Buonasera, sono una ragazza di 30 anni e da qualche giorno ho il terrore della deglutizione. Non c’è
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Buonasera, sono una ragazza di 30 anni e da qualche giorno ho il terrore della deglutizione. Non c’è stato un episodio vero e proprio che ha scatenato questa cosa, se non che sono un soggetto ansioso e con attacchi di panico causati dalla mia ipocondria. Lo scorso anno ho sofferto di ansia molto forte che non mi lasciava vivere e decisi di fare un percorso con lo psicoterapeuta che è riuscito a farmi uscire dal loop ansia/paura/attacchi di panico in brevissimo tempo. Adesso quando si presentano gli attacchi di panico li so gestire e durano pochissimo. Dato che ora ho questa fobia, ho deciso di iniziare nuovamente la terapia con lui dalla prossima settimana. Non ho assolutamente problemi a deglutire liquidi, ma il pensiero di ingoiare cibi solidi mi fa veramente paura. Sto attraversando un periodo stressante causato dal lavoro. Potrebbe essere questa la causa scatenante? Se presa in tempo, posso uscirne facilmente? Ho notato inoltre, che se non ci penso e non voglio comandare il gesto di deglutire, a volte il cibo scende tranquillamente, a volte invece faccio dei piccoli sobbalzi perché è come se il movimento che dovrebbe essere naturale e automatico non arriva e mi impanico ed ho paura. Quando devo mangiare iniziano a sudarmi le mani per il terrore. Prima ho provato a sforzarmi un po’ e sembra come se un minimo riuscivo a deglutire meglio, ma quando mi fisso su questa cosa anche la saliva è un ostacolo. Ho una voglia matta di mangiare, ho fame ma ho questo blocco. Cerco anche di fare esercizi per rilassarmi, con respirazione e meditazione. Può aiutare? Se ne può uscire senza farmaci?
Grazie
Grazie
Buongiorno,
la ringrazio per la sua condivisione. La sintomatologia che descrive è coerente con una presa in carico psicoterapeutica. Ha fatto bene a ricontattare lo psicoterapeuta che l’aveva già aiutata: vedrà che la sintomatologia tenderà a regredire in tempi relativamente brevi.
Quello che le consiglierei, tuttavia, è di cercare di approfondire e indagare le motivazioni più profonde legate a questi sintomi — ansiosi, fobici e somatici — altrimenti il rischio è che possano ripresentarsi, come già accaduto a distanza di un anno.
Nello specifico, se dovessi “giocare” con quanto lei ha scritto, mi verrebbe da chiedermi, metaforicamente: che cosa rappresentano i cibi liquidi, e che cosa invece quelli solidi?
C’è qualcosa che, nella sua quotidianità, le risulta difficile da “ingoiare”? Qualche ingiustizia, o forse qualcosa connesso alla sfera lavorativa? E tutto questo — se fosse così — come si intreccia con la sua storia familiare e con il suo sviluppo personale?
Infine, lei scrive “ho una voglia matta di mangiare”: anche questa frase, potrebbe essere letta in chiave simbolica? È possibile che esprima un bisogno di nutrimento che va oltre l’alimentazione, magari riferito proprio alla sfera professionale?
Sono solo spunti di riflessione, ma spero possano esserle d’aiuto.
Cordiali saluti
la ringrazio per la sua condivisione. La sintomatologia che descrive è coerente con una presa in carico psicoterapeutica. Ha fatto bene a ricontattare lo psicoterapeuta che l’aveva già aiutata: vedrà che la sintomatologia tenderà a regredire in tempi relativamente brevi.
Quello che le consiglierei, tuttavia, è di cercare di approfondire e indagare le motivazioni più profonde legate a questi sintomi — ansiosi, fobici e somatici — altrimenti il rischio è che possano ripresentarsi, come già accaduto a distanza di un anno.
Nello specifico, se dovessi “giocare” con quanto lei ha scritto, mi verrebbe da chiedermi, metaforicamente: che cosa rappresentano i cibi liquidi, e che cosa invece quelli solidi?
C’è qualcosa che, nella sua quotidianità, le risulta difficile da “ingoiare”? Qualche ingiustizia, o forse qualcosa connesso alla sfera lavorativa? E tutto questo — se fosse così — come si intreccia con la sua storia familiare e con il suo sviluppo personale?
Infine, lei scrive “ho una voglia matta di mangiare”: anche questa frase, potrebbe essere letta in chiave simbolica? È possibile che esprima un bisogno di nutrimento che va oltre l’alimentazione, magari riferito proprio alla sfera professionale?
Sono solo spunti di riflessione, ma spero possano esserle d’aiuto.
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Buonasera,
da ciò che descrive, è evidente che sta affrontando un momento delicato, in cui l’ansia sembra aver trovato una nuova modalità per esprimersi attraverso una fobia legata alla deglutizione, un fenomeno noto anche come pseudo-disfagia di origine ansiosa. È molto comune, in persone con una struttura ansiosa e una storia di ipocondria, che lo stress trovi canali specifici di manifestazione, spesso corporei, e la deglutizione è un gesto naturale che, se controllato in modo eccessivo, può diventare motivo di forte disagio.
Il fatto che lei riferisca di non avere problemi fisici reali nella deglutizione, ma che il blocco si presenti quando entra in gioco il controllo consapevole del gesto, è un segnale che ci troviamo di fronte a una somatizzazione dell’ansia, che può accentuarsi in periodi stressanti — come quello lavorativo che ha menzionato.
Il circolo vizioso che si attiva è questo: pensiero ansioso → controllo eccessivo del gesto → difficoltà reale → aumento della paura → evitamento del cibo solido, con conseguente incremento dello stress e della focalizzazione sul problema. È positivo che abbia già sperimentato un percorso terapeutico efficace e che stia per riprenderlo: questo è un ottimo passo. La sua capacità di riconoscere i segnali e di cercare aiuto dimostra consapevolezza e desiderio di affrontare il problema.
Le tecniche di rilassamento, respirazione e meditazione che sta già applicando sono strumenti molto utili per ridurre l’attivazione ansiosa. Insieme alla terapia, possono costituire un valido supporto. Nella maggior parte dei casi, se affrontato precocemente, questo tipo di disturbo può regredire senza bisogno di ricorrere ai farmaci, soprattutto quando la persona ha già sviluppato strategie di gestione dell’ansia.
La chiave è non evitare del tutto il gesto che spaventa, ma affrontarlo gradualmente in un contesto di sicurezza e accompagnamento terapeutico, imparando a tollerare il disagio iniziale. Anche un intervento cognitivo-comportamentale, mirato alla desensibilizzazione e alla ristrutturazione dei pensieri disfunzionali, può essere molto utile in questi casi.
In ogni caso, sarebbe utile e consigliato per approfondire e affrontare al meglio la situazione rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
da ciò che descrive, è evidente che sta affrontando un momento delicato, in cui l’ansia sembra aver trovato una nuova modalità per esprimersi attraverso una fobia legata alla deglutizione, un fenomeno noto anche come pseudo-disfagia di origine ansiosa. È molto comune, in persone con una struttura ansiosa e una storia di ipocondria, che lo stress trovi canali specifici di manifestazione, spesso corporei, e la deglutizione è un gesto naturale che, se controllato in modo eccessivo, può diventare motivo di forte disagio.
Il fatto che lei riferisca di non avere problemi fisici reali nella deglutizione, ma che il blocco si presenti quando entra in gioco il controllo consapevole del gesto, è un segnale che ci troviamo di fronte a una somatizzazione dell’ansia, che può accentuarsi in periodi stressanti — come quello lavorativo che ha menzionato.
Il circolo vizioso che si attiva è questo: pensiero ansioso → controllo eccessivo del gesto → difficoltà reale → aumento della paura → evitamento del cibo solido, con conseguente incremento dello stress e della focalizzazione sul problema. È positivo che abbia già sperimentato un percorso terapeutico efficace e che stia per riprenderlo: questo è un ottimo passo. La sua capacità di riconoscere i segnali e di cercare aiuto dimostra consapevolezza e desiderio di affrontare il problema.
Le tecniche di rilassamento, respirazione e meditazione che sta già applicando sono strumenti molto utili per ridurre l’attivazione ansiosa. Insieme alla terapia, possono costituire un valido supporto. Nella maggior parte dei casi, se affrontato precocemente, questo tipo di disturbo può regredire senza bisogno di ricorrere ai farmaci, soprattutto quando la persona ha già sviluppato strategie di gestione dell’ansia.
La chiave è non evitare del tutto il gesto che spaventa, ma affrontarlo gradualmente in un contesto di sicurezza e accompagnamento terapeutico, imparando a tollerare il disagio iniziale. Anche un intervento cognitivo-comportamentale, mirato alla desensibilizzazione e alla ristrutturazione dei pensieri disfunzionali, può essere molto utile in questi casi.
In ogni caso, sarebbe utile e consigliato per approfondire e affrontare al meglio la situazione rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buonasera,
Quello che descrive ha molte caratteristiche riconducibili a una fobia specifica legata alla deglutizione, a sua volta spesso alimentata da un circolo vizioso tra ansia anticipatoria, ipercontrollo corporeo e iperconsapevolezza del gesto automatico. Non è raro che, in soggetti con una struttura ansiosa e tratti ipocondriaci, il corpo diventi il "luogo" in cui si manifesta il disagio psichico, dando vita a vere e proprie somatizzazioni o blocchi funzionali.
Il fatto che lei riesca a mangiare normalmente quando “non ci pensa” è già un indizio prezioso: ci parla di un meccanismo psicosomatico reversibile, legato al controllo cognitivo e alla paura, più che a un’alterazione organica. Il desiderio di mangiare è intatto: è la mente, non il corpo, che sta “bloccando la gola”. Questo si osserva spesso nei momenti di stress acuto o iperattivazione emotiva, come nel suo caso con il lavoro.
Sta già facendo cose molto corrette: riconoscere il problema, chiedere aiuto, riprendere il percorso terapeutico, praticare mindfulness, respirazione diaframmatica, esposizione graduale al gesto temuto. Sono tutte tecniche che in un approccio come quello della terapia cognitivo-comportamentale (CBT) mostrano un’elevata efficacia.
Sì, se presa in tempo, questa forma di disagio può evolvere positivamente, spesso senza bisogno di farmaci, specialmente se la motivazione al cambiamento e il supporto terapeutico sono già presenti. La paura che “qualcosa non scenda” è una metafora potente: le chieda anche cosa sta cercando di “ingoiare” nella vita in questo momento. A volte, i sintomi parlano un linguaggio simbolico che vale la pena ascoltare con cura.
Un percorso psicoterapeutico, se ben condotto, non solo aiuta a superare il sintomo, ma insegna anche a leggere in profondità il senso di ciò che accade. E questo può diventare un punto di svolta personale.
Un caro saluto,
Nicolò Paluzzi Monti
Quello che descrive ha molte caratteristiche riconducibili a una fobia specifica legata alla deglutizione, a sua volta spesso alimentata da un circolo vizioso tra ansia anticipatoria, ipercontrollo corporeo e iperconsapevolezza del gesto automatico. Non è raro che, in soggetti con una struttura ansiosa e tratti ipocondriaci, il corpo diventi il "luogo" in cui si manifesta il disagio psichico, dando vita a vere e proprie somatizzazioni o blocchi funzionali.
Il fatto che lei riesca a mangiare normalmente quando “non ci pensa” è già un indizio prezioso: ci parla di un meccanismo psicosomatico reversibile, legato al controllo cognitivo e alla paura, più che a un’alterazione organica. Il desiderio di mangiare è intatto: è la mente, non il corpo, che sta “bloccando la gola”. Questo si osserva spesso nei momenti di stress acuto o iperattivazione emotiva, come nel suo caso con il lavoro.
Sta già facendo cose molto corrette: riconoscere il problema, chiedere aiuto, riprendere il percorso terapeutico, praticare mindfulness, respirazione diaframmatica, esposizione graduale al gesto temuto. Sono tutte tecniche che in un approccio come quello della terapia cognitivo-comportamentale (CBT) mostrano un’elevata efficacia.
Sì, se presa in tempo, questa forma di disagio può evolvere positivamente, spesso senza bisogno di farmaci, specialmente se la motivazione al cambiamento e il supporto terapeutico sono già presenti. La paura che “qualcosa non scenda” è una metafora potente: le chieda anche cosa sta cercando di “ingoiare” nella vita in questo momento. A volte, i sintomi parlano un linguaggio simbolico che vale la pena ascoltare con cura.
Un percorso psicoterapeutico, se ben condotto, non solo aiuta a superare il sintomo, ma insegna anche a leggere in profondità il senso di ciò che accade. E questo può diventare un punto di svolta personale.
Un caro saluto,
Nicolò Paluzzi Monti
Buonasera,
la ringrazio per aver condiviso con tanta precisione e consapevolezza ciò che sta vivendo. È evidente che ha già compiuto un percorso importante su di sé e che ha imparato a riconoscere i segnali del proprio corpo e della propria mente — un passo fondamentale, che merita riconoscimento.
La difficoltà legata alla deglutizione che descrive è una condizione nota e relativamente frequente nei contesti ansiosi. Non c’è nulla di anomalo in ciò che sta sperimentando: quando l’ansia si concentra su un gesto normalmente automatico, come deglutire, può interferire con la sua naturalezza, generando una sensazione di blocco o di pericolo. Si tratta del meccanismo dell’ipercontrollo: più cerchiamo di controllare una funzione corporea, più questa tende a irrigidirsi. In un periodo di stress — come quello che sta affrontando sul piano lavorativo — l’ansia può trovare nuovi "canali" per esprimersi.
Il fatto che lei senta fame, desiderio di mangiare, e al tempo stesso sia consapevole del blocco, è un segnale positivo: non si tratta di una perdita di appetito, ma di una difficoltà legata al timore e su questo si può lavorare efficacemente.
Ha fatto molto bene a ricontattare il suo psicoterapeuta: poter parlare apertamente di ciò che accade, delle sue sensazioni fisiche e dei pensieri che le accompagnano, sarà fondamentale per interrompere il circolo ansia–paura–evitamento prima che si irrigidisca.
Le tecniche di rilassamento e respirazione che già sta utilizzando possono aiutarla nel breve termine a ridurre l’attivazione fisiologica, ma il lavoro terapeutico potrà approfondire il significato che questa nuova fobia assume per lei in questo momento della sua vita.
Inoltre, per sua maggiore tranquillità, potrebbe essere utile effettuare anche un controllo medico, ad esempio con il proprio medico di base o un otorino, per escludere eventuali cause organiche. È una precauzione che può aiutare a rafforzare ulteriormente la fiducia nel percorso psicologico, liberandolo dal dubbio.
Sì, è possibile uscirne anche senza farmaci — come ha già sperimentato in passato con l'ansia — purché il disagio venga accolto e affrontato con continuità, come già sta facendo. Ogni sintomo ha un messaggio da comunicare: non va zittito, ma ascoltato, compreso e trasformato.
la ringrazio per aver condiviso con tanta precisione e consapevolezza ciò che sta vivendo. È evidente che ha già compiuto un percorso importante su di sé e che ha imparato a riconoscere i segnali del proprio corpo e della propria mente — un passo fondamentale, che merita riconoscimento.
La difficoltà legata alla deglutizione che descrive è una condizione nota e relativamente frequente nei contesti ansiosi. Non c’è nulla di anomalo in ciò che sta sperimentando: quando l’ansia si concentra su un gesto normalmente automatico, come deglutire, può interferire con la sua naturalezza, generando una sensazione di blocco o di pericolo. Si tratta del meccanismo dell’ipercontrollo: più cerchiamo di controllare una funzione corporea, più questa tende a irrigidirsi. In un periodo di stress — come quello che sta affrontando sul piano lavorativo — l’ansia può trovare nuovi "canali" per esprimersi.
Il fatto che lei senta fame, desiderio di mangiare, e al tempo stesso sia consapevole del blocco, è un segnale positivo: non si tratta di una perdita di appetito, ma di una difficoltà legata al timore e su questo si può lavorare efficacemente.
Ha fatto molto bene a ricontattare il suo psicoterapeuta: poter parlare apertamente di ciò che accade, delle sue sensazioni fisiche e dei pensieri che le accompagnano, sarà fondamentale per interrompere il circolo ansia–paura–evitamento prima che si irrigidisca.
Le tecniche di rilassamento e respirazione che già sta utilizzando possono aiutarla nel breve termine a ridurre l’attivazione fisiologica, ma il lavoro terapeutico potrà approfondire il significato che questa nuova fobia assume per lei in questo momento della sua vita.
Inoltre, per sua maggiore tranquillità, potrebbe essere utile effettuare anche un controllo medico, ad esempio con il proprio medico di base o un otorino, per escludere eventuali cause organiche. È una precauzione che può aiutare a rafforzare ulteriormente la fiducia nel percorso psicologico, liberandolo dal dubbio.
Sì, è possibile uscirne anche senza farmaci — come ha già sperimentato in passato con l'ansia — purché il disagio venga accolto e affrontato con continuità, come già sta facendo. Ogni sintomo ha un messaggio da comunicare: non va zittito, ma ascoltato, compreso e trasformato.
Ciao, Grazie per la domanda, molto sentita e comune in chi soffre d’ansia.
La paura di deglutire può insorgere in periodi di stress ed è spesso legata all’ansia e al bisogno di controllo sul corpo. Anche se non c’è un evento scatenante preciso, può bastare un momento di tensione emotiva per attivare questo tipo di fobia.
Il fatto che tu stia tornando in terapia è un ottimo passo: se affrontata subito, questa difficoltà si può superare, spesso anche senza farmaci. Tecniche di rilassamento, esposizione graduale e lavoro sui pensieri legati alla paura sono molto efficaci.
Hai già dimostrato di saper gestire l’ansia: con il giusto supporto, anche questa fase passerà.
La paura di deglutire può insorgere in periodi di stress ed è spesso legata all’ansia e al bisogno di controllo sul corpo. Anche se non c’è un evento scatenante preciso, può bastare un momento di tensione emotiva per attivare questo tipo di fobia.
Il fatto che tu stia tornando in terapia è un ottimo passo: se affrontata subito, questa difficoltà si può superare, spesso anche senza farmaci. Tecniche di rilassamento, esposizione graduale e lavoro sui pensieri legati alla paura sono molto efficaci.
Hai già dimostrato di saper gestire l’ansia: con il giusto supporto, anche questa fase passerà.
Gentile Utente, credo lei abbia fatto la cosa giusta a riscrivere al suo terapeuta che l'ha seguita in precedenza e con cui ha costruito una buona alleanza terapeuta. Può accadere che in fasi di grande stress possano esserci delle ricadute, ma la sua consapevolezza, e capacità di aver chiesto aiuto potranno essere per lei ottimi punti di partenza. Credo inoltre che nelle sue righe ci siano molti spunti di riflessione, su quanto lei sia consapevole che in alcuni momenti tale sintomo scompare e torna nel momento in cui tornano pensieri di ansia e forte preoccupazione. Sicuramente esporsi, fare esercizi di rilassamento e meditazione sono ottime strategie. Cordialmente dott.ssa Alessia D'Angelo
Gentile,
la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza la sua esperienza. Capisco quanto possa essere spiazzante trovarsi improvvisamente in difficoltà con un gesto automatico come la deglutizione, soprattutto in un periodo già segnato da stress e riattivazione ansiosa. Il legame tra ansia e fobie specifiche, come quella legata al cibo solido, è noto: il corpo, in stato di allerta, può reagire anche su funzioni naturali. Il fatto che lei abbia già affrontato un percorso psicologico con buoni risultati e che abbia deciso di riprenderlo è un passo importante e molto positivo. Il sintomo che descrive – ovvero riuscire a deglutire meglio quando non è focalizzata sul gesto – suggerisce che la difficoltà è legata più al controllo e alla paura che a un vero ostacolo fisico. In questi casi, il lavoro psicologico può aiutare a ritrovare fiducia nel corpo e nelle sue risorse. Gli esercizi di respirazione e rilassamento sono certamente utili, e se il disagio viene affrontato in tempo, è assolutamente possibile superarlo anche senza ricorrere a farmaci. Resto volentieri a disposizione, in presenza o online, se sentisse il bisogno di un ulteriore supporto.
Un caro saluto,Dott. Matteo De Nicoló, Psicologo psicoterapeuta
la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza la sua esperienza. Capisco quanto possa essere spiazzante trovarsi improvvisamente in difficoltà con un gesto automatico come la deglutizione, soprattutto in un periodo già segnato da stress e riattivazione ansiosa. Il legame tra ansia e fobie specifiche, come quella legata al cibo solido, è noto: il corpo, in stato di allerta, può reagire anche su funzioni naturali. Il fatto che lei abbia già affrontato un percorso psicologico con buoni risultati e che abbia deciso di riprenderlo è un passo importante e molto positivo. Il sintomo che descrive – ovvero riuscire a deglutire meglio quando non è focalizzata sul gesto – suggerisce che la difficoltà è legata più al controllo e alla paura che a un vero ostacolo fisico. In questi casi, il lavoro psicologico può aiutare a ritrovare fiducia nel corpo e nelle sue risorse. Gli esercizi di respirazione e rilassamento sono certamente utili, e se il disagio viene affrontato in tempo, è assolutamente possibile superarlo anche senza ricorrere a farmaci. Resto volentieri a disposizione, in presenza o online, se sentisse il bisogno di un ulteriore supporto.
Un caro saluto,Dott. Matteo De Nicoló, Psicologo psicoterapeuta
Buonasera, il periodo stressante che ha attraversato e che sta attraversando , può aver fatto scatenare questa nuova fobia che si acuisce nei momenti di maggiore ansia.
Sicuramente riprendere un percorso terapeutico non solo per curare il sintomo, ma anche per affrontare e rielaborare la propria storia di vita le sarebbe molto utile, il percorso potrebbe richiedere tempo per affrontare anche tematiche sottostanti legate a eventi del suo passato, ma ne varrà sicuramente la pena
Sicuramente riprendere un percorso terapeutico non solo per curare il sintomo, ma anche per affrontare e rielaborare la propria storia di vita le sarebbe molto utile, il percorso potrebbe richiedere tempo per affrontare anche tematiche sottostanti legate a eventi del suo passato, ma ne varrà sicuramente la pena
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno, è un sintomo dell'ansia e lei sta già cercando di affrontarlo ma mi sembra con difficoltà. Sul momento potrebbe aiutarla un ansiolitico, anche blando che può farsi prescrivere dal suo medico. In ogni caso la potrebbe aiutare una psicoterapia per affrontare ciò che la fa entrare in questo stato di ipervigilanza. Se vuole a disposizione anche on line. Saluti
Gent.Utente, da quello che racconta, emerge una difficoltà legata all’ansia e al bisogno di controllo. Quando cerchiamo di comandare” un movimento che normalmente avviene in modo automatico, è molto facile che questo finisca per diventare difficoltoso.
Il fatto che in alcuni momenti riesca a deglutire senza problemi, soprattutto quando non ci pensa troppo ci suggerisce che l’ostacolo non è nel corpo, ma nel modo in cui l’ansia sta influenzando l’attenzione e la percezione.
È altrettanto importante che abbia riconosciuto questa manifestazione ansiosa e abbia deciso di tornare in terapia. La sua esperienza positiva nel percorso precedente è già una risorsa preziosa. Lo stress lavorativo che sta vivendo inoltre può certamente aver avuto un ruolo nel riattivare una vulnerabilità già presente.
Quanto agli esercizi di rilassamento, respirazione e meditazione, questi sono strumenti molto utili, soprattutto se praticati con regolarità. Possono aiutare a ridurre l’ipercontrollo e a “disattivare” un sistema nervoso che in questo momento è probabilmente in uno stato di allerta costante.
Sarà comunque il suo terapeuta, in base all’andamento del percorso, a valutare con lei tutte le opzioni migliori.
Cordialmente, AM
Il fatto che in alcuni momenti riesca a deglutire senza problemi, soprattutto quando non ci pensa troppo ci suggerisce che l’ostacolo non è nel corpo, ma nel modo in cui l’ansia sta influenzando l’attenzione e la percezione.
È altrettanto importante che abbia riconosciuto questa manifestazione ansiosa e abbia deciso di tornare in terapia. La sua esperienza positiva nel percorso precedente è già una risorsa preziosa. Lo stress lavorativo che sta vivendo inoltre può certamente aver avuto un ruolo nel riattivare una vulnerabilità già presente.
Quanto agli esercizi di rilassamento, respirazione e meditazione, questi sono strumenti molto utili, soprattutto se praticati con regolarità. Possono aiutare a ridurre l’ipercontrollo e a “disattivare” un sistema nervoso che in questo momento è probabilmente in uno stato di allerta costante.
Sarà comunque il suo terapeuta, in base all’andamento del percorso, a valutare con lei tutte le opzioni migliori.
Cordialmente, AM
Buongiorno, si comprende dalle sue parole quanto questo problema le stia creando difficoltà e profondo disagio. Ha fatto bene a riprendere il percorso con il suo psicoterapeuta che potrà aiutarla a fronteggiare questo momento dandole delle strategie per riprendere ad alimentarsi, cosa fondamentale per la sua salute fisica e psicologica. E' necessario che il suo terapeuta la aiuti a comprendere da dove nasce questo suo stato ansioso, per avvicinarla alla possibilità di elaborare delle ferite non ancora risolte. In una fase iniziale risolvere il sintomo può essere una priorità, ma non dovrà fermarsi a questo momento per poter stare meglio a lungo termine.
Le strategie che sta utilizzando (respirazione, meditazione) sono un ottimo aiuto, anche se come lei stessa riferisce non sono sufficienti a risolvere il problema. Affiancate da un percorso di psicoterapia possono diventare ottimi strumenti di autoaiuto, che le permettono di attenuare i pensieri e le paure che la bloccano. Per quanto riguarda i farmaci, dipende dalla gravità del problema, cioè da quanto sta influendo negativamente sulla sua possibilità di nutrirsi e sul mantenimento del suo peso ottimale.
Lo valuterà insieme al suo medico e al suo terapeuta, che prenderanno in considerazione tutti gli elementi clinici necessari per pianificare il percorso di cura a lei più appropriato.
Un caro augurio e un cordiale saluto
Le strategie che sta utilizzando (respirazione, meditazione) sono un ottimo aiuto, anche se come lei stessa riferisce non sono sufficienti a risolvere il problema. Affiancate da un percorso di psicoterapia possono diventare ottimi strumenti di autoaiuto, che le permettono di attenuare i pensieri e le paure che la bloccano. Per quanto riguarda i farmaci, dipende dalla gravità del problema, cioè da quanto sta influendo negativamente sulla sua possibilità di nutrirsi e sul mantenimento del suo peso ottimale.
Lo valuterà insieme al suo medico e al suo terapeuta, che prenderanno in considerazione tutti gli elementi clinici necessari per pianificare il percorso di cura a lei più appropriato.
Un caro augurio e un cordiale saluto
Gentilissima, capisco che possa spaventarsi se avverte di non deglutire cibi solidi; se non ha ancora fatto degli esami per valutare eventuali danni d'organo, non escluda di procedere in tal senso, pur se evidenzio che in momenti di stress e ansia forte è normale che il corpo reagisca attivando spasmi alla gola per la contrazione dei muscoli della faringe e dell'esofago; tale sintomatologia però scompare se si ripristina una situazione di calma, o analogamente, come lei afferma, quando non ci si focalizza su problema; in questi ultimi casi, la disfagia potrebbe essere prodotta dall'ansia/panico, o dall'ipocondria. Ottimo allora che abbia ripreso la Psicoterapia perchè i sintomi potrebbero risolversi, lavorando sull'ansia, continuando ad utilizzare le tecniche di rilassamento e di meditazione e limitando progressivamente l'evitamento. Inoltre potrà approfondire con il terapeuta alcune domande che mi verrebbe da porle per capire meglio la sua situazione: per es. dice che il problema della deglutizione e il terrore di mangiare sia presente da tre giorni, ma comunque negli ultimi tempi il suo peso è cambiato, o ha ridotto la varietà o la quantità di cibo, o ha introdotto integratori perché non riusciva a nutrirsi sufficientemente?; o ancora, quando evita certi cibi, lo fa perché teme di soffocare o perché non ne sopporta sapore/consistenza , odore?
Il terapeuta valutando il grado di ansia attuale e l'entità dell'evitamento del cibo potrà fare un eventuale invio da altro curante per valutare l'opportunità o meno dell'inizio di una terapia farmacologica.
Saluti
Il terapeuta valutando il grado di ansia attuale e l'entità dell'evitamento del cibo potrà fare un eventuale invio da altro curante per valutare l'opportunità o meno dell'inizio di una terapia farmacologica.
Saluti
Buon pomeriggio, grazie della condivisione, è importante che possa con il suo terapeuta approfondire questa tipo di paura. Può essere utile esplorare adeguatamente cosa non le piace del momento deglutizione e in quali altre situazioni potrebbe essersi sentita così. Inoltre lavorare gradualmente sui pensieri che emergono di fronte alle situazioni da lei descritte e lavorare sul modo in cui le si rapporta a determinati pensieri, così da spostare l'attenzione sulla piacevolezza del cibo in quel momento. Se ha precedentemente lavorato sul panico ed eventuali interpretazioni catastrofiche in terapia, può provare a lavorare anche su questa paura con il professionista di riferimento. Resto a disposizione. Un cordiale saluto.
Salve, sicuramente con un percorso di psicoterapia si può lavorare sul sintomo e anche sulle origini. Il lavoro integrato con tecniche di respirazione e meditazione (efficaci in caso di ansia) sicuramente può essere valido, ma la invito a confrontarsi con il suo terapeuta in merito. In bocca al lupo!
Buonasera, la paura della deglutizione è la punta dell'iceberg, bisognerebbe approfondire quali sono gli eventi di vita che hanno portato alla memorizzazione somatica di questo movimento fisiologico come pericoloso.
In questi casi la terapia cognitivo- comportamentale integrata al trattamento dell'Emdr e della Flash risultano essere i più efficaci.
In questi casi la terapia cognitivo- comportamentale integrata al trattamento dell'Emdr e della Flash risultano essere i più efficaci.
Carissima,
gli esercizi di respirazione sono sicuramente utili, come potrebbero esserlo anche dei farmaci miorilassanti o ansiolitici: l'utilità del farmaco potrebbe essere quella di "controllare" la parte che per ora non è ancora sotto il tuo "dominio" per permetterti di conoscerla meglio, capirla e imparare a controllarla meglio.
Tieni conto anche che ricominciare a mangiare (anche nel caso con l'aiuto di un farmaco) ti permetterebbe di "stare meglio" anche dal punto di vista endorfinico, scatenando a cascata una serie di conseguenze positive che ti potrebbero aiutare a controllare meglio il tuo disturbo.
Per ogni cosa resto comunque a disposizione.
Dott. Sebastiano Pegorer
gli esercizi di respirazione sono sicuramente utili, come potrebbero esserlo anche dei farmaci miorilassanti o ansiolitici: l'utilità del farmaco potrebbe essere quella di "controllare" la parte che per ora non è ancora sotto il tuo "dominio" per permetterti di conoscerla meglio, capirla e imparare a controllarla meglio.
Tieni conto anche che ricominciare a mangiare (anche nel caso con l'aiuto di un farmaco) ti permetterebbe di "stare meglio" anche dal punto di vista endorfinico, scatenando a cascata una serie di conseguenze positive che ti potrebbero aiutare a controllare meglio il tuo disturbo.
Per ogni cosa resto comunque a disposizione.
Dott. Sebastiano Pegorer
Ciao Gentilissima, grazie per aver condiviso con tanta sincerità quello che stai vivendo. Quello che descrivi è un’esperienza più comune di quanto si pensi, soprattutto tra chi ha già conosciuto l’ansia da vicino. Quando la nostra mente si focalizza su un gesto naturale come la deglutizione, può trasformarlo in qualcosa di innaturale, creando timore dove prima c’era spontaneità. Non perché ci sia qualcosa di “sbagliato” in te, ma perché la mente sta cercando di proteggerti… anche quando esagera. La buona notizia è che sei già in cammino. Hai riconosciuto il momento di difficoltà, hai già sperimentato quanto possa aiutare la terapia, e hai deciso di riprendere quel percorso. Questo è un atto di forza e di cura verso te stessa. Gli esercizi di respirazione e meditazione possono sicuramente aiutare a creare uno spazio di calma, a rallentare un ciclo che spesso si alimenta da solo. Non sono una “cura magica”, ma possono diventare un alleato prezioso.
E per quanto riguarda i farmaci: ogni percorso è personale, ma in molti casi come il tuo è possibile lavorare senza, soprattutto se la difficoltà viene affrontata subito, come stai facendo tu. Ne parlerei comunque in seduta con il tuo terapeuta.
Un caro saluto.
E per quanto riguarda i farmaci: ogni percorso è personale, ma in molti casi come il tuo è possibile lavorare senza, soprattutto se la difficoltà viene affrontata subito, come stai facendo tu. Ne parlerei comunque in seduta con il tuo terapeuta.
Un caro saluto.
Gentilissima se dopo un percorso di psicoterapia ultimato ed uno nuovo avviato, è qui a chiedere un consulto ad altri esperti, probabilmente si sta domandando se quello che ha intrapreso è ancora adatto a lei. Dal racconto mi sembra che la sparizione di un sintomo coincida con la comparsa di uno nuovo, è una modalità tipica quando si lavora su aspetti di superficie come i sintomi e non su ciò che li originano. Le consiglio di riflettere sul tema e nel caso di avviare una psicoterapia psicoanalitica che possa andare nel profondo e comprendere cosa vuole dirle l'angoscia che manifesta.
Buongiorno. La tua descrizione è molto chiara e mette in luce una situazione che, pur generando disagio, è ben riconoscibile da un punto di vista psicologico e, cosa molto importante, è affrontabile con successo, soprattutto come stai già facendo: chiedendo aiuto, riconoscendo il problema, e affrontandolo con consapevolezza.Hai già fatto un’ottima osservazione: sei una persona con una base ansiosa e stai vivendo un periodo stressante sul piano lavorativo. Quando il livello di stress supera una certa soglia, l’organismo cerca un “bersaglio” su cui riversare la tensione. A volte può essere il cuore (tachicardia), il respiro (dispnea), il tratto gastrointestinale (nausea, nodo in gola), o, come nel tuo caso, la deglutizione. Il lavoro psicoterapeutico, soprattutto se improntato su approcci cognitivo-comportamentale o con elementi di mindfulness, può aiutare. Ciò che stai vivendo è una forma della tua ansia, non la tua identità. E tu hai già molte risorse attive. Spero di esserti stata di aiuto. Dott.ssa Giovanna Ferrentino Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale.
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