disillusione verso l'aiuto professionale, affermando che la “terapia non mi è più d'aiuto”. Questo è un segnale prezioso: indica che la conoscenza razionale ha raggiunto il suo limite e che ora è necessario un approccio che lavori sulla disconnessione emotiva e comportamentale. Ci sono evidenze scientifiche che spiegano questo divario tra sapere e fare. La sua esperienza di non riuscire a sganciarsi nonostante la piena consapevolezza razionale è un fenomeno infatti neurologico e psicologico estremamente comune e ben studiato. La sua mente sa come stanno le cose, ma il suo cuore ed il suo corpo non riescono a staccarsi. Questo accade perché ripetuti abbandoni hanno innescato una risposta di allarme emotivo profonda nel suo sistema, rendendo il suo cervello emotivo più potente di quello razionale. La costante lotta per capire e risolvere internamente questo dolore irrisolto è ciò che prosciuga le sue energie, causando confusione e fatica, spossatezza emotiva. Per sbloccarsi, deve spostare l'attenzione dall'analisi (sapere) all'azione concreta e all'accettazione emotiva. Potrebbe provare un nuovo percorso terapeutico, o affiancare quello che ha già intrapreso, con un/una professionista specializzato/a in trauma relazionale.
Buongiorno, grazie per la sua condivisione. Potrebbe essere importante portare al/alla sua terapeuta il suo vissuto e il fatto di sentire che la terapia non le sia più di aiuto. Sarà prezioso materiale su cui lavorare assieme.
Un grosso augurio di stare meglio e un caro saluto.
Dott.ssa Giorgia Colombo
Un grosso augurio di stare meglio e un caro saluto.
Dott.ssa Giorgia Colombo
Buongiorno,
Le emozioni che descrive — confusione, rimuginio, mancanza di energie, tristezza e rabbia — sono reazioni comprensibili quando ci si trova coinvolti in una relazione che, nel tempo, ha alternato momenti di vicinanza a ripetute interruzioni improvvise. Subire blocchi o rotture, senza un confronto diretto, può diventare molto destabilizzante e lasciare una forte impronta emotiva.
È significativo che lei riconosca il timore dell’abbandono come parte del problema: questa consapevolezza è già un elemento importante, ma non sempre basta per riuscire, da soli, a interrompere modalità relazionali che si sono radicate nel tempo. Il fatto che “razionalmente” lei comprenda bene ciò che accade, ma che “nella vita reale” faccia fatica a sganciarsi, è un’esperienza molto più comune di quanto possa sembrare. La mente può capire, ma il corpo e le emozioni hanno tempi diversi.
Rispetto al suo percorso terapeutico, capita talvolta di arrivare a un punto in cui si ha la sensazione di non procedere più. Questo non significa che la terapia non funzioni o che lei non sia in grado di cambiare: può semplicemente essere il segnale che ha bisogno di affrontare il suo vissuto da un’angolazione diversa, con strumenti nuovi o in un setting differente.
Un nuovo spazio di lavoro psicologico — o un breve periodo di consultazione per ridefinire gli obiettivi — potrebbe aiutarla a esplorare più a fondo i modelli relazionali che si riattivano, il timore dell’abbandono, e il peso emotivo che questa relazione ha lasciato.
Le emozioni che descrive — confusione, rimuginio, mancanza di energie, tristezza e rabbia — sono reazioni comprensibili quando ci si trova coinvolti in una relazione che, nel tempo, ha alternato momenti di vicinanza a ripetute interruzioni improvvise. Subire blocchi o rotture, senza un confronto diretto, può diventare molto destabilizzante e lasciare una forte impronta emotiva.
È significativo che lei riconosca il timore dell’abbandono come parte del problema: questa consapevolezza è già un elemento importante, ma non sempre basta per riuscire, da soli, a interrompere modalità relazionali che si sono radicate nel tempo. Il fatto che “razionalmente” lei comprenda bene ciò che accade, ma che “nella vita reale” faccia fatica a sganciarsi, è un’esperienza molto più comune di quanto possa sembrare. La mente può capire, ma il corpo e le emozioni hanno tempi diversi.
Rispetto al suo percorso terapeutico, capita talvolta di arrivare a un punto in cui si ha la sensazione di non procedere più. Questo non significa che la terapia non funzioni o che lei non sia in grado di cambiare: può semplicemente essere il segnale che ha bisogno di affrontare il suo vissuto da un’angolazione diversa, con strumenti nuovi o in un setting differente.
Un nuovo spazio di lavoro psicologico — o un breve periodo di consultazione per ridefinire gli obiettivi — potrebbe aiutarla a esplorare più a fondo i modelli relazionali che si riattivano, il timore dell’abbandono, e il peso emotivo che questa relazione ha lasciato.
Caro utente,
forse la terapia è proprio quella che sta facendo adesso, ma che le risulta in realtà di essere un impasse senza via d'uscita. Mi sembra di capire che sia una persona molto razionale, pronta all'azione nel momento in cui ci sia qualcosa che non va e con un pensiero molto dicotomico cioè bianco e nero che la porta ad essere sicuro di ciò che vuole e ciò che non vuole. Però tutta questa razionalità, tutti questi schemi, a volte possono togliere spazio alla propria parte emotiva, quella più umana, e quindi imprigionarci in schemi e pensieri fissi che ingabbiano invece di liberare. Dunque, le chiedo: e se per una volta non facesse, ma restasse? Se provasse a non passare alla pratica dopo tutta questa teoria e quindi prendesse solo atto e rimanesse anche nell'incertezza, nel dubbio, nel caos? Sarebbe possibile? La vita per definizione non è controllabile e a volte perdiamo il nesso cercando di trovare il modo di avere tutto sotto controllo...però a volte, saper gestire le cose è anche saper accogliere per come sono senza sentire il dovere di fare qualcosa.
Spero di essere stata d'aiuto con qualche domanda come spunto
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
forse la terapia è proprio quella che sta facendo adesso, ma che le risulta in realtà di essere un impasse senza via d'uscita. Mi sembra di capire che sia una persona molto razionale, pronta all'azione nel momento in cui ci sia qualcosa che non va e con un pensiero molto dicotomico cioè bianco e nero che la porta ad essere sicuro di ciò che vuole e ciò che non vuole. Però tutta questa razionalità, tutti questi schemi, a volte possono togliere spazio alla propria parte emotiva, quella più umana, e quindi imprigionarci in schemi e pensieri fissi che ingabbiano invece di liberare. Dunque, le chiedo: e se per una volta non facesse, ma restasse? Se provasse a non passare alla pratica dopo tutta questa teoria e quindi prendesse solo atto e rimanesse anche nell'incertezza, nel dubbio, nel caos? Sarebbe possibile? La vita per definizione non è controllabile e a volte perdiamo il nesso cercando di trovare il modo di avere tutto sotto controllo...però a volte, saper gestire le cose è anche saper accogliere per come sono senza sentire il dovere di fare qualcosa.
Spero di essere stata d'aiuto con qualche domanda come spunto
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
Salve, grazie per aver condiviso un suo vissuto cosi delicato. Attraverso un supporto psicologico costante, ( online o in presenza)può nel tempo, imparare a conoscere blocchi e parti di se che le creano malessere, per affrontare al meglio ogni situazione e riprendere in mano la sua vita. Resto a sua disposizione.
Buongiorno,
le consiglio di intraprendere un percorso con uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale allo scopo di appendere tecniche di gestione attiva del rimuginio e di indirizzarsi verso la costruzione di un buon livello di benessere per la sua vita presente e futura.
Cordiali saluti,
Luisa
le consiglio di intraprendere un percorso con uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale allo scopo di appendere tecniche di gestione attiva del rimuginio e di indirizzarsi verso la costruzione di un buon livello di benessere per la sua vita presente e futura.
Cordiali saluti,
Luisa
Gentile utente,
capire il problema non sempre basta per sciogliere il nodo emotivo che lo tiene vivo. Quando un legame ci ha feriti a intermittenza, lascia una traccia che non si spegne con la sola volontà: chiede tempo, cura e nuovi modi di stare con se stessi.
Potrebbe essere utile dire al suo terapeuta che oggi il suo bisogno non è “spiegare”, ma sentire un accompagnamento più concreto nel processo di distacco, nella gestione delle emozioni e nel ricostruire energie e fiducia fuori da quella relazione.
Se la terapia attuale non la sostiene più, è legittimo pensare anche a un nuovo percorso, un nuovo sguardo professionale. Non per ricominciare da zero, ma per continuare da un altro punto, con una voce diversa che cammina accanto alla sua.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio
capire il problema non sempre basta per sciogliere il nodo emotivo che lo tiene vivo. Quando un legame ci ha feriti a intermittenza, lascia una traccia che non si spegne con la sola volontà: chiede tempo, cura e nuovi modi di stare con se stessi.
Potrebbe essere utile dire al suo terapeuta che oggi il suo bisogno non è “spiegare”, ma sentire un accompagnamento più concreto nel processo di distacco, nella gestione delle emozioni e nel ricostruire energie e fiducia fuori da quella relazione.
Se la terapia attuale non la sostiene più, è legittimo pensare anche a un nuovo percorso, un nuovo sguardo professionale. Non per ricominciare da zero, ma per continuare da un altro punto, con una voce diversa che cammina accanto alla sua.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio
La ringrazio per aver condiviso la Sua esperienza. Quello che sta vivendo è comprensibile: subire ripetuti blocchi e interruzioni improvvise durante una relazione può lasciare un forte senso di insicurezza, alimentare la paura dell’abbandono e mantenere la mente in uno stato di allerta continua. È normale che, anche dopo la fine del rapporto, rimangano rimuginio, tristezza e confusione.
Lei dice di capire razionalmente la situazione ma di faticare a sganciarsi nella vita reale: questo accade quando la parte emotiva è stata ferita e non ha avuto una vera possibilità di chiudere o di sentirsi riconosciuta. Non è mancanza di volontà da parte Sua, ma una reazione umana a dinamiche relazionali ripetutamente destabilizzanti.
Per quanto riguarda la terapia, può succedere di avere periodi in cui sembra non aiutare più: a volte è utile parlarne apertamente con il/la terapeuta o valutare, se necessario, un approccio diverso.
L’importante è ricordare che recuperare stabilità dopo una relazione così altalenante richiede tempo e gentilezza verso sé stessi. Lei non è solo in ciò che sta vivendo e merita uno spazio sicuro in cui potersi riorientare. Un saluto!
Lei dice di capire razionalmente la situazione ma di faticare a sganciarsi nella vita reale: questo accade quando la parte emotiva è stata ferita e non ha avuto una vera possibilità di chiudere o di sentirsi riconosciuta. Non è mancanza di volontà da parte Sua, ma una reazione umana a dinamiche relazionali ripetutamente destabilizzanti.
Per quanto riguarda la terapia, può succedere di avere periodi in cui sembra non aiutare più: a volte è utile parlarne apertamente con il/la terapeuta o valutare, se necessario, un approccio diverso.
L’importante è ricordare che recuperare stabilità dopo una relazione così altalenante richiede tempo e gentilezza verso sé stessi. Lei non è solo in ciò che sta vivendo e merita uno spazio sicuro in cui potersi riorientare. Un saluto!
Buonasera. Sicuramente il timore di essere abbondato è reale e giustificato dai blocchi sui social piuttosto che assecondare una normale discussione o conflitto che ci può essere (e da gestire in presenza), nell'arco di 10 anni di relazione.
Significativo, invece, la sua percezione di "fatica a sganciarsi", di non riuscire a vedere in un percorso psicologico una possibilità di cura.
Se interessato, mi scriva e capiamo meglio insieme come poter sostenerla.
Significativo, invece, la sua percezione di "fatica a sganciarsi", di non riuscire a vedere in un percorso psicologico una possibilità di cura.
Se interessato, mi scriva e capiamo meglio insieme come poter sostenerla.
Grazie per aver condiviso con tanta sincerità quello che sta attraversando. Le situazioni che descrive , i blocchi ripetuti, le rotture improvvise in chat, la paura dell’abbandono, il rimuginio e il senso di smarrimento , possono lasciare segni profondi e far sentire intrappolati in un ciclo difficile da interrompere.
Il fatto che a livello razionale lei riconosca la dinamica, ma che nella pratica sia complicato “sganciarsi”, è qualcosa di molto umano. Le nostre relazioni più importanti non “abitano” solo nella mente: coinvolgono parti più antiche e sensibili di noi, che cercano sicurezza e riconoscimento e che reagiscono alla minima minaccia di perdita.
Anche la sensazione che la terapia non stia più aiutando può farla sentire ancora più solo. Spesso però questi momenti rappresentano una fase di passaggio: qualcosa dentro sta chiedendo un modo nuovo di affrontare il dolore, forse più centrato sulle emozioni e sul corpo che sulla sola comprensione razionale.
Se posso offrirle un messaggio, è questo: non è sbagliato che faccia così fatica. Non è una sua colpa. Ciò che ha vissuto tocca bisogni profondi e legittimi.
Continuare a chiedere aiuto , anche quando sembra inutile , è già un segnale di forza e di cura verso di sé. Può essere utile parlarne col suo terapeuta in modo diretto: esprimere la frustrazione, il senso di stallo, il desiderio di trovare insieme un modo diverso di lavorare.
Lei merita relazioni in cui non debba temere di sparire a ogni parola detta. E può costruirle, un passo alla volta.
Il fatto che a livello razionale lei riconosca la dinamica, ma che nella pratica sia complicato “sganciarsi”, è qualcosa di molto umano. Le nostre relazioni più importanti non “abitano” solo nella mente: coinvolgono parti più antiche e sensibili di noi, che cercano sicurezza e riconoscimento e che reagiscono alla minima minaccia di perdita.
Anche la sensazione che la terapia non stia più aiutando può farla sentire ancora più solo. Spesso però questi momenti rappresentano una fase di passaggio: qualcosa dentro sta chiedendo un modo nuovo di affrontare il dolore, forse più centrato sulle emozioni e sul corpo che sulla sola comprensione razionale.
Se posso offrirle un messaggio, è questo: non è sbagliato che faccia così fatica. Non è una sua colpa. Ciò che ha vissuto tocca bisogni profondi e legittimi.
Continuare a chiedere aiuto , anche quando sembra inutile , è già un segnale di forza e di cura verso di sé. Può essere utile parlarne col suo terapeuta in modo diretto: esprimere la frustrazione, il senso di stallo, il desiderio di trovare insieme un modo diverso di lavorare.
Lei merita relazioni in cui non debba temere di sparire a ogni parola detta. E può costruirle, un passo alla volta.
Buongiorno, la domanda è: cosa la tiene agganciato al problema? Cosa potrebbe succede se questo problema venisse meno nella sua vita? A volte non è il problema in sé, ma perché ci siamo legati. Cosa accadrebbe se effettivamente lei venisse abbandonato? Dovrebbe convivere con la solitudine, forse, con un senso di vuoto che lei sente colmato da una relazione affettiva, ma la verità è che lei deve bastare a se stesso, solo così potrà vivere serenamente una relazione, perché solo così la relazione sarà una bella aggiunta alla vita e non il perno che la regge. Non riesce a comunicare perché forse le fa male ammettere a se stesso e parlare con se stesso di quello che non vuole condividere con la sua coscienza, perché forse non si piace (posso solo fare congetture da quello che leggo). La comunicazione è importante perché è il nostro ponte con l'altro, non è un dettaglio trascurabile, va curata, e dobbiamo trovare anche chi ci capisce e chi è disposto ad ascoltarci. Questa relazione come l'ha descritta non mi sembra sana, non c'è un confronto che tenga conto in maniera cruda dei sentimenti l'uno dell'altra, sembra tanto volerli evitare, troncare la comunicazione finché la bufera non passa, quindi forse c'è anche un'incapacità dei componenti a supportare e sopportare le emozioni dell'altro per superare le difficoltà ed uscirne. Forse avete bisogno di percorsi terapeutici diversi, divisi, se volete salvare la coppia. Nello specifico, se per lei la terapia non è d'aiuto, cambi professionista, magari altri punti di vista possono aiutarla ad uscire da questo cerchio infinito, ma non molli: la vita è sua, deve riuscire a valorizzarla, non perda la speranza. Come vede, il problema va risolto, altrimenti si crea solo una montagna di problemi accumulati. Spero di esserle stata d'aiuto, le auguro di superare le difficoltà
Buongiorno,
dal suo racconto emerge chiaramente che sta attraversando un periodo molto complesso, caratterizzato da stati di confusione, tristezza, rabbia e stanchezza emotiva. Le esperienze di blocco e abbandono ripetute all’interno della relazione che descrive possono aver consolidato schemi di ansia relazionale e difficoltà nell’esprimere i propri bisogni, rendendo complesso il distacco o la gestione emotiva della situazione, anche quando a livello razionale ne è consapevole.
Questi vissuti possono essere intensi e difficili da gestire da soli, e non è raro che la consapevolezza razionale non basti a modificare il comportamento o le emozioni. A volte, quando una terapia non sembra più sufficiente, può essere utile valutare approcci diversi o integrativi, ad esempio lavorando su tecniche di regolazione emotiva, assertività, gestione dei traumi relazionali e rinforzo dell’autostima.
È fondamentale non affrontare tutto da soli: confrontarsi con uno specialista può aiutare a comprendere meglio i propri schemi emotivi e comportamentali e a costruire strategie concrete per ritrovare equilibrio e benessere.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
dal suo racconto emerge chiaramente che sta attraversando un periodo molto complesso, caratterizzato da stati di confusione, tristezza, rabbia e stanchezza emotiva. Le esperienze di blocco e abbandono ripetute all’interno della relazione che descrive possono aver consolidato schemi di ansia relazionale e difficoltà nell’esprimere i propri bisogni, rendendo complesso il distacco o la gestione emotiva della situazione, anche quando a livello razionale ne è consapevole.
Questi vissuti possono essere intensi e difficili da gestire da soli, e non è raro che la consapevolezza razionale non basti a modificare il comportamento o le emozioni. A volte, quando una terapia non sembra più sufficiente, può essere utile valutare approcci diversi o integrativi, ad esempio lavorando su tecniche di regolazione emotiva, assertività, gestione dei traumi relazionali e rinforzo dell’autostima.
È fondamentale non affrontare tutto da soli: confrontarsi con uno specialista può aiutare a comprendere meglio i propri schemi emotivi e comportamentali e a costruire strategie concrete per ritrovare equilibrio e benessere.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buongiorno. Sarebbe interessante sapere che tipo di terapia sta seguendo attualmente. Vi è probabilmente una certa ansia dovuta alla paura dell'abbandono che potrebbe avere cause nel suo vissuto personale che andrebbe esplorato. I sintomi che lei riferisce andrebbero indagati per cercare di capire a quale diagnosi ci si possa eventualmente riferire.
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