Salve a tutti dottori/sse! Scrivo una riflessione, un pensiero che dentro procura rabbia e frustra
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Salve a tutti dottori/sse!
Scrivo una riflessione, un pensiero che dentro procura rabbia e frustrazione. Abbiamo una terra di famiglia, da oltre 100 anni passa in generazioni e con questa premessa capisco il legame affettivo che mio padre ha ma non accetto la sua ostinazione e il suo egoismo. Per non far acquistare una parte di terra e di rudere ad altre persone, la vuole comprare lui ma non ha al momento la possibilità economica per farlo. Doveva avere dei soldi dal fratello, che ha ben deciso di anticipare per questa cosa, io ho 24 anni sto finendo l’università a tutti i costi, mi reputo una ragazza con molte fragilità ma che ricerca forza in qualsiasi cosa. Dato questa responsabilità così grande al giorno d’oggi io ho detto a papà di non sentirmi pronta per questo passo e di ripensarci perché penso stia sottovalutano le spese e la nostra situazione odierna, oltre ai desideri dei figli. Lui arrabbiato mi ha detto parecchie cose brutte tra cui “cosa li ho anticipati a fare questi soldi?” quando in realtà lui non ha mai detto a noi cosa volessimo prima di anticiparli.
Insomma, vorrebbe affittare la casa in cui siamo ora senza pensare a dove andrò io, dato che nella casa di mia nonna non ci sarà spazio per me. Mia mamma in tutto questo non parla, non riesce a prendere una posizione e acconsentirà a questa follia.
Lui ha voluto questa terra a tutti i costi, il suo lavoro ha logorato la nostra famiglia tra cui mia mamma che faceva l’infermiera ed era indipendente, mentre a 10 anni noi andavamo a fare i mercatini di frutta con loro. Penso mi sia servito imparare cosa significa lavorare fin da picciola, ma non avere una mamma infelice e un padre assente. Allora mi chiedo come può un padre pensare di affittare una casa senza sapere dove andrà la figlia non ancora autonoma? Come può pensare di fare un passo così grande quando bastano dei calcoli per capire che non rientra nelle spese questa cosa? Perché ci è legato, perché lui così si sente importante senza razionalizzare l’infinità dell’ universo e quanto minuscolo siamo, un suo desiderio comporterà conseguenze familiari a mio parere non buone come ha sempre fatto. Mia mamma si è annullata per lui e per la vita che lui ha scelto di fare e che sta bene solo a lui.
Se potessi distruggere tutto, se potessi urlare a mia mamma e farle capire che dovrebbe imporsi, alcune volte penso che vorrei scappare o che “vorrei farla finita” questo pensiero così brutto e che so non essere la realtà.
Avrei voluto che con i soldi ricevuti mio padre sistemasse cose irrisolte, che potesse conservare qualcosa per la pensione non pagandosi i contributi, per un futuro matrimonio di noi figli, per una mia retta universitaria mai pagata da lui bensì da mia nonna e di cui mai si è preoccupato, per aiutare mia mamma a pagare le bollette che lui non aiuta a pagare ma che lascia la luce accesa tutta la notte. Questa strafottenza, questo pensare solo a se stessi mi uccide. Vorrei andare via e non farmi più viva per loro o dire a mamma di scegliere tra noi figli e lui, sapendo che sceglierà lui e punirla a vita senza vederli più. Non c’è modo per risolvere questa situazione perché accadrà anche senza il mio volere, posso solo cambiare le mie reazioni e il alleggerire il mio carico emotivo e se voglio apportare delle conseguenze al rapporto con i miei genitori, la cosa più plausibile. Non avere la forza di cambiare le cose, di avere un confronto, di poter far ragionare un po’ mi fa male.. non riesco a dissociarmi da questa situazione. Questo è ciò che penso. Grazie a chi mi risponderà…
Scrivo una riflessione, un pensiero che dentro procura rabbia e frustrazione. Abbiamo una terra di famiglia, da oltre 100 anni passa in generazioni e con questa premessa capisco il legame affettivo che mio padre ha ma non accetto la sua ostinazione e il suo egoismo. Per non far acquistare una parte di terra e di rudere ad altre persone, la vuole comprare lui ma non ha al momento la possibilità economica per farlo. Doveva avere dei soldi dal fratello, che ha ben deciso di anticipare per questa cosa, io ho 24 anni sto finendo l’università a tutti i costi, mi reputo una ragazza con molte fragilità ma che ricerca forza in qualsiasi cosa. Dato questa responsabilità così grande al giorno d’oggi io ho detto a papà di non sentirmi pronta per questo passo e di ripensarci perché penso stia sottovalutano le spese e la nostra situazione odierna, oltre ai desideri dei figli. Lui arrabbiato mi ha detto parecchie cose brutte tra cui “cosa li ho anticipati a fare questi soldi?” quando in realtà lui non ha mai detto a noi cosa volessimo prima di anticiparli.
Insomma, vorrebbe affittare la casa in cui siamo ora senza pensare a dove andrò io, dato che nella casa di mia nonna non ci sarà spazio per me. Mia mamma in tutto questo non parla, non riesce a prendere una posizione e acconsentirà a questa follia.
Lui ha voluto questa terra a tutti i costi, il suo lavoro ha logorato la nostra famiglia tra cui mia mamma che faceva l’infermiera ed era indipendente, mentre a 10 anni noi andavamo a fare i mercatini di frutta con loro. Penso mi sia servito imparare cosa significa lavorare fin da picciola, ma non avere una mamma infelice e un padre assente. Allora mi chiedo come può un padre pensare di affittare una casa senza sapere dove andrà la figlia non ancora autonoma? Come può pensare di fare un passo così grande quando bastano dei calcoli per capire che non rientra nelle spese questa cosa? Perché ci è legato, perché lui così si sente importante senza razionalizzare l’infinità dell’ universo e quanto minuscolo siamo, un suo desiderio comporterà conseguenze familiari a mio parere non buone come ha sempre fatto. Mia mamma si è annullata per lui e per la vita che lui ha scelto di fare e che sta bene solo a lui.
Se potessi distruggere tutto, se potessi urlare a mia mamma e farle capire che dovrebbe imporsi, alcune volte penso che vorrei scappare o che “vorrei farla finita” questo pensiero così brutto e che so non essere la realtà.
Avrei voluto che con i soldi ricevuti mio padre sistemasse cose irrisolte, che potesse conservare qualcosa per la pensione non pagandosi i contributi, per un futuro matrimonio di noi figli, per una mia retta universitaria mai pagata da lui bensì da mia nonna e di cui mai si è preoccupato, per aiutare mia mamma a pagare le bollette che lui non aiuta a pagare ma che lascia la luce accesa tutta la notte. Questa strafottenza, questo pensare solo a se stessi mi uccide. Vorrei andare via e non farmi più viva per loro o dire a mamma di scegliere tra noi figli e lui, sapendo che sceglierà lui e punirla a vita senza vederli più. Non c’è modo per risolvere questa situazione perché accadrà anche senza il mio volere, posso solo cambiare le mie reazioni e il alleggerire il mio carico emotivo e se voglio apportare delle conseguenze al rapporto con i miei genitori, la cosa più plausibile. Non avere la forza di cambiare le cose, di avere un confronto, di poter far ragionare un po’ mi fa male.. non riesco a dissociarmi da questa situazione. Questo è ciò che penso. Grazie a chi mi risponderà…
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso/a utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso/a utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
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Ho letto con attenzione e con profondo rispetto ciò che ha condiviso. Le sue parole raccontano un dolore molto forte, che nasce da una lunga storia familiare fatta di legami, di aspettative, di sacrifici e di scelte che forse, per troppo tempo, non hanno tenuto conto dei bisogni di tutti, ma solo di una parte. È naturale provare rabbia, frustrazione e persino pensieri estremi quando si ha la sensazione di non avere voce in capitolo in decisioni che avranno un impatto così grande sulla propria vita. Dal suo racconto emerge con chiarezza che Lei sente di non avere uno spazio sicuro, non solo materiale ma anche emotivo, in cui sentirsi protetta, ascoltata e rispettata. La situazione che descrive fa percepire un padre concentrato su un progetto che per lui rappresenta forse la sua identità, la sua eredità, la sua idea di valore, ma che, nella realtà quotidiana, rischia di lasciare vuoti e ferite in chi lo circonda. Lei ha avuto il coraggio di dire a suo padre come si sente, di esprimere i suoi dubbi e di chiedere un confronto. Purtroppo non sempre chi abbiamo di fronte è pronto o disposto ad ascoltare, soprattutto quando tocca parti così profonde del proprio orgoglio e della propria storia personale. Ma questo non rende meno valido ciò che Lei prova né toglie valore alla sua posizione. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, quello che si può fare ora è iniziare a distinguere ciò che è sotto il suo controllo da ciò che non lo è. Non può cambiare suo padre, né costringerlo a vedere la situazione con i suoi occhi, ma può riconoscere quanto questa storia la fa sentire impotente, arrabbiata e sola, e imparare a gestire queste emozioni perché non la schiaccino. È già una grande consapevolezza sapere che non può impedire certe decisioni ma che può decidere come rispondere, come proteggersi e come costruire confini più sani, anche se questo significa fare passi difficili o prendere distanze emotive. Le consiglio di non restare da sola con questi pensieri così pesanti. Quelle frasi che dice sul volersi allontanare per sempre o sul desiderio di farla finita raccontano di un dolore che ha bisogno di essere accolto e ascoltato, senza paura o vergogna. Se non lo sta già facendo, cerchi un aiuto professionale per sé, uno spazio dove possa dare voce a tutta questa rabbia e trasformarla in energia per scegliere cosa fare del suo futuro. Lei sta già dimostrando una grande forza nel proseguire gli studi, nel coltivare obiettivi personali, nel fermarsi a riflettere invece di farsi travolgere del tutto. Questa è la base da cui può partire per immaginare una vita in cui sia Lei, e non qualcun altro, a decidere come usare le proprie risorse e le proprie energie. Forse ora non può cambiare la sua famiglia, ma può scegliere di non rinunciare a se stessa. Può imparare a mettere dei limiti, anche dentro di sé, per non lasciare che la rabbia la consumi. Non significa non amare o non essere una figlia riconoscente, significa prendersi cura di sé in un contesto dove purtroppo nessuno sembra farlo davvero al posto suo. Quando sentirà di non farcela più, non abbia timore di farsi aiutare da uno psicologo, da una persona di fiducia, da chi può offrirle uno sguardo lucido e solidale. È giusto che impari a stare al mondo senza portare da sola il peso delle scelte degli altri. Non è Lei a dover sistemare tutto o a sacrificarsi per ciò che non ha deciso. È Lei a meritare un presente e un futuro in cui sentirsi padrona delle proprie scelte, libera di costruire la sua vita senza sensi di colpa. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Cara ragazza,
leggendo le sue parole, ciò che emerge con forza è il dolore profondo di una giovane donna che si trova intrappolata in dinamiche familiari che la fanno sentire invisibile e non considerata. La sua sofferenza è palpabile e comprensibile, e voglio innanzitutto riconoscere il coraggio che ha dimostrato nel mettere nero su bianco pensieri così dolorosi. Quello che descrive è un sistema familiare dove sembra prevalere una logica patriarcale rigida, in cui le decisioni vengono prese unilateralmente da suo padre, senza considerare i bisogni e i desideri degli altri membri della famiglia. La terra di famiglia, simbolo di continuità generazionale, diventa paradossalmente un elemento che minaccia la stabilità presente della famiglia stessa. È particolarmente significativo il modo in cui descrive sua madre: "annullata", incapace di prendere posizione. Questo pattern relazionale - dove una donna rinuncia alla propria identità e autonomia per mantenere l'equilibrio familiare - è purtroppo frequente in certe dinamiche di coppia e può lasciare i figli in una posizione di profonda solitudine emotiva.
La sua rabbia è comprensibile e sana: rappresenta una reazione vitale contro un'ingiustizia percepita. Tuttavia, quando questa rabbia si trasforma in pensieri di fuga definitiva o in fantasie autodistruttive ("vorrei farla finita"), diventa importante prestare attenzione a questi segnali di allarme.
Quello che mi colpisce è la sua capacità di analisi: riconosce i pattern disfunzionali, comprende le dinamiche di potere, vede chiaramente come le scelte del padre abbiano sempre privilegiato i suoi bisogni a scapito di quelli familiari. Questa lucidità è un punto di forza importante.
Dal punto di vista psicodinamico, potremmo riflettere su come questa situazione riattivi antichi vissuti di abbandono e non riconoscimento. Il padre che "anticipa soldi" senza consultare nessuno, che pensa di affittare la casa senza preoccuparsi di dove andrà lei, riproduce probabilmente un pattern di non ascolto che potrebbe avere radici nella sua infanzia.
La sensazione di impotenza che descrive ("non avere la forza di cambiare le cose") è tipica di chi si trova in sistemi familiari rigidi, dove i ruoli sono cristallizzati e qualsiasi tentativo di cambiamento viene scoraggiato o punito. Tuttavia, c'è una prospettiva diversa da considerare: a 24 anni, alla fine degli studi universitari, lei si trova in una fase di transizione cruciale. Questo momento di crisi familiare, per quanto doloroso, potrebbe rappresentare anche un'opportunità per iniziare a definire la sua autonomia e i suoi confini.
Non può cambiare suo padre o "svegliare" sua madre, ma può iniziare a lavorare su se stessa per non rimanere invischiata in queste dinamiche tossiche. Un percorso terapeutico potrebbe aiutarla a:
- Elaborare la rabbia in modo costruttivo
- Sviluppare strategie per proteggere il suo benessere emotivo
- Esplorare i pattern relazionali appresi in famiglia per non ripeterli nelle sue future relazioni
- Costruire una progettualità autonoma che non dipenda dalle decisioni familiari
- Imparare a stabilire confini sani con i genitori
Il fatto che abbia scritto questa lettera dimostra già una capacità di riflessione e una ricerca di aiuto che sono risorse preziose. Non è sola in questo percorso, e la sofferenza che sta vivendo, per quanto intensa, può diventare il punto di partenza per una crescita e una liberazione emotiva.
La invito caldamente a considerare un supporto psicologico, non solo per gestire questa crisi specifica, ma per iniziare un percorso di individuazione che le permetta di costruire una vita autentica e autonoma.
Con sincera vicinanza,
Katya Patrizia Linda Cervio
P.S. I pensieri di "farla finita" che ha menzionato non vanno sottovalutati. Se dovessero intensificarsi, la prego di cercare immediatamente aiuto presso un servizio di emergenza o di contattare un numero di ascolto specializzato.
leggendo le sue parole, ciò che emerge con forza è il dolore profondo di una giovane donna che si trova intrappolata in dinamiche familiari che la fanno sentire invisibile e non considerata. La sua sofferenza è palpabile e comprensibile, e voglio innanzitutto riconoscere il coraggio che ha dimostrato nel mettere nero su bianco pensieri così dolorosi. Quello che descrive è un sistema familiare dove sembra prevalere una logica patriarcale rigida, in cui le decisioni vengono prese unilateralmente da suo padre, senza considerare i bisogni e i desideri degli altri membri della famiglia. La terra di famiglia, simbolo di continuità generazionale, diventa paradossalmente un elemento che minaccia la stabilità presente della famiglia stessa. È particolarmente significativo il modo in cui descrive sua madre: "annullata", incapace di prendere posizione. Questo pattern relazionale - dove una donna rinuncia alla propria identità e autonomia per mantenere l'equilibrio familiare - è purtroppo frequente in certe dinamiche di coppia e può lasciare i figli in una posizione di profonda solitudine emotiva.
La sua rabbia è comprensibile e sana: rappresenta una reazione vitale contro un'ingiustizia percepita. Tuttavia, quando questa rabbia si trasforma in pensieri di fuga definitiva o in fantasie autodistruttive ("vorrei farla finita"), diventa importante prestare attenzione a questi segnali di allarme.
Quello che mi colpisce è la sua capacità di analisi: riconosce i pattern disfunzionali, comprende le dinamiche di potere, vede chiaramente come le scelte del padre abbiano sempre privilegiato i suoi bisogni a scapito di quelli familiari. Questa lucidità è un punto di forza importante.
Dal punto di vista psicodinamico, potremmo riflettere su come questa situazione riattivi antichi vissuti di abbandono e non riconoscimento. Il padre che "anticipa soldi" senza consultare nessuno, che pensa di affittare la casa senza preoccuparsi di dove andrà lei, riproduce probabilmente un pattern di non ascolto che potrebbe avere radici nella sua infanzia.
La sensazione di impotenza che descrive ("non avere la forza di cambiare le cose") è tipica di chi si trova in sistemi familiari rigidi, dove i ruoli sono cristallizzati e qualsiasi tentativo di cambiamento viene scoraggiato o punito. Tuttavia, c'è una prospettiva diversa da considerare: a 24 anni, alla fine degli studi universitari, lei si trova in una fase di transizione cruciale. Questo momento di crisi familiare, per quanto doloroso, potrebbe rappresentare anche un'opportunità per iniziare a definire la sua autonomia e i suoi confini.
Non può cambiare suo padre o "svegliare" sua madre, ma può iniziare a lavorare su se stessa per non rimanere invischiata in queste dinamiche tossiche. Un percorso terapeutico potrebbe aiutarla a:
- Elaborare la rabbia in modo costruttivo
- Sviluppare strategie per proteggere il suo benessere emotivo
- Esplorare i pattern relazionali appresi in famiglia per non ripeterli nelle sue future relazioni
- Costruire una progettualità autonoma che non dipenda dalle decisioni familiari
- Imparare a stabilire confini sani con i genitori
Il fatto che abbia scritto questa lettera dimostra già una capacità di riflessione e una ricerca di aiuto che sono risorse preziose. Non è sola in questo percorso, e la sofferenza che sta vivendo, per quanto intensa, può diventare il punto di partenza per una crescita e una liberazione emotiva.
La invito caldamente a considerare un supporto psicologico, non solo per gestire questa crisi specifica, ma per iniziare un percorso di individuazione che le permetta di costruire una vita autentica e autonoma.
Con sincera vicinanza,
Katya Patrizia Linda Cervio
P.S. I pensieri di "farla finita" che ha menzionato non vanno sottovalutati. Se dovessero intensificarsi, la prego di cercare immediatamente aiuto presso un servizio di emergenza o di contattare un numero di ascolto specializzato.
Salve, la ringrazio per aver condiviso la sua esperienza in modo così personale e profondo. La sua riflessione è carica di dolore, lucidità e una maturità rara per la sua età. Quello che sta vivendo è difficile e merita di essere ascoltata senza giudizio.
Ha espresso una sofferenza enorme con parole precise e vere. Sta cercando di portare sulle spalle un peso che non le spetta: quello di “tenere insieme” una famiglia spezzata da dinamiche disfunzionali che esistono da tanto tempo. Il desiderio di fuggire o di “farla finita” che descrive non è da ignorare: è un campanello d’allarme e merita tutto il supporto possibile, anche da professionisti, per attraversare questo momento.
Lei ha tutto il diritto di dire che non si sente pronta. Ha fatto un passo fondamentale: ha posto un confine, che è qualcosa che in queste dinamiche familiari viene spesso ignorato o annullato. Non si senta in colpa per questo. Non è il suo compito sistemare i sogni infranti di suo padre o sostenere decisioni che non la tengono in considerazione.
La sua lucidità è una forza, ma anche un fardello, soprattutto quando sembra che nessun altro intorno a lei voglia vedere le cose come stanno.
ciò che mi sento di dirle intanto è: cerchi supporto esterno. Se può, cerchi uno spazio sicuro per lei: uno psicologo, uno sportello universitario, un gruppo di ascolto. Parlare con qualcuno che sappia sostenerla in modo professionale può fare la differenza.
Protegga i suoi confini: anche se non può impedire a suo padre di fare scelte sbagliate, può decidere quanto vuole essere coinvolta emotivamente. È difficile, certo, ma piano piano si impara a separare le proprie responsabilità da quelle degli altri.
Prepari un piano per lei: la sua priorità ora è finire l’università e costruirsi l’indipendenza. Se c’è da dormire da amici, da parenti, o se serve un aiuto economico temporaneo, consideri tutte le opzioni. Non è vergogna, è sopravvivenza emotiva e pratica.
Non si colpevolizzi per i suoi pensieri. Il pensiero di “sparire” o “farla finita” è un segnale di stress profondo, non una vergogna. Ha già avuto la forza di scriverlo e riconoscerlo. Questo è un atto di coraggio. Chiedere aiuto non è debolezza, è amore verso se stessa.
---
Lei sta già rompendo un ciclo che ha fatto soffrire sua madre e ora rischia di soffocare anche lei. Il fatto che lei riesca a vedere la rabbia e l’ingiustizia di questa situazione è un dono — anche se ora fa male.
Continui a scrivere, a parlare, a cercare spazi che la rispettino.
Se vuole, mi trova disponibile per un supporto.
Un caro saluto.
Dott.ssa Gaia Evangelisti, Psicologa.
Ha espresso una sofferenza enorme con parole precise e vere. Sta cercando di portare sulle spalle un peso che non le spetta: quello di “tenere insieme” una famiglia spezzata da dinamiche disfunzionali che esistono da tanto tempo. Il desiderio di fuggire o di “farla finita” che descrive non è da ignorare: è un campanello d’allarme e merita tutto il supporto possibile, anche da professionisti, per attraversare questo momento.
Lei ha tutto il diritto di dire che non si sente pronta. Ha fatto un passo fondamentale: ha posto un confine, che è qualcosa che in queste dinamiche familiari viene spesso ignorato o annullato. Non si senta in colpa per questo. Non è il suo compito sistemare i sogni infranti di suo padre o sostenere decisioni che non la tengono in considerazione.
La sua lucidità è una forza, ma anche un fardello, soprattutto quando sembra che nessun altro intorno a lei voglia vedere le cose come stanno.
ciò che mi sento di dirle intanto è: cerchi supporto esterno. Se può, cerchi uno spazio sicuro per lei: uno psicologo, uno sportello universitario, un gruppo di ascolto. Parlare con qualcuno che sappia sostenerla in modo professionale può fare la differenza.
Protegga i suoi confini: anche se non può impedire a suo padre di fare scelte sbagliate, può decidere quanto vuole essere coinvolta emotivamente. È difficile, certo, ma piano piano si impara a separare le proprie responsabilità da quelle degli altri.
Prepari un piano per lei: la sua priorità ora è finire l’università e costruirsi l’indipendenza. Se c’è da dormire da amici, da parenti, o se serve un aiuto economico temporaneo, consideri tutte le opzioni. Non è vergogna, è sopravvivenza emotiva e pratica.
Non si colpevolizzi per i suoi pensieri. Il pensiero di “sparire” o “farla finita” è un segnale di stress profondo, non una vergogna. Ha già avuto la forza di scriverlo e riconoscerlo. Questo è un atto di coraggio. Chiedere aiuto non è debolezza, è amore verso se stessa.
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Lei sta già rompendo un ciclo che ha fatto soffrire sua madre e ora rischia di soffocare anche lei. Il fatto che lei riesca a vedere la rabbia e l’ingiustizia di questa situazione è un dono — anche se ora fa male.
Continui a scrivere, a parlare, a cercare spazi che la rispettino.
Se vuole, mi trova disponibile per un supporto.
Un caro saluto.
Dott.ssa Gaia Evangelisti, Psicologa.
Sono Francesco Coppola, psicologonapoli org (psicologo e psicoterapeuta).
Ricevo a Napoli (in presenza) oppure online in tutta Italia.
Per ulteriori informazioni sul mio metodo, sui miei scritti e sul mio sito, puoi visitare il mio profilo MioDottore.
Sono padre, e sono stato figlio. E posso dire con certezza che nelle famiglie non servono vincitori, ma pace. Se scoppia un conflitto serio, può servire un avvocato.
Ma se vogliamo evitare che quei conflitti esplodano dentro di noi, serve piuttosto uno psicologo. La psicoterapia non è un tribunale dove si stabilisce chi ha ragione.
È uno spazio dove si impara a disinnescare la bomba. Perché nella pace tutto cresce. Altrimenti, si semina rancore e si raccolgono sensi di colpa. L’ho capito tardi, ma oggi posso dirlo con chiarezza: in casa, ci vuole amore. E in una relazione d’amore — che sia tra partner, genitori e figli, o fratelli — non serve cercare il controllo. Serve lasciarsi andare, fidarsi, arrendersi. Perché arrendersi, nella psicologia profonda, non è una sconfitta: è una forma di verità. Molti pensano troppo. E questo “troppo pensare” diventa un veleno: si analizza tutto, si giudica ogni gesto, si cercano mille interpretazioni.
Ma intanto si perde il contatto con la realtà viva, con il presente, con l’altro. Ti accorgi di star male? Fermati. Non devi convincerti che tutto vada bene. Ma nemmeno lasciarti schiacciare dai pensieri. Ogni tanto serve uno scossone. Nei monasteri Zen, il Maestro dava un colpo con un bastone: serviva a risvegliare. Qui non c’è nessun Maestro.
Ma puoi darti tu uno “scossone simbolico”, ogni volta che ti accorgi di perderti nei pensieri ripetitivi. Serve a tornare a te stesso.
Non è follia.
Anzi: la sola vera follia, a volte, è proprio la mente che si chiude su se stessa.
Troppo pensiero, troppa pretesa di avere ragione.
Lascia andare. Torna alla tua pace.
Dott. Francesco Paolo Coppola
(Napoli, on line e in presenza)
Queste parole, da sole, restano teoria — lo so.
Senza un lavoro costante su di te, una spiegazione non basta.
I cambiamenti non avvengono in un giorno, ma passo dopo passo.
E io ci sono, se vuoi farli insieme.
Ricevo a Napoli (in presenza) oppure online in tutta Italia.
Per ulteriori informazioni sul mio metodo, sui miei scritti e sul mio sito, puoi visitare il mio profilo MioDottore.
Sono padre, e sono stato figlio. E posso dire con certezza che nelle famiglie non servono vincitori, ma pace. Se scoppia un conflitto serio, può servire un avvocato.
Ma se vogliamo evitare che quei conflitti esplodano dentro di noi, serve piuttosto uno psicologo. La psicoterapia non è un tribunale dove si stabilisce chi ha ragione.
È uno spazio dove si impara a disinnescare la bomba. Perché nella pace tutto cresce. Altrimenti, si semina rancore e si raccolgono sensi di colpa. L’ho capito tardi, ma oggi posso dirlo con chiarezza: in casa, ci vuole amore. E in una relazione d’amore — che sia tra partner, genitori e figli, o fratelli — non serve cercare il controllo. Serve lasciarsi andare, fidarsi, arrendersi. Perché arrendersi, nella psicologia profonda, non è una sconfitta: è una forma di verità. Molti pensano troppo. E questo “troppo pensare” diventa un veleno: si analizza tutto, si giudica ogni gesto, si cercano mille interpretazioni.
Ma intanto si perde il contatto con la realtà viva, con il presente, con l’altro. Ti accorgi di star male? Fermati. Non devi convincerti che tutto vada bene. Ma nemmeno lasciarti schiacciare dai pensieri. Ogni tanto serve uno scossone. Nei monasteri Zen, il Maestro dava un colpo con un bastone: serviva a risvegliare. Qui non c’è nessun Maestro.
Ma puoi darti tu uno “scossone simbolico”, ogni volta che ti accorgi di perderti nei pensieri ripetitivi. Serve a tornare a te stesso.
Non è follia.
Anzi: la sola vera follia, a volte, è proprio la mente che si chiude su se stessa.
Troppo pensiero, troppa pretesa di avere ragione.
Lascia andare. Torna alla tua pace.
Dott. Francesco Paolo Coppola
(Napoli, on line e in presenza)
Queste parole, da sole, restano teoria — lo so.
Senza un lavoro costante su di te, una spiegazione non basta.
I cambiamenti non avvengono in un giorno, ma passo dopo passo.
E io ci sono, se vuoi farli insieme.
Buongiorno gentile utente, ho letto le tue parole e percepisco tutta la tua rabbia e frustrazione per questa situazione familiare che ti sta profondamente toccando. È chiaro quanto tu ti senta messa di fronte a scelte che non ti appartengono e che vivi come ingiuste, soprattutto in un momento così importante per la tua autonomia come la fine dell'università. Le tue domande sul comportamento di tuo padre e il dolore per il ruolo di tua madre sono comprensibili e legittime. Il tuo vissuto, fin da piccola, ha segnato profondamente la tua percezione delle dinamiche familiari, portandoti a provare un profondo disagio e, a tratti, un senso di impotenza. I pensieri intensi che descrivi sono un segnale di quanto questa situazione ti stia logorando. Credo che dare spazio al tuo vissuto sia il primo passo per trovare nuove prospettive. Un percorso insieme potrebbe offrirti un luogo sicuro per elaborare queste emozioni e agire su ciò che è possibile modificare. Per qualsiasi informazione non esitare a contattarmi, sono disponibile anche per terapie online. Un caro saluto, d.ssa Cristina Sinno
Buongiorno gentile Utente, ho letto con attenzione il suo messaggio e sento, nelle sue parole, un carico emotivo molto intenso fatto di rabbia, dolore, senso di impotenza e anche un desiderio profondo di essere ascoltata, riconosciuta.
Lei ha descritto una situazione familiare complessa, nella quale si trova coinvolta suo malgrado, con il peso di scelte che non le appartengono, ma che hanno ricadute dirette sulla sua vita. La sua lucidità nel descrivere le dinamiche e nel riflettere su ciò che ha vissuto fin da piccola dimostra una maturità significativa e un desiderio forte di riscatto. Tuttavia, mi sembra anche che si trovi sola nel tentativo di dare senso e direzione a tutto questo, e che stia cercando un posto nel mondo in cui sentirsi finalmente legittimata a essere sé stessa, con i suoi bisogni, sogni e limiti.
È umano provare rabbia quando ci si sente trascurati, messi da parte, soprattutto da chi dovrebbe invece proteggere e sostenere. Il comportamento di suo padre, che lei vive come ostinato e irresponsabile, sembra ignorare le esigenze della famiglia e soprattutto le sue, creando un senso di ingiustizia che la ferisce nel profondo. E allo stesso tempo, la passività di sua madre la delude e l’angoscia, perché rappresenta forse ciò che più teme: una rinuncia totale a sé stesse per compiacere un equilibrio familiare apparentemente inscalfibile.
Non è raro, in contesti come questo, che si generino pensieri molto forti, anche autodistruttivi. È importante che lei non resti sola con questi pensieri, e che possa trovare uno spazio di ascolto e confronto in cui sentirsi davvero accolta senza giudizio. Il fatto che lei riconosca che “questo pensiero così brutto non è la realtà” è fondamentale: vuol dire che c’è in lei una parte sana, lucida, che vuole salvarsi e costruire una vita diversa. Una parte che merita attenzione e che va protetta.
Ciò che sta vivendo è un conflitto profondo tra il senso di appartenenza e il bisogno di affermare sé stessa. Ed è un passaggio delicato, ma anche prezioso nella crescita di una persona. È giusto che lei senta il bisogno di prendere distanza, anche emotiva, da ciò che la opprime. Non è egoismo: è autodifesa. Non si può salvare chi non vuole essere salvato. Ma può cominciare a salvare sé stessa, imparando a scegliere cosa tenere, cosa lasciare andare e come costruire, passo dopo passo, confini più chiari e protettivi.
Raccontarsi, come ha fatto qui, è un atto di coraggio. Da qui può partire un lavoro personale che la aiuti a ritrovare un senso di direzione, a elaborare la sua storia familiare e a fare spazio dentro di sé per desideri e scelte che siano davvero suoi. Non sarà facile, ma è possibile. E, soprattutto, non deve affrontarlo da sola.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Lei ha descritto una situazione familiare complessa, nella quale si trova coinvolta suo malgrado, con il peso di scelte che non le appartengono, ma che hanno ricadute dirette sulla sua vita. La sua lucidità nel descrivere le dinamiche e nel riflettere su ciò che ha vissuto fin da piccola dimostra una maturità significativa e un desiderio forte di riscatto. Tuttavia, mi sembra anche che si trovi sola nel tentativo di dare senso e direzione a tutto questo, e che stia cercando un posto nel mondo in cui sentirsi finalmente legittimata a essere sé stessa, con i suoi bisogni, sogni e limiti.
È umano provare rabbia quando ci si sente trascurati, messi da parte, soprattutto da chi dovrebbe invece proteggere e sostenere. Il comportamento di suo padre, che lei vive come ostinato e irresponsabile, sembra ignorare le esigenze della famiglia e soprattutto le sue, creando un senso di ingiustizia che la ferisce nel profondo. E allo stesso tempo, la passività di sua madre la delude e l’angoscia, perché rappresenta forse ciò che più teme: una rinuncia totale a sé stesse per compiacere un equilibrio familiare apparentemente inscalfibile.
Non è raro, in contesti come questo, che si generino pensieri molto forti, anche autodistruttivi. È importante che lei non resti sola con questi pensieri, e che possa trovare uno spazio di ascolto e confronto in cui sentirsi davvero accolta senza giudizio. Il fatto che lei riconosca che “questo pensiero così brutto non è la realtà” è fondamentale: vuol dire che c’è in lei una parte sana, lucida, che vuole salvarsi e costruire una vita diversa. Una parte che merita attenzione e che va protetta.
Ciò che sta vivendo è un conflitto profondo tra il senso di appartenenza e il bisogno di affermare sé stessa. Ed è un passaggio delicato, ma anche prezioso nella crescita di una persona. È giusto che lei senta il bisogno di prendere distanza, anche emotiva, da ciò che la opprime. Non è egoismo: è autodifesa. Non si può salvare chi non vuole essere salvato. Ma può cominciare a salvare sé stessa, imparando a scegliere cosa tenere, cosa lasciare andare e come costruire, passo dopo passo, confini più chiari e protettivi.
Raccontarsi, come ha fatto qui, è un atto di coraggio. Da qui può partire un lavoro personale che la aiuti a ritrovare un senso di direzione, a elaborare la sua storia familiare e a fare spazio dentro di sé per desideri e scelte che siano davvero suoi. Non sarà facile, ma è possibile. E, soprattutto, non deve affrontarlo da sola.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Grazie per aver condiviso in modo così profondo e autentico ciò che sta vivendo. Le sue parole raccontano non solo una situazione familiare difficile, ma anche un carico emotivo enorme, che una giovane donna di 24 anni non dovrebbe portare da sola.
Capisco quanto sia frustrante vedere scelte prese senza dialogo, senza ascolto, e con effetti concreti sulla sua stabilità presente e futura. Quando le decisioni dei genitori sembrano ignorare i bisogni reali dei figli, si genera un dolore profondo: non solo materiale, ma anche affettivo.
Il legame con una terra di famiglia può avere un valore simbolico fortissimo, ma non può giustificare l’esclusione dei desideri e delle esigenze degli altri membri della famiglia. La sua lucidità nel vedere l’impatto di tutto questo – anche sulla figura di sua madre – dimostra una consapevolezza notevole.
È normale sentirsi impotenti e arrabbiati in una situazione del genere. Ma il fatto che lei stia mettendo in discussione tutto, che stia riflettendo e scrivendo, è già un modo per cercare di non rimanere intrappolata. La sofferenza che esprime è reale e merita uno spazio in cui essere accolta e rielaborata.
Quando scrive di voler “scappare” o “farla finita”, sta parlando della necessità disperata di un cambiamento, di una via d’uscita da qualcosa che la opprime. È importante prendere sul serio questi pensieri, ma anche ricordare che esistono percorsi per elaborare e superare questi momenti. Lei non è sola, e non è sbagliata per provare tutto questo.
Le consiglio di considerare l’idea di intraprendere un percorso psicologico per sé stessa. Uno spazio protetto in cui possa elaborare il senso di ingiustizia, la rabbia, la delusione e anche il desiderio di trovare una strada personale, indipendente dai conflitti familiari.
Se sente il bisogno di parlarne con qualcuno in modo più approfondito e riservato, può contattarmi. Sarò felice di offrirle un ascolto empatico e professionale.
Dott.ssa Stefania Conti, Psicologa
Capisco quanto sia frustrante vedere scelte prese senza dialogo, senza ascolto, e con effetti concreti sulla sua stabilità presente e futura. Quando le decisioni dei genitori sembrano ignorare i bisogni reali dei figli, si genera un dolore profondo: non solo materiale, ma anche affettivo.
Il legame con una terra di famiglia può avere un valore simbolico fortissimo, ma non può giustificare l’esclusione dei desideri e delle esigenze degli altri membri della famiglia. La sua lucidità nel vedere l’impatto di tutto questo – anche sulla figura di sua madre – dimostra una consapevolezza notevole.
È normale sentirsi impotenti e arrabbiati in una situazione del genere. Ma il fatto che lei stia mettendo in discussione tutto, che stia riflettendo e scrivendo, è già un modo per cercare di non rimanere intrappolata. La sofferenza che esprime è reale e merita uno spazio in cui essere accolta e rielaborata.
Quando scrive di voler “scappare” o “farla finita”, sta parlando della necessità disperata di un cambiamento, di una via d’uscita da qualcosa che la opprime. È importante prendere sul serio questi pensieri, ma anche ricordare che esistono percorsi per elaborare e superare questi momenti. Lei non è sola, e non è sbagliata per provare tutto questo.
Le consiglio di considerare l’idea di intraprendere un percorso psicologico per sé stessa. Uno spazio protetto in cui possa elaborare il senso di ingiustizia, la rabbia, la delusione e anche il desiderio di trovare una strada personale, indipendente dai conflitti familiari.
Se sente il bisogno di parlarne con qualcuno in modo più approfondito e riservato, può contattarmi. Sarò felice di offrirle un ascolto empatico e professionale.
Dott.ssa Stefania Conti, Psicologa
Buon pomeriggio, il pathos con cui racconta tutta la situazione la deve aiutare a riflettere su quanto tutto questo, la sta logorando dentro. Pertanto la invito a pensare di iniziare un percorso di supporto psicologico in cui elaborare un distacco maturo e sicuro dai suoi genitori, altrimenti, come lei accenna, il voler chiudere completamente i rapporti per ripicca, non la farà stare bene perchè si porterà dietro rancore e rabbia.
Mettere alle strette sua madre facendo scegliere tra i figli e il marito sarebbe una decisione logorante per sua madre e per lei. Lavori sul distacco sano, così starà bene e troverà il suo equilibrio e la sua strada nell'indipendenza.
Spero di esserle stata di aiuto
Saluti
Mettere alle strette sua madre facendo scegliere tra i figli e il marito sarebbe una decisione logorante per sua madre e per lei. Lavori sul distacco sano, così starà bene e troverà il suo equilibrio e la sua strada nell'indipendenza.
Spero di esserle stata di aiuto
Saluti
Buongiorno cara e grazie per aver condiviso un vissuto così carico e doloroso. Trovo che tu sia assai lucida e capace di vedere a fondo le dinamiche familiari, e questo è già un atto di forza, nonostante la stanchezza che esprimi. io penso che tu abbia il diritto di sentirti arrabbiata e delusa. Tuo padre sta prendendo decisioni che hanno un impatto su di te, senza ascolto né dialogo. E tu non vuoi più sostenerne le conseguenze, vuoi proteggere la tua salute mentale e il tuo futuro. Tuttavia sai bene che non puoi cambiare lui, ma puoi iniziare TU a proteggerti . Il primo passo è proprio quello che hai già fatto: prendere consapevolezza e dirti la verità, anche se fa male. Vedere le cose lucidamente senza illudersi, e agire di conseguenza.
Ma sarebbe anche importante avere uno spazio sicuro dove portare questo dolore, per confrontarti con questo tipo di dura realtà ,per alleggerire il peso e distinguere ciò che puoi fare da ciò che non è in tuo potere. Ti invito a considerare un percorso psicologico. Non per “aggiustarti”, ma per sostenerti nel mettere confini, scegliere come stare in questa storia e poter costruire la TUA. Un caro saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Ma sarebbe anche importante avere uno spazio sicuro dove portare questo dolore, per confrontarti con questo tipo di dura realtà ,per alleggerire il peso e distinguere ciò che puoi fare da ciò che non è in tuo potere. Ti invito a considerare un percorso psicologico. Non per “aggiustarti”, ma per sostenerti nel mettere confini, scegliere come stare in questa storia e poter costruire la TUA. Un caro saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Gentile Utente,
i Suoi ragionamenti e sentimenti mi paiono ragionevoli dato il Suo vissuto. E proprio per questo, e dato tanto scrive rispetto alle Sue reazioni, mi sento di suggerireLe uno spazio in cui dar voce ed elaborare le tante sfumature che porta e dice di vivere.
In questo frangente posso consigliarLe la scrittura della rabbia e delle ingiustizie che sente (chiaramente per canalizzarle, non per condividerle o rileggerle) ma, se lo desidera, un affiancamento potrebbe essere di sostegno dallo svincolo da dinamiche e/o relazioni che possono risultare impegnative.
Un saluto
i Suoi ragionamenti e sentimenti mi paiono ragionevoli dato il Suo vissuto. E proprio per questo, e dato tanto scrive rispetto alle Sue reazioni, mi sento di suggerireLe uno spazio in cui dar voce ed elaborare le tante sfumature che porta e dice di vivere.
In questo frangente posso consigliarLe la scrittura della rabbia e delle ingiustizie che sente (chiaramente per canalizzarle, non per condividerle o rileggerle) ma, se lo desidera, un affiancamento potrebbe essere di sostegno dallo svincolo da dinamiche e/o relazioni che possono risultare impegnative.
Un saluto
Buongiorno, la situazione in cui si ritrova a casa è complessa e molto frustrante. Anche da come scrive, arriva tutto il sentimento di impotenza e di rabbia nei confronti di tutti gli attori. Come hai detto bene lei non è possibile cambiare le decisioni dei suoi familiari, il loro modo di vedere la situazione o reagire, né si può risolvere un problema nel momento in cui l'altra persona non lo percepisce come tale. Però può sicuramente provare a cambiare il suo punto di vista, imparare ad accettare le cose che non si possono cambiare e prendere le decisioni per se stessa. Non ho abbastanza informazioni su di lei, sulla sua situazione, su altre dinamiche in casa per poterle suggerire concretamente cosa fare, ma per iniziare potrebbe confrontarsi con altri membri della famiglia, vedere il loro punto di vista per capire in che modo loro stanno elaborando o accettando la situazione. Se ne ha la possibilità e sente la necessità di distaccarsi, anche questo potrebbe essere una soluzione temporanea, per non rimanere immersa in una situazione che al momento non può essere cambiata dall'interno e che, proprio perché si è lì, è difficile da accettare. Sfortunatamente non tutto si può cambiare e certe volte possiamo provare a cambiare solo le nostre reazioni, migliorare la nostra capacità di accettare che certe situazioni o certe persone è difficile che saranno come noi vorremmo. E' difficile ma ce la può fare.
Nelle sue parole si avverte un bisogno profondo di essere ascoltata, riconosciuta, considerata al di là dei ruoli e dei doveri che da tempo sembrano imporsi su di lei. La sua rabbia, la frustrazione, persino quei pensieri che la spaventano, parlano di una sofferenza che non nasce oggi ma che si è sedimentata nel tempo, alimentata da scelte che l’hanno esclusa, da un padre che sembra cieco davanti alle conseguenze dei suoi desideri e da una madre che si ritrae nel silenzio. Lei dice di sentirsi impotente, eppure nelle sue parole vive una forza che non si lascia del tutto sopraffare, un desiderio di rottura, di cambiamento, di verità. Mi chiedo allora se questa spinta, per quanto dolorosa, non possa già essere un primo passo verso qualcosa che le appartiene, uno scarto da una storia familiare che rischia altrimenti di ripetersi senza mai essere messa in questione. A volte il dolore di non essere ascoltati diventa così insopportabile che ci si convince di non poter far altro che rinunciare, ma in lei sento ancora una voce che chiede, che desidera, che si oppone, anche se con fatica. Forse potrebbe essere utile trovare un luogo in cui questo dolore possa avere uno spazio tutto suo, senza doverlo spiegare o giustificare, un luogo dove non sia necessario fare chiarezza subito, ma dove sia possibile iniziare ad ascoltarsi. Non è un percorso semplice, ma può offrire l’occasione per rimettere in movimento ciò che ora le appare bloccato, per restituire voce a una soggettività che da troppo tempo, forse, è costretta a vivere ai margini di ciò che accade.
Buongiorno,
grazie per aver avuto il coraggio di condividere tutto questo. Quello che scrivi trasmette una sofferenza profonda, radicata nel tempo, ma anche una grande lucidità e consapevolezza. Le tue parole sono intense, oneste e cariche di emozione. È evidente quanto tu stia cercando, con tutte le tue forze, di restare a galla dentro una realtà familiare complessa, a tratti schiacciante.
Hai messo in luce una dinamica che spesso viene taciuta: quando i figli si trovano a dover fare i conti con le fragilità, le rigidità o le scelte egoistiche dei genitori, diventando loro malgrado spettatori e vittime di meccanismi che non hanno scelto.
Il dolore che provi è comprensibile: sentirsi trascurati, non ascoltati, caricati di responsabilità troppo grandi quando si avrebbe bisogno di sostegno e cura è una ferita profonda. E quella sensazione di impotenza che descrivi — il sapere che certe cose accadranno lo stesso, a prescindere dalla tua voce — può essere devastante.
La rabbia che provi è una reazione legittima, perché sei stata messa da tempo in una posizione non tua. Quella di dover essere forte, responsabile, comprensiva… mentre invece avresti avuto bisogno di essere semplicemente figlia.
Mi sento di dirti, con fermezza, che non sei sbagliata tu. Le tue fragilità non sono un limite, ma parte della tua sensibilità e umanità. E anche il pensiero, seppur doloroso, del “vorrei farla finita” non deve spaventarti: spesso emerge proprio quando il dolore è troppo e non si vede più via d’uscita. Ma proprio perché hai scritto tutto questo, proprio perché sei consapevole che non è quella la strada, è il segnale che in te c’è ancora una forza viva che vuole essere vista, rispettata, protetta.
Ti invito a non restare sola con tutto questo carico. Parlane, cerca uno spazio tuo – con un* psicolog* o un* terapeuta – dove poter dare un nome a tutto ciò che senti, senza giudizio. Non per cambiare i tuoi genitori, ma per liberarti dalla trappola di dover reggere un equilibrio che non ti appartiene. Meriti di prenderti cura della tua vita, dei tuoi desideri, dei tuoi sogni.
A volte non possiamo cambiare l’altro, ma possiamo scegliere se e quanto permettergli di toglierci spazio, energia, serenità. Imparare a mettere confini – anche emotivi – è il primo passo verso la libertà interiore.
Ti auguro, con tutto il cuore, di trovare quel luogo sicuro, dentro e fuori di te, dove poter respirare e ricominciare a scegliere per te stessa.
Un caro saluto,
Dott.ssa Alessandra Avenale
Psicologa – Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
grazie per aver avuto il coraggio di condividere tutto questo. Quello che scrivi trasmette una sofferenza profonda, radicata nel tempo, ma anche una grande lucidità e consapevolezza. Le tue parole sono intense, oneste e cariche di emozione. È evidente quanto tu stia cercando, con tutte le tue forze, di restare a galla dentro una realtà familiare complessa, a tratti schiacciante.
Hai messo in luce una dinamica che spesso viene taciuta: quando i figli si trovano a dover fare i conti con le fragilità, le rigidità o le scelte egoistiche dei genitori, diventando loro malgrado spettatori e vittime di meccanismi che non hanno scelto.
Il dolore che provi è comprensibile: sentirsi trascurati, non ascoltati, caricati di responsabilità troppo grandi quando si avrebbe bisogno di sostegno e cura è una ferita profonda. E quella sensazione di impotenza che descrivi — il sapere che certe cose accadranno lo stesso, a prescindere dalla tua voce — può essere devastante.
La rabbia che provi è una reazione legittima, perché sei stata messa da tempo in una posizione non tua. Quella di dover essere forte, responsabile, comprensiva… mentre invece avresti avuto bisogno di essere semplicemente figlia.
Mi sento di dirti, con fermezza, che non sei sbagliata tu. Le tue fragilità non sono un limite, ma parte della tua sensibilità e umanità. E anche il pensiero, seppur doloroso, del “vorrei farla finita” non deve spaventarti: spesso emerge proprio quando il dolore è troppo e non si vede più via d’uscita. Ma proprio perché hai scritto tutto questo, proprio perché sei consapevole che non è quella la strada, è il segnale che in te c’è ancora una forza viva che vuole essere vista, rispettata, protetta.
Ti invito a non restare sola con tutto questo carico. Parlane, cerca uno spazio tuo – con un* psicolog* o un* terapeuta – dove poter dare un nome a tutto ciò che senti, senza giudizio. Non per cambiare i tuoi genitori, ma per liberarti dalla trappola di dover reggere un equilibrio che non ti appartiene. Meriti di prenderti cura della tua vita, dei tuoi desideri, dei tuoi sogni.
A volte non possiamo cambiare l’altro, ma possiamo scegliere se e quanto permettergli di toglierci spazio, energia, serenità. Imparare a mettere confini – anche emotivi – è il primo passo verso la libertà interiore.
Ti auguro, con tutto il cuore, di trovare quel luogo sicuro, dentro e fuori di te, dove poter respirare e ricominciare a scegliere per te stessa.
Un caro saluto,
Dott.ssa Alessandra Avenale
Psicologa – Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Buongiorno, comprendo la rabbia e la frustrazione che prova e mi spiace per la situazione complessa che sta attraversando. Purtroppo non scegliamo i nostri genitori e può capitare di ritrovarsi in situazioni all'interno delle quali non condividiamo alcune loro scelte o atteggiamenti. Spesso c'è un incrocio di valori che non sempre si trasforma in un incontro, ma può rivelarsi un'imposizione. Non dev'essere facile stare in questa situazione sapendo che ad ora i progetti sono quelli che descrive.
Non c'è una risposta a priori riguardo le domande sul comportamento di suo padre, perché dovremmo farle direttamente a lui per comprendere quali sono state le esperienze e i vissuti che lo hanno condotto a queste scelte.
Come riporta anche lei, però, una componente su cui c'è margine di lavoro è lei con i suoi vissuti. Provare a comprendere, trasformare e direzionare la rabbia che sente, non in una reazione emotiva dettata dall'impulso, ma verso una direzione generativa che tenga conto dei suoi bisogni, delle sue emozioni e dei suoi desideri. Se alcune persone attorno a noi non riescono a cogliere e valorizzare la nostra persona e i nostri bisogni, spetta a noi interrompere questo circolo e stare in ascolto di noi stessi, facendo fiorire ciò che abbiamo dentro.
Un caro saluto, Dott. Luca Fiorona
Non c'è una risposta a priori riguardo le domande sul comportamento di suo padre, perché dovremmo farle direttamente a lui per comprendere quali sono state le esperienze e i vissuti che lo hanno condotto a queste scelte.
Come riporta anche lei, però, una componente su cui c'è margine di lavoro è lei con i suoi vissuti. Provare a comprendere, trasformare e direzionare la rabbia che sente, non in una reazione emotiva dettata dall'impulso, ma verso una direzione generativa che tenga conto dei suoi bisogni, delle sue emozioni e dei suoi desideri. Se alcune persone attorno a noi non riescono a cogliere e valorizzare la nostra persona e i nostri bisogni, spetta a noi interrompere questo circolo e stare in ascolto di noi stessi, facendo fiorire ciò che abbiamo dentro.
Un caro saluto, Dott. Luca Fiorona
Gentile utente, quello che sta vivendo è molto doloroso e parla di un peso familiare che sta portando da troppo tempo. La sua rabbia è comprensibile, come anche il senso di impotenza. Le consiglio di cercare uno spazio di supporto psicologico: non per cambiare gli altri, ma per proteggere se stessa e ritrovare forza.
Non è sola. Rimango a disposizione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Aurora Corso.
Non è sola. Rimango a disposizione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Aurora Corso.
Salve,
Le tematiche qui riportate potrebbero essere oggetto di un percorso di psicoterapia familiare. Mi rendo conto di quanto possa essere difficile portare in terapia l intera famiglia e per questo ritengo importante possa prendere in considerazione anche la possibilità di chiedere aiuto individualmente ad un professionista, che possa aiutarla con il tempo a svincolarsi dalle problematiche della famiglia di cui fa parte.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Le tematiche qui riportate potrebbero essere oggetto di un percorso di psicoterapia familiare. Mi rendo conto di quanto possa essere difficile portare in terapia l intera famiglia e per questo ritengo importante possa prendere in considerazione anche la possibilità di chiedere aiuto individualmente ad un professionista, che possa aiutarla con il tempo a svincolarsi dalle problematiche della famiglia di cui fa parte.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno Gentile Utente,
mi dispiace molto per la situazione che sta vivendo, mi è arrivato tanto dolore e rabbia. Sento anche questa contrapposizione tra andarsene e fargliela pagare o scontrarsi con loro e prendere posizione. In entrambi casi mi chiedo quanto il suo dolore continuerebbe a crescere. E allora, come dice alla fine di ciò che ha scritto, forse iniziare a lavorare su di lei e sulla sue reazioni può essere un modo per andare avanti trovando quel benessere che al momento non ha. Comprendere il comportamento di suo padre e sua madre, che cosa le è mancato a lei, quali sono i debiti e i crediti (e non intendo economici) che la sua famiglia ha e per cui si comporta così. Le auguro di trovare la strada affinché tutto ciò che ha scritto diventi il suo bagaglio ereditario, una base da cui far nascere le risorse che ha, mettere finalmente a tacere la sofferenza e ritrovare un po' pace.
Un caro saluto
Elisabetta
mi dispiace molto per la situazione che sta vivendo, mi è arrivato tanto dolore e rabbia. Sento anche questa contrapposizione tra andarsene e fargliela pagare o scontrarsi con loro e prendere posizione. In entrambi casi mi chiedo quanto il suo dolore continuerebbe a crescere. E allora, come dice alla fine di ciò che ha scritto, forse iniziare a lavorare su di lei e sulla sue reazioni può essere un modo per andare avanti trovando quel benessere che al momento non ha. Comprendere il comportamento di suo padre e sua madre, che cosa le è mancato a lei, quali sono i debiti e i crediti (e non intendo economici) che la sua famiglia ha e per cui si comporta così. Le auguro di trovare la strada affinché tutto ciò che ha scritto diventi il suo bagaglio ereditario, una base da cui far nascere le risorse che ha, mettere finalmente a tacere la sofferenza e ritrovare un po' pace.
Un caro saluto
Elisabetta
Buonasera, comprendo il dolore di non potere cambiare i comportamenti altrui ma, come ha scritto lei, può cambiare il suo modo di affrontarle. Accettare i limiti dei suoi genitori e prevenire conseguenze sulla sua vita è un obiettivo raggiungibile. Se non riesce a distaccarsi da queste dinamiche emotive, può scegliere di farsi supportare da un professionista e fortificare il suo senso di autonomia.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Salve, é evidente il dolore e la frustrazione che sta vivendo, la sua situazione familiare è davvero complessa e carica di emozioni contrastanti. Il comportamento di suo padre sembra sovraccaricarla, mentre la mancanza Comprendo il dolore e la frustrazione che sta vivendo, la sua situazione familiare è davvero complessa e carica di emozioni contrastanti. Il comportamento di suo padre sembra sovraccaricarla, mentre la mancanza di un supporto deciso da parte di sua madre aumenta il peso emotivo della situazione. La sua preoccupazione per il futuro e per la sua autonomia è assolutamente comprensibile. I pensieri negativi che esprime, come il desiderio di scappare o di "farla finita", sono segnali di una sofferenza che non deve essere ignorata. Le suggerisco di riflettere su questi sentimenti, magari cercando il supporto di uno psicoterapeuta, per alleggerire il carico emotivo che sta vivendo. Inoltre le suggerisco di seguire dei percorsi di mindfulness per diminuire la percezione negativa degli eventi. Anche se non è semplice cambiare la situazione familiare, ricordi che può lavorare su se stessa e sulle sue reazioni. Il suo benessere è importante e merita di essere ascoltata e rispettata. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Ti sei raccontata con una chiarezza e una profondità che fanno capire quanta rabbia e dolore ti porti dentro. La situazione che descrivi è ingiusta: ti ritrovi a 24 anni a dover reggere decisioni prese da tuo padre, che non tiene conto né delle necessità pratiche della famiglia, né delle tue, né di quelle di tua madre. In più, vedi una madre che si annulla, incapace di opporsi, e questo aumenta la sensazione di non avere alleati e di essere imprigionata nelle scelte di altri.
Quello che provi – la rabbia, il desiderio di scappare, perfino quei pensieri estremi che riconosci come “brutti” – non sono segni di debolezza o follia: sono la reazione di una ragazza che sente di non avere voce in una famiglia che decide sopra la sua testa. È come se ti fosse stato tolto lo spazio per esistere secondo i tuoi desideri e i tuoi valori.
Alcune cose possono aiutarti a mettere ordine:
– Non è tuo compito salvare i tuoi genitori. Vedi bene gli errori di tuo padre e la passività di tua madre, ma non puoi “correggerli”. Sono adulti, con i loro limiti e le loro rigidità. Puoi però decidere che effetto vuoi che abbiano sulla tua vita.
– La rabbia che provi è energia. Per ora la senti come distruttiva (“vorrei spaccare tutto”), ma può diventare la spinta per costruire la tua autonomia. Più che convincere tuo padre a cambiare, il passo che ti farà respirare sarà renderti indipendente: lavorare, mettere da parte, costruire uno spazio tuo, anche piccolo.
– Il confronto con tua madre. Non è detto che lei riesca a cambiare atteggiamento, ma puoi almeno dirle cosa provi, senza chiederle di “scegliere” ma per alleggerire il tuo peso. Esprimere la tua sofferenza non è un ricatto: è chiedere di essere vista.
– Il pensiero di “farla finita”. È importante che tu lo abbia nominato e che tu sappia che non è la realtà. È un segnale forte di quanto questo carico ti stia opprimendo. Quando tornano pensieri così, non tenerli solo dentro: cerca un appoggio esterno (un consultorio, uno psicologo pubblico, anche solo una persona di fiducia). Non devi affrontare tutto da sola.
– Il potere di dissociarti. Non significa fregartene, ma imparare a distinguere: “questo è il problema di mio padre, questa è la sua ossessione, io non voglio che rovini la mia vita”. È difficile, ma è l’unico modo per alleggerire il tuo carico emotivo.
Hai ragione quando dici che “non c’è modo di fermare ciò che accadrà”. La terra, i soldi, le scelte di tuo padre non dipendono da te. Ma la tua reazione sì: puoi scegliere se restare intrappolata nel rancore o se usare questa rabbia per costruire, piano piano, la tua uscita.
Non sei sola, anche se oggi ti sembra così. Il primo passo concreto potrebbe essere trovare uno spazio di ascolto tutto tuo, dove non sei solo “la figlia di”, ma G., con i suoi bisogni e la sua voglia di libertà.
Dott.ssa De Pretto
Quello che provi – la rabbia, il desiderio di scappare, perfino quei pensieri estremi che riconosci come “brutti” – non sono segni di debolezza o follia: sono la reazione di una ragazza che sente di non avere voce in una famiglia che decide sopra la sua testa. È come se ti fosse stato tolto lo spazio per esistere secondo i tuoi desideri e i tuoi valori.
Alcune cose possono aiutarti a mettere ordine:
– Non è tuo compito salvare i tuoi genitori. Vedi bene gli errori di tuo padre e la passività di tua madre, ma non puoi “correggerli”. Sono adulti, con i loro limiti e le loro rigidità. Puoi però decidere che effetto vuoi che abbiano sulla tua vita.
– La rabbia che provi è energia. Per ora la senti come distruttiva (“vorrei spaccare tutto”), ma può diventare la spinta per costruire la tua autonomia. Più che convincere tuo padre a cambiare, il passo che ti farà respirare sarà renderti indipendente: lavorare, mettere da parte, costruire uno spazio tuo, anche piccolo.
– Il confronto con tua madre. Non è detto che lei riesca a cambiare atteggiamento, ma puoi almeno dirle cosa provi, senza chiederle di “scegliere” ma per alleggerire il tuo peso. Esprimere la tua sofferenza non è un ricatto: è chiedere di essere vista.
– Il pensiero di “farla finita”. È importante che tu lo abbia nominato e che tu sappia che non è la realtà. È un segnale forte di quanto questo carico ti stia opprimendo. Quando tornano pensieri così, non tenerli solo dentro: cerca un appoggio esterno (un consultorio, uno psicologo pubblico, anche solo una persona di fiducia). Non devi affrontare tutto da sola.
– Il potere di dissociarti. Non significa fregartene, ma imparare a distinguere: “questo è il problema di mio padre, questa è la sua ossessione, io non voglio che rovini la mia vita”. È difficile, ma è l’unico modo per alleggerire il tuo carico emotivo.
Hai ragione quando dici che “non c’è modo di fermare ciò che accadrà”. La terra, i soldi, le scelte di tuo padre non dipendono da te. Ma la tua reazione sì: puoi scegliere se restare intrappolata nel rancore o se usare questa rabbia per costruire, piano piano, la tua uscita.
Non sei sola, anche se oggi ti sembra così. Il primo passo concreto potrebbe essere trovare uno spazio di ascolto tutto tuo, dove non sei solo “la figlia di”, ma G., con i suoi bisogni e la sua voglia di libertà.
Dott.ssa De Pretto
Gentile Signora,
la ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità il peso che sta portando: è comprensibile provare rabbia, frustrazione e un forte senso di impotenza davanti a scelte familiari che sente come ingiuste e distruttive.
Dai suoi pensieri traspare quanto questo la stia facendo soffrire e quanto si senta sola nel gestire tutto ciò.
Può essere molto utile avere accanto un sostegno psicologico che la aiuti a dare voce alle sue emozioni e a costruire confini più chiari per proteggere i suoi bisogni, senza sentirsi in colpa.
Anche in un contesto familiare complesso, lei ha diritto a prendersi cura di sé e a trovare uno spazio in cui sentirsi ascoltata, compresa e sostenuta.
Un cordiale saluto.
Dott.ssa Susanna Minaldi
la ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità il peso che sta portando: è comprensibile provare rabbia, frustrazione e un forte senso di impotenza davanti a scelte familiari che sente come ingiuste e distruttive.
Dai suoi pensieri traspare quanto questo la stia facendo soffrire e quanto si senta sola nel gestire tutto ciò.
Può essere molto utile avere accanto un sostegno psicologico che la aiuti a dare voce alle sue emozioni e a costruire confini più chiari per proteggere i suoi bisogni, senza sentirsi in colpa.
Anche in un contesto familiare complesso, lei ha diritto a prendersi cura di sé e a trovare uno spazio in cui sentirsi ascoltata, compresa e sostenuta.
Un cordiale saluto.
Dott.ssa Susanna Minaldi
Buonasera, comprendo quanto possa essere doloroso trovarsi in questa situazione, soprattutto quando si sente di aver dato tanto a una relazione. È naturale, a vent’anni, vivere l’amore con grande intensità e fatica ad accettarne la fine. Da ciò che racconta emerge il suo desiderio autentico di essere accettato per quello che è, e questo è un valore importante da riconoscere. In questo momento può esserle utile darsi tempo per elaborare la rottura, confrontarsi con chi le è vicino e, se lo desidera, con un professionista. Parlare dei propri vissuti aiuta a fare chiarezza e a ritrovare fiducia. L’amore, anche quando finisce, lascia sempre qualcosa che ci fa crescere.
Gentile utente,
dal suo racconto emerge una profonda sofferenza legata a una storia familiare dove, per molto tempo, ha dovuto farsi carico di responsabilità e tensioni più grandi della sua età. È comprensibile che oggi provi rabbia e senso d’impotenza: quando i ruoli si ribaltano e un genitore agisce in modo rigido o autoreferenziale, i figli spesso si trovano schiacciati tra il desiderio di lealtà e il bisogno di proteggersi.
La sua riflessione mostra una grande consapevolezza: ha già colto che non può cambiare suo padre, ma può scegliere come reagire e come prendersi cura del proprio equilibrio emotivo. Questo è il punto da cui può iniziare a costruire autonomia e pace interiore, anche se intorno c’è caos.
Può esserle utile un percorso di sostegno psicologico, per imparare a differenziare il suo dolore da quello dei genitori e smettere di sentirsi responsabile delle loro scelte. Ritrovare la libertà di vivere la propria vita senza sensi di colpa è possibile, anche partendo da ferite così profonde.
Dott.ssa Sara Petroni
dal suo racconto emerge una profonda sofferenza legata a una storia familiare dove, per molto tempo, ha dovuto farsi carico di responsabilità e tensioni più grandi della sua età. È comprensibile che oggi provi rabbia e senso d’impotenza: quando i ruoli si ribaltano e un genitore agisce in modo rigido o autoreferenziale, i figli spesso si trovano schiacciati tra il desiderio di lealtà e il bisogno di proteggersi.
La sua riflessione mostra una grande consapevolezza: ha già colto che non può cambiare suo padre, ma può scegliere come reagire e come prendersi cura del proprio equilibrio emotivo. Questo è il punto da cui può iniziare a costruire autonomia e pace interiore, anche se intorno c’è caos.
Può esserle utile un percorso di sostegno psicologico, per imparare a differenziare il suo dolore da quello dei genitori e smettere di sentirsi responsabile delle loro scelte. Ritrovare la libertà di vivere la propria vita senza sensi di colpa è possibile, anche partendo da ferite così profonde.
Dott.ssa Sara Petroni
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