Buonasera sono sempre triste perché sto facendo dei lavori che non mi interessano cioè io non ho un

12 risposte
Buonasera sono sempre triste perché sto facendo dei lavori che non mi interessano cioè io non ho un diploma perché alla scuola superiore che facevo la dirigente non voleva darmi il diploma quinquennale di socio sanitario io praticamente ho lasciato la scuola perché un po per questo motivo e un po perché mi trovavo malissimo con la dirigente insegnanti e compagni io mi ritrovo a 28 anni da tanti anni insoddisfatta i miei non mi capiscono io a scuola ero sono discalcula ma sono stata trattata sempre come una persona con un ritardo mentale medio o grave pur non essendo così solo perché ero discalcula e io sono una persona ipersensibile pas adesso non so proprio sinceramente come fare perché sono discalcula dovrei rifare da privatista che costa tantissimo e devo andare lontano a diplomarmi e poi con la discalculia io non riesco in fisica chimica matematica e non sto facendo un lavoro che mi piace sto lavorando come addetta mensa in più sono sottopagata e lavoro in nero. Cosa posso fare? Come mi posso riprendere psicologicamente da questo? Come posso fare a studiare per fare il lavoro che voglio fare se sono discalcula? Io vorrei fare medicina e chirurgia e voglio studiare ginecologia e ostetricia con specializzazione in uroginecologia per me è demoralizzante vedere che tutti studiano prendono 2 lauree o 3 si diplomano e si mettono in proprio facendo il lavoro che desiderano fare e non una vita già impostata da altri quando andavo a scuola
Dott.ssa Samuela Carmucco
Psicologo, Psicoterapeuta
Palermo
Salve, forse sta già iniziando a fare, intanto scegliendo che così non le va più bene, e questo è un primo indispensabile passo.
Oggi la discalculia è conosciuta e gestita in modo da far condurre una vita quasi completamente secondo i propri desideri, non è un deficit, non rende impossibile nulla. Si informi con chi ha competenza in merito per poter essere guidata nel suo percorso di studi prendendo in carico, da parte dei professionisti, anche la discalculia come qualcosa di cui occuparsi insieme alle altre da studiare, e non come un limite insuperabile.

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Dott. Salvatore Augello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Salve, mi dispiace stia vivendo questo disagio. Essere soddisfatti nel proprio contesto lavorativo e scegliere un lavoro che sia in linea con la nostra persona è fondamentale per il benessere di ogni persona.
Le consiglio di intraprendere un percorso con un professionista cosi da affrontare le sue problematiche, saprà aiutarla.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Sabrina Ulivi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Neuropsicologo
Pistoia
Quello che descrive non è il segno di un limite personale, ma l’esito di anni di adattamenti forzati a contesti che non erano adatti al suo funzionamento. La discalculia non riguarda l’intelligenza generale né la capacità di comprendere concetti complessi; riguarda il modo in cui il cervello elabora numeri, quantità e procedure sequenziali. Essere stata trattata come se avesse un ritardo cognitivo è stato profondamente lesivo, soprattutto considerando la sua ipersensibilità, che rende gli ambienti ostili più impattanti sul piano emotivo e neurobiologico.
È comprensibile che oggi lei si senta triste e bloccata. Lavorare in nero, sottopagata e in un ruolo non scelto mantiene il sistema nervoso in uno stato di stress cronico e toglie senso e prospettiva. Questo non è un “problema di carattere”, ma una reazione coerente a una condizione ritenuta ingiusta e frustrante.
Per quanto riguarda lo studio, le persone discalculiche non devono studiare di più, ma studiare in modo diverso. Funzionano meglio quando il contenuto viene prima compreso sul piano concettuale e narrativo e solo dopo tradotto in formule o procedure. È utile partire sempre dal funzionale di ciò che si studia, non dal calcolo. L’apprendimento visivo è centrale. Le formule non possono essere memorizzate in astratto, ma agganciate a situazioni concrete e ripetute sempre nello stesso schema. La ripetizione deve essere breve, frequente e distribuita nel tempo, non concentrata.
Il desiderio di medicina potrebbe essere preso sul serio, ma senza trasformarlo in una prova di valore personale o in una corsa di confronto con gli altri. In queste condizioni emotive, l’obiettivo principale non è dimostrare di farcela, ma ricostruire fiducia nel proprio modo di funzionare e valutare percorsi realistici e progressivi nell’ambito sanitario.
Credo lei sia una persona che ha interiorizzato per anni messaggi sbagliati su di sé. Ripartire significa prima di tutto smettere di leggere la sua storia come una colpa e iniziare a leggerla come un adattamento forzato. Da lì, le scelte possono tornare possibili.
Dott.ssa Francesca Torretta
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Busto Arsizio
Mi dispiace molto per quanto stai vivendo: quello che descrivi è dolore reale, non un tuo limite. La discalculia e l’ipersensibilità non definiscono il tuo valore né la tua intelligenza, ma spiegano perché la scuola ti abbia ferita.

In breve, cosa può aiutarti ora:

Supporto psicologico: un percorso di psicoterapia è fondamentale per elaborare l’umiliazione subita, l’insoddisfazione e ricostruire fiducia in te stessa.

Valutazione DSA aggiornata: con una certificazione puoi accedere a tutele, strumenti compensativi e percorsi adattati (anche universitari).

Orientamento realistico: medicina è molto selettiva e ricca di materie matematiche; uno psicologo/orientatore può aiutarti a capire strade alternative vicine al tuo interesse per la salute femminile (es. ostetricia, professioni sanitarie), più accessibili e tutelate.

Tutela lavorativa: lavorare in nero e sottopagata peggiora il malessere; cerca supporto sindacale o servizi territoriali.


Non sei “in ritardo”: sei una persona ferita che ha bisogno di cura, non di giudizio. Un percorso psicoterapeutico può davvero aiutarti a ripartire.

Spero tu possa stare presto meglio.
Cordialmente
Dott.ssa Francesca e
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buonasera,
da quello che racconta emerge una sofferenza profonda e comprensibile, che nasce da più fattori intrecciati: esperienze scolastiche vissute come umilianti e invalidanti, una mancata tutela delle sue difficoltà specifiche di apprendimento, la sensazione di non essere stata vista né capita, e oggi una condizione lavorativa insoddisfacente e anche ingiusta. Tutto questo può minare seriamente l’autostima, il senso di efficacia personale e la fiducia nel futuro.

È importante chiarire alcuni punti fondamentali. La discalculia non è un deficit intellettivo e non definisce il valore né le capacità globali di una persona. Purtroppo, quando non viene riconosciuta e supportata adeguatamente, può portare a esperienze di fallimento ripetute e a interiorizzare l’idea di “non essere capace”, con conseguenze emotive importanti come tristezza persistente, frustrazione, rabbia e senso di ingiustizia. Anche l’ipersensibilità (PAS) può amplificare il dolore delle esperienze relazionali negative e il confronto costante con gli altri.

Rispetto allo studio e ai suoi obiettivi, è fondamentale essere onesti ma anche realistici e tutelanti per lei. Percorsi come medicina richiedono un carico molto elevato di materie scientifiche e numeriche; questo non significa che lei “non valga” o che debba rinunciare ai suoi sogni, ma che è necessario valutare con uno specialista quali percorsi siano davvero sostenibili per il suo funzionamento cognitivo ed emotivo, e quali strategie compensative potrebbero aiutarla. Esistono strumenti, tutele, modalità di studio personalizzate e anche professioni sanitarie o di cura che permettono di lavorare in ambito medico senza affrontare lo stesso tipo di richieste.

Dal punto di vista psicologico, prima ancora di “fare”, sarebbe importante prendersi cura di sé:

elaborare il dolore e il senso di ingiustizia vissuti a scuola

ricostruire un’immagine di sé più realistica e rispettosa

distinguere ciò che desidera davvero da ciò che oggi sente come confronto o riscatto

ritrovare un senso di direzione che non la faccia sentire continuamente inadeguata

Infine, anche la situazione lavorativa che descrive (sottopagata e in nero) contribuisce al suo malessere e merita attenzione, perché incide sul senso di dignità e sicurezza.

Le consiglio vivamente di approfondire la sua situazione con uno specialista, che possa aiutarla sia sul piano emotivo sia nella valutazione delle sue risorse cognitive e delle possibilità concrete per il futuro, accompagnandola passo dopo passo in scelte più tutelanti e realistiche per lei.

Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buongiorno, le relazioni sentimentali sono sempre un po’ più complicate di quanto vorremmo e questo, a volte, spaventa.
Fino a poco fa avevi una sensazione potente e rassicurante: camminiamo nella stessa direzione.
Poi, improvvisamente, quella direzione si è fatta nebbiosa. Non perché lui non ti ami, ma perché su un nodo simbolicamente enorme (matrimonio, per sempre, progetto di vita) è comparsa l’incertezza.
E quando l’incertezza compare, è difficile che se ne vada.
Due cose importanti da chiarire:
1. I pensieri intrusivi non sono verità, sono tentativi della mente di riacquistare controllo.
2. L’ansia sa travestirsi benissimo da dubbio sentimentale.
Quando dici che ti senti in trappola o che dubiti di tutto, sembra tu stia descrivendo una attivazione di allarme. Il messaggio interno non è “non è lui”, ma “non so più dove stiamo andando e questo mi fa paura”.
Guardiamo il contesto che hai descritto: vieni da una relazione tossica; quindi, il tuo sistema emotivo può darsi che sia iper-attento ai segnali di pericolo; il tuo compagno entra in un periodo difficile, cambia qualcosa nel vostro equilibrio e tu perdi una base sicura; il tema matrimonio si incrina, viene toccata una corda profonda: sicurezza, riconoscimento, futuro.
Risultato?
La mente prova a proteggerti dicendo: “Attenzione. Se non è sicuro al 100%, scappa o analizza tutto.”
Può essere un’occasione per dedicare tempo a te stessa e guardarti dentro. Più che capire se lui è la persona giusta, mi concentrerei su cosa ti sta succedendo dentro.
Ovviamente, puoi parlare con lui, non per ottenere garanzie, ma per condividere la tua vulnerabilità.
Un percorso psicologico potrebbe aiutarti a chiarire le tue emozioni (che ora sono confuse perché sopra si sono stratificati pensieri e pensieri), per dare un nome a ciò che provi (Paura? Disamore?)
Prendersi il proprio tempo non è sbagliato. Non stai rovinando nulla.
Stai attraversando un passaggio delicato.
Se vuoi, possiamo esplorarlo insieme, sarei felice di aiutarti.
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Buongiorno,

credo però che il tema qui riportato sia abbastanza importante da richiedere uno spazio di riflessione più ampio che solo una psicoterapia potrebbe fornirle. Valuti la possibilità di intraprendere un percorso psicologico, la aiuterà con il tempo a trovare maggiori risorse per affrontare il mondo del lavoro ed il resto della vita

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Dott.ssa Arianna Moroni
Psicoterapeuta, Psicologo
Trieste
Buonasera, da quello che scrive emerge una sofferenza reale e coerente con la sua storia. Essere discalculica e per anni sentirsi "trattata come incapace" può compromettere profondamente autostima, fiducia e motivazione, soprattutto in una persona ipersensibile (PAS). Questo non parla di mancanza di intelligenza o di valore, ma di ferite psicologiche legate a esperienze scolastiche e lavorative invalidanti.
La tristezza e il confronto continuo con chi “ce l’ha fatta” sono reazioni frequenti dopo lunghi periodi in cui altri hanno deciso chi lei fosse e cosa potesse fare. Anche il desiderio di intraprendere gli studi di medicina va letto in questo contesto: non come qualcosa di giusto o sbagliato, ma come qualcosa che ha un significato emotivo profondo per lei.
In un percorso terapeutico il lavoro non è “aggiustarla”, ma ricostruire un’identità separata dalle etichette ricevute e distinguere limiti reali da limiti interiorizzati. Cordialmente, AM
Dr. Antonio Rivetti
Psicologo, Psicoterapeuta
Caserta
Gentile Utente, Lei è una incompresa? Ha chiare le sue difficoltà ma sembra che nessuna delle persone che la circonda le comprenda? Bugia o verità? Perché ha scelto un lavoro in nero sottopagato? Perché ha scelto una scuola (ed una Dirigente) che non le ha permesso di ottenere ciò che vuole? Tutti abbiamo limiti e difficoltà ma sembra che il suo dolore è il più grande di tutti. La sua insoddisfazione, le sue mancanze interne la stanno condizionando (e credo facendo arrabbiare) ... ma è la verità? Questa è la realtà che vive? La invito ad approfondire le sue tematiche interne per poter prendere le distanze da ciò che si sta raccontando. Grazie.
Dr. Bruno De Domenico
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Milano
Buongiorno, esistono delle facilitazioni per una discalculia certificata. Credo che avrebbe bisogno di qualcuno che la aiuti a mettere un po' d'ordine nei suoi pensieri e a pianificare degli obiettivi per lei raggiungibili. Buona fortuna.
Dott. Renzo Ragona
Psicologo, Psicoterapeuta
Catania
E’ possibile che questa elaborazione non ha potuto compiersi perché magari nessuno ti hai mai riconosciuto un torto subito o non hai simbolizzato l’ingiustizia,
Senza simbolizzazione, il dolore resta agito sul corpo e sulla vita ed è possibile quindi che abbia avuto ripercussioni sul lavoro (non scelto), sottopagato e una forma di autosvalutazione silenziosa.
Psicoanaliticamente, la discalculia potrebbe aver assunto una funzione che va oltre la difficoltà reale. È diventata un significante schermo, qualcosa che l’Altro ha usato per dire “tu non puoi” e che col tempo hai interiorizzato nel non osare. Il punto cruciale non è la matematica quanto il divieto di desiderare in grande che si è iscritto dentro di te. Forse è per questo che oggi il desiderio è altissimo (studiare medicina) ma soverchiato da un Super-Io crudele che ti fa sentire non all’altezza, in un conflitto che produce angoscia e immobilità.
Sul piano psicoanalitico, medicina non è solo una scelta professionale. È un oggetto del desiderio altamente simbolico in quanto sapere legittimato in un riconoscimento sociale dove chi cura è colui che sa. E’ come se la laurea in medicina rappresentasse il fantasma di risarcimento, come dire che “se arrivo lì”, nessuno potrà più umiliarmi. Questa considerazione però, sia chiaro, non invalida il desiderio ma potrebbe spiegare perché è così carico emotivamente e così doloroso confrontarsi con i limiti reali.
Quando vedi gli altri laurearsi, diplomarsi, “farcela”, non stai confrontando percorsi ma sembrerebbe tu stia guardando uno specchio narcisistico che ti rimanda, per esempio, di essere rimasta indietro. Sul piano psicoanalitico sembrerebbe più verosimile che tu stia confrontando una vita non riconosciuta con una vita non autorizzata. Il dolore dunque non nasce dall’invidia ma dalla mancanza di legittimazione simbolica.
In un ipotetico percorso psicoanalitico all’imporsi del “ce la devi fare” si sostituirebbe la domanda: “di chi è questo desiderio?” E’ tuo o è la risposta ad un torto subito?
La cura psicoanalitica non ripara ma restituisce parola al soggetto in una ricerca di riappropriazione della propria storia personale, cercando di rivelare il proprio, autentico desiderio separato dal giudizio dell’Altro. Finché resterai nella posizione di: “devo dimostrare che valgo” sarai prigioniera dell’Altro che ti ha ferita. Il lavoro psichico è arrivare a: “io valgo, anche se non dimostro nulla”. Da lì, qualsiasi scelta (medicina o altro) diventa finalmente tua.


Dott.ssa Elena Avanzi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Mestre
Buongiorno, comprendo la sua tristezza e l'insoddisfazione per un lavoro che non le piace, accompagnata dal desiderio di poter studiare ed avere la possibilità di realizzarsi in un nuovo ambito. Quello che le è capitato a scuola le ha fatto decidere di abbandonare gli studi prima del diploma, oggi la condiziona ancora. In una psicoterapia potrà esplorare queste emozioni e in una relazione terapeutica potrà rielaborare i suoi vissuti per affrontare possibili cambiamenti realistici, sostenuta dal dialogo e dal confronto con lo psicologo. La invito a considerare la possibilità di un percorso psicoterapeutico perché possa vivere il suo presente con un diverso stato emotivo.

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