Salve, sono una ragazza di 32 anni, faccio psicoterapia praticamente da quando ero piccola, ho soffe
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Salve, sono una ragazza di 32 anni, faccio psicoterapia praticamente da quando ero piccola, ho sofferto di mutismo selettivo da bambina, ora è passato ma sono rimasta molto timida rispetto agli altri della mia età, soffro di molta ansia e da poco mi è stata diagnosticata la sindrome di asperger con difficoltà a socializzare. La cosa che mi fa molto soffrire però è che vorrei una famiglia mia invece non piaccio a nessun uomo, non mi vuole nessuno. Ormai mi sono arresa ma mi farebbe stare meglio almeno sapere il motivo per cui devo privarmi di questa cosa, cosa c'è che non va in me, come mai mi respingono tutti. Mi sento una nullità e che non valgo niente. Grazie.
Buonasera,
capisco profondamente il dolore che sta esprimendo. Ha affrontato un percorso complesso fin da piccola, e il fatto che oggi si senta così scoraggiata non significa che ci sia “qualcosa che non va” in lei. La timidezza, l’ansia e le caratteristiche legate alle sindrome di cui ha parlato non tolgono valore alla persona: spesso rendono semplicemente più difficile mostrarsi agli altri ma non impediscono la possibilità di costruire relazioni significative. Quando ci si sente rifiutati, il rischio è iniziare a leggerlo come una conferma di essere “sbagliati”. Un percorso terapeutico mirato può aiutarla a lavorare proprio su questo. Sta esprimendo o ha espresso questi pensieri nel percorso psicoterapeutico che sta facendo? Il professionista che la segue la aiuterà a modificare le valutazioni che sta facendo di se stessa. Il desiderio di una famiglia è legittimo e possibile. Non è condannata a restare sola!
Le auguro di alleviare presto la sua sofferenza, un caro saluto
Dott.ssa Mara Di Clemente
capisco profondamente il dolore che sta esprimendo. Ha affrontato un percorso complesso fin da piccola, e il fatto che oggi si senta così scoraggiata non significa che ci sia “qualcosa che non va” in lei. La timidezza, l’ansia e le caratteristiche legate alle sindrome di cui ha parlato non tolgono valore alla persona: spesso rendono semplicemente più difficile mostrarsi agli altri ma non impediscono la possibilità di costruire relazioni significative. Quando ci si sente rifiutati, il rischio è iniziare a leggerlo come una conferma di essere “sbagliati”. Un percorso terapeutico mirato può aiutarla a lavorare proprio su questo. Sta esprimendo o ha espresso questi pensieri nel percorso psicoterapeutico che sta facendo? Il professionista che la segue la aiuterà a modificare le valutazioni che sta facendo di se stessa. Il desiderio di una famiglia è legittimo e possibile. Non è condannata a restare sola!
Le auguro di alleviare presto la sua sofferenza, un caro saluto
Dott.ssa Mara Di Clemente
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Gent.ma utente,
il supporto psicologico non dovrebbe essere per sempre. E' possibile che finora lei si sia occupata esclusivamente di ciò che lei, o gli altri, ritenevano non andasse bene, che fosse problematico, che dovesse essere risolto.
Si può cambiare atteggiamento rispetto a sé stessi e cominciare a lavorare concretamente per conoscere le proprie potenzialità, evidenziare i pregi e non i difetti, cercare di realizzarsi concretamente e coltivare emozioni positive. Tutto ciò è possibile se si riesce a smettere di guardare sempre la parte negativa, di notare le mancanze e di aspettarsi qualcosa dagli altri, per esempio che si accorgano di noi.
La sindrome di asperger non è condizione invalidante, ma un diverso modo di funzionare di alcuni circuiti cerebrali. Non le impedirà di certo di muoversi verso l'esterno e creare le sue connessioni significative. Lo farà a modo suo, con le sue caratteristiche e, pensi un po', dipenderà molto più da lei che dalle altre persone.
Ci sono molti pensieri intrusivi e un bias della negatività nel suo modo di osservare la realtà. Ma la prospettiva si può cambiare e si può fare un percorso di crescita personale per valorizzare se stessi e le proprie qualità.
Creda in sé stessa, lavorando sull'autostima e sulla gratitudine. Muova compassione verso le sue fragilità, ma al contempo reagisca alla volatilità degli eventi con tenacia e determinazione, cominciando a condizionare positivamente il suo futuro.
E' pensabile che possa aver bisogno di un ulteriore supporto per cambiare davvero atteggiamento verso la sua vita, ma non dovrà essere per sempre e dovrà instradarla verso un'autonomia di pensiero, azione e gestione delle avversità.
Restando a sua disposizione, anche online, le auguro il meglio.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
il supporto psicologico non dovrebbe essere per sempre. E' possibile che finora lei si sia occupata esclusivamente di ciò che lei, o gli altri, ritenevano non andasse bene, che fosse problematico, che dovesse essere risolto.
Si può cambiare atteggiamento rispetto a sé stessi e cominciare a lavorare concretamente per conoscere le proprie potenzialità, evidenziare i pregi e non i difetti, cercare di realizzarsi concretamente e coltivare emozioni positive. Tutto ciò è possibile se si riesce a smettere di guardare sempre la parte negativa, di notare le mancanze e di aspettarsi qualcosa dagli altri, per esempio che si accorgano di noi.
La sindrome di asperger non è condizione invalidante, ma un diverso modo di funzionare di alcuni circuiti cerebrali. Non le impedirà di certo di muoversi verso l'esterno e creare le sue connessioni significative. Lo farà a modo suo, con le sue caratteristiche e, pensi un po', dipenderà molto più da lei che dalle altre persone.
Ci sono molti pensieri intrusivi e un bias della negatività nel suo modo di osservare la realtà. Ma la prospettiva si può cambiare e si può fare un percorso di crescita personale per valorizzare se stessi e le proprie qualità.
Creda in sé stessa, lavorando sull'autostima e sulla gratitudine. Muova compassione verso le sue fragilità, ma al contempo reagisca alla volatilità degli eventi con tenacia e determinazione, cominciando a condizionare positivamente il suo futuro.
E' pensabile che possa aver bisogno di un ulteriore supporto per cambiare davvero atteggiamento verso la sua vita, ma non dovrà essere per sempre e dovrà instradarla verso un'autonomia di pensiero, azione e gestione delle avversità.
Restando a sua disposizione, anche online, le auguro il meglio.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Buongiorno,
la ringrazio per aver condiviso qui la sua esperienza e il suo stato d'animo.
È naturale che, in momenti così, emergano pensieri duri verso sé stessa e la sensazione di “non valere”. Ma questi pensieri, per quanto forti, non definiscono chi lei è. Le sue esperienze – dal mutismo selettivo alla recente diagnosi – possono certo influire sul modo di relazionarsi, ma non significano che ci sia qualcosa di sbagliato in lei o che non meriti una relazione.
Il dolore che sente merita uno spazio protetto in cui poter essere compreso: spesso dietro queste difficoltà ci sono aspetti di autostima, timori e modi di comunicare che possono essere esplorati e trasformati, con gradualità.
Il motivo per cui dovrebbe privarsi di "questa cosa" non c'è, perchè in realtà lei non deve privarsene.
la ringrazio per aver condiviso qui la sua esperienza e il suo stato d'animo.
È naturale che, in momenti così, emergano pensieri duri verso sé stessa e la sensazione di “non valere”. Ma questi pensieri, per quanto forti, non definiscono chi lei è. Le sue esperienze – dal mutismo selettivo alla recente diagnosi – possono certo influire sul modo di relazionarsi, ma non significano che ci sia qualcosa di sbagliato in lei o che non meriti una relazione.
Il dolore che sente merita uno spazio protetto in cui poter essere compreso: spesso dietro queste difficoltà ci sono aspetti di autostima, timori e modi di comunicare che possono essere esplorati e trasformati, con gradualità.
Il motivo per cui dovrebbe privarsi di "questa cosa" non c'è, perchè in realtà lei non deve privarsene.
Salve, grazie per aver condiviso qualcosa di così delicato e personale. Capisco quanto possa essere difficile portare dentro di sé questa sensazione di solitudine e di inadeguatezza, soprattutto dopo un percorso di vita in cui ha già affrontato moltissime battaglie. È comprensibile che, dopo tanti anni di impegno su di sé, lei desideri profondamente costruire una relazione stabile e una famiglia, e che la percezione di non riuscire a farlo la faccia soffrire così intensamente. Vorrei però soffermarmi su un punto importante. Lei parla come se il fatto di avere timidezza, ansia o caratteristiche legate alla sindrome di Asperger cancellasse il suo valore agli occhi degli altri. Come se queste parti di sé definissero interamente chi è. Nella realtà, però, ciò che racconta non parla di un difetto o di qualcosa che non va, ma della fatica di sentirsi vista davvero. Il dolore che prova nasce più dalla convinzione di non essere desiderabile che dalle sue caratteristiche personali. E le convinzioni, quando sono alimentate da tante esperienze difficili, diventano molto più forti della realtà stessa. Chi ha una storia come la sua spesso sviluppa un forte senso di vulnerabilità e tende a interpretare i silenzi o le relazioni che non decollano come conferme del fatto che non va bene così com’è. Ma il significato che dà a questi episodi non è una prova oggettiva. È il frutto di anni in cui forse ha imparato a mettersi in secondo piano, a parlare poco, a trattenersi, a pensare che mostrarsi possa creare problemi o farla sentire esposta. E queste modalità, senza colpa, possono rendere più difficile entrare in contatto con gli altri, non perché lei non sia interessante o capace di amare, ma perché ha avuto meno occasioni sicure per sperimentare un modo diverso di stare nelle relazioni. La sua sofferenza per il desiderio di avere una famiglia dice invece qualcosa di molto bello di lei. Parla della sua capacità di desiderare legami profondi, di voler costruire, di immaginarsi in un futuro condiviso. Spesso chi si sente respinto crede che questo desiderio dimostri fragilità o mancanza, ma in realtà mostra un cuore che vuole appartenere, che vuole dare e ricevere amore. Capisco anche il bisogno di sapere il perché, come se un motivo chiaro potesse alleggerire il peso della delusione. Ma non esiste un difetto nascosto che la condanna ad essere rifiutata. Esiste piuttosto un insieme di esperienze, di timori, di modalità apprese nel tempo che possono essere comprese e trasformate gradualmente, soprattutto quando si inizia a guardarsi con meno durezza. Quello che lei sta vivendo non è una sentenza sul suo valore. È un momento della sua storia che può cambiare, anche se ora sembra impossibile. La timidezza e le caratteristiche che descrive non impediscono l’amore. A volte rendono solo necessario un po’ più di tempo per trovare le persone che sappiano fermarsi, avvicinarsi e conoscerla davvero. Lei non è una nullità. È una persona che ha sofferto molto, che si sta ponendo domande profonde e che sta cercando un modo per sentirsi finalmente accolta. Questo merita rispetto e ascolto, non giudizio. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Capisco quanto possa pesare il desiderio di costruire una famiglia e, allo stesso tempo, la sensazione che questo desiderio rimanga irraggiungibile, ma ciò che stai vivendo non dipende dal fatto che "non vali", o che ci sia qualcosa di sbagliato in te.
La timidezza marcata, l’ansia sociale e le caratteristiche legate alla sindrome di Asperger possono rendere più complessa la parte iniziale delle relazioni: non perché tu non sia desiderabile, ma perché spesso fai più fatica a esprimere interesse, a mostrare apertura o a cogliere i segnali dell’altro.
Di conseguenza, le persone possono non capire come avvicinarsi, o interpretare la tua riservatezza come mancanza di disponibilità.
Questo può creare la falsa impressione che "ti respingano tutti", quando in realtà il problema è nella lettura reciproca dei segnali, non nel tuo valore personale.
Non è un difetto, è una modalità diversa di interagire...
Il punto centrale non è perché non piaci, ma come poter costruire condizioni che rendano per te più accessibile la relazione.
La diagnosi che hai ricevuto non chiude delle porte: ti dà strumenti per comprenderti meglio, per riconoscere le tue difficoltà ma anche le tue risorse.
La sofferenza che provi nasce dal confronto con gli altri e dall’idea che esista una sola strada per essere amati. In realtà il tema non è la tua “attrattività”, ma trovare un modo di incontrare qualcuno che sappia leggere e apprezzare proprio il tuo modo di essere.
Non sei una nullità, e non sei da sola: quello che senti è il risultato di anni di ipersensibilità, fatica relazionale e aspettative sociali molto rigide, non il riflesso del tuo valore.
Rimango a disposizione.
La timidezza marcata, l’ansia sociale e le caratteristiche legate alla sindrome di Asperger possono rendere più complessa la parte iniziale delle relazioni: non perché tu non sia desiderabile, ma perché spesso fai più fatica a esprimere interesse, a mostrare apertura o a cogliere i segnali dell’altro.
Di conseguenza, le persone possono non capire come avvicinarsi, o interpretare la tua riservatezza come mancanza di disponibilità.
Questo può creare la falsa impressione che "ti respingano tutti", quando in realtà il problema è nella lettura reciproca dei segnali, non nel tuo valore personale.
Non è un difetto, è una modalità diversa di interagire...
Il punto centrale non è perché non piaci, ma come poter costruire condizioni che rendano per te più accessibile la relazione.
La diagnosi che hai ricevuto non chiude delle porte: ti dà strumenti per comprenderti meglio, per riconoscere le tue difficoltà ma anche le tue risorse.
La sofferenza che provi nasce dal confronto con gli altri e dall’idea che esista una sola strada per essere amati. In realtà il tema non è la tua “attrattività”, ma trovare un modo di incontrare qualcuno che sappia leggere e apprezzare proprio il tuo modo di essere.
Non sei una nullità, e non sei da sola: quello che senti è il risultato di anni di ipersensibilità, fatica relazionale e aspettative sociali molto rigide, non il riflesso del tuo valore.
Rimango a disposizione.
Buonasera, quando una persona vive fin da piccola difficoltà nel parlare, nel socializzare e nel sentirsi “alla pari” degli altri, cresce spesso con l’idea che agli occhi del mondo ci sia qualcosa di “sbagliato” in lei. Lei mi sta portando proprio questo vissuto: più che chiedersi perché non incontro ancora la persona giusta, sembra chiedersi perché nessuno dovrebbe volermi. È un pensiero molto duro, che nasce non da un difetto reale, ma da anni di esperienze in cui si è sentita diversa, a volte esclusa, altre volte troppo silenziosa o troppo ansiosa per entrare nei ritmi degli altri.
La diagnosi che ha ricevuto non definisce il Suo valore né determina automaticamente la Sua possibilità di avere una relazione. Descrive semplicemente un modo diverso — non inferiore — di percepire il mondo sociale, i segnali, i tempi, la spontaneità con cui gli altri si muovono nelle relazioni. Lei non ha colpe in questo; è un funzionamento neurologico, non un carattere “sbagliato”. Ed è comprensibile che tutto ciò abbia lasciato un segno sulla fiducia in se stessa.
Sull’aspetto delle relazioni affettive, quello che posso dirLe con onestà e neutralità è questo: non è vero che “non La vuole nessuno”, anche se oggi è questa la sensazione. Quello che sembra emergere è che Lei fatichi a trovare contesti, modi e tempi in cui far emergere chi è davvero, perché spesso l’ansia, la timidezza o la difficoltà nel leggere certe dinamiche sociali Le impediscono di mostrarsi nella forma più autentica. E quando una persona non riesce a mostrarsi, gli altri spesso non arrivano nemmeno a conoscerla: si fermano prima. Questo può dare l’impressione di essere respinta, ma è più spesso un problema di canale, non di valore personale.
Lei non si deve “privare” di una famiglia. Non c’è un “motivo” per cui non Le sia concesso. Capisco che dopo tanti tentativi andati male la mente cerchi una spiegazione unica — “non piaccio”, “c’è qualcosa che non va in me” — perché il dolore dell’incertezza può essere più difficile da sopportare di un’etichetta, anche se ingiusta. Ma ciò che vive non è una condanna, è un percorso: più lento, più delicato, più complesso del percorso di altre persone, ma non impossibile.
Se c’è un punto su cui posso essere ferma pur restando neutrale è questo: il Suo valore non dipende dalla risposta immediata degli altri, ma dal modo in cui Lei imparerà a costruire relazioni in un modo compatibile con il Suo funzionamento. Non c’è nulla in lei che la renda “non amabile”. C’è, piuttosto, una storia di fatica emotiva che a volte La convince che sia così. Rimango a disposizione, un saluto!
La diagnosi che ha ricevuto non definisce il Suo valore né determina automaticamente la Sua possibilità di avere una relazione. Descrive semplicemente un modo diverso — non inferiore — di percepire il mondo sociale, i segnali, i tempi, la spontaneità con cui gli altri si muovono nelle relazioni. Lei non ha colpe in questo; è un funzionamento neurologico, non un carattere “sbagliato”. Ed è comprensibile che tutto ciò abbia lasciato un segno sulla fiducia in se stessa.
Sull’aspetto delle relazioni affettive, quello che posso dirLe con onestà e neutralità è questo: non è vero che “non La vuole nessuno”, anche se oggi è questa la sensazione. Quello che sembra emergere è che Lei fatichi a trovare contesti, modi e tempi in cui far emergere chi è davvero, perché spesso l’ansia, la timidezza o la difficoltà nel leggere certe dinamiche sociali Le impediscono di mostrarsi nella forma più autentica. E quando una persona non riesce a mostrarsi, gli altri spesso non arrivano nemmeno a conoscerla: si fermano prima. Questo può dare l’impressione di essere respinta, ma è più spesso un problema di canale, non di valore personale.
Lei non si deve “privare” di una famiglia. Non c’è un “motivo” per cui non Le sia concesso. Capisco che dopo tanti tentativi andati male la mente cerchi una spiegazione unica — “non piaccio”, “c’è qualcosa che non va in me” — perché il dolore dell’incertezza può essere più difficile da sopportare di un’etichetta, anche se ingiusta. Ma ciò che vive non è una condanna, è un percorso: più lento, più delicato, più complesso del percorso di altre persone, ma non impossibile.
Se c’è un punto su cui posso essere ferma pur restando neutrale è questo: il Suo valore non dipende dalla risposta immediata degli altri, ma dal modo in cui Lei imparerà a costruire relazioni in un modo compatibile con il Suo funzionamento. Non c’è nulla in lei che la renda “non amabile”. C’è, piuttosto, una storia di fatica emotiva che a volte La convince che sia così. Rimango a disposizione, un saluto!
Cara, le consiglio una terapia sistemico familiare, chieda alla sua psicoterapeuta che l'ha seguita, si affidi con fiducia.
Un caro saluto
Dott.ssa Sonia Ballocco
Un caro saluto
Dott.ssa Sonia Ballocco
La tua storia non parla di “difetti” ma di sensibilità e di funzionamento che richiede tempi e relazioni più affini. Non c’è nulla che non va in te, sarebbe importante iniziare un percorso verso la consapevolezza e la possibilità che ti concederai, di costruire legami autentici con i tuoi ritmi.
Buongiorno, comprendo la sofferenza che può provare nel sentirsi una nullità e di non valere nulla. Credo però che non debba privarsi a priori della possibilità di conoscere qualcuno e ottenere ciò che desidera. So che ha detto di aver già fatto psicoterapia in passato, ma fare un percorso adesso, con le consapevolezze che ha raggiunto e ad un'età e maturità maggiori, potrebbe aiutarla a superare le difficoltà attuali, modificare l'immagine che ha di sé e ritrovare un po' di speranza.
Resto a disposizione, un cordiale saluto
Resto a disposizione, un cordiale saluto
Cara utente,
il fatto che si possa sentire una nullità o che non valga nulla non vuol dire che ciò sia corrispondente al vero: lei è altro, oltre, i suoi pensieri. Lei vale tanto quanto gli altri e dunque non deve mettere da parte il suo desiderio di creare una famiglia propria. Come ogni persona, bisogna trovare qualcuno con cui si sta bene e che doni tranquillità ed equilibrio: questo non è facile per chiunque e dunque la difficoltà che sta riscontrando non riguarda un solo problema personale legato al fatto che possa non piacere. Faccia ciò che le piace e stia con le persone che la fanno stare bene e circondata da positività ad un certo punto potrà trovare anche ciò che cerca a livello emotivo.
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
il fatto che si possa sentire una nullità o che non valga nulla non vuol dire che ciò sia corrispondente al vero: lei è altro, oltre, i suoi pensieri. Lei vale tanto quanto gli altri e dunque non deve mettere da parte il suo desiderio di creare una famiglia propria. Come ogni persona, bisogna trovare qualcuno con cui si sta bene e che doni tranquillità ed equilibrio: questo non è facile per chiunque e dunque la difficoltà che sta riscontrando non riguarda un solo problema personale legato al fatto che possa non piacere. Faccia ciò che le piace e stia con le persone che la fanno stare bene e circondata da positività ad un certo punto potrà trovare anche ciò che cerca a livello emotivo.
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
Buongiorno, mi spiace molto per il dolore che sta provando. Ha provato ad affrontare il tema nella sua psicoterapia?
Ciao, grazie per il tuo messaggio così aperto e sincero. È evidente quanto desideri entrare in relazione con gli altri in modo profondo e autentico, e quanto la mancanza di reciprocità ti faccia soffrire. Personalmente, non guardo mai la persona come "il problema", ma provo a comprendere insieme al paziente quali dinamiche si sono costruite nel tempo, nelle relazioni passate e presenti, e come queste possano influenzare il modo di stare nel mondo nel presente.
La diagnosi di Asperger può aiutare a dare un nome a certe difficoltà, ma non definisce il tuo valore né la possibilità di costruire legami significativi. Spesso, la sofferenza nasce non tanto dalla solitudine in sé, ma dal sentirsi "sbagliati" perché non si rientra nei modi più comuni di relazionarsi. Ma esistono tanti modi per stare in relazione, e anche tante forme di intimità e di amore.
Forse, più che chiedersi “cosa non va in me”, potrebbe essere utile esplorare quali immagini, aspettative o ruoli si sono formati attorno a te (e dentro di te) nel tempo. A volte, è proprio attraverso la relazione terapeutica che si possono riscrivere lentamente queste narrazioni e aprire nuovi spazi, più liberi, più gentili verso sé stessi, in questo un percorso terapeutico può aiutarti.
Non sei sola, e non sei una nullità. Il tuo desiderio di avere una famiglia è legittimo e importante. E può essere accolto, esplorato e tenuto con cura.
La diagnosi di Asperger può aiutare a dare un nome a certe difficoltà, ma non definisce il tuo valore né la possibilità di costruire legami significativi. Spesso, la sofferenza nasce non tanto dalla solitudine in sé, ma dal sentirsi "sbagliati" perché non si rientra nei modi più comuni di relazionarsi. Ma esistono tanti modi per stare in relazione, e anche tante forme di intimità e di amore.
Forse, più che chiedersi “cosa non va in me”, potrebbe essere utile esplorare quali immagini, aspettative o ruoli si sono formati attorno a te (e dentro di te) nel tempo. A volte, è proprio attraverso la relazione terapeutica che si possono riscrivere lentamente queste narrazioni e aprire nuovi spazi, più liberi, più gentili verso sé stessi, in questo un percorso terapeutico può aiutarti.
Non sei sola, e non sei una nullità. Il tuo desiderio di avere una famiglia è legittimo e importante. E può essere accolto, esplorato e tenuto con cura.
Salve, nonostante lo sconforto comprensibile, non c'è nulla di "scritto nella pietra" e di certo, non sappiamo se la vita in futuro ci riserverà anche delle piacevoli sorprese e delle conoscenze in linea con chi siamo e i nostri desideri, pertanto, mi sentirei di suggerirle di lavorare anche su questo "focus" assieme allo psicoterapeuta che la accompagna e sostiene da tempo.
Saluti.
Dr. Francesco Rossi.
Saluti.
Dr. Francesco Rossi.
Buongiorno,
capisco quanto possa essere doloroso vivere il desiderio di una relazione e sentirsi respinta. La sua storia, segnata dal mutismo selettivo, dall’ansia e dalla recente diagnosi di Asperger, può aver influito sulla percezione di sé e sul modo di entrare in contatto con gli altri, ma nulla di tutto questo significa che “non va bene” o che meriti rifiuto.
Le difficoltà nelle relazioni non definiscono il suo valore. Spesso, nelle persone nello spettro, la timidezza, l’ansia e la fatica nel leggere i segnali sociali possono rendere più complesso iniziare un rapporto, ma sono aspetti su cui è possibile lavorare e che possono cambiare.
Il fatto che desideri una famiglia è una risorsa preziosa: parla della sua capacità di immaginare un futuro e di voler creare legami. La domanda “cosa c’è che non va in me?” nasce dal dolore, non da una verità su di lei.
Con un percorso mirato, orientato alle competenze sociali, alla gestione dell’ansia e all’autostima, può imparare a costruire relazioni che rispettino il suo modo di essere. Non è sola, e non è una nullità.
capisco quanto possa essere doloroso vivere il desiderio di una relazione e sentirsi respinta. La sua storia, segnata dal mutismo selettivo, dall’ansia e dalla recente diagnosi di Asperger, può aver influito sulla percezione di sé e sul modo di entrare in contatto con gli altri, ma nulla di tutto questo significa che “non va bene” o che meriti rifiuto.
Le difficoltà nelle relazioni non definiscono il suo valore. Spesso, nelle persone nello spettro, la timidezza, l’ansia e la fatica nel leggere i segnali sociali possono rendere più complesso iniziare un rapporto, ma sono aspetti su cui è possibile lavorare e che possono cambiare.
Il fatto che desideri una famiglia è una risorsa preziosa: parla della sua capacità di immaginare un futuro e di voler creare legami. La domanda “cosa c’è che non va in me?” nasce dal dolore, non da una verità su di lei.
Con un percorso mirato, orientato alle competenze sociali, alla gestione dell’ansia e all’autostima, può imparare a costruire relazioni che rispettino il suo modo di essere. Non è sola, e non è una nullità.
Cara,
grazie per aver condiviso la tua storia con tanta sincerità. Quello che descrivi riguarda temi profondi: la tua lunga esperienza con l’ansia, le difficoltà nella socializzazione legate alla diagnosi di Asperger, il vissuto di timidezza e soprattutto il dolore legato al sentirti rifiutata e non abbastanza.
Prima di tutto, è importante riconoscere che nulla, in ciò che racconti, indica che “non vai bene” o che “non meriti” una relazione. La sofferenza che provi nasce più dal significato che attribuisci alle esperienze relazionali che dalla tua persona. Quando per molti anni ci si sente in difficoltà nel contatto con gli altri, è facile convincersi che il problema siamo “noi”, mentre spesso si tratta di schemi appresi nel tempo, di paura del giudizio, di difficoltà comunicative che si possono comprendere, mettere a fuoco e modificare gradualmente.
Le persone nello spettro autistico – così come chi ha vissuto un forte mutismo o timidezza – non sono affatto “non desiderabili”: spesso, semplicemente, hanno modi diversi di esprimere interesse, di leggere i segnali sociali o di avvicinarsi all’altro. Questo può creare fraintendimenti, ma non definisce il tuo valore né ciò che puoi costruire.
Il desiderio di una relazione e di una famiglia è legittimo e possibile. Quello che oggi senti come un “rifiuto generale” può dipendere da vari fattori: la tua storia di ansia, aspettative molto rigide su come “dovrebbe” essere una relazione, esperienze negative passate, oppure la tendenza – comprensibile – a chiuderti per proteggerti. Tutti elementi che si possono esplorare e, col tempo, trasformare.
La parte più dolorosa del tuo messaggio è la sensazione di “nullità”. Questa è una ferita, non una verità su di te. E merita attenzione, cura, e uno spazio sicuro dove essere accolta e rielaborata. Non sei definita dalle difficoltà che hai attraversato: sei molto di più della tua timidezza, dell’ansia o della diagnosi.
Per comprendere davvero cosa accade nelle tue relazioni e aiutarti a costruire legami più sereni e soddisfacenti, è consigliabile approfondire questi vissuti insieme a uno specialista che possa offrirti strumenti concreti, sostegno ed un percorso costruito su misura per te.
Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
grazie per aver condiviso la tua storia con tanta sincerità. Quello che descrivi riguarda temi profondi: la tua lunga esperienza con l’ansia, le difficoltà nella socializzazione legate alla diagnosi di Asperger, il vissuto di timidezza e soprattutto il dolore legato al sentirti rifiutata e non abbastanza.
Prima di tutto, è importante riconoscere che nulla, in ciò che racconti, indica che “non vai bene” o che “non meriti” una relazione. La sofferenza che provi nasce più dal significato che attribuisci alle esperienze relazionali che dalla tua persona. Quando per molti anni ci si sente in difficoltà nel contatto con gli altri, è facile convincersi che il problema siamo “noi”, mentre spesso si tratta di schemi appresi nel tempo, di paura del giudizio, di difficoltà comunicative che si possono comprendere, mettere a fuoco e modificare gradualmente.
Le persone nello spettro autistico – così come chi ha vissuto un forte mutismo o timidezza – non sono affatto “non desiderabili”: spesso, semplicemente, hanno modi diversi di esprimere interesse, di leggere i segnali sociali o di avvicinarsi all’altro. Questo può creare fraintendimenti, ma non definisce il tuo valore né ciò che puoi costruire.
Il desiderio di una relazione e di una famiglia è legittimo e possibile. Quello che oggi senti come un “rifiuto generale” può dipendere da vari fattori: la tua storia di ansia, aspettative molto rigide su come “dovrebbe” essere una relazione, esperienze negative passate, oppure la tendenza – comprensibile – a chiuderti per proteggerti. Tutti elementi che si possono esplorare e, col tempo, trasformare.
La parte più dolorosa del tuo messaggio è la sensazione di “nullità”. Questa è una ferita, non una verità su di te. E merita attenzione, cura, e uno spazio sicuro dove essere accolta e rielaborata. Non sei definita dalle difficoltà che hai attraversato: sei molto di più della tua timidezza, dell’ansia o della diagnosi.
Per comprendere davvero cosa accade nelle tue relazioni e aiutarti a costruire legami più sereni e soddisfacenti, è consigliabile approfondire questi vissuti insieme a uno specialista che possa offrirti strumenti concreti, sostegno ed un percorso costruito su misura per te.
Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Salve, lei non deve privarsi di nulla ed ha il diritto di stare meglio ed inseguire i suoi desideri. Le consiglio vivamente un percorso di sostegno psicologico.
Saluti
Saluti
Salve,
quello che scrive è molto doloroso e merita rispetto.
Non c’è “qualcosa che non va” in lei come persona. La diagnosi di Asperger, la timidezza e l’ansia possono rendere più difficile incontrare e farsi incontrare, ma non rendono meno degni di amore. Spesso il problema non è il valore, ma la difficoltà a mostrarsi, a leggere i segnali, a stare nei tempi e nei codici relazionali che molte persone danno per scontati.
Il pensiero “non mi vuole nessuno” nasce facilmente quando il desiderio di famiglia è forte e le esperienze affettive mancano, ma non è una verità su di lei: è il dolore che parla. Il rifiuto ripetuto, o l’assenza di incontri significativi, porta a interiorizzare l’idea di essere una nullità, anche quando non lo si è.
È comprensibile sentirsi stanchi e rassegnati dopo anni di fatica, ma il desiderio che sente è legittimo e umano. Non è una pretesa sbagliata, né una colpa. Il lavoro terapeutico, oggi, forse può aiutarla meno a “capire cosa c’è che non va” e più a proteggere l’autostima, a distinguere chi è lei da ciò che finora non è accaduto.
Lei non vale meno perché non è stata scelta. Merita una relazione non come premio, ma perché è una persona. Se possibile, continui a portare in terapia non solo l’ansia, ma anche questo dolore profondo di sentirsi non vista: è lì che c’è più bisogno di cura.
quello che scrive è molto doloroso e merita rispetto.
Non c’è “qualcosa che non va” in lei come persona. La diagnosi di Asperger, la timidezza e l’ansia possono rendere più difficile incontrare e farsi incontrare, ma non rendono meno degni di amore. Spesso il problema non è il valore, ma la difficoltà a mostrarsi, a leggere i segnali, a stare nei tempi e nei codici relazionali che molte persone danno per scontati.
Il pensiero “non mi vuole nessuno” nasce facilmente quando il desiderio di famiglia è forte e le esperienze affettive mancano, ma non è una verità su di lei: è il dolore che parla. Il rifiuto ripetuto, o l’assenza di incontri significativi, porta a interiorizzare l’idea di essere una nullità, anche quando non lo si è.
È comprensibile sentirsi stanchi e rassegnati dopo anni di fatica, ma il desiderio che sente è legittimo e umano. Non è una pretesa sbagliata, né una colpa. Il lavoro terapeutico, oggi, forse può aiutarla meno a “capire cosa c’è che non va” e più a proteggere l’autostima, a distinguere chi è lei da ciò che finora non è accaduto.
Lei non vale meno perché non è stata scelta. Merita una relazione non come premio, ma perché è una persona. Se possibile, continui a portare in terapia non solo l’ansia, ma anche questo dolore profondo di sentirsi non vista: è lì che c’è più bisogno di cura.
Cara, sento molto il suo dolore e capisco che non può essere facile vivere con questo bagaglio sulle spalle. Consigliarle una terapia sarebbe banale visto che l'ha già fatta, mi sento però di consigliarle qualche terapia di gruppo. Il gruppo attiva cose che il Setting individuale non può fare. Capisco che i bisogni di una relazione intima sono diversi, ma anche la rete sociale può essere una base per aumentare l'autostima. Il teatro, laboratori di arte, incontri di gruppo, potrebbero aiutare. Purtroppo è nel rispecchiamento con l'altro che spesso ci ritroviamo, ovviamente nei luoghi giusti.
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