La mia psicologa si arrabbia perchè io non affronto le mie paure (sono seguita anche da uno psichiat
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La mia psicologa si arrabbia perchè io non affronto le mie paure (sono seguita anche da uno psichiatra), il punto è che sto troppo male ogni volta che le affronto, non posso e non voglio pensare che sia meglio morire piuttosto che stare male in quel modo.
Sono anni che faccio psicoterapia e se c'è una cosa che ho capito e mi hanno fatto capire è che io non voglio cambiare.
Come faccio a vivere una vita tra la voglia di voler morire e la voglia di rimanere nella mia comfort zone?
Sono borderline, soffro d'ansia e depressione.
Ho 29 anni.
Faccio psicoterapia dal 2016, psicodinamica (durata 4 anni), sistemico relazionale, della gestalt (1 anno), quella di adesso cognitivo comportamentale (da 1 anno).
Non cambia niente, è tutto inutile. Ho scritto la mia storia racchiusa in 14 pagine perchè ogni volta era troppo doloroso raccontarmi da capo.
Non so più a chi chiedere aiuto e inizio a sentire una strana sensazione...mi sento di recare disturbo con i miei problemi persino ai professionisti che mi hanno in cura. Nessuno ha davvero voglia di ascoltarmi e leggermi.
Sono anni che faccio psicoterapia e se c'è una cosa che ho capito e mi hanno fatto capire è che io non voglio cambiare.
Come faccio a vivere una vita tra la voglia di voler morire e la voglia di rimanere nella mia comfort zone?
Sono borderline, soffro d'ansia e depressione.
Ho 29 anni.
Faccio psicoterapia dal 2016, psicodinamica (durata 4 anni), sistemico relazionale, della gestalt (1 anno), quella di adesso cognitivo comportamentale (da 1 anno).
Non cambia niente, è tutto inutile. Ho scritto la mia storia racchiusa in 14 pagine perchè ogni volta era troppo doloroso raccontarmi da capo.
Non so più a chi chiedere aiuto e inizio a sentire una strana sensazione...mi sento di recare disturbo con i miei problemi persino ai professionisti che mi hanno in cura. Nessuno ha davvero voglia di ascoltarmi e leggermi.
Gentile utente,
la invito a proseguire con fiducia il percorso che ha già intrapreso, affrontando passo dopo passo le sue difficoltà insieme alla sua dottoressa di riferimento. Ogni limite rappresenta un'opportunità di crescita e di maggiore consapevolezza, soprattutto quando affrontato con il supporto di una guida esperta e con il coraggio di mettersi in gioco.
Resto a disposizione qualora avesse bisogno di ulteriori chiarimenti.
Cordialmente
Dottor Mauro Vargiu
la invito a proseguire con fiducia il percorso che ha già intrapreso, affrontando passo dopo passo le sue difficoltà insieme alla sua dottoressa di riferimento. Ogni limite rappresenta un'opportunità di crescita e di maggiore consapevolezza, soprattutto quando affrontato con il supporto di una guida esperta e con il coraggio di mettersi in gioco.
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Dottor Mauro Vargiu
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Salve, quello che può fare è continuare il suo percorso terapeutico, la cognitivo comportamentale come terapia per il suo caso è ottimale. Se la sua terapeuta si "arrabbia" cè perchè le interessa aiutarla e vederla stare meglio. Provi a volersi bene.
Cordialmente, la dott.ssa Sara Englaro
Cordialmente, la dott.ssa Sara Englaro
Gentile utente, il suo senso di rassegnazione mi sembra palpabile. Posso solo immaginare ciò che sente. Lei descrive la sua terapeuta arrabbiata nei suoi confronti, come mai la vede così? Lei crede di dar fastidio ai suoi curanti, in che modo farebbe questo? Forse ciò che vive in relazione ai suoi curanti potrebbe essere un punto da cui partire nella sua terapia. Cordialmente Dott.ssa Alessia D'Angelo
Salve,
Comprendo quanto possa essere difficile portare avanti un percorso terapeutico quando sembra di non vedere progressi. È importante condividere questi pensieri con la sua terapeuta: parlarle della sensazione di non essere ascoltata o della paura di disturbare potrebbe aprire nuove possibilità di lavoro insieme. La sua storia scritta potrebbe essere un utile strumento per aiutarla a esprimersi senza dover rivivere il dolore ogni volta.
Non esiti a discutere con i professionisti che la seguono di come affrontare le sue paure in modo graduale, rispettando i suoi tempi, senza sentirsi sopraffatta. Nessuna terapia è "inutile": il fatto che sia ancora qui a cercare risposte è già un grande atto di resistenza.
Un caro saluto,
Marco Di Campli, psicologo psicoterapeuta
Comprendo quanto possa essere difficile portare avanti un percorso terapeutico quando sembra di non vedere progressi. È importante condividere questi pensieri con la sua terapeuta: parlarle della sensazione di non essere ascoltata o della paura di disturbare potrebbe aprire nuove possibilità di lavoro insieme. La sua storia scritta potrebbe essere un utile strumento per aiutarla a esprimersi senza dover rivivere il dolore ogni volta.
Non esiti a discutere con i professionisti che la seguono di come affrontare le sue paure in modo graduale, rispettando i suoi tempi, senza sentirsi sopraffatta. Nessuna terapia è "inutile": il fatto che sia ancora qui a cercare risposte è già un grande atto di resistenza.
Un caro saluto,
Marco Di Campli, psicologo psicoterapeuta
Buongiorno e grazie per aver condiviso qui la sua sofferenza.
Capisco la frustrazione che sente dopo 8 anni di terapia senza un cambiamento significativo per lei. Le faccio una domanda: perché non si è ancora arresa alla psicoterapia se dice che ha capito che non vuole cambiare? Mi viene da pensare ci sia una piccola parte in lei che ancora la spinge a lottare per stare meglio! Una parte piccola ma forte se ancora non le permette di arrendersi!
La sua storia è fondamentale ma per affrontare il proprio passato (traumi) in terapia prima è necessario recuperare un livello accettabile di serenità e sicurezza nel presente, e solo dopo tornare alla sua storia, al suo passato, in tutta siurezza.
Spero riesca a trovare questa "precaria stabilità" nel presente per poter lavorare poi nel profondo.
Cordiali saluti
Dr Emilio Selvini
Capisco la frustrazione che sente dopo 8 anni di terapia senza un cambiamento significativo per lei. Le faccio una domanda: perché non si è ancora arresa alla psicoterapia se dice che ha capito che non vuole cambiare? Mi viene da pensare ci sia una piccola parte in lei che ancora la spinge a lottare per stare meglio! Una parte piccola ma forte se ancora non le permette di arrendersi!
La sua storia è fondamentale ma per affrontare il proprio passato (traumi) in terapia prima è necessario recuperare un livello accettabile di serenità e sicurezza nel presente, e solo dopo tornare alla sua storia, al suo passato, in tutta siurezza.
Spero riesca a trovare questa "precaria stabilità" nel presente per poter lavorare poi nel profondo.
Cordiali saluti
Dr Emilio Selvini
Lei ha scritto la sua storia e l'ha consegnata a quelle 14 pagine. Non sa più a chi chiedere aiuto. Teme che nessuno voglia davvero ascoltarla o leggerla. In fondo cosa è che sta affermando con queste frasi? sta descrivendo il meccanismo della delega. Lei delega alla terapia funzioni che dovrebbero essere sue. La psicoterapia è solo in minima parta una Caritas dove chi non ha cibo trova un pasto caldo. Per lo più è una scuola di vela, una scuola di nuoto o di arrampicata o quello che vuole. Lei ha fatto terapia ma non cambia, nulla cambia, ha paura ad affrontare il cambiamento. Lei chiede alla terapia di frapporsi tra lei e il dolore, ma non è così che funziona. Girare tutti i terapeuti del mondo non le servirà a nulla. Possiamo anche riesumare Freud se vuole. Lei deve entrare nella sua storia, deve attivare le risorse che possiede per camminare con le proprie gambe. Lei cerca in ogni terapia, suppongo, una protezione, un nido. Anche se il nido lo trova ovviamente non risolve nulla. E' come se lei fosse ferma a una qualche età del della sua infanzia, quando giustamente aspettava protezione e cura dai suoi genitori. Ma lei oggi è una donna. La sua lettera è intrisa di rabbia, ma di rabbia soffocata, repressa che si torce contro di lei. E' quella l'energia che le serve ma animata verso l'esterno. E lasci da parte le definizioni, le diagnosi ma incarni la sua storia. Che è sua e unica per quanto dolorosa.
La tua sofferenza traspare chiaramente da ciò che scrivi, e voglio dirti che è importante riconoscere il peso emotivo che stai portando. La tua lotta è valida, e non sei solo/a in questo percorso, anche se può sembrare così.
Quando affrontare le paure sembra insostenibile, è comprensibile che tu possa sentirti bloccato/a, come se ogni tentativo di cambiamento fosse troppo doloroso. È un tema molto complesso, soprattutto in presenza di diagnosi come il disturbo borderline, ansia e depressione, che possono amplificare queste sensazioni di impotenza e difficoltà.
L'approccio cognitivo-comportamentale, su cui stai lavorando ora, può essere particolarmente utile per spezzare questi schemi di pensiero e comportamento, ma richiede tempo e un adattamento graduale. Anche tecniche come l'EMDR o la Mindfulness potrebbero essere strumenti da integrare nel tuo percorso terapeutico, soprattutto per lavorare su traumi e vissuti dolorosi che possono rendere difficile il cambiamento.
Non è raro sentirsi come se si stessi "disturbando" gli altri, ma è importante ricordare che i professionisti che ti seguono sono lì proprio per supportarti. Parlare apertamente con loro di questa sensazione potrebbe aiutarti a trovare una nuova prospettiva ea ricalibrare il lavoro terapeutico.
Per affrontare queste difficoltà così complesse, ti invito a non smettere di cercare un punto di contatto con te stesso/ae con i tuoi terapeuti. Sarebbe utile e consigliato approfondire tutto questo rivolgendosi a uno specialista che possa lavorare con te su un pianoforte integrato, considerando sia gli aspetti emotivi che quelli comportamentali.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Quando affrontare le paure sembra insostenibile, è comprensibile che tu possa sentirti bloccato/a, come se ogni tentativo di cambiamento fosse troppo doloroso. È un tema molto complesso, soprattutto in presenza di diagnosi come il disturbo borderline, ansia e depressione, che possono amplificare queste sensazioni di impotenza e difficoltà.
L'approccio cognitivo-comportamentale, su cui stai lavorando ora, può essere particolarmente utile per spezzare questi schemi di pensiero e comportamento, ma richiede tempo e un adattamento graduale. Anche tecniche come l'EMDR o la Mindfulness potrebbero essere strumenti da integrare nel tuo percorso terapeutico, soprattutto per lavorare su traumi e vissuti dolorosi che possono rendere difficile il cambiamento.
Non è raro sentirsi come se si stessi "disturbando" gli altri, ma è importante ricordare che i professionisti che ti seguono sono lì proprio per supportarti. Parlare apertamente con loro di questa sensazione potrebbe aiutarti a trovare una nuova prospettiva ea ricalibrare il lavoro terapeutico.
Per affrontare queste difficoltà così complesse, ti invito a non smettere di cercare un punto di contatto con te stesso/ae con i tuoi terapeuti. Sarebbe utile e consigliato approfondire tutto questo rivolgendosi a uno specialista che possa lavorare con te su un pianoforte integrato, considerando sia gli aspetti emotivi che quelli comportamentali.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buongiorno, se come dice ha la consapevolezza di non voler cambiare non c'è terapia che tenga. Bisognerebbe al massimo aprire un percorso che si focalizzi unicamente sulle resistenze al cambiamento prima di decidere se proseguire con una terapia.
Gentile utente innanzitutto grazie per aver esposto il suo stato d'animo a noi professionisti immagino la frustrazione da lei provata e il dolore che sente nel raccontare la sua storia. Non credo sia una questione di annoiare noi professionisti ne di poca voglia di affrontare il dolore penso forse non è ancora pronta a farlo? il percorso di psicoterapia è un percorso di conoscenza e implica la sofferenza e vivere la sofferenza per poi poterla superare credo che bisogna immergersi e viversi questo dolore e lo emozioni negative che esso porta. Le risposte sono dentro di lei e forse non è ancora pronta a farsi leggere veramente e a leggersi lei stessa a fondo. Le consiglio di darsi del tempo il tempo per essere pronta a farlo. Un forte abbraccio e un caro in bocca al lupo. Dott.ssa Valeria Sicari
Gentile Amica,
il disturbo borderline di personalità è una condizione difficile da vivere e da comunicare: capisco bene come può sentirsi.
Non è facile dare indicazioni o consigli, ma vedo che è seguita e questo è un bene!
Abbia fiducia, nessun disagio psicologico è un festino.
con i migliori auguri,
dr. Ventura
il disturbo borderline di personalità è una condizione difficile da vivere e da comunicare: capisco bene come può sentirsi.
Non è facile dare indicazioni o consigli, ma vedo che è seguita e questo è un bene!
Abbia fiducia, nessun disagio psicologico è un festino.
con i migliori auguri,
dr. Ventura
Buona sera utente anonimo, parla di ansia, depressione e sindromi borderline, la questione del cambiamento è delicata, le paure vanno si superate, ma con molta gradualità. D'altra parte, se non metti in atto delle azioni concrete, è inutile fare terapia. Ovviamente i farmaci rendono anche più difficile valutare l'entità delle tue ansie e anche della capacità di superarle dato che inevitabilmente diventano una delle variabili, dalla potenza sconosciuta. Pare però identificarsi molto con le diagnosi e i mancati fallimenti, e credo che questa diventi una specie di soglia invalicabile. Cosa succederebbe se tutte queste ansie e paure e sindrome borderline sparissero? Avrei piacere che mi scrivesse e che ne parlassimo di persona.
Buongiorno, i suoi dubbi sono legittimi. Una psicoterapia è consigliata perché, se da una parte "guarisce" gli stati d'animo che non la fanno stare bene, dall'altro "educa" alla consapevolezza e alla conoscenza di sé. La conseguenza di questa "educazione" è che poi lei è in grado di fronteggiare tutto ciò che la vita ci riserva quotidianamente, in modo adeguato.
Se non trova riscontro con lo psicoterapeuta che sta frequentando o dovesse frequentare, conviene cambiare. Ognuno ha un suo metodo di lavoro e non è detto che quel metodo vada bene per lei.
A disposizione per qualsiasi chiarimento, la saluto cordialmente.
dr.ssa Elena Santomartino, psicologa psicoterapeuta
Se non trova riscontro con lo psicoterapeuta che sta frequentando o dovesse frequentare, conviene cambiare. Ognuno ha un suo metodo di lavoro e non è detto che quel metodo vada bene per lei.
A disposizione per qualsiasi chiarimento, la saluto cordialmente.
dr.ssa Elena Santomartino, psicologa psicoterapeuta
Buonasera,
Mi sento di, innanzitutto, empatizzare con la difficile situazione che sta sicuramente vivendo.
A volte, accade di chiudersi in una sorta di "stanza del dolore", proprio perché, come dice lei, pare una sorta di "comfort zone" rispetto ad esperienze dolorose/ di sofferenza, ancora molto difficili da affrontare.
In casi come questi, talvolta, è necessario accettare, all'interno di un percorso di terapia, l'impossibilità di intaccare ogni aspetto psicopatologico, così come l'incapacità di sondare ogni esperienza dolorosa del paziente. Per questo, potrebbe essere che, in casi come questi, il percorso terapeutico possa porsi obiettivi più limitati, almeno all'inizio, quindi, propositi che possano servire a raggiungere, anche se solo parzialmente, uno stato di maggiore benessere emotivo, seppur ancora transitorio e non costante.
Intrinseco a questo tipo di processo terapeutico, vi è la necessità di portare avanti la costante motivazione di condurre il processo terapeutico per sé stessi in primis, evitando di assecondare, tramite esso, le aspettative delle persone intorno a noi.
Sperando di esserle stata d'aiuto,
Dott.ssa Elisa Folliero.
Mi sento di, innanzitutto, empatizzare con la difficile situazione che sta sicuramente vivendo.
A volte, accade di chiudersi in una sorta di "stanza del dolore", proprio perché, come dice lei, pare una sorta di "comfort zone" rispetto ad esperienze dolorose/ di sofferenza, ancora molto difficili da affrontare.
In casi come questi, talvolta, è necessario accettare, all'interno di un percorso di terapia, l'impossibilità di intaccare ogni aspetto psicopatologico, così come l'incapacità di sondare ogni esperienza dolorosa del paziente. Per questo, potrebbe essere che, in casi come questi, il percorso terapeutico possa porsi obiettivi più limitati, almeno all'inizio, quindi, propositi che possano servire a raggiungere, anche se solo parzialmente, uno stato di maggiore benessere emotivo, seppur ancora transitorio e non costante.
Intrinseco a questo tipo di processo terapeutico, vi è la necessità di portare avanti la costante motivazione di condurre il processo terapeutico per sé stessi in primis, evitando di assecondare, tramite esso, le aspettative delle persone intorno a noi.
Sperando di esserle stata d'aiuto,
Dott.ssa Elisa Folliero.
Salve,
comprendo perfettamente la sua situazione ed allo stesso tempo anche quella degli psicoterapeuti a cui si è rivolta e si rivolge.
Talvolta, se non sempre, il terapeuta a cui si rivolge ha il bisogno di stabilire un obiettivo che in genere è orientato al benessere. Se non ho capito male, lei ha solo bisogno di essere ascoltata e ciò è sacrosanto. A questo punto trovo che sia fondamentale comunicare con il terapeuta anche al fine di evitare una sorta di accanimento terapeutico e poter quindi procedere in modo armonico.
comprendo perfettamente la sua situazione ed allo stesso tempo anche quella degli psicoterapeuti a cui si è rivolta e si rivolge.
Talvolta, se non sempre, il terapeuta a cui si rivolge ha il bisogno di stabilire un obiettivo che in genere è orientato al benessere. Se non ho capito male, lei ha solo bisogno di essere ascoltata e ciò è sacrosanto. A questo punto trovo che sia fondamentale comunicare con il terapeuta anche al fine di evitare una sorta di accanimento terapeutico e poter quindi procedere in modo armonico.
La vita è fatta di rischio, tutti noi rischiamo pure quando mettiamo un piede davanti all’altro con il rischio di perdere l’equilibrio e cadere, ma lo facciamo perché ci permette di raggiungere i nostri desideri e i nostri obiettivi.
Per prenderci dei rischi quindi bisogna avere qualcosa di più importante da raggiungere, se lei potesse immaginare di liberarsi dei suoi problemi che farebbe? dove andrebbe? Che sogni perseguirebbe? Sono più interessanti delle sue paure?
Solo così potrà decidere se assumersi il rischio della sua vita, se vale la pena.
Se non ne vale la pena, rimanga com’è, rimanga con le sue difficoltà, ma sapendo che è una sua scelta, non c’è niente di male, anzi è più comprensibile che accettare la fatica della vita se deve farlo senza dargli un senso
Per prenderci dei rischi quindi bisogna avere qualcosa di più importante da raggiungere, se lei potesse immaginare di liberarsi dei suoi problemi che farebbe? dove andrebbe? Che sogni perseguirebbe? Sono più interessanti delle sue paure?
Solo così potrà decidere se assumersi il rischio della sua vita, se vale la pena.
Se non ne vale la pena, rimanga com’è, rimanga con le sue difficoltà, ma sapendo che è una sua scelta, non c’è niente di male, anzi è più comprensibile che accettare la fatica della vita se deve farlo senza dargli un senso
Vorrei riflettere con te a partire da alcune cose che tu scrivi." Ho capito e mi hanno fatto capire che non voglio cambiare".Se fosse proprio così, il discorso sarebbe chiuso.Se hai deciso che non vuoi cambiare, non c'è psicoterapeuta al mondo che possa farti cambiare idea.Ma evidentemente non è proprio così, visto che non ti sei rassegnata dopo la prima psicoterapia, ma hai proseguito a cercare.Vuol dire che una parte di te è, giustamente,convinta che un cambiamento è possibile. Non so quali siano le tue paure che per il momento non te la senti di affrontare, ma saranno comunque paure di un essere umano,che quindi si possono conoscere e asffrontare insieme. Sottolineo la parola insieme: dove non si riesce da soli, si può riuscire in due.Il terapeuta è proprio il "due" che in certi casi ci è necessario.Ultima cosa: prendi sul serio la tua sofferenza, è quella che ti ha portato a ricorrere a un terapeuta, è quella che ancora oggi ti può convincere che non fai bene a barricarti nella fortezza del "non voglio cambiare".
Salve,
il cambiamento di diversi specialisti lascia intendere che qualcosa sia andato storto. Mi chiedevo ad esempio se avesse affiancato alla psicoterapia un adeguato trattamento farmacologico. Qualora non lo avesse già fatto, consulti uno psichiatra, alle volte l' eccessivo malessere mette in discussione anche l' evolvere di un percorso terapeutico.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
il cambiamento di diversi specialisti lascia intendere che qualcosa sia andato storto. Mi chiedevo ad esempio se avesse affiancato alla psicoterapia un adeguato trattamento farmacologico. Qualora non lo avesse già fatto, consulti uno psichiatra, alle volte l' eccessivo malessere mette in discussione anche l' evolvere di un percorso terapeutico.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Buonasera, mi dispiace leggere tanto sconforto ma credo che sia importante scardinare la sensazione di disvalore che la accompagna e che le fa pensare che sia un peso addirittura per i professionisti. Potrebbe provare con l'emdr, all'interno di un percorso con un professionista che sappia accoglierla e sorreggerla in modo adeguato. Non demorda, c'è una strada per tutti e a volte capita di dover fare piccoli passi, pochi per volta. Alla fine la luce c'è e si può raggiungere.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Mi dispiace che tu stia attraversando un momento difficile, con il dolore tra la voglia di cambiare e la paura di affrontare le tue difficoltà. Nonostante anni di psicoterapia e diverse modalità terapeutiche, ti senti bloccata e senza miglioramenti, il che può essere frustrante. La sensazione di non essere ascoltata o compresa dai professionisti è dolorosa, ma è importante parlarne apertamente con loro. Potresti considerare di cercare un altro terapeuta se senti che il supporto attuale non è adeguato. La sofferenza che provi non ti rende un peso, e continuare a cercare aiuto è fondamentale. A volte il cambiamento richiede tempo, ma il fatto che tu stia cercando di affrontare il tuo dolore è già un passo significativo.
Gentile utente,
posso solo immaginare quanto sia faticoso portare avanti questo percorso da così tanto tempo senza vedere i cambiamenti che sperava. È comprensibile sentirsi scoraggiata, soprattutto quando il dolore sembra non trovare sollievo e la sensazione di non essere compresa si fa sempre più forte. Voglio però dirle che il suo vissuto non è un disturbo e che il suo dolore merita ascolto e attenzione, sempre.
La sofferenza che descrive, la sensazione di essere bloccata tra il desiderio di restare nella sua zona di sicurezza e la paura di affrontare il dolore, è qualcosa che molte persone con esperienze simili alla sua provano. Questo non significa che il suo percorso sia stato inutile o che lei non voglia davvero cambiare. Il cambiamento, soprattutto quando si affrontano temi così profondi, non è lineare, e a volte il senso di impotenza arriva proprio quando si è più vicini a un passaggio importante.
Se sente di non essere ascoltata come vorrebbe dai professionisti che la seguono, potrebbe essere utile esprimere loro queste emozioni. Far sapere loro che si sente un peso, che sente rabbia e delusione per i risultati mancati, può aiutarli a capire meglio cosa sta provando in questo momento e a modulare il percorso sulle sue reali necessità. Lei non è sola e non è sbagliata nel sentire tutto questo.
Mi chiedo: c’è stato un momento, anche piccolo, in cui ha sentito che la terapia le ha dato qualcosa di utile? Anche solo un istante in cui ha percepito una connessione, una piccola luce in questo buio? A volte, ripartire da quei momenti può essere un primo passo per ritrovare un senso nel percorso.
Un caro saluto.
posso solo immaginare quanto sia faticoso portare avanti questo percorso da così tanto tempo senza vedere i cambiamenti che sperava. È comprensibile sentirsi scoraggiata, soprattutto quando il dolore sembra non trovare sollievo e la sensazione di non essere compresa si fa sempre più forte. Voglio però dirle che il suo vissuto non è un disturbo e che il suo dolore merita ascolto e attenzione, sempre.
La sofferenza che descrive, la sensazione di essere bloccata tra il desiderio di restare nella sua zona di sicurezza e la paura di affrontare il dolore, è qualcosa che molte persone con esperienze simili alla sua provano. Questo non significa che il suo percorso sia stato inutile o che lei non voglia davvero cambiare. Il cambiamento, soprattutto quando si affrontano temi così profondi, non è lineare, e a volte il senso di impotenza arriva proprio quando si è più vicini a un passaggio importante.
Se sente di non essere ascoltata come vorrebbe dai professionisti che la seguono, potrebbe essere utile esprimere loro queste emozioni. Far sapere loro che si sente un peso, che sente rabbia e delusione per i risultati mancati, può aiutarli a capire meglio cosa sta provando in questo momento e a modulare il percorso sulle sue reali necessità. Lei non è sola e non è sbagliata nel sentire tutto questo.
Mi chiedo: c’è stato un momento, anche piccolo, in cui ha sentito che la terapia le ha dato qualcosa di utile? Anche solo un istante in cui ha percepito una connessione, una piccola luce in questo buio? A volte, ripartire da quei momenti può essere un primo passo per ritrovare un senso nel percorso.
Un caro saluto.
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