Buongiorno, vorrei chiedere se la vita ha un senso, perché alla fine tutto porta alla morte, chi pri
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Buongiorno, vorrei chiedere se la vita ha un senso, perché alla fine tutto porta alla morte, chi prima chi dopo. Si fa di tutto per costruire qualcosa, si soffre si ama si piange, ma tutto questo dove porta? Tutto diventa cenere. Non penso c'entri la depressione, perché la cosa è oggettiva. Ho fatto una vita difficile per dei traumi avuti, ed ora, a 60 anni mi trovo ancora a dover superare una separazione da un compagno che amo tantissimo e che anche lui mi ama, ma mi ha lasciata per paura. Ora davvero non ho più voglia di combattere, perché ormai il tempo che resta non è molto e sinceramente questo dolore mi ha stesa. So che c'è gente che soffre, malattia e guerre, ma questo avvalora ancor si più la tesi che la vita è assurda. Mi ricorda il film The Truman show, come se qualcuno si divertisse a guardare ciò che facciamo scuotendo la testa e sorridendo. Il mio è uno sfogo e sto ancora peggio perché qualunque cosa potessi ascoltare non mi farebbe cambiare la mia considerazione. Grazie per avermi ascoltata..
Buongiorno, dietro al senso della vita c'è tutta una serie di domande, risposte, certezze che varia da persona a persona e che ha accompagnato e accompagna l'umanità da sempre. Prende un posto principale il come ci rapportiamo ad essa e con quale bagaglio culturale e religioso lo facciamo...sta di fatto che per quanto ci possa far male avere la certezza di dover morire un giorno, di certo non ci mettiamo ad aspettarla annullandoci anche perchè non si mai quando essa possa arrivare. E' invece fondamentale capire cosa la porta, realmente, a pensarla così...forse proprio quei traumi di cui parla, a cui non si è dato spazio stanno salendo in superficie per essere visti e affrontati .
Parla anche di una separazione e la separazione, la fine di un qualcosa, è anch'essa un lutto che ci mette davanti alla caducità della vita e che deve essere affrontata e superata. Non so se si trova già in un percorso psicologico, ma qualora non fosse così, le consiglio di intraprenderlo, perchè l'aiuterebbe a far pace con tutto ciò che d'irrisolto agisce in lei.
Le auguro una buona giornata
dott.ssa Amodio
Parla anche di una separazione e la separazione, la fine di un qualcosa, è anch'essa un lutto che ci mette davanti alla caducità della vita e che deve essere affrontata e superata. Non so se si trova già in un percorso psicologico, ma qualora non fosse così, le consiglio di intraprenderlo, perchè l'aiuterebbe a far pace con tutto ciò che d'irrisolto agisce in lei.
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Capisco profondamente il tuo dolore. Non è una questione di depressione, ma di senso in un mondo che sembra ingiusto. Anche se tutto sembra portare via, ciò che di significativo viviamo – l’amore, la sofferenza, la connessione – costruisce la nostra esistenza, non la cancella. Il senso non è garantito, lo creiamo momento per momento. E tu, a 60 anni, con la tua storia, continui a creare: ogni emozione, ogni ricordo, ogni sfida supera la cenere, diventa qualcosa. Non sei sola, e ciò che provi ha valore.
Buongiorno, potrebbe essere utile un lavoro psico-corporeo e l'approccio psicoterapeutico fornito dall'analisi bioenergetica che la aiuti a rilasciare le memorie corporee collegate ad eventi traumatici e restituirle presenza e radicamento nel qui ed ora. Resto a disposizione per eventuali altre specifiche anche online.
Buongiorno,
grazie per aver condiviso un pensiero così profondo, autentico e carico di dolore. È comprensibile che, dopo un percorso di vita segnato da traumi, fatiche, e ora da una perdita affettiva così importante, ci si ritrovi a interrogarsi sul senso di tutto. Quando si attraversano momenti così intensi, è naturale sentire che ogni fatica sembri vana, che ogni conquista appaia effimera, e che anche l’amore — pur presente — non sia sufficiente a trattenere ciò che più conta.
La domanda “che senso ha tutto questo?” è una delle più umane che esistano. E non è una domanda banale, né tanto meno solo legata alla depressione. È un interrogativo esistenziale che molte persone, in diverse fasi della vita, si pongono. Il dolore, la perdita e la consapevolezza della nostra finitezza possono scuotere profondamente la nostra percezione del significato della vita.
Ma dentro questo scoraggiamento, c’è anche una verità: se oggi proviamo così tanto dolore, è perché abbiamo amato, sperato, lottato. E questo, per quanto possa sembrare assurdo o crudele in certi momenti, è anche il segno di una vita che ha avuto valore, relazioni profonde, legami veri.
Non esistono risposte facili o frasi consolatorie che possano davvero colmare il vuoto che sente. Ma proprio perché la sua è una riflessione lucida, sentita e onesta, sarebbe utile darle lo spazio che merita. Parlare con uno specialista non significa cercare una risposta pronta, ma trovare un luogo in cui dare voce a tutto questo dolore e forse — con il tempo — riformulare il significato di ciò che ha vissuto e che sta vivendo.
Per questo, sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
grazie per aver condiviso un pensiero così profondo, autentico e carico di dolore. È comprensibile che, dopo un percorso di vita segnato da traumi, fatiche, e ora da una perdita affettiva così importante, ci si ritrovi a interrogarsi sul senso di tutto. Quando si attraversano momenti così intensi, è naturale sentire che ogni fatica sembri vana, che ogni conquista appaia effimera, e che anche l’amore — pur presente — non sia sufficiente a trattenere ciò che più conta.
La domanda “che senso ha tutto questo?” è una delle più umane che esistano. E non è una domanda banale, né tanto meno solo legata alla depressione. È un interrogativo esistenziale che molte persone, in diverse fasi della vita, si pongono. Il dolore, la perdita e la consapevolezza della nostra finitezza possono scuotere profondamente la nostra percezione del significato della vita.
Ma dentro questo scoraggiamento, c’è anche una verità: se oggi proviamo così tanto dolore, è perché abbiamo amato, sperato, lottato. E questo, per quanto possa sembrare assurdo o crudele in certi momenti, è anche il segno di una vita che ha avuto valore, relazioni profonde, legami veri.
Non esistono risposte facili o frasi consolatorie che possano davvero colmare il vuoto che sente. Ma proprio perché la sua è una riflessione lucida, sentita e onesta, sarebbe utile darle lo spazio che merita. Parlare con uno specialista non significa cercare una risposta pronta, ma trovare un luogo in cui dare voce a tutto questo dolore e forse — con il tempo — riformulare il significato di ciò che ha vissuto e che sta vivendo.
Per questo, sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Ti rispondo come psicologa ad approccio strategico, con profondo rispetto per il dolore che stai vivendo e la lucidità con cui lo esprimi. Le tue parole sono intense, sincere, e mostrano una consapevolezza rara: quella che emerge non solo dalla sofferenza, ma anche da un’intelligenza emotiva maturata attraverso esperienze complesse.
In un percorso strategico, non ci si ferma alla domanda “perché”, ma si cerca di capire “come funziona” questo stato che ti tiene bloccata e “come si può cambiare”, passo dopo passo, anche quando nulla sembra avere senso.
Tu dici: “Non credo sia depressione, è oggettivo”.
E in parte hai ragione. La vita non promette logica né equità, e la morte è il finale comune a tutti. Ma ciò che cambia radicalmente l’esperienza non è ciò che accade, ma come ci relazioniamo a ciò che accade.
Al momento, stai vivendo un dolore che si somma ad altri dolori: quello dei traumi del passato, di una relazione perduta ma non chiusa, e di un tempo che percepisci come limitato. Tutto questo può generare una sensazione di assurdità, come se nulla valesse più la pena.
In terapia strategica ci chiediamo:
A cosa ti serve ora questa visione della vita come priva di senso?
Che effetto produce nella tua quotidianità, nei tuoi pensieri, nei tuoi gesti?
Cosa mantieni o eviti restando dentro questa prospettiva?
Non si tratta di giudicare, ma di osservare con precisione il meccanismo che si è attivato. Il dolore non può essere annullato, ma può essere attraversato con una direzione nuova: quella in cui non tutto deve avere senso, ma qualcosa può avere valore.
Per esempio: hai detto che “non hai più voglia di combattere”. È comprensibile. Ma combattere non è sempre la via. A volte, la strategia più potente è smettere di combattere con la realtà e iniziare a fare piccoli gesti che rompono il ciclo del dolore sterile. Non per cambiare il mondo. Non per convincersi che vada tutto bene. Ma per ritrovare spazio dentro di sé, un centimetro alla volta.
La domanda non è “che senso ha la vita?”, ma:
“Cosa posso fare oggi, anche piccolo, che interrompa questa spirale e mi restituisca un minimo di padronanza?”
Anche solo decidere di parlarne, come hai fatto ora, è un primo passo.
Ti sei concessa uno sfogo. È umano, ed è utile. Ma la cosa più importante è che tu sappia che non sei sola. E anche se in questo momento tutto sembra inutile, esiste un modo per non rimanere imprigionata nel dolore. Un modo concreto, non teorico. Un percorso che lavora non sui pensieri astratti, ma su ciò che fai, su ciò che cambia nel tuo comportamento e nel tuo sentire quando cominci a modificare piccole cose.
In un percorso strategico, non ci si ferma alla domanda “perché”, ma si cerca di capire “come funziona” questo stato che ti tiene bloccata e “come si può cambiare”, passo dopo passo, anche quando nulla sembra avere senso.
Tu dici: “Non credo sia depressione, è oggettivo”.
E in parte hai ragione. La vita non promette logica né equità, e la morte è il finale comune a tutti. Ma ciò che cambia radicalmente l’esperienza non è ciò che accade, ma come ci relazioniamo a ciò che accade.
Al momento, stai vivendo un dolore che si somma ad altri dolori: quello dei traumi del passato, di una relazione perduta ma non chiusa, e di un tempo che percepisci come limitato. Tutto questo può generare una sensazione di assurdità, come se nulla valesse più la pena.
In terapia strategica ci chiediamo:
A cosa ti serve ora questa visione della vita come priva di senso?
Che effetto produce nella tua quotidianità, nei tuoi pensieri, nei tuoi gesti?
Cosa mantieni o eviti restando dentro questa prospettiva?
Non si tratta di giudicare, ma di osservare con precisione il meccanismo che si è attivato. Il dolore non può essere annullato, ma può essere attraversato con una direzione nuova: quella in cui non tutto deve avere senso, ma qualcosa può avere valore.
Per esempio: hai detto che “non hai più voglia di combattere”. È comprensibile. Ma combattere non è sempre la via. A volte, la strategia più potente è smettere di combattere con la realtà e iniziare a fare piccoli gesti che rompono il ciclo del dolore sterile. Non per cambiare il mondo. Non per convincersi che vada tutto bene. Ma per ritrovare spazio dentro di sé, un centimetro alla volta.
La domanda non è “che senso ha la vita?”, ma:
“Cosa posso fare oggi, anche piccolo, che interrompa questa spirale e mi restituisca un minimo di padronanza?”
Anche solo decidere di parlarne, come hai fatto ora, è un primo passo.
Ti sei concessa uno sfogo. È umano, ed è utile. Ma la cosa più importante è che tu sappia che non sei sola. E anche se in questo momento tutto sembra inutile, esiste un modo per non rimanere imprigionata nel dolore. Un modo concreto, non teorico. Un percorso che lavora non sui pensieri astratti, ma su ciò che fai, su ciò che cambia nel tuo comportamento e nel tuo sentire quando cominci a modificare piccole cose.
Buongiorno, grazie per aver condiviso questa sua esperienza di vita.
Non credo che la questione sia quella di farle cambiare idea poiché ha descritto elementi intrinseci alla vita stessa ( nascere, crescere, morire).
Quello su cui possiamo lavorare è dare un senso al tempo che ci rimane e questo, a differenza della prima questione, è estremamente soggettivo.
Comprendo che questo momento per lei sia l'ennesima sofferenza che sta affrontando ma può decidere se farsi trascinare dal carro della vita o se prendere una posizione più attiva e decidere lei, nel possibile delle dinamiche umane, che piega far prendere allo stesso carro.
La saluto e.. ce la può fare!
Non credo che la questione sia quella di farle cambiare idea poiché ha descritto elementi intrinseci alla vita stessa ( nascere, crescere, morire).
Quello su cui possiamo lavorare è dare un senso al tempo che ci rimane e questo, a differenza della prima questione, è estremamente soggettivo.
Comprendo che questo momento per lei sia l'ennesima sofferenza che sta affrontando ma può decidere se farsi trascinare dal carro della vita o se prendere una posizione più attiva e decidere lei, nel possibile delle dinamiche umane, che piega far prendere allo stesso carro.
La saluto e.. ce la può fare!
Gent.le utente,
La ringrazio per la considerazione sulla morte, dunque sulla vita.
E' vero la vita non è semplice, anzi direi molto complessa e dura! Dobbiamo prenderne atto e vivere profondamente ciò che ci accade.
In bocca al lupo.
Dott.ssa Mariella Farinella
La ringrazio per la considerazione sulla morte, dunque sulla vita.
E' vero la vita non è semplice, anzi direi molto complessa e dura! Dobbiamo prenderne atto e vivere profondamente ciò che ci accade.
In bocca al lupo.
Dott.ssa Mariella Farinella
Buonasera,
la ringrazio per aver condiviso questo suo sfogo. Le sue non sono domande banali, ma le domande fondamentali dell'esistenza umana, quelle che tutti, in un modo o nell'altro, si pongono di fronte alle grandi prove della vita.
La sua osservazione è oggettiva: tutto finisce. Ma mi permetto di offrirle un'altra prospettiva, non per cambiare la sua idea, ma per affiancarla alla sua. Il fatto che un'esperienza abbia una fine, ne annulla forse il valore mentre la si vive? Un tramonto è meraviglioso proprio perché dura poco. L'amore che ha provato, e che prova ancora, il dolore che prova, la lotta di una vita intera, sono reali e hanno un valore proprio perché li ha sentiti e li sente con tale intensità. La cenere è ciò che resta, ma non è la totalità del fuoco che ha arso.
Lei riferisce di aver vissuto una vita difficile, è comprensibile e umano sentirsi senza più voglia di combattere. La sua stanchezza non è un difetto, è il resoconto onesto di una persona che ha lottato tanto.
Lei scrive che nessuna parola potrebbe farle cambiare idea, e io la rispetto profondamente. Non ho la pretesa di offrirle risposte sul senso della vita, nessuno le ha. In questo senso, il parere di un professionista, non serve a dare risposte preconfezionate, serve piuttosto a creare uno spazio dove sia possibile convivere con queste domande difficili, senza esserne schiacciati.
Forse il punto non è più "combattere", come ha fatto finora, ma trovare un modo nuovo di stare con questo dolore, di ascoltare cosa racconta di lei, del suo amore, della sua storia. Un percorso con un professionista potrebbe non essere finalizzato a "guarire" da una domanda universale, ma a essere accompagnata nell'esplorarla, a dare un senso non alla vita in generale, ma alla sua vita, con tutto ciò che è stata.
Il suo sfogo non è la fine della lotta, ma un atto di ricerca di significato.
Un caro saluto!
la ringrazio per aver condiviso questo suo sfogo. Le sue non sono domande banali, ma le domande fondamentali dell'esistenza umana, quelle che tutti, in un modo o nell'altro, si pongono di fronte alle grandi prove della vita.
La sua osservazione è oggettiva: tutto finisce. Ma mi permetto di offrirle un'altra prospettiva, non per cambiare la sua idea, ma per affiancarla alla sua. Il fatto che un'esperienza abbia una fine, ne annulla forse il valore mentre la si vive? Un tramonto è meraviglioso proprio perché dura poco. L'amore che ha provato, e che prova ancora, il dolore che prova, la lotta di una vita intera, sono reali e hanno un valore proprio perché li ha sentiti e li sente con tale intensità. La cenere è ciò che resta, ma non è la totalità del fuoco che ha arso.
Lei riferisce di aver vissuto una vita difficile, è comprensibile e umano sentirsi senza più voglia di combattere. La sua stanchezza non è un difetto, è il resoconto onesto di una persona che ha lottato tanto.
Lei scrive che nessuna parola potrebbe farle cambiare idea, e io la rispetto profondamente. Non ho la pretesa di offrirle risposte sul senso della vita, nessuno le ha. In questo senso, il parere di un professionista, non serve a dare risposte preconfezionate, serve piuttosto a creare uno spazio dove sia possibile convivere con queste domande difficili, senza esserne schiacciati.
Forse il punto non è più "combattere", come ha fatto finora, ma trovare un modo nuovo di stare con questo dolore, di ascoltare cosa racconta di lei, del suo amore, della sua storia. Un percorso con un professionista potrebbe non essere finalizzato a "guarire" da una domanda universale, ma a essere accompagnata nell'esplorarla, a dare un senso non alla vita in generale, ma alla sua vita, con tutto ciò che è stata.
Il suo sfogo non è la fine della lotta, ma un atto di ricerca di significato.
Un caro saluto!
Buon pomeriggio, grazie per la condivisione, spero che la mia risposta possa darle sollievo e speranza. Quello che scrive è qualcosa che molte persone si chiedono, e può essere davvero difficile affrontare il senso della vita quando ci si trova di fronte alla consapevolezza della morte e del fatto che tutto, in un certo senso, è temporaneo.
Il fatto che lei stia riflettendo sul significato della vita è già un segno di una grande profondità emotiva e intellettuale. È naturale, in momenti di difficoltà o incertezze, chiedersi a cosa servano gli sforzi, le sofferenze, i momenti belli e quelli brutti.
Il senso della vita può essere diverso per ognuno di noi, e spesso si trova nei piccoli gesti quotidiani, nelle esperienze che viviamo, nelle relazioni che creiamo e anche nei momenti di sofferenza che, pur essendo dolorosi, ci insegnano qualcosa di profondo su noi stessi e sugli altri.
A volte, quando ci sentiamo sopraffatti da questi pensieri esistenziali, può essere utile fare un passo indietro e riflettere su cosa ci dà senso nel quotidiano. Potrebbero essere le persone che amiamo, le passioni che coltiviamo, o anche il semplice fatto di essere in grado di vivere un giorno alla volta. Provi ad esempio a scrivere 3 cose (anche piccole) per cui è grata oggi. Può alla fine apprezzare anche solo il semplice fatto di avere un cuore che batte :) Cordialmente Dott.ssa Riggi
Il fatto che lei stia riflettendo sul significato della vita è già un segno di una grande profondità emotiva e intellettuale. È naturale, in momenti di difficoltà o incertezze, chiedersi a cosa servano gli sforzi, le sofferenze, i momenti belli e quelli brutti.
Il senso della vita può essere diverso per ognuno di noi, e spesso si trova nei piccoli gesti quotidiani, nelle esperienze che viviamo, nelle relazioni che creiamo e anche nei momenti di sofferenza che, pur essendo dolorosi, ci insegnano qualcosa di profondo su noi stessi e sugli altri.
A volte, quando ci sentiamo sopraffatti da questi pensieri esistenziali, può essere utile fare un passo indietro e riflettere su cosa ci dà senso nel quotidiano. Potrebbero essere le persone che amiamo, le passioni che coltiviamo, o anche il semplice fatto di essere in grado di vivere un giorno alla volta. Provi ad esempio a scrivere 3 cose (anche piccole) per cui è grata oggi. Può alla fine apprezzare anche solo il semplice fatto di avere un cuore che batte :) Cordialmente Dott.ssa Riggi
Buongiorno, mi ha colpito molto quello che hai scritto, soprattutto la tua sofferenza. Ti propongo di riflettere insieme: come mai pensi che qualunque cosa potessi ascoltare non farebbe cambiare la tua considerazione? MI chiedo e TI chiedo questo perché nel momento in cui metti per iscritto questo tuo sfogo iniziando con le domande "vorrei chiedere se la vita ha un senso" e "tutto questo dove porta?", vai a mettere in discussione la tua considerazione, forse in modo automatico, senza rendertene conto. Hai delle aspettative rispetto alle risposte a queste domande? Sono d'accordo con te quando scrivi che "la vita è assurda", però mi riferisco all'altra faccia della medaglia: noi possiamo scegliere quali pensieri ascoltare per costruire la nostra realtà, perché sono proprio i nostri pensieri che costruiscono la nostra realtà. Tu puoi scegliere a quali pensieri dare ascolto per trovare il senso della tua vita, per vedere la faccia della medaglia che vedo anche io. Ma prima di tutto devi darti la possibilità di farlo, devi assumerti la responsabilità di stare meglio, perché hai tutto il diritto di stare bene in questa vita assurda. Inizia proprio mettendo al primo posto te stessa: datti la possibilità di condividere questi pensieri con qualcuno a te caro, provando a prendere in considerazione anche insieme a lui/lei/loro l'eventualità di rivolgerti ad un professionista della salute mentale. Non sei sola.
Ti auguro il meglio, un caro saluto
Ti auguro il meglio, un caro saluto
Gentile utente sarebbe utile intraprendere un percorso di supporto psicologico per parlare di come trascorrere il tempo che ha davanti, sicuramente migliorerebbe la sua qualità di vita. Non può cambiare ciò che verrà ma può godersi il momento presente.
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Buongiorno, la ringrazio di cuore per aver condiviso un pensiero così profondo e carico di sofferenza. Le sue parole trasmettono con grande chiarezza quanto sia autentico e intenso il momento che sta attraversando. Non è semplice mettere a nudo il proprio dolore e le proprie riflessioni sulla vita, e il fatto che lo abbia fatto dimostra una grande lucidità e una grande sensibilità. Quello che lei scrive è un interrogativo che, in qualche forma, attraversa la mente di molte persone nei momenti di difficoltà o di crisi esistenziale. Quando si vivono esperienze traumatiche, separazioni dolorose o quando si fa un bilancio della propria esistenza, come può capitare dopo i sessant'anni o in periodi di grandi cambiamenti, è naturale domandarsi quale sia il senso di tutto questo. Ed è vero, se si guarda la vita con uno sguardo assoluto, tutto sembra portare a una fine inevitabile. Ma ciò che lei sta descrivendo, anche se appare come un’osservazione oggettiva, nasce e si amplifica nel contesto del dolore che sta vivendo in questo momento. Il distacco dalla persona amata, il peso dei traumi passati e la stanchezza accumulata nel tempo possono far vedere la realtà come priva di significato e alimentare una sensazione di ingiustizia, come se la vita fosse una sorta di gioco crudele. È importante riconoscere che questi pensieri, anche se ora sembrano granitici, sono influenzati dal vissuto emotivo che sta sperimentando. L'approccio cognitivo-comportamentale ci invita a osservare questi pensieri non come verità assolute, ma come interpretazioni che nascono in risposta alle emozioni che stiamo provando. La mente, quando soffre, tende a filtrare la realtà in modo più cupo, facendo sembrare tutto senza scopo. Ma la verità è che il senso della vita non è qualcosa che troviamo fuori di noi, già pronto e definito. È qualcosa che costruiamo passo dopo passo, nelle relazioni che viviamo, nei momenti in cui, nonostante il dolore, scegliamo di esserci, di prenderci cura di noi stessi o di qualcuno. Anche un piccolo gesto di gentilezza, un atto di amore verso se stessi o verso gli altri, può rappresentare quel senso che ora le sembra così sfuggente. Lei dice che qualunque cosa io possa dirle non cambierà la sua visione, e comprendo quanto questa sensazione di chiusura sia forte. Ma proprio perché sta soffrendo, proprio perché sente questa stanchezza profonda, forse il primo passo ora non è cercare un senso universale alla vita, ma prendersi per mano e iniziare a curare le ferite aperte. Il dolore che prova per questa separazione merita ascolto, merita spazio, e credo che un percorso psicologico mirato, magari proprio con un terapeuta cognitivo-comportamentale, possa aiutarla a sciogliere quei nodi che ora rendono tutto così buio. La invito a non restare sola con questi pensieri. Parlare, condividere, cercare uno sguardo esterno può aiutarla a riscoprire un po' di luce, anche quando sembra che non ci sia. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Buongiorno gentile Utente, la sua riflessione tocca corde profonde e universali. Il senso della vita, la sofferenza, la caducità delle cose, il tempo che passa… sono domande e sensazioni che attraversano ogni essere umano almeno una volta, ma che diventano insopportabilmente più pungenti nei momenti in cui la vita sembra toglierci ogni appiglio. Non posso e non voglio negare ciò che prova: il dolore per una separazione, specialmente a questa età e dopo un'esistenza già segnata da ferite, può davvero far crollare ogni costruzione interiore. E può sembrare che il tempo rimasto sia troppo poco per ricostruire o trovare un significato nuovo.
Ma vede, è proprio il fatto che lei abbia scritto (che abbia deciso di dar voce a questo pensiero, nonostante tutto) a raccontarci che una parte di lei continua a cercare un contatto, un senso, o almeno una sponda emotiva con cui condividere questa fatica. Il suo sfogo è carico di lucidità, certo, ma anche di dolore, e in quel dolore c’è la traccia dell’amore che è stata capace di provare, della profondità con cui sente la vita, della consapevolezza che ha maturato. Tutto questo non è cenere. È vita.
Capisco che la sua affermazione “non mi farà cambiare idea” non sia un muro, ma un modo per dire quanto è forte adesso la sensazione di vuoto, di assurdo. Eppure, spesso nella mia esperienza, è proprio quando pensiamo che nulla possa cambiare che, lentamente e silenziosamente, qualcosa si muove. A volte è la possibilità di guardare il dolore non solo come qualcosa che ci abbatte, ma anche come qualcosa che ci spoglia, ci costringe a interrogarci, e, se aiutati e accompagnati, ci può aprire a una nuova forma di esistenza, magari più essenziale, magari più vera.
Lei non è sola. E non lo dico in senso retorico. Ci sono professionisti, luoghi, parole e relazioni che possono aiutare a dare un senso nuovo, anche quando si pensa che non ce ne siano più. Questo momento può non essere la fine di qualcosa, ma l’inizio di un modo diverso di stare nel mondo, più autentico, più gentile verso se stessi.
La vita forse non ha un senso univoco, ma può trovarne uno personale, nel proprio modo di amare, di affrontare il dolore, di ricordare, di condividere anche solo un pensiero come ha fatto lei ora.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Ma vede, è proprio il fatto che lei abbia scritto (che abbia deciso di dar voce a questo pensiero, nonostante tutto) a raccontarci che una parte di lei continua a cercare un contatto, un senso, o almeno una sponda emotiva con cui condividere questa fatica. Il suo sfogo è carico di lucidità, certo, ma anche di dolore, e in quel dolore c’è la traccia dell’amore che è stata capace di provare, della profondità con cui sente la vita, della consapevolezza che ha maturato. Tutto questo non è cenere. È vita.
Capisco che la sua affermazione “non mi farà cambiare idea” non sia un muro, ma un modo per dire quanto è forte adesso la sensazione di vuoto, di assurdo. Eppure, spesso nella mia esperienza, è proprio quando pensiamo che nulla possa cambiare che, lentamente e silenziosamente, qualcosa si muove. A volte è la possibilità di guardare il dolore non solo come qualcosa che ci abbatte, ma anche come qualcosa che ci spoglia, ci costringe a interrogarci, e, se aiutati e accompagnati, ci può aprire a una nuova forma di esistenza, magari più essenziale, magari più vera.
Lei non è sola. E non lo dico in senso retorico. Ci sono professionisti, luoghi, parole e relazioni che possono aiutare a dare un senso nuovo, anche quando si pensa che non ce ne siano più. Questo momento può non essere la fine di qualcosa, ma l’inizio di un modo diverso di stare nel mondo, più autentico, più gentile verso se stessi.
La vita forse non ha un senso univoco, ma può trovarne uno personale, nel proprio modo di amare, di affrontare il dolore, di ricordare, di condividere anche solo un pensiero come ha fatto lei ora.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Buongiorno,
comprendo il suo dolore, che è tanto e forte. Le sue domande e affermazioni fanno trasparire un vissuto difficile e un presente complicato e poco felice. Le consiglio di non far tacere questo "grido", di portarlo in terapia per riscoprire cosa c'è di bello nella sua vita (senza guardare la vita di tutti, ma rimanendo nella sua appunto), le risorse e le possibilità che ha, nonostante i trascorsi complicati.
Le faccio un grande in bocca al lupo.
Dott.ssa Alessandra Arena
comprendo il suo dolore, che è tanto e forte. Le sue domande e affermazioni fanno trasparire un vissuto difficile e un presente complicato e poco felice. Le consiglio di non far tacere questo "grido", di portarlo in terapia per riscoprire cosa c'è di bello nella sua vita (senza guardare la vita di tutti, ma rimanendo nella sua appunto), le risorse e le possibilità che ha, nonostante i trascorsi complicati.
Le faccio un grande in bocca al lupo.
Dott.ssa Alessandra Arena
Salve, ho letto attentamente la sua storia e capisco il suo dolore e disagio che sta vivendo. Sul senso della vita dovrebbero interrogarsi tutti, ognuno di noi dovrebbe indagare nel profondo dentro di se e trovare il suo personale senso della vita che diventa espressione piena della nostra natura e ci gratifica nel modo più appagante. Noi come la realtà e la natura che ci circondano cambiamo e ci evolviamo in ogni istante...il senso della vita è la vita stessa che fa di tutto per esprimersi. Tutto ciò che viviamo di bello o doloroso da un senso alla nostra presenza qui, con noi stessi prima di tutto. Capisco il dolore che sta provando per la separazione dal suo compagno e la invito ad iniziare un percorso di aiuto e di sostegno, che la aiuterà sicuramente. Se vuole può scrivermi in privato, intanto le auguro il meglio e buona giornata.
Manuela cecchetti
Manuela cecchetti
Buongiorno, e grazie per aver condiviso il suo sentire così apertamente.
Capisco quanto sia difficile in questo momento anche solo pensare che una risposta possa cambiare qualcosa, ma il fatto che lei abbia trovato la forza di scrivere qui — di “sfogarsi”, come dice lei — è già un piccolo gesto di cura verso se stessa. Forse, anche solo inconsciamente, una parte di lei desidera ancora essere raggiunta, vista, capita.
La sua domanda sul senso della vita è tra le più profonde e universali che ci possiamo porre. Nessuno di noi, credo, ha una risposta definitiva — e forse il senso, più che trovarlo, si costruisce passo dopo passo, attraverso le esperienze, i legami, persino le perdite e le sofferenze. So che può sembrare tutto “cenere”, come scrive lei, ma il dolore stesso che sta provando ora è anche la misura della sua capacità di amare e di essere viva.
La separazione che sta vivendo, a questa età e dopo tanti vissuti traumatici, è certamente una ferita che si aggiunge a molte altre. E comprendo come tutto questo possa farle sentire il tempo come un avversario più che come un alleato. Ma spesso sono proprio questi momenti a costringerci a guardarci dentro, a domandarci che cosa davvero conta per noi, e — anche se fa male — a ripartire da lì.
L’immagine del Truman Show che lei cita è molto potente. Sembra quasi che la vita la stia mettendo sotto osservazione, che il destino si diverta a scuotere la testa. Eppure, anche nel film, il protagonista a un certo punto trova il coraggio di uscire dal copione e di cercare la propria libertà, anche rischiando l’ignoto. Forse il dolore che sta provando ora è anche il segno di una possibilità: quella di riscrivere una parte della sua storia, di provare — magari per la prima volta — a vivere secondo ciò che sente veramente suo, senza più seguire copioni che non le appartengono.
Se riesce, si chieda: cosa potrebbe darle un po’ di vitalità oggi, anche solo per pochi minuti? C’è qualcosa che non ha mai fatto e che potrebbe provare? E, se fosse lei a scrivere il finale del suo film, che colore vorrebbe dargli, a prescindere da tutto ciò che è stato?
Non è facile. Ma non è mai troppo tardi per chiedersi come voler stare al mondo, anche solo per un giorno alla volta. E se tutto le sembra senza senso, provi — per quanto è possibile — a restare curiosa: a vedere cosa può ancora succedere, a quali incontri, sorprese, sguardi può aprirsi.
Le auguro di trovare, anche solo per un attimo, un senso suo, che sia autentico, anche piccolo — perché quello nessuno potrà portarglielo via. E se avesse bisogno di parlare con qualcuno, anche solo per farsi compagnia in questo passaggio, non esiti a cercare un aiuto professionale: a volte anche una sola voce amica può fare la differenza.
Capisco quanto sia difficile in questo momento anche solo pensare che una risposta possa cambiare qualcosa, ma il fatto che lei abbia trovato la forza di scrivere qui — di “sfogarsi”, come dice lei — è già un piccolo gesto di cura verso se stessa. Forse, anche solo inconsciamente, una parte di lei desidera ancora essere raggiunta, vista, capita.
La sua domanda sul senso della vita è tra le più profonde e universali che ci possiamo porre. Nessuno di noi, credo, ha una risposta definitiva — e forse il senso, più che trovarlo, si costruisce passo dopo passo, attraverso le esperienze, i legami, persino le perdite e le sofferenze. So che può sembrare tutto “cenere”, come scrive lei, ma il dolore stesso che sta provando ora è anche la misura della sua capacità di amare e di essere viva.
La separazione che sta vivendo, a questa età e dopo tanti vissuti traumatici, è certamente una ferita che si aggiunge a molte altre. E comprendo come tutto questo possa farle sentire il tempo come un avversario più che come un alleato. Ma spesso sono proprio questi momenti a costringerci a guardarci dentro, a domandarci che cosa davvero conta per noi, e — anche se fa male — a ripartire da lì.
L’immagine del Truman Show che lei cita è molto potente. Sembra quasi che la vita la stia mettendo sotto osservazione, che il destino si diverta a scuotere la testa. Eppure, anche nel film, il protagonista a un certo punto trova il coraggio di uscire dal copione e di cercare la propria libertà, anche rischiando l’ignoto. Forse il dolore che sta provando ora è anche il segno di una possibilità: quella di riscrivere una parte della sua storia, di provare — magari per la prima volta — a vivere secondo ciò che sente veramente suo, senza più seguire copioni che non le appartengono.
Se riesce, si chieda: cosa potrebbe darle un po’ di vitalità oggi, anche solo per pochi minuti? C’è qualcosa che non ha mai fatto e che potrebbe provare? E, se fosse lei a scrivere il finale del suo film, che colore vorrebbe dargli, a prescindere da tutto ciò che è stato?
Non è facile. Ma non è mai troppo tardi per chiedersi come voler stare al mondo, anche solo per un giorno alla volta. E se tutto le sembra senza senso, provi — per quanto è possibile — a restare curiosa: a vedere cosa può ancora succedere, a quali incontri, sorprese, sguardi può aprirsi.
Le auguro di trovare, anche solo per un attimo, un senso suo, che sia autentico, anche piccolo — perché quello nessuno potrà portarglielo via. E se avesse bisogno di parlare con qualcuno, anche solo per farsi compagnia in questo passaggio, non esiti a cercare un aiuto professionale: a volte anche una sola voce amica può fare la differenza.
Buongiorno,
grazie per aver scritto con tanta profondità e verità. Le sue parole arrivano dritte al cuore, e meritano tutto il rispetto possibile.
Ci sono momenti nella vita — e forse alcuni arrivano proprio quando pensavamo di aver già dato — in cui tutto sembra perdere senso. Quando il dolore bussa forte, quando i legami si spezzano e il tempo sembra più breve, può affiorare un senso di vuoto così grande da farci chiedere se davvero ne sia valsa la pena, se ci sia ancora un perché.
Eppure, anche in quello che ha scritto, si percepisce chiaramente che ha amato. Ha vissuto. Ha cercato. Sta cercando ancora, anche adesso. Perché scrivere quello che ha scritto non è solo uno sfogo. È un atto di presenza, di onestà, e forse anche un gesto silenzioso di speranza — la speranza che qualcuno possa tenere insieme un pezzo della sua stanchezza e guardarla con lei, senza giudizio.
Il dolore che sta provando è autentico. Non va negato, né ridotto con parole vuote. Ma proprio per questo, può essere accolto. E condiviso.
Se lo desidera, possiamo parlarne insieme. A volte, non è necessario trovare subito un “senso” alla vita, ma semplicemente permettersi di essere ascoltati mentre si attraversa il buio. In un colloquio, potremo cercare insieme un modo per non sentirsi più così sola con questi pensieri.
Mi scriva quando vuole.
Ci sono.
Dott.ssa Stefania Conti, Psicologa
grazie per aver scritto con tanta profondità e verità. Le sue parole arrivano dritte al cuore, e meritano tutto il rispetto possibile.
Ci sono momenti nella vita — e forse alcuni arrivano proprio quando pensavamo di aver già dato — in cui tutto sembra perdere senso. Quando il dolore bussa forte, quando i legami si spezzano e il tempo sembra più breve, può affiorare un senso di vuoto così grande da farci chiedere se davvero ne sia valsa la pena, se ci sia ancora un perché.
Eppure, anche in quello che ha scritto, si percepisce chiaramente che ha amato. Ha vissuto. Ha cercato. Sta cercando ancora, anche adesso. Perché scrivere quello che ha scritto non è solo uno sfogo. È un atto di presenza, di onestà, e forse anche un gesto silenzioso di speranza — la speranza che qualcuno possa tenere insieme un pezzo della sua stanchezza e guardarla con lei, senza giudizio.
Il dolore che sta provando è autentico. Non va negato, né ridotto con parole vuote. Ma proprio per questo, può essere accolto. E condiviso.
Se lo desidera, possiamo parlarne insieme. A volte, non è necessario trovare subito un “senso” alla vita, ma semplicemente permettersi di essere ascoltati mentre si attraversa il buio. In un colloquio, potremo cercare insieme un modo per non sentirsi più così sola con questi pensieri.
Mi scriva quando vuole.
Ci sono.
Dott.ssa Stefania Conti, Psicologa
Gentile Utente,
leggo nelle sue parole un dolore profondo e una grande stanchezza. Non mi sembra solo uno sfogo, ma il modo in cui sta cercando di farsi ascoltare, senza cercare risposte facili o soluzioni immediate.
Ci sono momenti nella vita in cui ci si chiede: “Ma a cosa serve tutto questo?” Quando si attraversano perdite, traumi, separazioni e sembra di dover ricominciare sempre dall'inizio, quella domanda diventa più reale e difficile da affrontare.
Lei dice che non pensa sia depressione, che per lei è un fatto oggettivo. Forse non sta cercando qualcuno che le dica cosa deve sentire, ma solo qualcuno che stia con lei, senza giudicarla e senza pretendere cambiamenti immediati.
Quando il dolore è così grande, può aiutare avere uno spazio in cui poter stare con quel dolore, senza doverlo per forza capire o sistemare subito.
Se un giorno vorrà parlarne, io ci sono. A volte non si tratta di lottare, ma di prendersi cura di sé, anche quando è difficile.
Un caro saluto,
Dott.ssa Maria Francesca Copani
leggo nelle sue parole un dolore profondo e una grande stanchezza. Non mi sembra solo uno sfogo, ma il modo in cui sta cercando di farsi ascoltare, senza cercare risposte facili o soluzioni immediate.
Ci sono momenti nella vita in cui ci si chiede: “Ma a cosa serve tutto questo?” Quando si attraversano perdite, traumi, separazioni e sembra di dover ricominciare sempre dall'inizio, quella domanda diventa più reale e difficile da affrontare.
Lei dice che non pensa sia depressione, che per lei è un fatto oggettivo. Forse non sta cercando qualcuno che le dica cosa deve sentire, ma solo qualcuno che stia con lei, senza giudicarla e senza pretendere cambiamenti immediati.
Quando il dolore è così grande, può aiutare avere uno spazio in cui poter stare con quel dolore, senza doverlo per forza capire o sistemare subito.
Se un giorno vorrà parlarne, io ci sono. A volte non si tratta di lottare, ma di prendersi cura di sé, anche quando è difficile.
Un caro saluto,
Dott.ssa Maria Francesca Copani
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso/a utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso/a utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno,
la ringrazio profondamente per questo sfogo così sincero, così umano. Leggere le sue parole è come entrare in una stanza silenziosa dove qualcuno ha appena messo a nudo l’anima. E non è poco. È un atto di grande coraggio.
Quello che lei racconta non è solo dolore: è una domanda esistenziale che molti, prima o poi, si pongono. E spesso proprio quando la vita ci mette in ginocchio, quando perdiamo un amore che sentivamo vero, o quando ci accorgiamo che le fatiche, le ferite e gli slanci vissuti sembrano non aver portato la pace che speravamo.
Lei non è sola in questo pensiero. Ed è vero: la consapevolezza che tutto, alla fine, finisce — corpi, relazioni, tempo — può sembrare un peso insopportabile.
Ma non tutto ciò che è destinato a finire è privo di senso.
Anzi, a volte è proprio la fragilità, il limite, la fine che rendono ogni gesto, ogni legame, ogni istante così incredibilmente importante.
Lei dice che “qualunque cosa potessi ascoltare non mi farebbe cambiare la mia considerazione”, e io non voglio contraddirla. Perché non si tratta di convincerla, né di dare risposte precotte. La sua visione oggi è figlia del dolore, ma anche della lucidità. Non va negata. Va accolta.
C'è però una cosa che voglio dirle con rispetto profondo: anche quando non si ha più voglia di combattere, si può desiderare qualcosa di più semplice e altrettanto prezioso. Come trovare un luogo sicuro in cui riposare. Una relazione dove non dover spiegare tutto. Uno spazio dove potersi sentire, semplicemente, riconosciuti.
Il fatto che lei abbia scritto questo messaggio — anche se dice che non le servirà — è già un seme. Una piccola apertura.
E forse non si tratta di trovare un “senso” alla vita con la V maiuscola. Ma solo di trovare oggi un senso a questo momento, a questo dolore, a questo passaggio. A volte, farlo insieme a qualcuno può rendere il peso un po’ meno schiacciante.
Lei è arrivata fin qui con una vita difficile, con traumi, perdite, e oggi con un cuore ancora capace di amare tanto da sentirsi distrutto. Questo, mi permetta di dirlo, non è poco. È la prova che la sua umanità è rimasta viva, anche quando ha dovuto sopportare tanto.
Se in lei rimane anche solo una piccola parte che desidera essere ascoltata davvero, io credo che sarebbe prezioso trovare uno spazio terapeutico in cui poter stare con tutto questo, senza dover cambiare idea, ma semplicemente sentendosi meno sola in quello che prova.
Nel frattempo, se ha ancora voglia di scrivere, io ci sono. Anche solo per restare accanto a questa sua domanda, che ha tutto il diritto di esistere.
Un caro saluto.
Dott. Tommaso Thibault
la ringrazio profondamente per questo sfogo così sincero, così umano. Leggere le sue parole è come entrare in una stanza silenziosa dove qualcuno ha appena messo a nudo l’anima. E non è poco. È un atto di grande coraggio.
Quello che lei racconta non è solo dolore: è una domanda esistenziale che molti, prima o poi, si pongono. E spesso proprio quando la vita ci mette in ginocchio, quando perdiamo un amore che sentivamo vero, o quando ci accorgiamo che le fatiche, le ferite e gli slanci vissuti sembrano non aver portato la pace che speravamo.
Lei non è sola in questo pensiero. Ed è vero: la consapevolezza che tutto, alla fine, finisce — corpi, relazioni, tempo — può sembrare un peso insopportabile.
Ma non tutto ciò che è destinato a finire è privo di senso.
Anzi, a volte è proprio la fragilità, il limite, la fine che rendono ogni gesto, ogni legame, ogni istante così incredibilmente importante.
Lei dice che “qualunque cosa potessi ascoltare non mi farebbe cambiare la mia considerazione”, e io non voglio contraddirla. Perché non si tratta di convincerla, né di dare risposte precotte. La sua visione oggi è figlia del dolore, ma anche della lucidità. Non va negata. Va accolta.
C'è però una cosa che voglio dirle con rispetto profondo: anche quando non si ha più voglia di combattere, si può desiderare qualcosa di più semplice e altrettanto prezioso. Come trovare un luogo sicuro in cui riposare. Una relazione dove non dover spiegare tutto. Uno spazio dove potersi sentire, semplicemente, riconosciuti.
Il fatto che lei abbia scritto questo messaggio — anche se dice che non le servirà — è già un seme. Una piccola apertura.
E forse non si tratta di trovare un “senso” alla vita con la V maiuscola. Ma solo di trovare oggi un senso a questo momento, a questo dolore, a questo passaggio. A volte, farlo insieme a qualcuno può rendere il peso un po’ meno schiacciante.
Lei è arrivata fin qui con una vita difficile, con traumi, perdite, e oggi con un cuore ancora capace di amare tanto da sentirsi distrutto. Questo, mi permetta di dirlo, non è poco. È la prova che la sua umanità è rimasta viva, anche quando ha dovuto sopportare tanto.
Se in lei rimane anche solo una piccola parte che desidera essere ascoltata davvero, io credo che sarebbe prezioso trovare uno spazio terapeutico in cui poter stare con tutto questo, senza dover cambiare idea, ma semplicemente sentendosi meno sola in quello che prova.
Nel frattempo, se ha ancora voglia di scrivere, io ci sono. Anche solo per restare accanto a questa sua domanda, che ha tutto il diritto di esistere.
Un caro saluto.
Dott. Tommaso Thibault
Buongiorno,
La ringrazio di cuore per aver condiviso questo suo sfogo, così profondo, onesto e doloroso. Leggo le sue parole e sento tutto il peso che portano: il peso di una vita di lotte, di traumi superati, e ora di un dolore acuto che sembra togliere il fiato e il senso a tutto il resto.
Voglio dirle subito una cosa: la sua domanda non è banale, né è semplicemente il frutto di un momento buio. È la domanda fondamentale dell'esistenza umana, quella che filosofi, poeti e persone comuni si pongono da sempre. Lei ha ragione, da un punto di vista puramente oggettivo e biologico, il ciclo della vita termina con la morte. È un fatto ineluttabile. E quando si è immersi nella sofferenza, questo fatto può apparire come una condanna che rende vana ogni cosa.
Lei scrive: "tutto questo dove porta? Tutto diventa cenere".
È una metafora potentissima. Permetta però a quella cenere di raccontare una storia. La cenere non è il nulla; è ciò che resta di un fuoco che ha bruciato. Un fuoco che ha dato calore, ha fatto luce, ha trasformato ciò che ha toccato. L'amore che ha provato per il suo compagno, e che lui prova per lei, anche se ora interrotto dalla paura, non è stato vano. È stato un fuoco. Il dolore che prova ora è la testimonianza di quanto quel fuoco fosse intenso e importante. Non si soffre così per qualcosa che non ha avuto valore.
Il senso della vita, forse, non si trova alla fine del percorso, nella destinazione, ma nel percorso stesso. Non in ciò che resta, ma in ciò che è stato. Nelle risate, nelle lacrime, nella fatica di costruire, nell'intensità di un amore, persino nella profondità di un dolore come il suo. Questi non sono semplici eventi che ci preparano a un finale, sono la vita stessa. Lei ha amato, ha sofferto, ha lottato: ha vissuto intensamente. Questo non può essere cancellato.
La sua sensazione di essere in un "Truman Show" è comprensibile. Quando il dolore e le difficoltà si accaniscono, è facile sentirsi come marionette in un gioco assurdo e crudele. Ma in quel film, Truman alla fine sceglie. Sceglie di uscire dalla cupola, di affrontare l'ignoto, perché la sua esperienza, per quanto costruita da altri, era diventata sua. I suoi sentimenti erano reali. Il suo amore per Sylvia era reale. Così come è reale il suo amore, e reale il suo dolore.
Lei dice di non avere più voglia di combattere. E la capisco. A 60 anni, dopo una vita di battaglie, la stanchezza è un'emozione legittima e profonda. Forse, ora, non è più il tempo di "combattere" nel senso di lottare contro il mondo. Forse è il tempo di un'altra forma di coraggio: il coraggio di stare con il proprio dolore, di accoglierlo senza lasciarsi annientare, di trovare un modo per prendersi cura di sé con una gentilezza che forse in passato non si è potuta concedere.
La separazione che sta vivendo è terribilmente dolorosa, soprattutto perché l'amore non è finito, ma è stato vinto dalla paura. È una ferita aperta che fa dubitare di tutto. Ma il fatto che lei scriva, che si sfoghi, che cerchi un ascolto, mi dice che dentro di lei non c'è solo cenere. C'è ancora una brace, una scintilla che cerca calore e comprensione.
Lei scrive che nessuna parola potrebbe farle cambiare idea. E io non ho la presunzione di volerlo fare. Non le offrirò facili soluzioni o frasi fatte. Voglio solo dirle che il suo dolore è visto, è ascoltato e ha una dignità immensa. E che la sua vita, con tutte le sue cicatrici e le sue fatiche, non è una storia assurda, ma la testimonianza di una donna che ha saputo amare e lottare con una forza straordinaria.
Non deve trovare un senso universale per tutti. Forse, per ora, il senso può essere qualcosa di molto piccolo e vicino: il respiro che fa proprio in questo momento, il coraggio che ha avuto nello scrivere queste parole, la cura di una piccola pianta, il calore del sole sulla pelle. Piccoli frammenti di esistenza che non pretendono di dare una risposta al "tutto", ma che semplicemente sono.
Grazie ancora per la sua fiducia. Le invio un pensiero di sincera e profonda vicinanza.
La ringrazio di cuore per aver condiviso questo suo sfogo, così profondo, onesto e doloroso. Leggo le sue parole e sento tutto il peso che portano: il peso di una vita di lotte, di traumi superati, e ora di un dolore acuto che sembra togliere il fiato e il senso a tutto il resto.
Voglio dirle subito una cosa: la sua domanda non è banale, né è semplicemente il frutto di un momento buio. È la domanda fondamentale dell'esistenza umana, quella che filosofi, poeti e persone comuni si pongono da sempre. Lei ha ragione, da un punto di vista puramente oggettivo e biologico, il ciclo della vita termina con la morte. È un fatto ineluttabile. E quando si è immersi nella sofferenza, questo fatto può apparire come una condanna che rende vana ogni cosa.
Lei scrive: "tutto questo dove porta? Tutto diventa cenere".
È una metafora potentissima. Permetta però a quella cenere di raccontare una storia. La cenere non è il nulla; è ciò che resta di un fuoco che ha bruciato. Un fuoco che ha dato calore, ha fatto luce, ha trasformato ciò che ha toccato. L'amore che ha provato per il suo compagno, e che lui prova per lei, anche se ora interrotto dalla paura, non è stato vano. È stato un fuoco. Il dolore che prova ora è la testimonianza di quanto quel fuoco fosse intenso e importante. Non si soffre così per qualcosa che non ha avuto valore.
Il senso della vita, forse, non si trova alla fine del percorso, nella destinazione, ma nel percorso stesso. Non in ciò che resta, ma in ciò che è stato. Nelle risate, nelle lacrime, nella fatica di costruire, nell'intensità di un amore, persino nella profondità di un dolore come il suo. Questi non sono semplici eventi che ci preparano a un finale, sono la vita stessa. Lei ha amato, ha sofferto, ha lottato: ha vissuto intensamente. Questo non può essere cancellato.
La sua sensazione di essere in un "Truman Show" è comprensibile. Quando il dolore e le difficoltà si accaniscono, è facile sentirsi come marionette in un gioco assurdo e crudele. Ma in quel film, Truman alla fine sceglie. Sceglie di uscire dalla cupola, di affrontare l'ignoto, perché la sua esperienza, per quanto costruita da altri, era diventata sua. I suoi sentimenti erano reali. Il suo amore per Sylvia era reale. Così come è reale il suo amore, e reale il suo dolore.
Lei dice di non avere più voglia di combattere. E la capisco. A 60 anni, dopo una vita di battaglie, la stanchezza è un'emozione legittima e profonda. Forse, ora, non è più il tempo di "combattere" nel senso di lottare contro il mondo. Forse è il tempo di un'altra forma di coraggio: il coraggio di stare con il proprio dolore, di accoglierlo senza lasciarsi annientare, di trovare un modo per prendersi cura di sé con una gentilezza che forse in passato non si è potuta concedere.
La separazione che sta vivendo è terribilmente dolorosa, soprattutto perché l'amore non è finito, ma è stato vinto dalla paura. È una ferita aperta che fa dubitare di tutto. Ma il fatto che lei scriva, che si sfoghi, che cerchi un ascolto, mi dice che dentro di lei non c'è solo cenere. C'è ancora una brace, una scintilla che cerca calore e comprensione.
Lei scrive che nessuna parola potrebbe farle cambiare idea. E io non ho la presunzione di volerlo fare. Non le offrirò facili soluzioni o frasi fatte. Voglio solo dirle che il suo dolore è visto, è ascoltato e ha una dignità immensa. E che la sua vita, con tutte le sue cicatrici e le sue fatiche, non è una storia assurda, ma la testimonianza di una donna che ha saputo amare e lottare con una forza straordinaria.
Non deve trovare un senso universale per tutti. Forse, per ora, il senso può essere qualcosa di molto piccolo e vicino: il respiro che fa proprio in questo momento, il coraggio che ha avuto nello scrivere queste parole, la cura di una piccola pianta, il calore del sole sulla pelle. Piccoli frammenti di esistenza che non pretendono di dare una risposta al "tutto", ma che semplicemente sono.
Grazie ancora per la sua fiducia. Le invio un pensiero di sincera e profonda vicinanza.
La sua domanda è profonda e tocca una ferita che molti nascondono: che senso ha combattere, se tutto finisce? Ma si è mai chiesta perché, nonostante tutto, continua a cercare amore, significato, presenza? Cosa la tiene ancora in piedi, anche ora, mentre scrive? È davvero tutto cenere, o esiste qualcosa, anche piccolo, che ancora la commuove, che ancora la fa sentire viva?
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Dalle sue parole emerge con forza la sofferenza, il peso e il senso di vuoto che prova di fronte agli eventi della vita, sia passati che presenti.
La depressione, in molti casi, si manifesta proprio con questa sensazione di vuoto e impotenza: una visione negativa di sé, del mondo e del futuro; la sensazione che nessuno possa veramente comprendere o aiutare; e una mancanza di energia e motivazione che rende anche le attività più semplici estremamente difficili da affrontare. Queste esperienze possono instaurare un circolo vizioso difficile da spezzare senza un adeguato supporto.
Vorrei quindi invitarla, se lo desidera, a considerare che anche nei momenti più difficili può essere possibile avviare un processo di rielaborazione e di costruzione di senso, riscoprendo piccoli significati o obiettivi in grado di alleggerire il peso dell’esperienza vissuta.
Non è necessario affrontare tutto da soli: chiedere aiuto e confrontarsi con un professionista o una rete di supporto può rappresentare un passo importante per alleggerire questo peso e ritrovare risorse interiori.
La ringrazio per aver condiviso il suo pensiero, perché già questo gesto rappresenta un atto di coraggio e di apertura. Le auguro di poter trovare, giorno dopo giorno, un po’ di sollievo e di luce nel suo percorso.
Un caro saluto.
Dott. Michele Milazzo
La depressione, in molti casi, si manifesta proprio con questa sensazione di vuoto e impotenza: una visione negativa di sé, del mondo e del futuro; la sensazione che nessuno possa veramente comprendere o aiutare; e una mancanza di energia e motivazione che rende anche le attività più semplici estremamente difficili da affrontare. Queste esperienze possono instaurare un circolo vizioso difficile da spezzare senza un adeguato supporto.
Vorrei quindi invitarla, se lo desidera, a considerare che anche nei momenti più difficili può essere possibile avviare un processo di rielaborazione e di costruzione di senso, riscoprendo piccoli significati o obiettivi in grado di alleggerire il peso dell’esperienza vissuta.
Non è necessario affrontare tutto da soli: chiedere aiuto e confrontarsi con un professionista o una rete di supporto può rappresentare un passo importante per alleggerire questo peso e ritrovare risorse interiori.
La ringrazio per aver condiviso il suo pensiero, perché già questo gesto rappresenta un atto di coraggio e di apertura. Le auguro di poter trovare, giorno dopo giorno, un po’ di sollievo e di luce nel suo percorso.
Un caro saluto.
Dott. Michele Milazzo
Cara, grazie a te per aver trovato la forza di scrivere parole così profonde, vere e cariche di dolore. Leggendoti si percepisce una sofferenza che non è solo legata al momento presente, ma anche a un vissuto pieno di traumi, di lotte e di grandi perdite emotive. È umano, e direi anche molto lucido, arrivare a chiedersi: **“A cosa serve tutto questo, se poi finisce tutto?”**
Il senso della vita: non una risposta, ma una ricerca
Hai ragione su una cosa molto importante: **non tutto quello che stai provando è depressione**. Spesso tendiamo a etichettare pensieri esistenziali come “patologici”, ma in realtà sono domande profonde che ci accompagnano soprattutto nei momenti in cui qualcosa si rompe, quando il dolore diventa così grande da svuotare anche ciò che prima ci sembrava pieno.
Ti faccio una confidenza da psicologa, ma anche da essere umano: **non esiste un senso della vita valido per tutti**. Per qualcuno è l’amore, per altri la fede, per altri ancora la bellezza, l’arte, il prendersi cura di qualcuno. Ma a volte la vita ci chiede di **rifare questa ricerca da capo**, soprattutto dopo grandi perdite.
La perdita dell'amore e il senso del tempo che scorre
A 60 anni, dopo aver lottato tanto e dopo una storia d’amore vera – perché l’amore c’è, anche se ora è ferito – è normale sentirsi svuotati, stanchi, **senza più voglia di ricominciare**. Ma anche questo è parte del lutto: non solo la perdita dell'altro, ma anche di una parte di sé, di un sogno condiviso.
Spesso pensiamo che con l’età diventi tutto più chiaro, ma **certe ferite si sentono più forti proprio quando il tempo sembra più breve**. Non è debolezza: è una forma di lucidità che fa male.
Un invito, con delicatezza
So che hai detto che nulla potrà cambiare la tua considerazione, e rispetto profondamente questo tuo sentire. Ma se posso, ti lascio un piccolo spunto, non come cura, ma come **seme da tenere tra le mani**:
**Forse il senso non è capire perché accade tutto questo, ma trovare qualcuno con cui condividerlo.**
Anche solo un terapeuta che sappia reggere le tue parole senza giudicarle, senza cercare di convincerti di qualcosa. Non per darti risposte, ma per **non lasciarti sola in questa domanda**.
E se fosse giusto sentirsi così?
A volte, **dare spazio al dolore senza combatterlo** è già un gesto d’amore verso sé stessi. Forse in questo momento non è il momento di “reagire”, ma solo di **fermarsi, ascoltare il cuore stanco, e lasciarsi curare un po’ dal tempo e dalla parola.**
In pratica, se senti che questo dolore ti isola o ti toglie le forze per affrontare le giornate:
* **Un percorso psicologico** non per “aggiustarti”, ma per **sostenerti**.
* Valutare un supporto **per elaborare il lutto e il senso di vuoto**. Anche online esistono psicoterapeuti che possono accompagnarti con delicatezza.
Per concludere
Non c’è nulla di assurdo in te. Quello che senti è la voce di una donna che ha amato, che ha vissuto, e che adesso si ritrova **in un punto fragile e profondo del suo cammino**. Ti sei raccontata con una lucidità e una verità che meritano ascolto, non risposte preconfezionate.
Sono qui se vuoi continuare a parlare, anche solo per scrivere, sfogarti, pensare insieme.
E se anche per ora non c'è un senso, **sei tu ad avere senso. Anche adesso, anche così.**
Un abbraccio sincero.
Il senso della vita: non una risposta, ma una ricerca
Hai ragione su una cosa molto importante: **non tutto quello che stai provando è depressione**. Spesso tendiamo a etichettare pensieri esistenziali come “patologici”, ma in realtà sono domande profonde che ci accompagnano soprattutto nei momenti in cui qualcosa si rompe, quando il dolore diventa così grande da svuotare anche ciò che prima ci sembrava pieno.
Ti faccio una confidenza da psicologa, ma anche da essere umano: **non esiste un senso della vita valido per tutti**. Per qualcuno è l’amore, per altri la fede, per altri ancora la bellezza, l’arte, il prendersi cura di qualcuno. Ma a volte la vita ci chiede di **rifare questa ricerca da capo**, soprattutto dopo grandi perdite.
La perdita dell'amore e il senso del tempo che scorre
A 60 anni, dopo aver lottato tanto e dopo una storia d’amore vera – perché l’amore c’è, anche se ora è ferito – è normale sentirsi svuotati, stanchi, **senza più voglia di ricominciare**. Ma anche questo è parte del lutto: non solo la perdita dell'altro, ma anche di una parte di sé, di un sogno condiviso.
Spesso pensiamo che con l’età diventi tutto più chiaro, ma **certe ferite si sentono più forti proprio quando il tempo sembra più breve**. Non è debolezza: è una forma di lucidità che fa male.
Un invito, con delicatezza
So che hai detto che nulla potrà cambiare la tua considerazione, e rispetto profondamente questo tuo sentire. Ma se posso, ti lascio un piccolo spunto, non come cura, ma come **seme da tenere tra le mani**:
**Forse il senso non è capire perché accade tutto questo, ma trovare qualcuno con cui condividerlo.**
Anche solo un terapeuta che sappia reggere le tue parole senza giudicarle, senza cercare di convincerti di qualcosa. Non per darti risposte, ma per **non lasciarti sola in questa domanda**.
E se fosse giusto sentirsi così?
A volte, **dare spazio al dolore senza combatterlo** è già un gesto d’amore verso sé stessi. Forse in questo momento non è il momento di “reagire”, ma solo di **fermarsi, ascoltare il cuore stanco, e lasciarsi curare un po’ dal tempo e dalla parola.**
In pratica, se senti che questo dolore ti isola o ti toglie le forze per affrontare le giornate:
* **Un percorso psicologico** non per “aggiustarti”, ma per **sostenerti**.
* Valutare un supporto **per elaborare il lutto e il senso di vuoto**. Anche online esistono psicoterapeuti che possono accompagnarti con delicatezza.
Per concludere
Non c’è nulla di assurdo in te. Quello che senti è la voce di una donna che ha amato, che ha vissuto, e che adesso si ritrova **in un punto fragile e profondo del suo cammino**. Ti sei raccontata con una lucidità e una verità che meritano ascolto, non risposte preconfezionate.
Sono qui se vuoi continuare a parlare, anche solo per scrivere, sfogarti, pensare insieme.
E se anche per ora non c'è un senso, **sei tu ad avere senso. Anche adesso, anche così.**
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