Cosa ne pensate o conoscete comunità sia di lavoro che psicoterapia dove si lavora su se stessi sull

17 risposte
Cosa ne pensate o conoscete comunità sia di lavoro che psicoterapia dove si lavora su se stessi sulle proprie paure? Io mi sento scissa a me non basta una volta a settimana psicoterapia. Io ho dei bruschi cali di umore riesco a capire che dipendono da dei pensieri che faccio di me che devo essere quella che non sono per essere apprezzata ma questo a lungo andare mi inaridisce e io mi difendo e mi arrabbio sono nervosa con me. Ik vi giuro a volte rischio di impazzire. Ho spiegato alla mia psicologa ma mi dice che è come se io stessi in un tunnel nero questo lo sapevo anche io. Vorrei capire che meccanismi ho di morte che io assecondo e per quale motivo. La psicoterapeuta mi chiede da quando tu hai avuto queste sensazioni? Io capisco che non è facile per voi psicoterapeuti capire cose così aggrovigliate, vi stimo che sentite tutti i problemi degli altri ma davvero a volte si sta proprio male. Se non lo capite voi chi può? Io poi ho momenti che i pensieri si rasserenano. Il mio cervello ha qualcosa che non va. Forse ho proprio bisogno di psicoanalisi ma quanto può durare?? A me tutto questo mio stare male provoca sentimenti di tristezza di me che non sarò felice ecc... lasciamo stare tanto è inutile scrivere
Dott.ssa Barbara Montagnini
Psicoterapeuta, Psicologo
Treviso
Dalle sue parole si sente quanto stia soffrendo e quanto desiderio abbia di comprendere meglio se stessa. A volte il percorso individuale può non bastare, e può essere utile affiancare esperienze di gruppo o altri contesti di crescita personale. Non c’è nulla di “sbagliato” in lei: sta cercando di dare senso a ciò che vive, e questo è già un passo importante nel suo cammino. ne parli con la sua terapeuta che saprà consigliere nella sua zona un centro che fa psicoterapia di gruppo o co-terapie. Assume farmaci?

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Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Ciao — grazie per aver raccontato con tanta sincerità quello che stai vivendo. Ti rispondo in modo chiaro e pratico, cercando di coprire le opzioni che possono aiutare quando la psicoterapia settimanale non sembra sufficiente.


Validazione: quello che descrivi — cali d’umore bruschi, pensieri autocritici che ti esauriscono, rabbia verso te stessa e la sensazione di “tunnel” — sono esperienze reali e molto sofferte. Non significa che “hai qualcosa che non va” nel cervello in senso definitivo: spesso sono risposte a schemi di pensiero e comportamenti interiorizzati (autocritica, perfezionismo, evitamento, autosabotaggio) che mantengono la sofferenza nel tempo.


Perché la terapia una volta a settimana a volte non basta: alcune difficoltà richiedono un lavoro più intenso o integrato — perché sono radicate da tanto tempo, o perché creano pattern che si ripetono nella vita quotidiana. Anche i momenti in cui ti senti meglio sono importanti: mostrano che il cambiamento è possibile.


Tipologie di intervento che potresti considerare




Intensificare la terapia individuale (due sedute/settimana per un periodo).


Psicoterapia di gruppo o gruppi di skills (es. gruppi basati su DBT per regolare emozioni, o gruppi di terapia cognitivo-comportamentale): utili per praticare abilità e ricevere feedback in un contesto sicuro.


Programmi “day hospital” o trattamento intensivo ambulatoriale: alternano terapia individuale, gruppo e attività psicoeducative senza ricovero.


Terapia psicodinamica/psicoanalisi: più esplorativa e spesso a lungo termine — può servire se senti il bisogno di lavorare profondamente sulle origini dei tuoi schemi, ma la durata è variabile (mesi-anni).


Valutazione psichiatrica: se i cali d’umore sono molto intensi o interferiscono con la sicurezza, un farmaco temporaneo può stabilizzare l’umore mentre fai psicoterapia.


Tecniche utili subito: diario dell’umore e dei pensieri, pratiche di mindfulness, esercizi di auto-compassione, regolazione emotiva (respirazione, grounding).




“Meccanismi di morte” / autosabotaggio: spesso si tratta di schemi inconsci (paura del rifiuto → mettersi in ruoli che non ci appartengono → esaurimento → rabbia e ritiro). Capirli richiede esplorazione ma si può anche intervenire contemporaneamente con tecniche pratiche per interrompere il circuito.


Se ti senti in pericolo: se mai temi di farti del male o di non riuscire a gestirti, contatta immediatamente i servizi di emergenza, il tuo terapeuta o una linea di aiuto locale. Questo è fondamentale.


Per concludere: ci sono varie comunità e percorsi (gruppi di terapia, programmi diurno, terapie intensificate o psicodinamiche) che lavorano proprio su paure, schemi e autoregolazione. Ti consiglio di approfondire la strada più adatta con uno specialista, valutando insieme gravità, risorse e preferenze.
Con stima,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dott.ssa Lina Isardi
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Firenze
Non si può pensare di aver bisogno tutti i giorni dello psicoterapeuta. Lo psicoterapeuta deve lavorare insieme al paziente per arrivare a farlo star bene camminando con le proprie gambe. Il paziente non deve essere dipendente dal proprio terapeuta, proprio perchè deve entrare in un fase di crescita personale. Oltre alla psicoterapia ci sono anche tecniche che insegnano a non entrare nel vortice distruttivo dei pensieri. Forse è bene lavorare anche sulla propria insicurezza e paura di essere inadeguata.... Un saluto cordiale. Dott. Lina Isardi
Dott.ssa Maria Assunta Macrì
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Catania
Capisco che in questo momento ti senti molto presa, quasi strappata da due parti di te: una che cerca di mantenere un’immagine per essere apprezzata e un’altra che non ne può più di quel “dover essere”. Permettimi di risponderti nella posizione che hai chiesto quella della psicoanalista, ma con la cura necessaria quando qualcuno riferisce un dolore così acuto.In termini analitici lacaniani, ciò che descrivi non è un difetto del tuo cervello.
La scissione, la divisione del soggetto, è costitutiva.
Non è un errore: è il modo in cui il soggetto esiste, preso tra ciò che desidera e ciò che crede di dover essere per l’Altro.
Quando dici “devo essere quella che non sono per essere apprezzata”, stai parlando dei significanti che ti abitano, quelli che ti precedono, familiari, sociali ,e che ti fanno credere che tu debba rispondere a una certa immagine. Quel “dover essere” è il punto dove spesso nasce la sofferenza. Tu non stai semplicemente descrivendo tristezza ma una oscillazione: momenti in cui il pensiero stringe, si fa cupo, e poi momenti di rasserenamento. Questa alternanza merita attenzione professionale più ravvicinata.
Ma permettimi un punto analitico: non è l’umore in sé a essere il problema, ma il pensiero che lo accompagna, il significante che ti prende.
Dire “il mio cervello ha qualcosa che non va” è già un interpretare verso un deficit biologico. Nella prospettiva analitica, diremmo piuttosto: “c’è un significante che insiste, che ritorna, e ti fa cadere sempre nello stesso punto”. Quando parli di “meccanismi di morte”, mi sembra che tu stia nominando qualcosa che ti spaventa molto.
Nella teoria lacaniana non è un impulso letteralmente di morte, ma la spinta verso la ripetizione, anche quando ti ferisce. È il modo in cui il tuo inconscio ripete per cercare un senso.Ma,ed è importante, se senti pensieri che riguardano far del male a te stessa, o un rischio di perdere il contatto con la realtà, non è solo materia analitica: è un segnale che devi essere aiutata subito e con continuità.
L’analista non “capisce” nel senso comune del termine. Non interpreta la tua vita dall’esterno. L’analisi lavora perché tu possa ascoltare ciò che già parla in te, quel punto che ora appare confuso, aggrovigliato.
Ma quando qualcuno dice “a volte rischio di impazzire”, il primo dovere clinico è garantirti sicurezza e sostegno immediato.
Dott. Nicolò Paluzzi Monti
Psicologo, Sessuologo, Psicoterapeuta
Firenze
Quando descrivi questa sensazione di “scissione” e di calo dell’umore legato a pensieri che ti chiedono di essere diversa da ciò che senti autentico, stai già toccando un punto molto importante della tua costruzione del Sé. In ottica costruttivista intersoggettiva, ciò che chiami “tunnel nero” non è un difetto del cervello, ma un pattern di significati personali che si è sviluppato nel tempo per proteggerti, anche se oggi ti fa soffrire.

La tua rabbia, il nervosismo, quel sentirti “inapprezzata se non ti adatti”, non parlano di un “meccanismo di morte”, ma di un vecchio modo di stare al mondo che cerca disperatamente un modo nuovo di esistere. È una dinamica di autoregolazione emotiva che merita uno spazio più ampio della sola seduta settimanale. Ed è comprensibile che tu senta il bisogno di un contenitore più intenso: gruppi terapeutici, comunità di crescita o percorsi più frequenti possono sostenere questo lavoro di ristrutturazione narrativa.

Il fatto che tu abbia momenti in cui “la mente si rasseren­-a” indica che il tuo sistema non è rotto: sta provando a riorganizzarsi. La vera domanda potrebbe essere: “Cosa succede dentro di me quando passo dal buio alla chiarezza?” È lì che spesso si trova il nucleo del proprio processo di cambiamento.

E sì, la psicoanalisi o un percorso più immersivo possono aiutare, ma non è tanto questione di durata quanto di trovare uno spazio relazionale in cui tu non debba sentirti capita “al volo”, ma attraverso una presenza costante e condivisa.

Il fatto che tu scriva “lasciamo stare tanto è inutile” è già un segnale prezioso: una parte di te crede che nessuno possa vedere davvero questo dolore. Ed è proprio quella parte che in terapia può finalmente avere un posto sicuro.
Non serve impazzire per capirsi: serve essere accompagnati.
Dott.ssa Lorella Nardone
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Da qualunque lato si guardi il suo grido disperato emerge che l'attenzione è rivolta a sè stessa, in una lotta furibonda con qualcosa che sta apparentemente dentro di lei ma che non sa da cosa dipenda... 'forse' non lo sa. E' così impegnata a resistere e combattere che non si ascolta e magari non si legge neanche. Provi a cambiare tattica, non resista, si lasci attraversare da ansia, paura, rabbia e rivolga lo sguardo altrove. Guardare oltre ci fa capire che c'è altro da noi stessi e che ci riflette come uno specchio. Provi a fare del volontariato e vedrà che occuparsi degli altri in realtà è come aver cura di sè, perchè siamo tutti connessi.
Dott.ssa Sabrina Ulivi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Neuropsicologo
Pistoia
Ciò che descrive indica un sistema emotivo molto sensibile e molto stanco. La sensazione di essere “scissa”, i bruschi cali d’umore, la rabbia verso sé stessa e l’idea di dover essere diversa per essere accettata non nascono da un difetto personale, ma da meccanismi di protezione che ha costruito negli anni e che oggi le pesano. Lei non è rotta: è affaticata.
Capisco anche la frustrazione di sentirsi dire cose che già sa, come il “tunnel nero”. Quando si vive un dolore così intenso, si cerca qualcuno che non solo lo ascolti, ma lo legga, lo tenga in mano con lei. E quando ciò non accade, si può provare solitudine, perfino vergogna. Ma quello che prova è più comprensibile di quanto pensi.
Molte persone con la sua sensibilità non trovano sollievo con una sola seduta settimanale; non perché la terapia non funzioni, ma perché il loro sistema emotivo ha bisogno di un lavoro più ravvicinato e profondo, che includa non solo la parola, ma anche la regolazione del corpo, dell’allerta, della fatica interna. Non è un limite: è una caratteristica.
Quando parla dei suoi “meccanismi di morte”, sembra esprimere un bisogno disperato di smettere di soffrire così, di spegnere il conflitto interno. E' un segnale di esaurimento emotivo. È importante che lei lo riconosca, perché questo, in clinica, è qualcosa che si può trattare e trasformare.
Il fatto che lei arrivi a momenti di serenità prova che il suo sistema non è collassato, ma che oscilla: e questo significa che può ritrovare equilibrio con un percorso adeguato. Non c’è nulla di irreversibile in ciò che mi descrive.
Lei non sta impazzendo. Sta chiedendo aiuto, e lo sta facendo nel modo giusto: con lucidità e coraggio, anche attraverso la sua sofferenza.
Dott.ssa Valeria Randisi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Casalecchio di Reno
Buonasera, provi con un percorso Emdr.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Buongiorno,

visto il suo profondo malessere valuti insieme con la collega di poter affiancare alla psicoterapia un adeguato trattamento farmacologico. La sinergia delle due cose molte spesso produce risultati migliori.

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Lei parla di paure, cali di umore, scissioni, inadeguatezze: tutti sentimenti/sintomi che le provocano sofferenza, malessere, blocco evolutivo. Vuole dalla psicologa un’aiuto nell’immediato nel recuperare una maggiore serenità. Innanzitutto il sintomo è una comunicazione che qualcosa non va, non è in armonia con il suo Io. E’ attraverso un processo di psicoterapia che si può arrivare a conoscere il significato e se perdura la funzionalità del suo malessere. La psicoterapia è un lavoro che si fa assieme psicologa e paziente, come una danza. E’ dimostrato che solo l’insight non è sufficiente, non aiuta al cambiamento, come avere un’atteggiamento di totale affidamento e di passività o di volere risposte nell’immediato. Il processo psicoterapico porta risultati se la persona che soffre è impegnata, lavora con la psicologa ( lei sa, quali sono i vissuti che la bloccano ). La psicologa riesce se è pronta o matura ad accogliere questi contenuti da cui si difende e non riesce a sostenere.
Gentile paziente anonima
Da terapeuta le consiglio di parlare con la sua Terapeuta degli stati d'animo che la attraversano
Preferibile aumentare almeno a due sedute a settimana per sentirsi più contenuta
Solo se si affida può trovare giovamento dal percorso che sta già facendo.. Nel ns lavoro la relazione con tutte le difficoltà che puo comportare ha un ruolo fondamentale
In bocca al lupo
Dott.ssaLorenzini Maria santa psicoterapeuta
Dott.ssa Paola di Tota
Psicoterapeuta, Psicologo
Brescia
non è inutile scrivere o parlare, perché tenersi tutto dentro amplifica il disagio. Certo bisogna capire se ci sono dei pensieri positivi e cercare di svilupparli, coltivarli. Mi piace pensare alla mente come un giardino, di cui bisogna prendersi cura e cercare di abbellirlo per creare un habitat piacevole, quando si è in compagnia, ma soprattutto quando si è soli. Aiuta molto anche la lettura, sviluppa pensieri divergenti e creativi se si scelgono buoni libri.
Dott.ssa Nunzia D'Anna
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
E’ davvero difficile entrare nel merito di una situazione così delicata senza conoscere lei e la sua storia, però da quello che racconta io penserei anche ad un consulto psichiatrico. Se la sofferenza è troppo forte, infatti, la psicoterapia fa fatica ad attecchire. In questi casi un piccolo supporto farmacologico può essere davvero salvifico. In alternativa, sì, esistono delle comunità psichiatriche. Dovrebbe cercare nella sua zona e capire se è la soluzione più giusta per lei. Ma io sentirei prima uno psichiatra.
Dott. Salvatore Augello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Salve, come mai pensa sia inutile scrivere? Penso stia vivendo un momento di grande difficoltà. Le consiglio vivamente di approfondire il suo vissuto con l'attuale terapeuta.
Saprà aiutarla.
Cordiali saluti.
Gentile signora, sicuramente non è inutile scrivere. Dalla storia che racconta sembra che lei senta il bisogno di vivere una vita più autentica. E' molto probabile che la vita che conduce non soddisfi i suoi bisogni e che ci sia una parte di lei che sente il bisogno di mostrarsi per quella che è. Io le suggerirei di iniziare un percorso psicoterapico abbinato possibilmente ad una cura farmacologica, se ritenuto opportuno dal suo medico. Scrivere un diario la aiuterebbe tanto, così come cercare di mettere ordine nei pensieri e nella sua vita. Resto a disposizione. Cordialità!
Dott.ssa Greta Di Marzo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Prato
Buongiorno,
Non c'è un tempo che delimita la psicoterapia, dipende dai suoi obbiettivi, dallo stampo del collega, da quanto e come riesce ad elaborare ciò che affronta in seduta. Parlare apertamente con il proprio terapeuta potrebbe essere sicuramente d'aiuto.
Personalmente mi occupo anche di terapia di gruppo che funziona in maniera leggermente diversa da quella individuale. Il gruppo ha un massimo di una decina di persone, due conduttori ed utilizziamo la metodologia dello psicodramma moreniano.
Se vuole provare in parallelo alla sua psicoterapia mi contatti.
Un saluto
GDM
Dott.ssa Gloria Polizzi
Psicologo, Psicoterapeuta
Roma
Buonasera, mi sembra che tu ti stia buttando troppo giù.
Ora non conosco la tua storia, non so quanti anni hai , se studi se lavori, se hai buoni rapporti con la tua famiglia se hai relazioni sociali soddisfacenti se hai un compagno e via dicendo . Però posso dirti che qualunque sia il tuo problema non c'e nulla che tu non possa riuscire a superare. Esiste sempre qualcosa dentro di noi che ci può rendere felici. Un percorso di psicoterapia è utile per capire come fare a rinascere, come poter realizzare i nostri sogni, raggiungere i nostri obiettivi e avere la forza di cambiare qualora non fossimo soddisfatti della nostra vita.

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