Seguo da otto mesi una terapia farmacologica con sertralina. Mi sentivo da diverse settimane

17 risposte
Seguo da otto mesi una terapia farmacologica con sertralina. Mi sentivo da diverse settimane abbastanza sereno, sebbene come appiattito a livello di emozioni e direi quasi prostrato, apatico e svuotato. Ma almeno i pensieri perturbanti mi lasciavano in pace, e questa per me era una vittoria. Preso da una fiducia che a posteriori mi appare ora eccessiva, mi sono voluto concedere una serata con una mia ex, assecondando il suo desiderio di venire a casa mia a trovarmi... Purtroppo ho fatto clamorosamente cilecca a letto, e tale insuccesso sessuale mi ha ripiombato in uno stato simile a quello in cui versano prima di iniziare la terapia otto mesi fa. Un autentico trauma, ecco come ho vissuto questa esperienza: vergogna e umiliazione, nei primi giorni, mi soffocavano, insieme alla consapevolezza che avrei dovuto rinunciare, almeno fino a quando avessi assunto sertralina, a questa parte così bella e preziosa dell'esistenza quale è il sesso. Dopo alcuni giorni è sopraggiunta una paura vaga, non addebitabile a una causa precisa, come se mi sentissi esposto a un pericolo che razionalmente ero conscio però che non esistesse. E da oggi sono tornati anche quei pensieri che non so se classificare come ossessioni o deliri: all'improvviso sorprendo pensieri assurdi che attraversano la mia mente , del tipo "e se iniziassi a credere che io non sia la persona che ora parla, che ora pensa, che dice "io"?" So che il ragionamento non ha un senso, ma mi inquieta proprio per il fatto che si sia sviluppato nella mia mente e che io non sia in grado di scacciarlo, un po' come avveniva prima di iniziare la terapia... Altra paura ossessiva molto forte è sempre stata per me quella del suicidio; ora essa si salda a quella di sviluppare una psicosi: inizio infatti a chiedermi "e se mi convincessi che questo impulso , che pure la paura mi trattiene dal compiere, mi sia ordinato da una qualche forza trascendente interna alla mia mente? Se credessi in una specie di presenza interiore che mi comanda di fare una certa azione?" So, anche in questo caso, che un simile pensiero non ha senso, e mi ripeto che non esiste nessuna entità imperante che voglia la mia morte, ma sono atterrito dall'ipotesi di crederci, di prendere per reale quella che a me per primo appare una idea infondata, e che tentò di dimostrarmi di riconoscere come tale... Mi sa che ho sbagliato a consentire alla mia amica di salire su da me l'altra sera: certe angosce erano solo addormentate, ma almeno sopravvivevo decentemente..., E invece ho voluto troppo. Cosa posso fare per far fronte a questa situazione?
Salve, mi spiace molto per la situazione ed il disagio espresso e comprendo quanto possa essere difficile per lei convivere con questa situazione riportata.
Tenga presente che la letteratura scientifica è concorde nel sostenere che la terapia migliore sia quella combinata ossia costituita da farmaco più intervento psicologico dunque ritengo utile che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta possa aiutarla ad identificare pensieri rigidi e disfunzionali che impediscono il cambiamento desiderato e mantengono la sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

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Gentile Utente, posso immaginare quanto frustrante sia convivere con pensieri così frequenti ed intrusivi. La terapia farmacologica è utile se affiancata ad una psicoterapia che le consenta di trovare il modo di rapportarsi con questi pensieri, e che allo stato attuale sembra consistere in una resa attraverso tentativi di auto-rassicurazione. La serata con la sua ex non ha peggiorato nulla, ha solo rivelato quanto fragile fosse l’equilibrio promesso dai soli farmaci, ed è per questo che la incoraggio ad intraprendere una psicoterapia. Le ossessioni che racconta non sono contestabili sul piano razionale, il che contribuisce a renderle ancora più probabili, ma sono in realtà espressione di un’ansia profonda che va indagata, e si mantiene tramite le strategie di rassicurazione che ciascuno adotta. Un caro augurio di buona fortuna
Salve,
Le consiglio di consultare un medico psichiatra per quanto riguarda la somministrazione del farmaco in modo che possa essere calibrato in base agli effetti che ne riscontra. Consideri che può essere utile integrare anche con un intervento di tipo psicoterapeutico in modo che possa dare voce alle sue esperienze in un contesto protetto e assumere un ruolo attivo rispetto a ciò che le succede. Bicchi
Dalla sua descrizione non è dato sapere chi le abbia prescritto la sertralina. Nel caso in cui le sia stata prescritta da uno psichiatra, sarebbe indispensabile rivolgersi nuovamente a lui, per un eventuale aggiustamento del dosaggio che, data la persistenza e l'intensità dei suoi pensieri ossessivi, potrebbe non essere sufficiente. Il fenomeno che descrive è meglio noto come "Thought Action Fusion" (fusione del pensiero con l'azione: potrei essere psicotico, quindi sono psicotico; poteri suicidarmi, quindi mi suiciderò).
Consiglio - come gli altri miei colleghi le hanno suggerito - di integrare la terapia psicofarmacologica con un percorso psicoterapeutico, mirato a contestare i pensieri ossessivi che e causano questa profonda sofferenza.
Dott.ssa Ceruti
Buon giorno a lei e grazie per la sua domanda. Mi spiace per la situazione da lei descritta e capisco come possa sentirsi dopo esperienza vissuta. Non credo che debba rinunciare alla sessualità sino a che non interrompe il farmaco ma le consiglio di affiancare al lavoro farmacologico un percorso di psicoterapia individuale che potrà certamente esserle utile al fine di lavorare sulle sue emozioni e risorse. Augurandole il meglio le porgo cordiali saluti. Gian Piero dott Grandi
Salve e grazie per la sua condivisione su questa piattaforma.
Si percepisce bene dalle sue parole quanto lei sia disturbato dalla condizione descritta.
Ritengo doveroso segnalarle la necessità di affiancare alla terapia farmacologica un percorso psicoterapeutico che possa aiutarla a comprendere in modo approfondito la fonte del suo disagio, elaborare i vissuti traumatici e attivare risorse utili emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare il futuro.
Sono disponibile anche online.
Cordiali Saluti Dott. Tiziana Vecchiarini
Buonasera, comprendo il suo malessere .Gli antidepressivi possono provocare questo calo di libido,ne parli con il suo medico Le consiglio di intraprendere un percorso psicoterapico che affianchi la terapia farmacologica e dia un senso ai suoi disturbi , e l aiuti a superare recondite paure Un caro saluto dottssa Luciana Harari
Gentile utente di mio dottore,

per la problematica da lei esposta sarebbe utile coniugare trattamento farmacologico e trattamento psicoterapico. Le due cose insieme possono nel tempo restituire al paziente una qualità della vita migliore. Contatti quanto prima uno psicoterapeuta cominciando così un percorso di psicoterapia. Vedrà che con il tempo riuscirà a guardare ad un benessere più a lungo termine.

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Il dubbio ossessivo ed il delirio psicotico sono esperienze diametralmente opposte, sebbene accomunate da un disturbo del pensiero. Questo denominatore comune fa si che entrambi non siano aggredibili dal ragionamento logico. Alla fine di ogni ragionamento all'ossessivo rimane l'angoscia dubitativa e nella psicosi la certezza del delirio. Questa differenza tuttavia permette di distinguere categoricamente se ci si trova di fronte ad un'ossessione o ad un delirio. La tecnica migliore per l'ossessione è quella di non cercare di scacciare o negare il pensiero, perchè in questo modo paradossalmente lo si rafforza. Accettarne l'esistenza potrebbe essere un buon inizio
Buonasera, mi spiace per la situazione creatasi. Ha pensato di contattare il suo psichiatra per un monitoraggio sul farmaco, non mi è chiaro se è in psicoterapia. Se vuole mi rendo disponibile per un confronto. Saluti dott.ssa Maria Lombardo
"assecondando il suo desiderio", "e che io non sia in grado di scacciarlo", "ordinato da una qualche forza trascendente interna alla mia mente?". Partirei da qui per vedere da vicino qual è il nodo in cui si sente imbrigliato. Come forse saprà, Freud diceva che l'Io non è padrone in casa propria. Sotto ogni ossessione si annida una rimozione, questo significa che quando compare un sintomo o un pensiero ricorrente c'è sempre qualcosa di reale, seppure psichico, che chiede di venire a coscienza. Che in ognuno di noi ci sia un dubbio, una voce fuori campo sia pure perentoria, non è di per sé patologico. Lo diventa quando ci rifiutiamo di assumere la paternità di quel qualcosa che ci intralcia, qualcosa di illogico che non desideriamo e che tuttavia occupa tanta parte del nostro scenario interno. Concordo con gli altri colleghi sull'invito a intraprendere un percorso psicoterapeutico per decifrare il doppio da cui si sente abitato. Evidentemente lì c'è qualcosa di importante che il suo io conscio tende a sottovalutare o a tacitare, che non è detto che sia in sé nocivo. Il pensiero del suicidio talvolta non è desiderio di morte, ma fuga da una realtà che si avverte pesante. Il problema è dunque la vita, non la morte. E l'unica cosa per capire che cosa la appesantisce è andare a interrogare quella parte scomoda da cui lei si sente assalito. Forse tanta parte della sua migliore verità si nasconde in quei pensieri ricorrenti che la tormentano nella misura in cui cerca di fuggirne. Che cosa si deve fare quando qualcuno non ci ascolta se non urlare? Ecco, non lasci urlare una parte di sé, ma la accolga e si lasci incuriosire da quel che vuole dire e che non riesce a dire se non "imperando". Credo, come lei ha espresso, che forse ha assecondato un desiderio dell'Altro e non il suo e che forse aderire alle richieste e aspettative altrui è quello che ha imparato a fare sin da piccolo. Così, la propria verità non può emergere che attraverso un sintomo, o una voce scomoda che sentiamo estranea semplicemente perché abbiamo costruito la nostra identità a partire dall'altro e non da se stessi.
Salve, la serata di cui ci racconta con la conseguente impossibilità di avere un rapporto potrebbe essere imputato al farmaco e per questo motivo le consiglio di parlarne col suo medico curante per eventualmente cambiare dosaggio o tipologia. In merito a tutti i pensieri ossessivi potrebbero essere una conseguenza del grande disagio avuto la sera di cui ci racconta. Tuttavia non è il caso di farne un dramma e viva la cosa come un momento particolare che si risolverà col tempo seguendo la giusta psicoterapia affiancata da uso dei medicinali adatti. Cordiali saluti. Professor Antonio Popolizio
Buonasera per esprimere un parere avrei bisogno di essere a conoscenza di ulteriori elementi, ad esempio quanti anni ha, con chi vive e altro ancora.
Sarebbe consigliato un percorso di psicoterapia sistemico relazionale al fine di prendere in considerazione anche il contesto in cui si verificano i suoi disturbi, il tutto associato ad un'adeguata terapia farmacologica.
Buongiorno, da quello che scrive e per il modo in cui lo scrive è chiaro il disagio in cui i suoi pensieri la immergono. Credo che cominciare un percorso di psicoterapia potrebbe essere un modo per provare ad aggiustare le frequenze di questi pensieri, e vedere cosa essi vogliono realmente dirci e quale meccanica nascondono. Resto a disposizione per eventuali chiarimenti.
Cordiali saluti
Buongiorno, prima di tutto suggerisco di riferire allo psichiatra che ha prescritto la sertralina se ritenesse modificare il disaggio o aggiungere altro. In secodo luogo, suppongo stia seguendo una psicoterapia specifica per il suo disturbo. La farmacologia da solo non può bastare.
Resto disponibile per eventuali chiarimenti
Saluti Dott.ssa Silvana Zito
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Il suo caso, mi riporta alla mente almeno una decina di casi simili che ho seguito in studio. Mi creda, si può stare bene ma bisogna percorrere la strada farmacologica in parallelo con quello terapeutica. La paura della dissociazione rischia di essere sempre latente se non gestita. Se ritiene sono a disposizione per primo contatto on line previo appuntamento in piattaforma
Gentile utente, ciò che era sopito esiste ancora ed è venuto fuori in una determinata circostanza. Intanto le suggerisco di contattare il medico che segue la sua terapia farmacologica per riferirgli ciò che ha scritto. Inoltre valuti l'idea di affiancare un percorso di psicoterapia, quanto meno contattare uno psicoterapeuta per una valutazione.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi

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