Salve, sono una ragazza in cura da uno psicoterapeuta di formazione cognitivo comportamentale per un

21 risposte
Salve, sono una ragazza in cura da uno psicoterapeuta di formazione cognitivo comportamentale per un problema di ansia.
Da circa un mese, ho cominciato a pensare a lui anche al di fuori delle sedute. A volte mi piacerebbe abbracciarlo, altre volte avverto una forte attrazione fisica verso di lui.. credo si tratti di transfert, cosa molto comune in terapia.
Vorrei tanto parlargliene ma purtroppo l’idea di affrontare questo argomento mi provoca forte disagio. Inoltre, poiché la problematica per la quale mi sono rivolta a lui è molto specifica (tanto che la terapia sarà di breve durata) ho il timore che possa dirmi che non può affrontare questa cosa e che sarebbe opportuno che io vada altrove.

Aggiungo che non è la prima volta che mi capita di essere “attratta” da figure professionali e/o di potere, tanto che in passato è anche capitato che con questi professionisti (NON psicologi) si instaurassero delle relazioni intime. So che con lui non accadrà, perché è sempre stato molto professionale ma al contempo non riesco più a far finta di nulla.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Gentile utente,

Quello che descrivi è un fenomeno noto e piuttosto comune all’interno del percorso terapeutico: si chiama transfert e consiste nel trasferire sul terapeuta emozioni, desideri e aspettative che spesso hanno radici profonde, legate a esperienze e relazioni significative del passato.

Nel tuo caso, il desiderio di vicinanza emotiva e fisica, così come la difficoltà a parlarne apertamente, rappresentano segnali importanti che meritano attenzione e rispetto. Il transfert può diventare un’opportunità preziosa per comprendere meglio le dinamiche affettive e relazionali che vivi, sia nel presente che nel tuo passato. È comprensibile il timore di essere giudicata o che il terapeuta possa decidere di interrompere la terapia, ma i professionisti formati, soprattutto in ambito cognitivo-comportamentale, sono preparati ad affrontare anche questi aspetti, in un clima di accoglienza, empatia e rispetto.

Ti invito a valutare la possibilità di condividere questi vissuti proprio con il tuo terapeuta: farlo potrebbe rivelarsi un momento importante e trasformativo del tuo percorso. Il disagio che provi nell’affrontare l’argomento è comprensibile, ma potrebbe indicare proprio l’area su cui il lavoro terapeutico può portare maggiore consapevolezza e sollievo.

Infine, poiché segnali che episodi simili si sono già verificati in passato, potrebbe essere utile esplorare a fondo il significato che queste attrazioni assumono per te e il modo in cui si legano ai tuoi schemi relazionali. Per questo motivo, sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa

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Dott.ssa Milvia Verginelli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Fiumicino
Salve le consiglio di parlarne con lui, proprio per affrontare questa problematica.
Non dire nulla non aiuta lei e non favorisce il percorso terapeutico. Rischia di ripetere gli stessi meccanismi anche in futuro.
Dott.ssa milvia verginelli
Capita più spesso di quanto si pensi. Quello che sta vivendo è una forma di transfert, un processo naturale in terapia, soprattutto quando ci si sente accolti e compresi. Non è sbagliato, non è qualcosa di cui vergognarsi. È semplicemente il cuore che, trovando uno spazio sicuro, comincia a esprimersi.

Il desiderio di vicinanza, anche fisica, il pensiero ricorrente, l’attrazione… sono segnali. Parlano di bisogni più profondi, di relazioni passate, di qualcosa che merita di essere ascoltato. So che è difficile affrontarlo in seduta, e la paura che lui possa allontanarti è reale, ma quasi sempre infondata. Un terapeuta serio sa che questi vissuti fanno parte del processo e, se affrontati con delicatezza, possono aprire nuove strade nel percorso.

Ha già fatto un passo importante: riconoscere e dare un nome a quello che prova. Il passo successivo, se e quando si sentirai pronta, sarà portarlo in terapia. Anche solo con una frase semplice: “C’è qualcosa che mi mette un po’ in imbarazzo ma vorrei condividere...”.
Non deve dire tutto subito. Basta iniziare.
Dott.ssa Gabriella Ciampi
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta
Roma
Gentile utente, un/una psicoterapeuta si dà per scontato che sappia gestire bene questo tipo di situazione con i suoi pazienti. Nella relazione terapeutica è piuttosto frequente che ci sia una fase in cui emergono emozioni legate alla figura del terapeuta o slanci di affetto, tutte reazioni quasi sempre dovute al fatto che il/la paziente si sente compres*, sostenut*, e percepisce quindi una vicinanza particolare. Ma ovviamente è una vicinanza dovuta al lavoro che si sta facendo insieme in seduta.
Un bravo terapeuta sa gestire i trasfert dei suoi pazienti, sia quelli positivi che negativi.
Quindi provi a parlarne con il suo terapeuta, basteranno poche parole per fargli capire la questione che la mette a disagio e vedrà che parlandone magari capirà anche il perchè del meccanismo che scatta in lei davanti a certe figure professionali. Buona vita.
Dott.ssa Elda Valente
Psicologo, Psicologo clinico
Torremaggiore
Salve, le suggerisco di essere il più sincera possibile con il suo terapeuta, per lavorare su ciò che le provoca questa modalità di approccio relazionale e analizzare cosa le rimanda l’autorità maschile. Resto a disposizione, cordialmente.
Dott.ssa Elda Valente
Buonasera, la incoraggio a parlare di quello che sente con il suo terapeuta che, proprio perché professionale, saprà guidarla verso un'elaborazione consapevole di quello che sta accadendo. Mi sembra già sulla buona strada rispetto alle idee che ha prefigurato in merito al transfert e alla conoscenza che ha maturato di sé, pertanto non abbia timore di parlarne. Potrebbe rivelarsi solo un'occasione valida per arrivare ad una conoscenza ancora più profonda di sé e dei suoi meccanismi relazionali.
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Buongiorno,

provi a parlare al suo terapista in seduta delle sensazioni che prova, potrebbero essere un importante spunto di riflessione su cui soffermarsi e da cui ripartire.

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Dott. Leonardo Provini
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Buongiorno, grazie per la sua condivisione. Quello che sta descrivendo può effettivamente accadere, e il termine “transfert”, che lei ha utilizzato, è molto appropriato per descrivere questo tipo di fenomeno.

Trovo interessante anche la preoccupazione legata al timore di essere rifiutata. Se fossimo in un contesto terapeutico, mi verrebbe da chiederle se in passato ha vissuto esperienze in cui è stata — o si è sentita — rifiutata da persone per lei importanti. Oppure, se questo schema (attrazione seguita da rifiuto) rappresenta una dinamica significativa nella sua storia, e se le evoca delle associazioni particolari.
Mi chiedo, ad esempio, se possa essere connesso all’aprirsi emotivamente e al chiedere qualcosa per sé. Qualcosa del tipo: “se mi mostro, se dichiaro il mio affetto, allora l’altro mi respingerà e mi inviterà ad allontanarmi”.

Le dico tutto questo per incoraggiarla ad affrontare questo tema come parte integrante del percorso terapeutico. Anche perché, per quanto possa sembrare separato, potrebbe essere in qualche modo connesso alla tematica dell’ansia.
Spero di esserle stato d’aiuto.
Un caro saluto.
Dott.ssa Elena Gianotti
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno, grazie per la sua condivisione. Capisco la fatica e il disagio, ma credo che sarebbe un grande aiuto per entrambi il fatto che lei possa esprimere apertamente quello che prova: per lei significherebbe potersi liberare di un peso, per lui significherebbe avere un quadro chiaro di quello che sta accadendo, di modo che possa vederla davvero e muoversi in modo da poterla aiutare realmente. Lo spazio della terapia deve essere uno spazio sgombro da giudizio e aperto, sono sicura che il suo terapeuta non solo sarà in grado di comprenderla ma anche di farla sentire accolta. Il mio suggerimento è di aprirsi, vincendo la paura, e affidandosi al suo terapeuta e alla terapia. Se avesse ulteriori domande sono a disposizione. Un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
Dott.ssa Chiara Torrisi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Castelfranco Veneto
Gentile paziente,

l'attrazione che descrive rientra nel concetto psicoanalitico di "fantasie transferali", ossia le rappresentazioni mentali inconsce che il paziente sperimenta nella relazione terapeutica. Queste fantasie permettono di attribuire al terapeuta caratteristiche o ruoli tipici delle figure significative del nostro passato. Il transfert diventa così un comportamento da analizzare in terapia, uno strumento prezioso per dare voce a qualcosa di profondo e inesplorato dentro di noi. Attraverso la discussione sul transfer è possibile, ad esempio, riconoscere gli schemi relazionali disfunzionali che possiamo ripetere nel rapporto con gli altri, esplorare desideri ed emozioni ambivalenti, portare alla luce e affrontare traumi o conflitti irrisolti.

Comprendendo il disagio che può sperimentare, le suggerirei di condividere al terapeuta le sue fantasie transferali. L'analisi del transfer aiuterebbe ad aumentare la consapevolezza rispetto al proprio modo di stare in relazione, e costituirebbe uno stimolo importante verso il cambiamento. Inoltre, compito del terapeuta è quello di agire in "scienza e coscienza" per il bene del paziente, rispettando le norme prevista dal Codice Deontologico degli Psicologi Italiani.

Cordialmente, dott.ssa Chiara Torrisi.
Dott.ssa Mariella Farinella
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Padova
Gent.ma Paziente,
è veramente importante parlarne con il suo psicoterapeuta, non a caso la stanza di psicoterapia contiene tutto quello che riguarda emozioni, pensieri, movimenti di entrambi.
Non abbia timore, ne parli con l'esperto, il suo percorso di crescita ne gioverà.

Cari saluti,
Dott.ssa Mariella Farinella
Dott. Salvatore Augello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Salve, sarebbe bene poterne parlare apertamente dato che non riesce più a far nulla, questo suo desiderio influenza la vostra relazione più o meno esplicitamente. Come mai pensa che il terapeuta non sia in grado di affrontare i suoi sentimenti? Rifletta sulle motivazioni che la portano a non esplicare i suoi sentimenti e a cosa le è utile non farlo per la sua persona.
Cordiali saluti.
Dott. Salvatore Augello
Dott. Feliciano Lizzadro
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Potenza
Buon pomeriggio, ne parli con il suo psicoterapeuta in quanto questa situazione potrebbe essere approfondita, valutata ed eventualmente trattata se il collega lo riterrà opportuno. Ne parli con lui. Cordialità, Dott. Lizzadro F.
Dott.ssa Chiara Giovinazzo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Grazie per questa sua condivisione, sa descrive qualcosa di molto comune e presente nelle terapie. Nella relazione terapeutica circolano tanti affetti e sensazioni (positive e negative), forse metterli in parole può essere utile ad aprire spazi di condivisione rispetto ai suoi vissuti personali ed alla sua storia. In fondo, anche se non è semplice, può essere una atto di fiducia sentirsi liberi di dire al proprio terapeuta ciò che si sente anche in relazione a lui/lei.

Cordialmente, Dott.ssa Chiara Giovinazzo
Dott.ssa Roberta Ristagno
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Foligno
Salve! La stanza del terapeuta è proprio quella dove affrontare argomenti che provocano disagio. Di qualsiasi genere. Affrontarlo può essere una grande occasione per lei. Auguri!
Dr. Stefano Golasmici
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Milano
Gent.ma, se desidera capire meglio sé stessa, il modo con cui vive i rapporti con le persone e il senso di queste infatuazioni che brevemente descrive, chieda ad uno specialista la disponibilità ad accompagnarla in una psicoterapia: cosa che richiede tempo, un po’ di pazienza e impegno nell’osservare i propri pensieri e sentimenti. Lasci perdere invece parole come “transfert” perché non la riguardano. SG
Dott.ssa Francesca Nori
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Cara utente, quello che sta vivendo rientra in una dinamica nota come transfert, molto comune e significativa in psicoterapia. Provare emozioni intense verso il proprio terapeuta non è raro. Comprendere e portare alla luce questi vissuti in seduta può diventare un’opportunità preziosa di crescita e consapevolezza. Il timore di essere respinta o giudicata è comprensibile, soprattutto in presenza di esperienze passate complesse legate a figure autorevoli o di riferimento. Tuttavia, un terapeuta formato – come nel caso del professionista che la segue – è preparato ad accogliere questo tipo di tematiche con rispetto, professionalità e senza giudizio. Esprimere il proprio vissuto in seduta, anche se imbarazzante o scomodo, è parte integrante del processo terapeutico. Il disagio che prova potrebbe essere proprio uno degli elementi centrali da esplorare insieme, soprattutto se questi schemi relazionali si ripresentano in altri ambiti della sua vita.
Un caro saluto.

Dott. Pierluigi Campesan
Psicologo, Psicologo clinico
Verona
Buongiorno, non abbia paura di aprirsi in seduta rispetto a ciò che prova, potrebbe essere un ottimo spunto per il professionista per approfondire l'indagine sulle problematiche che l'hanno portata in terapia. Cordiali saluti.
Dott. Francesco Paolo Coppola
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Napoli

Domande come “mi sto innamorando del mio terapeuta?” sono più comuni di quanto si pensi. In psicologia, si parla di transfert: quando emozioni vissute in passato (per esempio con un genitore o un insegnante) si riattivano nella relazione terapeutica.
Questo non significa che i sentimenti non siano veri, ma che possono rappresentare un bisogno antico, spesso legato al desiderio di essere visti, accolti, scelti. Se ne sono occupati tanti psicologi famosi: Freud vedeva il transfert come parte centrale del processo terapeutico. Lacan diceva che il nostro desiderio nasce dal desiderio dell’altro: vogliamo essere desiderati, amati, riconosciuti. Recalcati aggiunge che spesso questo bisogno nasce da una ferita originaria: il non sentirsi scelti, da piccoli, può farci cercare conferme anche in rapporti professionali. Eric Berne (Analisi Transazionale) e Fritz Perls (Gestalt) parlano di copioni e bisogni affettivi che si ripetono, se non vengono portati alla consapevolezza. Non bisogna vergognarsi. Portare questi pensieri in seduta, con delicatezza, è una delle cose più importanti da fare. Il terapeuta, se è ben formato, non ti giudicherà, ma ti aiuterà a capire cosa si sta muovendo dentro di te.
Sentirsi attratti non è un errore: può essere una chiave di accesso alla tua storia profonda.
Non far finta di nulla: parlarne è già iniziare a guarire.
Queste parole, da sole, restano teoria — lo so. Senza un lavoro costante su di te, una spiegazione non basta. I cambiamenti non avvengono in un giorno, ma passo dopo passo. E io ci sono, se vuoi farli insieme.
Dott. Francesco Paolo Coppola (Napoli, on line e in presenza)
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Dott. Federico Rossi
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno, e grazie davvero per aver condiviso così apertamente un aspetto che, come dice lei, può creare disagio e imbarazzo.

Voglio rassicurarla subito: i sentimenti che descrive sono estremamente comuni in terapia e fanno parte di ciò che in psicologia chiamiamo “transfert”. Quando si instaura una relazione d’ascolto profonda, come quella con un terapeuta, è normale che emergano emozioni anche intense: desiderio di vicinanza, ammirazione, persino attrazione fisica. Il fatto che lei sia così consapevole di queste dinamiche è già un grande passo avanti nel suo percorso.

Capisco il timore che parlarne possa rovinare il rapporto terapeutico o “spaventare” il suo terapeuta. Tuttavia, proprio la capacità di portare questi vissuti in seduta rappresenta un’occasione preziosa di crescita: la terapia è uno spazio sicuro dove ogni emozione può essere accolta e compresa, senza giudizio. Spesso il transfert, specialmente se rivolto verso figure di potere o uomini autorevoli, racconta qualcosa di importante del nostro mondo interno e delle relazioni passate, soprattutto con figure significative come il padre o altre persone autorevoli.

Quello che vive ora con il suo terapeuta probabilmente riattiva bisogni antichi di ascolto, calore, protezione o accoglienza — bisogni che la terapia può aiutare a riconoscere e, pian piano, a integrare. È assolutamente positivo che il suo terapeuta mantenga un atteggiamento professionale: questo tutela sia lei che il percorso terapeutico stesso.

Anche se la terapia che sta seguendo è di breve durata e focalizzata su un sintomo specifico, il fatto che emergano queste tematiche suggerisce che forse ci sarebbe spazio e bisogno, in futuro, di esplorare più a fondo le sue relazioni e le sue emozioni — magari con un terapeuta integrato o psicodinamico, che possa aiutarla a comprendere meglio la radice di questi vissuti ricorrenti verso figure di potere o autorità.

Il mio consiglio è di provare, quando si sentirà pronta, a parlarne apertamente con il suo terapeuta: non verrà giudicata, e anzi, sarà probabilmente accolta con rispetto e professionalità. Solo così potrà trasformare questo imbarazzo in un’occasione preziosa di conoscenza di sé.

Le auguro di continuare questo viaggio con coraggio e curiosità. Le emozioni in terapia sono spesso il materiale più prezioso per la nostra crescita.
Dott.ssa Valeria Randisi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Casalecchio di Reno
Buonasera, può esporre la questione dicendo che le è spesso capitato di essere attratta da figure professionali. Questo è il tema ed è parte del suo percorso di cura. Credo che dirlo in modo indiretto possa aiutarla.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi

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