Salve,ho in figlio di 30 anni.Fin da piccolo ha avuto problemi a livello di relazioni e a livello or
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Salve,ho in figlio di 30 anni.Fin da piccolo ha avuto problemi a livello di relazioni e a livello organizzativo e manuale.Abbiamo cercato di aiutarlo nei suoi fallimenti e ci arrabbiarmi quando si lasciava andare o faceva le cose sbagliate.Ora dopo aiuti con Psicologi con scarsibrisultati,sibtrova solo con pochi amici e una ragazza da cui dipende molto.Ha avuto anche nel lavoro delle problematiche e questo lo abbatte.Ho saputo da mia figlia che gli hanno riscontrato una grossa Dsa e sta usando degli antidepressivi a na.insaputa.Con noi non parla e ci considera la colpa del suo malessere,ed è sempre più chiuso e spento.Sono molto preoccupata e non so come aiutarlo e fargli capire che i genitori possono sbagliare ma che gli vogliamo in gran bene.Grazie
Capisco quanto sia doloroso vedere un figlio soffrire e sentirsi impotenti. Potrebbe essere utile per voi, come genitori, rivolgervi ad uno psicologo familiare per avere uno spazio di supporto e capire come adattare la comunicazione alle sue difficoltà. Continuare a dimostrare presenza affettuosa, anche da lontano, può fare la differenza.
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Gentile mamma,
la sua preoccupazione traspare con tanta chiarezza e umanità, ed è già un segno importante del suo affetto e del desiderio di capire e sostenere suo figlio.
Prima di tutto, vorrei rassicurarla: spesso quando un figlio attraversa un momento di grande fragilità, il genitore si sente colpevole e impotente. È normale, ma non significa che non ci sia spazio per ricostruire un legame.
Lei racconta che sin da piccolo suo figlio ha avuto difficoltà nelle relazioni e nell’organizzazione, e solo recentemente ha ricevuto una diagnosi di DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento). Questa scoperta tardiva può aver avuto un grande impatto sulla sua autostima e sul senso di sé: molti adulti, quando comprendono solo dopo anni la causa delle proprie difficoltà, provano rabbia, frustrazione e un profondo senso di ingiustizia. È possibile che, in questo momento, lui stia cercando di elaborare tutto questo, e che il suo chiudersi sia una forma di protezione.
Anche la dipendenza affettiva dalla ragazza e la difficoltà a mantenere un lavoro possono essere espressione di un bisogno di sentirsi accettato e valido, bisogno che forse non sente ancora soddisfatto.
Lei dice che con voi non parla e vi considera la causa del suo malessere. Questo è un punto doloroso, ma può essere anche un’opportunità per ripartire. A volte, provare a spiegare razionalmente che «i genitori possono sbagliare» non basta: servono tempo, ascolto e soprattutto un atteggiamento empatico, senza giudizio.
Può iniziare da piccoli passi concreti:
• Mostri disponibilità senza forzare la comunicazione («Quando vuoi parlare, io ci sono»).
• Eviti di dare consigli non richiesti o di chiedere spiegazioni («Perché prendi antidepressivi?»), perché potrebbero farlo sentire ulteriormente attaccato.
• Se sente di non riuscire da sola, potrebbe essere utile intraprendere un percorso di supporto psicologico anche per lei, per elaborare i suoi vissuti di colpa e imparare modalità comunicative più funzionali.
Infine, la cosa più importante: continui a trasmettere, anche solo con piccoli gesti, che il suo affetto non dipende da come «riesce» o «fallisce», ma che è incondizionato.
Le auguro di cuore tanta forza e serenità. Se vuole, posso suggerirle anche delle strategie pratiche di comunicazione empatica o un percorso familiare. Non esiti a chiedere.
la sua preoccupazione traspare con tanta chiarezza e umanità, ed è già un segno importante del suo affetto e del desiderio di capire e sostenere suo figlio.
Prima di tutto, vorrei rassicurarla: spesso quando un figlio attraversa un momento di grande fragilità, il genitore si sente colpevole e impotente. È normale, ma non significa che non ci sia spazio per ricostruire un legame.
Lei racconta che sin da piccolo suo figlio ha avuto difficoltà nelle relazioni e nell’organizzazione, e solo recentemente ha ricevuto una diagnosi di DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento). Questa scoperta tardiva può aver avuto un grande impatto sulla sua autostima e sul senso di sé: molti adulti, quando comprendono solo dopo anni la causa delle proprie difficoltà, provano rabbia, frustrazione e un profondo senso di ingiustizia. È possibile che, in questo momento, lui stia cercando di elaborare tutto questo, e che il suo chiudersi sia una forma di protezione.
Anche la dipendenza affettiva dalla ragazza e la difficoltà a mantenere un lavoro possono essere espressione di un bisogno di sentirsi accettato e valido, bisogno che forse non sente ancora soddisfatto.
Lei dice che con voi non parla e vi considera la causa del suo malessere. Questo è un punto doloroso, ma può essere anche un’opportunità per ripartire. A volte, provare a spiegare razionalmente che «i genitori possono sbagliare» non basta: servono tempo, ascolto e soprattutto un atteggiamento empatico, senza giudizio.
Può iniziare da piccoli passi concreti:
• Mostri disponibilità senza forzare la comunicazione («Quando vuoi parlare, io ci sono»).
• Eviti di dare consigli non richiesti o di chiedere spiegazioni («Perché prendi antidepressivi?»), perché potrebbero farlo sentire ulteriormente attaccato.
• Se sente di non riuscire da sola, potrebbe essere utile intraprendere un percorso di supporto psicologico anche per lei, per elaborare i suoi vissuti di colpa e imparare modalità comunicative più funzionali.
Infine, la cosa più importante: continui a trasmettere, anche solo con piccoli gesti, che il suo affetto non dipende da come «riesce» o «fallisce», ma che è incondizionato.
Le auguro di cuore tanta forza e serenità. Se vuole, posso suggerirle anche delle strategie pratiche di comunicazione empatica o un percorso familiare. Non esiti a chiedere.
Buona sera, grazie mille per essersi rivolta a noi. Capisco quanto possa essere difficile e frustrante vedere un figlio che soffre e non poterlo aiutare. Proverei a parlarne con lui e chiedergli perché vi considera la causa del suo malessere. Penso che una terapia familiare possa aiutarvi a riconnettervi come famiglia e a sbrigliare alcune questioni apparentemente irrisolte. Rimango a disposizione per ulteriori dubbi o domande, cordialmente, dott.ssa Sciacca
Gentile signora,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità la sua preoccupazione e il suo vissuto. Capisco quanto possa essere difficile per un genitore vedere un figlio adulto in difficoltà, sentirsi impotente e desiderare con tutto il cuore di poterlo aiutare.
Dal suo racconto emergono segnali che potrebbero far pensare a un DSA non riconosciuto in tempo, come lei stessa accenna. Quando queste difficoltà non vengono comprese durante l’infanzia e l’adolescenza, possono influenzare profondamente l’autostima, le relazioni, il lavoro e il modo in cui la persona si percepisce nel mondo.
Anche se ora vostro figlio fatica a comunicare con voi e sembra attribuirvi parte del suo malessere, è importante ricordare che dietro questo atteggiamento spesso c’è dolore, confusione e forse il bisogno di prendere le distanze per trovare una propria strada. La sua chiusura può essere una forma di protezione.
La cosa più importante che potete fare ora è mantenere un atteggiamento di ascolto e accoglienza, anche a distanza. Fargli sapere, magari con una lettera o un messaggio non invadente, che gli volete bene, che siete disponibili a ripartire da un dialogo nuovo, senza giudizio, e che siete pronti anche voi a mettervi in gioco, magari con un supporto per voi genitori, può fare la differenza nel tempo.
Se lo desidera, possiamo valutare insieme come sostenere voi in questo percorso e come eventualmente creare un ponte per aiutarlo a sentirsi meno solo. Non è mai troppo tardi per ritrovare una relazione più sana e costruttiva.
Un caro saluto.
grazie per aver condiviso con tanta sincerità la sua preoccupazione e il suo vissuto. Capisco quanto possa essere difficile per un genitore vedere un figlio adulto in difficoltà, sentirsi impotente e desiderare con tutto il cuore di poterlo aiutare.
Dal suo racconto emergono segnali che potrebbero far pensare a un DSA non riconosciuto in tempo, come lei stessa accenna. Quando queste difficoltà non vengono comprese durante l’infanzia e l’adolescenza, possono influenzare profondamente l’autostima, le relazioni, il lavoro e il modo in cui la persona si percepisce nel mondo.
Anche se ora vostro figlio fatica a comunicare con voi e sembra attribuirvi parte del suo malessere, è importante ricordare che dietro questo atteggiamento spesso c’è dolore, confusione e forse il bisogno di prendere le distanze per trovare una propria strada. La sua chiusura può essere una forma di protezione.
La cosa più importante che potete fare ora è mantenere un atteggiamento di ascolto e accoglienza, anche a distanza. Fargli sapere, magari con una lettera o un messaggio non invadente, che gli volete bene, che siete disponibili a ripartire da un dialogo nuovo, senza giudizio, e che siete pronti anche voi a mettervi in gioco, magari con un supporto per voi genitori, può fare la differenza nel tempo.
Se lo desidera, possiamo valutare insieme come sostenere voi in questo percorso e come eventualmente creare un ponte per aiutarlo a sentirsi meno solo. Non è mai troppo tardi per ritrovare una relazione più sana e costruttiva.
Un caro saluto.
Gentile signora,
le sue parole raccontano tutta la fatica e l’amore che spesso coesistono nel ruolo di genitore. È comprensibile il senso di smarrimento e impotenza di fronte a un figlio che soffre e che sembra aver costruito un muro di silenzio intorno a sé.
Le difficoltà relazionali, organizzative e lavorative che descrive, unite alla recente diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), ci restituiscono l’immagine di un ragazzo che probabilmente ha convissuto a lungo con un senso di inadeguatezza silenziosa, forse mai pienamente riconosciuto. Quando le difficoltà evolutive non vengono comprese precocemente, il rischio è che il ragazzo interiorizzi un’immagine di sé negativa, fatta di fallimenti e aspettative disattese, che poi si trascina anche nell’età adulta.
Il fatto che abbia iniziato ad assumere antidepressivi senza parlarne apertamente potrebbe essere il segnale di una sofferenza che fatica a esprimersi in modo diretto, ma che cerca comunque una forma di contenimento.
Capisco il suo desiderio di riparare, di farsi riconoscere per ciò che c’è ancora oggi: un genitore che ama, anche se ha sbagliato. È un messaggio potente, che però ha bisogno di tempo e delicatezza per essere accolto. In questo momento suo figlio, per difendersi dal dolore, può proiettare su di voi la causa del suo malessere. Non è semplice da accettare, ma è un passaggio che a volte accompagna la presa di coscienza di vecchie ferite.
Le consiglio due strade, da percorrere anche in parallelo:
1. Lavorare su di sé come genitore, con uno psicologo, per esplorare il proprio vissuto e capire come comunicare con suo figlio in modo più efficace e meno difensivo. A volte anche piccoli cambiamenti nel modo di porsi aprono varchi relazionali insperati.
2. Favorire, con rispetto e delicatezza, un nuovo possibile invio psicologico per suo figlio, se e quando sarà pronto. Non per “aggiustarlo”, ma per offrirgli uno spazio tutto suo in cui sentirsi riconosciuto, senza dover continuamente dimostrare qualcosa.
Le relazioni familiari, anche se ferite, possono riprendere vita, ma serve tempo, ascolto e talvolta anche la presenza di un mediatore neutrale.
Le auguro di poter trasformare questa preoccupazione in azione paziente e amorevole. E se sente di aver bisogno di uno spazio anche per sé, non esiti a cercarlo. Prendersi cura di un figlio in difficoltà è un atto di amore. Ma prendersi cura di sé è un atto di responsabilità.
Un caro saluto,
Dott. Michele Scalese – Psicologo Clinico
le sue parole raccontano tutta la fatica e l’amore che spesso coesistono nel ruolo di genitore. È comprensibile il senso di smarrimento e impotenza di fronte a un figlio che soffre e che sembra aver costruito un muro di silenzio intorno a sé.
Le difficoltà relazionali, organizzative e lavorative che descrive, unite alla recente diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), ci restituiscono l’immagine di un ragazzo che probabilmente ha convissuto a lungo con un senso di inadeguatezza silenziosa, forse mai pienamente riconosciuto. Quando le difficoltà evolutive non vengono comprese precocemente, il rischio è che il ragazzo interiorizzi un’immagine di sé negativa, fatta di fallimenti e aspettative disattese, che poi si trascina anche nell’età adulta.
Il fatto che abbia iniziato ad assumere antidepressivi senza parlarne apertamente potrebbe essere il segnale di una sofferenza che fatica a esprimersi in modo diretto, ma che cerca comunque una forma di contenimento.
Capisco il suo desiderio di riparare, di farsi riconoscere per ciò che c’è ancora oggi: un genitore che ama, anche se ha sbagliato. È un messaggio potente, che però ha bisogno di tempo e delicatezza per essere accolto. In questo momento suo figlio, per difendersi dal dolore, può proiettare su di voi la causa del suo malessere. Non è semplice da accettare, ma è un passaggio che a volte accompagna la presa di coscienza di vecchie ferite.
Le consiglio due strade, da percorrere anche in parallelo:
1. Lavorare su di sé come genitore, con uno psicologo, per esplorare il proprio vissuto e capire come comunicare con suo figlio in modo più efficace e meno difensivo. A volte anche piccoli cambiamenti nel modo di porsi aprono varchi relazionali insperati.
2. Favorire, con rispetto e delicatezza, un nuovo possibile invio psicologico per suo figlio, se e quando sarà pronto. Non per “aggiustarlo”, ma per offrirgli uno spazio tutto suo in cui sentirsi riconosciuto, senza dover continuamente dimostrare qualcosa.
Le relazioni familiari, anche se ferite, possono riprendere vita, ma serve tempo, ascolto e talvolta anche la presenza di un mediatore neutrale.
Le auguro di poter trasformare questa preoccupazione in azione paziente e amorevole. E se sente di aver bisogno di uno spazio anche per sé, non esiti a cercarlo. Prendersi cura di un figlio in difficoltà è un atto di amore. Ma prendersi cura di sé è un atto di responsabilità.
Un caro saluto,
Dott. Michele Scalese – Psicologo Clinico
Potrebbe essere utile per voi genitori, essere accompagnati e sostenuti in prima persona. Non c'è un manuale per essere genitori, e gli sbagli, per come lei li ha definiti, possono essere riparati in una certa misura. Tuttavia vostro figlio ha intrapreso un suo percorso personale che lo porta naturalmente, sempre più, verso l'autonomia. Voi potete aiutarlo innanzitutto occupandovi di voi, in particolare cercando un sostegno nello svolgere il vostro ruolo di genitori.
Salve, da quello che lei riferisce in questo preciso momento suo figlio evita di aprirsi e di avere un dialogo profondo con voi genitori e questo vi fa soffrire. Potreste cercare un approccio accogliente nei confronti di vostro figlio cercando di fargli capire che siete disponibili ad ascoltarlo ma contemporaneamente non lo forzate. A questo sarebbe utile però aggiungere un percorso di psicoterapia per il ragazzo. Saluti
Gentile Signora,
è naturale, come genitori, voler proteggere e guidare i propri figli nel modo migliore possibile. Tuttavia questo non protegge da eventuali errori che possono essere stati commessi, soprattutto quando ci si trova ad affrontare situazioni complesse come quelle legate a disturbi del neurosviluppo o a fragilità emotive che si manifestano sin dall’infanzia. Del resto, l'esperienza della genitorialità viene svolta da ogni persona per la prima volta e non esiste un manuale di istruzioni universalmente valido in ogni circostanza e per tutte le persone.
È altrettanto comprensibile che suo figlio, crescendo con queste difficoltà, possa oggi provare rabbia, delusione o chiusura nei confronti della famiglia. Spesso chi soffre ha bisogno di prendere distanza da ciò che percepisce come una fonte di dolore, anche se le intenzioni di fondo sono altre. Questo non significa necessariamente che il legame sia spezzato, ma solo che ha bisogno di tempo, spazio e cura per poter guarire.
In momenti come questo, è fondamentale riuscire a comunicare il proprio affetto in modo semplice e sincero, anche con una lettera o un messaggio o con piccoli gesti che possano dire molto. Fategli sapere che siete disposti ad ascoltarlo, senza giudizio, e che il vostro amore non è mai venuto meno, anche quando ci sono stati momenti difficili. La vostra presenza, anche silenziosa ma costante, può rappresentare un punto di riferimento importante.
Infine, considerare un supporto anche per voi come genitori potrebbe essere un passo prezioso. Non solo per gestire l’ansia e la preoccupazione che state vivendo, ma anche per acquisire strumenti utili a riavvicinarvi a vostro figlio con maggiore consapevolezza ed equilibrio.
Senza la pretesa di essere risolutiva in poche righe e con l'augurio che quanto scritto possa esserle di supporto, le auguro una buona serata.
Dottssa Laura Montanari
è naturale, come genitori, voler proteggere e guidare i propri figli nel modo migliore possibile. Tuttavia questo non protegge da eventuali errori che possono essere stati commessi, soprattutto quando ci si trova ad affrontare situazioni complesse come quelle legate a disturbi del neurosviluppo o a fragilità emotive che si manifestano sin dall’infanzia. Del resto, l'esperienza della genitorialità viene svolta da ogni persona per la prima volta e non esiste un manuale di istruzioni universalmente valido in ogni circostanza e per tutte le persone.
È altrettanto comprensibile che suo figlio, crescendo con queste difficoltà, possa oggi provare rabbia, delusione o chiusura nei confronti della famiglia. Spesso chi soffre ha bisogno di prendere distanza da ciò che percepisce come una fonte di dolore, anche se le intenzioni di fondo sono altre. Questo non significa necessariamente che il legame sia spezzato, ma solo che ha bisogno di tempo, spazio e cura per poter guarire.
In momenti come questo, è fondamentale riuscire a comunicare il proprio affetto in modo semplice e sincero, anche con una lettera o un messaggio o con piccoli gesti che possano dire molto. Fategli sapere che siete disposti ad ascoltarlo, senza giudizio, e che il vostro amore non è mai venuto meno, anche quando ci sono stati momenti difficili. La vostra presenza, anche silenziosa ma costante, può rappresentare un punto di riferimento importante.
Infine, considerare un supporto anche per voi come genitori potrebbe essere un passo prezioso. Non solo per gestire l’ansia e la preoccupazione che state vivendo, ma anche per acquisire strumenti utili a riavvicinarvi a vostro figlio con maggiore consapevolezza ed equilibrio.
Senza la pretesa di essere risolutiva in poche righe e con l'augurio che quanto scritto possa esserle di supporto, le auguro una buona serata.
Dottssa Laura Montanari
Cara utente,
capisco i suoi sentimenti di preoccupazione per ciò che sta vivendo suo figlio. Sicuramente il ragazzo è adulto e può essere che non condivida alcune informazioni con i genitori, però penso sia per lui molto utile e di supporto sapere che gli volete bene: l'amore è il motore più potente di cambiamento! Dato che il ragazzo ha già iniziato un percorso con uno psicologo, potrebbe essere un'opzione che anche lei ne inizi uno per avere uno spazio in cui poter portare questi vissuti.
capisco i suoi sentimenti di preoccupazione per ciò che sta vivendo suo figlio. Sicuramente il ragazzo è adulto e può essere che non condivida alcune informazioni con i genitori, però penso sia per lui molto utile e di supporto sapere che gli volete bene: l'amore è il motore più potente di cambiamento! Dato che il ragazzo ha già iniziato un percorso con uno psicologo, potrebbe essere un'opzione che anche lei ne inizi uno per avere uno spazio in cui poter portare questi vissuti.
Gentile Signora,
comprendo a pieno la sua preoccupazione e il dolore che traspare dalle sue parole. La situazione che descrive è complessa e tocca diversi aspetti: la presenza di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) importante, difficoltà relazionali e organizzative fin dall’infanzia, problematiche lavorative, una possibile dipendenza affettiva, uso di antidepressivi senza condivisione con la famiglia, e un forte senso di chiusura e sfiducia nei confronti dei genitori.
Innanzitutto, è fondamentale sapere che i DSA possono avere ripercussioni significative sul piano emotivo e relazionale, soprattutto se non riconosciuti o se affrontati con molta fatica durante gli anni scolastici. Spesso possono generare bassa autostima, senso di inadeguatezza e vulnerabilità sul piano psicologico.
Il suo desiderio di far capire a suo figlio che voi gli volete bene è umano e prezioso. Tuttavia, quando una persona è molto chiusa o sofferente, insistere nel voler “spiegare” le buone intenzioni genitoriali può, a volte, generare ulteriore distanza, perché il figlio potrebbe sentirsi non compreso nei propri vissuti o pressato a riconciliare qualcosa per cui non è ancora pronto.
Ciò che può fare ora è cercare di mantenere un atteggiamento il più possibile accogliente, senza pressioni, evitando conflitti o accuse reciproche. È importante trasmettere il messaggio che siete disponibili ad ascoltarlo quando e se vorrà parlare, e che riconoscete il suo dolore, anche senza pretendere di risolverlo subito.
La questione dell’uso degli antidepressivi “a sua insaputa” è delicatissima e non va sottovalutata: sarebbe importante che suo figlio fosse seguito da uno specialista (psichiatra o medico) per la gestione corretta della terapia farmacologica e per monitorare la sua situazione psicologica.
Infine, l’esperienza di psicoterapie poco efficaci in passato non significa che non esistano percorsi adatti a lui. A volte serve trovare il professionista giusto o un approccio più mirato alle sue specificità (ad esempio interventi per adulti con DSA, psicoterapia cognitivo-comportamentale, o percorsi di supporto familiare). Anche per voi genitori potrebbe essere utile un supporto psicologico per affrontare il senso di impotenza e di colpa che state vivendo, e per acquisire strumenti più efficaci nella relazione con vostro figlio.
Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
comprendo a pieno la sua preoccupazione e il dolore che traspare dalle sue parole. La situazione che descrive è complessa e tocca diversi aspetti: la presenza di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) importante, difficoltà relazionali e organizzative fin dall’infanzia, problematiche lavorative, una possibile dipendenza affettiva, uso di antidepressivi senza condivisione con la famiglia, e un forte senso di chiusura e sfiducia nei confronti dei genitori.
Innanzitutto, è fondamentale sapere che i DSA possono avere ripercussioni significative sul piano emotivo e relazionale, soprattutto se non riconosciuti o se affrontati con molta fatica durante gli anni scolastici. Spesso possono generare bassa autostima, senso di inadeguatezza e vulnerabilità sul piano psicologico.
Il suo desiderio di far capire a suo figlio che voi gli volete bene è umano e prezioso. Tuttavia, quando una persona è molto chiusa o sofferente, insistere nel voler “spiegare” le buone intenzioni genitoriali può, a volte, generare ulteriore distanza, perché il figlio potrebbe sentirsi non compreso nei propri vissuti o pressato a riconciliare qualcosa per cui non è ancora pronto.
Ciò che può fare ora è cercare di mantenere un atteggiamento il più possibile accogliente, senza pressioni, evitando conflitti o accuse reciproche. È importante trasmettere il messaggio che siete disponibili ad ascoltarlo quando e se vorrà parlare, e che riconoscete il suo dolore, anche senza pretendere di risolverlo subito.
La questione dell’uso degli antidepressivi “a sua insaputa” è delicatissima e non va sottovalutata: sarebbe importante che suo figlio fosse seguito da uno specialista (psichiatra o medico) per la gestione corretta della terapia farmacologica e per monitorare la sua situazione psicologica.
Infine, l’esperienza di psicoterapie poco efficaci in passato non significa che non esistano percorsi adatti a lui. A volte serve trovare il professionista giusto o un approccio più mirato alle sue specificità (ad esempio interventi per adulti con DSA, psicoterapia cognitivo-comportamentale, o percorsi di supporto familiare). Anche per voi genitori potrebbe essere utile un supporto psicologico per affrontare il senso di impotenza e di colpa che state vivendo, e per acquisire strumenti più efficaci nella relazione con vostro figlio.
Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buonasera, probabilmente gli anni di frustrazione scolastica hanno peggiorato la percezione del valore che ha di sé. A ciò si aggiungeranno altri elementi che vanno valutati in sede diagnostica con un professionista. Mi dispiace che la psicoterapia non abbia raggiunto i risultati sperati, ma ciò che posso consigliarle è di riprenderla con un altro professionista. In aggiunta può valutare anche un supporto farmacologico con uno psichiatra, se lo psicoterapeuta che lo prenderebbe in carico ne ravvisasse necessità.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Salve, sono la dott.ssa Katia Valanzano, psicologa con formazione specifica in psicoterapia familiare. Comprendo le sue preoccupazioni, e Le chiedo: cosa potrebbe essere d'aiuto a suo figlio in questo momento, secondo Lei?
Buonasera, certo suo figlio ha già attraversato un pezzo di vita con i suoi problemi ma se lei, come dice, sente il bisogno e il desiderio di avvicinarlo non è troppo tardi. Non esistono ricette, l'importante mi sembra fargli capire il suo amore senza aspettarsi qualcosa di immediato in cambio. E' anche iportante avere pazienza e provare ad ascoltarlo, una sfida è anche accettare, come per tutti noi, i limiti che la vita ci pone.
Le faccio i miglliori auguri, se avrà bisogno di un confronto sono a disposizione (anche online).
Saluti. Dario Martelli
Le faccio i miglliori auguri, se avrà bisogno di un confronto sono a disposizione (anche online).
Saluti. Dario Martelli
Gentile signora,capisco profondamente la sua preoccupazione. Quando un figlio adulto si chiude e rifiuta il dialogo, è naturale sentirsi impotenti. Le difficoltà relazionali, lavorative e affettive che descrive, unite a una diagnosi tardiva di DSA, possono aver generato in lui molta frustrazione e senso di fallimento. Spesso, quando le diagnosi arrivano in età adulta, emerge anche una fase di rabbia verso chi, pur con amore, non ha potuto riconoscere prima quei segnali. È possibile che il suo silenzio sia una forma di protezione, più che un vero rifiuto. In questi casi, il consiglio è mantenere una presenza affettuosa ma non invadente, comunicando in modo semplice che lei è disponibile ad ascoltarlo, senza giudicare. A volte, anche un piccolo passo può riaprire un canale. Può inoltre valutare un supporto psicologico per genitori di figli adulti, per aiutarla a gestire questo momento delicato e continuare a essere una presenza stabile, anche a distanza. L’affetto che prova per suo figlio è chiaro: anche se ora lui non riesce a riconoscerlo, sentirsi amato resta un punto di forza importante. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che il ragazzo possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarlo ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che gli impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarlo a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa essergli utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarlo ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che gli impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarlo a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa essergli utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno signora, si percepisce, nelle sue righe, tutta la preoccupazione che una mamma sente, tutta la vita, per i propri figli. Non dia per scontato suo figlio non sappia, in cuor suo, che gli volete bene. Il fatto che si sia aperto con diversi Psicologi é un segno di grande volontà di cambiamento. Si confida con la ragazza, probabilmente, perché probabilmente farlo coi genitori gli risulta più complicato per sé stesso, per il suo percorso. Stargli accanto, senza giudicarlo, ma accogliendo le sue scelte, potrebbe essere un'ottimo approccio. Se ha scritto in questo portale, probabilmente crede nell'aiuto psicologico. Non scarti l'opzione di consultare uno. Gli Psicologi sono in grado di accogliere queste sue angoscie e perplessità, restituendole, probabilmente la serenità che di cui ha bisogno.
Salve. Aiutare suo figlio non è semplice se ci sono conflitti tra di voi. Purtroppo prendere antidepressivi senza superbi medica non è una buona pratica, e il suo silenzio non consente un avvicinamenti. Rispetto al DSA mi chiedo quanti anni abbia suo figlio?
Per il resto, purtroppo, non si può aiutare una persona che non ci chiede aiuto.
Per ulteriori comunicazioni resto a disposizione
Per il resto, purtroppo, non si può aiutare una persona che non ci chiede aiuto.
Per ulteriori comunicazioni resto a disposizione
Buongiorno,
provo a sintonizzarmi con il vostro vissuto. Il ragazzo di cui parla ha 30 anni, ha la maggior età per decidere di intraprendere o meno percorsi di supporto psicologico/farmacologici. Stare vicino a vostro figlio cercando di comprendere i suoi momenti è l'aiuto più grande che potete dargli. Cordiali saluti.
provo a sintonizzarmi con il vostro vissuto. Il ragazzo di cui parla ha 30 anni, ha la maggior età per decidere di intraprendere o meno percorsi di supporto psicologico/farmacologici. Stare vicino a vostro figlio cercando di comprendere i suoi momenti è l'aiuto più grande che potete dargli. Cordiali saluti.
Buongiorno gentile Utente, la sua preoccupazione è comprensibile e profondamente umana. Quando si è genitori, si desidera solo il meglio per i propri figli, e vedere un figlio adulto in difficoltà, che si allontana o soffre, può generare un senso di impotenza e dolore molto intensi. Mi colpisce la sincerità con cui riconosce che, nel tempo, ci sono stati momenti in cui il modo di affrontare le difficoltà del suo ragazzo ha potuto includere anche la rabbia, il disappunto, forse nel tentativo (comune a tanti genitori) di spronarlo o proteggerlo.
Oggi, però, la situazione che descrive sembra parlare di una sofferenza accumulata, che forse il tempo e le incomprensioni hanno sedimentato. Il fatto che suo figlio stia assumendo antidepressivi senza averne parlato apertamente con voi, e che abbia ricevuto una diagnosi importante (una grossa DSA) tardi nel percorso di vita, potrebbe aver rafforzato in lui un senso di solitudine, di sfiducia o di rammarico per essere stato frainteso a lungo. Spesso chi vive per molti anni con difficoltà non riconosciute interiorizza un senso di inadeguatezza e può arrivare a vedere nel mondo (e anche nei propri cari) più un giudizio che una comprensione autentica.
Lei sottolinea che con voi non parla più, ma il desiderio che esprime di fargli capire quanto gli volete bene è prezioso e può diventare il punto di partenza per tentare un riavvicinamento, seppure lento. In momenti così delicati, non sempre le parole sono lo strumento più efficace. A volte serve una presenza diversa, meno orientata a spiegare o aggiustare, e più capace di ascoltare senza aspettative. Magari può scrivergli una lettera, sincera e rispettosa, in cui ammette con cuore aperto di poter aver sbagliato in buona fede e dichiara il desiderio di conoscerlo meglio oggi, come adulto, nel suo vissuto reale, e non come il figlio “che avrebbe dovuto essere”.
È importante anche rispettare i suoi tempi. Il fatto che abbia una relazione e stia cercando di affrontare il proprio disagio attraverso una terapia farmacologica, pur nascosta, può essere un segnale che non ha rinunciato del tutto a cercare un equilibrio, anche se ancora faticosamente. È fondamentale che senta di poter essere visto e accolto per ciò che è, senza dover corrispondere a modelli o aspettative.
Infine, le suggerisco (se non l’ha già fatto) di considerare un supporto psicologico anche per lei. Quando si è dentro una dinamica familiare carica di dolore, spesso è utile potersi confrontare con uno spazio professionale che aiuti a mettere ordine, a elaborare il senso di colpa e a trovare nuovi modi di comunicare.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Oggi, però, la situazione che descrive sembra parlare di una sofferenza accumulata, che forse il tempo e le incomprensioni hanno sedimentato. Il fatto che suo figlio stia assumendo antidepressivi senza averne parlato apertamente con voi, e che abbia ricevuto una diagnosi importante (una grossa DSA) tardi nel percorso di vita, potrebbe aver rafforzato in lui un senso di solitudine, di sfiducia o di rammarico per essere stato frainteso a lungo. Spesso chi vive per molti anni con difficoltà non riconosciute interiorizza un senso di inadeguatezza e può arrivare a vedere nel mondo (e anche nei propri cari) più un giudizio che una comprensione autentica.
Lei sottolinea che con voi non parla più, ma il desiderio che esprime di fargli capire quanto gli volete bene è prezioso e può diventare il punto di partenza per tentare un riavvicinamento, seppure lento. In momenti così delicati, non sempre le parole sono lo strumento più efficace. A volte serve una presenza diversa, meno orientata a spiegare o aggiustare, e più capace di ascoltare senza aspettative. Magari può scrivergli una lettera, sincera e rispettosa, in cui ammette con cuore aperto di poter aver sbagliato in buona fede e dichiara il desiderio di conoscerlo meglio oggi, come adulto, nel suo vissuto reale, e non come il figlio “che avrebbe dovuto essere”.
È importante anche rispettare i suoi tempi. Il fatto che abbia una relazione e stia cercando di affrontare il proprio disagio attraverso una terapia farmacologica, pur nascosta, può essere un segnale che non ha rinunciato del tutto a cercare un equilibrio, anche se ancora faticosamente. È fondamentale che senta di poter essere visto e accolto per ciò che è, senza dover corrispondere a modelli o aspettative.
Infine, le suggerisco (se non l’ha già fatto) di considerare un supporto psicologico anche per lei. Quando si è dentro una dinamica familiare carica di dolore, spesso è utile potersi confrontare con uno spazio professionale che aiuti a mettere ordine, a elaborare il senso di colpa e a trovare nuovi modi di comunicare.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Gentile utente,
certamente dal punto di vista di un genitore un figlio che in vari aspetti della vita mostra di fare più fatica di altri, attiva delle reazioni che spesso possono essere i tentativi di aiutarlo a fare o stare meglio.
Per potersi esprimere circa la situazione di suo figlio bisognerebbe conoscere la sua situazione e sentire le sue parole, sia rispetto il suo stato attuale che il suo vissuto.
Ciò che lei può fare, che indirettamente avrebbe influenza anche su suo figlio, è affrontare un percorso personale per lavorare su di sè e sul suo vissuto in quanto madre di suo figlio (con le sue caratteristiche) per comprendere come potergli stare vicino e dimostrare il suo affetto in un modo adeguato a lui.
Un caro saluto
certamente dal punto di vista di un genitore un figlio che in vari aspetti della vita mostra di fare più fatica di altri, attiva delle reazioni che spesso possono essere i tentativi di aiutarlo a fare o stare meglio.
Per potersi esprimere circa la situazione di suo figlio bisognerebbe conoscere la sua situazione e sentire le sue parole, sia rispetto il suo stato attuale che il suo vissuto.
Ciò che lei può fare, che indirettamente avrebbe influenza anche su suo figlio, è affrontare un percorso personale per lavorare su di sè e sul suo vissuto in quanto madre di suo figlio (con le sue caratteristiche) per comprendere come potergli stare vicino e dimostrare il suo affetto in un modo adeguato a lui.
Un caro saluto
Buongiorno, ho letto con grande attenzione le sue parole e comprendo bene la preoccupazione e la fatica emotiva che sta vivendo come genitore. La sofferenza di un figlio è un dolore che tocca in profondità, spesso accompagnato da un senso di colpa e da mille domande su cosa si sarebbe potuto fare diversamente. È evidente che lei e la sua famiglia vi siate impegnati tanto per sostenerlo, anche se a volte questo aiuto si è potuto manifestare sotto forma di arrabbiature o di richieste, forse nella speranza che servissero a spronarlo. Questo succede spesso nelle famiglie dove c’è un figlio con delle difficoltà che non sono state comprese fino in fondo fin dall’inizio. Un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, se non diagnosticato e supportato adeguatamente, può lasciare strascichi importanti sull’autostima, perché un ragazzo può crescere con la sensazione di valere meno degli altri o di non essere mai all’altezza, nonostante gli sforzi. Spesso chi ha vissuto una storia così lunga di frustrazione e incomprensioni, nel tempo può sviluppare un senso di sfiducia verso la famiglia, perché sente di non essere stato capito o accolto per quello che era davvero. Questo non significa che i genitori abbiano voluto il male, ma solo che, forse, non c’erano ancora le conoscenze o gli strumenti giusti per vedere cosa ci fosse dietro alle difficoltà. Il fatto che lui ora non parli più con voi e vi tenga lontani dalle sue fragilità è doloroso, ma può avere anche un significato importante: forse ha bisogno di ritrovare uno spazio di autonomia per capire chi è, al di fuori della famiglia, dopo una vita in cui si è sentito forse etichettato come fragile o inadeguato. Il legame stretto con la sua ragazza, così come la chiusura verso di voi, possono essere un tentativo di avere un rifugio in cui sentirsi accettato senza giudizio. Può fare molto, anche se ora sembra impossibile. La prima cosa è continuare a far arrivare il messaggio che il vostro affetto non dipende da quello che fa o non fa, da quanto lavora o da quanto è organizzato, ma che è incondizionato. Può cercare di dirglielo senza forzarlo a parlarne se non vuole, magari scrivendogli una lettera o un messaggio, dove gli spiega semplicemente che è consapevole di non essere stata perfetta ma che il vostro amore non è mai venuto meno. È importante che si faccia aiutare anche lei, perché questo dolore rischia di schiacciarla e la può portare a ripetere modalità di aiuto che non sempre sono efficaci. Un percorso di sostegno per genitori con uno psicologo può darle strumenti per gestire i sensi di colpa, le paure e anche per imparare un nuovo modo di relazionarsi a lui, più rispettoso dei suoi tempi e dei suoi confini. A volte, quando un figlio percepisce che il genitore sta lavorando su di sé, abbassa la propria diffidenza. La distanza di oggi non è per forza una rottura definitiva: a volte è uno spazio necessario per ricostruire un rapporto su basi nuove, più adulte e più libere dal passato. Lei non è sola in questa fatica e non deve affrontarla senza supporto. Il bene che prova per lui può essere una risorsa preziosa se saprà incanalarlo verso modalità di vicinanza diverse, più leggere e rispettose della sua autonomia. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Salve,
lasci affrontare le difficoltà della vita a suo figlio autonomamente. Ha una età che gli consente di affrontare le problematiche della vita anche da solo. A volte l'eccessiva preoccupazione per un figlio può esser deleteria. Il fatto che si stia prendendo cura delle sue problematiche già di per sé dovrebbe rassicurarla.
Cordialmente
Dott. Diego Ferrara
lasci affrontare le difficoltà della vita a suo figlio autonomamente. Ha una età che gli consente di affrontare le problematiche della vita anche da solo. A volte l'eccessiva preoccupazione per un figlio può esser deleteria. Il fatto che si stia prendendo cura delle sue problematiche già di per sé dovrebbe rassicurarla.
Cordialmente
Dott. Diego Ferrara
Gent.ma,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità e dolore la sua situazione familiare. Le sue parole trasmettono non solo preoccupazione, ma anche affetto profondo e il desiderio sincero di ricostruire un ponte con suo figlio.
Da ciò che descrive, è evidente che suo figlio ha affrontato (e forse ancora affronta) grandi difficoltà emotive, relazionali e cognitive, probabilmente non riconosciute e comprese in tempo utile. Scoprire solo ora un DSA può essere per lui motivo di frustrazione, ma anche per voi genitori fonte di dolore e senso di colpa.
È importante sapere che la distanza emotiva nei confronti dei genitori, in fasi di disagio profondo, è una reazione frequente, soprattutto quando il figlio sente di non essere stato capito, o avverte giudizio nei confronti delle sue difficoltà. Anche se in buona fede, aiutare arrabbiandosi o correggendo può essere vissuto come rifiuto, e lascia tracce nel tempo.
Il fatto che stia assumendo antidepressivi di nascosto è un altro segnale della sua difficoltà a fidarsi e a esporsi, ma anche del fatto che sta cercando comunque di stare meglio. È un bisogno di cura, anche se silenzioso.
Potreste ripartire dal riconoscimento e invece di insistere sul “aiutarlo” o “fargli capire”, può essere molto potente un passo diverso come riconoscere il suo dolore, ammettere con semplicità che forse non avete sempre capito ciò di cui aveva bisogno, e dirgli che siete pronti ad ascoltarlo, se e quando vorrà. Se possibile, valutate un sostegno psicologico familiare o di coppia genitoriale, anche senza la sua presenza iniziale. Serve spesso a elaborare il senso di colpa, rileggere la storia familiare, e trovare nuove modalità di comunicazione emotiva.
Un caro saluto
grazie per aver condiviso con tanta sincerità e dolore la sua situazione familiare. Le sue parole trasmettono non solo preoccupazione, ma anche affetto profondo e il desiderio sincero di ricostruire un ponte con suo figlio.
Da ciò che descrive, è evidente che suo figlio ha affrontato (e forse ancora affronta) grandi difficoltà emotive, relazionali e cognitive, probabilmente non riconosciute e comprese in tempo utile. Scoprire solo ora un DSA può essere per lui motivo di frustrazione, ma anche per voi genitori fonte di dolore e senso di colpa.
È importante sapere che la distanza emotiva nei confronti dei genitori, in fasi di disagio profondo, è una reazione frequente, soprattutto quando il figlio sente di non essere stato capito, o avverte giudizio nei confronti delle sue difficoltà. Anche se in buona fede, aiutare arrabbiandosi o correggendo può essere vissuto come rifiuto, e lascia tracce nel tempo.
Il fatto che stia assumendo antidepressivi di nascosto è un altro segnale della sua difficoltà a fidarsi e a esporsi, ma anche del fatto che sta cercando comunque di stare meglio. È un bisogno di cura, anche se silenzioso.
Potreste ripartire dal riconoscimento e invece di insistere sul “aiutarlo” o “fargli capire”, può essere molto potente un passo diverso come riconoscere il suo dolore, ammettere con semplicità che forse non avete sempre capito ciò di cui aveva bisogno, e dirgli che siete pronti ad ascoltarlo, se e quando vorrà. Se possibile, valutate un sostegno psicologico familiare o di coppia genitoriale, anche senza la sua presenza iniziale. Serve spesso a elaborare il senso di colpa, rileggere la storia familiare, e trovare nuove modalità di comunicazione emotiva.
Un caro saluto
Gentile utente,
comprendo bene la sua preoccupazione e anche il senso di impotenza che può provare nel vedere suo figlio chiudersi e soffrire. Spesso, quando ci sono difficoltà di lunga data — come una DSA non riconosciuta precocemente o fatiche relazionali — il vissuto di fallimento può diventare molto radicato, e riaprirsi ai genitori può risultare difficile perché riattiva vecchie ferite.
In questa fase può essere utile cambiare prospettiva: non cercare di “convincerlo” a parlare o di mostrargli che lo amate, ma comunicarglielo in modo semplice e costante, senza forzarlo. Un messaggio breve, una presenza silenziosa ma affidabile, possono valere più di lunghe spiegazioni.
Può anche essere d’aiuto un supporto familiare, come uno spazio di consulenza psicologica per genitori adulti, per capire come relazionarsi a lui oggi senza riaprire dinamiche del passato. A volte, quando il legame si allenta, il primo passo è ritrovare un contatto emotivo che non giudichi né voglia “aggiustare”, ma solo esserci.
Dott.ssa Sara Petroni
comprendo bene la sua preoccupazione e anche il senso di impotenza che può provare nel vedere suo figlio chiudersi e soffrire. Spesso, quando ci sono difficoltà di lunga data — come una DSA non riconosciuta precocemente o fatiche relazionali — il vissuto di fallimento può diventare molto radicato, e riaprirsi ai genitori può risultare difficile perché riattiva vecchie ferite.
In questa fase può essere utile cambiare prospettiva: non cercare di “convincerlo” a parlare o di mostrargli che lo amate, ma comunicarglielo in modo semplice e costante, senza forzarlo. Un messaggio breve, una presenza silenziosa ma affidabile, possono valere più di lunghe spiegazioni.
Può anche essere d’aiuto un supporto familiare, come uno spazio di consulenza psicologica per genitori adulti, per capire come relazionarsi a lui oggi senza riaprire dinamiche del passato. A volte, quando il legame si allenta, il primo passo è ritrovare un contatto emotivo che non giudichi né voglia “aggiustare”, ma solo esserci.
Dott.ssa Sara Petroni
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