Buongiorno dottori, scrivo questo consulto perchè sono una madre disperata. Mio figlio (16 anni) sta

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Buongiorno dottori, scrivo questo consulto perchè sono una madre disperata. Mio figlio (16 anni) sta passando un brutto periodo sia fisicamente che psicologicamente.
Innanzitutto premetto che da circa 12/13 anni ci siamo dovuti trasferire in una nuova città per lavoro, tornando nella nostra città natale solo una volta al mese. A mio figlio non piace per niente, sin da quando era piccolo questa nuova città e da 12 anni dice di volersene andare via, di voler tornare nella terra dove è nato e cresciuto ed alla quale è rimasto molto legato, è felice solo quei giorni in cui ci facciamo ritorno. In questa nuova città si sente solo, non ha amici, sta sempre chiuso in casa e non esce mai. L'unica ragazza con cui ha legato e per la quale provava un sentimento amoroso si è dovuta trasferire lontano per problemi familiari e da qui sono iniziati i "dolori":
Odia sempre di più questa città, cova il desiderio di tornare Dove è nato, non socializza e non ha amici, insomma è infelice e si sente solo.
Una sera si sentì male: tremava, soprattutto alle mani, aveva dolore al petto, era nel panico ed aveva la sensazione di morire. Pensavamo fosse un infarto, ma fortunatamente dopo 30 minuti la crisi passò e si sentì bene.
Dopo questa crisi gli feci fare ECG, ecocardio,
esami del sangue ed urine, usciti tutti nella norma.
Dopo circa due settimane ebbe un altra violenta crisi di questo genere, ci trovavamo in autostrada, stavamo tornando dal nostro paese natale quando si sentì soffocare, ebbe dolore al petto e tremava. Anche in questo caso la crisi passò in 20-30 minuti.
Questa seconda crisi lo segnò profondamente tantè che è diventato molto ipocondriaco e cardiofobico: è convinto che i suoi malesseri siano causa di qualche malattia cardiaca e nonostante le mille visite Dove si può evincere che il suo cuore è perfetto, è convinto di avere qualche malattia.
È convinto che prima o poi debba morire improvvisamente (è molto terrorizzato da questa), per questo è convinto che quando si sveglia la mattina quello sia il suo ultimo giorno.
Per questa paura non pratica più sport, non gioca neanche più a calcio, che prima gli piaceva tanto, perchè ha la convinzione di accasciarsi a terra e morire.
Inoltre non c'è un giorno che dica "io sto bene" perchè ogni giorno prova dei piccoli doloranti ed altri sintomi (sensazione di sbandamento e di svenimento mentre cammina, vertigini, capogiro...) e da 3/4 mesi anche un dolore al petto, localizzato nella parte sx di esso, formicolio ed altro strani sintomi che gli fanno credere che stia per morire.
Passa tutto il giorno a misurarsi i battiti cardiaci e la pressione, e questo penso non sia normale per un ragazzo di 16 anni!
È talmente convinto di morire a breve che sta lasciando tutte le sue attività, perché a detta sua "perchè farle se poi devo morire".
Passa le sue giornate a cercare i suoi sintomi su internet credendo di avere le più gravi malattie riguardanti il cuore.
Cosa ha mio figlio?
Come posso fargli passare queste fissazioni
Buongiorno signora, le "fissazioni" di suo figlio, come lei le chiama, insieme all'isolamento sociale e alla rinuncia alle sue attività e ai sintomi fisici, sono indice di un certo malessere interiore, un malessere che lo porta a somatizzare, ad avere attacchi di panico e ipocondria. A volte il cambiamento in adolescenza è avvertito come catastrofico e mortifero. Se fra le convinzioni granitiche di suo figlio di morire a breve e di avere qualcosa di organico le sembra si apra ogni tanto una crepa, seppur piccola, di consapevolezza o almeno di dubbio che i suoi sintomi sono invece di ordine psicologico ed emotivo, potrebbe proporgli di prendersi cura del suo stare male chiedendo aiuto a uno psicoterapeuta dell'adolescenza (con il consenso anche del padre). Se invece le sembra difficile che suo figlio possa accettare una simile proposta, potrebbe rivolgersi lei ad uno psicoterapeuta dell'adolescenza per farsi aiutare in come essere vicina a suo figlio in questo difficile momento al fine di riuscire ad accompagnarlo gradualmente ad accettare prima o poi l'idea di un aiuto. Cordiali saluti

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La descrizione molto dettagliata di sintomi, disagi, paure, pseudo spiegazioni del ragazzo, sono segno di quanto sia attenta e meticolosa nell'osservazione la mamma ma anche di come si senta impotente nell'aiutare un ragazzo di 16 anni in preda ad una forte crisi d'angoscia che si manifesta con la ricerca continua di segnali fisici che possano confermare la sensazione "di morire". E' evidente che il ragazzo gode di buona salute fisica come confermato dagli innumerevoli esami e visite, ma questa evidenza non è tale per il diretto interessato. Niente sembra sollevarlo dalla sua angoscia che si esprime con il terrore di soffrire di qualche terribile malattia. Il punto è che il disagio non ha origine nel corpo ma piuttosto nella psiche. E' sicuramente possibile aiutare il ragazzo, anzi è molto importante intervenire proprio in questo momento di crisi. La figura professionale più indicata è uno psicoterapeuta che abbia un'esperienza con gli adolescenti.
Buongiorno. La premessa è importante: lei si definisce una madre disperata. Immagino che suo figlio, con questa sua esternalizzazione stia richiamando anche l'attenzione in maniera più che palese. Attraverso queste manifestazioni sta inoltre comunicando, a modo suo, un No. Questo in realtà è un segno tipicamente adolescenziale, benché tale rifiuto appaia eccessivo. In situazioni del genere si potrebbe suggerire anche una terapia familiare, anche se manca un'informazione importante, ovvero l'andamento scolastico. Cosa dice la scuola? I professori?
Gentile signora, buon pomeriggio.
Comdivido le ipotesi e i suggerimenti dati dai colleghi.
Comprendo la sua preoccupazione per il trasferimento, che tuttavia risale ormai a ben 12/13 anni fa, quando suo figlio aveva meno di tre anni.
Lei coglie bene che le crisi del ragazzo sono in relazione alla separazione, si tratta però di una separazione simbolica: si può ipotizzare infatti una difficoltà del ragazzo a “separarsi” dal suo essere bambino e dai suoi genitori, premessa questa indispensabile per divenire adulto.
Lo stesso distacco dalle relazioni sociali e amicali nel contesto in cui vive va in questa direzione.
Le tematiche ipocondriche e fobiche che manifesta intervengono a mantenerlo “legato” al mondo infantile, lontano dai compiti evolutivi dell’adolescenza, come se gli dessero “un alibi”.
Dato il tipo di questione, che evidentemente presuppone meccanismi inconsci, un approccio psicoterapeutico psicoanaliticamente orientato mi pare il più idoneo.
Un saluto
Salve. I sintomi di suo figlio richiedono di certo l'attenzione e l'intervento di uno psicologo dell'età evolutiva.
Cordiali Saluti Dottor Grilli.
Salve, capisco le preoccupazioni di una mamma che vede l'insoddisfazione del proprio figlio, che non accetta il trasferimento in un altra città che non è il luogo dove è nato, che cmq era molto piccolo quando vi siete trasferiti. Forse la fonte dei suoi disturbi, con i suoi attacchi di panico, sono altri, è in un periodo molto difficile l'adolescenza. Quindi come consigliano i miei colleghi, sarebbe bene che consigliaste il ragazzo di eseguire dei colloqui con uno psicoterapeuta specializzato nell'adolescenza. Nel caso il ragazzo non sia d'accordo potreste essere voi genitori ad andare da uno psicoterapeuta, un supporto indiretto, è importante per il genitore trovare le modalità giuste per interagire con il proprio figlio e poterlo aiutare nella maniera giusta. Vi auguro di trovare la strada giusta per far star bene il vostro ragazzo, la saluto cordialmente, dott. Eugenia Cardilli.
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Suo figlio ha sicuramente bisogno di essere seguito anche da uno psicologo psicoterapeuta. Il disagio di essere in una città che non ama credo che rifletta anche il disagio dei genitori, perchè il ragazzo era molto piccolo quando vi siete trasferiti per cui poteva benissimo integrarsi e trovare nuovi amici. Probabilmente voi genitori non avete accettato il trasferimento e non vi sentite integrati ma rimanete attaccati alle origini e quindi il problema diventa della famiglia. Ad ogni modo i controlli medici sono indispensabili. Auguri per tutto!!
Salve signora il caso di suo figlio non dovrebbe essere preso alla leggera poiché tutto ciò potrebbe tradursi in una difficoltà a svolgere anche semplici attività quotidiane. Fondamentale è l'incontro con uno specialista che vi permetta, Anzi permetta a lui, di risolvere o quantomeno attenuare tale sintomatologia. Farmaci e psicoterapia, mi permetto di suggerire cognitivo-comportamentale, credo siano l'ideale
Mi dispiace molto Signora per quello che state vivendo. Il disagio di suo figlio sembra raggiungere momenti di ansia acuta, somatizzazioni e attacchi di panico che richiedono l'attenzione e l'aiuto di uno psicoterapeuta. Un caro saluto
Gentilissima signora, si sente come sia preoccupata per suo figlio e come cerchi un aiuto concreto in questa situazione. Dai sintomi che descrive sembra che suo figlio abbia avuto un attacco di panico e che dopo il primo, si sia innescato un processo di paura di un nuovo attacco perché è effettivamente molto sconvolgente, traumatico come episodio. Nel suo racconto parla di come suo figlio non abbia mai accettato la separazione dalla terra natia ed in alcuni casi certi vissuti di mancata elaborazione delle separazione possono dare luogo in seguito ad attacchi di panico, tant'è che si sono ripresentati in seguito alla partenza della fidanzatina. Le consiglio di cercare di parlare con suo figlio per provare a portarlo da un terapeuta che svolga il trattamento degli Attacchi di panico con il metodo emdr. Spero che troviate la persona giusta che piaccia a suo figlio così da poter intraprendere il percorso di elaborazione delle esperienze all'origine degli attacchi. Non molli al primo ostacolo! Rimango a disposizione per eventuali chiarimenti. Un caro saluto D.ssa Capaccioli
Gentile signora, l’angoscia che lei sente si somma a quella che suo figlio sperimenta quotidianamente . Lei non dice perché vi siete traferiti, cosa e chi avete lasciato? Il padre?
Non dice Come lei ha vissuto questo trasferimento e come si è inserita in questa nuova città . Penso sia di fondamentale importanza che suo figlio inizi un percorso di psicoterapia per poter dare un nome a questa angoscia di morte che sperimenta. Si rivolga con fiducia ad uno psicoterapeuta .
Se lo desidera mi può scrivere.
Cordialmente AR
Buongiorno Signora, è chiaro che suo figlio sta vivendo un momento di malessere. Questi episodi che da come descrive sembrerebbero essere attacchi di panico, sono "sintomi" che la maggior parte delle volte hanno la funzione di mandare messaggi sia a se stessi che alle persone che abbiamo intorno. Deve considerare questi episodi ansiosi come risposte funzionali a qualcosa che sarebbe troppo difficile da vivere/gestire/affrontare. Consiglio di accompagnare suo figlio da uno psicoterapeuta, personalmente le consiglierei un collega esperto in tecnica EMDR.
Le mando un caro saluto,
Federica Miccichè
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Buon giorno signora si percepisce una situazione di chiara sofferenza da parte di suo figlio. Come terapeuta dell'adolescenza mi verrebbe da chiederLe se ha mai provato a proporre a suo figlio di rivolgersi a uno psicoterapeuta. Nell'adolescenza possono verificarsi questi momenti di sofferenza e purtroppo i genitori non riescono a trovare gli strumenti adeguati per aiutare i propri figli. Non perché non ne siano in grado ma perché determinate questioni talvolta è meglio che vengano affrontate da una figura esterna. Se ha bisogno di suggerimenti non esiti a contattarmi. Cordialmente Gian Piero Grandi
Buongiorno, condivido molte delle osservazioni che hanno fatto i miei colleghi. Nella mia pratica clinica mi occupo quotidianamente di ragazzi che affrontano piccole o enormi difficoltà nel percorso di crescita, che appare ogni giorno più complesso anche in relazione alle richieste e agli stimoli sempre più elevati che provengono dal mondo esterno (scuola, sport, web, televisione) e in relazione alle quali ci può essere un rifugio, una fuga che per certi versi, involontariamente, diventa più rassicurante rispetto alla possibilità di esporsi all'ignoto o al fallimento. Penso che sia importante rivolgersi a uno specialista della sua zona, che si occupi di adolescenti e che abbia la possibilità gradualmente di aiutare suo figlio ad uscire dal suo "rifugio". Un caro saluto e un augurio. Un caro saluto Valentina Compierchio
Gentile mamma, Suo figlio sta vivendo un momento di crisi che si mostra attraverso la sintomatologia che Lei descrive. Ha avuto un attacco di panico (cosa che, se isolata, accomuna in realtà buona parte della popolazione!) in seguito al quale ha sviluppato un circolo vizioso di iperfocalizzazione sugli stati viscerali con conseguente riconfigurazione erronea degli stessi ogni qualvolta escono dal range di familiarità: un battito cardiaco accelerato verrà interpretato come un attacco di cuore incipiente, un formicolio come la spia di un brutto male neurologico, e così via. Ogni volta che Suo figlio (si) avverte in modo "non familiare", questo lo allarma e lo costringe a passare ore online in cerca di spiegazioni (cosa piuttosto normale: chi non lo farebbe?). Al contempo aumenta la concentrazione su quel sintomo, e così facendo lo avverte con più chiarezza contribuendo ad alimentare l'ansia (che, di per sè, è una reazione fisiologica!) e ad instaurare il circolo vizioso che Lei ben descrive. Questo tipo di sentir-si è tanto più comune in una età in cui vi sono potenzialmente mille diversi orizzonti d'attesa e possibilità esistenziali (l'adolescenza) che possono trasformarsi da risorsa a elemento di criticità se non si riesce a prefigurarne uno (o più) con concretezza e senso di possibilità. Suo figlio in questo momento non ha un'orizzonte d'attesa (se non quello, da lui percepito, della morte, ovvero della chiusura totale di ogni orizzonte, tanto da smettere di fare qualsiasi cosa: che senso ha se deve morire?). Questo contribuisce al senso di chiusura, ansia, e di ripiegamento depressivo che Lei nota con il ritiro sociale. Tutte queste evidenze possono giustamente preoccupare una mamma attenta e presente, come sembra essere Lei. La buona notizia, però, è che sono affrontabili e risolvibili attraverso un percorso che vada alla radice del problema: quali sono i contesti nei quali avvengono queste sensazioni erroneamente riconfigurate? quale è il loro senso? in che modo Suo figlio può inserirle nella trama narrativa in modo identitario, coerente? Ad oggi Suo figlio non ha una spiegazione ad esse, pertanto utilizza la più accessibile per Lui in quel momento: un brutto male, un corpo difettuale (pensi a quanti, repentini, cambiamenti avvengono in pubertà e a quante sollecitazioni fisiologiche "non familiari" Lei stessa ha avvertito allora!), un pericolo incipiente. Non si tratta di fissazioni, ma dell'unico modo possibile (ad oggi) per Suo figlio per cercare di spiegare quello che gli sta accadendo. Ridare un senso a queste sensazioni impedirà che vengano significate attraverso la malattia. Da qui, la riapertura dell'orizzonte di attesa e della progettualità sarà logica conseguenza. Parli con Suo figlio della possibilità di intraprendere un percorso con uno psicoterapeuta (possibilmente cognitivo-comportamentale, perché utilizza tecniche adatte allo scopo di questo caso specifico). Serviranno impegno, motivazione e fiducia (e il consenso, essendo minorenne, di entrambi i genitori se il padre è ancora in vita). Ma i risultati saranno sorprendenti. E data l'età di Suo figlio, si merita di vivere la propria adolescenza in modo sereno il prima possibile. Procedete in questo senso quanto prima. In bocca al lupo! cordialità. DMP
Buongiorno Signora e Buon anno. Sembra che lei stia descrivendo alla perfezione un quadro di sintomatologia ansiosa. Funziona bene trattarla con un ciclo di psicoterapia cognitivo-comportamentale. Mi scriva in privato per maggiori informazioni a riguardo, altrimenti cerchi un professionista sul portale.
dott Tealdi
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Buongiorno gentile Signora, condivido le osservazioni e i suggerimenti dei miei colleghi. Come psicologa specializzata in età evolutiva e adolescenza, Le consiglio di rivolgersi ad un professionista con tali referenze, in quanto dalla sua descrizione si evince un marcato disagio in suo figlio espresso tramite sintomi fisici, ma che nasce a livello psichico e che parrebbe legato al tema della "separazione" (il trasferimento, la fidanzatina...) in un passaggio evolutivo delicato che è l'adolescenza. Le consiglierei di parlare con suo figlio e proporgli un percorso di psicoterapia psicoanalitica per aiutarlo a superare questo periodo difficile.
Se lo desidera può scrivermi in privato per ulteriori informazioni o chiarimenti.
Le mando un caro saluto.
Paola Garilli
Buongiorno signora, suo figlio ha avuto un attacco di panico (che presenta tutti quei sintomi che lei ha descritto), che lo ha spaventato e ha innescato il circolo vizioso della paura di morire. Le consiglio di cercare qualcuno per far iniziare a suo figlio un percorso di supporto psicologico. Il panico arriva quando non ascoltiamo i messaggi del corpo e delle emozioni, quando mettiamo tutto dentro, quando facciamo finta di niente. E allora serve qualcosa di esplosivo a farci capire che dobbiamo fare qualcosa. Di panico non si muore (infatti il cuore di suo figlio non ha niente come decono i medici no?) ma si può vivere molto male, perchè ci restringe il campo di vita. Per paura che una crisi si riscateni evitiamo tutto. E fa molto più male evitare tutto che sentire ed attraversare un'emozione. Questo è il paradosso della sofferenza. La cosa migliore è spiegare a suo figlio che è ansia, che il panico si manifesta proprio con questi sintomi, che non si muore ma che bisogna fare qualcosa. Un consulto con uno psicoterapeuta sarà utile. Se lui non vorrà andare, vada lei.
In bocca al lupo!
Dott.ssa Silvia Polizzi Andreeff
Buongiorno, il momento deve essere difficile per tutti, capisco le sue preoccupazioni. Concentra molto il racconto sul trasferimento avvenuto 12/13 anni fa e forse è un evento che pesa tanto a suo figlio quanto a lei. Mancano molte, forse troppe, informazioni per aver un quadro completo e per poter dare un parere personale. Le consiglio di prendere in considerazione l'idea di rivolgersi ad un terapeuta familiare di modo da poter lavorare tutti insieme sulle difficoltà. Lei è una risorsa fondamentale per suo figlio vista l'attenzione che ha nei suoi confronti, per cui penso sia importante, sia per lui che per lei stessa, essere parte integrante della terapia. Qualora volesse, sono a disposizione. Un saluto, Alessandro D'Agostini
Salve, la storia che descrive è ricca di molti particolari.
Credo che sia opportuno che suo figlio intraprenda al più presto un percorso di psicoterapia, in questo modo le cose miglioreranno.
Buona giornata.
Dott. Fiori
Salve, mi dispiace per la situazione di suo figlio ed il disagio espresso. Considerata la giovane età del ragazzo, credo sia essenziale intraprendere un percorso psicologico al fine di indagare e riconoscere le cause ed i fattori di mantenimento dei sintomi e trattare le intense preoccupazioni connesse con la paura delle malattie.
Cordialmente, dott. FDL
Buonasera, dalle sue parole si evince il profondo disagio che sta provando per suo figlio. Le consiglio caldamente di affidarsi ad un terapeuta, che possa aiutare il suo caro ad uscire da questa spinosa situazione.
MMM
Buongiorno. Anzitutto mi dispiace molto per la situazione che sta affrontando suo figlio, e al contempo mi dispiace molto per quello che purtroppo di riflesso si ritrova a vivere lei come madre. Da quello che lei descrive di suo figlio, dato che sono già state escluse patologie di ordine medico, si possono ipotizzare delle problematiche relative alla sfera dei disturbi d' ansia, con manifestazioni tipiche come attacchi di panico, somatizzazioni e una forma di ipocondria. Da come scrive , suppongo che per lei non sia difficile credere che tutti i disturbi di suo figlio siano collegati ad un disturbo d' ansia ;mentre potrebbe non essere cosi facile da credere o accettare per suo figlio. Tutto ciò è ovviamente comprensibile, dato che quando ci ritroviamo a vivere queste terribili sensazioni (es.attacco di panico), la paura di morire provata tende a rimanere per molto tempo e a sua volta alimentare l' ansia. Il percorso migliore da intraprendere in questi casi è certamente quello psicologico-psicoterapeutico. Dato che il ragazzo è minorenne sarà necessario che entrambi i genitori siano d'accordo e che firmino per poterlo prendere in cura. Se questo per qualsiasi motivo non dovesse essere possibile, una strada alternativa potrebbe essere quella di rivolgersi ad un terapeuta familiare che potrebbe svolgere dei colloqui con tutta la famiglia ed iniziare a focalizzare il problema e magari solo in un secondo momento (se il figlio lo vorrà) intraprendere un percorso mirato con lui. Vi faccio i miei migliori auguri, Buona giornata
Gentile utente, concordo con quanto esposto sopra da buona parte dei colleghi.
Cordialmente
Dottor Mauro Vargiu

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