Buongiorno ho 49 anni sposato e con due bambini. Sin da adolescente ho iniziato a vestirmi di nasco
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Buongiorno ho 49 anni sposato e con due bambini.
Sin da adolescente ho iniziato a vestirmi di nascosto con abiti femminili e a truccarmi. Non so spiegarmi il motivo per cui ho iniziato ma quando sono in abiti femminili e mi vedo allo specchio le sensazioni che provo sono di sollievo, sento di essere me stessa, tornare in abiti maschili non mi piace.
Io vorrei intraprendere il percorso di transizione ma ho il terrore di parlare con uno psicologo, di fare coming out con la mia famiglia, di affrontare una società che non accetta le persone transessuali (non potrò mai passare come donna biologica viste le mie caratteristiche prettamente maschili alto 1,90, spalle larghe, mani grosse etc). Come posso rompere questo blocco psicologico ?
Grazie
Sin da adolescente ho iniziato a vestirmi di nascosto con abiti femminili e a truccarmi. Non so spiegarmi il motivo per cui ho iniziato ma quando sono in abiti femminili e mi vedo allo specchio le sensazioni che provo sono di sollievo, sento di essere me stessa, tornare in abiti maschili non mi piace.
Io vorrei intraprendere il percorso di transizione ma ho il terrore di parlare con uno psicologo, di fare coming out con la mia famiglia, di affrontare una società che non accetta le persone transessuali (non potrò mai passare come donna biologica viste le mie caratteristiche prettamente maschili alto 1,90, spalle larghe, mani grosse etc). Come posso rompere questo blocco psicologico ?
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facendo seduto di psicoterapia
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Buongiorno,
nelle tue parole non c’è confusione, c’è verità che chiede spazio. Quella sensazione di sollievo davanti allo specchio non è un capriccio né una fantasia tardiva, è un segnale profondo di allineamento, il corpo che per un attimo smette di difendersi e dice, così sto respirando.
Il blocco che descrivi non nasce dall’identità, nasce dalla paura. Paura di perdere l’amore, la stima, il ruolo, paura di ferire chi ami, paura dello sguardo sociale. È una paura comprensibile, soprattutto per chi, come te, ha costruito una vita responsabile, affettiva, generativa. Ma attenzione, non stai scegliendo tra verità e famiglia, stai cercando un modo perché la verità non distrugga ciò che ami.
La transizione non è un interruttore acceso o spento. È un percorso, spesso lungo, fatto prima di tutto di parola, di simbolizzazione, di ascolto. Parlare con uno psicologo non significa essere spinti da qualche parte, significa avere un luogo protetto dove non devi decidere nulla subito. Uno spazio dove puoi capire chi sei, cosa desideri davvero, e quali parti di te chiedono riconoscimento prima ancora del corpo.
Il tema del “non passerò mai” è una ferita narcisistica, non una condanna. Essere donna non coincide con aderire a uno standard estetico. Molte donne biologiche convivono con corpi non conformi, e non per questo sono meno donne. Il punto non è convincere il mondo, ma smettere di combattere contro te stessa.
Per rompere il blocco non serve il coraggio eroico, serve il passo minimo possibile oggi. Un primo colloquio, un nome detto sottovoce, una verità condivisa con una sola persona sicura. La paura si scioglie quando l’identità smette di essere solitaria.
Non sei in ritardo, non sei sbagliata, non sei una minaccia per nessuno. Sei una persona che ha vissuto a lungo in silenzio e ora chiede dignità psichica. Questo è già un atto di grande maturità.
Prenditi sul serio, senza violenza, senza fretta. La vita non chiede di essere riscritta tutta oggi, chiede solo di non essere più negata.
Se vuoi segui altri miei consigli su Instagram @adrianoformosoofficial
nelle tue parole non c’è confusione, c’è verità che chiede spazio. Quella sensazione di sollievo davanti allo specchio non è un capriccio né una fantasia tardiva, è un segnale profondo di allineamento, il corpo che per un attimo smette di difendersi e dice, così sto respirando.
Il blocco che descrivi non nasce dall’identità, nasce dalla paura. Paura di perdere l’amore, la stima, il ruolo, paura di ferire chi ami, paura dello sguardo sociale. È una paura comprensibile, soprattutto per chi, come te, ha costruito una vita responsabile, affettiva, generativa. Ma attenzione, non stai scegliendo tra verità e famiglia, stai cercando un modo perché la verità non distrugga ciò che ami.
La transizione non è un interruttore acceso o spento. È un percorso, spesso lungo, fatto prima di tutto di parola, di simbolizzazione, di ascolto. Parlare con uno psicologo non significa essere spinti da qualche parte, significa avere un luogo protetto dove non devi decidere nulla subito. Uno spazio dove puoi capire chi sei, cosa desideri davvero, e quali parti di te chiedono riconoscimento prima ancora del corpo.
Il tema del “non passerò mai” è una ferita narcisistica, non una condanna. Essere donna non coincide con aderire a uno standard estetico. Molte donne biologiche convivono con corpi non conformi, e non per questo sono meno donne. Il punto non è convincere il mondo, ma smettere di combattere contro te stessa.
Per rompere il blocco non serve il coraggio eroico, serve il passo minimo possibile oggi. Un primo colloquio, un nome detto sottovoce, una verità condivisa con una sola persona sicura. La paura si scioglie quando l’identità smette di essere solitaria.
Non sei in ritardo, non sei sbagliata, non sei una minaccia per nessuno. Sei una persona che ha vissuto a lungo in silenzio e ora chiede dignità psichica. Questo è già un atto di grande maturità.
Prenditi sul serio, senza violenza, senza fretta. La vita non chiede di essere riscritta tutta oggi, chiede solo di non essere più negata.
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