Ciao, da quando sono in ambienti lavorativi numerosi, circa una decina di anni, noto nei miei confro

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Ciao, da quando sono in ambienti lavorativi numerosi, circa una decina di anni, noto nei miei confronti moltissimi occhi, complimenti e attestati particolari di stima che a volte sfocia anche in affetto. Mi giungono da persone più adulte di me, ma anche da giovani con molti anni di differenza. Ovviamente a me fa molto piacere anche perché non sono mai stato una persona che passa inosservata, infatti se non sono apprezzato, spesso, ho ricevuto odio e invidie. Per cui questa incertezza che genera insicurezza viene colmata dagli attestati ricevuti. Non sono ricco, non sono colto, non sono una bellezza mozzafiato ma nemmeno brutto, al punto tale da generare tutte queste attenzioni positive o negative. Sicuramente ho delle qualità umane importanti ma anche dei limiti che mi riconosco. Detto questo, restando al rapporto con le donne, noto però che di tutte quelle che mi hanno dedicato parole stupende nei miei confronti, nessuna mi ha dato segnali per un qualcosa in più. Non dico che mi lasciano nel campo dell'amicizia però spesso mi sono sentito ammaliato, corteggiato, ma senza mai andare seriamente oltre, senza quel desiderio convinto di volermi nella loro vita. Quello di cui mi sto accorgendo ed è il motivo per cui vi scrivo è che sono molto attratte da ciò che so DARE alle persone, piuttosto che dalla persona che sono. Me ne accorgo perché quando per un motivo o un altro smetto di "dare" , scema automaticamente il loro seguito in alcuni casi fino a perderci di vista. Io credo che se una donna mi colpisse per la persona che è, il mio interesse vada aldilà di cosa riesce a "darmi", perché sarei desideroso della persona che è, innanzitutto. Di persone ne ho viste passare, di anni anche, ma la storia è sempre la stessa. Come mai avviene ciò? Cosa potrei cambiare di me affinché mi senta apprezzato per chi sono e non per cosa do? Giusto per completezza, sono stato fidanzato e ho convissuto per alcuni anni con una di loro. Anche in questi casi, non mi sono mai sentito desiderato per l'uomo che sono (nel bene e nel male). Mattia, anni 37.
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

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Dott.ssa Laura Messina
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno Mattia, ciò che descrive tocca un aspetto importante delle relazioni umane: sentirsi apprezzati per ciò che si fa, piuttosto che per ciò che si è, può generare un senso di vuoto e insoddisfazione emotiva. Quando si è abituati a dare molto agli altri, sia sul piano affettivo che sul piano pratico, è possibile che alcune persone si avvicinino principalmente per il valore aggiunto che ricevono da lei. Questo non significa che non ci sia un'attrazione reale, ma che il legame può essere più centrato sulla funzione che lei svolge nella loro vita piuttosto che sulla connessione profonda con la sua persona.
Una dinamica di questo tipo può nascere dal suo desiderio di essere riconosciuto e valorizzato, spingendola inconsapevolmente a mettere in primo piano ciò che può offrire, piuttosto che mostrarsi nella sua debolezza e autenticità. La domanda centrale, quindi, potrebbe essere: quanto si sente libero di essere semplicemente se stesso, senza dover ostentare qualcosa per sentirsi accettato?
Un percorso di introspezione potrebbe aiutarla a rafforzare il suo senso di identità ea riconoscere i legami autentici, quelli che nascono non solo dalla sua generosità ma anche dalla reciprocità e dal desiderio genuino di conoscerla davvero, al di là di ciò che offre. Un supporto psicologico potrebbe fornirle strumenti preziosi per esplorare queste dinamiche relazionali e costruire legami più autentici e soddisfacenti.
Un caro saluto.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Ciao Mattia,

Quello che descrivi è una dinamica che può avere diverse sfaccettature. È naturale desiderare di essere apprezzati per ciò che si è e non solo per ciò che si offre agli altri. Da ciò che racconti, sembri una persona carismatica, capace di attrarre attenzione e stima, ma che allo stesso tempo fatica a sentire davvero scelta e desiderata in modo autentico e profondo.

Potrebbe esserci una componente legata al modo in cui ti poni nelle relazioni: dare molto agli altri può essere una qualità preziosa, ma se diventa il fulcro del rapporto, può portare uno squilibrio, dove l'altro si abitua a ricevere senza sviluppare un reale desiderio per la persona che sei al di là di ciò che offre. A volte, senza rendercene conto, possiamo comunicare (anche solo con i nostri atteggiamenti) che il nostro valore sta nel nostro "osare", anziché nella nostra essenza.

Potrebbe essere utile esplorare più a fondo questa dinamica, capire se ci sono schemi relazionali che si ripetono e come poter costruire legami più equilibrati e appaganti. Un percorso di introspezione e consapevolezza potrebbe aiutarti a rafforzare la tua autostima e trovare strategie per vivere le relazioni in modo più soddisfacente e autentico.

Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi a uno specialista.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Ciao Mattia,
Capisco bene il tuo punto di vista e le riflessioni che condividi. Sembra che tu abbia un’importante consapevolezza di sé, delle dinamiche che si instaurano intorno a te e dei segnali che ricevi dalle altre persone. Quello che descrivi sembra essere una sorta di ciclo che si ripete, dove l’attenzione che ricevi si basa molto su ciò che dai agli altri, piuttosto che su una connessione profonda con chi sei veramente. Questo può sicuramente portare a una sensazione di disconnessione e a una mancanza di soddisfazione, soprattutto nei rapporti più intimi.
Una possibile riflessione potrebbe riguardare il tipo di relazioni che stabilisci, anche inconsciamente. Se la tua identità si lega principalmente a ciò che puoi offrire, potrebbe esserci una difficoltà nel far emergere il tuo “essere” senza il bisogno di “dover fare”. In molte occasioni, ciò che cerchiamo negli altri è un riconoscimento di chi siamo, senza sentirci costretti a dimostrare costantemente il nostro valore. Può capitare che, quando smetti di “dare”, la connessione con l’altro venga meno, proprio perché non è radicata su una base di autenticità reciproca, ma più su una dinamica di scambio di attenzioni e servizi.
Il desiderio che hai di essere apprezzato per quello che sei, piuttosto che per ciò che puoi dare, è comprensibile e molto umano. Potresti riflettere su come poter aprire il dialogo su questi temi nei tuoi rapporti, cercando di essere più vulnerabile e autentico nel far emergere chi sei, senza paura di essere giudicato o non apprezzato. Allo stesso tempo, essere consapevoli di chi siamo e dei nostri bisogni emotivi, in un rapporto, può facilitare una connessione più genuina. Spesso le dinamiche di relazione si fondano su aspettative non esplicitate o su modelli appresi nel tempo. Cambiare qualcosa in te stesso potrebbe non significare necessariamente un cambiamento radicale, ma un approccio più equilibrato che unisca il “dare” al “ricevere”, e viceversa, ponendo l'accento sulla reciprocità e sull'autenticità.
Infine, visto il tuo racconto, potresti anche voler riflettere su quale tipo di partner desideri veramente e come la tua visione delle relazioni intime si evolva con il tempo. A volte, anche l'esperienza di una relazione passata non soddisfacente può offrirci una grande opportunità di crescita personale, aiutandoci a capire meglio i nostri desideri e bisogni emotivi.
Spero che queste riflessioni ti possano essere utili. Se ti va di esplorare più a fondo queste dinamiche, anche attraverso un percorso di consulenza psicologica, potrebbe esserti d’aiuto per comprendere come costruire relazioni più autentiche e soddisfacenti, sia sul piano affettivo che personale.
Ti auguro davvero di trovare il giusto equilibrio che cerchi.
Dott.ssa Daniela Guzzi
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Bergamo
Gentilissimo Mattia
quello che descrive sembra toccare un punto molto profondo del suo modo di vivere le relazioni e il riconoscimento da parte degli altri.
Da ciò che scrive, emerge come lei abbia sempre ricevuto molta attenzione, stima e affetto, ma con il tempo si sia reso conto che spesso queste manifestazioni erano legate a ciò che dava agli altri, piuttosto che alla sua persona in sé.
Questa consapevolezza può generare frustrazione, perché il bisogno di sentirsi scelti e desiderati per ciò che si è e non solo per il proprio valore “funzionale” nella vita degli altri, è qualcosa di molto umano e comprensibile.
Forse, nel suo modo di relazionarsi, ha sempre dato molto, mettendo al primo posto le esigenze altrui e investendo energie nel far sentire bene gli altri.
Questo è sicuramente un aspetto positivo e di grande valore, ma può anche portare a costruire dinamiche in cui il suo ruolo è quello di “dare” senza lasciare spazio agli altri per investire realmente su di lei.
Potrebbe essere utile riflettere su come si pone nelle relazioni e se lascia agli altri la possibilità di conoscerla anche nelle sue vulnerabilità, nei suoi bisogni, senza sentire il bisogno di essere sempre colui che dà. A volte, senza accorgercene, possiamo costruire un'immagine di noi stessi che risponde alle aspettative degli altri, ma che non ci permette di essere veramente visti per ciò che siamo.
Un percorso terapeutico potrebbe aiutarla a esplorare questi aspetti più a fondo, a comprendere quali siano i suoi reali bisogni affettivi e come costruire relazioni in cui possa sentirsi scelto e desiderato non solo per il suo valore nel dare, ma anche per la sua autenticità.
Un caro saluto.
Dott.ssa Daniela Guzzi

Dott.ssa Francesca Romana Casinghini
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Un pò complessa come situazione. Sarebbe il caso di approfondire meglio su come si percepisce in realtà e come la vedono gli altri attraverso il modo in cui si percepisce. Potrebbe essere nteressante rendere in considerazione la possibilità di intraprendere un percorso psicologico se non altro per fare più chiarezza dentro di sè da potergli permettere una migliore conoscenza duna parte sua sconosciuta
Salve Mattia,
dal suo racconto si evince un senso generale di sfiducia nei confronti della possibilità di instaurare relazioni sincere, e non utilitaristiche. Ci chiede se questo possa dipendere da lei e dal suo fare "troppo" generoso, oppure dalle persone che ha incontrato finora, soprattutto donne, che non sono andate al di là di queste sue caratteristiche di altruismo e disponibilità.
Risponderle non è semplice, in questa sede, perché la sua esperienza di vita è unica, come ogni altra persona, e andrebbe osservata in modo più approfondito, indagando quelli che sono i suoi valori, le sue potenzialità e i bisogni o le priorità che emergono nella sua vita.
Le relazioni, al di là di quelle che ci impongono le circostanze, possono essere coltivate in modo significativo e migliorare la qualità della vita. Da una parte, il contesto fa una grande differenza: per esempio, l'ambito lavorativo spesso non consente di stringere rapporti davvero soddisfacenti perché le persone approcciano in modo diverso a quell'ambiente e posso venire da esperienze di vita molto differenti.
Molto più ricche di significato sono le relazioni che si riescono a creare in contesti in cui si fondono interessi e passioni comuni: associazioni sportive, di volontariato, circoli culturali o di gioco, attività artistiche, di ballo o di escursionismo, solo per citare una serie di opportunità.
Quando c'è in ballo una condivisione di emozioni che fa leva su motivazioni e obiettivi simili, la possibilità di essere molto sinceri nella comunicazione e nei comportamenti è molto più concreta.
Non credo che lei debba cambiare forzatamente qualcosa del suo carattere. Tra l'altro, la generosità e l'empatia che lei dimostra sono nobili valori che dovrebbero renderla fiero. Provi a vederle come doti che restituiscono un benessere e una soddisfazione intrinseca, che non ha bisogno del rinforzo esterno. Insomma, non è necessario aspettarsi qualcosa in cambio per apprezzare il valore della generosità.
Può cambiare, altresì, la sua tendenza a giudicare le persone e a classificarle. Questo l'aiuterebbe a mantenere la mente aperta verso le differenze individuali, senza fermarsi a un'opinione affrettata e vincolante. Per far questo, è importante che lei lavori costantemente sulla sua autostima e sappia valorizzare se stesso, prima ancora di cercare un riscontro all'esterno.
Il mio consiglio è di affrontare un percorso di crescita personale, basato sulla ricerca delle potenzialità e sul rinforzo dell'auto-efficacia. Potrebbe trarre grande beneficio da un approccio di Psicologia Positiva.
Se lo desidera posso darle maggiori informazioni a riguardo, anche tramite consulenza online.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Dott.ssa Sveva Nonni
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Buonasera Mattia, mi sembra che il suo desiderio per essere apprezzato e voluto per quello che lei è sia un desiderio giusto e umano. Chiaramente in un rapporto ci viene sempre chiesto un certo livello di “contributo”, ma se questo spesso è eccessivo, in qualche modo, da parte sua, è facile attirare persone che ricerchino più qualcuno che ricopra quello specifico ruolo di salvatore, supporto etc. piuttosto che soffermarsi su chi è ad ricoprirlo. Spesso nelle relazioni (lavorative, amicali, romantiche) si crea un patto iniziale, non detto, relativo a quello che ci aspettiamo dall’altra persona affinché quella relazione prosegui. Il mio suggerimento sarebbe quello di evitare di presentarsi, ed inserirsi nei rapporti, entrando subito con questo ruolo. Questo potrebbe dare l’occasione all’altro per apprezzarla a tutto tondo come la persona che è, piuttosto che per l’aiuto che porta. Se ne ha l’opportunità, sarebbe anche interessante per lei intraprendere un percorso di supporto psicologico, per capire sia l’origine di questa sua tendenza, e per sanare probabili ferite lasciate dall’essersi sentito “usato” solo per il supporto che lei forniva, e non apprezzato per chi poi era di per sé. Le auguro il meglio, un caro saluto
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, ciò che descrive è una dinamica complessa, che probabilmente ha radici sia nella percezione che ha di sé stesso sia nelle modalità con cui entra in relazione con gli altri. Il fatto che molte persone la apprezzino e la stimino è sicuramente indice di qualità personali che risultano attraenti e coinvolgenti. Tuttavia, il senso di non sentirsi desiderato per la sua essenza ma per ciò che può offrire potrebbe indicare un aspetto su cui vale la pena riflettere.

A volte, senza accorgercene, costruiamo le nostre relazioni su un modello in cui tendiamo a "dare" molto, a essere disponibili, presenti e accoglienti con gli altri. Se questo atteggiamento diventa il pilastro principale dei legami che creiamo, rischiamo di attrarre persone che vedono in noi una fonte di conforto, sostegno o ammirazione, senza però sviluppare un desiderio profondo per la nostra individualità. Questo può accadere, ad esempio, se inconsciamente mettiamo più enfasi sul ruolo che ricopriamo per gli altri piuttosto che sull'espressione autentica di chi siamo, con pregi, difetti e vulnerabilità.

Si potrebbe chiedere se, nel costruire rapporti, tende a privilegiare la dimensione del "dare" perché questo le assicura un riconoscimento, evitando forse il rischio di sentirsi meno considerato. Oppure, se nelle relazioni affettive, c'è la paura che mostrando completamente sé stesso, con i suoi bisogni e le sue fragilità, possa ricevere meno attenzioni o sentirsi meno accettato.

Il desiderio autentico nelle relazioni nasce spesso dalla possibilità di percepire l’altro non solo come qualcuno che offre qualcosa, ma come un individuo con il quale c’è una connessione profonda e reciproca. Potrebbe essere utile chiedersi: quanto spazio lascio affinché gli altri mi conoscano per quello che sono, al di là di ciò che do? Riesco a sentirmi a mio agio anche quando non sto offrendo attenzioni, cure o aiuto? Forse il cambiamento che sta cercando non riguarda un aspetto concreto della sua personalità, ma piuttosto il modo in cui sceglie di stare nelle relazioni, permettendo all’altro di avvicinarsi a lei non solo per ciò che può offrire, ma per ciò che è.

Riflettere su questi aspetti potrebbe aiutarla a costruire legami più equilibrati e reciprocamente appaganti. Se sente che questa dinamica si ripete con un certo schema nella sua vita, esplorarla più a fondo in un percorso personale potrebbe offrirle ulteriori strumenti per comprenderne meglio le radici.

Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Debora Versari
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
Forlì
Salve Mattia, intanto grazie per aver portato una parte della sua storia, sicuramente non ho moltissime informazioni su di Lei da poterle rispondere a pieno alle sue domande, piuttosto le chiederei come sta realmente Mattia in questa situazione? Da’ abbastanza a se stesso? Cordialmente Dott.ssa Versari Debora.
Dr. Matteo Selva
Psicologo, Psicologo clinico
Montecatini-Terme
Salve Mattia,
la ringrazio per aver condiviso questa parte della sua vita.
E' da premettere che non è possibile, in poco tempo e senza conoscerla, rispondere alle domande che ha posto alla fine della sua richiesta. Quella che lei porta è una difficoltà a livello interpersonale che ha sicuramente delle basi nel suo intrapsichico. Comprendere tali influenze e la relazione fra queste due dimensioni richiede tempo. Se sta vivendo questo è perché ha una sua storia alle spalle che ha condizionato il momento presente e il modo in cui lei sta all'interno della relazione con l'altro. Provi a concedersi degli spazi sicuri in cui esplorarsi. Qual è il valore del "dare" per lei? Cosa muove il suo desiderio di essere desiderato? Cosa succede nel momento in cui lei si trova in relazione con una donna che non la vuole nella sua vita?
Saluti
Dott.ssa Arianna Moroni
Psicoterapeuta, Psicologo
Trieste
Gent Utente, immagino la sua frustrazione nel sentirsi apprezzato principalmente per ciò che dà agli altri, piuttosto che per chi è veramente. In un percorso di di psicoterapia potrebbe esplorare e riconoscere i pensieri che la portano a credere di dover "dare" per essere amato e lavorare su come sfidare queste convinzioni. Spesso, queste idee non sono realistiche e tendono a generare insoddisfazione. Come si sente quando smette di “dare” alle persone? Cosa potrebbe fare per sentire una connessione più autentica con gli altri, senza sentirsi sempre nella posizione di dover “dare” per guadagnarsi l’affetto? Cordialmente, AM
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Ciao Mattia, capisco quanto possa essere frustrante sentire di ricevere tante attenzioni e apprezzamenti per ciò che offri agli altri, ma non per la tua essenza più autentica. Il modo in cui descrivi la tua esperienza suggerisce che sei una persona generosa, capace di creare connessioni significative con chi ti circonda, ma che al tempo stesso hai l'impressione che il tuo valore venga misurato solo in base a ciò che puoi dare, piuttosto che per chi sei realmente. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, potrebbe essere utile esplorare quali sono le credenze che hai sviluppato nel tempo su te stesso e sulle relazioni. A volte, quando il riconoscimento e l’apprezzamento altrui diventano un elemento centrale nel modo in cui costruiamo il nostro valore personale, possiamo finire, anche inconsapevolmente, per impostare le relazioni su un modello in cui “dare” diventa il principale strumento per sentirsi accettati. Questo può portare gli altri a percepirti come una persona che offre molto, ma paradossalmente potrebbe rendere meno evidente chi sei al di là di ciò che fai per loro. Una domanda che potresti porti è: nelle relazioni, quanto spazio dai alla possibilità di essere visto e accolto nella tua autenticità, senza dover necessariamente offrire qualcosa? Questo non significa che il tuo modo di essere sia sbagliato, ma che forse potresti provare a sperimentare una modalità diversa di stare in relazione, lasciando emergere non solo ciò che dai, ma anche ciò che desideri ricevere. Un altro aspetto interessante è quello legato alle aspettative. Se in passato hai avuto esperienze in cui ti sei sentito apprezzato solo per il tuo ruolo di "dare", potrebbe essersi creata una sorta di schema mentale che ti porta, inconsapevolmente, ad attirare o a sentirti attratto da dinamiche simili. Forse tendi a investire molto all'inizio, mettendo subito in campo la tua capacità di ascolto, supporto o presenza, e questo potrebbe far sì che le persone vedano prima il tuo valore in termini di "cura" piuttosto che il tuo valore come individuo, con desideri, bisogni e vulnerabilità. Ciò che potresti provare a cambiare, più che la tua essenza, è il modo in cui ti permetti di essere visto. Potrebbe essere utile chiederti: cosa succederebbe se, nelle prossime interazioni, riducessi un po’ l’attenzione verso ciò che dai agli altri e ti concedessi di essere semplicemente te stesso, senza sentirti responsabile del benessere altrui? Come cambierebbero le dinamiche se ti focalizzassi di più su chi ti dimostra di apprezzarti in modo spontaneo e non solo quando riceve qualcosa da te? Non si tratta di smettere di essere generoso, ma di bilanciare il dare e il ricevere, permettendo alle persone di avvicinarsi a te non solo per ciò che fai, ma per il semplice fatto di volerti accanto. E questo cambiamento parte da una consapevolezza interiore: più tu per primo ti concedi di essere visto per chi sei, più è probabile che gli altri inizino a farlo naturalmente. Il fatto che tu abbia vissuto relazioni di lunga durata dimostra che hai molto da offrire in una relazione affettiva. Forse il vero cambiamento sta nel concederti di essere scelto non per la tua capacità di dare, ma per la tua capacità di esistere, semplicemente, nella tua interezza. E questo è un processo che può iniziare proprio nel momento in cui diventi più consapevole di questo schema e provi, poco alla volta, a modificarlo. Cari saluti, Dott. Andrea Boggero
Dott. Giorgio De Giorgi
Psicologo, Psicologo clinico
Bologna
Gentile Mattia buonasera,
Ok, ma cosa intendi esattamente con "dare"??? Potrebbe esserci un mondo dietro. Forse è proprio lì che dovresti guardare se vuoi essere apprezzato per chi sei e non per cosa offri. Cosa pensi che le persone vedano in te quando smetti di "dare"?

Mi tengo a disposizione per consulenze su Bologna e Lecce, ed anche online

Un caro saluto,

Dr. Giorgio De Giorgi
Dott.ssa Ilenia Colasuonno
Psicologo, Psicologo clinico
Cerveteri
Ciao Mattia, grazie per aver condiviso la tua riflessione. Quello che descrivi potrebbe essere legato a una dinamica che può emergere nei rapporti interpersonali, in cui la percezione che gli altri abbiano di te si concentra più su ciò che puoi offrire, piuttosto che sulla tua autenticità come persona. Questo può accadere quando ci si mette in gioco per soddisfare aspettative altrui, creando una sorta di “legame funzionale” piuttosto che un legame emotivo profondo.

Il fatto che tu percepisca questa tendenza potrebbe essere un segnale che cerchi una connessione più genuina, basata sul tuo valore come individuo, piuttosto che su quello che puoi fare per gli altri. Il rischio di concentrarsi troppo sul "dare" è che tu possa finire per essere visto come una risorsa, piuttosto che come una persona con desideri, bisogni ed emozioni propri.

Una possibile chiave per modificare questa dinamica potrebbe essere iniziare a focalizzarti maggiormente su te stesso: su chi sei, cosa ti piace, cosa ti rende unico, e imparare a comunicare questo senza il bisogno di cercare continuamente approvazione attraverso l’esternazione di ciò che puoi offrire. Le relazioni più soddisfacenti nascono spesso quando entrambe le persone sono in grado di apprezzarsi per ciò che sono veramente, senza sentirsi di dover “guadagnare” l’affetto dell’altro.

Potresti riflettere su come ti relazioni con te stesso. A volte, quando una persona non si sente abbastanza valorizzata per ciò che è, può essere facile focalizzarsi sul dare in modo eccessivo, nella speranza di ricevere affetto in cambio. Potresti anche esplorare se ci sono dei modelli passati, come nelle tue relazioni, che ti hanno portato a sentirti più amato quando eri "utile", piuttosto che per chi sei come persona.

Inoltre, una maggiore consapevolezza delle tue esigenze emotive e un piccolo cambiamento nel modo in cui approcci le relazioni potrebbero aiutarti a costruire legami più autentici, dove tu e l’altro vi apprezzate reciprocamente per chi siete, senza che il valore personale si misuri solo in base a ciò che "dai".
Dott. Mario Salinas
Psicologo, Psicologo clinico
Taranto
Ciao Mattia,

Da quello che racconti, sembri una persona che dà molto agli altri e che per questo attira attenzioni e stima. Tuttavia, il tuo disagio nasce dal fatto che senti di essere apprezzato più per ciò che offri che per chi sei veramente. Questo può accadere se il "dare" diventa il fulcro delle tue relazioni, portando gli altri a legarsi più ai tuoi gesti che alla tua essenza.

Forse potresti riflettere su alcuni aspetti: quanto ti senti libero di essere te stesso senza dover sempre dare? Riesci a lasciare spazio agli altri perché investano su di te? È importante sentirsi scelti non per ciò che si offre, ma per la propria unicità. Lavorare su questi aspetti potrebbe aiutarti a creare legami più autentici e reciproci.

Se questa dinamica ti pesa, un percorso psicologico potrebbe offrirti spunti utili per comprenderla meglio e cambiarla.

Un caro saluto.

Dott.ssa Raffaella Tardi
Psicologo, Psicologo clinico
Acerra
Ciao Mattia, quello che racconti tocca un punto molto profondo e comprensibile: il desiderio di essere scelti per ciò che si è, e non solo per ciò che si riesce a dare. Il fatto che tu riceva attenzioni, stima e affetto da molte persone indica sicuramente che hai qualità relazionali forti, che creano un impatto sugli altri. Tuttavia, notare che il legame con le persone sembra dipendere più da ciò che offri che dalla tua essenza può far emergere interrogativi importanti su come vivi le relazioni.

Quello che sembra emergere è che tu abbia costruito relazioni in cui il tuo valore viene riconosciuto soprattutto attraverso ciò che offri, e questo potrebbe dipendere da come ti sei abituato a relazionarti con gli altri. A volte, senza accorgercene, mettiamo in primo piano il nostro “dare” perché è il modo in cui abbiamo imparato a ottenere riconoscimento e connessione. Il rischio, però, è che il nostro essere passi in secondo piano, e che gli altri, più o meno inconsciamente, si sintonizzino su questa modalità.

La domanda che potrebbe aiutarti a capire cosa cambiare non è tanto “perché gli altri non vedono la mia persona?”, ma “io, nelle relazioni, quanto spazio lascio a me stesso senza sentire il bisogno di dare?”. Se da sempre hai costruito il tuo valore su ciò che offri, è possibile che tu stesso fatichi a sentirti pienamente apprezzabile senza questa dinamica, e gli altri rispondono di conseguenza.

Un passaggio importante potrebbe essere provare a spostare il focus dal dare al ricevere, osservando come ti senti quando non sei tu a offrire qualcosa, ma semplicemente a esistere nella relazione. Può sembrare un dettaglio, ma cambiare questa prospettiva potrebbe portarti a vivere i legami in modo diverso, dando spazio a connessioni che nascano da un desiderio autentico per la tua persona, e non solo per la tua capacità di essere presente per gli altri.
Dott.ssa Gloria Giordano
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Napoli
Ciao Mattia, grazie per aver condiviso così apertamente le tue riflessioni e le tue esperienze. È evidente che stai affrontando una serie di emozioni e dinamiche relazionali complesse, e il tuo desiderio di comprendere meglio queste situazioni è un passo importante verso la crescita personale.
Da quello che descrivi, sembra che tu abbia un forte bisogno di sentirti apprezzato e di valore, e questo spesso si traduce nel tuo modo di relazionarti con gli altri, in particolare con le donne. È comune che le persone che hanno una personalità orientata al "dare" trovino la loro autostima e il loro senso di valore attraverso l'approvazione e il riconoscimento degli altri. Questo può portarti a sentirti più apprezzato per ciò che fai piuttosto che per chi sei realmente.
La tua osservazione che le persone sembrano attratte da ciò che dai piuttosto che dalla tua essenza è significativa. Potrebbe indicare che, in alcune relazioni, non sei completamente presente come "te stesso", ma piuttosto come una persona che offre supporto, aiuto o attenzioni. Questo può creare una sorta di maschera che, sebbene possa portare a interazioni positive, non consente una connessione profonda e autentica.
È importante riconoscere che il tuo valore non è determinato solo da ciò che fai per gli altri, ma è intrinseco alla tua persona. Un percorso terapeutico potrebbe aiutarti a esplorare queste dinamiche e a diventare più consapevole del tuo valore personale. Potresti scoprire quali schemi ripeti nelle tue relazioni e come questi influenzano le tue interazioni. La terapia può offrirti uno spazio sicuro per riflettere su queste esperienze e per lavorare su come presentarti in modo più autentico, permettendo agli altri di apprezzarti per chi sei, piuttosto che per ciò che dai.
Inoltre, potrebbe essere utile esplorare le tue aspettative nelle relazioni e come queste si allineano con le tue esperienze passate. Comprendere le tue emozioni e i tuoi bisogni può aiutarti a costruire relazioni più significative e soddisfacenti, dove ti senti desiderato e apprezzato per la persona che sei.
Dott.ssa Giulia Piccinini
Psicologo, Psicologo clinico
Padova
Salve Mattia, da quello che scrive sembra che lei sia un professionista molto stimato nel suo ambito lavorativo. Per quanto riguarda il dare e il ricevere in una relazione è qualcosa di molto personale, infatti, i partner vengono apprezzati anche per quello che riescono a dare oltre che per altre caratteristiche individuali. Questa caratteristica varia tra gli individui ed è parte integrante dell'essere persona, infatti oltre alle qualità specifiche che rendono unico ogni essere umano c'è anche la generosità (donare tempo, attenzioni e risorse a qualcuno diverso da noi). Il problema sorge quando il dare non è più un dare fine a sé stesso ma è un modo per farsi benvolere dall'altro e quindi non è più una caratteristica autentica dell'individuo ma diventa un 'dare per avere', un mezzo per un fine secondario; quello di essere accettato dagli altri. Questo comportamento potrebbe originare dalla sua storia, probabilmente se è stato abituato fin da bambino ad essere visto per quello che riusciva a dare, ora in automatico mette in atto questa modalità nello stare con l'altro. Provi a mettersi in gioco di più per la persona che è autenticamente, con le sue qualità ed i suoi limiti. In questo modo potrebbe esserci la possibilità di non essere apprezzato e/o potrebbe esserci la possibilità di essere apprezzato proprio per la persona che è. Nel primo caso dovrà tollerare la frustrazione del rifiuto, nel secondo caso si sentirà accettato esattamente per quello che è. Capisco che non sia facile sradicare la maschera alla radice e mostrare se stessi, si dia del tempo, sia gentile con sé stesso, cerchi di accettare lei per primo i suoi limiti per poi mostrarli agli altri. Buon lavoro e in bocca al lupo!
Buongiorno Mattia, quello che descrivi potrebbe avere diverse chiavi di lettura. Da un lato, è evidente che possiedi qualità umane che ti rendono una persona stimata e ricercata, sia in ambito lavorativo che sociale. Il fatto che ricevi complimenti e attestati di stima dimostra che lasci un segno negli altri, e questo non è da tutti. Dall’altro, però, percepisci che l’attenzione che ricevi è più legata a ciò che dai piuttosto che alla tua essenza più profonda. E questa differenza ti porta a sentirti, in qualche modo, “invisibile” nella tua autenticità.
Ma perché accade? Potresti essere una persona che, in modo naturale, si dona molto agli altri, diventando un punto di riferimento per il supporto, la comprensione e la disponibilità. Se nel tempo si è consolidata questa immagine di te come “colui che dà”, è possibile che le persone si avvicinino a te proprio per questo valore, ma senza cogliere (o senza soffermarsi a scoprire) altri aspetti più intimi della tua personalità.
Cosa potresti fare? Quando conosci qualcuno, quanto di te lasci trasparire oltre la tua capacità di dare? Quanto spazio permetti agli altri di offrirti qualcosa in cambio? A volte, senza rendercene conto, possiamo essere così abituati a dare che non lasciamo all’altro il margine per ricambiarci.
Inizia a chiederti: Io cosa voglio davvero da questa persona? Come mi fa sentire quando non sono io a dare? Sposta il focus dal bisogno degli altri alla tua esperienza emotiva.
Spero che questi spunti possano esserti d'aiuto.

Dott.ssa Mariapaola Anania
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Salve, le consiglierei di approfondire questa tematica con un professionista del settore. Spesso il modo in cui entriamo in relazione con gli altri, è frutto delle nostre prime esperienze relazionali con le figure di attaccamento. Ci sono poche informazioni per poterLe dare una risposta esaustiva e completa. Dalle sue parole è come se si ripetesse sempre lo stesso schema. E' possibile che Lei (anche senza volerlo) imposti la relazione sul dare (a volte essere troppo disponibili, dare troppe attenzioni, porti gli altri a pretenderlo, come se fosse dovuto) piuttosto sull'essere?
In bocca al lupo .
Resto a sua disposizione nel caso volesse intraprendere un percorso psicologico
Dott.ssa Mariapaola Anania
Dott. Giovanni Paolo Mangano
Psicologo, Psicologo clinico
Misterbianco
Gentilissimo,
Jacques Lacan diceva, a proposito delle relazioni amorose, che l'amore è "dare all'Altro ciò che non si ha".
Se da anni le cose non cambiano, ripetendosi sempre gli stessi schemi, probabilmente, in qualche modo noi stessi influenziamo il nostro sistema di relazioni.
Sarebbe opportuno approfondire le dinamiche relazionali e comprendere quanto e cosa ci mettiamo dentro affinché possa emergere il motivo dell'interessamento utilitaristico dell'Altro/a.
La sua è una giusta domanda. Merita la risposta che desidera. Si conceda di ottenerla.
Le auguro una buona giornata.
Dott. Matteo Mossini
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Parma
Buongiorno, difficile dare una risposta esaustiva non conoscendo bene la persona. Dalla descrizione che fa, fuori dalla parte in cui si impegna a "dare", sembra un racconto distaccato come quello di una persona che guarda accadere le cose attraverso un vetro. Per vedere quel qualcosa in più a livello relazionale potrebbe valere la pena ingaggiarsi maggiormente nei rapporti senza stare ad aspettare di vedere cosa "arriva". Questo discorso e tutto quello che ci va dietro dovrebbe affrontarlo in un percorso di psicoterapia.
Dott.ssa Angela Borgese
Psicologo, Psicologo clinico
Gravina di Catania
Buonasera, da ciò che racconta, sembra che nelle relazioni lei occupi spesso la posizione di “colui che dà”, come se il suo valore passasse attraverso ciò che offre agli altri. Questo fa sì che venga molto apprezzato, ma anche che non si senta mai davvero visto come uomo, nella sua singolarità.
Quando una persona sente di dover “dare” per essere amata, non è un caso: è un modo antico di tenersi legato all’altro, ma allo stesso tempo la espone alla sensazione di non essere mai realmente desiderato per ciò che è.
Il punto non è cambiare qualcosa per piacere di più, ma interrogarsi su perché occupa sempre quella posizione e cosa teme che accada se smette di essere così disponibile.
È lì che si gioca la possibilità di essere scelto per sé, e non per ciò che porta.
Un lavoro su questo nodo può aprire la strada a relazioni meno sbilanciate e più autentiche.

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