Mi sento ossessionata dal mio ragazzo Salve a tutti, sono una ragazza di 24 anni e sono fidanzat

24 risposte
Mi sento ossessionata dal mio ragazzo

Salve a tutti, sono una ragazza di 24 anni e sono fidanzata con il mio attuale ragazzo da ormai 5 anni.
Credo di avere un problema (serio) di cui onestamente non ho mai parlato con nessuno perché me ne vergogno profondamente, anche se la sofferenza interiore è troppa.
Mi spiego: in tutta la mia vita ho sempre sperimentato un attaccamento particolare verso i ragazzi con cui mi frequentavo, come se per avere conferma del mio valore l’unica cosa che mi serviva accanto era qualcuno che si dedicasse totalmente a me e mi mostrasse amore (cosa sbagliata).
Eppure, eccetto il mio attuale partner, mi sono sempre ritrovata di fronte ragazzi che hanno solo finito per manipolarmi e prendersi gioco di me. Ricordo di avere avuto una quasi relazione seria con un ragazzo che all’apparenza era un santo, ma che poi si è rivelato la persona più falsa e irrispettosa del mondo… mi sono sentita a pezzi, soprattutto perché lui non faceva trapelare niente.
Invece, cinque anni fa, ho incontrato l’amore della mia vita, una persona fantastica, che ancora prima di amarmi, mi vuole bene e vuole solo il meglio per me.
Quando tutto è iniziato, mi sono sentita talmente in estasi, per le belle sensazioni che ho provato, che lui è diventato il centro del mio mondo.
La mia mente quasi non riusciva ad accettare che potesse esistere un amore così genuino e che un ragazzo potesse darmi amore e rispetto.
All’inizio della relazione, volevo stare sempre e solo con lui, al punto che non avevo più voglia di dedicare un po’ del mio tempo alla mia famiglia e alle mie amicizie. Sapevo quanto tutto ciò fosse tremendamente sbagliato, ma era qualcosa di cui non potevo farne a meno, come se tutte le mie energie fossero indirizzate solo sul mio partner.
Passata la fase dell’innamoramento, in cui tutto sembra così magico e surreale, ho dovuto iniziare a fare i conti con la realtà.
Il mio ragazzo è una persona molto indipendente, ama stare con me ma al tempo stesso trova il tempo per dedicarsi solo a se stesso, per coltivare passioni ed amicizie, cosa che io a volte, anche a causa delle paranoie, traduco come una mancanza di interesse nei miei confronti o poca voglia di stare con me.
Tutto questo, a distanza di cinque anni, a me risulta impossibile, è come se io mi sentissi ossessionata dalla mia relazione, da ciò che provo quando sto con lui. Infatti, una delle mie tante difficoltà è non saper gestire il vuoto e l’angoscia che provo non appena mi devo fisicamente distaccare da lui.
Viviamo nello stesso paese, troviamo sempre il tempo per stare insieme, che sia il pomeriggio o la sera… ma quando dopo una lunga giornata passata insieme, io torno a casa mia senza lui, provo un vuoto insopportabile, mi sento depressa, mi chiudo nella mia stanza e non voglio avere contatti con nessuno, nemmeno con la mia famiglia.
Penso sempre e solo a lui, e la mattina, quando mi sveglio e apro gli occhi, il mio primo pensiero è quando ci rivedremo.
Ho perso interesse per tutto, non mi importa di niente se non di stare con lui, anche a non far niente, addirittura anche quando stare con lui mi annoia perché avrei cose più divertenti da fare in quel momento.
Quando sto con lui i miei pensieri si fermano, quando sono senza lui la mia mente viaggia, inizio a pensare al peggiore degli scenari, penso che lui potrebbe stancarsi di me e allora io resterei senza niente.
So che tutto questo è sbagliato, io sto male, non voglio stare così, vorrei riuscire a godermi le giornate concentrandomi su altro, vorrei poter riuscire a concentrarmi sullo studio quando mi dedico all’università, vorrei potermi divertire davvero anche quando non sono con lui, vorrei avere la mente libera dalle paranoie che mi faccio.
La cosa più assurda è che nonostante la lunga durata di questa relazione, in cui io dovrei avere acquisito maggiore autonomia e sicurezza, in cui il distacco da lui non dovrebbe farmi paura, io continuo a vivermi la relazione come se fosse nella sua fase iniziale.
Inoltre ho una paura immotivata del tradimento, mi auto convinco che da un momento all’altro il mio ragazzo possa lasciarmi, magari per un’altra.
Ho la tendenza ad interpretare negativamente ogni suo minimo cambiamento, mi concentro su ogni parola che usa, su ogni cosa che fa, anche sulle cose più impercettibili, per capire se davvero lui mi ami ancora o mi nasconda qualcosa ma non trova il coraggio di parlarmene.
Questo lui lo sa, gli parlo spesso delle mie paranoie, di quanto a volte queste siano talmente immotivate da sembrare ridicole e surreali.
Credo proprio di avere sviluppato una dipendenza affettiva, ma io non voglio tutto questo, vorrei solo godermi serenamente la mia relazione, anche perché so che lui è quello giusto, e non voglio perderlo per degli atteggiamenti stupidi.
Se può essere utile, ricordo che quando ero più piccola, nel rapporto con mia madre si era instaurato lo stesso meccanismo.
Non volevo andare a scuola, mi venivano crisi e attacchi di panico quando sapevo che ogni mattina mi sarei dovuta separare da lei… a volte l’angoscia era talmente tanta che finivo per rimettere.
Nonostante fossi molto piccola (andavo alle elementari), il mio malessere era troppo, e mi chiedo se non fosse strano per quella età sperimentare un sentimento così intenso e negativo.
Credo di avere uno stile di attaccamento ansioso che manifesto con le persone a cui tengo di più nella mia vita, da piccolina con mia mamma, adesso con il mio ragazzo.
Mi chiedo sempre se questo problema possa essere risolvibile, perché sono così intrappolata in questa dinamica che è impossibile pensare di riuscire a cambiare, a migliorare.
Nonostante questo mi provochi sofferenza, cerco sempre di non finire per soffocare il mio partner, dunque se lui ad esempio una sera esce con i suoi amici, non faccio alcun tipo di problema, piuttosto mi tengo tutto il malessere dentro.
Ma proprio quando mi comunica che per un motivo o per un altro non ci possiamo vedere, io sto così male che vorrei solo sparire, pur sapendo che l’indomani ci rivedremo.
È come se niente senza lui avesse senso.
Quando passo una serata con le mie amiche non riesco a godermi il momento, il mio pensiero è rivolto a lui, penso “se lui per ora fosse qui sicuramente la serata sarebbe più interessante”.
Il mio ragazzo mi ha in parte aiutata a gestire questo problema, difatti ogni volta che mi vede in ansia per qualcosa prova a rassicurarmi come meglio può.
Ma io voglio stare bene, anche da sola… non sono mai riuscita a capire se effettivamente ho una bassa autostima.
Mi piaccio fisicamente il più delle volte, tanti ragazzi mi venivano e tutt’ora mi vengono dietro nonostante io sia impegnata.
In vari momenti nel mio paese ho fatto anche la ragazza immagine… dunque, mi reputo una bella ragazza, ho autostima, perché allora devo provare tutto questo? A cosa può essere dovuto? Perché, ancora, dopo cinque anni di relazione non sono riuscita a trovare un equilibrio e ad essere serena verso la mia relazione?
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Salve gentile Utente, innanzitutto voglio ringraziarla per aver condiviso con così tanta sincerità e profondità le sue emozioni e le sue difficoltà. Quello che descrive è un vissuto molto intenso e complesso, e riconoscerlo e parlarne è un primo passo fondamentale per affrontarlo.

Da quanto racconta, sembra che nella sua vita si sia instaurata una dinamica affettiva in cui il legame con una persona significativa diventa il fulcro del suo benessere e del senso di sicurezza. Questa centralità emotiva, che lei stessa definisce come una possibile "dipendenza affettiva", può essere legata a uno stile di attaccamento ansioso, che si manifesta con paura del distacco e bisogno costante di conferme. È significativo che lei abbia notato una somiglianza tra il suo attuale rapporto con il suo ragazzo e il legame che aveva con sua madre da bambina: questo potrebbe indicare che le sue reazioni odierne derivano da schemi affettivi appresi durante l’infanzia.

La relazione con sua madre, che lei descrive come caratterizzata da forte ansia e difficoltà di separazione, potrebbe aver contribuito a radicare l’idea che la vicinanza costante sia l’unico modo per sentirsi al sicuro. Crescendo, questi schemi possono essersi trasferiti nelle relazioni romantiche, portandola a vivere il distacco come una fonte di profondo malessere.

Ciò che emerge chiaramente è il suo desiderio di stare bene anche da sola, di godersi la relazione in modo equilibrato e di non sentirsi intrappolata in questa dinamica. È un obiettivo assolutamente raggiungibile, ma richiede un percorso di riflessione e consapevolezza su diversi aspetti di sé stessa e della relazione.

Un primo passo potrebbe essere quello di lavorare sul rapporto con la sua autonomia emotiva. Questo non significa amare meno il suo ragazzo, ma imparare a costruire uno spazio interiore in cui sentirsi completa anche quando lui non è presente. Potrebbe essere utile dedicarsi a delle attività che le piacciono e che non coinvolgono il suo partner, coltivare interessi o progetti personali che la facciano sentire realizzata al di là della relazione. Questo non solo rafforzerebbe la sua autostima e indipendenza, ma potrebbe anche arricchire la relazione, rendendola più equilibrata.

È anche importante esplorare il motivo per cui, nonostante lei si definisca una persona con una buona autostima, continui a cercare costantemente conferme dal suo partner. La paura del tradimento, l’interpretazione negativa dei suoi comportamenti e la continua attenzione ai dettagli potrebbero essere segnali di un bisogno più profondo di sicurezza e stabilità, forse non del tutto legato alla sua relazione attuale, ma a esperienze passate che hanno influenzato il suo modo di vivere l’amore e i legami.

Un percorso psicoterapeutico potrebbe aiutarla moltissimo in questo senso. Lavorare con un professionista le permetterebbe di approfondire le origini di queste emozioni e di sviluppare strategie per gestirle in modo più sereno. La psicoterapia potrebbe anche aiutarla a trasformare il suo stile di attaccamento in uno più sicuro, dove la presenza del partner non è una necessità costante, ma una scelta che arricchisce la sua vita senza condizionarla.

Infine, voglio sottolineare un aspetto positivo molto importante: lei ha una grande consapevolezza di sé, del problema e di ciò che vorrebbe cambiare. Questo è un punto di forza enorme, che la mette già sulla strada giusta per trovare una soluzione. Il fatto che desideri stare bene anche da sola e godersi la relazione in modo sano dimostra quanto lei tenga non solo al suo partner, ma anche a sé stessa e al proprio benessere.

Non perda la fiducia: con il tempo, la giusta guida e l’impegno, sono certa che potrà raggiungere un equilibrio che le permetterà di vivere la sua relazione con gioia e serenità, senza che questa diventi un’ossessione o una fonte di ansia. Resto a disposizione per eventuali dubbi o riflessioni aggiuntive.

Dott. Luca Vocino

Risolvi i tuoi dubbi grazie alla consulenza online

Se hai bisogno del consiglio di uno specialista, prenota una consulenza online. Otterrai risposte senza muoverti da casa.

Mostra risultati Come funziona?
Dott.ssa Gloria Giordano
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Napoli
Carissima, innanzitutto, voglio dirti che il tuo messaggio dimostra una grande consapevolezza e capacità di introspezione. È evidente che stai cercando di comprendere te stessa, i tuoi sentimenti e le dinamiche che ti fanno stare male. Questo è un passo enorme, che non tutte le persone riescono a fare. Ti invito a non colpevolizzarti per ciò che stai vivendo, perché queste emozioni non sono frutto di "debolezza" o di "difetti", ma di un bagaglio emotivo e relazionale che merita di essere esplorato con cura.
Quello che descrivi sembra effettivamente legato a un attaccamento ansioso, una modalità relazionale che si sviluppa spesso nell'infanzia, in risposta a esperienze di insicurezza o instabilità nel rapporto con le figure di riferimento, come ad esempio i genitori. Tu stessa hai riconosciuto che questa dinamica si è manifestata inizialmente con tua madre, e che oggi tende a ripetersi nella relazione con il tuo partner. È come se il bisogno di sicurezza, amore e conferma del tuo valore fosse diventato centrale, al punto da farti sentire vulnerabile e dipendente.
Hai fatto un passo coraggioso scrivendo e mettendo in parole ciò che senti: questo è già un primo gesto verso il cambiamento. Ma c'è un altro passo fondamentale da compiere, ed è quello di raccontare tutto questo a una persona che sappia guidarti con competenza e delicatezza.
La sofferenza che stai vivendo merita di essere accolta e ascoltata, perché nessuno dovrebbe affrontare da solo un peso emotivo così grande.
Raccontare la propria storia a uno psicoterapeuta non è solo un modo per alleggerire il cuore. È un modo per dare voce alle parti più profonde di te stessa, quelle che forse non hai mai avuto l'opportunità di esplorare o comprendere pienamente. Attraverso la condivisione, il dolore e la confusione che oggi ti sembrano un groviglio senza soluzione possono iniziare a prendere una forma più chiara, più gestibile.
Ti invito a considerare un colloquio con uno psicoterapeuta come un dono che fai a te stessa. Può sembrarti un salto nel vuoto, ma è un salto verso la possibilità di stare meglio, di sentirti più forte, più indipendente, e più serena nelle tue relazioni.
Non c’è niente di più importante che prenderti cura di te. E ricorda: il tuo dolore è comprensibile, le tue emozioni sono valide, e la tua guarigione è possibile.
Un abbraccio grande.
Dott. Stefano Recchia
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Roma
Gentile utente grazie per la sua condivisione. Dalle sue parole emerge ed arriva molto forte il malessere che sta vivendo.
Il suo sentirsi eccessivamente "legata" al suo ragazzo la rende insicura e le fa temere che questo possa rovinare tutto. Lui si dimostra, però, comprensivo e cerca di rassicurarla quando la vede in ansia. Allo stesso tempo dice che lei, nonostante le crei sofferenza, cerca di adottare comportamenti tali da non "soffocare" il suo partner e di lasciargli i suoi spazi. Nei comportamenti quindi, entrambi, cercate di tutelarvi a vicenda e così facendo tutelate anche il vostro rapporto.
Sono i suoi pensieri che "viaggiano" che la fanno star male ma sono, appunto, pensieri intrusivi che non hanno riscontro con la realtà.
Il suo problema è "risolvibile" ed un percorso psicologico con un professionista può aiutarla. La può aiutare a stare sul "momento presente", la può aiutare ad allentare e gestire i pensieri intrusivi e a gestire le sue relazioni affettive in maniera più funzionale. Non c'è niente che non va in lei e riuscirà a trovare le giuste strategie per gestire al meglio le sue relazioni.
Spero di esserle stato d'aiuto. Resto a disposizione. Un caro saluto. Dott. Stefano Recchia
Gent.ma utente,
il suo lungo e accorato messaggio è la testimonianza di una preziosa presa di consapevolezza sul suo modo poco funzionale di vivere la sua storia sentimentale. Questa consapevolezza di malessere, insicurezza, dipendenza affettiva e gelosia contrasta con le emozioni positive che le suscita questo ragazzo, con l'amore che prova per lui e, presumo, con un desiderio di progettualità con lui.
Si rende conta perfettamente di non poter continuare a vivere la sua relazione in questo modo. Può però agire per migliorare la situazione: credo che un supporto psicologico le darebbe strumenti preziosi per gestire al meglio la sua ansia affettiva e le preoccupazioni che l'affliggono continuamente. In particolare, con un intervento psicologico mirato, saprebbe distinguere tra pensieri intrusivi e catastrofici (suggeriti dall'ansia) e pensieri utili ad accrescere la stima di sé stessa e a costruire la sua indipendenza affettiva.
E' fondamentale che lei impari a stare bene da sola! L'autostima non consiste nel sentirsi belle e ammirate, ma è qualcosa di molto più autentico che riguarda le cose in cui crediamo, i valori che scegliamo di seguire, le potenzialità che ci consentono di essere persone degne ed efficienti, capaci di contribuire alla comunità. Inoltre, dovrà prendere coscienza di cosa le provoca più facilmente emozioni positive, al di là della sfera sentimentale: parlo di interessi, attività, fonti di ispirazione, obiettivi di studio o di carriera. Trovare un proprio posto nel mondo e un equilibrio psicologico è un presupposto indispensabile per vivere al meglio le relazioni significative della nostra vita.
Credo che possa parlare con il suo partner di queste difficoltà che avverte e sicuramente lui la potrebbe appoggiare nella decisione di chiedere un aiuto da parte di un professionista. E' anche nel suo interesse che lei sia primariamente felice con sé stessa, prima ancora che nella vostra relazione.
Il primo passo, cioè scrivere la sua presa di consapevolezza, l'ha compiuto. Ora deve farne uno ulteriore, per uscire da questa sofferenza psicologica che la sta condizionando fortemente nel godersi la sua storia d'amore, nel relazionarsi con le altre persone, nell'ambito dello studio, eccetera.
Se lo desidera sono a disposizione per spiegarle in cosa potrebbe consistere un percorso psicologico adatto alle sue esigenze. Può contattarmi anche per una consulenza online.
Le auguro il meglio, Dott. Antonio Cortese
Dott. Giovanni Paolo Mangano
Psicologo, Psicologo clinico
Misterbianco
Gentilissima,
Non dev'essere assolutamente facile sperimentare questo genere si sensazione.
Mi ha molto colpito la sua frase "non saper gestire il vuoto e l’angoscia che provo non appena mi devo fisicamente distaccare da lui", e mi sono chiesto: "quale accezione dà alla parola vuoto?" Sarebbe interessante approfondire il significato che lei attribuisce a questa parola.
Il latino ci fornisce una parola che condivide la stessa radice di vuoto: "Vacare", ovvero essere inoccupato, libero.
Come darle torto? Essere liberi è una grande angoscia, proprio come i marinai che in mare aperto non vedono nessuna terra, nessun faro, ma solo mare, mare e ancora mare. Si può dire di loro che siano liberi ma senza essere esentati dal provare angoscia da tale liberta.
Esattamente come loro, ciò che ci permetterebbe di trovare sollievo è un argine, un isolotto, una pietra in mezzo a questo mare di angoscia.
Si permetta di lavorare su ciò che vuol dire, per lei, essere liberi. Potrebbe scoprire che, come diceva Seneca "nessuno è più schiavo di colui che si crede libero".
Si conceda di trovare un compromesso tra la liberta e l'angoscia. Se lo merita.
Saluti.
Dott.ssa Laura Messina
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno, grazie per aver condiviso con sincerità il suo vissuto, che immagino non sia facile da esprimere. Ciò che descrive sembra indicare una forma di dipendenza affettiva, un fenomeno legato a dinamiche di attaccamento che possono affondare le radici nell’infanzia e manifestarsi con una costante ricerca di rassicurazione e paura dell’abbandono.
Il fatto che riconosca questi schemi di comportamento e il loro impatto sulla sua vita è un passo fondamentale verso il cambiamento. La somiglianza tra il rapporto con sua madre durante l’infanzia e la relazione attuale con il suo ragazzo potrebbe indicare uno stile di attaccamento ansioso, che la porta a vivere la separazione come un’esperienza altamente angosciante, anche quando razionalmente sa che si tratta di situazioni temporanee.
La sofferenza che descrive potrebbe essere correlata a una percezione inconscia di insicurezza emotiva, che la spinge a cercare nell’altro una costante conferma del suo valore. Nonostante la consapevolezza di essere una persona valida, sia fisicamente che nelle relazioni, questo malessere potrebbe derivare da bisogni emotivi insoddisfatti o dalla difficoltà a sviluppare una completa autonomia affettiva.
È importante sapere che è possibile lavorare su questi aspetti. Un percorso con uno psicoterapeuta potrebbe aiutarla a comprendere le radici di queste dinamiche, esplorando le esperienze del passato che potrebbero averle influenzate. Potrà coltivare una maggiore autonomia emotiva, imparando a tollerare il distacco e a trovare soddisfazione in attività e relazioni indipendenti dal suo partner. Inoltre, potrebbe riconoscere i suoi bisogni emotivi e sviluppare strategie più funzionali per soddisfarli, senza far gravare tutto sulla relazione di coppia.
La invito a rivolgersi a un professionista che potrà fornirle strumenti concreti per raggiungere un equilibrio e vivere la sua relazione con maggiore serenità, senza perdere di vista sé stessa. Le auguro di trovare la serenità e l’autonomia che desidera. Un caro saluto.
Dott.ssa Marta Melleri
Psicologo, Psicologo clinico
Crema
Buongiorno,

grazie per aver condiviso la sua situazione. Ciò che prova potrebbe dipendere da diversi fattori pertanto, per poterle fornire indicazioni precise e fornirle anche le strategie per poter affrontare al meglio la situazione, potrebbe usufruire di una consulenza psicologica. Mi rendo disponibile per la consulenza, se vuole può prendere un appuntamento dal mio profilo. Grazie.
Dott.ssa Alessia D'Angelo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Milano
Gentile utente, grazie per aver raccontato con così tanta attenzione e dettaglio cosa sente e prova. Sicuramente questo è un momento molto delicato, e la sua fatica forse arriva da molto più lontano ma oggi inizia ad essere un peso per lei. Indagare da dove si origina questa paura così profonda credo possa essere importante. Il suo partener le sta mostrando la possibilità di poter amare profondamente e sinceramente una persona senza dover per forza chiudersi e ritirarsi nella relazione. Riflettere su dove inizia lei e dove inizia la sua relazione credo sia importante. Lei prima di essere partner è una persona, una giovane donne che esiste prima della relazione. In una coppia 1+1=3 (ci siete voi come coppia, poi c'è lei e il suo partner) Non siete una cosa sola ma tre unita fatte di un "noi", "io" e "tu". Rimettersi al centro ricordandosi chi si è o scoprendo chi si è senza l'altro di riferimento è importante. Cosa pensa di sè quando l'altro a cui tiene non c'è? Chi è lei da sola? Come si descrive senza l'altro? Cosa le permette davvero di fare o on fare il suo partner quando c'è o non c'è? Valuti la possibilità di prendersi cura di sè in un percorso psicologico. Rimango a sua disposizione Cordialmente Dott.ssa Alessia D'Angelo
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buonasera, prima di tutto, voglio dirle che il fatto che lei stia cercando di comprendere e affrontare questa difficoltà è un passo molto importante. Ammettere di sentirsi intrappolati in un comportamento che non ci rende sereni non è mai facile, ma il semplice fatto che lei stia cercando di parlarne e di riflettere su se stessa è un segno di grande consapevolezza. Capisco perfettamente quanto possa essere doloroso sentirsi così dipendenti da una relazione per sentirsi completi e, allo stesso tempo, vivere la paura che qualcosa possa rovinare tutto. Quello che descrive sembra un attaccamento ansioso, che è una dinamica relazionale che può generare una grande sofferenza emotiva, come nel suo caso. La paura dell’abbandono, la necessità di continuo rassicuramento e la difficoltà a tollerare la separazione, anche quando è temporanea, sono tutti segnali che ci indicano che le sue emozioni sono fortemente influenzate da un bisogno di conferme costanti dal suo partner. L’attaccamento ansioso, come quello che lei descrive, può avere radici in esperienze passate che non hanno permesso di sviluppare una fiducia solida in sé stessi e nelle proprie relazioni. Quando si è vissuti con una certa insicurezza nell’infanzia, a volte questo schema si ripropone anche nelle relazioni adulte. Il fatto che lei parli di esperienze passate, come le difficoltà con sua madre, potrebbe suggerire che ci siano state delle esperienze formative in cui la separazione emotiva o fisica è stata vissuta come un trauma, e che questo schema emotivo ha influenzato il suo modo di vivere le relazioni anche da adulta. Quello che descrive non è qualcosa che la definisce come "difettosa", ma piuttosto un pattern emotivo che può essere modificato e migliorato. La sua consapevolezza di vivere questa difficoltà è il primo passo per affrontarla in modo costruttivo. La terapia cognitivo-comportamentale potrebbe essere particolarmente utile in questo caso, in quanto aiuta a esplorare i pensieri automatici che alimentano l’ansia e la paura di abbandono e a modificarli in modo da aumentare la fiducia in sé e nella relazione. Con l’aiuto di un professionista, lei potrà imparare a gestire le emozioni in modo più equilibrato, e a trovare una serenità interiore che non dipenda solo dalla presenza del suo partner. È importante ricordare che, pur amando profondamente il suo partner, l’amore sano non implica una fusione totale, ma la possibilità di essere due persone indipendenti che si scelgono quotidianamente. Il fatto che lei desideri migliorare se stessa, anche per non far soffrire il suo ragazzo con le sue paranoie, è un segno di grande maturità e responsabilità emotiva. Non c'è niente di "sbagliato" nel cercare di crescere e di diventare più consapevoli dei propri bisogni emotivi. Il percorso verso il cambiamento potrebbe sembrare difficile e a tratti frustrante, ma è assolutamente possibile. Ogni passo che compie per comprendere meglio se stessa e i suoi schemi emotivi la aiuterà a sviluppare una maggiore indipendenza emotiva e a vivere la sua relazione in modo più equilibrato, senza dipendere dall'altro per sentirsi amata o per trovare valore in sé stessa. Le consiglio di considerare l’opportunità di rivolgersi a un professionista per un percorso terapeutico che possa supportarla nel comprendere queste dinamiche e nel lavorare su di esse. Non è mai troppo tardi per iniziare, e la cosa più importante è che lei stia già cercando di migliorare per sé stessa, non solo per la relazione. Spero che queste parole possano darle un po’ di serenità e la fiducia necessaria per affrontare questo cammino. Se desidera parlarne ulteriormente, sono qui per ascoltarla e aiutarla. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Francesca Romana Casinghini
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
buonasera, credo che soffra di una dipendenza affettiva che le azzera completamente la sua personalità e i suoi interessi quotidiani. questo tipo di dinamica la svuota e le porta solo delle insicurezze affettive che non colmerà mai se non effettuando un percorso psicologico serio che le possa far conoscere il suo passato che non conosce e che l'ha fatta soffrire molto. Consideri che la dipendenza affetiva è un disagio serio e che se lo può portare per lungo tempo dentro di se e onestamente non vale la pena soffrire se esistono metodologie per vivere una relazione sana
Dott.ssa Maria Francesca Russo
Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
buonasera, credo che sia sempre utile chiedere una consulenza con un professionista, soprattutto quando le situazioni sono cosi complesse come la sua , a volte un professionista aiuta a guardare la propria vita con uno sguardo diverso, più distaccato e obiettivo e riesce a mettere in luce delle zone di ombra che causano soifferenza.
resto a disposizione se chiede una consulenza
Dott.ssa Michela Lazzaro
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Ciao, grazie per la tua condivisione. Leggo nelle tue parole già una forte auto-analisi e consapevolezza di quello che provi. Come hai specificato, probabilmente uno dei motivi per i quali non riesci ad essere sicura nella relazione col tuo attuale fidanzato potrebbe essere il tipo di attaccamento instaurato con le figure genitoriali. Ripensando a posteriori al rapporto con tua madre (considerato che hai preso lei come esempio nel tuo racconto) ti vengono in mente degli episodi in cui hai potuto sperimentare sensazioni di perdita?
Non credo sia legato a problemi di autostima, perchè come hai bene esplicitato non sembra che tu abbia una bassa stima di te stessa. Questi sentimenti/pensieri che provi sembrerebbero essere legati più a paure di perdita e di abbandono.
Nella tua storia personale, ti vengono in mente altre situazioni in cui senti il bisogno di dover il controllo o in cui vieni assalita dai dubbi?
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Cara Utente,

grazie per aver condiviso con tanta sincerità e profondità i tuoi pensieri e le tue emozioni. Da quello che racconti, emerge una sofferenza autentica che sembra legata a un forte bisogno di rassicurazione ea una difficoltà nel tollerare il distacco emotivo e fisico dalle persone a cui tieni profondamente.

Questa dinamica, che tu stessa hai descritto come uno "stile di attacco ansioso", può effettivamente influire sulla tua relazione, nonostante la bellezza e la solidità del legame che hai costruito con il tuo partner. È molto positivo che tu abbia identificato alcune possibili radici di questo disagio, come il rapporto intenso che da bambina hai con tua madre, e che tu riesca a riflettere con tanta consapevolezza sulle tue emozioni e comportamenti.

Le difficoltà che vivi, tra cui il vuoto e l'angoscia nel distacco, la paura del tradimento, e l'interpretazione negativa di piccoli segnali, possono essere ricondotte a dinamiche di dipendenza affettiva o di insicurezza relazionale. Questo tipo di vissuto, però, non definisce chi sei, e soprattutto è possibile lavorarci per trovare un maggiore equilibrio, serenità e indipendenza emotiva.

Il fatto che tu desideri cambiare, che tu riconosca le tue difficoltà e che tu abbia individuato comportamenti che non vorresti più perpetuare è già un primo e importantissimo passo verso il miglioramento. Tuttavia, affrontare queste dinamiche può richiedere un supporto esterno e professionale.

Ti consiglieri di rivolgerti a uno/a psicoterapeuta che possa aiutarti ad esplorare le cause profonde del tuo malessere ea lavorare sulla costruzione di una maggiore autonomia emotiva e di un equilibrio nelle relazioni. Attraverso un percorso terapeutico, potresti anche sviluppare strategie per affrontare l'ansia e il disagio legato al distacco, migliorando così la qualità della tua vita e delle tue relazioni.

Non sei sola in questo, e non c'è nulla di cui vergognarsi. Chiedere aiuto è un atto di grande forza e amore verso se stessi.

Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dott.ssa Giuditta Sposito
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Brusciano
Buongiorno, indubbiamente non deve essere facile per lei questa situazione, forse ancora più adesso che ne coglie l'ingiustizia e la mancanza di motivazione.
Forse avrà già fatto un percorso psicologico o forse si è informata su internet perchè è come se avesse fatto un'auto analisi di quelle che potrebbero essere le cause, anche lontane nel tempo, che hanno rafforzato questo aspetto nelle relazioni.
Molte delle persone che scrivono qui non vogliono sentirsi dire che devono intraprendere una terapia, scrivono perchè vorrebbero una pronta soluzione, ma la verità è che non c'è una pillola per queste cose...e l'unico rimedio è un percorso di guarigione mirato e cucito sulla persona, ad opera di uno specialista.
Sicuramente il suo è un problema che con questo intervento può risolvere se vuole.
Al di là dell'aspetto economico , che oggettivamente può essere un problema per alcuni, oramai le terapie sono previste tranquillamente online e le tecniche davvero tante.
Le suggerisco un supporto psicologico, vedrà che si sentirà come rinata e sarà meraviglioso il viaggio dentro se stessa alla scoperta della sua indipendenza ed identità.
Dott.ssa Aurora Quaranta
Psicologo, Psicologo clinico
Vimodrone
Grazie per aver condiviso una parte così intima e profonda della tua vita. Hai descritto con grande chiarezza e consapevolezza quello che stai vivendo, il che è già un grande passo verso la comprensione e la risoluzione del problema. Quello che racconti sembra effettivamente riflettere una dipendenza affettiva, probabilmente legata a uno stile di attaccamento ansioso, che si è formato nelle relazioni primarie (ad esempio, con tua madre) e si riflette oggi nella tua relazione di coppia.

Analizziamo alcuni aspetti importanti:
1. Dipendenza affettiva e bisogno di conferme
La dipendenza affettiva si manifesta quando si cerca nell'altra persona la propria sicurezza emotiva, vedendola come un "ancora" per il proprio valore e la propria serenità. È un meccanismo che spesso nasce da un bisogno profondo di sentirsi amati e accettati, che potrebbe derivare da esperienze infantili in cui non hai avuto una sicurezza emotiva costante. Questo si collega al tuo racconto dell'angoscia provata da piccola quando ti separavi da tua madre: questo stesso schema sembra ripetersi oggi con il tuo ragazzo.

2. Paura dell'abbandono e pensieri negativi
L'angoscia che provi quando lui non è con te, o la paura che lui possa lasciarti, è tipica dello stile di attaccamento ansioso. È come se la tua mente andasse automaticamente verso lo scenario peggiore, anche se sai razionalmente che non ci sono motivi concreti per temere un abbandono. Questo ti porta a vivere costantemente in uno stato di allarme emotivo, che si traduce in pensieri ossessivi e un senso di vuoto.

3. La relazione con te stessa
Anche se dici di avere autostima sul piano fisico, il modo in cui parli delle tue emozioni suggerisce che potresti avere difficoltà a sentirti pienamente soddisfatta di te stessa come persona. La dipendenza dal tuo partner potrebbe essere un segnale che, al di là dell'aspetto esteriore, senti un vuoto interno che cerchi di riempire attraverso la relazione. Questo è normale e umano, ma può diventare un ostacolo quando impedisce di goderti la tua vita indipendentemente dalla presenza di qualcun altro.

4. Il ruolo del tuo ragazzo
Dal tuo racconto, sembra che il tuo ragazzo sia una persona rispettosa e amorevole, che cerca di rassicurarti e aiutarti. Tuttavia, è importante capire che nessuno, nemmeno il partner migliore, può risolvere un disagio emotivo che parte da te stessa. Questo è un lavoro che puoi fare solo tu, magari con il supporto di un terapeuta.

Perché ti senti così?
Questi sentimenti potrebbero derivare da:

Un attaccamento insicuro durante l'infanzia: Se durante i primi anni di vita hai avuto esperienze in cui la figura di riferimento (ad esempio tua madre) era percepita come "non sempre disponibile", potresti aver sviluppato una paura inconscia di perdere le persone importanti per te.
Una ricerca di stabilità emotiva esterna: Quando non trovi piena sicurezza dentro di te, è naturale cercarla fuori, in una relazione, in modo da sentire che "va tutto bene".
Abitudini mentali e pensieri ossessivi: Più pensi al tuo ragazzo come unica fonte di felicità, più alimenti questa dipendenza, creando un circolo vizioso difficile da spezzare.
Come puoi lavorare su di te?
1. Accetta e normalizza i tuoi sentimenti
La prima cosa è non colpevolizzarti o vergognarti. Quello che provi non è strano né sbagliato: è un segnale del tuo sistema emotivo che ti sta chiedendo di lavorare su alcuni aspetti di te stessa. La consapevolezza che hai già dimostrato è il primo passo fondamentale per cambiare.

2. Coltiva la tua indipendenza emotiva
Inizia a costruire una vita appagante anche senza la costante presenza del tuo ragazzo. Ad esempio:

Dedica del tempo a hobby o passioni che ti facciano sentire realizzata.
Cerca di trascorrere tempo di qualità con amici e familiari, senza il pensiero fisso su di lui.
Poniti piccoli obiettivi personali e goditi i risultati che ottieni.
3. Affronta il vuoto interiore
Quando sei sola e senti quel vuoto insopportabile, prova a fermarti e chiederti: "Di cosa ho davvero bisogno in questo momento?". Spesso, il vuoto non è il bisogno del partner, ma il bisogno di dare valore a te stessa.

4. Lavora sui tuoi pensieri ossessivi
Quando ti accorgi di entrare in una spirale di pensieri negativi (es. "E se mi tradisse?"), prova a fermarti e mettere in discussione quei pensieri:

C'è una prova concreta per cui dovrei pensare questo?
Quali sono le altre possibili spiegazioni (più realistiche) per il suo comportamento?
5. Rivolgiti a un professionista
Un percorso con uno psicologo potrebbe aiutarti a lavorare sulle radici di questa insicurezza, ad esempio esplorando il legame con tua madre o altre esperienze che hanno contribuito a formare questo stile di attaccamento. Potresti anche imparare tecniche pratiche per gestire l'ansia e i pensieri ossessivi.

6. Rinforza la tua identità personale
Ricorda: tu non sei "la fidanzata di...", ma una persona unica con sogni, talenti e qualità. Cerca di investire energia nel riscoprire chi sei al di là della relazione, perché il tuo valore non dipende da nessun altro.


Quello che stai vivendo è risolvibile, ma richiede impegno e un lavoro profondo su te stessa. La dipendenza affettiva è una dinamica che molte persone attraversano, e con il giusto supporto puoi uscirne più forte e serena. Il tuo ragazzo sembra essere una persona che tiene a te, ma è fondamentale che anche tu impari a stare bene con te stessa, così da vivere la relazione in modo più equilibrato e appagante.

Se hai bisogno di ulteriori suggerimenti o semplicemente vuoi continuare a parlarne, sono qui per te.
Non deve vergognarsene, è assolutamente accettabile avere alcune difficoltà o debolezze. Dalla sua sembra poter contare su delle importanti consapevolezze, ha ben chiara la natura della sua problematica. Lavorare sull'autostima può a mio avviso essere una chiave, concentrarsi sul valore che si attribuisce come persona in quanto tale e provare a raggiungere un equilibrio e un benessere indipendentemente dalla persona che ha accanto.
Cara, il tuo vissuto racconta una grande intensità emotiva e il desiderio di proteggere un amore che per te ha un valore enorme. Questo può portarti a concentrare tutta l’energia sul tuo partner, trascurando altri aspetti importanti della tua vita e del tuo benessere personale. Il fatto che tu voglia stare meglio, vivere le tue giornate con più serenità e leggerezza, è già un passo fondamentale verso il cambiamento. Insieme possiamo lavorare per aiutarti a trovare quell’equilibrio tra l’amore per il tuo partner e l’amore per te stessa, imparando a valorizzare anche i momenti in cui siete distanti. La riflessione che ti lascio è questa: cosa accadrebbe se iniziassi a scoprire nuove parti di te, risorse che magari non hai ancora esplorato? Questo potrebbe essere l’inizio di una nuova consapevolezza.
Dott.ssa Grazia Schioppo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Napoli
Buonasera e grazie per aver condiviso dei pensieri così profondi ma soprattutto intimi.
Inizio con il dirle che non è sicuramente facile sopportare queste pressioni e soprattutto non è facile gestirle ma...è davvero bello da parte sua che ne abbia piena consapevolezza e che voglia risolvere per stare meglio.
Quella della consapevolezza è sicuramente una marcia in più, se va più a fondo nella sua sofferenza ci sarà sicuramente un meccanismo bloccato in un ciclo che l'ha resa la persona che è oggi, con pensieri, convinzioni e credenze che ha oggi.
Tuttavia, iniziare un percorso con uno specialista al fine di sentirsi non solo supportata ma anche in qualche modo compresa e che le dia gli strumenti giusti affinché possa fronteggiare o quantomeno, imparare a gestire questi pensieri sicuramente le può far bene.
Le auguro al più presto di trovare la serenità che merita!
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott.ssa Cristina Borghetti
Psicologo, Psicologo clinico
Modena
Il tuo racconto potrebbe evidenziare una dipendenza affettiva che affonda le radici in uno stile di attaccamento ansioso, probabilmente formatosi durante l'infanzia. Il bisogno ossessivo dell'altro per sentirti completa è un segnale di fragilità emotiva, non di carenza d'amore. Il primo passo è riconoscere che il vuoto che provi quando sei sola non è causato dal tuo ragazzo, ma da una difficoltà a trovare un equilibrio interno. Ti consiglio di iniziare un percorso psicologico, che ti aiuti a lavorare su questi schemi relazionali e a ritrovare autonomia e serenità.

Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento.







Dott. Giacomo Cresta
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
La ringrazio per aver condiviso una parte così intima e complessa della sua esperienza. Non è facile raccontare queste emozioni, e il fatto che abbia trovato il coraggio di farlo è un primo passo importante. Quello che descrive è un insieme di sentimenti e comportamenti che possono essere compresi alla luce della teoria dell’attaccamento e delle dinamiche relazionali.
Da ciò che racconta, emerge un legame molto intenso con il suo ragazzo, che sembra rispondere a un bisogno profondo di sicurezza e vicinanza emotiva che si manifesta nella paura del distacco, nel bisogno costante di rassicurazione e nella difficoltà di trovare un equilibrio tra autonomia e vicinanza. È interessante il parallelismo che ha individuato con il rapporto con sua madre: il senso di angoscia e dipendenza emotiva che provava da bambina potrebbe aver influenzato il modo in cui vive le relazioni oggi.

Per rispetto verso queste importanti tematiche, sarebbe meglio approfondire i dettagli di questo funzionamento in un ambiente protetto e a esso esclusivamente dedicato. Cordialmente,
Dott. Giacomo Cresta
Dott. Gianluigi Torre
Psicologo clinico, Psicologo
Terracina
Gentile.
Mi sono preso più di qualche minuto per leggere attentamente il suo racconto e sono rimasto colpito dalla consapevolezza con cui racconta il suo vissuto con questo ragazzo nonchè di quelle che percepisce come sue problematiche.
Sembrerebbe aver centrato il problema e questo potrebbe essere una grande spinta verso un percorso psicologico.
L'equilibrio si trova conoscendo quello che è il proprio vissuto e quelle che sono le proprie emozioni.
Non so che vissuto abbia lei e perchè sia arrivata a questa situazione, ma credo che approfondendo con un professionista potrà serenamente risolvere il problema.

Saluti
Dott.ssa Ilenia Colasuonno
Psicologo, Psicologo clinico
Cerveteri
Grazie per aver condiviso così tanto di te, con una profondità e una consapevolezza che colpiscono. Quello che descrivi è un dolore reale, che si muove sotto la superficie dell’amore, una tensione che ti tiene sempre in bilico tra il desiderio di sentirti amata e la paura devastante di perdere tutto. È uno stato in cui l’amore, invece di essere un luogo in cui ricaricarti, diventa un pensiero costante, a volte persino opprimente.

Quello che stai vivendo ha un nome, e non sei affatto sola: si chiama dipendenza affettiva, e nasce proprio da una ferita antica, che spesso ha a che fare con le prime relazioni della nostra vita, in particolare con la figura di accudimento. Tu l’hai intuito con lucidità: c’è un filo che collega la bambina che aveva attacchi di panico per il distacco dalla madre alla ragazza che oggi soffre ogni volta che si allontana dal proprio partner. È lo stesso dolore, la stessa sensazione: “se non c’è, io non valgo, io non esisto”.

Non è un capriccio, non è una debolezza, è una strategia che hai imparato per sopravvivere emotivamente. Quando da piccoli non sentiamo abbastanza sicurezza affettiva, impariamo a fondere la nostra identità con l’altro, perché ci sembra l’unico modo per sentirci al sicuro. Ma crescere in quel tipo di attaccamento porta a vivere l’amore con un’ansia continua: ogni distanza fa paura, ogni cambiamento diventa minaccia.

Il punto non è che tu non abbia autostima in senso assoluto. Puoi piacerti, puoi sentirti apprezzata, puoi anche avere una parte di te forte e capace. Ma l’autostima relazionale — quella che ti fa sentire degna d’amore anche se l’altro non è lì accanto in ogni momento — quella può essere fragile. E questo non si cura solo “pensando positivo” o sforzandosi di essere più razionali: si cura prendendosi cura di quella parte bambina che ancora oggi ha paura di essere lasciata sola.

Quello che descrivi è molto più comune di quanto immagini, ma richiede un percorso vero. La tua consapevolezza è già un primo passo immenso. È già un atto d’amore verso te stessa.

E sì, la buona notizia è che si può guarire. Puoi imparare a distinguere i tuoi bisogni da quelli dell’altro. Puoi trovare quella calma interiore che oggi ti manca quando non sei con lui. Puoi tornare a godere della tua vita, dei tuoi interessi, dei tuoi spazi, senza sentirti in colpa o in pericolo.

E puoi farlo senza rinunciare all’amore. Anzi, proprio guarendo queste ferite potrai vivere il tuo amore in modo più pieno, più libero, più autentico.

Hai fatto bene a scrivere tutto questo, perché non c’è niente di cui vergognarsi. Solo da qui si può cominciare davvero.

Se vuoi, posso aiutarti a costruire un primo passo concreto, come qualche esercizio per iniziare a spezzare questa fusione, oppure aiutarti a trovare uno spazio terapeutico sicuro per lavorarci in profondità. Dimmi tu cosa senti di aver bisogno adesso.
Dott.ssa Gaia Evangelisti
Psicologo, Psicologo clinico
Genzano di Roma
Salve, la ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità una parte così delicata e dolorosa della sua vita emotiva.
La profondità e la lucidità con cui descrive ciò che prova indicano una grande capacità di introspezione e soprattutto: quello che sta vivendo è comprensibile, frequente e curabile. Non c’è nulla di “sbagliato” in lei; c’è semplicemente un sistema emotivo che ha imparato, molto presto, a funzionare in un certo modo.

Di seguito cercherò di offrirle alcuni spunti di riflessione partendo da quanto ha scritto lei.
Il quadro che emerge riguarda uno stile di attaccamento ansioso. Lei stessa lo intuisce: “Credo di avere uno stile di attaccamento ansioso”.
Si tratta di un’ipotesi molto fondata.
Uno stile di attaccamento ansioso porta la persona a:
- temere inconsciamente l’abbandono;
- essere molto sensibile ai cambiamenti dell’altro;
- sperimentare forte ansia durante i distacchi;
- cercare nella presenza del partner una fonte primaria di stabilità emotiva;
- faticare a trovare piacere o serenità quando è sola.

Ogni punto da lei raccontato corrisponde perfettamente a questo modello.

Questo non dipende dalla qualità della relazione (che, anzi, sembra buona e sana), ma da schemi emotivi profondi nati molto presto nella sua storia personale.

2. Autostima esterna è diversa dalla sicurezza interna
Lei afferma di piacersi, di ricevere attenzioni, di essere considerata attraente e di avere una buona immagine di sé.
Tutto vero. Tuttavia l’autostima “esterna” non coincide necessariamente con quella “profonda”.
È possibile avere:
- un buon senso di autovalutazione estetica o sociale,
ma contemporaneamente
- una fragilità nella percezione interna di essere al sicuro, degna, amata “a prescindere”.

È quest’ultima forma di sicurezza che tende a mancare nelle persone con attaccamento ansioso.

3. Le sue reazioni ai distacchi non sono immotivate. Lei racconta esperienze molto forti dell’infanzia:
- angoscia nel separarsi da sua madre,
- crisi e attacchi di panico,
- sintomi fisici come il vomito.

Questi vissuti rappresentano un segnale chiaro: il suo sistema emotivo ha appreso fin da piccola che la separazione dalle figure importanti equivaleva a perdere protezione e stabilità.
Quando un bambino vive queste emozioni intense, non “se ne libera” semplicemente crescendo.
Da adulta lei può aver trasferito lo stesso schema sul suo attuale partner, che oggi ha il ruolo di figura primaria di sicurezza.

Da qui:
- il vuoto quando torna a casa;
- l’angoscia dopo una giornata insieme;
- la difficoltà a godersi momenti con amiche o famiglia;
- la paura del tradimento o dell’allontanamento.

Non è “ossessione”.
È un meccanismo appreso che oggi si attiva automaticamente.

4. Il ciclo emotivo che la intrappola. Il funzionamento che descrive ha una struttura molto chiara e riconoscerla è già un passo fondamentale:

1. Quando è con il partner, si sente calma e protetta.
2. Quando si allontanate, si attiva un allarme interno (vuoto → ansia → pensieri negativi).
3. L’unico modo rapido per far svanire l’allarme è la vicinanza al partner.
4. Questo sollievo immediato rafforza la convinzione: “solo lui mi fa stare bene”.
5. E così ogni nuovo distacco diventa più difficile del precedente.

È un circolo che nessuno può rompere da solo senza strumenti.

Una buona notizia: questo tipo di sofferenza è trattabile e migliorabile. Contrariamente a quanto può sembrare, ciò che lei vive migliora moltissimo con un adeguato percorso terapeutico.
6. Il Suo partner è un fattore protettivo prezioso.
Lei descrive un uomo:
- affettuoso,
- stabile,
- rispettoso,
- capace di darle sostegno,
- e disposto ad ascoltarla.

Questo è un elemento che la aiuterà enormemente.
Non tutte le persone con attaccamento ansioso hanno la fortuna di trovarsi con un partner emotivamente regolato e disponibile.
Il suo contributo è quindi già un pilastro su cui costruire un miglioramento reale.

Se vuole esplorare i passi concreti che può iniziare a fare, mi trova disponibile.

Un caro saluto.

Dott.ssa Gaia Evangelisti, Psicologa.

Stai ancora cercando una risposta? Poni un'altra domanda

  • La tua domanda sarà pubblicata in modo anonimo.
  • Poni una domanda chiara, di argomento sanitario e sii conciso/a.
  • La domanda sarà rivolta a tutti gli specialisti presenti su questo sito, non a un dottore in particolare.
  • Questo servizio non sostituisce le cure mediche professionali fornite durante una visita specialistica. Se hai un problema o un'urgenza, recati dal tuo medico curante o in un Pronto Soccorso.
  • Non sono ammesse domande relative a casi dettagliati, richieste di una seconda opinione o suggerimenti in merito all'assunzione di farmaci e al loro dosaggio
  • Per ragioni mediche, non verranno pubblicate informazioni su quantità o dosi consigliate di medicinali.

Il testo è troppo corto. Deve contenere almeno __LIMIT__ caratteri.


Scegli il tipo di specialista a cui rivolgerti
Lo utilizzeremo per avvertirti della risposta. Non sarà pubblicato online.
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.