Buonasera, sono una donna di 38 anni sposata con un uomo da 10 con problemi di alcolismo almeno da 8
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Buonasera, sono una donna di 38 anni sposata con un uomo da 10 con problemi di alcolismo almeno da 8 anni, cerco di riassumere il più possibile.
Abbiamo 2 figli N di 14 anni femmina e S di 7 maschio, solo S è figlio biologico del mio attuale marito ma fa il padre di N da quando aveva 3 anni.
È diventato alcolista dopo 2 anni di relazione e io ho tentato di salvarlo in tutti i modi, infatti ha fatto almeno 6 ricoveri nei centri specializzati anche lunghi con,però, risultati ottimi solo all'inizio. Ha continue ricadute dopo circa un anno e mezzo, lunghe mesi, in più negli anni per aiutarlo quando è sobrio mi sono indebitata a livelli estremi.
Lui è disoccupato o fa lavori saltuari, ha perso la patente all'epoca e non l'ha mai rifatta, punta sempre su di me chiedendo aiuto e sottolineando che solo io posso aiutarlo. No. Ha amici e i parenti sono assolutamente inutili.
Attualmente è di nuovo in ricaduta causa un papà (il suo) in tragiche condizioni,un papà sempre stato assente( alcolista anche lui) e poco considerato ma che ora, che si trova in questa situazione, sembra sia la cosa più devastante mai vissuta da mio marito, la madre è narcisista e mi odia da sempre.
Io attualmente l'ho mandato via di casa per far vivere serenamente i miei figli e ammetto che non riesco ad avere empatia per mio marito anche se vive momenti bui con il padre, mi sento in difetto e credo di dover fare di più ma il cuore mi allontana il più possibile. Cosa posso fare? È accettabile la mia reazione? Sono io un mostro? Vi ringrazio tantissimo
Abbiamo 2 figli N di 14 anni femmina e S di 7 maschio, solo S è figlio biologico del mio attuale marito ma fa il padre di N da quando aveva 3 anni.
È diventato alcolista dopo 2 anni di relazione e io ho tentato di salvarlo in tutti i modi, infatti ha fatto almeno 6 ricoveri nei centri specializzati anche lunghi con,però, risultati ottimi solo all'inizio. Ha continue ricadute dopo circa un anno e mezzo, lunghe mesi, in più negli anni per aiutarlo quando è sobrio mi sono indebitata a livelli estremi.
Lui è disoccupato o fa lavori saltuari, ha perso la patente all'epoca e non l'ha mai rifatta, punta sempre su di me chiedendo aiuto e sottolineando che solo io posso aiutarlo. No. Ha amici e i parenti sono assolutamente inutili.
Attualmente è di nuovo in ricaduta causa un papà (il suo) in tragiche condizioni,un papà sempre stato assente( alcolista anche lui) e poco considerato ma che ora, che si trova in questa situazione, sembra sia la cosa più devastante mai vissuta da mio marito, la madre è narcisista e mi odia da sempre.
Io attualmente l'ho mandato via di casa per far vivere serenamente i miei figli e ammetto che non riesco ad avere empatia per mio marito anche se vive momenti bui con il padre, mi sento in difetto e credo di dover fare di più ma il cuore mi allontana il più possibile. Cosa posso fare? È accettabile la mia reazione? Sono io un mostro? Vi ringrazio tantissimo
Buongiorno, grazie per la sua dolorosa condivisione. Credo che sia assolutamente normale che nel tempo si sia distaccata emotivamente da suo marito: ha preso il ruolo della sua "salvatrice", se capisco bene, da molto tempo, ma si tratta di un ruolo impossibile, perchè nessuno può salvare suo marito a parte lui stesso; deve venire da lui la scelta di tirarsi fuori e prendersi cura di sè e del suo problema, e lei non può sostituirsi a lui. Credo che abbia fatto una scelta protettiva anche nei confronti dei suoi figli, che non sono adulti e che hanno bisogno di essere tutelati. Suo marito avrebbe senza dubbio bisogno di intraprendere una terapia, ma se la scelta non viene da lui non può obbligarlo, e non può prendere su di lui la responsabilità che può avere su un figlio. Capisco che provi sensi di colpa e di difetto, ma non sono giustificati. Se avesse bisogno di un supporto per poterli sciogliere, e per poter elaborare la storia con suo marito, che non deve essere stata affatto facile, il mio consiglio è di cominciare un percorso che possa aiutarla ad alleggerirsi, e a focalizzarsi su di sè. Se volesse approfondire la questione mi trova a disposizione, anche online. Un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
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Salve, la sua scelta di vivere da sola con i suoi figli è salvifica e protettiva nei confronti dei suoi figli, direi, strettamente necessaria già da molti anni.
La dipendenza da alcool di suo marito non può essere guarita da lei.
Questo ruolo di salvezza che mi pare di capire le appartenga, probabilmente è quello che oggi le fa chiedere se è un mostro, ma il mostro (la dipendenza), lei ha cercato di combatterlo con tutte le sue forze.
Il punto è però che ciascuno deve combattere il proprio, e questo non è il suo.
Le uniche persone delle quali prendersi cura sono i suoi figli che potrebbero avere conseguenze sulla loro salute mentale nel corso della vita, se non già ora.
La dipendenza da alcool di suo marito non può essere guarita da lei.
Questo ruolo di salvezza che mi pare di capire le appartenga, probabilmente è quello che oggi le fa chiedere se è un mostro, ma il mostro (la dipendenza), lei ha cercato di combatterlo con tutte le sue forze.
Il punto è però che ciascuno deve combattere il proprio, e questo non è il suo.
Le uniche persone delle quali prendersi cura sono i suoi figli che potrebbero avere conseguenze sulla loro salute mentale nel corso della vita, se non già ora.
Gentile utente,
descrive il peso di una responsabilità che sembra logorarla; vorrei consigliarle di intraprendere un percorso psicoterapeutico con un collega, nel quale potrà affidarsi in cura, in una pausa dal prendersi lei cura di qualcuno, che sono convinto le gioverà.
Cordiali saluti
Dott. Daniele Gallucci
descrive il peso di una responsabilità che sembra logorarla; vorrei consigliarle di intraprendere un percorso psicoterapeutico con un collega, nel quale potrà affidarsi in cura, in una pausa dal prendersi lei cura di qualcuno, che sono convinto le gioverà.
Cordiali saluti
Dott. Daniele Gallucci
Buongiorno; la dipendenza da alcol è una malattia che ha profonde radici sia come predisposizione familiare ( se vi sono altre persone alcoliste) sia per il vuoto interiore creato dall' essere figli di alcolisti ( la sostanza occupa tutte le attenzioni e l'intenzionalità della persona e trascura i figli e gli affetti ) e infine parliamo di una scarsa realizzazione personale anche questa legata a una bassa autostima.
Il problema è molto complesso ma in questo momento mi sento di dirle che l'alcolista si cura quando ha toccato il fondo e non ha altra possibilità se non entrare in un percorso di disintossicazione ( sempre in ambiente sanitario) , cura di sè e affrontare seriamente un percorso all'interno di gruppi di psicoterapia che in molte realtà regionali sono in essere. All'interno di questi percorso la famiglia assume il ruolo di accompagnatore e garante del supporto che, dato in terapia, deve essere poi mantenuto all'interno dei contesti di vita( con delle regole determinanti per l'abbandono della dipendenza). Ho fatto parte di questi percorsi di gruppo e anche individuali e affermo che solo se la persona trova la motivazione allora si lascia aiutare. Ora lei ha avuto molto coraggio a allontanare questa persona per far vivere ai suoi figli un momento di serentà. In quanto malattia l'alcolismo necessita che nel percorso di cura vengano affrontati tutti gli aspetti della persona ( aspetti legati a turbe dell'umore, alla gestione emotiva, alla gestione dei momenti difficili nei quali l'alcol è solo l'anestetico per quel momento, curare la capacità di entrare e relazionarsi con gli altri sopratutto con le persone alle quali teniamo. Non so se le sono stata d'aiuto ma mi permetto di dirle che ora è bene che lei si faccia aiutare ad affrontare questo difficle momento ( in psicoterapia puo trovare molti spunti per cambiare il modo di vedere questa realtà) ed è molto probabile che anche suo marito, non trovando terreno fertile nei suoi comportamenti, decida di aderire alle cure.
Il problema è molto complesso ma in questo momento mi sento di dirle che l'alcolista si cura quando ha toccato il fondo e non ha altra possibilità se non entrare in un percorso di disintossicazione ( sempre in ambiente sanitario) , cura di sè e affrontare seriamente un percorso all'interno di gruppi di psicoterapia che in molte realtà regionali sono in essere. All'interno di questi percorso la famiglia assume il ruolo di accompagnatore e garante del supporto che, dato in terapia, deve essere poi mantenuto all'interno dei contesti di vita( con delle regole determinanti per l'abbandono della dipendenza). Ho fatto parte di questi percorsi di gruppo e anche individuali e affermo che solo se la persona trova la motivazione allora si lascia aiutare. Ora lei ha avuto molto coraggio a allontanare questa persona per far vivere ai suoi figli un momento di serentà. In quanto malattia l'alcolismo necessita che nel percorso di cura vengano affrontati tutti gli aspetti della persona ( aspetti legati a turbe dell'umore, alla gestione emotiva, alla gestione dei momenti difficili nei quali l'alcol è solo l'anestetico per quel momento, curare la capacità di entrare e relazionarsi con gli altri sopratutto con le persone alle quali teniamo. Non so se le sono stata d'aiuto ma mi permetto di dirle che ora è bene che lei si faccia aiutare ad affrontare questo difficle momento ( in psicoterapia puo trovare molti spunti per cambiare il modo di vedere questa realtà) ed è molto probabile che anche suo marito, non trovando terreno fertile nei suoi comportamenti, decida di aderire alle cure.
Salve, quando si vive accanto a una persona con una dipendenza, come l’alcolismo, si tende a sacrificarsi all’inverosimile, spesso sentendosi in colpa quando si smette di farlo. Ma non può salvare qualcuno che non riesce a prendersi cura di sé, soprattutto se questo implica per lei annullarsi. In psicoterapia umanistica si lavora proprio sul diritto di dire basta senza sentirsi sbagliati. La Mindfulness potrebbe aiutarla a distinguere il senso di colpa dalla realtà, permettendole di stare con ciò che sente senza giudizio. Allontanarlo per proteggere i suoi figli non è solo giusto, è un atto di profonda responsabilità. Può essere utile un percorso personale con uno psicologo psicoterapeuta per rielaborare ciò che ha vissuto e rafforzare i suoi confini emotivi, senza cadere nella trappola dell’autosvalutazione. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Buongiorno signora.. mi spiace molto per questa situazione. No, non è un mostro. Direi che ha fatto moltissimo nel tentativo di aiutarlo e ora la sua reazione è più che accettabile e comprensibile. Non credo debba fare niente di più di quello che ha già fatto. L'unico consiglio che mi sento di darle è di prendersi cura di se stessa adesso, della sua salute mentale ed emotiva. Chieda aiuto e supporto, perché immagino anche che affrontare tutto questa da sola avendo anche dei figli non deve essere facile.
Buonasera ho letto con estrema attenzione quanto ha scritto e ritengo che per sua tutela e per quella dei suoi figli, allontanare il suo compagno sia stata l'unica alternativa possibile.
Per non sentirsi cosi sola nel gestire una situazione così complessa, potrebbe rivolgersi alle associazioni che si occupano di persone con problematiche legate all'acool, in quanto si occupano anche dei famigliari degli alcolisti.
Confrontarsi con altre famiglie che purtroppo condividono la stessa problematica, potrebbe esserle di aiuto.
Cordiali saluti
Per non sentirsi cosi sola nel gestire una situazione così complessa, potrebbe rivolgersi alle associazioni che si occupano di persone con problematiche legate all'acool, in quanto si occupano anche dei famigliari degli alcolisti.
Confrontarsi con altre famiglie che purtroppo condividono la stessa problematica, potrebbe esserle di aiuto.
Cordiali saluti
Cara, quello che stai vivendo è estremamente complesso e doloroso. Non sei un “mostro”: sei una donna che da anni porta un carico enorme, tra responsabilità familiari, sostegno a un compagno con una grave dipendenza e la tutela dei tuoi figli. La mancanza di empatia che senti oggi nei suoi confronti non è un segno di freddezza o cattiveria, ma il risultato naturale di anni di tentativi, ricadute, speranze infrante e sacrifici personali. ora è naturale che tu senta il bisogno di proteggere te stessa e i figli.
La dipendenza da alcol è una malattia cronica e recidivante, e il percorso di chi vi è coinvolto non è mai lineare. Ma ciò che spesso si trascura è il peso che grava su chi sta accanto: partner e figli vivono in un clima di instabilità, delusione, paure continue e il rischio di sentirsi “responsabili” del benessere della persona alcolista è molto alto. In realtà, nessun familiare può sostituirsi al percorso di cura di chi ha una dipendenza: questa responsabilità deve restare sua.
La scelta di allontanarlo da casa non è un gesto di durezza, ma un atto di protezione perchè crescere in un ambiente segnato dall’alcolismo significa vivere ansia costante, tensione, paura delle ricadute. I tuoi bambini hanno diritto a un contesto stabile e prevedibile, e tu stai mettendo questo diritto al centro.
È naturale che tu senta senso di colpa, perché sei abituata a “farti carico”, ma provare distanza emotiva non significa disumanità: significa che dentro di te c’è un limite che si è reso necessario. Questo limite non solo è accettabile, è sano.
Ti propongo come lavoro terapeutico di concentrare l’attenzione non su cosa puoi fare per tuo marito, ma su cosa puoi fare per rafforzare te stessa e proteggere i tuoi figli. Può esserti molto utile cercare un gruppo di sostegno per familiari di persone con dipendenze (come Al-Anon), dove incontreresti altre persone che hanno vissuto situazioni simili. Questo ti permetterà di ridurre il senso di isolamento, di alleggerire il peso dei sensi di colpa e di mantenere il focus sulla tua vita e quella dei tuoi figli. Parallelamente, puoi portare in terapia individuale proprio questo conflitto tra senso di colpa e bisogno di protezione, per imparare a riconoscere che prenderti cura di te e dei tuoi figli non è egoismo, ma un atto di responsabilità.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork
La dipendenza da alcol è una malattia cronica e recidivante, e il percorso di chi vi è coinvolto non è mai lineare. Ma ciò che spesso si trascura è il peso che grava su chi sta accanto: partner e figli vivono in un clima di instabilità, delusione, paure continue e il rischio di sentirsi “responsabili” del benessere della persona alcolista è molto alto. In realtà, nessun familiare può sostituirsi al percorso di cura di chi ha una dipendenza: questa responsabilità deve restare sua.
La scelta di allontanarlo da casa non è un gesto di durezza, ma un atto di protezione perchè crescere in un ambiente segnato dall’alcolismo significa vivere ansia costante, tensione, paura delle ricadute. I tuoi bambini hanno diritto a un contesto stabile e prevedibile, e tu stai mettendo questo diritto al centro.
È naturale che tu senta senso di colpa, perché sei abituata a “farti carico”, ma provare distanza emotiva non significa disumanità: significa che dentro di te c’è un limite che si è reso necessario. Questo limite non solo è accettabile, è sano.
Ti propongo come lavoro terapeutico di concentrare l’attenzione non su cosa puoi fare per tuo marito, ma su cosa puoi fare per rafforzare te stessa e proteggere i tuoi figli. Può esserti molto utile cercare un gruppo di sostegno per familiari di persone con dipendenze (come Al-Anon), dove incontreresti altre persone che hanno vissuto situazioni simili. Questo ti permetterà di ridurre il senso di isolamento, di alleggerire il peso dei sensi di colpa e di mantenere il focus sulla tua vita e quella dei tuoi figli. Parallelamente, puoi portare in terapia individuale proprio questo conflitto tra senso di colpa e bisogno di protezione, per imparare a riconoscere che prenderti cura di te e dei tuoi figli non è egoismo, ma un atto di responsabilità.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork
Buongiorno, non sia troppo severa con se stessa. mi sembra che abbia cercato di fare del suo meglio per tutti, suo marito compreso. Se in questo momento ha scelto di salvaguardare se stessa e i suoi figli, avrà ponderato la sua scelta. Suo marito sembra essere in una condizione di fragilità tale per cui non se ne può interamente fare carico lei poichè è fondamentale che ci sia anche la volontà di farsi aiutare affinché gli interventi messi in atto non risultino vani. Continui a prendersi cura di se e dei suoi bambini e cerchi di ritagliarsi degli spazi di cura dove possa sentirsi libera dal giudizio e dal senso di colpa.
Buongiorno, la ringrazio per aver raccontato una situazione così impegnativa con così tanta chiarezza; posso immaginare quanto peso e stanchezza porti dentro dopo anni di tentativi, ricoveri, ricadute e di debiti che hanno gravato sulla sua vita. È del tutto comprensibile che la sua energia emotiva sia esaurita e che il desiderio prioritario sia proteggere i figli e ritrovare una casa che non sia teatro di instabilità continua. Sentirsi distante, provare rabbia, sollievo o persino colpa quando si allontana da chi ha bisogno e allo stesso tempo le ha causato danni non la rende un mostro, ma una persona che ha limiti umani legittimi e il diritto di prendersi cura di sé e dei propri figli. Dal punto di vista pratico e secondo un approccio cognitivo comportamentale, il primo lavoro utile è distinguere ciò che può controllare da ciò che non può controllare. Non può costringere un altro a restare sobrio, ma può decidere come proteggere la sua sicurezza economica ed emotiva e quella dei bambini. Mettere confini chiari è un atto terapeutico e protettivo: stabilire regole concrete su cosa è accettabile in casa, quali condizioni debbano essere soddisfatte per una convivenza e qual è il piano in caso di ricadute aiuta a ridurre l’ambivalenza e a dare prevedibilità alla sua vita. I confini funzionano meglio se espressi in modo fermo ma non vendicativo, e se accompagnati da un piano concreto che lei è pronta a mettere in atto. È importante anche occuparsi della sua sicurezza finanziaria: se i debiti sono un peso significativo, prenda in considerazione di chiedere consulenza a un servizio di assistenza per debiti o a un consulente finanziario che possa aiutarla a ricostruire un piano sostenibile. Proteggere le risorse economiche della sua famiglia è una modalità concreta per smettere di sentirsi ricattata dalla situazione. Parallelamente, rivolgersi a servizi sociali locali può essere utile per capire quali misure di supporto sono disponibili per lei e per i figli, sia sul piano economico sia su quello educativo e psicologico. Sui figli la priorità è la sicurezza e la stabilità: mantenere routine chiare, orari regolari, dialoghi semplici e rassicuranti. Per la figlia adolescente e il bambino più piccolo un supporto psicologico può aiutare a elaborare l’esperienza, a costruire strumenti di coping e a ridurre il carico emotivo che spesso i figli assorbono in queste famiglie. Quando parla con i bambini, usare parole comprensibili per la loro età, assicurare che la loro cura continua e non caricare su di loro responsabilità adulte sono azioni fondamentali. Sul piano emotivo, è utile sviluppare strategie concrete per gestire la colpa e la compassione ambivalente. Tenere un diario in cui annota situazioni specifiche, pensieri automatici e risposte alternative la aiuta a mettere distanza dalle emozioni troppo intense. Quando emerge il pensiero “devo fare di più” o “sono responsabile”, valuti le evidenze a favore e contro quella convinzione, e provi a formulare una frase alternativa più equilibrata, come “ho fatto molto finora, ora ho il diritto di proteggere me e i miei figli”. Piccoli esperimenti comportamentali possono rafforzare questa nuova credenza: ad esempio, dire di no a una richiesta di aiuto che comporta danno economico e annotare l’esito concreto per verificare che il confine regge. Parlerò anche di rete di supporto: cercare gruppi di sostegno per familiari di persone con problemi di dipendenza, come gruppi in cui i coniugi o i familiari si confrontano e ricevono strumenti pratici, è spesso molto utile. Questi contesti offrono normalizzazione dell’esperienza, strategie concrete e confronto con chi ha vissuto scelte e conseguenze simili. Altrettanto cruciale è pensare a un percorso terapeutico per lei, per elaborare il trauma relazionale, la rabbia accumulata e per costruire un piano coerente per il futuro. La terapia la aiuta a non prendere decisioni da uno stato di esaurimento, ma da una posizione di maggiore chiarezza. Riguardo all’eventualità di ricongiungimenti o tentativi di recupero da parte del marito, è saggio che ogni proposta venga valutata alla luce di criteri precisi e non di promesse generiche. Se lei decide di considerare una possibilità, richieda impegni verificabili: ad esempio partecipazione a percorsi di cura certificati, assenza di consumo in casa, contributo concreto alle spese e partecipazione a colloqui familiari con professionisti. Senza prove concrete e controllabili, le parole rischiano di ripetere il ciclo delle ricadute. Infine, non sottovaluti la necessità di proteggere sé stessa dal rimuginio e dallo sfinimento: programmare attività che le diano energia, anche piccole cose quotidiane, coltivare relazioni esterne e sospendere i sensi di colpa con azioni concrete di cura personale sono passi che le permettono di essere più resilienti. Se si sente in conflitto morale, ricordi che scegliere la sicurezza e il benessere dei figli non è un atto crudele ma responsabile. Le sue reazioni sono umane e comprensibili. Non è un mostro per aver scelto la tutela della sua famiglia. È invece una persona che, dopo anni di tentativi e di ferite, sta cercando di ricostruire confini e stabilità. Se lo desidera, il sostegno psicologico può aiutarla a mettere in ordine priorità, progettare passi concreti e sostenere emotivamente ogni decisione. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Gentilissima, capisco bene la fatica che traspare dalle tue parole.
Non è affatto un mostro, è una donna che da anni sostiene un peso enorme e che ha già fatto moltissimo per suo marito, accompagnandolo più volte nei percorsi di cura, cercando di incoraggiarlo, sorreggendolo anche economicamente. Dopo tanti tentativi e tante delusioni, è naturale che lei non riesca più a provare empatia come un tempo: non è freddezza, ma un modo che la sua mente ha individuato per proteggerla. A un certo punto diventa necessario smettere di farsi carico di una battaglia che non le appartiene, perché la responsabilità della guarigione può stare solo nelle mani di chi vive la dipendenza.
Allontanarlo da casa non significa abbandonarlo, ma mettere in primo piano la serenità dei suoi figli e la tua salute, che sono priorità fondamentali. È comprensibile che provi senso di colpa, perché spesso ci si convince che amare significhi resistere sempre e comunque. In realtà, dire “basta” è spesso un profondo atto d’amore ed è anche l’unico modo per non rimanere intrappolati in un circolo senza fine. Le emozioni che prova: stanchezza, rabbia, distacco, non la rendono cattiva, la rendono umana.
Prendersi cura di lei e dei bambini non significa smettere di volere il bene di suo marito, significa però riconoscere che non è lei a poterlo salvare.
Un caro saluto, Dott. Marco Squarcini
Non è affatto un mostro, è una donna che da anni sostiene un peso enorme e che ha già fatto moltissimo per suo marito, accompagnandolo più volte nei percorsi di cura, cercando di incoraggiarlo, sorreggendolo anche economicamente. Dopo tanti tentativi e tante delusioni, è naturale che lei non riesca più a provare empatia come un tempo: non è freddezza, ma un modo che la sua mente ha individuato per proteggerla. A un certo punto diventa necessario smettere di farsi carico di una battaglia che non le appartiene, perché la responsabilità della guarigione può stare solo nelle mani di chi vive la dipendenza.
Allontanarlo da casa non significa abbandonarlo, ma mettere in primo piano la serenità dei suoi figli e la tua salute, che sono priorità fondamentali. È comprensibile che provi senso di colpa, perché spesso ci si convince che amare significhi resistere sempre e comunque. In realtà, dire “basta” è spesso un profondo atto d’amore ed è anche l’unico modo per non rimanere intrappolati in un circolo senza fine. Le emozioni che prova: stanchezza, rabbia, distacco, non la rendono cattiva, la rendono umana.
Prendersi cura di lei e dei bambini non significa smettere di volere il bene di suo marito, significa però riconoscere che non è lei a poterlo salvare.
Un caro saluto, Dott. Marco Squarcini
Non sei un “mostro”: è la reazione naturale di una persona che ha dato tanto, troppo, e che a un certo punto deve proteggere sé stessa e i propri figli.
Quando si vive accanto a una dipendenza cronica, ci si ritrova spesso nel ruolo di “salvatori”, cercando di colmare i vuoti, sostenere, coprire, perdonare. Questo crea un ciclo di logoramento emotivo, finanziario e affettivo che non lascia spazio a te come donna e madre. Arrivare a dire “basta” non significa non avere cuore, significa riconoscere i tuoi limiti e il bisogno di protezione per i bambini.
È importante distinguere due piani: da un lato tuo marito ha una malattia seria, che richiede trattamenti specialistici e responsabilità personale. Dall’altro, tu hai il diritto di non essere risucchiata nella sua dipendenza, di non sacrificare la tua salute mentale e quella dei tuoi figli. Non sei tu la causa delle sue ricadute né sei l’unica che può “salvarlo”: la dipendenza è un problema che deve affrontare lui con i professionisti e con una motivazione propria.
Il fatto che tu oggi non provi empatia non è crudeltà, è un meccanismo di difesa che la tua psiche ha attivato dopo anni di dolore e frustrazione. È accettabile e umano, soprattutto se ora la priorità è dare serenità ai bambini e a te stessa.
Quello che puoi fare adesso è concentrarti sul tuo benessere e su quello dei figli: cercare sostegno psicologico personale, anche in gruppi per familiari di alcolisti (esistono associazioni come Al-Anon, dedicate proprio a chi vive accanto a chi ha una dipendenza), e mantenere confini chiari con tuo marito. Questo non significa voltargli le spalle come persona, ma non farti più carico del suo problema a discapito vostro.Vuoi che ti indichi delle risorse pratiche (servizi o associazioni) che potrebbero sostenerti concretamente in questo momento?
Quando si vive accanto a una dipendenza cronica, ci si ritrova spesso nel ruolo di “salvatori”, cercando di colmare i vuoti, sostenere, coprire, perdonare. Questo crea un ciclo di logoramento emotivo, finanziario e affettivo che non lascia spazio a te come donna e madre. Arrivare a dire “basta” non significa non avere cuore, significa riconoscere i tuoi limiti e il bisogno di protezione per i bambini.
È importante distinguere due piani: da un lato tuo marito ha una malattia seria, che richiede trattamenti specialistici e responsabilità personale. Dall’altro, tu hai il diritto di non essere risucchiata nella sua dipendenza, di non sacrificare la tua salute mentale e quella dei tuoi figli. Non sei tu la causa delle sue ricadute né sei l’unica che può “salvarlo”: la dipendenza è un problema che deve affrontare lui con i professionisti e con una motivazione propria.
Il fatto che tu oggi non provi empatia non è crudeltà, è un meccanismo di difesa che la tua psiche ha attivato dopo anni di dolore e frustrazione. È accettabile e umano, soprattutto se ora la priorità è dare serenità ai bambini e a te stessa.
Quello che puoi fare adesso è concentrarti sul tuo benessere e su quello dei figli: cercare sostegno psicologico personale, anche in gruppi per familiari di alcolisti (esistono associazioni come Al-Anon, dedicate proprio a chi vive accanto a chi ha una dipendenza), e mantenere confini chiari con tuo marito. Questo non significa voltargli le spalle come persona, ma non farti più carico del suo problema a discapito vostro.Vuoi che ti indichi delle risorse pratiche (servizi o associazioni) che potrebbero sostenerti concretamente in questo momento?
salve, consiglio di rivolgersi al SERD della sua usl grazie
Gentilissima,
Posso innanzitutto dirle che non è un mostro. Ha solo preso consapevolezza dei tentativi falliti e dell’impossibilità a poter “salvare” il suo partner. Probabilmente, nell’ interesse suo e dei suoi figli, dovrebbe ritrovarsi e staccarsi da questa condizione frustrante e a rischio, anche chiedendo un sostegno per se stessa.
Le auguro il meglio.
Cordialmente
Posso innanzitutto dirle che non è un mostro. Ha solo preso consapevolezza dei tentativi falliti e dell’impossibilità a poter “salvare” il suo partner. Probabilmente, nell’ interesse suo e dei suoi figli, dovrebbe ritrovarsi e staccarsi da questa condizione frustrante e a rischio, anche chiedendo un sostegno per se stessa.
Le auguro il meglio.
Cordialmente
Buonasera signora. Queste situazioni sono estremamente complesse e drammatiche e capisco quello che prova in merito alla decisione che ha preso. A volte porre dei limiti anche da parte dei famigliari può essere un qualcosa che favorisce il cambiamento. Quello che può fare, eventualmente e come forse ha già fatto in passato, è indirizzare e sostenere suo marito nel farsi prendere in carico da un centro per le dipendenze, mettendosi in sicurezza come sta facendo, e valutare un percorso psicologico anche per lei stessa, in primis per condividere il suo vissuto e se sentirà per, comprendere qualcosa di più sulle dinamiche del vostro matrimonio, in relazione alla sua storia personale. Un saluto
Buonasera,
la situazione che descrive è estremamente complessa e gravosa, e le emozioni che prova sono del tutto comprensibili. Essere accanto a una persona con problemi di alcolismo cronico, soprattutto quando ha ripercussioni profonde sulla vita familiare e sui figli, può generare sentimenti di colpa, rabbia, frustrazione e distacco emotivo.
Non è affatto “mostruoso” provare allontanamento o mancanza di empatia verso suo marito in questo momento. La sua reazione è una risposta naturale alla somma di stress, responsabilità e sofferenza che ha vissuto negli anni. Cercare di proteggere sé stessa e i suoi figli, anche con decisioni dolorose come quella di mandarlo via, è una forma di autodifesa e tutela del benessere familiare.
È importante ricordare che non è compito suo “salvare” suo marito. Il cambiamento in una persona con dipendenza deve essere motivato da lui stesso e spesso richiede interventi terapeutici mirati, sostegno medico e strutture adeguate. Lei ha già fatto moltissimo, e non esistono colpe nel riconoscere i propri limiti.
Per affrontare queste emozioni e trovare strategie efficaci per tutelare sé stessa e i suoi figli, può essere molto utile un percorso di sostegno psicologico individuale o familiare. Questo permetterebbe di elaborare il senso di colpa, rafforzare i confini e gestire l’impatto emotivo della dipendenza sul nucleo familiare.
Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi a uno specialista.
DOTTORESSA SILVIA PARISI
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA SESSUOLOGA
la situazione che descrive è estremamente complessa e gravosa, e le emozioni che prova sono del tutto comprensibili. Essere accanto a una persona con problemi di alcolismo cronico, soprattutto quando ha ripercussioni profonde sulla vita familiare e sui figli, può generare sentimenti di colpa, rabbia, frustrazione e distacco emotivo.
Non è affatto “mostruoso” provare allontanamento o mancanza di empatia verso suo marito in questo momento. La sua reazione è una risposta naturale alla somma di stress, responsabilità e sofferenza che ha vissuto negli anni. Cercare di proteggere sé stessa e i suoi figli, anche con decisioni dolorose come quella di mandarlo via, è una forma di autodifesa e tutela del benessere familiare.
È importante ricordare che non è compito suo “salvare” suo marito. Il cambiamento in una persona con dipendenza deve essere motivato da lui stesso e spesso richiede interventi terapeutici mirati, sostegno medico e strutture adeguate. Lei ha già fatto moltissimo, e non esistono colpe nel riconoscere i propri limiti.
Per affrontare queste emozioni e trovare strategie efficaci per tutelare sé stessa e i suoi figli, può essere molto utile un percorso di sostegno psicologico individuale o familiare. Questo permetterebbe di elaborare il senso di colpa, rafforzare i confini e gestire l’impatto emotivo della dipendenza sul nucleo familiare.
Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi a uno specialista.
DOTTORESSA SILVIA PARISI
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA SESSUOLOGA
Salve signora
Sono una psicoterapeuta...mi occupo di alcolismo da tanti anni
Non so dove abita e se ha già provato ma esistono in tutta italia
I club alcologici /alcolisti per famiglie con problemi alcol/droga correlati gruppi di auto mutuo aiuto che accolgono i famigliari e le persone con problema si riuniscono una volta a settimana un ora e mezza
Provi a cercare nella sua zona
Sono un ottimo aiuto.
Dott lorenzini Maria santa psicoterapeuta
Sono una psicoterapeuta...mi occupo di alcolismo da tanti anni
Non so dove abita e se ha già provato ma esistono in tutta italia
I club alcologici /alcolisti per famiglie con problemi alcol/droga correlati gruppi di auto mutuo aiuto che accolgono i famigliari e le persone con problema si riuniscono una volta a settimana un ora e mezza
Provi a cercare nella sua zona
Sono un ottimo aiuto.
Dott lorenzini Maria santa psicoterapeuta
Gentile utente, grazie per la sua condivisione.
Mi preme intanto rassicurarla sul fatto che non è un mostro, nè lei nè suo marito lo siete, siete persone ciascuna con la propria complessità. Si avverte la sofferenza dietro la decisione ultima di prendere le distanze da una persona estremamente in difficoltà, e credo sia una scelta assolutamente comprensibile, non da condannare ma da comprendere, in tutela sua e dei suoi figli. Sono tanti anni che lei si prende cura di due figli e di suo marito, forse ha bisogno anche lei di essere vista e supportata, ed è arrivata allo stremo delle energie. Spesso quando si arriva al limite della sofferenza che si può tollerare si mettono in atto dei meccanismi difensivi come per esempio quello di allontanare il dolore, mettere un muro tra sè e la sofferenza, in questo caso la sofferenza che prova empaticamente nei confronti di suo marito e che al momento non riesce più a sentire.
Data la complessità della sua storia potrebbe essere importante per lei trovare uno spazio in cui mettere al centro se stessa e non il marito o i figli, come uno spazio di terapia, in cui esplorare i suoi vissuti rispetto al presente ma anche un po' la storia che l'ha condotta fino alla situazione attuale.
Resto a disposizione e le mando un caro saluto. Dott.ssa Ciaudano
Mi preme intanto rassicurarla sul fatto che non è un mostro, nè lei nè suo marito lo siete, siete persone ciascuna con la propria complessità. Si avverte la sofferenza dietro la decisione ultima di prendere le distanze da una persona estremamente in difficoltà, e credo sia una scelta assolutamente comprensibile, non da condannare ma da comprendere, in tutela sua e dei suoi figli. Sono tanti anni che lei si prende cura di due figli e di suo marito, forse ha bisogno anche lei di essere vista e supportata, ed è arrivata allo stremo delle energie. Spesso quando si arriva al limite della sofferenza che si può tollerare si mettono in atto dei meccanismi difensivi come per esempio quello di allontanare il dolore, mettere un muro tra sè e la sofferenza, in questo caso la sofferenza che prova empaticamente nei confronti di suo marito e che al momento non riesce più a sentire.
Data la complessità della sua storia potrebbe essere importante per lei trovare uno spazio in cui mettere al centro se stessa e non il marito o i figli, come uno spazio di terapia, in cui esplorare i suoi vissuti rispetto al presente ma anche un po' la storia che l'ha condotta fino alla situazione attuale.
Resto a disposizione e le mando un caro saluto. Dott.ssa Ciaudano
Buonasera. Gentile signora la ringrazio di aver condiviso questo suo momento di vita delicato. Inizio col dirle che la sua reazione non è affatto esagerata, non è un mostro! Ha semplicemente fatto il suo bene e quello dei suoi figli ed è giusto così. Lei ha già fatto tutto il possibile per suo marito e non può fare altro. Gli insuccessi di suo marito sulla dipendenza non dipendono da lei, non deve sentirsi in colpa, capito? La dipendenza da alcol è una cosa che deve combattere lui da solo ma solo se la vuole. Tutto sta nella volontà ferrea. Le continue ricadute dimostrano che questa volontà non l'ha mai avuta se no era sufficiente una sola disintossicazione a mio avviso. Prima o poi arriverà il giorno che si scoccerà dell'alcol e sarà lui stesso a dire stop.
L'aiuto che posso offrire a lei signora è un sostegno psicologico. Lei ha bisogno di superare questo momento parlandone in uno spazio tutto suo senza sentirsi giudicata ed è quello che intendo offrirle. Suo marito non può dipendere da lei. Deve essere in grado di reagire e agire da solo in quanto adulto. Torno a dirle che ha fatto bene ad allontanarsi perché lei ora deve pensare al suo benessere e a quello dei suoi figli. Ha bisogno di "disintossicarsi" da questa triste situazione. Se ha bisogno mi scriva così potremmo fissare un appuntamento. Resto a sua disposizione e la saluto cordialmente.
Dottoressa Angela Atlante
L'aiuto che posso offrire a lei signora è un sostegno psicologico. Lei ha bisogno di superare questo momento parlandone in uno spazio tutto suo senza sentirsi giudicata ed è quello che intendo offrirle. Suo marito non può dipendere da lei. Deve essere in grado di reagire e agire da solo in quanto adulto. Torno a dirle che ha fatto bene ad allontanarsi perché lei ora deve pensare al suo benessere e a quello dei suoi figli. Ha bisogno di "disintossicarsi" da questa triste situazione. Se ha bisogno mi scriva così potremmo fissare un appuntamento. Resto a sua disposizione e la saluto cordialmente.
Dottoressa Angela Atlante
Buonasera, la situazione che descrive è molto complessa e impegnativa, e i sentimenti di fatica, dolore e distanza che prova sono assolutamente comprensibili e umani. L’alcolismo è una malattia che coinvolge tutta la famiglia, e spesso chi sta accanto a una persona in questa condizione vive un peso emotivo enorme, che può portare a sentimenti di risentimento o di distacco, senza per questo essere “mostri”.
Prendersi cura di sé e tutelare la serenità dei figli è fondamentale, così come riconoscere i propri limiti. Sentirsi in conflitto tra il desiderio di aiutare e la necessità di proteggersi è una dinamica frequente in queste situazioni.
Può essere utile cercare un supporto specifico per familiari di persone con dipendenze, come gruppi di auto-aiuto o un percorso psicologico dedicato, che possa accompagnarla nel gestire le emozioni complesse e aiutare a trovare un equilibrio tra cura, confine e protezione personale. Io resto a sua disposizione eventualmente decidesse, dott.ssa Farese Lucrezia
Prendersi cura di sé e tutelare la serenità dei figli è fondamentale, così come riconoscere i propri limiti. Sentirsi in conflitto tra il desiderio di aiutare e la necessità di proteggersi è una dinamica frequente in queste situazioni.
Può essere utile cercare un supporto specifico per familiari di persone con dipendenze, come gruppi di auto-aiuto o un percorso psicologico dedicato, che possa accompagnarla nel gestire le emozioni complesse e aiutare a trovare un equilibrio tra cura, confine e protezione personale. Io resto a sua disposizione eventualmente decidesse, dott.ssa Farese Lucrezia
Buonasera, la sua situazione è sicuramente più che faticosa e da affrontare non è facile. Finora ha fatto il possibile e questo è lodevole perchè l'alcolismo è una malattia che va curata costantemente e per tutta la vita (nel senso anche che ogni brutto momento può essere motivo di ricaduta). è una situazione più grande di lei che non può occuparsene non perchè non ne è in grado ma perchè solo suo marito può farsi aiutare. Stare inoltre a contatto con una persona alcolizzata come il padre porta ad avere più probabilità di diventare come lui perchè non si hanno gli strumenti per fare diversamente e si agisce con l'alcool per colmare delle sofferenze che vivono con un'intensità tale da volerle spegnere causando però danni irreparabili a chi gli sta intorno.
Non penso assolutamente sia un mostro o simili perchè ha provato ad affiancarlo e a "salvarlo" ma nessuno lo può fare se lui davvero non si impegna ad un livello maggiore rispetto ad ostacoli quotidiani che le persone affrontano. Penso che il suo gesto di allontanarlo sia anche protettivo per i figli e la priorità sono assolutamente loro per non commettere gli stessi errori o anche solo per tralasciarli per "salvare" suo marito perchè ribadisco che è adulto e ci sono persone specializzate che meglio possono aiutarlo (ciò non toglie che non possa affiancarlo nel percorso ma sempre stando al proprio posto e mettendo davanti i più piccoli). L'istinto materno è prezioso.
Se lo crede necessario sono disponibile per lei attraverso un percorso di sostegno.
Dott.ssa Casumaro Giada
Non penso assolutamente sia un mostro o simili perchè ha provato ad affiancarlo e a "salvarlo" ma nessuno lo può fare se lui davvero non si impegna ad un livello maggiore rispetto ad ostacoli quotidiani che le persone affrontano. Penso che il suo gesto di allontanarlo sia anche protettivo per i figli e la priorità sono assolutamente loro per non commettere gli stessi errori o anche solo per tralasciarli per "salvare" suo marito perchè ribadisco che è adulto e ci sono persone specializzate che meglio possono aiutarlo (ciò non toglie che non possa affiancarlo nel percorso ma sempre stando al proprio posto e mettendo davanti i più piccoli). L'istinto materno è prezioso.
Se lo crede necessario sono disponibile per lei attraverso un percorso di sostegno.
Dott.ssa Casumaro Giada
Salve signora, è assolutamente naturale sentirsi dispiaciuti e preoccupati per una persona a cui abbiamo voluto molto bene, soprattutto se siamo a conoscenza della situazione dolorosa in cui quella persona vive, tuttavia ognuno di noi ha la possibilità di fare delle scelte nella propria vita. Lei non è affatto un mostro. Ha scelto, con grande coraggio, di pensare al proprio benessere e a quello dei suoi figli. La sua è una situazione molto delicata, in cui è facile fare scelte dettate da dinamiche inconsce che continuano a dominare la sua vita. Probabilmente nelle sue esperienze passate le relazioni si sono basate su un continuo dare per sentirsi apprezzata, ecco perchè potrebbe sentire di dover fare di più. Le consiglio di rivolgersi ad un professionista che possa chiarire le sue emozioni e aiutarla a capirne la natura.
Un saluto,
Dott.ssa Doriana Leprotti
Un saluto,
Dott.ssa Doriana Leprotti
Buonasera signora,
innanzitutto la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza un pezzo così importante della sua storia. Dalle sue parole emerge non solo la complessità della situazione, ma anche la grande fatica che da anni porta con sé.
Mi colpisce come, nel tempo, lei abbia cercato di sostenere suo marito in tanti modi diversi. È naturale, dopo anni di tentativi e ricadute, sentire un senso di stanchezza e anche di distanza emotiva. Ciò che sta vivendo non va letto come giusto o sbagliato, ma come parte del processo di significato che sta costruendo di fronte a questa esperienza: oggi lei sta cercando di dare un senso nuovo alla sua vita e a quella dei suoi figli, provando a distinguere i bisogni di ciascuno. Questo non toglie valore al dolore di suo marito, ma riconosce che anche lei e i suoi figli avete diritto a un ambiente più sereno e protetto.
Se lo desidera, uno spazio di supporto psicologico potrebbe aiutarla ad esplorare tutte queste emozioni e a ritrovare un equilibrio più rispettoso anche per sé stessa.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Valentina Sartirana
innanzitutto la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza un pezzo così importante della sua storia. Dalle sue parole emerge non solo la complessità della situazione, ma anche la grande fatica che da anni porta con sé.
Mi colpisce come, nel tempo, lei abbia cercato di sostenere suo marito in tanti modi diversi. È naturale, dopo anni di tentativi e ricadute, sentire un senso di stanchezza e anche di distanza emotiva. Ciò che sta vivendo non va letto come giusto o sbagliato, ma come parte del processo di significato che sta costruendo di fronte a questa esperienza: oggi lei sta cercando di dare un senso nuovo alla sua vita e a quella dei suoi figli, provando a distinguere i bisogni di ciascuno. Questo non toglie valore al dolore di suo marito, ma riconosce che anche lei e i suoi figli avete diritto a un ambiente più sereno e protetto.
Se lo desidera, uno spazio di supporto psicologico potrebbe aiutarla ad esplorare tutte queste emozioni e a ritrovare un equilibrio più rispettoso anche per sé stessa.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Valentina Sartirana
Buongiorno, la situazione che descrive è davvero complicata e dolorosa. L'impressione è che abbia fatto tutto il possibile per aiutare suo marito e che in questo momento ha deciso di proteggere e tutelare i suoi figli. Questa credo sia una decisione coraggiosa e la migliore che una mamma possa prendere per i propri bambini.Cordialmente, Dott.ssa Bonomi
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