Salve a tutti dottori, vorrei porvi una domanda per ricevere un risposta in merito. Sto affrontando
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Salve a tutti dottori, vorrei porvi una domanda per ricevere un risposta in merito.
Sto affrontando un percorso terapeutico, e l'ultimo incontro mi ha lasciato perplesso (ovviamente nella prossima seduta spiegherò questo dubbio)
Ps: sto affrontando questo percorso per migliorare le mie dinamiche relazionali.
Vi spiego in breve.
L'ultima seduta mi ha lasciato perplesso, perché parlando di come mi relaziono con gli altri, è come se il terapeuta mi voglia trasmettere che nelle relazioni tutto si riduce a cosa vogliono i singoli, senza tener conto del bene comune.. cioè come se non ci fossero dei limiti oggettivi che nessuno dovrebbe oltrepassare in quanto lesivi della dignità e del rispetto della singola persona.
Per capirci, io mi relaziono con gli altri ovviamente tenendo conto delle mie esigenze e dei miei bisogni & tenendo conto di quelle dell'altro, ma nei limiti di ciò che è un bene per l'essere umano in generale. (Per me il collettivo viene sempre prima del singolo)
Ciò a volte mi porta a rinunciare a qualche mia esigenza oppure a non ascoltare quelle altrui, e io ritengo che ciò è segno di maturità e di responsabilità verso il prossimo.
Il problema è che il terapeuta mi ha messo un dubbio, come se non esistesse un bene comune e io posso chiedere la qualsiasi cosa mi venga in mente all'altro partner (come viceversa), basta che entrambi siamo d'accordo.
E soprattutto ciò mi fa sentire in colpa, perché è come se non dovessi essere giudicare gli altri e accettarli tutti, come se non dovessi avere un giudizio volto a selezionare le persone buone e distinguerle da quelle egoiste e che pensano solo a se stesse.
Cioè come se lui voglia dirmi che tutto si riduce alla soggettività.
Ciò che mi ha creato dubbi è che mi vuole trasmettere come se non ci fosse un senso di responsabilità verso il prossimo, ma tutto si riduce a ciò che vogllio con ogni persona che frequento. (Infatti questo modo di vedere le relazioni mi fa sentire come se cambio idee e personalità a seconda della persona che frequento, dato che non c'è un bene comune da seguire.. e soprattutto a non saper distinguere più ciò che è nocivo e bene per la mia persona)
Vi porto un esempio pratico per spiegarvi cosa intendo dire.
Es: la mia ex ragazza per stare in coppia voleva che io non parlassi con alcun tipo di ragazza, tantoché se incontravo un'amica in giro, non voleva nemmeno che scambiassi 2 parole di cortesia.
Secondo il ragionamento del terapeuta, la mia ex ragazza non era tossica e non stava chiedendo nulla di sbagliato (infatti mi fa sentire come se non dovessi avere un giudizio critico)
Per carità la mia ex ragazza può essere libera di pensarla così, e libera di dire al proprio ragazzo di rispettare quel confine, e se il suo ragazzo è d'accordo, tutti amici come prima.. ma non si può dire che questo non è un comportamento tossico e che va assolutamente evitato nelle relazioni.
L'assenza di giudizio porta le persone ad essere irresponsabili e soprattutto egoiste.
Io ovviamente ho dei bisogni e esigenze, ma so che posso soddisfarle purché non rechi danno all'essere umano in generale.
Per me l'essere umano viene prima del singolo.
Il singolo può essere libero di pensare ogni cosa ma non si dovrebbe trasmettere l'idea che se in coppia si è d'accordo, allora si può fare di tutto.
Cioè penso che ci sono confini etici al di là del volere dei singoli.
Es: una ragazza che conosco raccontava che provava fastidio nel aiutare il partner in un momento di difficoltà di salute, ritenendo che non è sua madre e lei non dovrebbe avere questa responsabilità.
Secondo il ragionamento del terapeuta, questa ragazza ama il suo ragazzo e soprattutto non sta chiedendo nulla di male, ma per me è insensato
Ciò mi porterebbe a dire che persone viziate, irresponsabili e che voglio tutto e dare niente, siano persone ottime con cui stare.
Come se non esistesse un bene comune da perseguire, come se ci fossero doveri morali e soprattutto come se io non dovessi avere alcun giudizio critico che mi porti a distinguere le persone buone da quelle cattive.
Voi cosa ne pensate? Ovviamente ne parlerò col terapeuta per capire cosa intende dire nello specifico.
Ma secondo voi è normale ciò?
Sto affrontando un percorso terapeutico, e l'ultimo incontro mi ha lasciato perplesso (ovviamente nella prossima seduta spiegherò questo dubbio)
Ps: sto affrontando questo percorso per migliorare le mie dinamiche relazionali.
Vi spiego in breve.
L'ultima seduta mi ha lasciato perplesso, perché parlando di come mi relaziono con gli altri, è come se il terapeuta mi voglia trasmettere che nelle relazioni tutto si riduce a cosa vogliono i singoli, senza tener conto del bene comune.. cioè come se non ci fossero dei limiti oggettivi che nessuno dovrebbe oltrepassare in quanto lesivi della dignità e del rispetto della singola persona.
Per capirci, io mi relaziono con gli altri ovviamente tenendo conto delle mie esigenze e dei miei bisogni & tenendo conto di quelle dell'altro, ma nei limiti di ciò che è un bene per l'essere umano in generale. (Per me il collettivo viene sempre prima del singolo)
Ciò a volte mi porta a rinunciare a qualche mia esigenza oppure a non ascoltare quelle altrui, e io ritengo che ciò è segno di maturità e di responsabilità verso il prossimo.
Il problema è che il terapeuta mi ha messo un dubbio, come se non esistesse un bene comune e io posso chiedere la qualsiasi cosa mi venga in mente all'altro partner (come viceversa), basta che entrambi siamo d'accordo.
E soprattutto ciò mi fa sentire in colpa, perché è come se non dovessi essere giudicare gli altri e accettarli tutti, come se non dovessi avere un giudizio volto a selezionare le persone buone e distinguerle da quelle egoiste e che pensano solo a se stesse.
Cioè come se lui voglia dirmi che tutto si riduce alla soggettività.
Ciò che mi ha creato dubbi è che mi vuole trasmettere come se non ci fosse un senso di responsabilità verso il prossimo, ma tutto si riduce a ciò che vogllio con ogni persona che frequento. (Infatti questo modo di vedere le relazioni mi fa sentire come se cambio idee e personalità a seconda della persona che frequento, dato che non c'è un bene comune da seguire.. e soprattutto a non saper distinguere più ciò che è nocivo e bene per la mia persona)
Vi porto un esempio pratico per spiegarvi cosa intendo dire.
Es: la mia ex ragazza per stare in coppia voleva che io non parlassi con alcun tipo di ragazza, tantoché se incontravo un'amica in giro, non voleva nemmeno che scambiassi 2 parole di cortesia.
Secondo il ragionamento del terapeuta, la mia ex ragazza non era tossica e non stava chiedendo nulla di sbagliato (infatti mi fa sentire come se non dovessi avere un giudizio critico)
Per carità la mia ex ragazza può essere libera di pensarla così, e libera di dire al proprio ragazzo di rispettare quel confine, e se il suo ragazzo è d'accordo, tutti amici come prima.. ma non si può dire che questo non è un comportamento tossico e che va assolutamente evitato nelle relazioni.
L'assenza di giudizio porta le persone ad essere irresponsabili e soprattutto egoiste.
Io ovviamente ho dei bisogni e esigenze, ma so che posso soddisfarle purché non rechi danno all'essere umano in generale.
Per me l'essere umano viene prima del singolo.
Il singolo può essere libero di pensare ogni cosa ma non si dovrebbe trasmettere l'idea che se in coppia si è d'accordo, allora si può fare di tutto.
Cioè penso che ci sono confini etici al di là del volere dei singoli.
Es: una ragazza che conosco raccontava che provava fastidio nel aiutare il partner in un momento di difficoltà di salute, ritenendo che non è sua madre e lei non dovrebbe avere questa responsabilità.
Secondo il ragionamento del terapeuta, questa ragazza ama il suo ragazzo e soprattutto non sta chiedendo nulla di male, ma per me è insensato
Ciò mi porterebbe a dire che persone viziate, irresponsabili e che voglio tutto e dare niente, siano persone ottime con cui stare.
Come se non esistesse un bene comune da perseguire, come se ci fossero doveri morali e soprattutto come se io non dovessi avere alcun giudizio critico che mi porti a distinguere le persone buone da quelle cattive.
Voi cosa ne pensate? Ovviamente ne parlerò col terapeuta per capire cosa intende dire nello specifico.
Ma secondo voi è normale ciò?
Salve, il suo messaggio mi ha molto incuriosito. Mi ha incuriosito perchè credo che le sedute così, le sedute che ci lasciano frustrate, perplesse, siano le sedute che possono far svoltare la terapia. Svoltare sia negativamente, se il paziente si ritira e non ne parla col terapeuta, sia positivamente, se il paziente ne parla e descrive le sensazioni depositate nella seduta precedente, Quindi sono daccordo sul fatto di parlarne con il suo terapeuta. Credo anche che, se delle osservazioni terapeutiche la lasciano così "scioccata" abbiano toccato il tasto giusto. Non voglio dire che ha "ragione"il terapeuta ( anche perchè della ragione noi non ce ne facciamo nulla) ma perchè tutto ciò che ha una risonanza emotiva così imponente tocca qualcosa di emotivamente significativo per noi. Quindi indaghi, vada fino in fondo e esca dalla seduta con delle nuove consapevolezze di se stessa. Sta facendo un ottimo lavoro. Un caro abbraccio
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Gentile utente, sono del parere che in una società le esigenze individuali dovrebbero cedere il passo alle esigenze collettive, ossia al bene comune. Se adottassimo dei comportamenti che non guardino solo al
proprio io ma volgessero uno sguardo anche al nostro prossimo, probabilmente vivremmo in una società migliore, meno focalizzata sul singolo e più focalizzata sul collettivo. Rispetto alla spiegazione fornita dal suo terapeuta, condivido che ne debba parlare direttamente con lui/lei, anche perché il parere del terapeuta suppongo sia stato estrapolato da un discorso più ampio e organico. Riporti la questione ed esponga le sue perplessità così come ha fatto qui.
Saluti,
Ludovico Libardi
proprio io ma volgessero uno sguardo anche al nostro prossimo, probabilmente vivremmo in una società migliore, meno focalizzata sul singolo e più focalizzata sul collettivo. Rispetto alla spiegazione fornita dal suo terapeuta, condivido che ne debba parlare direttamente con lui/lei, anche perché il parere del terapeuta suppongo sia stato estrapolato da un discorso più ampio e organico. Riporti la questione ed esponga le sue perplessità così come ha fatto qui.
Saluti,
Ludovico Libardi
Buongiorno, la ringrazio per la domanda interessante. Tutti noi agiamo secondo un sistema morale, che è indubbiamente diverso da quello degli altri. Tuttavia spesso tendiamo a ritenere che le nostre opinioni siano oggettivamente giuste e le perseguiamo rigidamente. Questo comporta grande frustrazione tutte quelle volte che ci scontriamo con qualcuno che ha un sistema di valori diverso, oppure quando applicare la nostra regola morale ci si ritorce contro in qualche modo. Inoltre non dobbiamo mai dimenticare che gli assolutismi sono di per sè dannosi: applicare la nostra regola con rigidità e senza messa in discussione, non può che limitarci molto nella quotidianità. Inoltre, chi lo dice che il suo sistema morale sia quello giusto? Ognuno si crea delle leggi personali in base alle esperienze che fa nella vita e agli insegnamenti trasmessi, possiamo quindi immaginare la diversità di vedute che ognuno può costruirsi.
Quello che sta cercando di fare il suo terapeuta, credo che sia allontanarla da un meccanismo rigido di applicazione di una regola e dalla pretesa che gli altri la debbano pensare come lei. Inoltre penso che voglia semplicemente darle la possibilità di fare una SCELTA. Lei è legittimato a comportarsi nel modo più coerente con il suo codice morale, ma è anche legittimato a trasgredire quando è necessario, quando applicare le sue regole può portarle più danni che vantaggi.
La riflessione su questo tema sarebbe ancora lunga, ma intanto mi limito a questi concetti. Spero di essere stata d'aiuto e le auguro il meglio per il suo percorso terapeutico. Dott.ssa Anna Tosi
Quello che sta cercando di fare il suo terapeuta, credo che sia allontanarla da un meccanismo rigido di applicazione di una regola e dalla pretesa che gli altri la debbano pensare come lei. Inoltre penso che voglia semplicemente darle la possibilità di fare una SCELTA. Lei è legittimato a comportarsi nel modo più coerente con il suo codice morale, ma è anche legittimato a trasgredire quando è necessario, quando applicare le sue regole può portarle più danni che vantaggi.
La riflessione su questo tema sarebbe ancora lunga, ma intanto mi limito a questi concetti. Spero di essere stata d'aiuto e le auguro il meglio per il suo percorso terapeutico. Dott.ssa Anna Tosi
Buongiorno, non è facile dare una risposta ad una domanda così complessa che sicuramente si inserisce in un discorso più ampio che sta affrontando nella sua terapia. Credo che il punto sia che non possiamo cambiare il comportamento di qualcuno che non vuol cambiare quel comportamento che noi riteniamo sbagliato, quello che possiamo fare è agire su noi stessi. Riprendo l'esempio che lei ha portato della sua ex ragazza: sicuramente dietro alla grande gelosia della sua ex ragazza c'erano dei vissuti di inadeguatezza, di bassa autostima, di insicurezza che la portavano a temere che qualsiasi contatto lei potesse avere con altre ragazze l'avrebbero allontanato da lei. Se la sua ragazza trovava normale tutto questo il dirle che non fosse "normale" serviva a poco, quello che invece poteva fare lei era capire quanto fosse disposto ad assecondare quelle sue richieste. Non è che non esiste un bene comune da perseguire ma questo bene comune non ha lo stesso valore per tutti.
Sicuramente con il suo terapeuta potrà affrontare meglio la questione.
Sicuramente con il suo terapeuta potrà affrontare meglio la questione.
La Terapia Breve Strategica (TBS) si propone di aiutarti a migliorare le tue dinamiche relazionali attraverso un approccio mirato e focalizzato. In primo luogo, è fondamentale che tu identifichi i tuoi valori fondamentali nelle relazioni, poiché comprendere ciò che consideri importante ti permetterà di navigare meglio nelle interazioni con gli altri. Un passo successivo sarà quello di analizzare le tue relazioni attuali, distinguendo tra comportamenti sani e tossici. Questo ti aiuterà a capire quali rapporti favoriscono il tuo benessere e quali, invece, potrebbero essere dannosi.
Un aspetto chiave della terapia sarà lo sviluppo di confini sani; imparare a stabilire e comunicare questi confini ti permetterà di proteggere il tuo spazio personale e di esprimere i tuoi bisogni senza sentirti in colpa. È importante anche riconoscere comportamenti tossici e imparare a fronteggiarli, affinché tu possa costruire relazioni più equilibrate. La ristrutturazione cognitiva, ovvero il lavoro su eventuali credenze limitanti che hai riguardo a te stesso, ti aiuterà a migliorare la tua autovalutazione.
Durante il percorso, potresti praticare l’assertività, che consiste nell'esprimere i tuoi bisogni in modo chiaro e rispettoso, permettendoti di interagire più efficacemente con gli altri. Le sessioni terapeutiche saranno brevi e concentrate su obiettivi specifici, il che renderà il processo più gestibile e diretto. Sarà utile anche svolgere esercizi pratici che ti aiuteranno a migliorare la comunicazione e a gestire i tuoi confini.
Infine, è importante monitorare i progressi che fai nel tempo. Riflessioni regolari sui cambiamenti che osservi ti permetteranno di adattare le strategie se necessario e di consolidare i miglioramenti ottenuti. Questo percorso ti guiderà verso relazioni più sane e soddisfacenti, fornendoti gli strumenti necessari per affrontare le difficoltà relazionali in modo più efficace.
Un aspetto chiave della terapia sarà lo sviluppo di confini sani; imparare a stabilire e comunicare questi confini ti permetterà di proteggere il tuo spazio personale e di esprimere i tuoi bisogni senza sentirti in colpa. È importante anche riconoscere comportamenti tossici e imparare a fronteggiarli, affinché tu possa costruire relazioni più equilibrate. La ristrutturazione cognitiva, ovvero il lavoro su eventuali credenze limitanti che hai riguardo a te stesso, ti aiuterà a migliorare la tua autovalutazione.
Durante il percorso, potresti praticare l’assertività, che consiste nell'esprimere i tuoi bisogni in modo chiaro e rispettoso, permettendoti di interagire più efficacemente con gli altri. Le sessioni terapeutiche saranno brevi e concentrate su obiettivi specifici, il che renderà il processo più gestibile e diretto. Sarà utile anche svolgere esercizi pratici che ti aiuteranno a migliorare la comunicazione e a gestire i tuoi confini.
Infine, è importante monitorare i progressi che fai nel tempo. Riflessioni regolari sui cambiamenti che osservi ti permetteranno di adattare le strategie se necessario e di consolidare i miglioramenti ottenuti. Questo percorso ti guiderà verso relazioni più sane e soddisfacenti, fornendoti gli strumenti necessari per affrontare le difficoltà relazionali in modo più efficace.
Salve, ritengo veramente opportuno che lei possa utilizzare queste utili informazioni per poter riferire direttamente al suo terapeuta pensieri e vissuti emotivi connessi a quanto è stato riferito: potrebbe sicuramente essere un utile esercizio sia per lei per poter tirare fuori determinati pensieri e vissuti emotivi ma anche per potersi spiegare meglio e gestire eventuali equivoci che possano Essersi creati. Resto a disposizione, anche online.cordialmente, dott FDL
Buon giorno, da ciò che leggo sembra che il terapeuta le abbia detto di essere sempre libero e sciolto dai confini sociali ed etici, cui ovviamente è molto legato, i realtà posso immaginare che ciò che abbia cercato di fare sia aiutarla a comprendere quanto le necessità individuali non si possono appieno assoggettare agli altri, al loro rispetto e alle mode e dinamiche sociali attuali.
Forse voleva solo smuovere qualcosa dentro di lei lasciando spazio proprio al dubbio...di fatti oggi ci pensa in un modo nuovo.
La relazione è fatta di due individui singoli in cerca di soddisfazione di bisogni continui secondo le loro personalità ed esigenze, ma la relazione è fatta anche di contesti e valutazioni, sarà lei alla fine a scegliere quale distanza tenere da una persona o dall'altra, a chi attribuire maggiore o minore fiducia.
In fondo le relazioni non sono e non devono essere tutte uguali , però può SCEGLIERE...sempre.
L'individuo non deve sparire dietro la rigidità e sterilità delle norme sociali..il rischio è di perdere l'individuo.
La relazionhe è piu' della somma dei due individui, è un individuo a sè e non è questione di maschere ma di opportunità.
Spero di averle fornito un punto di riflessione.
buon lavoro
Forse voleva solo smuovere qualcosa dentro di lei lasciando spazio proprio al dubbio...di fatti oggi ci pensa in un modo nuovo.
La relazione è fatta di due individui singoli in cerca di soddisfazione di bisogni continui secondo le loro personalità ed esigenze, ma la relazione è fatta anche di contesti e valutazioni, sarà lei alla fine a scegliere quale distanza tenere da una persona o dall'altra, a chi attribuire maggiore o minore fiducia.
In fondo le relazioni non sono e non devono essere tutte uguali , però può SCEGLIERE...sempre.
L'individuo non deve sparire dietro la rigidità e sterilità delle norme sociali..il rischio è di perdere l'individuo.
La relazionhe è piu' della somma dei due individui, è un individuo a sè e non è questione di maschere ma di opportunità.
Spero di averle fornito un punto di riflessione.
buon lavoro
Salve gentile utente, grazie per aver condiviso la sua riflessione. Capisco la confusione che sta vivendo. Il suo approccio, che pone l’accento sul rispetto reciproco e il "bene comune" nelle relazioni, è del tutto valido. Il terapeuta, probabilmente, sta cercando di stimolare una visione più flessibile, suggerendo che nelle relazioni si possano negoziare i limiti e le esigenze individuali, senza sempre ricorrere a un giudizio moralmente rigido. Tuttavia, ciò non significa che non ci siano confini etici. Le sue preoccupazioni, come nel caso della sua ex ragazza, sono comprensibili, e ogni persona ha il diritto di stabilire i propri limiti, ma questi non dovrebbero mai ledere il benessere dell’altro. È importante che nella relazione ci sia equilibrio tra le necessità individuali e il rispetto per l'altro. Ne parli con il suo terapeuta per chiarire meglio questi punti.
Per ogni eventuale approfondimento sono a sua disposizione, anche online, il primo colloquio è gratuito. Un caro saluto,
Dott Mauro Terracciano.
Per ogni eventuale approfondimento sono a sua disposizione, anche online, il primo colloquio è gratuito. Un caro saluto,
Dott Mauro Terracciano.
Anteponendo sempre il bene comune e della collettività al proprio, c'è però il rischio di vivere ogni accadimento con rigidismo e doverismo nei confronti degli altri e di se stessi. E' importante trovare una balance tra cosa mi verrebbe richiesto in società e cosa io, da persona libera, mi sento di poter o dover fare, dando legittimità anche ai propri 'no' e ai propri limiti.
Salve gentile Utente, da ciò che ha condiviso, emerge un quesito molto interessante che tocca il concetto di valori personali, di giudizio critico e di confini etici nelle relazioni. Comprendo la sua perplessità, e sembra che il suo dubbio riguardi un aspetto importante: come trovare un equilibrio tra il rispetto delle proprie esigenze, la visione di un bene comune e la responsabilità verso l’altro, senza perdere un senso di coerenza e di giudizio critico.
Il punto che descrive, ovvero l’apparente relativismo eccessivo percepito nell’approccio del terapeuta, è una questione comune quando ci si avvicina a una terapia che punta a esplorare la complessità delle dinamiche relazionali. Alcune idee che potrebbero aiutarla a riflettere in preparazione al prossimo incontro:
1. Il ruolo del relativismo nelle relazioni: è possibile che il terapeuta stia cercando di introdurla all’idea che ciascuno porta con sé i propri valori, bisogni e preferenze all’interno di una relazione e che, entro certi limiti, è possibile negoziare molti aspetti sulla base del consenso e dell’accordo reciproco. Tuttavia, ciò non implica automaticamente che tutto sia accettabile o che non ci siano confini di rispetto e dignità, specialmente quando si considerano relazioni sane e rispettose. La sua osservazione riguardo al "bene comune" sembra sottolineare un valore importante per lei, e parlarne con il terapeuta potrebbe aiutarla a esplorare come includere questa visione nelle relazioni senza trascurare i propri bisogni.
2. L’importanza del giudizio critico: in terapia, a volte viene sottolineato il valore dell’accettazione e del non giudizio, specialmente per evitare un approccio rigido o troppo severo nei confronti di sé stessi e degli altri. Tuttavia, ciò non significa che non sia possibile o sano valutare criticamente le azioni altrui, soprattutto se sono lesive della dignità e dei confini personali. Distinguere ciò che è “tossico” o “sano” in una relazione è fondamentale e rientra in quello che lei definisce un “giudizio critico,” che è essenziale per costruire relazioni appaganti e rispettose. Questo aspetto potrebbe essere utile da chiarire in terapia: come tenere conto delle sue priorità senza cadere nel relativismo totale.
3. Concetti di bene comune e doveri morali nelle relazioni: lei accenna a un senso di responsabilità morale e di bene collettivo che considera essenziale nel proprio comportamento verso gli altri. È un valore importante e molto nobile, che tuttavia, quando è eccessivo, può portare a un forte senso di colpa o alla tendenza a sacrificare troppo di sé. Esaminare questo aspetto in terapia potrebbe portarla a trovare un punto di equilibrio, dove il bene comune viene rispettato senza trascurare la propria individualità. L’idea del “consenso reciproco” può essere utile per evitare imposizioni, ma non esclude necessariamente il diritto di mantenere salde le proprie convinzioni morali.
4. L’equilibrio tra esigenze personali e limiti etici: la difficoltà sembra risiedere nella ricerca di una mediazione tra il desiderio di essere una persona attenta e rispettosa verso il prossimo e la necessità di rispettare anche sé stessi. Ad esempio, la sua critica a certi comportamenti nelle relazioni che considera poco etici o "viziosi" sottolinea che ha un senso chiaro di ciò che considera rispettoso e maturo in una relazione. Chiarire con il terapeuta che questo senso di giustizia e rispetto rappresenta una sua necessità di base può aiutarlo a integrare questo aspetto nel percorso terapeutico, rendendolo più aderente ai suoi principi personali.
In conclusione, quello che descrive è una fase di confronto tra le sue convinzioni e i nuovi spunti emersi in terapia. Questo processo è essenziale perché stimola a riesaminare i propri valori e a trovare nuove prospettive; tuttavia, non implica che lei debba accettare passivamente ogni concetto. Anzi, proprio il dialogo aperto che ha intenzione di portare nella prossima seduta potrà chiarire il significato di queste osservazioni e aiutarla a integrare i suggerimenti del terapeuta mantenendo il suo senso di responsabilità e giudizio critico.
Non esiti a condividere queste riflessioni con il terapeuta: il suo contributo critico è essenziale per adattare il percorso ai suoi reali bisogni.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori consigli o di una consulenza resto a disposizione. Augurandole di superare al più presto questo momento di difficoltà le porgo cordiali saluti.
Dott. Luca Vocino
Il punto che descrive, ovvero l’apparente relativismo eccessivo percepito nell’approccio del terapeuta, è una questione comune quando ci si avvicina a una terapia che punta a esplorare la complessità delle dinamiche relazionali. Alcune idee che potrebbero aiutarla a riflettere in preparazione al prossimo incontro:
1. Il ruolo del relativismo nelle relazioni: è possibile che il terapeuta stia cercando di introdurla all’idea che ciascuno porta con sé i propri valori, bisogni e preferenze all’interno di una relazione e che, entro certi limiti, è possibile negoziare molti aspetti sulla base del consenso e dell’accordo reciproco. Tuttavia, ciò non implica automaticamente che tutto sia accettabile o che non ci siano confini di rispetto e dignità, specialmente quando si considerano relazioni sane e rispettose. La sua osservazione riguardo al "bene comune" sembra sottolineare un valore importante per lei, e parlarne con il terapeuta potrebbe aiutarla a esplorare come includere questa visione nelle relazioni senza trascurare i propri bisogni.
2. L’importanza del giudizio critico: in terapia, a volte viene sottolineato il valore dell’accettazione e del non giudizio, specialmente per evitare un approccio rigido o troppo severo nei confronti di sé stessi e degli altri. Tuttavia, ciò non significa che non sia possibile o sano valutare criticamente le azioni altrui, soprattutto se sono lesive della dignità e dei confini personali. Distinguere ciò che è “tossico” o “sano” in una relazione è fondamentale e rientra in quello che lei definisce un “giudizio critico,” che è essenziale per costruire relazioni appaganti e rispettose. Questo aspetto potrebbe essere utile da chiarire in terapia: come tenere conto delle sue priorità senza cadere nel relativismo totale.
3. Concetti di bene comune e doveri morali nelle relazioni: lei accenna a un senso di responsabilità morale e di bene collettivo che considera essenziale nel proprio comportamento verso gli altri. È un valore importante e molto nobile, che tuttavia, quando è eccessivo, può portare a un forte senso di colpa o alla tendenza a sacrificare troppo di sé. Esaminare questo aspetto in terapia potrebbe portarla a trovare un punto di equilibrio, dove il bene comune viene rispettato senza trascurare la propria individualità. L’idea del “consenso reciproco” può essere utile per evitare imposizioni, ma non esclude necessariamente il diritto di mantenere salde le proprie convinzioni morali.
4. L’equilibrio tra esigenze personali e limiti etici: la difficoltà sembra risiedere nella ricerca di una mediazione tra il desiderio di essere una persona attenta e rispettosa verso il prossimo e la necessità di rispettare anche sé stessi. Ad esempio, la sua critica a certi comportamenti nelle relazioni che considera poco etici o "viziosi" sottolinea che ha un senso chiaro di ciò che considera rispettoso e maturo in una relazione. Chiarire con il terapeuta che questo senso di giustizia e rispetto rappresenta una sua necessità di base può aiutarlo a integrare questo aspetto nel percorso terapeutico, rendendolo più aderente ai suoi principi personali.
In conclusione, quello che descrive è una fase di confronto tra le sue convinzioni e i nuovi spunti emersi in terapia. Questo processo è essenziale perché stimola a riesaminare i propri valori e a trovare nuove prospettive; tuttavia, non implica che lei debba accettare passivamente ogni concetto. Anzi, proprio il dialogo aperto che ha intenzione di portare nella prossima seduta potrà chiarire il significato di queste osservazioni e aiutarla a integrare i suggerimenti del terapeuta mantenendo il suo senso di responsabilità e giudizio critico.
Non esiti a condividere queste riflessioni con il terapeuta: il suo contributo critico è essenziale per adattare il percorso ai suoi reali bisogni.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori consigli o di una consulenza resto a disposizione. Augurandole di superare al più presto questo momento di difficoltà le porgo cordiali saluti.
Dott. Luca Vocino
Gentile utente,
il suo mi sembra un quesito di natura filosofica - esistenzialista. In questi casi, i quesiti sono così ampi e complessi che non esiste una risposta univoca, ma si possono avere anche opinioni differenti. Sicuramente però, è intelligente interrogarsi sul tema approfondendo a fondo come lei ha fatto.
Quello che penso è che in questo caso la questione sta più nella dinamica tra lei e il suo terapeuta, che dovrebbe essere il destinatario di questa domanda. Sono sicura che se troverà il modo di parlargliene e di esplorare con lui le ragioni per cui ha avvertito la necessità di trovare delle risposte altrove, questa potrà essere per voi una preziosa occasione di crescita per lavorare sul vostro rapporto e sulla possibilità di trovare le risposte all’interno della terapia. Spero di esserle stata d’aiuto.
Un caro saluto,
Dott.ssa Marta Romano
il suo mi sembra un quesito di natura filosofica - esistenzialista. In questi casi, i quesiti sono così ampi e complessi che non esiste una risposta univoca, ma si possono avere anche opinioni differenti. Sicuramente però, è intelligente interrogarsi sul tema approfondendo a fondo come lei ha fatto.
Quello che penso è che in questo caso la questione sta più nella dinamica tra lei e il suo terapeuta, che dovrebbe essere il destinatario di questa domanda. Sono sicura che se troverà il modo di parlargliene e di esplorare con lui le ragioni per cui ha avvertito la necessità di trovare delle risposte altrove, questa potrà essere per voi una preziosa occasione di crescita per lavorare sul vostro rapporto e sulla possibilità di trovare le risposte all’interno della terapia. Spero di esserle stata d’aiuto.
Un caro saluto,
Dott.ssa Marta Romano
Salve, capisco il tuo dubbio. Probabilmente il terapeuta intende farti riflettere sulla tua tendenza a mettere sempre il bene dell’altro prima del tuo, magari valutando come questo impatti il tuo benessere; pur se il suo approccio ti sembra destabilizzante, porta le tue perplessità in terapia ...esponigli il tuo bisogno di confini oggettivi e di un’etica condivisa, magari si evidenzia il suo reale intento nei tuoi confronti e vi chiarite.
Se ha bisogno di ulteriori chiarimenti non esiti a contattarmi
Saluti
Se ha bisogno di ulteriori chiarimenti non esiti a contattarmi
Saluti
Buonasera, nelle relazioni è importante sentirsi liberi di esprimere quello che si sente e si pensa, tuttavia questo non significa necessariamente prevaricare l'altro con la propria richiesta e/o esigenza, ma solo scegliere di condividere una parte di sé stessi con l'altra persona. Tuttavia l'aver condiviso delle idee/opinioni/desideri non implica il doverli realizzare se risultino eticamente scorretti, sebbene ogni persona abbia un proprio senso di bene comune che può differire dal proprio, ecco perché è bene affiliarsi a persone che condividono gli stessi valori anche riguardo al bene comune e quindi discernere chi voler frequentare.
Saluti.
Dott.ssa Sarno
Saluti.
Dott.ssa Sarno
Buongiorno,
Ottima idea quella di confrontarsi con il suo terapeuta in merito ai dubbi che l'ultima seduta le ha lasciato. Detto questo, non potendo sapere cosa stesse pensando il collega, immagino che abbia semplificato alcune questione per poter poi riportare i riflettori su di lei (in quanto "protagonista" della terapia).
Dott. Marco Cenci
Ottima idea quella di confrontarsi con il suo terapeuta in merito ai dubbi che l'ultima seduta le ha lasciato. Detto questo, non potendo sapere cosa stesse pensando il collega, immagino che abbia semplificato alcune questione per poter poi riportare i riflettori su di lei (in quanto "protagonista" della terapia).
Dott. Marco Cenci
Gentile utente, la risposta è nella sua domanda: fondamentale parlarne con il suo terapeuta. Quello che ha assimilato e rielaborato ha probabilmente tantissimo di suo ed è un pozzo gigantesco di opportunità. L'argomento è stato un trigger benevolo, lo assecondi. In bocca al lupo!
Carissimo, fa bene a parlarne con il suo terapeuta anche perchè, al di la della soggettività od oggettività con cui guardare un evento, quello che veramente importa è la relazione che si ha con quella persona (quindi anche con il suo terapeuta). Credo che il benessere del singolo derivi da tanti fattori e, tra questi, c'è l'ambiente, la cultura, la società in cui è immerso. Quindi le regole sociali sicuramente contano. Ma quello che mi viene da chiederle è, quando gli altri si comportano così, lei cosa prova? Accondiscendenza? Rabbia? Frustrazione? Aspettative deluse? Compassione? Come vede da ogni evento possiamo fare diverse interpretazioni. E anche le distinzioni buoni/cattivi sono molto arbitrarie. Cosa mi comporta a livello di relazioni fare costantemente queste distinzioni? Sono tutti spunti da analizzare. Le auguro il meglio, buon cammino. Un caro saluto, Dott.ssa Roberta Evangelista
salve, gentile utente credo che lei abbia frainteso le parole del suo terapeuta, forse, ma la mia è solo un ipotesi, dato che l'unico in grado di darle chiarimenti è il terapeuta in questione, ripeto forse quello che magari volava intendere e che a volte la propria felicità ed autodeterminazione nella vita viene ostacolata dagli altri e tutelare i propri interessi non sempre è indice di egoismo.
Buonasera, è comprensibile che ti senta perplesso perchè stai cercando di riflettere su un modo di concepire le relazioni che molto probabilmente è un po’ distante dal tuo, da quello che hai acquisito nella vita. Nella terapia, è normale che alcuni concetti sfidino le nostre convinzioni/certezze e questo può generare incertezza ma questa stessa incertezza può rappresentare un’opportunità per esplorare più a fondo le nostre idee, cercando di capire se ci sono aspetti che ci arricchiscono e che ci portano a una crescita personale. Se non sbaglio a capire mi sembra che il tuo terapeuta suggerisca che nelle relazioni ognuno può definire liberamente i propri bisogni e confini, e che il giudizio soggettivo di entrambe le parti ha valore in quanto tale. Questo può dare l’impressione che “tutto sia permesso” finché entrambe le persone coinvolte sono d’accordo e alla base di questo punto di vista ci può essere l'idea di incoraggiare ciascuno a rispettare la propria individualità e autenticità, senza cercare di “correggere” l'altro secondo dei criteri esterni, come confini sociali o valori morali predefiniti, ma, allo stesso tempo capisco anche il tuo timore che questo approccio porti a relativizzare ogni comportamento, fino quasi a giustificare azioni lesive per la dignità e il rispetto reciproco. Molte persone pensano che ci siano confini precisi e forti valori etici che ci permettono di rispettare gli altri nella loro umanità e dignità e credo che il tuo terapeuta non voglia negare la tua forte sensibilità "etica"o questo concetto così importante ma piuttosto stia cercando di farti riflettere su cosa sia davvero giusto per te, senza il peso di norme sociali rigide che a volte possono bloccare la spontaneità o spingerci a sacrifici eccessivi. Buone riflessioni!
Buonasera, vorrei prima di tutto ringraziarla per il suo messaggio. Credo che sia un ottimo invito a riflettere ed elaborare dei pensieri su come ognuno di noi viva le relazioni. Da quanto scritto, io mi trovo d'accordo con il suo pensiero. Trovo che la sua consapevolezza di cosa è disposto e non disposto ad accettare in una relazione, di qualunque natura sia, denota maturità e un forte senso di sé. E' fondamentale infatti riconoscere e definire i limiti e i confini tra ciò che per noi va bene e ciò che non vogliamo. Per quanto riguarda le parole del suo terapeuta, non mi sento di potermi esprimere in quanto potrebbe aver voluto intendere altro. Io penso invece che il termine "tossico" sia molto in voga che abbia bisogno di essere contestualizzato ed interpretato. Lei potrebbe definire tossico qualcosa che è appunto oltre il confine delle azioni tollerabili, ma sempre rispetto ai suoi standard. In altri casi potremmo definire tossico un comportamento che nuoce alla salute fisica o psichica di qualcuno in maniera oggettiva, spesso senza che questa persona se ne renda conto. E' giusto, dal mio punto di vista, che se un comportamento viene condiviso da entrambe le persone in serenità, nonostante per qualcuno possa essere discutibile, venga rispettata la loro scelta. E' altrettanto importante però sensibilizzare rispetto a tematiche affettive e relazionali per rendere ogni persona consapevole di cosa può essere appropriato e cosa può essere dannoso per la propria saluta, fornendo gli strumenti per effettuare una scelta ponderata. Spero di essere stata esaustiva nella risposta e di aver stimolato ad altre riflessioni. Resto a disposizione. Dott.ssa Arianna Marzella
La sua riflessione sembra toccare un tema cruciale: come costruiamo il significato delle nostre relazioni e delle scelte che facciamo all’interno di esse. Come si formano i confini? Quali sono i criteri che usa per distinguere ciò che considera giusto o sbagliato, sano o nocivo? E quanto questi criteri derivano da una costruzione personale, piuttosto che da principi universali?
Più che abbandonare un senso di responsabilità verso l’altro, potrebbe trattarsi di esplorare come trovare un equilibrio tra ciò che desidera per sé e ciò che crede sia il 'bene comune', tenendo conto che le relazioni sono spazi dove i significati si costruiscono insieme. Riflettere su questo potrebbe aiutarla a chiarire cosa sente autentico e coerente per sé, senza necessariamente dover rinunciare al suo senso etico.
Più che abbandonare un senso di responsabilità verso l’altro, potrebbe trattarsi di esplorare come trovare un equilibrio tra ciò che desidera per sé e ciò che crede sia il 'bene comune', tenendo conto che le relazioni sono spazi dove i significati si costruiscono insieme. Riflettere su questo potrebbe aiutarla a chiarire cosa sente autentico e coerente per sé, senza necessariamente dover rinunciare al suo senso etico.
Ciao, capisco che questa situazione ti stia creando molta confusione. È naturale avere dubbi quando ci sono visioni diverse sul modo di vivere le relazioni, specialmente se si toccano temi profondi come il rispetto, i limiti e le responsabilità reciproche. La tua preoccupazione riguardo al "bene comune" è legittima, e il fatto che tu voglia distinguere ciò che è sano e responsabile in una relazione è molto importante. Parlare apertamente con il terapeuta potrebbe aiutarti a chiarire questi dubbi, magari esplorando insieme le sue visioni e le tue. È possibile che la sua intenzione fosse semplicemente quella di stimolare una riflessione sulla libertà e il rispetto reciproco, ma è altrettanto importante che tu senta che i tuoi valori e confini vengano rispettati. Buona fortuna nel proseguire il percorso!
Capisco profondamente il suo dubbio e il senso di smarrimento che sta provando. Il percorso terapeutico, specialmente quando tocca aspetti così centrali come le dinamiche relazionali e i propri valori personali, può portare a momenti di forte messa in discussione. È naturale sentirsi destabilizzati quando emergono prospettive che sembrano entrare in contrasto con la propria visione del mondo e delle relazioni. Da ciò che descrive, sembra che il suo terapeuta le stia proponendo una prospettiva che enfatizza la soggettività dei bisogni e dei confini all’interno delle relazioni, mettendo in secondo piano l’esistenza di principi etici universali che, secondo lei, dovrebbero sempre essere rispettati. Questa visione può effettivamente apparire disorientante, soprattutto se è abituato a pensare alle relazioni come un equilibrio tra esigenze personali e un bene comune più ampio. Proviamo a esplorare questa questione da una prospettiva cognitivo-comportamentale. Il modo in cui lei si relaziona con gli altri è influenzato da schemi di pensiero profondamente radicati, che possono derivare da esperienze passate, valori personali e convinzioni apprese. Il concetto di "bene comune prima del singolo" sembra essere per lei un valore guida, che le ha probabilmente dato un senso di stabilità nelle relazioni. Tuttavia, se questo principio la porta a trascurare troppo spesso i suoi bisogni o a sentirsi in colpa per il solo fatto di giudicare le persone, potrebbe essere utile esplorare se esistano modi più flessibili di applicarlo, senza doverlo necessariamente abbandonare. Uno degli aspetti che emerge nella sua riflessione è il timore che l’assenza di un giudizio critico porti a relazioni prive di responsabilità e a una sorta di accettazione passiva di qualsiasi comportamento. È una paura comprensibile, ma è importante distinguere tra il concetto di sospendere il giudizio in modo assoluto e quello di adottare una maggiore consapevolezza nella valutazione degli altri. Avere un giudizio critico sulle persone con cui si relaziona è fondamentale per tutelarsi da dinamiche dannose. Tuttavia, ciò che potrebbe essere in discussione nel percorso terapeutico è il peso che questo giudizio ha nella sua vita: sta forse limitando la sua capacità di adattarsi alle relazioni in modo più flessibile? Un punto centrale della terapia cognitivo-comportamentale è proprio la ristrutturazione delle credenze rigide, non per eliminarle, ma per valutarne l’efficacia e l’impatto sul proprio benessere. Potrebbe essere utile chiedersi: questa mia convinzione mi aiuta a costruire relazioni più sane o mi porta a sacrificare troppo di me stesso? Mi permette di distinguere ciò che è davvero nocivo per me o mi induce a etichettare troppo rapidamente le persone come “buone” o “cattive”? L’esempio che ha portato sulla sua ex ragazza è significativo. Da come lo descrive, la sua richiesta di non parlare con altre ragazze sembra effettivamente un comportamento limitante e controllante. Ma la chiave della questione potrebbe risiedere non tanto nel definire oggettivamente se il suo comportamento fosse tossico o meno, quanto nel valutare se fosse in linea con i suoi bisogni e con la relazione che desiderava avere. In altre parole, al di là della definizione morale, il punto centrale potrebbe essere: questa richiesta mi faceva stare bene? Mi sentivo rispettato e libero nella relazione? Se la risposta è no, il giudizio che ne deriva non è necessariamente morale, ma funzionale al suo benessere. Lo stesso discorso si può applicare all’esempio della ragazza che non voleva aiutare il partner in difficoltà. Potrebbe essere una visione della relazione che non condivide e che per lei sarebbe inaccettabile, e questo è assolutamente legittimo. Ma il punto su cui il suo terapeuta potrebbe volerla far riflettere è se valga la pena etichettare quel comportamento come "sbagliato" in senso assoluto, o se sia più utile semplicemente riconoscere che quel tipo di relazione non è compatibile con i suoi valori e le sue esigenze. La terapia non ha lo scopo di farle accettare passivamente ogni tipo di comportamento, né di privarla della capacità di discernere tra ciò che è sano e ciò che non lo è per lei. Piuttosto, potrebbe aiutarla a rendere il suo modo di vedere le relazioni meno rigido, consentendole di distinguere meglio tra ciò che è un principio morale assoluto e ciò che è una preferenza personale nella costruzione dei suoi rapporti. La invito a portare questo dubbio apertamente in seduta, esprimendo il suo timore di perdere il senso di responsabilità e di non riuscire più a distinguere ciò che è sano per lei. Il terapeuta potrà aiutarla a chiarire meglio il suo punto di vista e a trovare un equilibrio tra il rispetto dei suoi valori e una maggiore flessibilità nelle relazioni. Si dia il tempo di metabolizzare queste nuove prospettive, senza la paura che debba rinunciare ai suoi principi. La terapia è un viaggio di esplorazione, non un'imposizione.
Cari saluti
Dott. Andrea Boggero
Cari saluti
Dott. Andrea Boggero
Ciao, grazie per aver condiviso così apertamente il tuo dubbio, è una riflessione molto importante e profonda. Quello che descrivi è un tema complesso che riguarda l’equilibrio tra soggettività e oggettività nelle relazioni, tra bisogni individuali e un bene comune più ampio. Come hai già detto, parlarne apertamente con il tuo terapeuta è la cosa migliore. Puoi portare questo tuo testo come spunto per spiegare esattamente cosa ti ha lasciato perplesso e quali sono i tuoi valori e limiti. Se la risposta non ti soddisfa, è legittimo riflettere sulla possibilità di cercare un confronto con un altro professionista, magari che condivida una visione più allineata con i tuoi principi.
Leggendo il tuo messaggio emerge quanto tu stia prendendo sul serio il percorso che stai facendo e quanto ti stia interrogando in profondità su ciò che il tuo terapeuta ti sta proponendo. È un segnale importante: quando una seduta lascia “perplessi”, spesso significa che si è toccato un punto centrale del proprio modo di stare in relazione.
Il nodo che descrivi riguarda soprattutto il rapporto tra i tuoi valori personali, il concetto di bene comune e l’idea di limiti nelle relazioni. Nella tua storia si percepisce un forte senso di responsabilità verso gli altri, quasi un codice etico interno molto preciso, che ti guida nelle scelte e nei rapporti. Questo è un tratto prezioso, ma può diventare anche una fonte di rigidità o di fatica quando ti porta a mettere sempre il “dovere verso l’altro” prima del tuo benessere o a giudicare te stesso con grande severità.
Quando un terapeuta invita a guardare le relazioni in termini di soggettività, non significa che “tutto è lecito”, né che non esista più un confine sano. Significa piuttosto esplorare come ciascuno costruisca le proprie relazioni a partire dalla propria storia, dai propri bisogni e dalle proprie vulnerabilità, e quanto sia importante riconoscere questi aspetti senza giudicarli come giusti o sbagliati a priori. Il punto non è negare l’esistenza di limiti etici, ma aiutarti a capire quali confini definiscono te, non “l’umanità in generale”.
Ad esempio: la richiesta della tua ex di non parlare con nessuna ragazza può essere, per te, un confine inaccettabile e anche indice di gelosia disfunzionale. Ma un terapeuta può sospendere il giudizio per aiutarti a vedere perché quella persona si comportava così, cosa attivava in te e cosa tu hai fatto per adattarti o opporsi. Non per dire che fosse “giusto”, ma per comprendere la dinamica relazionale nel suo insieme.
Questo approccio non elimina la distinzione tra ciò che ti fa bene e ciò che ti fa male; al contrario, ti aiuta a costruirla in modo più consapevole e meno basato su principi assoluti. Per molti pazienti che, come te, tendono a collocare sempre il collettivo sopra il singolo, il rischio è quello di perdere di vista i propri bisogni, di sentirsi in colpa per aver espresso un limite e di giudicare sé stessi quando provano disagio.
La sensazione che descrivi — il timore di “cambiare personalità” a seconda dell’altro o di non riuscire più a distinguere cosa è nocivo — nasce spesso quando si mette in discussione un sistema di valori molto rigido. È una fase comune in terapia: si apre uno spazio nuovo, ancora un po’ instabile, in cui si impara gradualmente a integrare le proprie esigenze, quelle dell’altro e i limiti relazionali.
Credo che sia davvero utile che tu porti apertamente questo dubbio al tuo terapeuta. Non per “verificare chi ha ragione”, ma per esplorare insieme ciò che questo ti ha smosso: la tua idea di responsabilità, il timore di perdere punti di riferimento, la fatica nel permetterti un giudizio personale senza sentirti in colpa.
Ciò che stai vivendo è molto normale nei percorsi che lavorano sulle dinamiche relazionali: quando ci si avvicina al nucleo dei propri schemi, la confusione è spesso un segnale che si sta andando esattamente nel punto giusto.
Il nodo che descrivi riguarda soprattutto il rapporto tra i tuoi valori personali, il concetto di bene comune e l’idea di limiti nelle relazioni. Nella tua storia si percepisce un forte senso di responsabilità verso gli altri, quasi un codice etico interno molto preciso, che ti guida nelle scelte e nei rapporti. Questo è un tratto prezioso, ma può diventare anche una fonte di rigidità o di fatica quando ti porta a mettere sempre il “dovere verso l’altro” prima del tuo benessere o a giudicare te stesso con grande severità.
Quando un terapeuta invita a guardare le relazioni in termini di soggettività, non significa che “tutto è lecito”, né che non esista più un confine sano. Significa piuttosto esplorare come ciascuno costruisca le proprie relazioni a partire dalla propria storia, dai propri bisogni e dalle proprie vulnerabilità, e quanto sia importante riconoscere questi aspetti senza giudicarli come giusti o sbagliati a priori. Il punto non è negare l’esistenza di limiti etici, ma aiutarti a capire quali confini definiscono te, non “l’umanità in generale”.
Ad esempio: la richiesta della tua ex di non parlare con nessuna ragazza può essere, per te, un confine inaccettabile e anche indice di gelosia disfunzionale. Ma un terapeuta può sospendere il giudizio per aiutarti a vedere perché quella persona si comportava così, cosa attivava in te e cosa tu hai fatto per adattarti o opporsi. Non per dire che fosse “giusto”, ma per comprendere la dinamica relazionale nel suo insieme.
Questo approccio non elimina la distinzione tra ciò che ti fa bene e ciò che ti fa male; al contrario, ti aiuta a costruirla in modo più consapevole e meno basato su principi assoluti. Per molti pazienti che, come te, tendono a collocare sempre il collettivo sopra il singolo, il rischio è quello di perdere di vista i propri bisogni, di sentirsi in colpa per aver espresso un limite e di giudicare sé stessi quando provano disagio.
La sensazione che descrivi — il timore di “cambiare personalità” a seconda dell’altro o di non riuscire più a distinguere cosa è nocivo — nasce spesso quando si mette in discussione un sistema di valori molto rigido. È una fase comune in terapia: si apre uno spazio nuovo, ancora un po’ instabile, in cui si impara gradualmente a integrare le proprie esigenze, quelle dell’altro e i limiti relazionali.
Credo che sia davvero utile che tu porti apertamente questo dubbio al tuo terapeuta. Non per “verificare chi ha ragione”, ma per esplorare insieme ciò che questo ti ha smosso: la tua idea di responsabilità, il timore di perdere punti di riferimento, la fatica nel permetterti un giudizio personale senza sentirti in colpa.
Ciò che stai vivendo è molto normale nei percorsi che lavorano sulle dinamiche relazionali: quando ci si avvicina al nucleo dei propri schemi, la confusione è spesso un segnale che si sta andando esattamente nel punto giusto.
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